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Prime valutazioni 2003 sull’andamento del settore agroalimentare veneto

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PRIME VALUTAZIONI 2003

SULL’ANDAMENTO

DEL SETTORE

AGROALIMENTARE

VENETO

I S T I T U T O N A Z I O N A L E D I E C O N O M I A A G R A R I A

in collaborazione con

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Lavoro eseguito da Veneto Agricoltura con il contributo della Regione Veneto sulla base di finanzia-menti assegnati nell’ambito del Piano di sviluppo rurale, Sottomisura 14B – Istituzione del Centro di Informazione Permanente, dell’Osservatorio Innovazione e dell’Osservatorio Economico per il sistema agroalimentare e lo sviluppo rurale.

Il progetto di ricerca, coordinato da Alessandro Censori e Antonio De Zanche di Veneto Agricoltura e da Davide Bortolozzo dell’INEA, prevede la pubblicazione di due Rapporti:

- Prime valutazioni 2003 sull’andamento del settore agroalimentare veneto - Rapporto 2003 sulla congiuntura del settore agroalimentare veneto

Il presente Rapporto è stato realizzato da un gruppo di lavoro formato da Davide Bortolozzo (ricer-catore INEA), Mattia Cai (ricercatore INEA), Valentina Chiarello (ricercatore INEA), Andrea Povellato (primo ricercatore INEA), Stefano Schiavon (ricercatore INEA), Antonio De Zanche (Veneto Agricoltura), Giuseppe Rela (Veneto Agricoltura), Renzo Rossetto (Veneto Agricoltura), Gabriele Zampieri (Veneto Agricoltura), Mario Xausa (Veneto Agricoltura), Renzo Michieletto (Veneto Agricoltura), Alessandra D’Orazio (Veneto Agricoltura), Adriano Barbi e Maurizio Padoan (ARPAV), Gian Paolo Sancassani (Servizio Fitosanitario Regionale).

Per quanto riguarda la stesura delle singole parti essa si deve a: - Introduzione: Davide Bortolozzo;

- Capitolo 1: Davide Bortolozzo (1.2), Mattia Cai (1.1, 1.3), Valentina Chiarello (1.4), Stefano Schiavon, Renzo Michieletto e Alessandra D’Orazio (1.5);

- Capitolo 2: Adriano Barbi e Maurizio Padoan (2.1), Antonio De Zanche (2.6), Giuseppe Rela (2.4, 2.5), Renzo Rossetto (2.2, 2.3), Gabriele Zampieri (2.7, 2.8) e Mario Xausa (2.2, 2.5).

Coordinamento per la stesura del testo a cura di Davide Bortolozzo. La supervisione dei testi è dovu-ta a Davide Bortolozzo, Andrea Povellato, Stefano Schiavon e Deborah Scorzelli (INEA).

La redazione del testo è stata chiusa il 23 dicembre 2003.

Pubblicazione edita da

VENETO AGRICOLTURA

Azienda regionale per i settori Agricolo Forestale e Agroalimentare Viale dell’Università, 14 - Agripolis - 35020 Legnaro (PD)

Tel. 049/8293711 - Fax 049/8293815 e-mail: va@venetoagricoltura.org www.venetoagricoltura.org

Realizzazione editoriale

Azienda Regionale Veneto Agricoltura

Coordinamento Editoriale

Alessandra Tadiotto, Isabella Lavezzo

Settore Divulgazione Tecnica e Formazione Professionale Via Roma 34, 35020 Legnaro (PD)

Tel. 049/8293920 - Fax 049/8293909

e-mail: divulgazione.formazione@venetoagricoltura.org

Finito di stampare nel gennaio 2004 presso Azienda Grafica Italgraf (PD)

È consentita la riproduzione di testi, tabelle, grafici, etc. previa autorizzazione da parte di Veneto Agricoltura, citando gli estremi della pubblicazione.

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INDICE

PRESENTAZIONE...5

INTRODUZIONE...7

1 IL QUADRO CONGIUNTURALE...10

1.1 Il contesto economico nazionale e regionale...10

1.2 L’andamento produttivo nel settore agricolo...11

1.3 Le tendenze dell’industria alimentare...15

1.4 La dinamica delle imprese e dell’occupazione del settore agroalimentare. . . 16

1.5 Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari...18

2 UN BILANCIO DELL’ANNATA AGRARIA...20

2.1 Andamento climatico...20 2.2 Cereali...22 2.3 Colture industriali...25 2.4 Colture orticole...29 2.5 Colture frutticole...32 2.6 Vite...37 2.7 Latte...39 2.8 Carne...41 Bibliografia...46

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PRESENTAZIONE

Di fronte agli scenari che si prospettano con l’applicazione della nuova poli-tica agricola comunitaria e alla crescente liberalizzazione dei mercati interna-zionali, Veneto Agricoltura, con l’istituzione dell’Osservatorio Economico, ha assunto l’impegno di fornire in modo sistematico e tempestivo i dati congiuntu-rali relativi all’andamento del settore agroalimentare nel Veneto.

Questa pubblicazione rappresenta pertanto un primo contributo per traccia-re un quadro sui risultati economici dell’annata agraria 2003, allo scopo di for-nire all’Amministratore pubblico, alle imprese e agli operatori dell’agroalimen-tare e alle loro Organizzazioni di categoria uno strumento di supporto per la formulazione e l’adozione di scelte.

Le prime valutazioni presentate a pochi giorni dalla conclusione del 2003 saranno successivamente arricchite e approfondite, una volta resi disponibili i dati definitivi, nel Rapporto congiunturale che Veneto Agricoltura presenterà entro la metà di quest’anno.

Un sincero ringraziamento agli autori, in particolare all’Istituto Nazionale di Economia Agraria, e a quanti hanno reso possibile la puntuale realizzazione di questa pubblicazione.

Legnaro, gennaio 2004

L’AMMINISTRATORE UNICO DI VENETO AGRICOLTURA

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INTRODUZIONE

Anche quest’anno viene offerta una prima valutazione sull’andamento del settore agroalimentare del Veneto con la presentazione delle stime sui risultati produttivi e di mercato dell’agricoltura veneta e un’analisi dell’evoluzione con-giunturale dell’industria alimentare e degli scambi con l’estero del settore agroa-limentare. La pubblicazione è rivolta in modo particolare agli imprenditori agri-coli e dell’industria alimentare e a quanti operano a diretto contatto con il mondo agricolo al fine di favorire un utile confronto tra le scelte imprenditoriali e organizzative effettuate e quanto sta accadendo nel settore. Una più approfon-dita analisi interpretativa sarà effettuata tra qualche mese quando saranno disponibili le statistiche definitive. Si tratta, peraltro, di una scelta quasi obbli-gata, dato che a fine anno si può disporre soltanto di informazioni ancora par-zialmente provvisorie e in molti casi relative soltanto a una parte dell’anno.

Le valutazioni riportate in questo rapporto sono state ottenute grazie al con-fronto tra diverse fonti statistiche e informazioni raccolte presso una rete di testi-moni privilegiati. In particolare, le informazioni sull’andamento congiunturale sono state ricavate da statistiche correnti di fonte ISTAT o di altri istituti di

ricer-ca. In alcuni casi si fa riferimento a valutazioni qualitative espresse dagli ope-ratori del settore. Inoltre la tempestività con cui vengono fornite queste stime porta ad utilizzare informazioni che riguardano soltanto una parte dell’anno appena trascorso e non sempre sono riferite alla situazione regionale. Sotto questo profilo, data la notevole rilevanza dell’economia veneta nel contesto nazionale, si ritiene che alcuni giudizi espressi a livello nazionale possano esse-re adattati anche alla nostra esse-realtà esse-regionale.

La valutazione quantitativa dell’annata agraria è un’attività che l’INEAha ormai

consolidato dal 1988 ad oggi. Quest’anno la pubblicazione è stata realizzata anche con il contributo dei ricercatori di Veneto Agricoltura, che hanno parte-cipato alla raccolta dei dati e alla stesura del testo. Grazie alla collaborazione di numerosi uffici della Regione Veneto1, alla raccolta e confronto di fonti

statisti-che, alle informazioni quanti-qualitative fornite da una rete di testimoni privile-giati, è stato possibile quantificare con un sufficiente grado di attendibilità gli andamenti produttivi e mercantili registrati dalle principali produzioni agricole

1 Si coglie l’occasione per ringraziare, in primo luogo, l’Ufficio di statistica e la Direzione Politiche

Agroambientali e Servizi per l’Agricoltura che forniscono i preziosi dati sulle superfici e sulle produ-zioni vegetali rilevati dagli Ispettorati regionali per l’agricoltura delle sette province venete, il Centro Meteorologico di Teolo dell’ARPAVche traccia una quadro sintetico ma completo dell’andamento cli-matico e delle sue relazioni con l’attività produttiva agricola, il Servizio Fitosanitario Regionale che predispone un esauriente resoconto sulle principali fitopatie che hanno interessato le coltivazioni agri-cole e quanti, con le loro informazioni, hanno contribuito ad ampliare e verificare le nostre stime.

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del Veneto. È stata quindi effettuata, attraverso opportune elaborazioni delle informazioni, una prima stima della produzione ai prezzi di base - il fatturato del settore agricolo - suddivisa per i principali comparti produttivi. La mancan-za di informazioni specifiche sull’andamento dei costi non ha consentito di sti-mare il valore aggiunto del settore. Peraltro vengono evidenziati i principali andamenti dei prezzi dei fattori produttivi.

Il quadro che emerge dalle prime stime quantitative riguardanti il settore agri-colo appare alquanto negativo. Quest’anno i risultati produttivi sono stati pesan-temente condizionati dall’andamento climatico: le gelate primaverili e il successi-vo perdurare della siccità hanno ridotto le produzioni delle principali coltivazio-ni agricole. A questa generalizzata contrazione produttiva è corrisposto un aumento dei prezzi che non ha comunque evitato la flessione di almeno due punti percentuali del fatturato del settore. Anche dal lato dei costi di produzione sono stati rilevati degli aumenti che dovrebbero pertanto incidere sul livello fina-le del valore aggiunto. Secondo fina-le prime stime di Unioncamere, la situazione rifina-le- rile-vata in Veneto non si discosterebbe da quella nazionale. In Italia le prime stime ipotizzano infatti una diminuzione del valore aggiunto agricolo di circa il 5% (Unioncamere, 2003a). I dati diffusi da EUROSTAT confermerebbero, almeno in

parte, questo andamento (Eidmann, 2003): il valore aggiunto del settore agricolo italiano (ottenuto applicando un deflattore del PIL al valore corrente) dovrebbe

infatti diminuire di oltre il 2%. Tale diminuzione sarebbe soprattutto legata alla flessione riscontrata per le produzioni vegetali (-3,2%) rispetto ai prodotti zootec-nici. La diminuzione del valore aggiunto accomunerebbe peraltro anche gli altri paesi dell’Unione europea con la sola esclusione di Belgio (+4,0%), Irlanda (+2,4%), Portogallo (+2,6%) e Gran Bretagna (+9,4%). La contestuale diminuzio-ne del numero di lavoratori agricoli permetterebbe in ogni caso di mantediminuzio-nere pra-ticamente costante in Italia il reddito agricolo per occupato, mentre a livello comunitario è stato osservato un incremento di questo parametro di quasi l’1%. Un andamento congiunturale diverso è stato invece osservato nel comparto dell’industria alimentare che, rispetto alla crisi attraversata dall’industria nel suo complesso, ha ottenuto dei risultati sostanzialmente positivi. Un moderato otti-mismo prevale anche per il prossimo futuro, tanto che gli imprenditori del set-tore agroalimentare si aspettano una lieve crescita della produzione trainata dalla prevista ripresa economica generale. Qualche preoccupazione desta inve-ce l’andamento degli scambi con l’estero. La svalutazione del dollaro rispetto all’euro ha infatti penalizzato le esportazioni favorendo contestualmente i flussi di importazione. In questo contesto è aumentato il deficit della bilancia com-merciale agroalimentare dopo la progressiva contrazione osservata nel triennio precedente. La riduzione delle esportazioni ha interessato anche il settore delle bevande (-2%) nel quale sono inclusi prodotti di rilevante importanza per il Veneto, come i vini e le acque minerali.

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Il settore agroalimentare veneto e nazionale sarà nel prossimo futuro sempre più influenzato dalle scelte di politica agraria prese a livello comunitario e dalle decisio-ni che saranno raggiunte in materia di commercio internazionale (WTO). Nel

set-tembre del 2003 si è infatti conclusa a Cancun la Conferenza ministeriale della WTO

senza che sia stato raggiunto un accordo finale. Deve peraltro essere evidenziato che la tematica sulla quale si è arenata la conferenza non è quella agricola. Sono stati infatti i temi riguardanti gli investimenti esteri, la concorrenza, la trasparenza degli appalti pubblici e le agevolazioni al commercio a impedire la successiva discussio-ne sulle tematiche riguardanti il settore agricolo. Peraltro il vertice ha messo in evi-denza alcuni aspetti che condizioneranno gli sviluppi futuri. In particolare, è emer-sa la diminuzione della forza dell’asse formato da UE e USA e la compattezza dei

paesi in via di sviluppo aggregati nel cosiddetto gruppo del G21. Inoltre, la manca-ta discussione di una tematica fondamenmanca-tale per l’UE quale il miglioramento della

protezione delle Indicazioni geografiche lascia ancora aperto il problema dell’agro-pirateria che causa gravi danni alle produzioni tipiche europee e in particolare ita-liane. Infine molti operatori hanno criticato la scelta effettuata dall’UE di presentare

le linea della Riforma di Medio Termine (RMT) della Politica agricola comunitaria

(PAC) prima del vertice di Cancun. Le richieste degli altri partner commerciali

potreb-bero infatti rendere necessaria una modifica del sostegno agli agricoltori europei. Alla ripresa dei negoziati sarà pertanto fondamentale l’opera della Commissione europea rivolta, soprattutto, a far accettare i principi della nuova PACa livello internazionale.

Nel giugno del 2003 è stata infatti approvata una radicale riforma della PAC che

modifica in modo sostanziale il sostegno comunitario al settore agricolo. Uno dei principali aspetti introdotti riguarda la definizione di un pagamento unico per azienda che farà riferimento ai contributi ricevuti dai singoli agricoltori nel triennio 2000-2002. La riforma introduce in questo modo il disaccoppiamento tra il soste-gno al settore e la produzione, pur dando la possibilità di mantenere parzialmen-te accoppiati gli aiuti destinati ad alcune produzioni, al fine di evitarne l’abbando-no in alcuni contesti produttivi e territoriali. Il pagamento unico entrerà in vigore entro il 2007. La RMT ha inoltre rafforzato la condizionalità ambientale legando il

pagamento unico al rispetto delle norme in materia di salvaguardia ambientale, sicurezza alimentare, sanità animale e vegetale e protezione degli animali e all’ob-bligo di mantenere i terreni in buone condizioni agronomiche ed ecologiche. Sono previste modifiche delle OCM latte, riso, cereali, frumento duro, foraggi essiccati e

frutta a guscio. Con la riforma di medio termine viene infine potenziata la politica di sviluppo rurale attraverso maggiori finanziamenti e la creazione di nuove misu-re. Nei prossimi mesi il Governo italiano sarà chiamato ad effettuare alcune impor-tanti scelte relative all’applicazione della RMTa livello nazionale

(disaccoppiamen-to (disaccoppiamen-totale o parziale, regionalizzazione). Tali scelte condizioneranno il futuro degli agricoltori veneti incidendo direttamente sulla redditività di alcuni comparti, come quello della carne bovina, caratterizzanti l’agricoltura regionale.

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1. IL QUADRO CONGIUNTURALE

1.1 Il contesto economico nazionale e regionale

Contrariamente alle aspettative, nel 2003 non si è verificata l’auspicata ripre-sa economica: le stime di un aumento dell’1,5% del Prodotto Interno Lordo (PIL)

si sono infatti dimostrate troppo ottimistiche. È ormai chiaro che difficilmente il tasso di crescita italiano supererà lo 0,4%. La stagnazione non è un problema che riguarda solamente l’Italia: in tutta l’area euro la crescita del PIL non

supe-rerà il mezzo punto percentuale. Le economie più grandi dell’unione monetaria stanno infatti attraversando un momento delicato: in Francia l’aumento del PIL

sarà dello 0,2%, mentre in Germania dovrebbe essere nullo o lievemente nega-tivo (The Economist, 2003a).

In un periodo in cui la domanda interna è piuttosto debole e la forza del-l’euro non consente illusioni circa le prospettive future per le economie dell’u-nione monetaria, alcuni governi dell’UE stanno tentando di attenuare gli effetti

negativi della stagnazione e di accelerare l’avvio della ripresa attraverso un mag-gior livello della spesa pubblica. L’impraticabilità di una politica fiscale restritti-va, in un momento in cui l’Europa sembrava sull’orlo di una seria recessione, ha indotto Francia e Germania ad ignorare, di fatto, i vincoli che i membri del-l’area euro si erano autonomamente imposti con il Patto di Stabilità e Crescita. Negli ultimi mesi dell’anno, peraltro, l’economia europea ha dato qualche segnale di ripresa, anche se a livelli inferiori rispetto a quelli osservati negli Stati Uniti. La crescita europea potrebbe mostrarsi più sostenibile, in quanto non è alimentata da imponenti livelli di indebitamento delle famiglie e del governo. Secondo alcuni analisti, inoltre, una volta ristabilitosi un clima di fiducia, in Europa si manifesterà, in particolare, un aumento della domanda di beni dure-voli: i consumatori compreranno quei beni di cui avevano rimandato l’acquisto nell’atmosfera di incertezza che si respirava nel biennio passato. In parte, la ripresa della spesa per consumi da parte delle famiglie italiane è già visibile: dopo un aumento in termini reali dell’1,9% nel 2003, ci si aspetta che, l’anno prossimo, essa cresca di un ulteriore 2% (Unioncamere, 2003b).

Le prospettive per l’anno prossimo, quindi, sono moderatamente positive: la ripresa dovrebbe finalmente arrivare e l’economia italiana crescere dell’1,4%. Un freno, però, potrebbe venire dagli effetti del rafforzamento dell’euro rispetto al dollaro. Infatti negli ultimi due anni la valuta europea si è già apprezzata di circa il 45% relativamente a quella americana e ci si aspetta un andamento di questo genere anche nel prossimo futuro (The Economist, 2003b).

All’andamento dell’euro e alla congiuntura internazionale è imputabile, alme-no in parte, il consistente calo delle esportazioni italiane, che soalme-no scese del

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4,6% rispetto al 2002 (ISTAT, 2003a). In particolare, le maggiori flessioni sono

state registrate per i prodotti metalmeccanici, tessili e abbigliamento, cuoio e per i prodotti alimentari. Nel Veneto il declino dell’export è stato più accentuato che nel resto d’Italia, raggiungendo l’8,6% (ISTAT, 2003a; Unioncamere del Veneto,

2003a). Così il PIL veneto nel 2003 è cresciuto solamente dello 0,2%, restando

al di sotto del tasso di crescita medio nazionale. Le regioni in cui nel 2003 si sono verificati i maggiori aumenti del PIL sono state Abruzzo (+1%), Umbria

(+1%) e Liguria (+0,9%). Anche l’anno prossimo, stando alle previsioni, il tasso di crescita in Veneto sarà inferiore a quello nazionale: nel 2004 il PIL regionale

dovrebbe salire infatti dell’1,1% (Unioncamere, 2003a).

Benché il 2003 non sia stata una delle annate migliori per l’economia vene-ta, il tasso di disoccupazione supera di poco il 3% e si manterrà su livelli poco più elevati (3,5%) anche nel 2004 - ben al di sotto quindi del tasso nazionale pari all’8,5%. In particolare, nel Veneto la riduzione del numero di unità di lavo-ro impegnate nel settore agricolo (-2,7%) è stata più che compensata dall’au-mento nel settore costruzioni (+5,1%) e nei servizi (+1,4%), cosicché nel com-plesso si è verificata una crescita dell’1% (Unioncamere, 2003a). In termini reali i consumi delle famiglie venete sono aumentati nel corso del 2003 di circa l’1,6%, una crescita di poco inferiore a quella media nazionale. Per il 2004 è invece atteso un incremento dei consumi che dovrebbe superare i 2 punti per-centuali.

Per quanto riguarda il tasso di inflazione, dopo che nel terzo trimestre del-l’anno se n’è osservato un lieve rallentamento, l’aumento su base annua dei prezzi al consumo nel 2003 viene stimato pari al 2,7% e per il 2004 ci si atten-de un valore atten-del 2,2% (The Economist, 2003a).

1.2 L’andamento produttivo nel settore agricolo

L’annata appena conclusa sarà ricordata dagli agricoltori per la pesante ridu-zione produttiva subita delle principali coltivazioni erbacee ed arboree a causa di un andamento climatico particolarmente anomalo. Le gelate primaverili, le elevate temperature estive e i periodi siccitosi che hanno caratterizzato gran parte del 2003 hanno infatti influenzato le rese di molte colture e solo in parte l’andamento dei prezzi è riuscito a colmare la diminuzione complessiva della produzione.

Nel complesso la produzione ai prezzi di base si è attestata a quasi 4.500 milioni di euro, segnando una flessione di circa il 2% rispetto al 2002. La parti-colarità dell’annata viene ulteriormente evidenziata dal fatto che questa dimi-nuzione si è verificata dopo che nei precedenti quattro anni era stata osservata una crescita del fatturato complessivo dell’agricoltura veneta. Una contrazione

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ancora più rilevante è osservabile invece per la produzione in termini di quan-tità, diminuita quasi dell’8% rispetto all’anno precedente.

Variazioni percentuali delle produzioni agricole del Veneto nel 2003 rispetto al 2002

a Prezzi Correnti a Prezzi Costanti

Coltivazioni erbacee -7 ÷ -9% -15 ÷ -18%

Coltivazioni legnose +2 ÷ +4% -1 ÷ -3%

Prodotti degli allevamenti +2 ÷ +4% -2 ÷ -4%

Produzione Lorda -1 ÷ -3% -7 ÷ -9%

Fonte: stime INEA.

Si deve peraltro ricordare che, con l’introduzione del Sistema Europeo dei Conti Nazionali (SEC95), la produzione ai prezzi di base è al lordo dei contributi

erogati nell’ambito delle diverse OCM. Per alcuni comparti i contributi pubblici

hanno una incidenza significativa sul fatturato complessivo e la loro stima alla fine dell’anno è influenzata dalla scarsa disponibilità di informazioni relative anche ad eventuali riduzioni dei premi dovute a splafonamento.

Nel bilancio complessivo dell’annata hanno influito in modo determinante i costi sostenuti dalle aziende agricole. Secondo l’ISMEA, nel primo semestre del

2003 l’indice dei prezzi dei mezzi di produzione agricoli è aumentato di circa il 2% rispetto alla stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, gli aumenti più consistenti hanno riguardato la manodopera (+7%), gli animali d’allevamento (+5%) e i prodotti energetici (+3%). Tra questi ultimi la crescita maggiore è stata osservata per l’energia elettrica (+5%). Nella seconda parte dell’anno i prezzi dei mezzi produttivi hanno subito un ulteriore incremento dovuto soprattutto alla contrazione delle produzioni delle principali colture erbacee ed in particolare di quelle impiegate per la preparazione della razione destinata all’alimentazione degli animali. In ottobre l’incremento complessivo dei costi su base annua era di poco inferiore al 3%, con aumenti significativi per mangimi (+11%) e animali da allevamento (+9%). Più contenuta è stata invece la crescita per sementi (+2%), antiparassitari (+1%) e salari (+1%), mentre lievi flessioni sono state osservate per i prodotti energetici.

In sostanza è presumibile che il valore aggiunto regionale a prezzi correnti subisca una contrazione di almeno tre punti percentuali rispetto all’anno pre-cedente.

Il comparto delle colture erbacee ha prodotto un fatturato di poco superiore ai 1.400 milioni di euro (-7 ÷ -9% rispetto all’annata precedente). La superficie a cereali è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2002, ma le scelte colturali

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degli agricoltori sono state ulteriormente indirizzate verso il mais a scapito dei cereali autunno-vernini. Nel complesso le rese di tutti i cereali hanno subito dimi-nuzioni superiori al 5%, con punte di quasi il 30% per il mais, e particolarmente penalizzate sono state le aree dove vi si è avuta una minore disponibilità di risor-se idriche. Questo andamento è stato solo parzialmente compensato dalla cresci-ta dei prezzi registracresci-ta sui principali mercati regionali e nazionali e, nel comples-so, la produzione ai prezzi di base dei cereali è diminuita di oltre il 10% scen-dendo a 580 milioni di euro.

Un modesto incremento della superficie coltivata ha interessato la soia dopo le pesanti flessioni registrate nelle ultime due campagne. La coltura ha peraltro subito la siccità estiva, tanto che le rese medie hanno raggiunto i valori più bassi degli ultimi venti anni. L’offerta complessiva regionale di soia è pertanto dimi-nuita di quasi il 40% e l’andamento commerciale non ha evitato la contrazione del fatturato del comparto (-20%) e una significativa riduzione del reddito degli agricoltori.

Dopo i mediocri risultati qualitativi conseguiti nel 2002, la barbabietola da zucchero è stata interessata da una pessima annata produttiva. Alla prevista riduzione delle superfici coltivate si è infatti associato un calo consistente delle rese tanto che, in media, la produzione unitaria di radici non ha superato le 44 t/ha. Solo gli ottimi livelli raggiunti dal titolo polarimetrico hanno evitato pesan-ti perdite economiche per i biepesan-ticoltori. La produzione ai prezzi di base ha subi-to una flessione di circa il 15%, scendendo a 68 milioni di euro. Gli agricolsubi-tori sono inoltre preoccupati dalle ipotesi di riforma dell’OCM zucchero formulate

dalla Commissione europea che ipotizzano anche la soppressione del regime di quote e prezzi garantiti.

Il comparto orticolo ha prodotto un fatturato complessivo di 577 milioni di euro, inferiore di circa il 3% rispetto al 2002. Flessioni maggiori sono state osser-vate per la patata, che è scesa a 31 milioni di euro con una diminuzione supe-riore al 25%. Tutte le orticole hanno in genere risentito della mancanza d’acqua e per evitare perdite maggiori gli agricoltori sono stati costretti a ricorrere a numerosi interventi irrigui, con ulteriori aggravi per il costo di produzione fina-le.

Il recupero osservato per le produzioni vitivinicole si è riflesso in un incre-mento del fatturato del comparto delle coltivazioni legnose: la produzione ai prezzi di base è infatti aumentata di circa il 3% raggiungendo i 750 milioni di euro. Deve peraltro essere ricordato che nel 2002 i forti decrementi produttivi della vite avevano condizionato i risultati economici complessivi del comparto. Inoltre, la crescita delle produzioni vitivinicole è stata solo parziale ed è anco-ra distante dai livelli anco-raggiunti nel biennio 2000-2001. Al buon andamento mer-cantile si è peraltro contrapposto un deciso peggioramento delle esportazioni. I dati relativi all’export italiano del primo semestre del 2003 evidenziano,

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infat-ti, una riduzione del 3% del valore dei flussi di vino verso l’estero a cui corri-sponde un calo di quasi il 20% dei volumi. Ad essere maggiormente penalizza-ti sono stapenalizza-ti soprattutto i vini sfusi, e tale situazione rappresenta un preciso segnale per viticoltori e trasformatori a continuare ad investire nella qualità delle produzioni. A tale proposito si deve peraltro evidenziare che non sono state completamente sfruttate le risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione europea nel triennio 2001-03 per la ristrutturazione dei vigneti.

L’annata è stata invece particolarmente negativa per le principali specie frut-ticole. Dopo le gelate primaverili, i successivi periodi caratterizzati da elevate temperature e mancanza d’acqua hanno ridotto, in molti comprensori, le rese di pomacee e drupacee. In particolare, la produzione di pesche e nettarine ha subito una contrazione di oltre il 30%, mentre più contenuto è stato il calo del-l’offerta di mele e pere (-10 ÷ -15%). Il fatturato del comparto frutticolo è quin-di sceso a 215 milioni quin-di euro. Le ormai strutturali eccedenze produttive a livel-lo comunitario, la bassa remuneratività ottenuta sul mercato e la presenza di alcuni patogeni (come il virus “Sharka”) hanno inoltre favorito una progressiva riduzione delle superfici coltivate. Dalla seconda metà degli anni novanta la superficie in produzione è infatti scesa dai circa 30.000 ettari del 1995 agli attua-li 26.000 ettari.

Sui mercati è stato osservato un generale incremento dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli a cui è stato dato particolare risalto dagli organi di informazione. Scarsamente sono state peraltro evidenziate le cause concomitanti che hanno pro-dotto questa situazione. In particolare le gelate primaverili hanno compromesso la capacità produttiva di molti impianti frutticoli rispetto alla precedente annata alla quale si è associata una contestuale diminuzione dell’offerta proveniente anche dagli altri paesi comunitari. Inoltre i prezzi finali al consumo sono stretta-mente legati alla complessità della filiera e ai passaggi che intervengono tra la pro-duzione e il consumo. Per evitare ulteriori flessioni nel consumo degli ortofrutti-coli è pertanto necessario garantire una maggiore trasparenza dei prezzi, oltre ad una migliore informazione aii consumatori finali sulle proprietà alimentari di que-sti prodotti e sulla loro stagionalità.

Dopo le emergenze sanitarie che hanno caratterizzato le precedenti annate, il comparto zootecnico ha prodotto nel 2003 un fatturato di 1.900 milioni di euro mostrando una crescita di poco inferiore al 4% rispetto al 2002. Durante l’anno sono aumentati i consumi di carni rosse sia bovine che suine, a conferma di un ritorno alla normalità dopo le crisi dovute alla BSE. La produzione ai prezzi di base

del comparto dei bovini da carne è rimasta sostanzialmente stabile rispetto all’an-no precedente, attestandosi a 500 milioni di euro, mentre per la carne suina è stato osservato un incremento di circa il 4%, dovuto soprattutto all’aumento delle macellazioni. A tale situazione si è peraltro contrapposta una diminuzione del consumo di carni avicole che nei primi tre trimestri del 2003 sono scese di quasi

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il 10%, con una analoga flessione anche delle macellazioni. Nel complesso il com-parto avicolo veneto ha raggiunto i 560 milioni di euro in conseguenza del signi-ficativo recupero delle quotazioni sui principali mercati regionali rispetto alla pre-cedente annata.

Il comparto lattiero-caseario è stato invece caratterizzato dall’annosa vicenda delle quote di produzione. Il continuo superamento dei quantitativi assegnati a livello nazionale e regionale sembra ormai divenuto strutturale. Inoltre la nuova normativa emanata dal Governo per il pagamento, rateizzato e senza interessi, delle multe accumulate nelle precedenti campagne non è stata accolta con favo-re da una parte degli allevatori intefavo-ressati. Dal punto di vista produttivo il fat-turato ottenuto dal settore è stato pari a circa 400 milioni di euro, risultando sostanzialmente stabile rispetto al 2002.

1.3 Le tendenze dell’industria alimentare

Alla fine del 2003 il periodo di difficoltà che sta attraversando l’industria ita-liana considerata nel complesso non può ancora dirsi concluso. Secondo i dati di Unioncamere, infatti, anche nel terzo trimestre dell’anno sia la produzione che il fatturato sono apparsi inferiori di oltre 2 punti percentuali rispetto al cor-rispondente periodo del 2002 (Unioncamere, 2003c). All’opposto, l’industria ali-mentare nazionale rappresenta l’unico comparto dove produzione e fatturato sono risultati in crescita, anche se modesta, rispetto all’anno precedente (rispet-tivamente +0,5% e +0,7%). Anche le previsioni per gli ultimi tre mesi dell’anno sono moderatamente ottimistiche, in quanto fra gli addetti del comparto ali-mentare prevalgono quelli che si attendono un ulteriore incremento della pro-duzione e del fatturato (Unioncamere, 2003c, Unioncamere, 2003d). Ciò deri-verebbe non tanto dall’analisi delle recenti dinamiche nel proprio settore, rite-nute da molti stazionarie, quanto dalla crescita dei giudizi favorevoli nei con-fronti dell’andamento economico generale (ISMEA, 2003).

In ambito regionale è più difficile formulare delle valutazioni, dal momen-to che gli unici dati disponibili sono quelli relativi ai risultati economici con-seguiti da un campione di imprese alimentari estremamente ridotto rispetto all’universo (Unioncamere del Veneto, 2003b). Ciononostante i giudizi espres-si dagli operatori veneti interpellati confermano che il 2003 è stato un anno sostanzialmente positivo per il comparto. A fronte di una domanda interna ed estera in linea con quella del 2002, nei primi tre trimestri del 2003 le imprese del campione hanno infatti visto crescere il proprio fatturato. Dal momento che il livello di produzione è apparso stabile, la crescita della ricchezza pro-dotta sembra dovuta principalmente all’aumento dei prezzi di vendita, che a settembre risultavano superiori del 3,3% rispetto a quelli di dicembre 2002.

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Ciò appare in linea con l’andamento dell’inflazione nel 2003 su cui si è ampia-mente dibattuto nel corso dell’anno. In particolare, i prodotti alimentari sono stati accusati di essere i principali responsabili del notevole aumento dei prez-zi percepito dai consumatori. In effetti il tasso di inflaprez-zione alimentare su base annua registrato in novembre è stato del 4,1% (Unioncamere, 2003e) e, quin-di, ben superiore all’indice generale dei prezzi. Gli aumenti più consistenti hanno riguardato le quotazioni di frutta fresca e ortaggi che, tra maggio e set-tembre, hanno raggiunto punte del 9% su base annua per effetto anche della siccità e della conseguente contrazione produttiva. Secondo uno studio dell’INDIS, tuttavia, se si esclude dal calcolo l’ortofrutta fresca, nel 2003 il

livel-lo dei prezzi alimentari non è aumentato più di quanto non sia avvenuto per gli altri beni (INDIS, 2003).

Dall’analisi per comparto, possibile solamente a livello nazionale, emerge che i migliori risultati produttivi sono stati conseguiti dalle industrie che produ-cono carne o pesce e loro derivati, mentre quelle del comparto ortofrutta hanno registrato una netta contrazione dei volumi prodotti (ISTAT, 2003b). In termini di

fatturato le migliori performance sono state conseguite dall’industria delle bevande e dall’industria dei prodotti ittici, che avrebbero recuperato in termini di prezzi di vendita. All’opposto, la diminuzione dei volumi prodotti nelle azien-de ortofrutticole è stata accompagnata da un’analoga contrazione azien-del fatturato. Per i primi mesi dell’anno prossimo, gli operatori veneti del settore alimen-tare si attendono che tutte le principali variabili rimangano stabili, non esclu-dendo tuttavia l’eventualità di una lieve flessione dei prezzi (Unioncamere Veneto, 2003b).

1.4 La dinamica delle imprese e dell’occupazione del

settore agroalimentare

Il numero delle imprese agricole iscritte presso il Registro delle Imprese delle Camere di Commercio (Infocamere-Movimprese, 2003) continua a diminuire in conseguenza sia di una progressiva cancellazione delle ditte non in possesso dei requisiti obbligatori per l’iscrizione al registro stesso, che della cessazione delle attività di una parte delle aziende agricole. Nei primi nove mesi del 2003 le imprese agricole iscritte risultavano circa 97.000, con una riduzione del 3% rispetto all’anno precedente. Le maggiori contrazioni hanno interessato la pro-vincia di Venezia (-6,9%), seguita da Padova (-3,5%), Vicenza (-3,3%) e Treviso (-3,1%), mentre nelle province di Verona e Belluno sono state osservate ridu-zioni meno consistenti (-1 ÷ -2%).

Dal punto di vista giuridico continuano a diminuire le ditte individuali, con una perdita nell’ultimo anno di circa 3.000 unità (-3,5%), mentre aumentano,

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seppur in misura contenuta, le società di capitale (+1,3%). Va peraltro rilevato che quest’ultima tipologia rappresenta appena lo 0,5% delle imprese agricole venete, mentre società di persone e ditte individuali assorbono rispettivamente l’8 e il 91% delle aziende.

La situazione delle industrie alimentari è invece molto differente e mostra una crescita del numero di imprese nei primi tre trimestri del 2003. Le imprese iscritte presso le Camere di Commercio sono infatti aumentate di circa il 2% rispetto al 2002, raggiungendo un livello complessivo di quasi 6.400 unità. A livello territoriale gli aumenti del numero di imprese hanno interessato tutte le province, in particolare quella di Venezia, dove la crescita è stata ben due volte superiore rispetto alla media regionale. Peraltro le aree dove sono maggior-mente concentrare le industrie alimentari venete sono le province di Verona e Treviso. In queste aree, negli ultimi anni, si è osservata una situazione di sostan-ziale equilibrio con incrementi che, nel 2003, non hanno superato l’1%.

Secondo l’indagine ISTAT sulle forze lavoro (ISTAT, 2003c) il numero di

occu-pati in agricoltura in Veneto appare in leggera ripresa nei primi nove mesi del 2003, dopo la diminuzione osservata l’anno precedente. Supponendo che i dati sull’occupazione relativi al quarto trimestre 2003, non ancora disponibili, siano in linea con quelli dello stesso periodo dell’anno precedente, è possibile ipotizzare che il numero di occupati in agricoltura, alla fine dell’anno, si aggiri intorno alle 81.000 unità, con un incremento di poco superiore all’1% rispetto al 2002. Peraltro, nel corso dell’anno la situazione è apparsa alquanto disomogenea, con una crescita del 10-12% nei primi due trimestri e una pesante flessione nel terzo trimestre (-14%). In quest’ultimo caso è ipotizzabile che la riduzione della quan-tità prodotta per le principali coltivazioni agricole si sia riflessa in una minore richiesta di manodopera salariata nei mesi estivi. Nei primi tre trimestri è aumen-tata maggiormente la quota femminile (+2,4%) degli occupati rispetto a quella maschile (+1,9%) nei confronti dello stesso periodo del 2002, mentre si è osser-vata una lieve flessione degli occupati dipendenti. La situazione osserosser-vata in Veneto appare in contro tendenza rispetto a quella nazionale, che presenta ridu-zioni del numero di occupati in agricoltura di poco inferiori al 3% rispetto all’an-no precedente.

Indicazioni relative alla situazione occupazionale delle industrie alimentari possono essere desunte dall’indagine sulla congiuntura delle industrie manifat-turiere Venete curata dall’Unioncamere del Veneto (2003b). Dall’indagine, che si basa sui giudizi espressi da un campione ridotto di operatori del settore, emer-ge un incremento di circa il 2% che dovrebbe portare alla fine del 2003 gli addetti a circa 46.500 unità.

Per il prossimo anno gli operatori del settore prevedono una situazione per lo più stazionaria e simile al 2003 per l’industria alimentare (Unioncamere, 2003b), mentre ipotizzano un calo dell’occupazione in agricoltura.

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1.5 Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari

Dopo tre anni di progressiva riduzione del deficit della bilancia commercia-le agroalimentare, nei primi nove mesi del 2003 commercia-le importazioni di prodotti agroalimentari si sono mantenute, in Veneto, sui livelli dello stesso periodo del 2002, mentre le esportazioni hanno segnato una flessione del 7% circa (ISTAT,

2003d). La diminuzione delle esportazioni è la conseguenza di una contrazione più marcata dei flussi relativi ai prodotti alimentari (-7,8%) rispetto a quelli agri-coli (-2,9%). Anche a livello nazionale le importazioni agroalimentari sono risul-tate in linea con quelle del 2002, mentre le esportazioni hanno subito una ridu-zione più contenuta (-2% circa) di quella osservata in Veneto.

I comparti che hanno maggiormente contribuito alla riduzione delle esporta-zioni regionali di prodotti agricoli sono quelli vegetali (-3,2% pari ad oltre 10 milioni di euro), mentre le carni e i prodotti a base di carne presentano le ridu-zioni più sensibili (-23,7% pari ad oltre 45 milioni di euro) fra le esportaridu-zioni ali-mentari. Desta una certa preoccupazione la sensibile riduzione delle esportazio-ni di bevande (-2% pari a quasi 13 milioesportazio-ni di euro) che sono fortemente rap-presentate dai vini e dalle acque minerali prodotti in Veneto. L’export di questo comparto è risultato infatti in crescita dal 1997 al 2002 e l’inversione di tenden-za osservata nei primi tre trimestri del 2003 potrebbe suggerire il raggiungimen-to della soglia di saturazione dei mercati esteri.

Sul fronte dell’import va segnalata la sensibile riduzione dei flussi in entrata di carni e prodotti a base di carne (-22% pari a quasi 120 milioni di euro). Tale fenomeno deriverebbe dalla crescente preferenza da parte dei consumatori per il prodotto italiano come conseguenza dell’attenuarsi della crisi della BSE.

L’aumento delle importazioni di animali vivi (+10% circa pari ad oltre 30 milio-ni di euro in valore) confermerebbe inoltre la tendenza, da parte degli menti, di acquistare capi all’estero per poi inserirli nei normali cicli di alleva-mento e ingrasso.

L’analisi dell’import/export a livello provinciale va condotta con una certa cautela per la possibile sopravvalutazione dei flussi rilevati in una provincia che accentra, nel proprio territorio, grandi mercati, aree di smistamento delle merci o centri doganali di cui si servono altre province. La riduzione delle esporta-zioni riscontrata a livello regionale deriva, per i prodotti agricoli, dalla contra-zione dei flussi provenienti da tutte le province venete ad esclusione di Verona e Rovigo. Nel caso dei prodotti alimentari, invece, solo Treviso ha segnato un incremento dell’export mentre da Verona, Vicenza e Venezia, considerato nel complesso il flusso in uscita, è risultato inferiore a quello del 2002 di quasi 110 milioni di euro.

La disponibilità di dati relativi ai flussi commerciali per paese di provenien-za/destinazione permette di evidenziare che la contrazione dell’export

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agroali-mentare veneto intervenuta nell’ultimo anno ha interessato sia i paesi extraco-munitari che quelli all’interno dell’Unione, i quali risultano destinatari di oltre il 65% delle esportazioni agroalimentari regionali. Per i primi ha sicuramente pesa-to il forte apprezzamenpesa-to dell’euro verificapesa-tosi nel corso degli ultimi mesi, feno-meno peraltro confermato a livello nazionale dove il settore alimentare è fra quelli maggiormente colpiti (Polidori, 2003). Appare maggiormente preoccu-pante la riduzione della domanda di prodotti agroalimentari veneti da parte dei paesi comunitari (in primis Germania, Francia e Regno Unito) in quanto essa potrebbe essere dovuta a fenomeni meno congiunturali fra cui la perdita di competitività.

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2. UN BILANCIO DELL’ANNATA AGRARIA

2.1 Andamento climatico

Il 2003 è stato caratterizzato da un lungo ed anomalo periodo di siccità che ha influenzato i risultati dell’attività agricola e, in generale, ha arrecato gravi disagi alla popolazione.

Un clima mite e uggioso ha caratterizzato i primi giorni di gennaio sino all’ar-rivo di aria polare che ha portato un deciso calo delle temperature su tutto il territorio regionale e deboli ed estese precipitazioni a carattere nevoso anche in pianura. Nella seconda decade del mese si è assistito ad un marcato abbassa-mento dei valori termici e alle prime gelate. Deboli precipitazioni a carattere nevoso, anche in collina e pianura, hanno interessato l’inizio di febbraio, men-tre la rimanente parte del mese è stata caratterizzata da condizioni di bel tempo e da un clima piuttosto rigido e ventoso.

Il mese di marzo si è contraddistinto per il protrarsi di un periodo di siccità iniziato già dalla terza decade di gennaio, con condizioni di bel tempo e assen-za di significative precipitazioni fino ad inizio aprile. Il mese è iniziato con una prima fase contraddistinta da generali condizioni di stabilità con frequenti foschie e locali nebbie a causa di un campo di alta pressione che impediva il transito delle perturbazioni atlantiche sulla nostra regione. Solo il giorno 3 si sono registrate significative precipitazioni concentrate, peraltro, nel basso Polesine. All’inizio della seconda decade del mese si è osservato un deciso cam-biamento delle condizioni meteorologiche con l’irruzione di un flusso di aria fredda. Nei giorni immediatamente successivi si sono instaurati venti freddi e secchi che hanno portato ad una netta diminuzione delle temperature. Dalla terza decade di marzo le temperature hanno subito un aumento, soprattutto nei valori massimi, determinando forti escursioni giornaliere. Le prime piogge sta-gionali a carattere di rovescio sono cadute solo alla fine del mese. Le basse tem-perature e le scarse piogge hanno comunque ritardato la ripresa vegetativa delle piante.

Precipitazioni più diffuse e consistenti si sono registrate ad inizio aprile accompagnate da un forte abbassamento delle temperature. Nella prima deca-de deca-del mese si sono verificate anche gelate in pianura che hanno arrecato danni ai fiori di actinidia, ciliegio e altre drupacee e alle varietà di vite più precoci. Successivamente l’ingresso di correnti umide provenienti dall’Atlantico ha favo-rito il repentino aumento delle temperature con nuovi apporti di pioggia, che risultano abbondanti anche nella pianura centro-meridionale. Una nuova per-turbazione ha portato precipitazioni e un calo delle temperature tra la seconda e la terza decade del mese. Le piogge di aprile hanno quindi facilitato la

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ripre-sa del frumento e la germinazione del mais.

Il mese di maggio è stato caratterizzato da una fase di bel tempo, contraddi-stinta da un forte aumento delle temperature che sono risultate decisamente superiori alla media del periodo, con punte massime di oltre 29° C in pianura. Tale situazione è stata interrotta solo da alcune precipitazioni a carattere tem-poralesco o da nubifragi e grandinate che hanno colpito soprattutto la zone del Piovese e del Conselvano. Nel mese di giugno la siccità ha interessato la mag-gior parte del territorio regionale ed è stata accompagnata da temperature ecce-zionalmente alte. A fine mese gli scarti pluviometrici rispetto alla media sono risultati generalmente compresi tra -34% di Vicenza e -60% di Treviso, mentre il deficit idrico complessivo dei primi 6 mesi dell’anno risultava compreso tra il 30 e il 50% in meno rispetto alla norma. Nel successivo mese di luglio in pianura il deficit ha assunto valori compresi tra -51% di Vicenza e -65% di Venezia e Padova, mentre un’inversione di tendenza si è registrata nel bellunese dove le piogge sono state superiori alla media di circa il 20%. Il mese di luglio, pur molto caldo, non è stato eccezionale come giugno e ha presentato un anda-mento termometrico spesso non superiore alla norma. Rispetto alla media delle temperature registrate nell’ultimo trentennio, le massime sono state superiori alla norma di 2,2° C e le minime di 0,5° C. Le piogge cadute in modo sparso e tutt’altro che abbondante non hanno migliorato la situazione di disagio di molte colture. Il mese di agosto è iniziato con temperature assolutamente normali o leggermente al di sotto della media a causa del passaggio di una perturbazione di origine atlantica. In seguito, però, si è assistito ad un nuovo deciso aumento dei valori termici: localmente sono stati superati anche i 39° C con temperature superiori a quelle misurate nell’ultimo decennio. Anche in agosto si sono pro-tratte le condizioni di siccità in tutta la pianura con deficit compresi tra -79% di Verona e -28% di Treviso, mentre Belluno risultava leggermente più piovosa della norma (+8%).

La prima decade di settembre è stata contraddistinta da maggior variabilità, con clima decisamente più fresco e apporti di pioggia generalmente scarsi. Tuttavia, dalla metà del mese condizioni di tempo stabile sono state accompa-gnate da un innalzamento delle temperature su valori massimi superiori alla media. Solo nell’ultima decade del mese si sono avute precipitazioni diffuse e un generale calo dei valori termici. Nei primi giorni di ottobre sono state regi-strate condizioni meteorologiche in graduale peggioramento, con precipitazio-ni più diffuse e abbondanti nelle zone centro-settentrionali della regione e un sensibile calo delle temperature. In seguito, l’affermarsi di un campo di alta pressione ha determinato condizioni di tempo stabile e un aumento dei valori termici, interrotti dall’arrivo di nuovi impulsi freddi nord-orientali che hanno provocato un abbassamento termico con gelate diffuse anche in pianura. A fine mese la regione è stata investita da precipitazioni diffuse, più abbondanti nelle

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zone montane e pedemontane. Nella prima decade di novembre un sistema perturbato, associato a precipitazioni diffuse e consistenti, ha attraversato la regione. In seguito, fino a metà mese, le condizioni meteorologiche sono risul-tate relativamente stabili e caratterizzate da temperature in graduale diminuzio-ne. Dalla seconda metà del mese si è assistito a un generale aumento delle tem-perature minime che si sono mantenute su valori superiori alla media. Un’intensa perturbazione atlantica ha determinato precipitazioni diffuse, anche molto abbondanti, nella fascia prealpina alla fine del mese. I quantitativi totali di precipitazione sono risultati, per la prima volta dall’inizio dell’anno, netta-mente superiori alla media nella maggior parte del territorio. Il totale pluvio-metrico da gennaio a novembre è stato invece ancora deficitario rispetto alla media.

2.2 Cereali

La superficie a grano tenero in Veneto è passata dai 62.700 ettari del 2002 ai 50.500 ettari di quest’anno, con una diminuzione di circa il 20%. A livello pro-vinciale Rovigo assorbe la maggior quota di superficie investita a questa coltu-ra (14.900 ettari), pur registcoltu-rando un calo del 17% rispetto al 2002. Anche in pro-vincia di Verona si evidenzia una riduzione pari al 15% circa delle superfici a grano tenero, che sono scese a 11.500 ettari. Peraltro è soprattutto Padova che presenta il calo più significativo: gli attuali 10.000 ettari destinati alla produzio-ne di frumento teproduzio-nero corrispondono infatti ad un decremento del 33% rispet-to alla precedente campagna.

Le persistenti piogge autunnali, che si sono protratte fino ad inverno inoltra-to, hanno provocato ritardi nelle operazioni di semina, influendo sull’estensio-ne delle superfici messe a coltura. In primavera si sono avuti periodi di freddo intenso e gelate intervallati da momenti di siccità. La distribuzione irregolare delle piogge e la grandine hanno danneggiato ulteriormente le colture. Il parti-colare andamento climatico ha ridotto lo sviluppo di attacchi parassitari da parte di Ruggine, Septoria e, in alcuni casi, di Fusariosi che sono stati comunque con-trollati tempestivamente dagli agricoltori. Focolai di Oidio sono stati osservati nella parte basale della pianta negli appezzamenti con elevata densità. Il caldo eccessivo dei primi di giugno, accompagnato da forte umidità, non ha inoltre consentito una regolare maturazione del frumento e ha anticipato le operazio-ni di raccolta, influenzando negativamente la qualità della granella. In ogoperazio-ni caso, il livello qualitativo delle produzioni si presenta sugli stessi valori del 2002, per quanto riguarda il profilo proteico. Molto negative sono, invece, le perfor-mance qualitative in termini di peso ettolitrico. A causa dei fattori climatici e fitosanitari sopra descritti, le rese medie si sono ridotte di circa il 5% rispetto al

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2002, attestandosi su livelli di 5,1 t/ha. La rilevante contrazione della superficie, aggravata dalla diminuzione delle rese, ha inciso fortemente sulla produzione complessiva di frumento tenero che nel 2003 è stata di 257.000 tonnellate, in calo del 23% circa rispetto alla precedente campagna.

Per quanto riguarda le quotazioni, nel primo semestre il frumento tenero nazionale ha sofferto la concorrenza del prodotto estero. L’andamento è stato, infatti, cedente fino a giugno con quotazioni di 134-142 euro/t per il fino (-10% rispetto alle medie mensili del 2002) e di 132-135 euro/t per il buono mercan-tile (-13%). All’apertura della nuova campagna commerciale le quotazioni hanno ripreso a salire a causa della minore offerta comunitaria e di una riduzione di quella proveniente dal Mar Nero. Negli ultimi mesi dell’anno i prezzi hanno rag-giunto i 185 euro/t per il fino (+17%) e i 182 euro/t per il buono mercantile (+20%).

Analogamente a quello tenero, anche il frumento duro ha visto diminuire la superficie regionale ad esso destinata che nel 2003 è scesa a circa 850 ettari, con una riduzione superiore al 35%. La produzione si concentra quasi total-mente nella provincia di Rovigo, che presenta 550 ettari coltivati a tale coltura e copre il 65% della superficie regionale a grano duro. La riduzione delle super-fici va ricercata soprattutto nelle pessime condizioni meteorologiche dell’autun-no-inverno che hanno ritardato le operazioni di semina. Il clima primaverile, segnato da basse temperature e gelate, ha creato non pochi danni alle colture, poi penalizzate dal caldo eccessivo del mese di giugno durante il quale si è chiuso precocemente il ciclo vegetativo della pianta. Le rese per ettaro si sono mantenute sui livelli del 2002, attestandosi su 4,5 t/ha. La produzione totale è stata quindi di circa 3.800 tonnellate, con una diminuzione di poco superiore al 35% rispetto alla precedente campagna. L’andamento del mercato nei primi sei mesi del 2003 si è presentato in costante flessione. Le quotazioni si sono infat-ti ridotte fino al 15% rispetto allo stesso periodo del 2002, raggiungendo nel mese di maggio un minimo di 170 euro/t. A luglio, con l’inizio della campagna 2003, si è assistito ad un aumento dei prezzi del prodotto nazionale, a causa delle ridotte quantità e della scarsa qualità di grano duro presente sul mercato. I prezzi si sono mantenuti sempre a livelli superiori a 175 euro/t, con un aumen-to medio del 15% rispetaumen-to agli stessi periodi dell’anno precedente, fino a rag-giungere i 196 euro/t a metà novembre.

La superficie coltivata ad orzo nel 2003 è stata di 10.230 ettari, con una ridu-zione del 7% rispetto all’annata precedente. Le province maggiormente inte-ressate da questa produzione sono Verona (3.000 ettari), Treviso (che registra un calo nelle superfici superiore al 30%) e Vicenza (che presenta, invece, un leggero aumento). La resa per ettaro si è attestata su un valore medio di 5,1 t/ha, confermando i livelli raggiunti nel 2002. Malgrado la forte siccità estiva, la buona qualità della granella è stata comunque confermata pressoché in tutte

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le zone di produzione. Il mantenimento di questo standard qualitativo è stato possibile grazie a due fattori: la maturazione avvenuta in condizioni ottimali e l’assenza delle patologie tipiche dell’orzo. La produzione complessiva è stata pari a 52.300 tonnellate, in diminuzione di circa l’8% rispetto al 2002. Nel primo semestre, l’andamento dei prezzi è stato alquanto incerto, mantenendosi su livelli inferiori di quasi il 10% rispetto allo stesso periodo del 2002 e raggiun-gendo il minimo nel mese di giugno con quotazioni di mercato di circa 125 euro/t. Con l’inizio della nuova campagna di commercializzazione i mercati sono stati influenzati dalla minor offerta di orzo proveniente dal centro Europa e i prezzi sono così saliti fino a raggiungere livelli superiori ai 150 euro/t ai primi di dicembre, con aumenti medi superiori al 15% rispetto allo stesso perio-do dell’anno precedente.

In Veneto l’ultima campagna maidicola si è chiusa in maniera molto delu-dente dal punto di vista produttivo a causa, soprattutto, dell’avverso andamen-to climatico estivo che ha fortemente penalizzaandamen-to le rese. I dati riguardanti la superficie coltivata confermano invece il trend positivo degli ultimi anni: gli ettari coltivati a mais sono stati circa 306.000, con un aumento del 5% circa rispetto alla precedente annata agraria. A livello provinciale si è assistito ad una redistribuzione degli ettari coltivati. Rovigo è diventata la provincia con i mag-giori investimenti a mais (circa 63.000 ettari, +14% rispetto al 2002), mentre Padova ha perso circa il 9% della superficie maidicola, attestandosi su 61.000 ettari. Per il mais l’andamento climatico è stato inizialmente positivo, in quanto la scarsa piovosità di fine inverno e le gelate dei primi giorni di aprile hanno favorito le semine. Tuttavia, la mancanza di precipitazioni nel periodo della semina ha ridotto l’efficacia dei diserbi di pre-emergenza rendendo più diffi-coltoso il controllo della flora infestante. L’eccezionale ondata di caldo e la pro-lungata siccità hanno anticipato la maturazione del prodotto alla fine di ago-sto e solo nelle zone che hanno potuto beneficiare dell’irrigazione è stato pos-sibile limitare il ridimensionamento quantitativo delle rese. Dal punto di vista fitopatologico, il gran caldo ha favorito la comparsa di infestazioni di Ragnetto rosso che hanno provocato il disseccamento della parte aerea della pianta. La presenza della Piralide è risultata inferiore a quella degli ultimi anni e i trat-tamenti di difesa sono stati eseguiti nella seconda metà di luglio sulle varietà medio-tardive e tardive. Il costante monitoraggio effettuato sul territorio regio-nale dal Servizio Fitosanitario non ha invece rilevato nuovi focolai di

Diabrotica Virgifera. Il basso tasso di umidità della granella, attestatosi

attor-no al 12-15%, ha comportato l’aumento di cariossidi fessurate e spaccate, ridu-cendo in alcune aree il livello qualitativo del raccolto. Le rese sono calate a circa 6,9 t/ha, con una diminuzione media di quasi il 30% rispetto al 2002. La produzione veneta ha raggiunto complessivamente un livello di 2,1 milioni di tonnellate, con una riduzione di circa il 26% rispetto all’anno precedente.

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L’andamento dei prezzi del mais è stato cedente per tutta la prima metà del-l’anno, con oscillazioni comprese tra i 125 e i 130 euro/t dovute alla presenza sul mercato di mais di provenienza estera. Nei mesi estivi le previsioni di una riduzione quantitativa e qualitativa della nuova produzione hanno fatto lievita-re i plievita-rezzi, rimasti comunque al di sotto di circa il 10% rispetto a quelli del 2002. Con l’apertura della nuova campagna di commercializzazione, la scarsità di pro-dotto presente sul mercato e la tipologia di granella più piccola e di qualità infe-riore rispetto alle previsioni hanno provocato forti tensioni sui mercati. Il prez-zo ha subito decisi aumenti, raggiungendo anche valori di 175 euro/t in novem-bre, con aumenti medi di circa il 30% rispetto allo stesso periodo del 2002. Nel complesso, la produzione ai prezzi di base del mais è stata di circa 480 milioni di euro, in diminuzione di oltre il 10% rispetto alla precedente annata.

Nel 2003 la superficie coltivata a riso è stata pari a quasi 3.600 ettari, in calo di circa il 7% rispetto alla precedente campagna. La provincia con il maggior numero di ettari coltivati resta Verona, che assorbe il 45% circa dell’area com-plessiva. Nel comprensorio veronese la maggior parte della superficie è investi-ta a Vialone Nano, mentre in Polesine vi è una maggiore differenziazione varie-tale. Il riso ha subito meno di altre colture le difficoltà legate alle alte tempera-ture e alla siccità estiva, ma le rese sono risultate ugualmente in calo di circa il 2% e si sono attestate a 6,4 t/ha. La produzione è quindi scesa a 22.700 tonnel-late, con una diminuzione di poco superiore al 9% rispetto al 2002. A causa della precoce maturazione, la resa alla lavorazione ha subito un peggioramen-to, raggiungendo livelli abbondantemente inferiori a quelli normali. La campa-gna di commercializzazione si prospetta abbastanza difficile: i prezzi del risone si sono infatti stabilizzati sui 277-287 euro/t, con una variazione negativa media di circa il 5% rispetto al 2002. Con l’emanazione dei regolamenti applicativi rela-tivi alla revisione di medio termine della PAC si è anche concluso il lungo iter

di riforma dell’OCM riso. Le principali novità riguardano una sensibile

diminu-zione del prezzo di intervento, l’articoladiminu-zione del sostegno al reddito attraverso un aiuto disaccoppiato e un aiuto specifico, la riduzione della superficie massi-ma garantita e l’applicazione di penalità in caso di un suo superamento.

2.3 Colture industriali

La campagna 2003 della barbabietola da zucchero è stata una delle peg-giori degli ultimi quarant’anni. A causa dei deludenti risultati conseguiti nel 2002, le scelte di investimento degli agricoltori sono state dirette verso altre col-ture erbacee e la superficie coltivata a bietola in Veneto è scesa a circa 33.000 ettari, con una diminuzione di quasi il 25% rispetto all’anno precedente. A peg-giorare ulteriormente l’ultima campagna ha contribuito, inoltre, l’avverso

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anda-mento climatico estivo. In precedenza le gelate invernali avevano invece favo-rito una buona preparazione dei terreni. Le semine sono infatti iniziate nella prima decade di febbraio, in anticipo rispetto all’anno scorso, e si sono conclu-se entro la conclu-seconda decade di marzo. La carenza di piogge dopo le conclu-semine ha provocato la formazione di croste soprattutto nei comprensori produttivi del Polesine, determinando una nascita scalare delle piante, accentuata anche dalle gelate di marzo-aprile. Le grandinate, cadute soprattutto nel basso veneziano, hanno reso necessaria la risemina di un migliaio di ettari. Dal punto di vista fito-sanitario, il grande caldo estivo ha depresso lo sviluppo fogliare delle piante e ridotto la virulenza della Cercospora rispetto al passato. Nel complesso sono stati comunque effettuati una media di 3 trattamenti fitosanitari durante il ciclo colturale. Molto più dannoso si è dimostrato l’attacco di un lepidottero nottui-de, la Spodoptera exigua che, assieme alla Mamestra, ha colpito gli appezza-menti in alcune aree del Delta del Po nel mese di luglio provocando danni ingenti alle piante e, nei casi più gravi, la marcescenza del fittone. La fase di raccolta è iniziata in anticipo, già prima di metà agosto, ed è proseguita senza particolari problemi, concludendosi all’inizio di ottobre.

L’estate calda e siccitosa, sebbene sia stata affrontata meglio rispetto ad altre zone di produzione, ha comportato comunque un calo della resa unitaria in radici, pari a circa il 25%. La produzione ad ettaro si è attestata in media a 43,3 t, mentre quella complessiva è stata di circa 1,4 milioni di tonnellate, con una diminuzione di poco inferiore al 45% rispetto al 2002. L’andamento climatico ha, invece, influito positivamente sul titolo polarimetrico delle radici che è aumen-tato di circa il 25%, attestandosi su valori medi di 15,9°. Anche la purezza del sugo denso è migliorata di circa due punti percentuali, collocandosi su valori superiori al 92%. Nonostante il miglioramento della polarizzazione, la quantità di saccarosio ottenuta dalla lavorazione è scesa a circa 7 t/ha di media, in dimi-nuzione del 5-7% rispetto al 2002, ma su livelli molto superiori alla media nazio-nale.

Il prezzo base per l’attuale campagna è stato fissato a 47,51 euro/t per un titolo polarimetrico di 16°. Inoltre, l’Italia è stata considerata un paese deficita-rio e ai produttori è stata riconosciuta una maggiorazione del prezzo delle bie-tole (il cosiddetto prezzo regionalizzato) pari a 3,04 euro/t a 16°, che andrà a sommarsi al prezzo base. Rimane confermato anche un premio qualità per le migliori produzioni. L’aumento del prezzo e l’ottimo titolo polarimetrico hanno permesso agli agricoltori di ridurre le perdite legate alla flessione delle rese, tanto che la produzione lorda vendibile è stata di circa 2.000 euro/ha.

Dopo la ripartizione delle quote zucchero ex Eridania Z.N., assegnate per i 2/3 a Italia Zuccheri e per il rimanente a Eridania Sadam, il recente Accordo interprofessionale per il settore bieticolo-saccarifero, sottoscritto il 4 dicembre scorso presso il MIPAF e valido per le tre campagne dalla 2003/04 alla 2005/06,

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getta le basi per il prossimo futuro. L’accordo definisce, infatti, il pagamento del prezzo regionalizzato per l’attuale campagna, garantendo una liquidazione con un notevole aumento di prezzo (+12% per il nord-Italia rispetto all’anno prece-dente). Per la prossima campagna l’aumento è fin d’ora determinato in 1,00 euro/t di bietole a 16°. Per il Veneto, dove si sono registrati dei buoni risultati qualitativi rispetto alle altre zone di produzione, il margine conseguibile si preannuncia pertanto superiore a quello degli altri seminativi. A meno che non si verifichino eventi straordinari, nella prossima campagna bieticola si prevede un aumento delle superfici coltivate. Le previsioni per il medio-lungo periodo si presentano, invece, meno rosee, soprattutto in conseguenza del documento di orientamento proposto in settembre dal commissario Fischler come base di riflessione in vista della riforma dell’OCM zucchero. Gli scenari di riforma

pro-spettati sono tre: il mantenimento della situazione attuale (quote zucchero nazionali e prezzi garantiti), con eventuale aggiunta di quote di importazione per i Balcani e i Paesi meno avanzati (PMA); la progressiva riduzione dei prezzi

garantiti e l’eliminazione delle quote; l’abolizione dei prezzi garantiti e delle quote. Per salvaguardare gli interessi del settore viene da più parti auspicata la riconferma dei principi di base dell’attuale OCM zucchero e l’introduzione di

contingenti alle importazioni dai Balcani e dai Paesi meno avanzati. L’eventuale riduzione delle quote assegnate ad ogni paese produttore dovrebbe essere inol-tre sinol-trettamente legata al consumo di zucchero a livello nazionale.

La superficie a tabacco è cresciuta nel 2003 di circa il 5%, superando di poco i 7.500 ettari, e si trova concentrata per oltre l’80% nei comprensori produttivi veronesi e vicentini. L’andamento climatico non ha particolarmente influito sulle fasi di semina e di raccolta che si sono svolte in modo regolare. I lunghi perio-di perio-di siccità estiva si sono, invece, riflessi sulla qualità finale del prodotto, che presenta livelli molto scadenti a causa dei danni provocati dalle elevate tempe-rature all’apparato fogliare delle piante. Il tabacco ottenuto si è presentato con colorazioni non uniformi e tendenti al giallo, risultando difficilmente assimila-bile alle classi merceologiche contrattuali. Dal punto di vista fitosanitario anche quest’anno si sono registrati alcuni focolai di virus del mosaico del tabacco. La rilevante attività di irrigazione, resasi necessaria a causa della siccità (14 inter-venti durante l’estate rispetto ai 6 del 2002), ha ridotto i danni, tanto che le rese medie sono aumentate di circa il 5%, attestandosi attorno alle 3 t/ha. Nel com-plesso, la quantità prodotta nel 2003 è aumentata di quasi il 10%, raggiungen-do le 22.500 tonnellate di tabacco grezzo. La campagna di commercializzazio-ne è iniziata a metà settembre e ha avuto uno svolgimento regolare, con prez-zi sostanprez-zialmente simili a quelli del 2002.

Il comparto del tabacco risentirà nei prossimi anni della riforma dell’OCM di

settore attualmente in discussione e il cui varo definitivo è previsto per la pros-sima primavera. La riforma proposta dalla Commissione europea prevede il

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disaccoppiamento e una significativa riduzione dei premi. La percentuale di aiuti che verrà distolta dal pagamento diretto alle aziende andrà ad incremen-tare un fondo per la riconversione della produzione verso settori alternativi. Nonostante si siano attivate le organizzazioni dei produttori e i ministeri dei paesi maggiormente interessati (Italia, Grecia, Spagna, Francia e Portogallo), la linea della Commissione europea non sembra destinata a variare rispetto alle posizioni di partenza. Sebbene la dotazione finanziaria di 330 milioni di euro a disposizione dell’Italia sia stata mantenuta stabile fino al 2013 e la proposta di riforma risulti finanziariamente neutrale per il 66% delle aziende agricole italia-ne, la situazione si prospetta molto difficile per la filiera, con un grave rischio occupazionale che coinvolgerebbe più di 100.000 lavoratori.

L’andamento climatico ha influito negativamente sulle rese della soia tanto da far registrare il peggiore risultato produttivo degli ultimi venti anni. Nel Veneto la superficie investita a soia nell’attuale campagna è stata di circa 68.600 ettari, con un incremento di poco inferiore al 2% rispetto al 2002. Gli aumenti degli investimenti si sono registrati in quasi tutte le province e, in particolare, a Verona (11.150 ettari, +15%), Venezia (22.300 ettari, +7%) e Rovigo (15.000 etta-ri, +7%). In forte calo sono invece le superfici nella provincia di Padova, dimi-nuite di circa il 30%. Lo sviluppo della coltura, dopo una nascita regolare, è stato pesantemente condizionato dalle alte temperature e dalla prolungata sic-cità estiva che hanno causato un forte stress idrico alle piante. A questo si sono aggiunti problemi di ordine fitosanitario, con attacchi parassitari da parte della Vanessa del carciofo, che ha provocato rosure all’apparato fogliare e richiesto specifici trattamenti negli appezzamenti interessati. Nel complesso le rese si sono attestate a 2,4 t/ha (-40% rispetto al 2002), mentre la produzione di soia è scesa a circa 163.000 tonnellate, con una diminuzione di poco inferiore al 38% rispetto alla scorsa annata.

Per quanto riguarda l’aspetto commerciale, per tutta la prima parte dell’anno i mercati hanno risentito dell’abbondante produzione sudamericana, superiore alle previsioni, evidenziando un andamento complessivamente al ribasso fino al mese di luglio, quando le quotazioni hanno raggiunto i livelli minimi (223 euro/t). A settembre, con l’inizio della nuova campagna commerciale, le previ-sioni di una riduzione della produzione statunitense, le difficoltà nella fase di semina registrate in Argentina e Brasile e la qualità scadente delle produzioni europee hanno spinto al rialzo i prezzi, che hanno raggiunto il massimo nel mese di novembre (272 euro/t, +15% rispetto al 2002). Nel complesso, la pro-duzione ai prezzi di base è scesa a 72 milioni di euro (-20%). Le previsioni per il 2004, tenendo conto di una serie di valutazioni di carattere agronomico e del trend positivo delle quotazioni, fanno pensare ad una conferma o ad un legge-ro aumento delle superfici coltivate nel 2003.

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rispetto al 2002) e supera di poco i 2.100 ettari, distribuiti prevalentemente nella provincia di Verona, in cui si concentra quasi il 70% della superficie regionale. Nonostante la coltura non abbia sofferto di particolari problemi fito-sanitari, l’andamento climatico della primavera-estate ha compromesso grave-mente il raccolto. Le alte temperature, la siccità e i temporali di giugno hanno creato problematiche di stress idrico. Le rese sono diminuite del 20% atte-standosi a 2,6 t/ha. La riduzione delle superfici e delle rese ha ulteriormente depresso la produzione regionale che è stata di poco superiore a 5.600 ton-nellate, in diminuzione di oltre il 30%. Per quanto riguarda la commercializ-zazione, all’inizio della campagna i prezzi sono stati influenzati dalle elevate quantità disponibili, provenienti soprattutto dai paesi dell’Europa centrale, dalla Russia e dall’Ucraina, e dalla scarsa qualità del prodotto, sia nazionale che estero. I prezzi si sono mantenuti sotto i 210 euro/t fino a metà ottobre, con una diminuzione media del 6% rispetto al 2002. Solo a partire da novem-bre, al calare delle quantità disponibili e alla luce delle previsioni di ribasso dei raccolti argentini, le quotazioni si sono orientate decisamente al rialzo, superando i 220 euro/t, rimanendo pur sempre largamente al di sotto dei valo-ri registrati nello stesso pevalo-riodo del 2002. L’andamento negativo delle rese e la riduzione delle quotazioni fanno prevedere una contrazione degli investi-menti a girasole anche per il 2004. Tuttavia, una ripresa dei prezzi e una dimi-nuzione delle semine dei cereali autunno-vernini potrebbero modificare le previsioni per la prossima campagna.

Anche la superficie coltivata a colza nel Veneto si presenta in calo. Nell’ultima campagna l’area interessata da questa oleaginosa è scesa a 100 etta-ri, con una flessione di circa il 25% rispetto al 2002. La superficie è in forte dimi-nuzione soprattutto nella provincia di Verona che rimane comunque, assieme a Vicenza, quella con il maggior numero di ettari coltivati a tale coltura. Le rese sono scese a 2,6 t/ha con un decremento di quasi il 13% rispetto alla scorsa annata. Nel complesso la produzione è stata di poco inferiore alle 260 tonnel-late (-35%).

2.4 Colture orticole

Il 2003 è stato caratterizzato da un’elevata riduzione delle superfici investite a

patata in Veneto. Dai 3.800 ettari del 2002 si è infatti passati ai 3.480 di

que-st’anno con una riduzione dell’8%. Questo andamento risulta sostanzialmente in linea con la tendenza osservata a livello nazionale e, più in generale, europeo. Tra le regioni del centro-nord Italia il Veneto si conferma, comunque, uno dei comprensori a maggiore vocazione pataticola dopo quello emiliano-romagnolo. Nelle province di Verona, Vicenza e Padova si concentra complessivamente l’80%

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