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Studio dei resti cremati umani provenienti dalla necropoli villanoviana di via Marche a Pisa

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di Lettere e Filosofia

Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici

Studio dei resti cremati umani provenienti dalla

necropoli villanoviana di via Marche a Pisa

Direttore della Scuola di Specializzazione Prof. Giampaolo Graziadio

Relatore Prof. Renata Grifoni Cremonesi Candidato

Dott.ssa Jasmine Bagnoli

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Sommario

Introduzione ... 4

Capitolo 1 ... 6

La necropoli villanoviana di via Marche Pisa... 6

Capitolo 2 ... 11

Metodi di studio ... 11

2.1 L’applicazione della TC al microscavo dei cinerari ... 11

2.2 Microscavo e preparazione al restauro ... 15

2.3 Lo studio dei resti ossei cremati ... 24

Capitolo 3 ... 27

Materiali ... 27

3.1 Dati antropologici: esame dei resti scheletrici combusti ... 27

Capitolo 4 ... 52

Risultati ... 52

4.1 Profilo demografico ... 52

4.2 Analisi quantitativa... 55

4.3. Temperatura di combustione e grado di frammentazione ... 60

4.4 Alterazioni scheletriche di tipo funzionale e patologico... 62

4.5 Confronti con altre necropoli a cremazione ... 63

Capitolo 5 ... 67

Inquadramento Storico ... 67

5.1. La cultura villanoviana ... 67

Capitolo 6 ... 78

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Conclusioni ... 86

Appendice ... 94

Necropoli villanoviane nell’Etruria costiera e interna... 94

Scheda 1. Livorno-Stagno: la necropoli di Parrana San Martino ... 94

Scheda 2. Livorno: l’ipotetico sepolcreto di Quercianella ... 95

Scheda.3 Livorno: la necropoli di Villa Barone (PB) ... 97

Scheda 4. Volterra: il sepolcreto delle Ripaie ... 98

Scheda.5. Populonia: la necropoli di Podere Casone e Podere S.Cerbone ... 99

Scheda 6. Populonia: la necropoli di Piano delle Granate e Poggio Granate ...100

Scheda 7. Vetulonia: le necropoli di “Il Poggio alla Guardia” “Poggio Belvedere”, “Poggio alle Birbe” ...101

Scheda 8. Sticciano Scalo ...103

Scheda 9. Crostoletto di Lamone e Pian Sultano due siti a confronto...104

Scheda 10. Sesto Fiorentino: le necropoli di Val di Rose e di Madonna del Piano ...107

Scheda 11. Firenze: le tombe “del Gambrinus” ...109

Scheda 12. Chiusi: i sepolcreti di Poggio Renzo, Fornace Marcianella. ...111

Scheda 13. Vulci: le necropoli di Ponterotto, Cavalupo e Poggio Mengarelli ...112

Scheda 14. Sasso di Furbara (Cerveteri) ...114

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Introduzione

Tra il 2005 e il 2006 fu indagata da parte della Soprintendenza dei beni Archeologici della Toscana l’area estesa tra via Marche, via Abba e via Bianchi; dove furono individuate due sepolcreti: il primo, più recente, ascrivibile all’età tardo antica (III-VI secolo d.C.) ed il secondo, più antico, afferente ai primi dell’età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.). Quest’ultimo ha restituito 37 cinerari, i quali, dopo la rimozione, sono stati analizzati in laboratorio. In questa sede inizialmente si riporteranno i dati di scavo del complesso sepolcrale di via Marche; descrivendo preliminarmente i materiali recuperati. Nei capitoli che seguono saranno presentati dettagliatamente tutti i metodi impiegati per lo studio delle urne funerarie come l’utilizzo di strumentazioni proprie della diagnosi medica, in particolare, l’applicazione della TC (Tomografia Computerizzata), che si è rilevata estremamente utile in questo campo. Verranno sviluppate inoltre tutte le operazioni effettuate per preparare i cinerari al restauro, nonché i metodi antropologici utilizzati sui resti combusti per determinare il sesso, l’età di morte, rilevazioni di eventuali alterazioni patologiche, temperatura di combustione e infine per ricavare informazioni ascrivibile al rituale funerario. Successivamente saranno illustrati e discussi i risultati antropologici finali (completi) ricavati dallo studio svolto in laboratorio. Verrà affrontato anche un inquadramento storico della cultura Villanoviana nell’Etruria propria (la nascita e lo sviluppo di questa realtà culturale, le caratteristiche della tessitura insediativa e degli aspetti funerari). Saranno presi in esame diversi centri riferibili a questo orizzonte cronologico, distribuiti nell’Etruria settentrionale e meridionale, che hanno restituito dati esaustivi concernenti l’ambito funerario. Le varie aree cimiteriali sono state distribuite seguendo un ordine preciso, da quelle più vicine alla necropoli di via marche a Pisa (area di Livorno/Firenze) a quelle più lontane, ubicate a nord del Lazio (Tarquinia, Veio). il fine di questo confronto è quello di individuare le analogie e le differenze tra i vari nuclei funerari (in particolare con il sepolcreto di Pisa) nonché, il circuito dei contatti/influenze tra le varie realtà culturali; per ricostruire un quadro delle pratiche culturali e delle trasformazioni sociali del territorio etrusco.

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Infine, sarà discusso l’origine di Pisa, evidenziando gli indicatori emersi nelle varie indagini archeologiche che confermano la genuinità della sua etruscità, nonché del ruolo assunto e dei contatti maturati in età Protostorica. E’ stato inoltre aggiunto un’appendice con alcuni siti di confronto.

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Capitolo 1

La necropoli villanoviana di via Marche Pisa

Tra il 2005 e il 2006 in occasione della costruzione di edifici residenziali eseguiti nella zona ubicata tra le vie Marche, Abba e Bianchi, localizzata a settentrione delle mura medievali di Pisa, subito fuori Porta a Lucca, furono individuate importanti tracce di frequentazione che vanno dall’epoca villanoviana ai giorni nostri (Paribeni, 2008).

L’area cimiteriale afferente all’età villanoviana ed orientalizzante (in parte coperta dal sepolcreto di età romana) era ubicata nell’angolo nord-ovest del settore e si estendeva su un’area di circa 100mq (fig.1.1); furono portate in luce 37 sepolture ad incinerazione, in pozzetti semplici con fodera di elementi litici. Il sepolcreto era probabilmente collocato su di un’altura, sulla base dell’andamento del profilo altimetrico dello strato nell’unica parte dove è stato possibile individuare il suo limite originario. A causa di un intaccamento di questa superficie da parte di alcune strutture di età contemporanea, che ne hanno interrotto la continuità fisica, danneggiando inoltre molti cinerari, non è possibile rilevare l’estensione originaria. Tuttavia è molto probabile che il nucleo sepolcrale si estendesse oltre l’area indagata (verso nord e verso est). I complessi funerari erano connotati da 15 dolii (fig. 1.2), 21 ossuari-biconici (fig. 1.3) e 1 pithos ingobbiato. Quest’ultimo fu portato in luce soltanto nel quarto superiore: era caratterizzato da un orlo ingrossato e da quattro anse a nastro insellate impostate sulla spalla. Interessante notare che I dolii (tb. 98, 177, 178, 185, 187, 188, 189, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, 202, 209) erano concentrati lungo il perimetro esterno del distretto indagato; sono tutti d’impasto rossastro, eccetto uno in impasto scuro (tb.200), la maggior parte di essi era caratterizzata da una decorazione con cordonatura semplice o digitata. Secondo i dati di scavo alcuni doli inoltre contenevano un ossuario biconico e oggetti del corredo (Rizzitelli, 2005). I vasi biconici erano d’impasto nero o bruno, lucidati a stecca e decorati con motivi peculiari del repertorio villanoviano (meandri, motivi a falsa cordicella, stampiglie a cerchi concentrici, motivi ad N, fasci di linee). Tutti presentavano una ciotola di copertura, con un’ansa a pseudo tortiglione o a bastoncello, a volte con apofisi

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laterali; in un caso fu rilevata un’ansa bifora (tb.237). Alcune di esse erano caratterizzate da una decorazione tipica di questa produzione (motivi ad N, denti di lupo a falsa cordicella, motivi a zig-zag, motivo metopale con croce gammata).

Una sola urna era chiusa da un coperchio simbolico (tb.239), costituito da un elmo crestato fittile, decorato da quattro coppie di apofisi ricurve (“denti di cinghiale”) disposte sulla calotta in corrispondenza del punto di innesto della cresta (Rizzitelli, 2005).

La necropoli villanoviana di via Marche conferma la destinazione ad uso sepolcrale della fascia di territorio posta a settentrione di Pisa già da quest’epoca. Evidentemente la necropoli villanoviana (come già accennato sopra) si impianta su una porzione di terreno leggermente più rilevata rispetto alle aree circostanti, interessate da continui fenomeni di erosione e allagamento (Paribeni, 2008).

Il settore che si estende tra di via Marche via Abba e via Bianchi fu soggetto nelle varie epoche di molti sconvolgimenti sia naturali che antropici.

Al VI-V secolo a.C. è da riferire la presenza di accumuli di pietre, laterizi, concotti e ceramiche (bucchero, impasto a scisti microclastici, attica e a figure rosse), interpretati come crolli di strutture demolite da violente esondazioni dell’Arno e dell’Auser. Dal punto di vista idrografico, ricordiamo che già in epoca preistorica a nord di Pisa scorreva un fiume, detto “Aesar”, poi “Auser”, che si gettava nell'Arno all'altezza di Vicopisano e Calcinaia, scendendo agevolmente nella depressione di Bientina, compresa tra il Monte Pisano e l'altopiano delle Cerbaie. In una seconda fase non esattamente individuabile (ma quasi certamente in epoca pre-romana), il percorso dell'Auser si spostò verso ovest, per poi gettarsi nell’Arno a valle di Pisa. Successivamente un braccio dell'Auser si era reso autonomo per volgersi decisamente verso nord-ovest: passando per Avane, raggiungeva il Tirreno in prossimità della stessa foce dell'Auser, questo ramo fu dunque detto Serchio (da Auserculus, 'piccolo Auser'). Verso il III secolo a.C. nell’area denominata B viene costruito un muro in blocchi di calcarenite con orientamento W/E, documentato per circa 20 m di lunghezza, che prosegue nella fascia di terreno non scavata tra le due aree e che lì pare interrompersi. Forse la funzionalità di questo muro era quello di difesa

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dalle esondazioni fluviali; il tipo di tecnica con cui è stato realizzato sembra ricondurlo all’età ellenistica (Costantini, 2006-07).

Successivamente, tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., entrambe le aree sono interessate da fenomeni alluvionali, i quali causano l’obliterazione della struttura muraria e la deposizione di notevoli quantità di sedimenti sul terreno. In questa fase è completamente assente qualsiasi traccia di frequentazione antropica. I periodici allagamenti a cui l’area era sottoposta in età antica e l’abbondante presenza di acqua che caratterizzava il passaggio del suburbio settentrionale di Pisa probabilmente sono la causa delle enormi risalite dell’acqua di falda, che hanno provocato varie complicazioni nelle operazioni di scavo in numerosi settori dell’area. In età tardo antica, sull’intera superficie indagata si sviluppa una necropoli con sepolture ad inumazione. Particolarmente effimere appaiono le tracce relative alla frequentazione di quest’area in età medievale, cui appartiene solo un piccolo ambiente quadrangolare, forse una discarica domestica (Costantini, 2006-07). In seguito, nel XVII-XVIII secolo, furono costruiti due pozzi circolari, uno nell’area A e uno nell’area B, e una cisterna di grandi dimensioni ancora nell’area A, realizzata in laterizi legati con malta e rivestita con intonaco idraulico particolarmente tenace.

Infine, in età contemporanea questa cisterna viene rifunzionalizzata con l’aggiunta di due serbatoi metallici per carburante. Inoltre in questo periodo si verifica la costruzione di due grandi vasche quadrangolari e di una abitazione privata; tali costruzioni hanno intaccato il deposito archeologico impedendo di cogliere la continuità del sepolcreto tardo antico nel settore centrale dell’area A.

Fino alle recenti demolizioni per la costruzione del complesso residenziale, la superficie è stata occupata dall’edificio della GEA ( Ente pubblico per i servizi dell’Ambiente) e da alcuni vivai (Costantini, 2006-07).

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Figura 1.1, Area generale di scavo (edificio A e B).

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Capitolo 2

Metodi di studio

Per questa ricerca è stato necessario avvalersi delle tecniche di indagine proprie di diverse discipline, che spaziano dalla medicina all’archeologia all’antropologia, seguendo un approccio multidisciplinare. In particolare, la ricerca ha compreso l’uso della Tomografia Computerizzata (TC), lo studio archeologico sulle caratteristiche morfologiche e decorative dei cinerari, nonché degli oggetti ornamentali e personali (in bronzo e fittile) legati al corredo funerario. I vari cinerari sono stati preparati alla fase del restauro attraverso l’uso di varie tecniche: pulitura del vaso, mappatura, velatura, microscavo del contenuto (scavo stratigrafico), consolidamento degli oggetti in metallo. Il materiale osseo, una volta rimosso dal suo contenitore, è stato sottoposto all’esame antropologico, con l’obiettivo di rilevare informazioni sul sesso, età di morte, eventuali patologie, temperatura di combustione e dati sul rituale.

2.1 L’applicazione della TC al microscavo dei cinerari

L’uso della TC si è rivelato di grande efficacia per indagare virtualmente il contenuto dei cinerari prima di affrontare il microscavo. La TC nella ricerca archeologica rappresenta un’innovazione di grande rilievo, poiché ci permette di ottenere, con l’acquisizione di centinaia di sezioni radiologiche, la mappatura completa dei cinerari, del loro contenuto e la successiva ricostruzione virtuale tridimensionale. Inoltre ci segnala la presenza, le distanze e le dimensioni approssimative di eventuali oggetti di metallo appartenenti al corredo, guidando così l’azione dello scavo. In alcuni casi la TC rimane l’unica documentazione della presenza nel corredo di oggetti in bronzo completamente mineralizzati che, all’atto del recupero, si rivelano totalmente privi di consistenza o addirittura indistinguibili.

L’apparecchio utilizzato per il primo gruppo di urne funerarie (T.191, T.192, T.78, T.205, T.181, T.182, T.98) è una TC spirale mono detettore (ad una corona Det). I principali parametri che sono stati impiegati per ottenere la serie

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di immagini del contenuto sono i seguenti: il S33.4 è il livello di scansione, ossia la posizione del tavolo lungo l'asse Z. Il az.90 rappresenta l'angolo di incidenza del fascio che colpisce a 90 gradi. Il KV 100 è la tensione del tubo radiogeno e il Ma 40 la corrente. Questi ultimi tre valori indicano la qualità del fascio RX usato in questa acquisizione. Il DFOV è di circa 19,2cm, (DFOV o display FOV di 19,2cm significa che la matrice fissa dell’apparecchio TC (512X512) viene distribuita su una ideale superfice circolare di diametro 19,2cm e le strutture prese in esame devono essere comprese in questo spazio; in questo modo la dimensione dei pixels viene ottimizzata con un guadagno in risoluzione rispetto allo SFOV di 48.0 cm (SFOV o ScanFOV) che è semplicemente il campo di vista impostato in acquisizione, cioè su quale ideale area di circonferenza viene distribuita la matrice (512X512) in cui i pixels, per motivi geometrici avranno sicuramente una dimensione maggiore. Un altro criterio degno di nota è la dimensione delle varie sezioni il cui spessore è di 5.0 mm, prodotte ogni 0.3 mm (Screyer, Walfield, 2002).

Per tutti cinerari del gruppo successivo fu utilizzato un apparecchio più avanzato, la TC spirale multi detettore (a 16 corone Det). Quest’ultimo, attraverso l’impiego di raggi proiettati ad una velocità più elevata, su una superficie di detezione più ampia rispetto alla macchina precedente, ci offre la possibilità di ottenere immagini più numerose, più precise, più dettagliate, e quindi una gamma d’informazioni e di dati più completi (fig. 2.1). Infatti i parametri applicati ai vari vasi funerari sono più elevati e più precisi rispetto ai precedenti, la maggiore quantità di dati ci consente ricostruzioni migliori. La tensione del tubo radiogeno è di 120 (KV 120), la corrente è di 180 (Ma 180), ciò comporta una penetrazione maggiore di vari raggi all’interno dell’oggetto interessato. Il DFOV è di circa 35.0 cm, quindi la matrice è stata distribuita su una superficie circolare più ampia, il SFOV è di 60cm, perciò il campo di vista è più elevato. L’aumento del DSFOV e del SFOV permette una visione più chiara di tutto il contenuto da varie angolazioni. Anche lo spessore delle acquisizioni è minore, lo spessore delle fette è di 1.2 mm ogni 0.6 mm, nel senso che vengono effettuate molte più sezioni, più sottili, rispetto a quelle precedenti. Inoltre anche la qualità del fascio Rx è migliore. Con la TC spirale multi detettore è quindi possibile avere sezioni radiologiche multiplanari (fig. 2.2) più dettagliate che consentono di visualizzare in modo più preciso oggetti

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di vario materiale (metallico, ceramico, litico, e oggetti in avorio, ambra) e di varie dimensioni, nonché la loro precisa forma, dimensione e posizione all’interno o all’esterno del cinerario. Interessante sottolineare che tutte le urne villanoviane al momento dell’applicazione della TC erano completamente avvolte in un robusto imballaggio, che rendeva impossibile l’osservazione delle varie caratteristiche morfologiche di ciascun contenitore ceramico. Tuttavia la TC ci ha offerto anche l’opportunità di una ricostruzione virtuale in 3D esterna dell’oggetto archeologico, ottenendo così importanti informazioni sul suo stato di conservazione, prima dell’apertura dall’imballaggio.

Concludendo, dopo Anderson e Roberston è la prima volta che viene applicata la TC su un campione così cospicuo di urne funerarie (37 urne).

Figura 2.1. Il cinerario (T.184) viene sottoposto a TC, attraverso la quale è possibile ottenere per mezzo di tutta una serie di sezioni virtuali informazioni sul contenuto del vaso ( come ad esempio la presenza di oggetti metallici

appartenenti al corredo).

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Figura 2.2. La TC permette di acquisire centinaia di sezioni radiologiche trasversali e longitudinali che, forniscono una documentazione completa dei cinerari, del loro contenuto.

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2.2 Microscavo e preparazione al restauro

Una volta sottoposti a TC, 37 cinerari sono stati portati in laboratorio, con l’obiettivo di effettuare lo scavo archeologico, e di prepararli quindi al restauro. Inizialmente, eliminato l’imballaggio di protezione, l’urna è stata sottoposta alla fase della pulizia, volta ad eliminare qualsiasi porzione di terra, o comunque qualsiasi traccia di elementi estranei, depositati nel tempo sul vaso funerario. Per ottenere una pulizia completa senza danneggiare la superficie ceramica viene utilizzato il “Preventol”, una soluzione chimica a base di composti del sale quaternario d’ammonio, che ha un ottimo potere contro i batteri e ogni tipo di muffa, la quale viene diluita con acqua (3%). Si procede imbevendo un batuffolo di cotone idrofilo in questa sostanza chimica, e lo si applica su tutta la superficie esterna del cinerario. Terminata questa prima operazione, si completa la pulizia utilizzando batuffoli di cotone idrofilo imbevuti di acqua, per sciacquare ed eliminare la soluzione chimica applicata precedentemente dalla superficie ceramica (fig.2.1).

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Successivamente, si prosegue con la fase della cosiddetta “mappatura” della ciotola-coperchio e del biconico stesso. La mappatura consiste nello stendere sui vari frammenti ceramici un foglio di plastica trasparente particolarmente sottile, e nel ricalcare con un pennarello indelebile il contorno di tutti i frammenti, seguendo e rispettando la loro posizione. Ogni frammento ceramico sarà poi numerato progressivamente e registrato sulla mappatura stessa. L’obiettivo di questa operazione è quello di facilitare la ricostruzione del contenitore e della sua ciotola-coperchio nel momento del restauro, soprattutto nei casi in cui i cinerari sono completi ma particolarmente frammentati

(fig.2.3).

Figura 2.3. Fase della mappatura della ciotola coperchio.

I frammenti ceramici che compongono la ciotola vengono quindi completamente asportati uno per uno per permettere il microscavo stratigrafico all’interno del cinerario. Ciò comporta la scomposizione totale della ciotola che

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perde così la sua forma originaria; la mappatura in questo caso interviene per agevolare la sua ricomposizione, poiché registra graficamente ogni frammento nella sua posizione originaria.

Dopo la fase della mappatura, prima di poter asportare i frammenti, è spesso necessario procedere con il consolidamento “velatura” della ciotola-coperchio e in alcuni casi, anche del biconico. Gli strumenti che vengono impiegati in questa operazione sono semplice garza medica, pennelli sottili da pittore e archeoconsolidante ad acqua, una soluzione chimica a base di polimeri organici, diluita in acqua. Una volta preparato l’archeoconsolidante si procede tagliando porzioni di garza medica su misura dei vari frammenti ceramici da consolidare. Ogni frammento viene rivestito da questa garza, possibilmente a doppio strato, sulla quale viene spalmato in modo omogeneo, attraverso l’uso di un pennello di piccole dimensioni, l’archeoconsolidante (fig.2.4). Terminata l’operazione, il tutto viene lasciato riposare per circa 24 ore, con lo scopo di far asciugare il consolidante. L’obiettivo di questa fase è protettivo, per evitare una ulteriore frammentazione della ceramica durante la rimozione.

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Figura 2.5. Rimozione dei frammenti consolidati.

Dopo che la velatura si è asciugata e solidificata, si procede all’asportazione dei vari frammenti ceramici della ciotola-coperchio (fig.2.5), per mezzo dell’utilizzo di specilli odontoiatrici e bisturi chirurgico. I frammenti vengono così inseriti singolarmente in sacchetti di plastica, sui quali è stato riportato il numero progressivo segnato precedentemente sulla mappatura. Completata la rimozione della ciotola-coperchio (fig.2.6) può finalmente iniziare lo scavo del contenuto del cinerario, che viene effettuato seguendo una stratigrafia. Le quote vengono registrate attraverso l’uso di una livella laser e di un metro a stecca posto in posizione verticale sul punto che vogliamo qu otare. Il microscavo che verrà eseguito all’interno del cinerario è di tipo stratigrafico, perciò il contenuto viene diviso in vari strati, e ogni strato sarà così misurato sia al suo inizio che alla sua fine. Per questo motivo la prima quota (fig.2.7), nominata quota zero è il punto di partenza da cui vengono segnate via via che si prosegue nella rimozione del contenuto, tutte le successive quote dei vari strati, nonché la posizione dei vari oggetti in bronzo appartenenti al corredo funerario.

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Figura 2.6. Completata la fase della rimozione del coperchio.

Presa la prima quota, si procede con il microscavo vero e proprio, attraverso l’uso di specilli odontoiatrici, palettine sia di legno che in metallo, cucchiaini da caffè, con i quali si asportano piccole porzioni di terra, pennelli di varie dimensioni o piccola pompettina d’aria per soffiare polvere e terra, evidenziando eventuali frammenti in bronzo. Inoltre, pinze mediche in metallo per prelevare elementi vegetali (radici o semi di piante), carboni, frammenti ceramici caduti all’interno del cinerario appartenenti alla ciotola o al biconico stesso, e infine i vari frammenti ossei (fig.2.8). Nella maggior parte dei casi il primo strato è caratterizzato esclusivamente da terra sterile, che si è depositata nel cinerario per cause naturali, la quale può comunque contenere tracce di carbone e di elementi vegetali. Sia la terra che ogni elemento organico vengono campionati, mentre tutta la terra viene divisa a seconda dello strato di appartenenza e inserita in appositi sacchetti di plastica, mentre i vari elementi vegetali vengono raccolti in apposite provette, per una miglior protezione dall’aria esterna.

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Figura 2.7. Attraverso l'uso di un metro a stecca e di una livella laser viene presa la quota "0", sul punto più alto dell'orlo del vaso.

Il prelievo di questi campioni viene effettuato al fine di ottenere, attraverso analisi paleobotaniche, sedimentologiche e chimiche, informazioni sul tipo di vegetazione presente in quell’epoca, sul tipo di legname usato per il rogo funebre, nonché sul tipo di terreno di sepoltura. La porzione di terra contenente i frammenti ossei viene suddivisa almeno in due strati, a volte anche in tre, se la quantità è cospicua. Lo scopo di questa suddivisione è legato alla ricostruzione del rituale funerario, al fine di verificare se sono stati seguiti dei criteri nella deposizione dei frammenti ossei nell’urna funeraria oppure se questi vi sono stati inseriti casualmente. Inoltre, nel caso fosse presente più di un individuo, è possibile comprendere se i resti dei defunti sono stati introdotti contemporaneamente o in momenti successivi. Successivamente, rispettando la divisione degli strati, i frammenti vengono asportati e inseriti in apposite vaschette in attesa di essere lavati, per poi essere studiati. Gli oggetti in bronzo che appartengono al corredo funerario, una volta individuati e portati alla luce, vengono consolidati per mezzo di un contagocce in vetro o una siringa medica senza ago, con “l’Incralac”, una soluzione chimica a base di Paraloid e benzotriazolo diluito in acetone (fig.2.9).

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Figura 2.8. Inizio del microscavo.

Dopo che la soluzione chimica si è asciugata e solidificata, si esegue l’asportazione dell’oggetto in metallo e la sua deposizione in una vaschetta di plastica o di cartone ammortizzata da un letto di cotone idrofilo e garza medica, per proteggere il reperto metallico. Un’altra strategia utilizzata, per certi casi a scopo protettivo e in altri per ricalcare e decifrare una forma anomala di non facile interpretazione, è rappresentata dall’uso del gesso. Due esempi di particolare rilevanza sono la T.182 e la T.189: per la prima è stato applicato il gesso nella parte inferiore del biconico, a scopo protettivo. Questa operazione è stata eseguita attraverso l’applicazione di una pellicola di plastica trasparente intorno al vaso, sulla quale è stato poi steso con una spatola il gesso impastato in acqua. Nel secondo caso, all’interno del dolio era presente un foro a sezione quadrangolare, che iniziava all’altezza dell’orlo per finire sul fondo del contenitore, per un’altezza di circa 30 cm (fig.2.10). Del foro è stato così eseguito un calco in gesso, con l’obiettivo di definire il suo andamento ed evitare di perderlo durante il microscavo. Durante lo svolgimento di ogni operazione, dall’apertura del cinerario alla fine del suo microscavo, è stata effettuata una completa documentazione fotografica con macchina digitale e con l’aiuto di un faretto, per far risaltare le forme e i vari motivi decorativi presenti sul cinerario. Di grande importanza è la compilazione di un diario di

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scavo, in cui sono stati registrati giorno per giorno i vari interventi conservativi e le sostanze chimiche utilizzate e inoltre, tutte le operazioni effettuate prima e durante il microscavo, le note riguardanti il corredo funerario, lo stato di conservazione del cinerario, le sue caratteristiche morfologiche e decorative. Insomma ogni caratteristica, ogni piccolo dettaglio sia del contenitore che del suo contenuto sono stati annotati giornalmente.

Figura 2.9. Consolidamento di un oggetto in bronzo.

Infine, tutta la documentazione, costituita da schede archeologiche e antropologiche realizzate durante il microscavo. Le schede sono state inserite in un database realizzato su Microsoft Access che permette non solo di archiviare tutti i numerosi dati raccolti, ma anche di favorire la ricerca e l’elaborazione dei risultati Sulla scheda archeologica di ciascuna urna vengono riportati i dati relativi al tipo di tomba (a pozzetto o dolio), al tipo di cinerario (biconico o dolio con biconico), al suo stato di conservazione (frammentario ma completo, integra ecc), alle caratteristiche degli oggetti metallici, ceramici o fittili che appartengono al corredo e la descrizione dei vari strati. Sulle schede antropologiche vengono invece annotati tutti i dati antropologici, ricavati dallo studio delle ossa, come il sesso, l’età di morte, eventuali patologie, il cromatismo delle ossa, che permette di determinare la temperatura di

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combustione, il grado di frammentazione delle ossa combuste, e il peso dei vari distretti ossei suddivisi in strati, per individuare l’ordine di deposizione delle ossa nel contenitore funerario.

Concludendo, l’ultima fase effettuata prima del restauro, è rappresentata dall’imballaggio dei vasi con le relative ciotole (asportate in frammenti), gli oggetti del corredo sia interno che esterno, e ogni tipo di documentazione (mappatura, scheda di scavo e scheda archeologica) in scatoloni muniti di porzioni di “tessuto non tessuto” a scopo protettivo.

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2.3 Lo studio dei resti ossei cremati

Dopo l’asportazione delle varie porzioni di ossa combuste dai propri contenitori funerari, è stato necessario procedere al lavaggio dei resti per poterli separare dalla matrice terrosa che li inglobava. Il lavaggio è avvenuto mediante spruzzatura di acqua su setacci a maglie fini, fino a rimuovere completamente la terra. Dopo l’asciugatura, avvenuta all’aria aperta, il materiale osseo è stato sottoposto all’esame antropologico, con l’obiettivo di rilevare il numero di individui all’interno del cinerario, il sesso, l’età di morte, eventuali patologie, la temperatura di combustione, il grado cromatico di frammentazione dei resti e informazioni relative al rituale funerario. La prima fase del lavoro, effettuata per strati separati, è consistita nel riconoscimento di ciascun frammento osseo e nella suddivisione in distretti anatomici: cranio, denti, tronco, arti superiori, arti inferiori, mani e piedi e frammenti che la per loro piccolissima dimensione non sono determinabili. Ciascun distretto scheletrico è stato inoltre pesato, al fine di calcolare la rappresentatività di ciascuna categoria rispetto al peso totale, consentendo così di evidenziare un’eventuale raccolta selettiva dei resti e di valutare in quale proporzione il materiale è andato disperso. Inoltre, il peso delle ossa non identificabili ci ha permesso di quantificare il livello di frammentazione dei resti (fig.2.11). Il numero minimo di individui è stato valutato in base all’eventuale presenza di elementi scheletrici soprannumerari o discordanti per dimensioni ed età. La diagnosi del sesso nei resti incinerati è fortemente limitata dalla frammentarietà dei materiali e dalla distorsione e contrazione dell’osso dovute alla combustione, perciò non in tutti i casi è stato possibile determinarlo. Comunque, aldilà di queste difficoltà, il sesso è stato valutato in base alle principali caratteristiche morfologiche discriminanti utilizzate anche per gli inumati (Ferembach et al. 1977-79) ed in diversi casi è stato possibile osservare alcuni di questi caratteri, come la protuberanza del piano occipitale, le dimensioni del condilo mandibolare e del processo mastoideo, lo sviluppo della linea aspra del femore, le dimensioni della tuberosità ischiatica, nonché la posizione dell’inizio del processo zigomatico sul meato acustico; sono state inoltre valutate le dimensioni dei frammenti ossei, in particolare lo spessore della corticale del cranio e delle diafisi degli arti. La stima dell’età di morte per gli adulti è stata basata principalmente sull’osservazione del grado di sinostosi

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delle suture craniche e sull’eventuale presenza di alterazioni degenerative del tessuto osseo legate all’età, come artrosi e rarefazioni del tessuto spugnoso (Meindl, Lovejoy 1985; Canci, Minozzi 2005), nonché sulla morfologia dell’estremità sternale delle coste e sulle variazioni della sinfisi pubica (Burns, 1999). L’età dei subadulti è stata valutata sul riconoscimento di denti decidui, sulle dimensioni delle diafisi e sullo stadio di saldatura tra epifisi e diafisi (Canci., Minozzi., 2005). E’ stata inoltre osservata l’eventuale presenza di alcune caratteristiche alterazioni del tessuto osseo, come osteofitosi ed enteropatie. Sono state rilevate, in modo sistematico (rilevando sia la presenza che l’assenza), l’iperostosi porotica sulla teca cranica (cribra cranii) in base a gravità e diffusione (Hengen, 1971) e lo sviluppo delle inserzioni muscolari in tre gradi di espressione (deboli, medie e forti). Inoltre, è stato possibile osservare eventuali tracce di alterazioni patologiche delle ossa e dei denti, come la periostite, l’artrosi, gli esiti di eventi traumatici, ed alcune patologie dentoalveolari. La temperatura di combustione è stata stimata in base alla valutazione del cromatismo dei frammenti ossei, utilizzando diverse scale cromatiche (Shipman et al. 1984; Mays 1998, Schmidt et al 2008) e in base alle alterazioni della struttura ossea e dentale causate dalla combustione (Holck 1986). Tali metodi sono basati sull’osservazione dei cambiamenti di colore delle ossa, generalmente secondo un gradiente che varia dal giallo chiaro al nero (intorno ai 350°C), al blu, al grigio, con varie sfumature, fino al raggiungimento di un colore bianco e di un aspetto calcinato, dopo i 600°C. La combinazione dei colori e del grado di contrazione e di deformazione subiti dai reperti indica generalmente la temperatura, il tempo di esposizione ed il contatto diretto o indiretto con la fonte di calore (fig. 2.12). Il grado di frammentazione del materiale scheletrico è stato valutato secondo tre criteri: elevato, quando più del 50% del materiale ha dimensioni inferiori a 2x2 cm; medio, quando più del 50% del materiale ha dimensioni superiori a 2x2 cm; basso, quando più del 50% del materiale ha dimensioni superiori a 5x2 cm.

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Figura 2.11.- Suddivisione del materiale combusto nei vari distretti anatomici.

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Capitolo 3

Materiali

3.1

Dati antropologici: esame dei resti scheletrici

combusti

In questa sezione saranno descritti, per ciascun cinerario, i risultati dell’esame antropologico e paleopatologico eseguito sui resti ossei combusti. Per motivi tecnici e logistici non dipendenti dalla volontà di chi scrive non è stato possibile eseguire lo studio antropologico sui reperti di 4 cinerari.

Tomba 78

Il defunto deposto in questo cinerario è un neonato di circa 2 -5 mesi, di sesso non determinabile. E’ stato possibile ottenere questa informazione attraverso le piccole dimensioni del dente dell’epistrofeo, della seconda vertebra cervicale (da 2 mesi a 1 anno), e dalla presenza di alcune gemme di canini e molari decidui (da 2 a 5 mesi), nonché dallo spessore particolarmente sottile del cranio. Dal tipo di cromatismo della superficie ossea, che va da un grigio scuro-nero a un marroncino chiaro quasi bianco, si deduce una temperatura di combustione intorno ai 400-500° C.

Riassumendo, si tratta di un soggetto di circa 2.5 mesi, la cui età è testimoniata da alcune gemme dentarie.

Tomba 98

La presenza di una marcata tuberosità ischiatica del bacino, la linea nucale (occipitale) particolarmente evidente, le inserzioni muscolari mediamente marcate, la corticale diafisiaria spessa, nonché il notevole spessore del cranio, permettono di attribuire questo individuo al sesso maschile. Le suture craniali aperte (le suture craniali cominciano a saldarsi vero i 20 anni e continuano, in modo discontinuo, fino alla completa obliterazione in età molto avanzata), le epifisi saldate degli arti superiori e inferiori, nonché le affezioni dento-alveolari

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e l’estremità sternale di una costa, caratterizzata da una superficie particolarmente rugosa, hanno suggerito un’età di morte tra i 30 e i 40 anni. Il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Da un punto di vista patologico è stata rilevata una lieve artrosi sul dente dell’epistrofeo e un lieve “lipping” (rialzamento del bordo del disco epifisario dovuto a manifestazioni artrosiche) sul corpo di una vertebra toracica. La presenza dell’artrosi sul dente dell’epistrofeo, alterazione degenerativa delle cartilagini e delle altre strutture articolari che si manifesta oltre i 30 anni di età, è sicuramente un dato importante che ci aiuta a rilevare l’età di morte. Di un certo rilievo la perdita di un dente avvenuta in vita, come si evince dalla chiusura dell’alveolo mandibolare. Le superfici ossee presentano un grado cromatico che va da un prevalente grigio chiaro, ad un nero scuro con zone bianche, con un grado medio di frammentazione. Secondo la scala di Holck questa colorazione si produce intorno ai 500-600°C, mentre secondo la scala cromatica di Mays la temperatura di combustione si aggira intorno ai 360-600°C. L’analisi del materiale osseo suddiviso in 3 strati ha evidenziato che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, ma bensì casuale.

Riassumendo, si tratta di un soggetto di sesso maschile, non particolarmente robusto, tra i 30 e i 40 di età, con lieve artrosi.

Tomba 177

Dalle piccole dimensioni dei frammenti ossei, dalle inserzioni muscolari deboli, dal sottile spessore craniale, nonché dalla linea aspra non molto pronunciata si evince che l’individuo deposto è di sesso femminile. Le epifisi saldate, le suture in parziale chiusura e la presenza di artrosi su alcune vertebre cervicali suggeriscono un’età di morte tra i 35 e i 45 anni. Oltre alle tracce di artrosi sono state rilevate lievi cribra cranii e lieve periostite localizzata sulle diafisi tibiali e femorali. Di grande interesse il recupero di numerosi linfonodi calcificati di piccole dimensioni, che suggeriscono che il soggetto è stato affetto di tubercolosi. Per ciò che concerne la temperatura di combustione,

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attraverso un cromatismo bianco calcinato con macchie grigio scure possiamo arguire un grado di combustione tra i 600° e i 700° C.

Ricapitolando, si tratta di un individuo femminile, tra i 35 e i 45 anni, affetto da artrosi e probabilmente da tubercolosi.

Tomba 178

A causa del parziale stato di conservazione del materiale combusto è stato difficile ottenere dati su eventuali alterazioni patologiche e precise informazioni sull’età di morte e sul sesso dell’individuo. Tuttavia, alcuni elementi, quali una forte protuberanza occipitale e un corpo spugnoso ben compatto, assenza di artrosi e presenza dei denti definitivi, hanno suggerito un individuo di sesso forse maschile di età di morte tra i 20 e i 29 anni. Il materiale combusto è caratterizzato da una colorazione variabile che va dal grigio-nero al bianco calcinato, che associato ad un elevata frammentazione indica una temperatura di combustione tra i 600 e i 700°C.

Tomba 179

Le piccole dimensioni delle varie ossa e del condilo mandibolare, lo spessore particolarmente sottile del cranio, lo spessore corticale medio delle diafisi e le inserzioni muscolari poco marcate, ci hanno suggerito che potrebbe trattarsi di un individuo di sesso femminile. Le epifisi saldate degli arti superiori e inferiori, le suture craniali aperte e la presenza dei denti definitivi indicano che l’età di morte si aggira intorno ai 30-40 anni. Il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Da un punto di vista patologico i

cribra cranii sono presenti su pochi frammenti cranici (la presenza di “cribra cranii”, una porosità localizzata sulla volta cranica, in particolar modo sui

parietali, espressione della cosiddetta iperostosi porotica, condizione imputabile a quadri anemici). E’ emersa inoltre una traccia di osteofitosi su una patella destra, che però sembrerebbe non pertinente all’individuo, viste le sue grandi dimensioni rispetto al resto dei frammenti ossei. L’osteofitosi rientra

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nelle malattie articolari, trattandosi di una degenerazione delle membrane sinoviali e della cartilagine articolare, la quale progredisce a tal punto da determinare un contatto tra le superfici ossee dell’articolazione che produce l’eburneazione. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo che va da un prevalente grigio chiaro e scuro, a zone bianche; questa colorazione e l’elevata frammentazione indicano una temperatura di combustione intorno ai 600-800°C. L’analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, ma bensì casuale.

Riassumendo, si tratta di un individuo di sesso femminile, di medie dimensioni, tra i 30 e i 40 di età. La presenza di una rotula non pertinente e l’epifisi prossimale dell’ulna sinistra di grosse dimensioni suggeriscono forse la presenza occasionale di un secondo individuo. Gli altri resti ossei sono compatibili con un unico soggetto di dimensioni molto piccole.

Tomba 180

Nella tomba 180 è stata rilevata la presenza di due individui, un adulto e un subadulto. Dalla presenza di un processo zigomatico di piccole dimensioni, da una corticale diafisiaria e da uno spessore craniale particolarmente sottili, è stato possibile attribuire il primo individuo (A) al sesso femminile. Del secondo individuo (B) non è stato possibile determinare il sesso, a causa della scarsa quantità di materiale osseo. Nell’individuo A la presenza di suture craniali aperte, di un capitello radiale saldato e di anelli apifisari vertebrali saldati, ha permesso di stabilire che si tratta sicuramente di un adulto, ma per l’assenza di frammenti significativi non è stato possibile risalire alla precisa età di morte. Per quanto riguarda il subadulto, attraverso l’esistenza di alcune radici appartenenti a denti decidui e in base alle dimensioni delle varie ossa, si è rilevata un’età di morte compresa tra gli 8 e i 10 anni. Per quanto riguarda le presenza di patologie, all’individuo A appartengono frammenti cranici caratterizzati da tracce di cribra cranii (grado 2), nonché frammenti relativi agli arti inferiori con evidenze di lieve periostite. La periostite è un tipo di

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alterazione patologica che rientra nel gruppo delle infezioni aspecifiche. Il periostio è una membrana aderente alla superficie dell’osso e che, a causa di un’infiammazione, può ossificarsi assumendo un aspetto porotico e spugnoso. Le superfici ossee dell’adulto sono caratterizzate da un cromatismo che va da un bianco-grigiastro a un grigio più scuro; questa colorazione, associata alla media frammentazione, ha suggerito una temperatura di combustione di 500-600°C. A causa della scarsa conservazione dei resti scheletrici non è possibile ottenere dei dati sul rituale funerario, ossia sulla distribuzione del materiale osseo all’interno dell’urna. Comunque, aldilà della parzialità dei resti scheletrici è stato osservato che i due soggetti sono stati deposti insieme, senza un ordine prestabilito.

Riassumendo, la presenza di un bambino è testimoniata dalla radice di un molare deciduo e da diafisi di piccole dimensioni, in particolare le diafisi dei due radii che per dimensioni non possono collegarsi al capitello di un radio di dimensioni maggiori. Alcuni frammenti di diafisi erano caratterizzati da un tessuto spugnoso a trabecole fitte, tipico dei bambini (alcuni frammenti sembrano appartenere a rotule e ad ossa lunghe). Infine, vari frammenti di diafisi con tracce di cartilagini di accrescimento, il processo zigomatico molto piccolo e la presenza di 2 frammenti di rocca petrosa dello stesso lato, ma di dimensioni diverse, confermano questa ipotesi.

Tomba 181

La presenza di un’arcata sopraorbitaria leggermente marcata, le dimensioni medio grandi delle varie ossa, una linea aspra femorale particolarmente robusta, nonché una corticale spessa e uno spessore craniale medio, hanno permesso di attribuire l’individuo al sesso maschile. Inoltre, l’apertura delle suture craniali, le epifisi saldate delle falangi, l’assenza di artrosi e la presenza di una spugnosa ben compatta, hanno suggerito un età di morte tra i 25 e 35 anni. Il soggetto inoltre presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. E’ stata rilevata la presenza su pochi frammenti cranici di lieve cribra

cranii, nonché una lieve periostite sulle diafisi tibiali e femorali. Le superfici

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zone bianche; la combinazione di questi colori insieme ad una media frammentazione indicano che la temperatura di combustione si aggirava intorno ai 500-600°C. L’analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, ma bensì casuale. Riassumendo, si tratta di un individuo maschile, tra i 25 e i 35 anni di età, di medie dimensioni, affetto da cribra cranii e lieve periostite.

Tomba 182

Attraverso il notevole spessore della diafisi femorale (caratteristica prettamente maschile), le dimensioni medie del pilastro, lo spessore medio del cranio e le inserzioni muscolari mediamente marcate (tutti caratteri che possono essere sia maschili che femminili), è stato supposto che l’individuo potrebbe essere di sesso maschile. Le suture craniche ancora aperte, le epifisi saldate sia delle mani che dei piedi, la presenza dei denti definitivi, una spugnosa particolarmente compatta (che ci indica un’età non tanto avanzata, al di sotto dei 40 anni) e la presenza di una lieve artrosi, suggeriscono che l’età di morte di questo individuo era compresa tra i 30 e i 40 anni. Il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Oltre alla presenza di artrosi (lieve lipping artrosico su condilo del femore), sono stati rilevati su alcuni frammenti cranici lievi cribra cranii (grado 1). Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo che varia dal bianco al grigio scuro; di particolare interesse la colorazione più scura degli arti inferiori rispetto a quelli superiori, che lascia supporre che il fuoco al di sotto del cadavere fosse localizzato verso la parte superiore. Da questi elementi è stato possibile dedurre che la temperatura di combustione si aggirava intorno ai 400-600°C. Dalla parzialità del materiale osseo non è possibile rilevare alcuna informazione sulla deposizione delle ossa nell’urna da un punto di vista rituale.

Riassumendo, si tratta di un uomo tra i 30 e i 40 anni, non particolarmente robusto, affetto da cribra cranii e artrosi.

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Tomba 183

La presenza di caratteri prettamente maschili, come un’arcata sopraciliare ben pronunciata, radici dei denti particolarmente lunghe, una forte protuberanza occipitale e una marcata inserzione muscolare del calcagno, detta anche tendine di Achille, hanno testimoniato che si tratta sicuramente di un individuo di sesso maschile, seppure di medie dimensioni. Inoltre, le epifisi completamente saldate degli arti superiori e inferiori e alcune tracce di artrosi sulle articolazioni delle mani e dei piedi, hanno suggerito un’età di morte tra i 30 e i 40 anni. Oltre alla presenza di artrosi sulle falangi delle mani e dei piedi, nonché sul dente dell’epistrofeo, sul margine del corpo di una vertebra toracica e su una patella, sono state rilevate tracce di periostite sulle diafisi tibiali e femorali. Oltre a ciò, è stato osservato un microtrauma sulla prima falange del piede, forse provocato da una caduta o per motivi legati all’attività lavorativa. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo che va dal bianco ad un marrone chiaro, con macchie di colore grigio chiaro e scuro; questa colorazione, associata ad una media frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i 600 e i 900°C.

L’analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale.

Riassumendo, si tratta di un uomo tra i 30 e i 40 anni di età, mediamente robusto, caratterizzato da un microtrauma sull’alluce del piede (intram vitam,) e affetto da periostite e artrosi.

Tomba 184

Sono presenti caratteri misti, appartenenti sia ad un individuo di sesso maschile che femminile, quali linea aspra accentuata ma piccola, processo mastoideo di medie dimensioni, arco zigomatico tagliente (femminile), condilo mandibolare spesso (maschile) e rotula di grosse dimensioni (maschile). Dalla presenza di alcune suture craniche in chiusura possiamo arguire che l’età di morte

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dell’individuo (o degli individui) oscilla tra i 30 e i 39 anni. Per ciò che concerne l’attestazione di eventuali patologie, è stata rilevata solo una lieve presenza di cribra cranii. La superficie ossea è caratterizzata da un cromatismo che va dal grigio marroncino a tracce di bianco; da questa colorazione unita al grado di frammentazione anatomica si evince una temperatura di combustione tra i 600° e i 700° C.

Riassumendo, la maggior parte dei frammenti ossei sembrano appartenere ad un soggetto di piccole dimensioni e con caratteristiche femminili, mentre diversi frammenti sono di grandi dimensioni con caratteri maschili. La presenza due individui non è però confermata dalla presenza di elementi ripetuti, benché sia probabile e suggerito anche dal peso complessivo dei frammenti di 1919g.

Tomba 185

Dalle dimensioni mediamente robuste delle varie ossa (carattere sia femminile che maschile), dalla presenza di radici dentarie particolarmente lunghe (carattere maschile) e da una testa femorale di 39mm (carattere intermedio), è stato supposto che si tratti di un individuo di sesso maschile. L’età di morte è stata rilevata dall’osservazione di alcuni frammenti dell’estremità sternale delle coste, caratterizzate da una superficie con margini poco regolari e rialzati rispetto al centro, che indicano un’età tra i 24 e i 30 anni. La presenza di alcune vertebre toraciche con l’anello epifisiario completamente fuso e privo di tracce artrosiche, dell’estremità sternale della clavicola che appare non fusa (la clavicola rispetto alle altre ossa si salda tra i 20 e i 28 anni) e di 2 terzi molari suggerisce un età di morte tra i 24 e i 30 anni. Inoltre, il soggetto presentava delle inserzioni muscolari mediamente marcate. Per quanto riguarda le patologie, è stata osservata la presenza di cribra cranii (grado 1°) su pochi frammenti cranici, di tracce di periostite sulle diafisi femorali, di tartaro (grado 2°) su alcune radici dentarie, di una carie su un incisivo mandibolare (1C-B) e di una sorta di appendice alla radice di un premorale mandibolare. Le superfici ossee presentano un cromatismo caratterizzato in prevalenza da un bianco calcinato con macchie grigie bluastre; questo grado di colorazione, associato ad

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una media frammentazione, suggerisce una temperatura di combustione intorno ai 600-800°C. L’analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 2 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale.

Riassumendo, si tratta di un soggetto di sesso maschile, tra i 24 e i 30 anni di età, mediamente robusto, affetto da lievi cribra cranii, periostite e affezione dento-alveolare.

Tomba 186

Dalle grandi dimensioni delle ossa, nonché dalla corticale diafisiaria particolarmente spessa, da un condilo mandibolare piuttosto grande e dal notevole spessore craniale, è stato supposto che si tratta sicuramente di un individuo di sesso maschile. Inoltre, diverse epifisi saldate degli arti superiori e inferiori (il cui processo di saldatura si ha tra i 15 e i 25 anni), una spugnosa della testa omerale ben compatta (individuo giovane), la presenza di un terzo molare (indica che un individuo ha superato i 20 anni di età), le suture craniali aperte e alcuni solchi che interessano il piatto vertebrale (tracce che compaiono oltre i 25 anni di età), hanno suggerito un’età di morte tra i 25 e i 35 anni. Il soggetto presentava inoltre delle inserzioni muscolari mediamente marcate e 2 ossicini suturali sovrannumerari di piccole dimensioni (piccoli porzioni di osso che si sviluppano tra le suture craniali). Dal punto di vista paleopatologico è stata rilevata la presenza di cribra cranii su vari frammenti cranici (grado 2°) e di una lieve periostite sulle diafisi femorali e tibiali. Le superfici ossee sono caratterizzate da un colore bianco-grigio chiaro, con zone grigie scure. Questo grado di colorazione, associato ad una media frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i 500-700°C. Gli arti inferiori sembrano essere più scuri rispetto a quelli superiori, particolare peraltro già riscontrato nella T.182, che indica che il fuoco era concentrato maggiormente nella parte inferiore del corpo. L’analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 3 strati in cui è stato suddiviso, ha

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permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale.

Riassumendo, si tratta di un individuo di sesso maschile, tra i 25 e i 35 anni di età, di medie dimensioni, affetto da cribra cranii e da una lieve periostite.

Tomba 187

La protuberanza occipitale poco pronunciata, l’arcata orbitaria tagliente, il condilo mandibolare di piccole dimensioni nonché il mento stretto con andamento a punta e infine una linea aspra particolarmente debole ci suggeriscono un individuo di sesso femminile. Per quanto concerne l’età di morte, osservando il corpo spugnoso particolarmente compatto, il processo coracoide scapolare non sviluppato, l’assenza di artrosi, la presenza di denti definitivi, nonché la rotula completamente saldata, si evince un’età tra i 20 e i 25 anni. Non è stato rilevato nessun tipo di patologia. Per ciò che riguarda la temperatura di combustione anche per questa tomba (cromatismo biancastro con macchie grigie scure) possiamo supporre un grado tra i 600° e i 700°C. Riassumendo, il soggetto deposto è di sesso femminile, di giovane età ed è privo di eventuali patologie.

Tomba 188

A causa della scarsa quantità e dell’alta frammentarietà del materiale osseo non è stato facile determinare in modo preciso sia il sesso che l’età di morte di questo individuo. Dalle piccole dimensioni delle varie ossa, dallo spessore corticale e dallo spessore sottile del cranio è stato ipotizzato che si tratti di un individuo di sesso femminile. Dal capitello radiale saldato, dalle suture craniali aperte e dalla presenza dei denti definitivi è stato supposto che sicuramente si tratta di un individuo adulto, caratterizzato inoltre da inserzioni muscolari mediamente marcate. Da un punto di vista patologico, è stato possibile rilevare soltanto lievi tracce di cribra cranii su pochi frammenti cranici. Le superfici ossee sono caratterizzate ad un cromatismo che va dal bianco al grigio chiaro

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con varie macchie più scure. Questo grado di colorazione suggerisce una temperatura di combustione tra i 600 e gli 800°C. Dalla parziale presenza di materiale osseo non è stato possibile ricavare informazioni riguardo la deposizione delle ossa all’interno dell’urna da un punto di vista rituale.

Riassumendo, si tratta di una donna adulta, di medie dimensioni, affetta da lievi cribra cranii.

Tomba 189

Le dimensioni particolarmente piccole delle ossa, la presenza di una patella microscopica e gli spessori piuttosto sottili sia del cranio che della corticale diafisiaria suggeriscono un individuo di sesso femminile. La presenza inoltre della cartilagine di accrescimento inoltre su un frammento della cresta iliaca del bacino, di alcune epifisi delle mani e dei piedi non ancora saldate (distretti il cui fenomeno di saldatura avviene dai 15 anni in poi), di vari denti definitivi (la cui eruzione avviene al di sopra dei 13 anni di età), di epifisi prossimali femorali e tibiali non ancora saldate (la cui saldatura si verifica oltre i 15 anni), e ancora di suture craniche aperte e coxale sinistro non ancora fuso, testimonia un’età di morte tra i 13 e i 15 anni. Si tratta dunque di un individuo adolescente di sesso femminile di dimensioni piccolissime. Dal punto di vista paleopatologico, solo su un frammento sono stati rilevati cribra cranii. Le superfici ossee presentano da un cromatismo caratterizzato da un prevalente bianco grigio, tipo di colore che indica una temperatura di combustione intorno i 600-900°C. E’ stato possibile osservare che la distribuzione delle ossa all’interno del contenitore, da un punto di vista rituale non segue un ordine ben preciso bensì casuale.

Riassumendo, si tratta di un individuo adolescente di sesso femminile di dimensioni molto piccole.

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Tomba 190

Dalla presenza di frammenti di dimensioni differenti, quali un frammento orbitale caratterizzato da margini piatti, spessore corticale diafisario, radici dentarie assai lunghe e frammenti di grosse dimensioni, è possibile arguire che probabilmente sono deposti almeno due individui adulti: uno di sesso femminile e uno di sesso maschile. La presenza di alcune gemme e di denti decidui ci suggerisce la deposizione anche di un terzo individuo infantile di 6-9 anni di età. Osservando la completa saldatura dell’epifisi, l’assenza di artrosi e la spugnosa ben compatta il soggetto maschile ha un’età tra i 25 e 35 anni, mentre l’individuo femminile per le caratteristiche della superficie della sinfisi pubica ha un età tra i 20 e i 25 anni. Per quanto riguarda eventuali alterazioni patologiche sono state rilevate sui frammenti ascrivibili al soggetto adulto: presenza di cribra orbitalia (grado2), cribra cranii (grado 1), tracce di periostite localizzata sulla diafisi femorale e sul terzo trocantere (maschio). Degna di nota la presenza di resti ossei faunistici. Le superfici ossee presentano un cromatismo caratterizzato in prevalenza da un bianco calcinato con macchie grigie bluastre; questo grado di colorazione, associato ad una media frammentazione, suggerisce una temperatura di combustione intorno ai 600-800°C.

Riassumendo, dalle caratteristiche di frammenti sembrano esserci almeno due individui adulti: il primo con ossa di grosse dimensioni (maschile) tra i 25 e 35 anni di età ed, il secondo di medie e piccole dimensioni (femminile) di 20 e 25 anni. Probabilmente è presente anche un terzo soggetto infantile (gemme e denti decidui).

Di particolare interessante inoltre la cospicua quantità di materiale scheletrico faunistico presente insieme ai resti umani combusti.

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Tomba 191

A causa della scarsa quantità di materiale osseo e per l’assenza di frammenti significativi, non è stato possibile determinare il sesso dell’individuo contenuto in questo cinerario. Tuttavia, la presenza di una gemma di un 1° molare definitivo, della radice di un 2° molare definitivo, di alcune radici di molari decidui, nonché le dimensioni particolarmente piccole della troclea dell’omero e le piccole dimensioni delle teste omerale e femorale, evincono un individuo subadulto con età compresa tra i 6 e i 7 anni di età. Degne di nota la presenza di lievi cribra cranii su alcuni frammenti cranici, probabilmente legati ad una maggior vascolarizzazione, poiché si tratta di un soggetto infantile. Le superfici ossee sono caratterizzate da un colore bianco con molte zone grigie scure. Questa colorazione indica una temperatura di combustione tra i 500 e i 700°C. Dalla scarsa presenza di materiale osseo non è stato possibile ricavare informazioni riguardo la deposizione delle ossa all’interno dell’urna da un punto di vista rituale. Di grande rilievo la presenza di un elemento estraneo, una radice di dente di animale, forse legato al soggetto e sacrificato insieme ad esso, o di residui dei pasti funerari o ancora di offerte rituali.

Riassumendo, si tratta di un bambino tra i 6 e 7 anni di età, anch’esso come la maggior parte degli adulti, affetto da cribra cranii.

Tomba 192

Per l’assenza di frammenti significativi non è stato possibile determinare il sesso di questo individuo. Tuttavia, la presenza della troclea omerale non ancora saldata (la troclea subisce il processo di saldatura tra i 14 -18 anni di età), di alcuni denti definitivi (la cui eruzione avviene al di sopra dei 10 anni) e del dente dell’epistrofeo saldato (che si salda al di sopra dei 12 anni), hanno suggerito un’età di morte tra gli 11 e i 14 anni. E’ stato osservato la presenza di un ossicino suturale soprannumerario. Dal punto di vista paleopatologico, non è stata rilevata alcuna lesione. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo bianco calcinato e grigio particolarmente scuro, quasi bluastro. Questi colori indicano una temperatura di combustione tra i 600 e i 900°C.

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L’analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due 3 strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale. Si è rilevata la presenza di alcuni elementi estranei, ossia frammenti di diafisi di animale, forse un animale legato al soggetto e sacrificato insieme ad esso o residui dei pasti funerari o ancora offerte rituali.

Riassumendo, si tratta di un adolescente (la presenza della fuseruola nel corredo funerario, suggerisce un soggetto di sesso femminile), privo di alterazioni patologiche.

Tomba 193

In questo cinerario è stato deposto un individuo di sesso femminile con feto. La determinazione del sesso è stata ricavata principalmente dalle piccole dimensioni dei vari distretti anatomici. Un frammento di sinfisi pubica (caratterizzata da solchi meno evidenti, da un margine dorsale che delimita la superficie e da estremità superiori ed inferiori non ben delimitate, indicano un’età tra i 22 e i 26 anni), l’estremità sternale di una costa (con i margini definiti e ondulati, indicanti 22-28 anni), le varie epifisi degli arti superiori e inferiori saldate, ad eccezione del grande trocantere del femore che risulta non saldato (particolare che indica un età tra i 17 e i 20 anni) hanno suggerito un’età di morte tra i 20 e i 25 anni. Per quanto riguarda il feto, a causa della scarsità di materiale osseo, non è stato possibile rilevarne l’età. Inoltre l’individuo (A) presentava delle inserzioni muscolari particolarmente deboli e alcuni ossicini suturali soprannumerari (fig. 3.1). Le superfici ossee presentano un colore marrone chiaro con zone bianche. Questo grado di colorazione, associato all’elevata frammentazione, indica una temperatura di combustione tra i 500 e i 700°C. L’analisi del materiale osseo, caratterizzato da una buona rappresentatività dei vari distretti per i due o tre strati in cui è stato suddiviso, ha permesso di chiarire che ritualmente la deposizione delle ossa all’interno cinerario non ha seguito un ordine ben preciso, bensì casuale.

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Riassumendo, frammenti provenienti dai vari distretti risultano appartenenti ad un individuo adulto, che potrebbe essere stato affetto da nanismo ipofisario, come si evince dalle piccolissime dimensioni dei resti ossei. Inoltre, l’esistenza di un feto è testimoniata dalla presenza di due piccole rocche petrose e da una piccola falangina.

Figura 3.1. Coppie di rocche petrose appartenenti all'individuo A (adulto), e all'individuo B (bambino).

Tomba 194

Dalla linea nucale particolarmente lieve, da un condilo di piccole dimensioni e dai denti anch’essi di piccole dimensioni possiamo evincere che all’interno del vaso è stato deposto un soggetto di sesso femminile. L’apertura delle suture craniali, il grado di saldatura delle epifisi, la presenza di artrosi, nonché di osteofiti sul calcagno e una superficie auricolare usurata indicano un’età tra i

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35 e i 45 anni. Per ciò che riguarda la presenza di alterazioni patologiche sono state rilevate: lieve linea artrosica sul condilo mandibolare, ernie di Schmoirl su due vertebre toraciche e su una lombare. Sono emerse inoltre tracce di erosione forse di tipo tubercolare (deduzione rafforzata dalla presenza di due linfonodi calcificati) su un piatto vertebrale toracica.

Il grado di cromatismo è connotato da una colorazione grigio scuro e da zone marrone chiaro. Questa colorazione associata ad una bassa frammentazione suggerisce una temperatura di combustione bassa tra i 300° e i 500°C.

Riassumendo, l’individuo deposto è di sesso femminile tra i 35 e i 45 anni di età, affetto non solo da artrosi ma anche da tubercolosi.

Tomba 195

Sepoltura con deposizione femminile, come si evince dalla presenza del bordo orbitario tagliente (carattere tipicamente femminile), arcata sopraciliare non pronunciata, forma circolare del’orbita e rotula di piccole dimensioni. Dal grado di saldatura delle epifisi, dall’assenza di artrosi e dall’incompleta saldatura delle suture craniali è stato possibile arguire un’età di morte tra i 20 e i 30 anni. Non sono state rilevate tracce di alterazioni patologiche. Le superfici ossee sono caratterizzate da un cromatismo bruno-grigio con zone bluastre che, associato ad una frammentazione media, suggerisce una temperatura di combustione di 645-940°C.

Riassumendo, si tratta di un soggetto femminile di giovane età tra i 20 e 30 anni, non affetto da particolari patologie.

Tomba 196

Sono attestati due individui: il primo è un adulto forse di sesso maschile (frammenti di medie dimensioni e inserzioni muscolari medie, alcuni frammenti di grosse dimensioni) tra i 25 e i 35 anni di età (epifisi saldate). Il secondo è un subadulto il cui sesso non è determinale, di età di morte compresa

Figura

Figura 2.1. Il cinerario (T.184) viene sottoposto a TC, attraverso la quale è  possibile ottenere per mezzo di tutta una serie di sezioni virtuali informazioni sul  contenuto del vaso ( come ad esempio la presenza di oggetti metallici
Figura  2.2.  La  TC  permette  di  acquisire  centinaia  di  sezioni  radiologiche  trasversali  e  longitudinali  che,  forniscono  una  documentazione  completa  dei  cinerari, del loro contenuto
Figura 2.2. Fase della pulizia esterna del vaso.
Figura 2.3. Fase della mappatura della ciotola coperchio.
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