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Italia e Germania : il germanesimo, l'Imperatore, la guerra e l'Italia

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G. A. BORGEST?

G

Il Germanesimo. - L’Impera­

tore. - La guerra e l’Italia.

M IL A N O

F r a t e l l i Tr e y e s, E d i t o r i 1915

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U N IV ER SIT À DEG LI STU DI S A L E R N O F O N D O C U O M O

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D E Jj M E D E S I M O A U T O R E :

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Gr. A. B O R G E S E

I

t a l i a

e

G

e r m a n i a

Il Germanesimo. - L’Impera­

tore. - La guerra e l’Italia,

M IL A N O

F r a t e l l i Tr e y e s, E d i t o r i 1915

Secondo m iglialo.

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P R O P R I E T À L E T T E R A R I A .

I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e VOlanda,

Copyright by Fratelli T reves, 1915.

Si riterrà contraffatto qualunque esemplare di quest’opera che non porti il timbro a secco della Società Italiana degli Autori.

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I N T R O D U Z I O N E .

I. Fei capitoli sul germanesimo. Sarà necessaria qualche p arola di ch iari mento e di coordinazione sulla soglia di que sto libro. Il quale non vuole nascondere di es sere nato in un periodo di passione e di attesa. Salvo due larghe parentesi di cui darò ragione più in là e che rim ontano a d epoca anteriore, esso è venuto su tu tto intero fra l’agosto 1914 e l’aprile 1915. Ciò significa c h ’io mi rendo con to delle sue lacunosità, delle sue sproporzioni, deU’insistenza con cui certe idee vi sono con fermate fino alla ripetizione, e di alcuni squi librii nelle prove, che possono giovare a un av versario in caccia di contraddizioni. È, in ogni senso, un libro vissuto, e non dissim ula, anzi ostenta le occasioni cui deve la sua origine.

Ma, se in queste pagine è un italian o dell’au tunno 1914 e della prim avera 1915, un uomo di questa p a tria a g ita ta e divisa, che h a p a r tecipato a ll’an sia comune e s’è sforzato d’eser citare influenza nel senso che t>. lui sembrava migliore, se vi è un p a rtita n te , vi è anche un partitante sui generis che h a cercato di prender posizione sotto la guida di chiari ragionam enti, e in tan to h a contribuito lateralm en te a ll’a zione in quanto la sentiva c o n tro lla ta da una netta coscienza storica. Non v’è, oso afferm ar lo, neanche una tra c c ia d’odio in questo libro: l’adesione agli interessi m ateriali e ai fini idea li della nostra p a tria vi è intransigente, senza che perciò si trascen d a a un inum ano rancore verso quelli che ce li co n trastano o a una inso

Bo r g e s f, * ­ ­ ­ ­ ­ -­ -­ ­ ­ ­ ­

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-lente negazione dell’a ltru i co n tribu to a lla sto ria. T u tta , d’altronde, la tradizione del nostro R isorgim ento è n o b ilita ta da un'um ana to llera n za verso il nem ico; nessun nostro p o e ta avreb be rim ato e nessun nostro volontario avreb be c a n ta to le sanguinarie invettive con cui A rn d t sobillava nel 1812 e nel 1813 l'ira te d e sca contiro i F ra n ce si; vi fu tra. noi odio per una oppressiva potenza, anonim a ed a s tra tta , per l’A ustria, non m ai, o ben raram ente, per il citta d in o o per il soldato au striaco , tra tta to con la generosa sim p atia d ie conosciam o dal

Sant’Ambrogio di Giuseppe G iusti o col sincero

invito a u na rin n o v ata fra te rn ità quando aves se rip assato le Alpi. L a cap acità d ’odiare tu tto un popolo non è n o s tra ; e invano hanno ten ta to d’im ita rla quei poveri u ntorelli dei tede scanti, che si son d a ti ta n to d a fare per m et tere a bollire un sentim ento francofobo, e per fino un sentim ento anglofobo (mode in Germani/), a d uso dell’I ta lia : di un paese ove non h a po tu to a tte cc h ire nem m eno l’au stro fo b ia !

Sono1, come buon italian o , alieno d a ogni fo bia. Non credo, d ’a ltr a parte, neH'amioizia fran c o italian a come in una dolce n ecessità di na tu ra , come in un irrevocabile riconoscim ento di p a re n tela a lla fine di una te n e ra comédie

larmoyante. Sono libero da ogni legam e di par

tito , di se tta , di p a re n tela che potesse pre disporm i, con un peso di accum ulate avversio ni e sim patie, verso la tesi per cui ho com bat tuto. Ma anzi tu tte le m ie relazioni e preferenze in te lle ttu a li mi spingevano verso la Germania (anche a non te n e r conto di quegli interessi di v anità, di quel desiderio di lodi nei giornali e nelle riviste tedesche che h a ta n to contribuito a determ inare la germ ano fi lia o, peggio anco ra, l ’a s tu to silenzio di certi le tte ra ti e filosofi).

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E in Germania, più che in ogni a ltro paese d ’E u ropa, ho ricordi di care amicizie, t r a le quali seduzioni e l’im perativo di un a ffe tto più forte mi fu doveroso, m a non piacevole scegliere. Co sicché, se la confessione non sonasse cosi stra na, dovrei senz’a ltro dire che nessuna terra,

dopo l’Italia, mi fu cara quanto la Germania. La confessione suona s tra n a in bocca d’uno che ha fatto propaganda per la g u erra con tro la Germania. Ma perché strana, se non per certi ardui a vincersi residui delle nostre a b i tudini servili? Nessuno si m eraviglia se gli si dice che Mommsen e Greg'orovius am avano (ac cettiamo la parola) l’Ita lia , riservandosi piena libertà di critica. Si suol dire che am asse l’I talia Goethe, il quale la contem plò con occhio acceso per quanto' era in essa di n a tu ra e d ’a r te, ma la osservò con occhio freddo e indulgen temente sprezzatore per quanto era in essa so cietà e storia in divenire. Yi sono in Germ a nia adoratori della cu ltu ra francese, i quali sarebbero lieti, e non d al 1914 soltanto, che, restando la gloria di Molière e di M aupassant, crollassero le fortificazioni di V erdun; vi sono fanatici di Dostoievski che strillan o contro la barbarie slava, sacerdoti di Shakespeare cui fa nausea la m ercantile v iltà d ell'In gh ilterra, d i vulgatori di poesia belga che collaborano ener gicamente alla punizione del Belgio, gente che travede per i canti popolari serbi m a non per i congiurati di Serajevo. A nessuno verrebbe in mente di Supporre che in G erm ania i professori di filologia rom anza abbiano a sim patizzare po liticamente per la E rancia o i professori di fi lologia anglica per l ’In ghilterra. Ma nemmeno in Italia stupirebbe, poniam o caso, che un pro fessore di le tte ra tu ra inglese augurasse v itto ria alla Germania. Stupisce un poco il contrario.

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DaH’epoca di F ederico II a ll’epoca di Gu glielm o I I il g’erm anesim o è stato , idealm ente e politicam ente, il pernio d ella storia. A udio politicam ente : si chiam asse P ru ssia o A ustria, una volontà ted esca fu sempre, salvo brevi in terruzioni, in cim a airE u ro p a. In q u esto tem po, d a K lopetock a Treitschke, con una inces sante collaborazione di poeti, di storici, di fi losofi , di g u e rrie ri, di p o litic i, la Germ ania ì s’è foggiata, com’era necessario, la coscienza del suo prim ato. L a sto rio g rafia ted esca ha dato un validissim o, decisivo co n trib u to a q u e sta or gogliosa esplorazione interiore, a questo cele bra to rio nosce te ipsam d ella Germania. Le di- re tti ve eli’essa h a seguite sono s ta te semplici ; e grandiose : deprim ere il valore ideale e p ra tico d ella rom anità, sia per ciò che riguarda lo s ta to a n tic o come per ciò che rig u ard a la chiesa m edievale e m oderna, a ttrib u ire la rin novazione dell'E uropa agli elem enti germanici che nei prim i secoli dell’E ra volgare si diffu sero nel Mezzogiorno e neH’Occidente, interp re tare tu tt i i f a tti fondam entali della sto ria mo derna come una realizzazione d ella riform a reli giosa tedesca. In q u e sta svalutazione polemica delle civ iltà straniere che giungeva fino a una n uda e c ru d a negiazione di u na qualsivoglia arte la tin a e a u na decisa identificazione di spi rito la tin o con fu tilità e cion menzoglna, in q u esta divinizzazione dello sp irito tedesco che non rifuggiva nemm eno 'da u n a prepotente elevazione a d a u to rità di scienza * della leg genda epica che faceva prim eggiare il genio germ anico n ella form azione delle nuove n a zioni e perfino1 nel Rinascim ento, vi furono fre t tolosi sp iriti divulgatori che non seppero evi ta re rozzezze grottesche, e m isero in pericolo la causa. Ma a ltri, i grandi storici, seg'uirono

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un procedimento diverso: disegnato o a c ce tta to 10 schema della storia universale come di una serie di Gesta Dei per Teutones, provvidero a im porlo, non ripetendolo con vuota iattan za, ma riempiendolo di ricerche p a rtico lari condotte a termine con benedettina pazienza e con im per turbabile freddezza. L ’im ponente a u s te rità dei risultati particolari giovò a fare a c ce tta re sen za resistenza gl’impetuosi a rb itrii della co stru zione totale; nascosto entro il carro di fieno della m eticolosità eru d ita passò in d istu rb ato un contrabbando di veemente passione.

Voglio dire con questo che la sto ria degli s to riografi tedeschi non sia la vera? Qui dovremmo sperderci nella vessata questione del quid est ve

ritas, che cosa sia la verità storica, e anche,

come in a ltri tem pi si diceva, se la sto ria sia scienza od arte, e so p ra ttu tto quali siano i ra p porti fra oggetto e soggetto nella scienza, fra verità e passione, fra contem plazione ed azio ne. In virtù dei tedeschi, che sono i più grandi e conseguenti pram m atisti, sappiam o che la ve rità storica non è un che di esterno allo stori

I

co: è la sua coscienza di quel m om ento: p er ciò include la sua intelligenza e il suo cuore, 11 suo sentimento d’um anità e il suo p a tr io tti smo. In ogni m omento l’Uomo, come specie, si la lia storia che in quel momento gli si addice, scegliendo fra gli innumerevoli f a tti del p assato quei tali e tirando fra le infin ite linee condut trici quelle ta li che più gli sono di giovam ento neirimminenza di una c erta azione. Allo ste s so modo ogni individuo, che non sia un Tizio qualunque, sa come ogni nuova esperienza di vita gli alteri il quadro dei precedenti autobio grafici e, d’altro canto, ogni nuova sintesi auto biografica contribuisca a im prim ere una c e rta direzione a l suo dom ani; come, se è vero, se

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-condo la paro la del greco, che non è degìia d’essere vissuta u na v ita su cui chi la vive 11011

eserciti una profonda indagine, sia anche vero che solo in ta n to è possibile l ’indagine in quan to si vive. F inché la s te lla fila n te a rd e e si muove, è c h ia ra anche la sua tra ie tto ria , la sua sto ria ; quando s’è spenta, il cielo del passato è tu tto nero ed eguale, e senza vìe.

F r a le sintesi successive in cui l’um anità è a n d a ta raccogliendo la sua auto coscienza, nes suno vuol negare che u na fra le più potenti sia qu ella in cui è p ro ta g o n ista lo spirito tede sco. N atu ralm en te Sancire s sa e ra caduca, e do veva grado a g rad o m an ifestare la sua insuf ficienza. Lo sp irito storico tedesco e ra altro finché, negli ultim i decenni del secolo XVIII e nei prim^ del secolo X IX , asp irò a sentirsi

primus inter pares n ella fam ig lia te rre s tre e a

grandeggiare con pienezza di cuore n ella so lid a rie tà del genere um ano ; ed a ltro fu nel pe riodo bism arckiano, quando a lla grandezza co m inciò a succedere la su p erb ia; ed a ltro an cora nei q u a ra n ta n n i che hanno preceduto q u e sta guerra, d u ran te i quali perfino t r a t t i ma niaci e contraddizioni nervose si sono inserite nel tem peram ento tedesco. L a b a tta g lia di Lip sia fu v in ta dai Tedeschi per l’u m a n ità ; la bat ta g lia di Sedan fu v in ta dai Tedeschi per la G erm ania; la guerra 'del ’14 sarebbe v in ta dai Tedeschi contro l’um anità. N el 1813 la Germa n ia prim eggiava in un gruppo eroico di nazioni ; nel 1870 era sola in un duello, gli a ltri assi stendo d a s p e tta to ri; n el 1914 è sola entro un anello di inim icizie. H a f a tto un veloce cam m ino la G erm ania d a l rom anticism o a l grezzo naturalism o, d a lli dealism o a l m aterialism o, dal con cetto di u m an ità a l concetto di razza. La stessa ra p id a discesa si n o ta fra la visione

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La storia mondiale di nazione germanica v i i storica dei coetanei di Goethe e di H erder e quella dello storico bistnarckiano Treitsclike, e poi tra la visione storica dei bism arckiani e l’impulsiva arroganza degli scienziati e profes sori, che nei prim i mesi di q u esta guerra te n tarono, col peso delle loro firme, d’im porre quasi armata manu agli in tellettu ali dei paesi neutri certe «verità» intorno alle origini della guerra, alla condotta del Belgio, ecc., ecc., di cui non avrebbero potuto scientificam ente, cioè onestamente, cioè docum entariam ente, farsi g a ranti. Io credo ohe il 1914 segni la fine, alm eno per un gran pezzo, dell’egem onia p olitica te desca. Checché sia di ciò, è finita, è se n ’a c corgono anche m olti di quelli che fino a ieri negavano Tevidenzja^, il reig'no della sacra sto ria universale di nazione germ anica. Un popolo che è venuto a trovarsi di fronte a una coa lizione difficilm ente può so ttrarsi per qualche tempo alla necessità di polemizzare con mez zo monda : la sua passione non solo non coin cide con quella dell’um anità, m a le si oppone tendendo a identificare la causa dell’u m anità con quella di un solo popolo ; si rompe, a tu tto vantaggio dello scopo pram m atico, q u e irin sta bile equilibrio fra azione e contem plazione in cui consiste la delicata perfezione di ogni g ran de indagine storica. Se gli storici tedeschi del l’epoca classica germ anizzarono in nome del l’umanità, vennero poi quelli che prussianeg giarono in nome della G erm ania; e Nietzsche potè dire che Treitschke era un istoriografb di corte, un apologeta degli Hohenzollern. Il punto di vista si andava restringendo'. Comun que, allora la Prussia era Bismarck, la d in astia era Guglielmo; I, il controllo della costruzione storica era la vittoria. Domani gli storici te deschi dovranno rinunziare a ogni autonom ia di

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ragione, esaltandosi a vuoto p er personaggi, in somma, m ediocri come il K aiser, il Kronprinz e il cancelliere del 1914, ripetendo il solito pa rallelo retorico fra la guerra di Federico II e la g u erra di Guglielmo II, e a ttrib u e n d o il non felice ris u lta to a iiien t’a ltro che a lla brutale p erfid ia di Albione. Ovvero, com’è infinitam en te più probabile, se si pensa a lla pertinacia del genio tedesco éd alle lezioni ch’esso sapreb be prendere d a lla sventura, dovranno sottopor re a revisione i valori che hanno dom inato la G erm ania in q u e sti ultim i tem pi, e via via si sen tiran no p o rta ti, an c h ’essi, a un’in te ra revi sione del sistem a storico ideologico di cui vi vevano.

È proprio' q u e sta revisione che orm ai diventa im prorogabile. Eravam o parecchi a sentirne la necessità, anche p rim a della guerra. La guerra l’h a resa urgente. Le idee tedesche intorno alla rom anità, a l cattolicesim o, a l Rinascim ento, alla funzione del germ anesim o nel Medio Evo, alla

instauratio omnium rerum in Lutero furono1 g ià vere :

ora è un pezzo che non sono più interam ente vere. G l'in te lle ttu a listi si sgom entano a sentire uno discorrere così, come s’egli volesse degra dare la v e rità a strum ento p ratico e intendes se dire che a un certo m om ento si inventano, se ci occorrono, nuove verità, come ci facciia- mo nuove scarpe se le vecchie son ro tte. M a il processo non è quale gli in te lle ttu a lis ti se lo figurano. E non è a ffa tto vero che il pensare come noi pensiam o tra sc in i irrem issibilm ente verso uno scetticism o to tale. Pure se si crede in una v erità obbiettiva, è evidente che la men te ujmana non può, in un certo ista n te , ab b rac c ia rla n ella sua interezza e assolutezza : il fram m ento che in q u ell’ista n te ne esplora as sume un valore p ro sp e ttic o che l’indagine del

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momento successivo, passando a un a ltro fram mento da esplorare, dovrà spostare e sm i nuire. Durante la prim a m età del secolo X IX giunglevano a l loro massimo sviluppo le idee cardinali della storiografia tedesca, le quali p er ciò di pieno d iritto occuparono il prim o piano del Iquadro in cui la m ente um ana allo ra con templava la verità. Le opposizioni di Gioberti, e7 principalmente (perché [meno appariscenti, meno polemiche e più sostanziali), di Manzoni rim a sero episodii presso che provinciali. Ma poi nella stessa loro floridezza quelle idee cominciarono a degenerare e ad esaurirsi. R apidam ente si vide l'immanentismo tedesco decadere in grezzo m a terialismo, l’etica dell’a ttiv ità tendere a un t i tanismo filisteo e la tradizione p ro te sta n te a n dare a sboccare in monismo e naturalism o, d i venendo chiaro che gli elem enti pagano barba rici avevano preso il sopravvento sugli elem enti cristiani della Riforma e che una restaurazione dei valori cristiani si poteva, per ora, a tte n dere da ogni dove fuorché d a V ittenberga.

Così diveniva urgente la revisione delle verità su cui era tessu ta la tra m a della storiografia tedesca e, per conseguenza, europea: non una negazione di esse, m a uno spostam ento del loro valore prospettico. E si apriva la possibilità, anzi la necessità della m essa in valore di a ltri popoli e di altre m e n ta lità nella nuova co stru zione storica. Ma qui cominciavano i guai. P er ché, se io dico che la decadenza tedesca, len ta e difficilmente percettibile fra il 1848 e il 1870, diventò sempre più rap id a e costante fra il 1870 e il 1914, non intendo' con ciò dire che pro porzionalmente rapidi e co stan ti siano s ta ti i progressi della m en talità italiana. No davve ro. Troncato nel suo prim o fiore, a lla b attag lia di Novara, quel nuovo autonom o svolgimento

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della n o stra c u ltu ra in cui fino a llo ra era stato lecito sperare, venne un lungo periodo di smar rim ento, di fiacchezza, di s te rilità nelle idee, di rassegnato m estieran tism o nelle ricerche. Si cred ette anzi che p er essere stu d io si serii bi sognasse guard arsi dalle ten tazio n i diaboliche delle idee, che prim a occorresse m ettere insieme

tutti i fa tti, salvo poi a te n ta re la sintesi co­

stru ttiv a , ecc., eco. Né ci si avvedeva che la vorare senza idee è una p rete sa p aradossale e che la stessa sc elta di un argom ento, p er quan to m icrologico, di ricerca presuppone un si­ stema-, e che la concezione s in te tic a precede le indagini particolari. Il fa tto è che i nostri stu diosi, anche senza accorgersene, avevano idee: le idee supinam ente ricevute d a lla Germania; e p artiv an o d a u na sin tesi che e ra la sintesi della sto rio g rafia germ anico protestante, quel la di H erder e di Hegel, d i S chiller e di Ranke, di M ommsen e di G iesebrecht. P erfino la sto ria le tte ra ria di De Sanctis è p e n sata da un punto di v ista prevalentem ente tedesco'. Che dire dei libri di V illari? e che dire delle minores

gentes ì

T u tto ciò era necessario per fare intendere con q u an to ste n to si debba fare s tra d a nelle m enti ita lia n e un più libero e m ed ita to siste m a di idee. Il vecchio, quello che ci avevan d ato bell’e fa tto ì m aestri tedeschi, risolveva così com odam ente t u tt i i problem i ed e ra or m ai così bene appreso a m ente. T an to che, scop p ia ta la guerra, si vide forse il più lacrim e vole spettacolo di q u e st’umile I ta lia una b rig a ta di entom ologi e di paleografi, quelli ta n to sapienti di geografia q u a n to esige una co scienziosa specializzazione n ella distribuzione dei coleotteri, q u esti espertissim i di sto ria nel senso che ognuno s’e ra scélto un sem estre da

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Servitù della scienza italiana X I dissodare nelle rivoluzioni del comune di Radi cofani, m ettersi a sentenziare di sto ria contem poranea e futura, di politica e di civiltà. E d a vano, essi, d’ignoranti e d’im provvisatori a gen te che s’occupava tecnicam ente di p o litica da venti o tren tan n i, e che perciò avrebbe dovuto ritenersi specializzata e sicura nel m etodo di quel determinato sapere. Ma questi paleografi ed entomologi rappresentavano in Ita lia il pun to di vista dei professori tedeschi, e però erano sicurissimi di non sbagliare e di non trad ire gli insegnamenti del metodo, consistendo per essi la vera dottrina nel ripetere senza critica ciò che la scienza tedesca h a pensato, o t u t t ’a l più neH’aiutarla con raceertam en to di qualche fatto particolare entro lo schem a d a essa d i segnato.

Un po’ difficile fare en trare in queste teste di legno l’idea che lo spirito tedesco è già d a qualche tempo in discesa. Certe v erità che fra non molto saranno dominio comune sembrano ancora scapestrati paradossi. Fanno le grandi meraviglie se uno sostiene che germ anesim o e disciplina non sono la stessa cosa, che anzi il germanesimo è sostanzialm ente anarcoide e p a r ticolaristico, che è strano a n d a r vantando, co me i germ anofili fanno, l’ordine tedesco, m en tre poi riconoscono che la po litica tedesca è stata incapace e im previdente, come se que sto non equivalesse a riconoscere che, accanto a una m eticolosa organizzazione tecnica, v’è s ta to un disordine m entale : t u t t ’insieme una disar monia rovinosa, un. fata le squilibrio. *)

11 L’idea che organizzazione, austriacisrao, prussianismo siano violente e anch’esse smisurate reazioni dello spirito tedesco contro il suo proprio smisurato Sturm und Drang e che la sintesi fra libertà e disciplina, fatta intellettualmente le mille volte alla perfezione dai [filosofi e dai moralisti tede

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-E un esem pio come un altro . In genere, si re p u ta ereticale e, peggio, ineducato pensare sul germ anesim o con te s ta non in tu tto tede sca. Non so se i m iei capitoli sul germ anesi mo siano il prim o te n ta tiv o : certo sono fra i prim i te n ta tiv i n o stri di stabilire, n ell’interpre tazione delle cose tedesche, c riterii d ire ttiv i me no rozzi dell’odio dem ocratico e ìmeno passivi dell’adulazione degli entom ologi perfezionati in Germ ania. Non è dunque m erav ig lia che que sto ten ta tiv o sia app u n to un ten ta tiv o : non ar monico, non e sattam e n te costruito, lacunoso e bisognoso di m aturazioni e di applicazioni. Si capisce che è in finitam en te più facile lavorare sulle falserighe consuetudinarie. Chi, a c ce tta te le idee tedesche, a c c e rta un fa tto particolare, corre m eno di Ime il pericolo di scandalizzare i ben pensanti. Allo stesso modo, m i sia per m esso il paragone solo a scopo di chiarim ento,

gli sc ritto ri che iniziarono in G erm ania, nella seconda m e tà del secolo X V III, un modo tede sco di veder la poesia e la sto ria (modo che poi dominò la c u ltu ra m ondiale), gli Hamann, gli H erder e com pagnia, parvero confusi, en fatici, c o n trad d it torri, a rb itra rii. E p e rfe tti non erano: v’e ra in essi l’agitazione e il torm ento del nuovo. L a perfezione e ra dei lindi e tra n q uilli rip e tito ri: di quelli che nell’e sa u sta cul tu ra francese trovavano, senza nemm eno darsi la pena di cercarle, le v erità eterne, e torcevano n au seati il viso d a queste sm aniose e deliranti utopie di una c u ltu ra nazionale.

schi, non ha mai conseguito piena realtà né nella fantasia né nella vita tedesca, sempre tendenti a cadere dalla Scilla dell'anarchia formale nella Cariddi della pedanteria classicheg giante e gesuitica, è qua e là accennata, senza sufficienti svol­ gimenti, in questo libro. Costituisce invece il nucleo di un mio saggio sulla “ regola teutonica che pubblicherò a parte.

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Per una cultura nazionale X I I I II. Fei capitoli su ll’imperatore. Quasi nulla ho da prem ettere a lla seconda parte del libro, il cui significato, qualunque es so sia, risulterà chiaro a chi voglia paragonare queste mie pagine col lib retto del L am precht su Guglielmo II.

Il lungo saggio su Guglielmo II quale im pe ratore della pace fu scritto nell’inverno del 1914 e fu già pubblicato parecchi mesi prim a della guerra. Qui si vedrà, a pag. 184 sgg., come, con un’insistenza che p otrà parere fin troppo o sti nata, siano ripensati sotto la luce dei nuovi avvenimenti i motivi psicologici che avevo svol ti nel saggio anteriore.

Il massimo evento del suo regno non è a n cora conchiuso; e m anca la distanza necessaria pei cosiddetti giudizi definitivi. E, oltre a ciò, la figura di Guglielmo II è troppo com plicata e sfum ata perché non tradisca la verità chi vo glia darne un ritra tto schematico. Comunque, non mi pare che la guerra abbia a lte ra to essen zialmente l’immagine che io vedevo prim a della guerra. Mi pare acquisita la dim ostrazione della buona fede morale e della scarsa chiarezza in tellettuale di questo monarca. Sui suoi c a ra t teri di squilibrio, sulla sua n a tu ra p a te tic a e contraddittoria, ho sempre in sistito , p rim a e dopo della catastrofe.

Nel tram busto di questi m esi non so se alcuno abbia ricordato la grave crisi co sti tuzionale da cui fu a g ita ta la G erm ania sul finire del 1908, quando una grave im prudenza del Kaiser costrinse Biilow a sconfessarlo in pieno Reichstag e diede per un certo tempo all’opinione pubblica tedesca l’impressione che, salvato il principio monarchico, fosse però sa crificato il monarca. La giorn ata del 9 novcm ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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-bre 1908 fu una g io rn a ta veram ente rivoluzio n aria, nuova e dai più in a tte s a n ella sto ria della G erm ania m oderna. Sfogliando un mio libro d ’al lora [La Nuova Germania, pag. 460 sg.) m i a c corgo d’aver d ato a llo ra a q u e ll’avvenim ento t u tt a l’im portanza ch’esso m eritav a « Se gli a p a tic i » scrivevo « potessero diventare im p u lsiv i, noi potrem m o sognare a d occhi a p e rti di un fu tu ro Biilow d itta to re d ella Germ ania. Se gli im pulsivi diventassero ap atici, potrem m o im m a ginare che Guglielmo II sia p er occupare quei tre n ta o q u a ra n t’an ni di v ita che gli rim an gono da vivere, accom pagnando i n ip otin i a l l’asilo d ’infanzia. Ma, poiché gli uom ini fanno gli eventi più che gli eventi non facciano gli uomini, il principe Bulow non sa rà m olto t r i ste quando p o trà deporre il suo fardello, e l’im perato re detronizzato a s p e tte rà con ep ile ttic a im pazienza l’o p p o rtu n ità di riprenderlo. Non è un im peratore d etronizzato: è un im peratore in asp ettativ a » . Facevo osservare che la sua am bi zione in ta n to e ra più ten ace in q u an to era soste n u ta da. una fede fan atica. V endicando sé stesso egli vorrà vendicare la G erm ania con cui si crede id entificato, vorrà resta u ra re il principio d ’a u to rità di cui si crede un simbolo. E conclu devo dicendo che n ella su a difficile form ula psicologica si com pendiavano ormai « tu tt i i pe ricoli che m inacciano il Inondo ». L a g rav ità del la crisi e ra a llo ra facilm ente evidente perché seguiva a un’a ltr a non m eno preoccupante : quel la che pocanzi aveva in v estito la persona del l’im peratore d uran te i processi Eulenburg.

Poi queste cose furono d im enticate, e parve che così grandi cause potessero rim anere senza effetti. L a crisi costituzionale ted esca deve in vece avere avuto la su a parte, anche se non bene av v ertita, in q u esta gu erra: nel senso che,

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se anche immaginiamo un Guglielmo II alieno dalla guerra, sgomento della te rrib ilità della prova verso cui andava il suo popolo, non pos siamo immaginarci (dopo le fiaccanti esperien ze del 1908) un Guglielmo I I capace di far fronte alla cieca passionalità dell’entourage e al furore della letteratu ra pangerm anista, capace insom'ma di accettare la proposta del Congresso per sentire gridare ai quattro venti che questo timido, questo imbelle, quest’oratore aveva um i liato e disonorato la san ta p a tria tedesca. Ho sentito io, ancora nel febbraio del 1915, un te desco (uno studioso, un poeta, un fedele ser vitore del suo S tato : t u t t ’altro che un volgare chiacchierone o uno sberciatore d a trivio) d ir mi con tedesca veemenza che se la vittoria, l'immancabile vittoria finale ancora tardava, ciò si doveva a quel « m aledetto » K aiser (verjlucht, proprio) che aveva in ogni modo voluto a sp et tare fino ad agosto, m entre tu tti gli consiglia vano di fare la guerra a marzo.

Per capire i rapp orti fra Guglielmo II e il moderno germanesimo è bene pensare un mo mento alla Germania bism arckiana (analoga mente vi sarebbe stato minore stupore in I ta lia quanto alla condotta dei socialisti tedeschi, se vi fosse s ta ta minore ignoranza sulla sto ria del socialismo tedesco, sui rap po rti di Lassalle col gran cancelliere e sui sentim enti di Marx verso la Francia, verso la Russia, verso l’I ta lia). Bismarck era, com’è noto, un realista, un machiavellico, in certo senso un ateo. Però, co me il perfetto realista, egli assum eva l ’ideolo gia più propizia, prendeva il suo bene dove lo trovava: per creare la potente re a ltà della Ger mania moderna non gli conveniva dunque di mettersi in atteggiam ento critico e polemico verso i poetici medievalismi, verso la gloria

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della Casa d’A u stria e gli splendori del sacro rom ano impero. C’e ra in lu i un devoto Mefisto fele, un rivoluzionario au striacan te. E ra tu tto ferro e iro n ia; 'ma non disdegnava, se gli p a reva u tile a un fine, la c a rtap e sta delle coro nazioni solenni.

In a ltr i term ini, quando non si crede più a nulla, se non a lla n uda e crud a R ealtà, si fi nisce, a l m omento del bisogno, col d a r d i p i glio a ll’ideale più smesso, più consunto è con suetudinario che si trovi in g u ard aro b a: a l Sa cro Impero, a lla guerra santa, a l vecchio Dio di A rndt. A ppunto perché è trito e consunto tu tt i lo sanno a m ente come u n a m arcia da band a dom enicale, e lo zufolano per segnare il tem po a lla m arc ia guerresca. Guglielmo II, ve nuto su in quelle coronazioni, sentì m olestia della m efistofelica doppiezza e d ella rivoluzio n a ria devozione del suo m inistro. T u tte quelle venerabili cose, compreso il d iritto divino e l’i spirazione d ire tta , dovevano essere p e r lui p ie nam ente vere.

L a selezione in te lle ttu a le ted esca diveniva fra tta n to sem pre più re a lis ta e spregiudicata, e disistim ava anche crudelm ente il m elodram m atico im peratore. F inché è venuto il m om en to in cui ne h a av u to bisogno ed egli h a o tte nuto riparazione dello smacco subito il 9 no vembre 1908. Quando le p iù m oderne e (s’in tende bene, non in cattiv o senso) dem oniache passioni sono giunte a p ien a c o ttu ra n ella p en to la tedesca, c’è voluto un coperchio ideologico d a guerra s a n ta ; e a llo ra n u lla potev a m eglio servire della sv ag ata m e n ta lità m istico lirica di Guglielmo II. Si ricostituiva, a l calor bianco della passione nazionale, la duplice u n ità riv o lu zion ario au to ritaria di Bisìnarck.

È im pressionante vedere questo fiero popolo -­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ -­

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-di m aterialisti cap itan ato da un pallido B arba rossa crociato.

F in ita la guerra se la rifaranno con lui. Ma questo non è tedesco; è umano.

III. P ei capitoli su la Guerra e l’ Italia. Q uei che contano gli eserciti, Vi son oggi com e allora ; S e crediam o alle lor ciancie, Aprirem le porte ancora.

(1 8 4 7) G o f f r e d o M a m e l i . Ei ben poco lio da perm ettere a lla terza parte, l’unica in teram en te occasionale e isp ira ta in t u t to dalle circostanze in cui vivemmo dopo l ’agosto.

Le obbiezioni a l modo di pensare mio e dei miei affini sono sta te giorno p er giorno spaz zate dai fatti. N el m om ento in cui scrivo già non si può più p arlare di n e u tra lità benevola da p a rte d e lllta lia , e la Triplice, non più solo virtualm ente m a anche effettivam ente, è cosa del passato. Il famoso caporale italian o col suo tam burino (in cui Bism arck sim boleggiava la benevola n e u tra lità ita lia n a g u ard an te verso oc cidente) 'guarda invece verso oriente : e gli s ta n no accan to alcuni soldati semplici.

Gli oppositori a l modo mio e nostro di pen sare avrebbero, d ’altronde, risp arm iato e fa tto risparm iar tempo, se si fossero concesso il lu s so (voglio rid u r la (questione al minimo) di un esame di coscienza sul perché d ella concordia fra n eu tralisti e in te rv en tisti q u an to a un certo modo di dire. Dicevan essi così come dicevamo n o ialtri: vincerà la Germ ania o l’In tesa? Da un lato, dunque, è uno; d a ll’a ltro è una coalizione. Da quel lato ci m inacciava l ’organizzazione del mondo, o quan to m eno d ell’E uropa centrale e occidentale, so tto un popolo capo; d a questo lato ci è g a ra n tita la ricostituzione di una

si-Bo r g e s e. ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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-inazione di concorrenza e di lo tta , in d ispen sa bile a noi se vogliam o essere e crescere.

Lasciando stare le obbiezioni di cose che qui e altro ve sono am piam ente rib a ttu te , dovrò pure accennare a un obbiezione personale. Qualcuno h a creduto di poterm i rim proverare il mio a t tu ale attegg iam ento, m ettendolo in c o n tra d d i zione : 1.° con la m ia reverenza verso la sto ria dello sp irito ted esco ; 2.° coi sentim enti d a me espressi se’i anni fa in un libro in tito la to la

Nuova Germania; 3.° con mie a n te rio ri d ich ia

razioni favorevoli a lla Triplice.

Se la prim a è una contraddizione, v’insisto. Io continuo a d avere reverenza verso la sto ria dello spirito' tedesco, pur desiderando che l’I ta lia vada per la sua s tra d a e rifaccia la sua storia. Amici Goethe e K ant, sed magis amica Ita

lia. D’a ltro canto q uesto modo nazionale di sen

tire hanno assai co ntrib u ito a d insegnarm elo i Tedeschi. Sono m olto più Ita lia n i vecchia m arca, molto' meno che ine im pregnati di « cul tu ra » ted esca quei ta li ita lia n i germ anizzanti che vorrebbero l’ Ita lia alle dipendenze dello straniero am m irato.

L a seconda contraddizione è n ella te s ta di chi h a grossolanam ente falsa to il senso di quel m io lib ro sulla Nuova Germania. A fferm avo in esso che i Tedeschi hanno una sincera n o s ta l g ia e ste tic a verso il nostro paese? Continuo ad afferm arlo. Guardavo allora con risp e tto e am m irazione m olte cose della v ita tedesca? anche ora. Ma nessuno che ab b ia le tto quel mio li bro può sm entirn e a sé ed agli a ltr i l ’essenziale contenuto. Se m erito ho, è anzi quello d ’essere s ta to fra i prim i a fare un’analisi pessim istica d ella G erm ania m oderna. Il libro era perfino troppo uniform e e grigio per l’insistenza di que s ta tesi, la quale allo ra offese m olti per la

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sua « stram beria ». Ora invece posso dire che me ne passano quotidianam ente so tto gli oc chi conferme di a u to rità tedesche. Un professore di teologia, M artin Rade, ci p a rla dell’ « enor me a p p iattim en to spirituale », della ungeheure

geistige Verflachung che dilagò in G erm ania dopo

la v itto ria del ’70. Un professore di storia, il Meinecke, fa una ra p id a sintesi negativa della vita ted esca quale appariv a negli anni im m e d iatam ente precedenti la guerra, giungendo fino a dire che si poteva ragionevolm ente dubitare intorno a lla ca p ac ità di resistenza della nazio ne nel caso di guerra. Un buon conoscitore della re a ltà non avrebbe voluto ripetere, senza riserve, su lla G erm ania del 1914 le cose che diceva della G erm ania d i q u a ra n taq u a ttro anni prim a («nobile, paziente, profonda, pura, mo rig erata» ) Tom maso Carlyle, in qu ella quac chera le tte ra a l Times dell’l l novembre 1870, in cui consigliava 'pollice verso la c o rro tta e vi ziosa F ra n cia a fa r penitenza costituendosi nelle m ani del poliziotto prussiano.

Sentii con in ten sità, ed anche con le esag'e razioni e le u n ila te ra lità difficilm ente evitabili da chi si m e tta p er una stra d a poco b a ttu ta , la decadenza tedesca. Ne cercai i segni nella vita p o litic a e nella sentim entale, nelle crisi di p a rtito e nei g ran d i processi, neU’a rte e nello s tila della v ita quotidiana. Vidi dovunque il rapido m aterializzarsi di una gloriosa tradizione d i pen

siero, e conclusi (p. 482 sgg.) con un paio di p a gine, a n co ra fino a d oggi non sm entite, nelle q u a li già osavo paragonare la posizione della Ger m ania di Guglielmo II in E uropa a qu ella della

Spagna di F ilippo II, e, senza cadere n ella leg gerezza di profezie circostanziate, vedevo assai nero nell’avvenire e dubitavo forte che i figli dei vincitori fossero p er essere vincitori essi stessi.

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Dove sia la contraddizione non vedo. R esta la terza.

Certo 'io non ero a llo ra né fui negli anni successivi avversario deciso d ella T riplice, seb bene, non dissim ile in questo d a ta n ti m ai « t r i p licisti », la considerassi con so sp etto e senza costanza di fiducia. Quì appaiono rac c o lti q u a t tro m iei a rtico li d ella fine del 1908 su q u esta m alagevole alleanza d e s tin a ta a fine trag ica. È vero che, quando mi avvenne di occuparm i di politica, 'fui avverso a ll’irredentism o che rep u tai dannoso a lla costituzione di u n a ferm a e d r itta volontà italiana nel mondo. Né sono divenuto irre d e n tista in q uesti mesi ; se per irredentism o s’h a d a in tendere un g re tto e lim ita to program m a di nazionalism o n a tu ra listic o ed etnico, 'il quale, se dovesse venire p ra tic a to con coeren za, dovrebbe segnare a ll’I ta lia un ideale da chiocciola e oggi a d d ita rle i suoi confini a Salorno ingiungendole di lasciare i sobborghi di T rieste ag li slavi, anzi togliendole ogni possi b ilità d’azione, se è vero, come ho sem pre cre duto e credo, che un irred entism o congruo do vrebb’essere perfin più in tran sig en te per la Cor sica che p er Trieste.

Non irre d e n tista dunque sono div enu to; m a a n titrip lic is ta per m otivi enorm em ente più va sti, fra i qu ali viene a trov arsi coinvolto anche il problem a dei confini nord orientali ed anche la questione etnico sentim entale. R itorno un m o m ento a l C arlyle, il quale nel ’70 diceva che la F ra n cia m eritav a punizione, anche per, so p r a ttu tto p er il folle orgoglio con cui si c re deva detentrice di un in a ttin g ib ile p rim ato sp i ritu ale, d ispensatrice di luce a l mondo. Pochi dubitano òggi che la G erm ania si sia m acch iata del m ortale peccato di superbia che nel ’TO i suoi p artig ia n i rinfacciavano a lla F ran cia. Ma

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D a ll alleanza alla guerra X X I nei 1908? Allora, v’erano il pangerm anism o e v’era la Germania, v’e ra l’organismo in difesa e v’era la febbre clie lo m inacciava. Ogni p re visione sull’esito di qu esta lo tta in te rn a e ra allo ra azzardata.

Io sentivo che la G erm ania non era più quella di cui Bism arck fu il d itta to re ; che, forse, non avrebbe avuto la forza d ’im porre il suo volere a t u tt a l’Europa. Ma l’avrebbe essa te n ta to ? Qui era la questione del triplicism o. U na G erm a nia m o d erata e politica, conscia della sua po sizione relativ a nel mondo, posizione di prim is simo ordine, m a non incondizionatam ente im perante, poteva continuare ad essere il pernio di un ottim o sistem a d ’alleanze. Una Germ a nia, desiderosa invece d’im porre a ogni costo il suo volere, non poteva avere che servitori (vediamo che cos’è la Turchia, ohe cos’è l’Au stria so tto il controllo m ilitare tedesco) o ne mici.

Non v’è contraddizione n ell’avere sp erato in quella p rim a Germania, in una G erm ania m o d e ra ta e p o litica erano ta n ti i Tedeschi che vivevano d ella n o stra stessa speranza e nel l'essere diventato n ettam en te a n titr ip lic is ta , quando la seconda Germ ania, qu ella dell’ege monia, ebbe preso il sopravvento.

La G erm ania aveva avuto effettivam ente l'e gemonia continentale, prim a delTalleanza fra n co russa: egem onia tollerabile, perché non san zionata d a lla prova m ateriale della violenza. Poi era a n d a ta via via perdendola. L a p o litica di Delcassé e di Edoardo V II aveva fin ito per co struire un equilibrio. Il quale equilibrio con veniva anche a noi.

Avrebbe to llerato la G erm ania questa con

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dizione di cose, o avrebbe te n ta to di riconqui stare una posizione di predom inio, ciò ohe o r m ai non poteva riuscirle se non con una g ra n de guerra? "Questo era il bivio. L a posizione d ell’I ta lia era fra tta n to asp rissim a; giacché non è lecito dim enticare che perfino il generale B em h ardi riconosceva, o germ anizzanti, la o r m ai tren ten n e insufficienza d ella Triplice nel proteggere e difendere gli interessi italian i. Che dire del m om ento in cui avrem m o dovuto versare il nostro sangue p er creare uno sta to di cose, non solo pregiudizievole a i n o stri interessi, m a fa ta le p erfino a lla n o stra indipendenza?

Già nel 1908 la G erm ania ten tò , riuscendovi, una m inacciosa afferm azione egem onica contro i reali rap p o rti di forze che non am m ettevano più un’egem onia tedesca. Ma a llo ra si tra tta v a più che a ltro di una fo rm alità giuridica, del l’annessione d ella Bosnia, chje non a lte ra v a so stanzialm ente l’equilibrio delle forze.

Ciò che avvenne nel 1914 era in fin itam en te più g'rave. In generale, p er parere bene in form ati e profondi, si tende a togliere im p o rtanza a l

pretesto della guerra. Quel p rete sto invece fu

una causa, ed ebbe e m antiene un sig nificato enorme. ,

Lasciam o stare la questione d ella barbarie serba, dell’assassinio, ecc. N on vuol d ir nulla che alcune delle più eloquenti apologie del « tirannicidio» siano sta te s c ritte in lingua t e desca .

E am m ettiam o che la Serbia fosse « colpevo le», degna, di subire u n a diminuzione d ella so vranità, una sorveglianza n ell’istru tto ria dei p ro cessi rig u ard an ti il d elitto di Serajevo, u n a pu nizione.

Se non che, chi doveva d ichiarare colpevole la Serbia? chi doveva punirla?

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Cause essenziali della guerra x x i i i Qui si sono u rta te le due concezioni. Se la società delle nazioni è una res publica, se vi è un sistem a di equilibrio cioè di lib e rtà in ternazionale, in ta l caso soltan to un congresso può condannare un governo colpevole. Ci vuole, in a ltri term ini, un tribunale. Se invece chi con danna e chi punisce è la p a rte lesa, se l ’offeso si vuol far ragione con le sue m ani, allo ra vuol dire che viviamo in ista to di anarchia, poiché la società delle nazioni non si oppone a questo prepotente d iritto della «vendetta». L’A ustria asserì questo arcaico e incivile d iritto . Ma la società delle nazioni, l'a u to rità della res publica internazionale, s'oppose. A llora entrò in iscena la Germania, im ponendo che l’A ustria rim anesse s o ttr a tta a l controllo di essa res publica e in cam po chiuso esercitasse il suo anarch ico d iritto di vendetta. Così l'an arch ia veniva, n atu ralm en te, a trovare un sostegno in un program m a di tirannide.

Poi si p arla ancora di Triplice, quasi che la «punizione» della Serbia fosse un casus belli si mile a quello che avrem m o avuto, se a un cert o momento la F rancia, per esempio, avesse pro vocato la G erm ania per la « restituzione » del l’Alsazia Lorena.

Se un uomo civile in te rro g a sé stesso quanto al significato che d à a lla lib e rtà individuale politica, risponde che è lib e rtà in quello S tato nel quale un individuo non può fare violenza a un altro individuo1. Il trasgressore della m o ralità è privato dei d iritti civili non d a ll’o f feso ma dalla com unità cui questi ricorre. Allo stesso modo si definisce la lib e rtà p o litic a n a zionale. U na nazione é libera in un mondo ove il rapporto di forze sia tale che nessun popolo possa, volendo, violentare un a ltro popolo. La condizione sine qua non per la lib e rtà del mon

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-do è, insemina., che il popolo più forte non sia più forte di ogni coalizione.

Ma oggi i Tedeschi intendono p er lib e rtà della loro nazione, prim a il d iritto di essere giudice e p a rte nelle contese con le nazioni m i n o ri; pòi, conseguentem ente, il vincere contro

la coalizione, dando prova di una forza supe riore a tu tte le a ltre somm ate. In a ltri term ini la lib e rtà ted esca non è condizionata dalle a l tru i lib ertà, m a d a lla servitù di tu tti. Non con siste nel non dovere subir violenza, m a nel po tere esercitarla.

Secondo gl’in te rp re ti ortodossi d ella Triplice noi avrem m o dovuto favorir la G erm ania o a l meno starcene in erti nel m entre si svolge que s ta co n tesa: se, em ettendo la G erm ania un o r dine, il mondo' debba senz’a ltro obbedire, ov vero se sussistano anco ra e debbano continuare a sussistere le so v ran ità nazionali.

È in discussione, im plicitam ente, anche la no . sfcra sovranità. Res nostra agitur.

O ra , qu an d ’ io in un artico lo in tito la to Tau

roggen (p. sgg.) ricordai che la Prussia, a lle a ta

di Napoleone, gli si rivoltò, colpendolo ite ra ta m ente alle spalle, mi si rispose di lassù, per esem pio nel Berliner Tageblatt, che l’ I ta lia del 1914-’15 non è nelle condizioni in cui era. la P russia nel 1812: la quale aveva perfin g u a rn i gioni francesi nelle fortezze, e subiva ta le op pressione d a giustificare ogni trad im ento.

In fa tti, rib a tto io, nessuno di noi h a consiglia to l’I ta lia a im itare la P ru ssia del 1812, a p a rtire in guerra, accan to a lla G erm ania per p u g n alarla a lla schiena dopo la p rim a sco n fitta, a rip e tere la gloriosa e pure spaventosa fellonìa di Tauroggen. Le condizioni sono in p a rte diver se; e però è diversa la n o stra condotta.

Ma la G erm ania che ci poteva avere a lle ati ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ -­ ­ ­ ­ ­

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L insurrezione italiana xxv

ci volle s a te lliti; e, se non mise guarnigioni nelle fortezze, volle però adoperare il tr a tta to della Triplice contro di noi.

Perciò la n o stra co n d o tta è insurrezionale, e la g u erra che forse ora si com batterà con le arm i, m a g ià d a mesi si com batte sp iritu alm en te, |è davvero, come ta n te volte e per ta n ti mo tiv i è già sta to detto, una g uerra d’indipen denza.

IV. Nazione e Umanità. Federico Meinecke, uno storiografo sereno, un patri o tta tedesco m oderato e ragionevole, non pangerm anista, non scalm anato e sobillatore, un’a u to rità insomma, dice che il significato uni versale e perm anente di q u esta guerra 'è nella lo tta che si com batte contro gli eccessi del nazionalism o (e a llo ra non dica, in a ltr a p a gina del suo libretto, che h a ragione Bernardo Shaw quando sentenzia non essere q u esta guer ra se non un c o n flitto d'interessi).

Per il Meinecke la situazione si riassum e così : un «insaziabile nazionalismo», come lo chiamò anche Guglielmo II, quello dei serbi e dei ru s si, m inacciava la compagine dell'im pero austro ungarico. Essendo l’impero austro ungarico l’u nico alleato su cui la G erm ania possa fare a s segnam ento, essendo per troppe ragioni la sua v ita e la sua fo rtu n a indispensabili a lla G er m ania, la G erm ania h a dovuto accorrere in sua difesa. E ssa non poteva p erm ettere l’umiliazio ne deH’A ustria senza designare anche sé m ede sim a quale v ittim a presto o ta rd i sacra alla, fame panslava.

Ma q u e sta fratellan za d ’arm i contro il co mune pericolo era anche un’a ffin ità ideologi ca, I Tedeschi ci tennero m olto, so p ra ttu tto al principio della guerra, a dirsi fra di loro e

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a fa r sapere ag li stran ieri che le a n tip a tie fra ciò che si vuol chiam are per antonom asia te d e sco e ciò che si dice au stria c o erano sp a rite per sempre. Come la g u erra del ’70 unificò spi ritu alm en te N ord e Sud, P ru ssia e Baviera, così la g u erra del 1914 a ffrate lla v a Germ ania e A u s tria (era l’ap pariscen te m aturazione di quel fe nomeno che a me pareva di riconoscere già da qualche tem po : l’in au stria ca rsi d ella Germania ). Un tedesco dell'im pero, m olto in tellig en te, m ol to m oderno, in teram en te p ro te sta n te, mi sc ri veva invitandom i a so ttop o rre a c ritica il vec chio odio convenzionale degli Ita lia n i contro l’A u stria e a renderm i conto della sc h ie tta in clinazione che orm ai ogni buon tedesco sentiva verso l’anim a e la m ente au striaca. V eram ente non credo che noi Ita lia n i ci figuriam o gli Au striaci con esecrante im m aginazione q u a ra n to t té sc a ; parecchi di noi hanno veduto e goduto Vienna, e conoscono la grazia ap p assio n ata del l’a rte au stria c a , sia che si m an ifesti nell’estetico slancio della danza o neirum orism o indulgente deH’o p e re tta o n ella ra ffin a ta insistenza psico logica di a rtis ti superiori come G rillparzer o Lenau. Se ci si dom anda in quale paese p a r lan te tedesco sentiam o, alm eno q u an to allo stile della v ita q u o tid ian a e privata, m aggiori a ffi n ità con l a civ iltà occidentale e nostra, risp on diam o che questo paese è proprio l’A ustria, e forse è, in tu tto e per tu tto , quello che più fa piacere a l n o stro gu sto (solo che si rievo chino gli alberi e i Velasquez di Vienna, la bella razza fem m inea, le nobili chiese, la buona gtente e quelle liete rifrazioni di luce fra la c ittà vecchia ancora m edievalm ente confiden ziale e rac c o lta e i sobborghi, diffusi e d iste si un po’ d isordinatam ente, quasi colti d a in dolenza nel vano sforzo di a tte g g ia rsi a grande

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Contro gli eccessi nazionalistici X X V I I m etropoli m oderna, ovvero fra i rom antici bo schi delle Prealpi e le praterie sm eraldine così lim pide e solitarie so tto un cielo p astorale). No, è un po’ difficile ridurre l’a ttu a le attegg iam en to italian o verso A u stria e Germ ania a un t u t t ’or cliestra di reduce retorica, a uno sciagurato m a linteso derivante da vecchi, ten aci ricordi, e via discorrendo.

Ma a noi quella stessa raffinatezza già un po’ troppo dolce ed au tu n n ale e sfa tta , quella stessa voluttuosa e m alinconica am ab ilità della cu ltu ra viennese valgono come segni di un o r ganism o stanco e decadente. Ed a chi, per com muoverci a lasciare Trieste au striaca, ci rico r da la gentilezza a rtis tic a di Strauss, di Grill parzer o m agari di H ofm annsthal, dobbiamo ob b iettare che non avrebbe avuto g ran forza di persuasione l'argom ento di chi ai ribelli in lo t ta contro la Spagna di F ilip p o I I avesse c ita to le innocenti fan tasie arcadiche di Cervantes. Ma per i Tedeschi del 1914 l’A u stria non solo non era in via di decomposizione, anzi rap p resen tava l’idea del presente e, più, deiravvenire con tro gli arcaism i politici degli Slavi e degli Oc cidentali.

Vedete dicevano m olti, e fra essi il Mei necke con q uanto entusiasm o s’abbraccino Tedeschi e Czechi per le strade di Praga, con quanto fervore soldati p a rla n ti serbo gu erreg gino contro i Serbi. Parve spontaneo anche q uel lo che era forzoso, popolare anche una solida rietà buro cratica e di casta, si tacqu e ciò che non conveniva. Il che non vuol dire che io intenda negare ogni intim o e reale elem ento di consistenza a un a n tic o organismo che d a più di un secolo fa fronte a tu tto un sistem a di ideo

logie m inacciose e d a nove m esi si difende p a l mo a palmo in una lo tta disperata. Ma insomma

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era alm eno u n ilaterale sostenere che la. guerra fosse proprio venuta a m ostrare la com pattez za, l ’u n an im ità dell’A ustria, anzi a conferire a l l’idea s ta ta le a u s tria c a u n a specie di prim ato.

Se, dice il Meineoke, a tem pi delle guerre d’indipendenza usava la bella p aro la naziona lità, ora era venuta in voga la b ru tta p arola nazionalism o. Occorre distinguere tr a l’idea n a zionale che è grand e e sana e"il nazionalism o che è una degenerazione. Bisogna persuadersi che non sempre è un danno, Spesso è un v an taggio se p a rti di una m edesim a n azio nalità vivono in s ta ti diversi; che è un grossolano pregiudizio quello che esige un’a sso lu ta coin cidenza fra S tato e Nazione, che, finalm ente, il principio di S tato, una rin n o v ata e ramrno d e rn a ta raigion di S tato, deve andare innanzi a l principio di nazionalità. Conclusione: l’A u stria, lo Stato' plurinazionale, è una costruzio ne sin g o larm en te m oderna e progredita. L a g uer ra presente' segnerà la v itto ria e l’irrobustim en to dello' S ta to plurinazionale, d e lla razionale id ea di S tato contro il g retto e n a tu ra listic o principio di nazionalità.

Sia d e tto di p a ssa ta che ogni q u a l volta ì Tedeschi accusano l’id ea nazionale di m a te ria lismo e di naturalism o, equivocano gravem ente fra l’idea di nazione e l’idea eli razza. M ate ria listic a è l’idea di razza c o s titu ita su d a ti determ in istici e fisici, non l’idea di nazione che è fon d ata su f a tti di coscienza, su d a ti storici e sullo spiritualissim o contrassegno della lin gua. A nessuno di noi credenti n ella nazione ita lia n a viene in m ente di supporre che un trie stin o e un c a g liarita n o ap p arten g an o a lla stessa «razza», come due puri sangue i cui

pedigrees si unifichino a u n certo p u n to nel nome

di un m agnanim o vincitore di corse.

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Lo Stato plurinazionale xxix

E nessuno vorrebbe asserire che fra cinque cento o m ill’anni le questioni di nazionalità, a b biano a d essere anco ra la principale p ia tta fo r ma della storia. R isoluta una contesa, i motivi per cui essa divam pò possono anche essere derisi come a ltre tta n te secchie rapite. Si può scher zare sul r a tto di Elena, e ci si può stupire che si sia versato ta n to sangue p er liberare il San to Sepolcro o per decidere la questione della predestinazione e d ella grazia efficace. Così po trà bene essere che fra qualche secolo un’um a n ità sedicente più civile trovi strao rd in ario che nel secolo X IX e nel X X ta n ta gente si sia scannata affinché nelle scuole di questo o quel villaggio prevalesse l'insegnam ento di questa o quella lingua. Si d irà allora, come oggi d icia mo d’aver superato la questione della lib e rtà di coscienza, che sarà s ta ta su p e ra ta la questione delle nazionalità. Già noi conosciamo, in p a rte almeno, i lim iti del principio di n azio n alità: per esempio, in ciò che rig u ard a le zone co n testate e miste, ove inevitabilm ente s’insedia il più for te, e in ciò che rig u ard a i popoli im m aturi e incapaci di autonom ia, a nessuno venendo in mente di applicare il principio di n azion alità ai Sudanesi o agli Zulù. E cominciam o anche a sentire ciò che vi può essere di acrim onioso e di sterilm ente feroce in alcuni eccelsi di que sto famelico rosicchiare ai confini, che per l’egoismo delle nazioni fa dim enticare gli scopi della collaborazione umana. Sappiam o la virtù del nazionalismo^ (sim ile alFindividualism o, esso esaspera le energie di un dato organismo po r tandolo a l massimo di respo nsabilità e di pro duzione), senz’essere ciechi ai suoi vizi.

Ma non so se alcuno abbia finora consigliato ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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mezzo ìmigliore per sedare la questione delle nazio n alità che quello di an d arle sistem ando nel m odo più equo e meno repressivo possibile. Ei so benissimo quel che gli storici p ro te sta n ti tedeschi pensano di coloro (P ap a e Im peratore) che vollero elim inare la questione d ella li b e rtà di coscienza sopprim endola sotto il gio go deH’a u to rità . Quella questione fu superata, quando la tesi liberale ebbe vinto e le sue con quiste furono divenute pacifiche. Né sem bra, fino a d oggi, che le cose vogliano procedere diversam ente p er ciò che s’a ttie n e a lla que stione di nazionalità. Comunque, è bizzarro d ar l’A u stria p er sup eratrice della lo tta nazionale, ed è p er lo meno m olto so sp etta l’asserzione che la G erm ania co m b atta p er un’idea che t r a scende il nazionalism o. Se così fosse, se la G er m an ia fosse veram ente di là d a lla passione n a zionalista, sarebbe veram ente d i un buon t r a t to innanzi a t u t t i gli a ltri popoli. M a è essa veram ente di là? Il M einecke si sforza di m o stra rsi equo, deplorando gli eccessi di orgoglio nazionale anche in Germ ania, e p arlando con spregio del pan,germ anism o. M a fin qui re s tia mo alle parole.

Il fa tto è che dal cosiddetto principio di n a zio nalità la G erm ania è m in acciata in p a re c chi p u n ti : in A lsazia Lorena, in Posnania, nello Schleswig. E vero che vi son ta n ti tedeschi fuori della Germania, e che lo S tato tedesco non coincide con la nazione tedesca. Ma, se si tolgono gli scarsi rim asugli del germ ane simo b altico che d ’altro n d e hanno o ttim e po sizioni nell’esercito e n ella burocrazia russa, i tedeschi fuori d i G erm ania non sono in condi zioni di servitù, sibbene di dominio : essi sono forze co n du ttrici così in Isvizzera come in Au stria. I tedeschi d e irA u stria sono il nesso uni ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ -­ ­ ­ ­

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-L a Germania e il principio nazionale xxxi

ficatore della m onarchia danubiana, e agisco no pertinacem ente perché essa m onarchia se gua una p o litic a e ste ra ed in te rn a q uanto più favorevole, e, in ogni caso, non ostile a l ger manesimo. Se i tedeschi au striaci venissero a n nessi in uno S tato u n itario di t u t t a la gente tedesca, perderebbero q u esta funzione d ire tti va su q u a ra n ta m ilioni di non tedeschi, e a s sum erebbero (per il pericoloso ed in stab ile equi librio che verrebbe a crearsi fra p ro te sta n ti e cattolici e fra Berlino e Vienna) la funzione di scom paginatori dell’organism o sta ta le di cui s a rebbero venuti a fa r parte. Ciò sia d e tto a quei gai an alfab eti i quali vanno già buccinando che la G erm ania si com penserà abbandonando l’Au stria ag li a sp ira n ti eredi, e prendendosi una p arte leonina con l’annessione d ella province tedesche. Il compenso di Pirro !

Insom lma, da un’ applicazione in teg rale del principio di n azio n alità il germ anesim o avreb be m olto da perdere e n u lla d a guadagnare. jE perciò, sebbene non m anchino i soliti profes sori del regno d’I ta lia e delle repubbliche Cen tro A m erica disposti a prendere per scienza u n i versale ed e te rn a tu tto ciò ch’è scritto in t e desco, la c ritic a tedesca del nazionalismo, già evidente in Treitschke e in Bism arck ed ora abilm ente congegnata dal Meinecke, è grave m ente so sp etta di tendenziosità ai servigi del nazionalism o tedesco. T anto più che chi a ffe r m a d’aver superato il nazionalism o deve pure darne prove concrete, come quelle che davano quotidianam ente d’aver superato il p a rtic o la ri smo di quei che un m uro ed una fossa serra l’impero rom ano e la Chiesa m edievale (e cer te volte anche la Spagna, e l’A u stria p rim a di Giuseppe II). Ma l’A ustria d’oggi è davvero di là dalle risse nazionali, essa che vive della

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esasperazione d i q u e sti odii e di u n a q u o tid ia n a sobillazione delle antinom ie etn iche? forse l’A ustria h a tro v ato un ritm o d i c iv iltà tale da sopire queste contese, un nuovo valore ideale o religioso così a lto d a indurre i popoli a d a b b a tte re le siepi e a baciarsi fratern am en te su l le guance? in che consiste l’a u stria c o su p era m ento del nazionalism o se non n e lla volontà di soffocare n azio n alità scomode come l’ita lia n a a d ria tic a e nella v elleità d ’ignorare la co scienza m oderna? Non si t r a t t a di superam en to, m a di ostinazione arcaistica. E, q u an to a lla G erm ania, si vorrebbe sapere quale sacrificio essa sarebbe d isp o sta a subire p er m ostrare d ’a ver superato le grettezze n azio nalistiche; se, p er esempio, vorrebbe cedere la L orena alla F ra n c ia o rettific a re la fro n tie ra danese o, m ettiam o, propugnare l’adozione del latin o co m e lin g ua universale. Invece la G erm ania si m o stra an tin a zio n a lista consigliando il barbaro nazionalism o serbo a so tto m ette rsi e gli a ltri nazionalism i europei a tem perarsi perché il ger m anesim o in G erm ania e in A u stria possa p ro sperare e crescere. È l’altru ism o p er gli a ltri. Essi vivono in un m irabile a rd o r nazionale, né conoscono passione superiore a questa, m a vor rebbero che gli a ltri si calm assero. E lo scopo di q u e sta attenuazione del nazionalism o a ltru i non sarebbe già il sorgere d i un quid novi supe riore ai c o n tra sti etnici, m a la costituzione di una lega contro il russism o (quel russism o che, p er fa r comodo a i correligionarii di Marx, a n che noi dovremmo considerare come il nostro nemico). È proprio il M einecke che form ula que sto scopo, a p ag in a 82 del suo lib re tto ; e nella p ag in a successiva aggiunge che l’elem ento ger m anico a v rà la funzione d ire ttric e d ella lega an tiru ssa. Il che, secondo Meinecke, non sa

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