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Il credito sostenibile. Verso un nuovo paradigma nella relazione fra banca e cliente?

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza

Il credito sostenibile.

Verso un nuovo paradigma nella relazione tra banca e

cliente?

Candidata Relatore

Caterina Cavallini Chiar.ma Prof. Enza Pellecchia

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INDICE

CAPITOLO I

L'OBBLIGO DI VALUTAZIONE DEL MERITO CREDITIZIO

1. L'obbligo di valutazione del merito creditizio nella Direttiva 2014/17/UE: tra continuità e innovazione.

2. Una possibile definizione di “merito creditizio”.

3. La ratio dell'obbligo di valutazione del merito creditizio.

3.1. L'obbligo di valutazione del merito creditizio come “norma interna”.

3.2. La valutazione del merito creditizio come obbligo posto a tutela del mercato. 3.3. La valutazione del merito creditizio nell'ambito della concessione di un “credito

responsabile”.

3.3.1. (segue) Obbligo di valutazione del merito creditizio e informazione personalizzata del consumatore.

3.3.2. (segue) L'art. 124-bis TUB nell'emergere del paradigma del “credito sostenibile”.

3.4. La valutazione del merito creditizio alla luce degli ultimi interventi del legislatore comunitario e nazionale.

4. “Valutazione” e “verifica” del merito creditizio: un'ambiguità tramandatasi nel tempo.

CAPITOLO II

IL NESSO DI FUNZIONALITÀ NECESSARIA TRA L'ESITO DELLA VALUTAZIONE DEL MERITO CREDITIZIO E LA DECISIONE DI CONCESSIONE DEL CREDITO

1. L'introduzione di un nesso di funzionalità necessaria.

2. Esito negativo della valutazione: configurabilità di un vero e proprio dovere di rifiuto. 2.1. Un possibile archetipo giurisprudenziale: la concessione abusiva del credito. 2.2. Percorsi dottrinari alternativi. Alla ricerca di un possibile fondamento per la

configurazione di un generale divieto di far credito all'insolvente.

3. Tra progressi e regressi con la Proposta di Direttiva 142/2011 e la Direttiva 2014/17/UE.

4. Un'omissione macroscopica nell'attuazione dell'art. 18 della direttiva MCD.

5. Esito positivo della valutazione: obbligo della banca di concedere il finanziamento? 5.1. (segue) Un varco nella sindacabilità del rifiuto del credito.

6. La posizione del consumatore: il delicato bilanciamento tra diritto “sulla casa” e diritto "alla casa”.

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CAPITOLOIII

ILPROCEDIMENTODIVALUTAZIONEDELMERITOCREDITIZIO

1. L'asimmetria informativa nei contratti di credito ai consumatori. 2. L'oggetto dell'informazione.

3. Le fonti dell'informazione. 4. Fonti esterne: il consumatore. 5. Fonti esterne: le banche dati.

5.1. (segue) Banche dati pubbliche e banche dati private. 6. La Centrale dei Rischi della Banca d'Italia (CR).

6.1. Il funzionamento della Centrale dei Rischi. 6.2. Centrale dei Rischi e affidabilità.

6.3. Centrale dei Rischi e riservatezza.

6.4. La Centrale dei Rischi nel panorama europeo ed internazionale delle banche dati pubbliche (cenni).

7. I sistemi di informazioni creditizie (SIC). 7.1. Il funzionamento dei SIC.

7.2. SIC e affidabilità.

7.3. Il trattamento automatico dei dati. 7.4. I diritti del soggetto interessato.

CAPITOLO QUARTO

LA TUTELA DEL CONSUMATORE TRA INFORMAZIONE PRECONTRATTUALE, OBBLIGO DI ASSISTENZA E CONSULENZA AL CREDITO

1. Vecchi e nuovi rimedi allo storico problema dell'asimmetria informativa nei contratti di credito ai consumatori.

2. L'informazione generale nel solco tracciato dalla direttiva 2008/48/CE.

2.1. L'obbligo di fornire informazioni generali: contenuto e modalità di adempimento 3. L'informazione personalizzata.

3.1. Il PIES: storia, struttura e contenuto.

3.2. I tempi previsti per la consegna del PIES e il cd. "periodo di riflessione". 4. Educazione finanziaria: un complemento essenziale.

5. L'obbligo di fornire “spiegazioni adeguate”. La difficile configurazione dell'obbligo di assistenza.

5.1. Il contenuto delle “spiegazioni adeguate”. 5.2. La violazione dell'obbligo di assistenza.

6. Lo “spettro” della consulenza al credito. La definitiva emancipazione dall'obbligo di assistenza.

6.1. La disciplina dei servizi di consulenza: la “raccomandazione adeguata” del consulente.

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CAPITOLOQUINTO

LAPATOLOGIA

1. L'art. 28 della Direttiva MCD: Verso un nuovo modo di guardare all'inadempimento del debitore.

1.1. “Ragionevole grado di tolleranza” e gestione “proattiva” del rischio di credito. 1.2. (segue) L'ipotesi di un ricorso preventivo ai piani di ristrutturazione.

2. Credito negativo: erogazione di un prestito “insostenibile”.

3. Violazione dell'obbligo di valutazione del merito creditizio: un'ipotesi di responsabilità contrattuale?

4. Responsabilità extracontrattuale: una soluzione non persuasiva.

5. Responsabilità precontrattuale per violazione di affidamento incolpevole. 5.1. (segue) Responsabilità precontrattuale e sanzioni manutentive. 6. Considerazioni conclusive.

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INTRODUZIONE

La Direttiva 2014/17/UE1, anche nota come Mortage Credit Directive (MCD) riguarda i contratti di credito ai consumatori garantiti da ipoteca su beni immobili residenziali.

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 28 febbraio 2014, ha trovato attuazione in Italia mediante il D.lgs. 21 aprile 2016 n. 722 il quale ha introdotto il nuovo Capo I-bis al Titolo VI del Testo Unico Bancario3, delimitando così un'area di tutela speciale all'interno della più ampia disciplina del credito al consumo, contenuta al Capo II del Titolo VI del medesimo Testo Unico.

La normativa di attuazione secondaria è rimessa dal decreto attuativo alle disposizioni della Banca d'Italia e del CICR per le quali è stata prevista un'entrata in vigore differita al 1° novembre 2016.

L'elaborato si propone di esaminare alcune tra le principali novità introdotte dalla Direttiva ed il relativo recepimento in ambito nazionale, avendo peculiare riguardo alla fase di accesso al credito.

In particolare, l'analisi verterà sull'obbligo di valutazione del merito creditizio e sugli obblighi di informativa precontrattuale della banca, nel tentativo di evidenziare un rafforzamento della prospettiva responsible lending rispetto alla precedente normativa in materia di credito al consumo.

Per quanto concerne l'obbligo di valutazione del merito creditizio, si metterà in luce l'importante introduzione da parte del legislatore europeo di un nesso di funzionalità necessaria tra l'esito della valutazione del merito creditizio e la decisione della banca di concedere il finanziamento.

Nel primo capitolo, in particolare, si evidenzierà come tale nesso, intervenendo a completamento dell'obbligo di valutazione del merito creditizio, si ponga a sostegno di una ratio sostanzialmente protezionistica dello stesso, a garanzia della concessione di un credito che sia non soltanto "responsabile" ma anche "sostenibile".

1 Direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 febbraio 2014 in merito ai contratti di

credito relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle Direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del Regolamento (UE) n. 1093/2010. Pubblicata in G.U. L 60 del 28.2.2014.

2 Pubblicato in G.U. il 20.5.2016 ed in vigore dal 4.6.2016. L'art. 3 del D.lgs. 21 aprile 2016 n. 72 prevede

che "per i contratti di credito sottoscritti anteriormente a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti nel giorno di entrata in vigore del presente decreto legislativo".

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Nel secondo capitolo ci si interrogherà invece sulle conseguenze dell'esito della valutazione del merito creditizio, alla luce del nuovo nesso introdotto.

Si giungerà allora, da una parte, a ritenere possibile oggi, nonostante una macroscopica lacuna nella legislazione nazionale, la configurazione di un vero e proprio divieto in capo alla banca di concedere il finanziamento ogniqualvolta la prognosi sulla solvibilità dell'aspirante debitore abbia avuto esito negativo; dall'altra, sulla scorta anche di una serie di pronunce dell'Arbitro Bancario Finanziario, a negare l'esistenza di un effettivo obbligo della stessa di erogare il credito nel caso opposto in cui il consumatore sia stato invece valutato "meritevole".

Nel terzo capitolo si prenderà in esame il procedimento di valutazione del merito creditizio ponendo l'attenzione sull'oggetto e sulle fonti dell'istruttoria compiuta dalla banca. Relativamente alle fonti, ci si soffermerà in particolare sulle cd. "fonti esterne", ovvero sul consumatore e sulle banche dati. Di queste ultime si descriverà il funzionamento, tentandosi di porre in luce anche i delicati profili coinvolti dal trattamento dei dati personali ed avendo riguardo, per quanto concerne la Centrale Rischi della Banca d'Italia (CR), alla Circolare della Banca d'Italia 139/1991 mentre per quanto attiene ai sistemi di informazioni creditizie gestiti da soggetti privati (SIC), al relativo Codice di deontologia e di buona condotta.

Oggetto di trattazione da parte del capitolo quarto sono invece gli obblighi di informazione precontrattuale. Oltre a sottolineare la cd. "circolarità del sistema di disclosure" si prenderanno qui in considerazione i principali apporti innovativi della Direttiva: la progressiva personalizzazione dell'informazione attraverso la previsione di un Prospetto informativo europeo standardizzato (PIES); un "periodo di riflessione" di almeno sette giorni configurato dal legislatore nazionale come un'opzione a favore del consumatore anteriore alla conclusione del contratto di credito; l'importante ed espressa introduzione di un vero e proprio obbligo di "assistenza" in capo alla banca, chiamata a svolgere un ruolo sempre più attivo nell'iter decisionale che conduce il consumatore ad assumere il prestito. Uno sguardo sarà rivolto anche all'educazione finanziaria, complemento essenziale ai fini di una scelta effettivamente responsabile del consumatore ed all'attività di consulenza, oggi resa definitivamente autonoma da quella di assistenza.

Infine, nel capitolo quinto ci si soffermerà sulla fase esecutiva del contratto di credito per rilevare un significativo mutamento dell'ottica con la quale il legislatore europeo guarda, ed invita il legislatore nazionale a guardare, all'inadempimento del consumatore. La Direttiva richiama infatti gli Stati ad incoraggiare i finanziatori ad una gestione "proattiva"

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del rischio di credito e all'esercizio di un "ragionevole grado di tolleranza" nei confronti del debitore in stato di difficoltà.

Si focalizzerà quindi da ultimo l'attenzione sull'ipotesi più specifica in cui l'inadempimento del debitore sia conseguenza di una precedente violazione da parte della banca dell'obbligo di valutazione del merito creditizio (cd. "credito negativo"), al fine di identificare la natura di un'eventuale responsabilità della banca che abbia omesso in toto o non rispettato gli esiti di tale valutazione (responsabilità contrattuale, responsabilità extracontrattuale, responsabilità precontrattuale da lesione di affidamento incolpevole) nonché al fine di individuare possibili rimedi a tutela del consumatore.

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CAPITOLO I

L'OBBLIGO DI VALUTAZIONE DEL MERITO CREDITIZIO

1. L'obbligo di valutazione del merito creditizio nella Direttiva 2014/17/UE: tra continuità e innovazione

Il novellato art. 120-undecies del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 (meglio noto come Testo unico bancario) dispone al suo comma primo che “prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore svolge una valutazione approfondita del merito creditizio del consumatore”.

Tale previsione, introdotta dal decreto legislativo 21 aprile 2016 n. 72 e fedele attuazione dell'art. 18, paragrafo 1° della Direttiva 2014/17/UE che alla valutazione del merito creditizio dedica l'intero capo 6, non è nuova alla legislazione consumeristica europea. Già in attuazione degli articoli 8 e 9 della Direttiva 2008/48/CE in materia di credito al consumo, l'art. 124-bis TUB imponeva al finanziatore di valutare il merito creditizio del consumatore, prima della conclusione del contratto di credito.

L' iter di accesso al credito risulta pertanto confermato dall'ultima Direttiva (cd. Direttiva mutui) rispetto ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, continuando la valutazione del merito creditizio a rappresentare un primo momento, ineludibile e fondamentale, ai fini della conclusione del contratto.

Del resto, sebbene si sottolinei la necessità di tenere conto delle “specificità” dei contratti di credito relativi ai beni immobili residenziali e la necessità di “disposizioni più rigide rispetto al credito al consumo”4

la continuità rispetto alla precedente Direttiva è chiaramente palesata dal considerando 20 della Direttiva 2014/17/UE a norma del quale “la struttura della presente Direttiva dovrebbe seguire, ove possibile, quella della Direttiva 2008/48/CE, in particolare, i principi che stabiliscono che (...) i creditori valutino il merito di credito del consumatore prima di erogare un credito”.5

4 Considerando n. 22.

5 A sostegno di una continuità tra le due direttive anche il considerando 14 della Direttiva del 2008 che nell'escludere dall'ambito applicativo della suddetta i “contratti di credito aventi per oggetto la concessione di un credito in relazione al quale viene costituita una garanzia immobiliare” in ragione della “natura molto specifica” di questi, sembrava auspicare uno specifico intervento integrativo in materia da

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Più specificamente, una corrispondenza tra le due direttive si ravvisa oltre che nella collocazione temporale dell'obbligazione, posta da entrambe a carico del finanziatore “prima della conclusione del contratto di credito”, anche nella necessità (prevista all'art. 18 paragrafo 6 della nuova Direttiva e al comma 4 dell'art 120-undecies TUB) di procedere ad una nuova valutazione del merito creditizio sulla base di “informazioni aggiornate”, ogniqualvolta le parti intendano provvedere, pendente il rapporto obbligatorio, ad un “aumento significativo dell'importo totale del credito dopo la conclusione del contratto”.6

Prescindendosi per il momento dai possibili esiti e dalle conseguenze cui la valutazione in esame può condurre, è opportuno dapprima soffermarsi su che cosa si intenda per “merito creditizio”, nel tentativo di una sua possibile definizione. In secondo luogo, sarà interessante chiedersi quale sia la ratio sottesa all'obbligo in questione e in quali termini possa configurarsi un eventuale rapporto, a riguardo, tra le disposizioni fin'ora menzionate.

2 . Una possibile definizione di “merito creditizio”

Quanto al primo aspetto, si è osservato in dottrina come di “merito creditizio” si tratti abitualmente con riferimento ai finanziamenti alle imprese, e come la valutazione di questo assuma connotati significativamente diversi quando riferita invece ad un “cliente privato”. Nel concedere un finanziamento ad un'impresa infatti, ciò su cui il finanziatore concentra la propria attenzione, accanto alla attuale capacità di rimborso dell'aspirante debitore, è l'impiego concreto che del denaro erogato verrà fatto, lo scopo cui il finanziamento sarà destinato. La valutazione del merito creditizio quindi, si sostanzierà in questo caso in una valutazione prospettica delle capacità di rimborso del finanziato, e si tradurrà in un sindacato sull'opportunità delle scelte di investimento di quest'ultimo.7 Questo, alla luce di una finalità essenzialmente pubblicistica, quale quella “di assicurare una corretta allocazione delle risorse bancarie, che sarebbe vanificata (con ricadute negative sul sistema economico nel suo complesso) ove il finanziamento venisse male impiegato”8

parte del legislatore europeo.

6 K. FUCCI, La riforma del credito ai consumatori finalizzato all'acquisto degli immobili residenziali, in I

mutui ipotecari nel diritto comparato ed europeo. Commentario alla Direttiva 2014/17/UE a cura di P.

Sirena, Quad. Riv. Not. n. 2/2016, p.386.

7 L. MODICA, Profili giuridici del sovraindebitamento, Jovene, 2012, p. 234 ss.

8 Cit. E. PELLECCHIA, Dall'insolvenza al sovraindebitamento. Interesse del debitore alla liberazione e

ristrutturazione dei debiti, Giappichelli, 2012, p. 74. Vedi anche GATTI-CASELLI, Il corporate Lending, Roma, 2006, passim.

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Diversamente, si è sostenuto che la valutazione del merito creditizio del cliente “privato”, oggetto di disciplina all'art. 124-bis TUB, prescinda dalle finalità per le quali il finanziamento è richiesto e si sostanzi nella sola considerazione dell' “oggettiva ed attuale capacità di rimborso del cliente, misurata sul reddito e sul patrimonio aggredibile, nonché soprattutto sulle trascorse vicende restitutorie del consumatore, onde di questo valutare l'affidabilità”.9

Tali osservazioni, elaborate con riguardo alla Direttiva 2008/48/UE e all'art. 124-bis, sembrano continuare a valere anche a seguito dell'ultimo intervento del legislatore europeo che, da un lato, assume quale destinatario della valutazione del merito creditizio il consumatore10, dall'altro, all'art. 4 paragrafo 17 della Direttiva in commento, definisce senza nulla aggiungere, “valutazione del merito creditizio”, la valutazione delle prospettive che le obbligazioni debitorie risultanti dal contratto di credito siano rispettate”. 11

La Direttiva 2014/17/UE apporta però alla nozione di merito creditizio ulteriori contributi rispetto al passato se si guarda ai “fattori pertinenti”12

di cui il finanziatore deve tenere conto ai fini della sua verifica.

Se la rilevanza attribuita alla “storia” pregressa del consumatore, risulta confermata rispetto alla precedente Direttiva dall'art. 20 paragrafo 1, il quale identifica gli elementi da considerare nella prognosi sulle “prospettive di adempimento da parte del consumatore, degli obblighi stabiliti dal contratto di credito”13

nel reddito e nelle spese del consumatore nonché nella sua situazione economica e finanziaria,14 il medesimo articolo precisa però ulteriormente come le informazioni, provenienti da “fonti interne o esterne, incluso il consumatore”, debbano essere “necessarie, sufficienti e proporzionate”15

.

Con questa espressione, si è ritenuto che il Legislatore europeo abbia voluto sancire un nesso di strumentalità tra i dati sensibili presi in considerazione, i quali devono essere atti a fondare il convincimento dell'ente creditizio, e il fine cui aspira il consumatore, ovvero

9 Cit. A. SIMONATO, Prime note in tema di valutazione del merito creditizio del consumatore nella

Direttiva 2008/48/CE, in La nuova disciplina europea del credito al consumo, a cura di G. De Cristofaro,

Torino, 2009, p. 183 ss.

10 L'art. 4 della Direttiva 2014/17/UE n. 1) eredita per “consumatore” la definizione contenuta all'art. 3, lett. a) della Direttiva 2008/48/CE.

11 La stessa definizione è fatta propria dall'art. 120-undecies TUB il quale parla di “verifica delle prospettive di adempimento da parte del consumatore degli obblighi stabiliti dal contratto di credito”.

12 art. 120-undecies, comma 1 TUB. 13 art. 120-undecies, comma 1 TUB.

14 Così anche il considerando n. 58 dispone come “in linea con le raccomandazioni del Consiglio per la stabilità finanziaria la valutazione del merito di credito dovrebbe basarsi sulle informazioni riguardanti la situazione economico-finanziaria del consumatore, reddito e spese comprese”.

15 L'art 20, comma 1 della Direttiva 2014/17/UE, così come l'art 120-undecies, comma 1 TUB che ne costituisce attuazione, prevedono altresì che tali informazioni debbano essere “opportunamente verificate”.

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quello dell'accesso al credito: perchè i primi possano essere vagliati, tra i due deve sussistere un rapporto di necessità e di proporzionalità.16

Il considerando n. 55 della medesima Direttiva elenca poi, nello specifico, quali siano gli elementi di cui si possa tenere conto e quali quelli che, invece, non possano assumere rilievo ai fini della “approfondita”17

valutazione del merito creditizio.

A tal proposito è interessante notare da un lato, come questo sottolinei l'opportunità di prendere in considerazione tra “tutti i fattori necessari e pertinenti, capaci di influenzare la capacità del consumatore di far fronte ai propri obblighi nei termini del contratto”, anche gli “eventi futuri, per tutta la durata del contratto di credito”18

, con ciò configurando la valutazione del merito creditizio come una valutazione non statica bensì dinamica e prospettica.19 Ciò, si noti, in continuità rispetto alla Direttiva 2008/48/CE che già al suo considerando n. 26 affermava con formula assai più sintetica: “i creditori dovrebbero avere la responsabilità di verificare individualmente il merito creditizio. A tal fine dovrebbero poter utilizzare le informazioni fornite dai consumatori non soltanto durante la preparazione del contratto di credito in questione, ma anche nell'arco di una relazione commerciale di lunga durata”.

Dall'altro, come, non dovrebbe invece assumere rilievo, in sede di valutazione del merito creditizio, il valore del bene immobile. A tal proposito è opportuno svolgere qualche considerazione ulteriore, tenendo sempre ben presente il peculiare ambito applicativo della Direttiva 2014/17/UE, che investe i contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali.

E' interessante notare, in dottrina, il progressivo emergere di un orientamento secondo il quale, nella concessione del credito, al tradizionale binomio “rata-reddito” si starebbe sempre più sostituendo un diverso binomio, quello “rata-patrimonio”. Si sostiene da più parti che, essendo buona parte della ricchezza oggi costituita da immobili, ed essendo

16 Così K. FUCCI, op. cit. p. 386. Secondo l'A questa strumentalità sarebbe desumibile anche dalla possibilità per il creditore di richiedere ed ottenere dal consumatore informazioni ed evidenze documentali necessarie provenienti da “fonti indipendenti verificabili” soltanto a condizione che la richiesta in questione sia “proporzionata e limitata a quanto necessario per eseguire un'adeguata valutazione del merito creditizio”, come previsto dalla Direttiva 2014/17/UE all'art. 20, comma 3. 17 Art. 18, comma 1 della Direttiva 2014/17/UE.

18 Così il considerando n.55: “Tale valutazione del merito di credito dovrebbe tener conto di tutti i fattori necessari e pertinenti che potrebbero influenzare la capacità del consumatore di rimborsare il credito per la sua intera durata. In particolare la capacità del consumatore di servire e rimborsare integralmente il credito dovrebbe tenere conto di pagamenti futuri o aumenti dovuti ad ammortamenti negativi o pagamenti differiti del capitale o degli interessi e dovrebbe essere considerata alla luce di altre spese periodiche, altri debiti e impegni finanziari nonché redditi, risparmi e attivi”.

19 E. PELLECCHIA, La Direttiva 2014/17/UE sui contratti di credito ai consumatori relativi ai beni

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auspicabile uno smobilizzo di tale forma di ricchezza, sempre più la concessione del finanziamento dovrebbe essere rapportata non tanto al reddito quanto piuttosto alla consistenza del patrimonio, anche immobiliare, dell'aspirante debitore20.

A prescindere dalla condivisibilità di tali affermazioni che hanno sollevato non poche critiche, a partire dalle loro premesse,21 certo è che, rispetto all'intera categoria dei contratti di credito al consumo, “le attività svolte nell'ambito della verifica del merito creditizio costituiscono un vero e proprio procedimento istruttorio avente ad oggetto non soltanto i profili reddituali ma anche quelli patrimoniali del soggetto richiedente il credito”.22

Altrettanto certo, appare allora a ben vedere come in virtù della specificità dei contratti di credito in esame, contratti di credito garantiti da ipoteca, i beni immobili di proprietà dell'aspirante debitore risultino oggetto di una duplice valutazione: da un lato, ai sensi dell'art. 19 della Direttiva (titolato “Valutazione dei beni immobili”) quali res offerte in garanzia per la concessione del credito ipotecario, dall'altro, in quanto parte integrante del patrimonio del consumatore, quali elementi da considerare nell'ambito della verifica ex art. 18 della Direttiva, relativa alle capacità restitutorie del sovvenuto e comune ad ogni species del genus dei contratti di credito al consumo.

Tali profili, meritano di essere tenuti nettamente distinti. L'analisi della garanzia richiesta dalla banca resta infatti qualcosa di ontologicamente separato dalla valutazione del merito creditizio, non potendo mai questa, si sottolinea, arrivare a “sostituire o integrare un giudizio di insolvibilità del sovvenuto per mancanza o insufficienza di redditi”. Unica esclusiva funzione della garanzia patrimoniale dovendo restare quella civilistica sua tipica, di assicurare il soddisfacimento del diritto del creditore garantito, al momento patologico, di un eventuale inadempimento del debitore.23

Si comprende alla luce di ciò l'opportunità del considerando n. 55 della Direttiva che si premura di precisare come, pur essendo il valore del bene immobile “importante nella valutazione dell'importo del credito che può essere concesso al consumatore nel quadro di un contratto garantito”, non dovrebbe essere preso in considerazione ai fini della scelta di concedere o meno il prestito. Con la conseguenza che “la possibilità che il valore del bene

20 S. CHERTI, Intervento al Convegno organizzato a Milano del 16 giugno 2016 da Convenia" su "La nuova disciplina dei mutui ai consumatori".

21 Si fa notare da più parti come al contrario si registri ancora una netta prevalenza della ricchezza mobiliare, smentendosi l'ipotesi secondo la quale la valutazione del merito creditizio dovrebbe focalizzarsi sul patrimonio. Nessun indizio in tal senso proverebbe secondo P. Oliva dalla Direttiva 2014/17/UE né dalla normativa di recepimento.

22 Cit. K. FUCCI, op. cit., p. 389.

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immobile possa superare l'importo del credito o possa aumentare in futuro non dovrebbe costituire in generale condizione sufficiente per concedere il credito in questione”.24

Altrettanto opportuno, in virtù della specificità dei contratti di credito in esame, risulta all'art. 19, paragrafo 1° della Direttiva, l'auspicio che gli Stati membri provvedano all'elaborazione di “standard affidabili” per la valutazione dei beni immobili residenziali, ai fini della concessione dei crediti ipotecari, standard che i finanziatori, devono assicurare siano rispettati ogniqualvolta la valutazione venga condotta da soggetti terzi.25

Gli Stati, devono anche provvedere, sulla base del paragrafo 2 dell'art. 19 della Direttiva e dell'art. 120-duodecies comma 2 TUB, a che i periti cui è affidata la valutazione, siano professionalmente competenti e sufficientemente indipendenti, “in modo da poter fornire una valutazione imparziale ed obiettiva che deve essere documentata su supporto durevole e della quale deve essere conservato un esemplare dal creditore”.26

Tornando agli elementi da considerare nella valutazione del merito creditizio, e per concludere, irrilevante dovrebbe essere infine la “capacità del creditore di trasferire parte del rischio di credito a terzi”. Quest'ultima, si legge al considerando n. 57, “non dovrebbe indurre il creditore a ignorare le conclusioni della valutazione del merito di credito rendendo disponibile un contratto di credito a un consumatore che probabilmente non sarà in grado di rimborsarlo”.

24 Così anche il comma 3 dell'art. 18 della Direttiva 2014/17/UE il quale afferma che “la valutazione del merito creditizio non si basa prevalentemente sul fatto che il valore del bene immobile residenziale sia superiore all'importo del credito né sull'assunto che il bene immobile si apprezzerà”.

25 Il considerando n. 26 precisa ulteriormente: “E' importante garantire la corretta valutazione del bene immobile residenziale prima della conclusione del contratto di credito e in particolare, qualora la valutazione incida sugli obblighi residui del consumatore, in caso di insolvenza. Gli stati membri dovrebbero pertanto assicurare standard di valutazione affidabili. Per essere considerati “affidabili” gli standard di valutazione dovrebbero tenere conto degli standard di valutazione riconosciuti a livello internazionale, in particolare quelli sviluppati dall' International Valuation Standards Committee,

dall'European Group of Valuer's Associations o dal Royal Institution of Chartered Surveyors. Tali standard di valutazione riconosciuti a livello internazionale contengono principi di alto livello che, tra

l'altro, impongono ai creditori di adottare e seguire adeguate procedure interne di gestione del rischio e delle garanzie comprendenti processi rigorosi di valutazione- di adottare standard e metodi di valutazione che consentano stime realistiche e circostanziate dei beni immobili, al fine di assicurare che tutte le relazioni di valutazione siano redatte con la competenza e diligenza professionali dovute, che i valutatori rispondano a determinati requisiti in materia di qualifiche e che sia conservata un'adeguata documentazione sulla valutazione delle garanzie esauriente e plausibile. Al riguardo è altresì auspicabile il monitoraggio adeguato dei mercati dei beni immobili residenziali, con meccanismi le cui disposizioni siano in linea con la Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 giugno 2013, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. E' possibile adempiere alle disposizioni della presente Direttiva relative alla valutazione dei beni, ad esempio, attraverso normativa o autoregolamentazione.”

26 A tal fine si è sottolineata l'opportunità di fare ricorso, quale normativa di attuazione richiesta dall'art 120-duodecies, comma 3, a quelle “Linee Guida” già elaborate dall'Abi nel rispetto degli standards internazionali ed europei, nell'ambito del Protocollo d'Intesa del 25 novembre 2010. Così K. FUCCI, op.

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Le ultime previsioni ci consentono di passare al secondo punto che ci siamo prefissati di analizzare. E' evidente infatti come le precauzioni adottate rispetto alla considerazione del valore del bene immobile e rispetto al fenomeno della cd cartolarizzazione del credito, cui è fatto implicito riferimento, mirano a scongiurare condotte opportunistiche da parte del finanziatore. Ciò ci induce di conseguenza ad ampliare lo sguardo per interrogarci più in generale sulla ratio sottesa all'intero obbligo di valutazione del merito creditizio.

3. La ratio dell'obbligo di valutazione del merito creditizio

Quella della ratio dell'obbligo di valutazione del merito creditizio era questione assai dibattuta già con riferimento all'art. 124-bis TUB.

In questo, per primo, poteva infatti essere ravvisato un decisivo cambio di passo rispetto all'impostazione tradizionale del diritto delle obbligazioni, il quale “assume il dissesto economico del debitore esclusivamente quale elemento da cui proteggere il creditore”27

ed identifica l'unico scopo del rapporto obbligatorio con il conseguimento da parte di costui dell'oggetto della propria pretesa.

Nella sua configurazione codicistica, si osserva, il rapporto obbligatorio risulta da un lato ispirato da principi di simmetria e astrattezza, sì che debitore e creditore sono concepiti come “soggetti uguali” da trattare alla luce di regole oggettive,28

dall'altro, e senza che tra le due cose vi sia alcuna contraddizione, improntato ad una schietta difesa delle ragioni creditorie (si badi bene, non del soggetto creditore quanto piuttosto della posizione creditoria astrattamente intesa, nell'ottica di una generale ed effettiva tutela dei diritti, compresi quelli di credito)29.

Sotto il primo profilo, il vincolo obbligatorio si caratterizza per una sostanziale “neutralità” rispetto alle implicazioni soggettive di qualunque natura e risulta assolutamente “inconciliabile con giudizi di valore”30

. Pertanto, nessuno spazio residuerà per una considerazione della concreta situazione patrimoniale e/o sociale del debitore, e questo dal momento della concessione del credito fino all'ipotesi di un eventuale inadempimento

27 Cit. E. PELLECCHIA, Dall'insolvenza al sovraindebitamento, p. 88.

28 Cit. L. MODICA, Profili giuridici del sovraindebitamento, Jovene, 2012, p. 38. L'A. sottolinea anche come in ciò si realizzi l'emancipazione del rapporto obbligatorio dallo schema proprietario, che, retaggio ottocentesco, portava a riconoscere nel creditore il dominus della relazione e ad improntare la disciplina ad un netto favor nei confronti del debitore.

29 L. MODICA, op. cit., p. 40.

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dell'obbligazione, quando debba valutarsi la responsabilità del sovvenuto. Non è dato infatti riscontrare, nella normativa codicistica, alcun indice che “possa porsi a sostegno dell'esistenza di un più generale principio di favore per il debitore” il quale possa essere a sua volta piegato “fino a rendere il rapporto sensibile alle modificazioni delle condizioni economiche di questo”31

.

Sotto il secondo profilo, il patrimonio del debitore risulta preso in considerazione e tutelato attraverso strumenti di “conservazione” e “reintegrazione”, esclusivamente al fine di consentire un'esecuzione anche coattiva, del credito32.

Con l'art. 124-bis TUB tali assunti sembrano essere spezzati. Ciò su cui ci si interroga, in sostanza, a partire dalla sua entrata in vigore, è se l'obbligo di valutazione del merito creditizio debba ancora essere considerato, adottando una prospettiva tradizionale, quale norma posta nell'esclusivo interesse del soggetto finanziatore, oppure debba esservi ravvisato un intento ulteriore e diverso.

3.1 L'obbligo di valutazione del merito creditizio come “norma interna”

Una prima impostazione consisteva nel ritenere l'obbligo di valutazione del merito creditizio, una disposizione posta esclusivamente a garanzia dell'interesse del creditore, il quale avrebbe potuto raccogliere informazioni sulla solvibilità della potenziale controparte e grazie a questa prognosi preventiva (e al monitoraggio della situazione del debitore nella fase successiva di esecuzione del rapporto), porsi al riparo dal rischio di un mancato adempimento della controparte.33

Facilitava senza dubbio questa interpretazione il fatto che l'obbligo di valutazione del merito creditizio non si accompagnasse, in passato, a nessun vincolo ulteriore per l'autonomia del finanziatore. In particolare, non vi era alcuna indicazione testuale circa il rapporto intercorrente tra l'esito di simile valutazione e la decisione finale di concedere o meno il credito. In assenza di qualunque nesso di funzionalità necessaria tra i due, agevolmente, ad una prima lettura, l'art. 124-bis TUB poteva pertanto essere considerato una norma posta ad uso e consumo del solo finanziatore, volta a disciplinare i “requisiti

31 Cit. L. MODICA, op. cit., p. 39. 32 Cit. L. MODICA op. cit., p. 41. 33 L. MODICA, op. cit., p. 239.

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organizzativi” della sua attività e a realizzare quella “sana e prudente gestione” in grado di garantire stabilità al sistema bancario.

Questa soluzione trovava ulteriore conferma, secondo i suoi sostenitori, nel fatto che, a differenza degli “obblighi precontrattuali” dettati dall'art. 124 TUB, l'obbligo di valutazione del merito creditizio fosse posto dall'art. 124-bis esclusivamente a carico del finanziatore e non anche degli “intermediari del credito”. Questo, si riteneva, in ragione del fatto che egli soltanto avrebbe potuto ricavare dall'omessa valutazione un pregiudizio in termini di mancato rimborso. 34

Non da ultimo, si faceva notare come nessuna sanzione fosse prevista a carico del finanziatore nel caso in cui l'obbligo restasse inadempiuto e la valutazione fosse omessa. Con il che la stessa consistenza dell'obbligo imposto veniva risultava notevolmente ridotta. Tuttavia, simile impostazione si esponeva a non poche critiche e da più parti si sottolineavano gli inconvenienti non di scarso rilievo che un eventuale suo accoglimento avrebbe portato con sé. In particolare, preoccupava il fatto che una completa attrazione dell'obbligo nella sfera di interesse del solo creditore, e una sottrazione dello stesso alla dinamica che oppone il creditore al debitore, avrebbe reso un eventuale prestito concesso in assenza delle condizioni necessarie, completamente inattaccabile sul piano civilistico. Pertanto, sulla base di una pluralità di argomenti, si cercava da un lato di confutarla, dall'altro di avvalorare un inquadramento alternativo della disposizione in esame.

Quanto alle obiezioni mosse, in primis si faceva presente come la derubricazione dell'art. 124-bis a norma meramente prudenziale inducesse inevitabilmente a ritenere tale articolo superfluo, nonché pleonastico. Superfluo, in quanto inteso a rendere vincolante una condotta già rientrante nella normale prudenza del finanziatore35; pleonastico, in quanto inutile riproduzione di “obblighi già ampiamente previsti da altre disposizioni del TUB”.36

In secondo luogo, si richiamava la collocazione sistematica dell'art. 124-bis all'interno del capo espressamente dedicato alla disciplina del rapporto contrattuale, e l'eliminazione della

34 L. MODICA, op. cit., p. 240 e ss. 35 E. PELLECCHIA, op. ult. cit., p.75.

36 Così R. DE CHIARA, sub art. 124-bis in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e

creditizia, diretto da F. Capriglione, III, cit., p. 1875 che, critico verso simile impostazione, avanza un

rilievo di illegittimità per contrasto con la norma comunitaria, nei confronti dell'art 6 del D.m. 9 febbraio 2011 il quale sembrava invece avvalorare una lettura meramente prudenziale dell'obbligo, disponendo che “al fine di evitare comportamenti non prudenti e assicurare pratiche responsabili nella concessione del credito i finanziatori assolvono all'obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore previsto dall'art 124-bis del TUB applicando le procedure, le metodologie e le tecniche relative alla valutazione e al monitoraggio del merito creditizio dei clienti previste ai fini della sana e prudente gestione dei soggetti vigilati dagli articoli 53, 67, 108, 109 e 114-quaterdecies del TUB e dalle relative disposizioni di attuazione”.

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sanzione pubblicistica che al suo mancato rispetto era ricollegata37, a sostegno di un deperimento del legame tra verifica precontrattuale e standard di sana e prudente gestione e di un'attrazione dell'obbligo nell'ambito della relazione tra debitore e creditore.38

In terzo luogo, si faceva presente come la mancanza di rimedi espliciti connessi ad una eventuale violazione dell'art. 124-bis non fosse da considerarsi di per sé un indice significativo, alla luce della consolidata prassi di recepimento “telle quelle” delle direttive europee da parte del legislatore nazionale, il quale sembra ormai sistematicamente omettere di eseguire quell'opera di completamento della disciplina che a rigore gli sarebbe richiesta, tanto da far parlare di cd culto della laconicità.39

Infine, sulla base del cd “principio dell'effetto utile”40che “impone di interpretare le

disposizioni della normativa interna in modo da non pregiudicare il raggiungimento delle finalità del diritto comunitario”, si riteneva imprescindibile un tentativo di ricondurre la meritevolezza del credito alla dinamica contrattuale tra creditore e debitore.

3.2 La valutazione del merito creditizio come obbligo posto a tutela del mercato

Accanto a questa prima impostazione, una seconda tesi, prendendo le mosse dall'analisi concreta delle dinamiche del credito al consumo, rinveniva nell'art. 124-bis TUB una prioritaria finalità di tutela del mercato.

In particolare, l'attenzione veniva rivolta a due fenomeni a partire dai quali si argomentava la necessità dell'imposizione dell'obbligo di valutazione del merito creditizio.

In primo luogo, si osservava come non sempre fosse riscontrabile un effettivo interesse in capo al creditore al compimento di suddetta valutazione. Ciò, per esempio, nell'eventualità in cui il credito concesso al consumatore fosse assistito da garanzie, soprattutto personali, di soggetti terzi capaci di offrire la copertura necessaria in caso di inadempimento del consumatore, oppure in ragione della possibilità per il creditore di ricorrere a strumenti di cd cartolarizzazione sintetica41. In questo secondo ordine di ipotesi, avendo trasferito il

37 Direttiva 2008/48/CE. 38 L. MODICA, op. cit., p. 242.

39 Con questa espressione s'intende il silenzio consapevole da parte del legislatore nazionale riguardo alle conseguenze sanzionatorie dell'inadempimento di tutti quegli obblighi precontrattuali su cui si fonda il cd. credito responsabile con conseguente remissione delle stesse all'attività ermeneutica degli interpreti. 40 Adidas, causa C-223/98, sentenza 14 ottobre 1999, Racc. p.7081, punto 24.

41 La cd. cartolarizzazione sintetica sostanziandosi nella commercializzazione del credito sul mercato finanziario comporta un trasferimento del rischio di inadempimento dal settore creditizio a quello finanziario. Attraverso la vendita del credito la banca si libera, trasferendolo su terzi prenditori, del

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rischio su terzi, il creditore ben può non avere effettivo interesse, prima ancora che alla verifica dell'affidabilità del cliente, alla stessa restituzione del credito in sé. Il che, non si è rivelato senza conseguenze per il mercato: venuta meno la coincidenza soggettiva tra colui che eroga il finanziamento e il destinatario della restituzione, la cartolarizzazione sintetica ha comportato in ultima analisi l'immissione in circolazione di prodotti rischiosi per gli investitori.

All'obbligo di valutazione del merito creditizio si riconosce allora un ruolo fondamentale nella prevenzione di simili effetti degenerativi, costringendo questo in ogni caso il finanziatore ad effettuare una prognosi sulle possibilità di rimborso del credito prima di procedere all'erogazione del medesimo42.

In secondo luogo si rivolgeva l'attenzione all'asimmetria informativa che caratterizza il mercato del credito. Nello specifico si rilevava come la scarsa disponibilità dei dati sulla solvibilità dei debitori avesse determinato l'applicazione di tassi di interesse indifferenziati da parte dei finanziatori, basatisi su una stima della “rischiosità media” dei clienti. Questo, disincentivando i debitori più solvibili dal richiedere un prestito, aveva comportato a sua volta un abbassamento della “rischiosità media dei debitori” e un ulteriore innalzamento dei tassi di interesse. In quest'ottica la valutazione del merito creditizio, richiedendo una stima personalizzata del rischio dei singoli clienti, avrebbe permesso “di applicare condizioni più eque e di allocare il credito in maniera più efficiente”.43

La funzione principale dell'obbligo di valutazione del merito creditizio era in definitiva, secondo questa impostazione, da riconoscere nella “realizzazione di un mercato interno più trasparente efficiente e competitivo” 44

nel contrasto a comportamenti irresponsabili da parte dei creditori, capaci di avere effetti dirompenti sugli equilibri socioeconomici. Solo in via immediata ed indiretta, poi, l'art. 124-bis avrebbe potuto esplicare i suoi effetti anche nei confronti dei consumatori, accrescendone il livello di protezione rispetto al fenomeno del sovraindebitamento.

“rischio di credito” il quale, come osserva TAROLLI, Trasferimento del rischio di credito e trasparenza

del mercato,in Giur. Comm. 2008, I, p. 1169 ss., in questo modo “si scinde dal credito dal quale origina e

diventa (un bene) autonomamente negoziabile anche disgiuntamente da esso”. 42 E. PELLECCHIA, op. ult. cit., p. 76 ss.

43 E. PELLECCHIA, op. ult. cit., p. 76 ss. L'A. evidenzia come in particolare, attraverso la valutazione del merito creditizio, sia possibile consentire ai soggetti a basso reddito di accedere al credito a costi più contenuti stimolando in questo modo la domanda.

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19 3.3 La valutazione del merito creditizio nell'ambito della concessione di un “credito responsabile”

Secondo la più accreditata tra le posizioni assunte in merito alla ratio sottesa all'art. 124-bis, l'obbligo di valutazione del merito creditizio sarebbe da inquadrare nel novero dei numerosi obblighi precontrattuali, che, posti a carico del creditore dalla Direttiva 48/2008/CE, segnano un'importante inversione di tendenza all'interno della legislazione consumeristica comunitaria e nazionale.

L'obbligo di verifica del merito di credito, sarebbe infatti il frutto, come gli altri, di una profonda insoddisfazione per gli strumenti di responsible borrowing, dei quali si è nel tempo progressivamente attestato il fallimento45 e dell'adozione di una prospettiva responsible lending, nel tentativo di realizzare l'erogazione di un prestito che sia “responsabile” non soltanto in quanto responsabilmente assunto ma anche in quanto responsabilmente concesso46.

La Behavioural Economics47, evidenziando alcune tipiche deviazioni dei comportamenti dei soggetti che operano sul mercato dai modelli razionali di condotta teorizzati dall'economia neoclassica, e ponendo l'attenzione sui meccanismi psicologici alla loro base48, ha costretto

45 In particolare, ad essere sottoposto a critica, è stato il binomio “informazione-consenso informato”. Come osserva E. PELLECCHIA L'obbligo di verifica del merito creditizio del consumatore: spunti di riflessione

per un nuovo modo di guardare alla “contrattazione con l'insolvente” in Le nuove leggi civili commentate, a cura di Cian, Maffei Alberti, Schlesinger, n. 5 CEDAM, 2014, p.1093 oltre ad essere

fornite le informazioni devono anche essere acquisite e comprese. Occorre quindi da un lato vincere la propensione a non leggere del consumatore, il quale nella maggior parte dei casi, come sottolinea BEN-SHAHAR, The Myth of the “Opportunity to Read” in Contract Law, in ERCL, 2009, p. 1 ss., trova noioso ed inutile dedicare tempo alla lettura degli standards informativi, dall'altro assicurare che le informazioni siano chiare e comprensibili per il destinatario. Infine sempre maggiori critiche riceve l'assunto ormai consolidato secondo cui “more information is better than less”. Si rileva da più parti, a tal proposito, come un sovraccarico di informazioni, generando confusione, possa rivelarsi controproducente. Numerosi studi in materia di information overload dimostrano come all'aumentare delle informazioni, i soggetti operino scelte peggiori rispetto a quelle che avrebbero operato disponendo di minori informazioni essendo in ogni caso il consumatore incapace di tenere in mente oltre un certo numero di dati.

43 Sottolinea K. FUCCI come la prospettiva del “prestito responsabile” si ponga in netta rottura rispetto al principio di “autoresponsabilità del debitore”, per realizzare invece una “corresponsabilizzazione dei soggetti coinvolti”.

47 La Behavioural Economics è un metodo di indagine interdisciplinare, a metà tra psicologia ed economia, che studia gli effetti dei fattori emotivi, cognitivi e sociali sulle scelte economiche degli individui e si caratterizza in particolare per mettere in evidenza i limiti della razionalità dei soggetti economici, in contrapposizione alle concezioni dell'economia neoclassica. A presupposti quali quelli di una condotta perfettamente razionale, una volontà illimitata e una massima considerazione del proprio interesse personale, essa oppone infatti quelli di razionalità limitata (bounded rationality), volontà limitata (bounded willpower) e interesse personale limitato (bounded self interest).

48 Si è evidenziata in particolare per la tendenza dei soggetti a sottostimare il rischio di essere vittime di eventi negativi e sovrastimare la propria capacità di evitare tali eventi mediante il controllo del proprio comportamento e, questo, pur essendo adeguatamente informati.

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a mettere in discussione il prototipo del debitore avveduto49, capace di prendere decisioni consapevoli e in grado di porsi al riparo dal rischio di sovraindebitamento, ed ha accresciuto lo scetticismo nei confronti dell'efficacia delle regole di trasparenza, in primis dei numerosi obblighi informativi a carico del finanziatore.50

Allo stesso tempo, tale disciplina ha permesso di riconoscere come anche coloro che concedono il finanziamento possano essere vittima di decisioni irrazionali, si pensi all'esempio dell' irrational exuberance in lending, fenomeno che consiste nel collocamento sul mercato di prodotti finanziari ad alto rischio, senza previa verifica delle capacità di adempimento della controparte, e che rappresenta “una delle ipotesi di fallimento del mercato dal lato dell'offerta”.51

A partire da queste considerazioni, sempre maggiore fiducia è stata riposta in una più forte responsabilizzazione del soggetto che eroga il credito e notevole successo ha riscosso, al momento del suo emergere, il paradigma del “credito responsabile”, nel quale è stato intravisto un importante potenziale strumento di prevenzione del sovraindebitamento del consumatore.

Negli Stati Uniti, il Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act del 2010, detta al suo titolo XIV, intitolato Mortgage Reform and Anti-Predatory Lending Act, regole stringenti rispetto all'erogazione dei finanziamenti, nel tentativo di recuperare la fiducia dei consumatori a seguito della crisi innescata dai mutui subprime52.

In Sud Africa, con il National Credit Act 34/2005 si è assistito alla codificazione del divieto di reckless credit agreement, ovvero di finanziamento concesso “temerariamente”,53 mentre

49 Parimenti disancorato dalla realtà, oltre al modello di consumatore “imprenditore di se stesso”, è stato ritenuto quello di “consumatore medio”. Si è sottolineato come tale categoria sia priva di finalità normative non facendosi con tale espressione riferimento a come i consumatori mediamente si comportano ma piuttosto a come i consumatori “devono comportarsi se vogliono ottenere adeguata protezione”. Così DENOZZA, Aggregazioni arbitrarie v. “tipi” protetti: la nozione di benessere del

consumatore decostruita, in Giur. Comm., 2009, I, p. 1072.

50 E. PELLECCHIA, p. 1094 ss. 51 Ibidem.

52 Negli Stati Uniti il dibattito in materia di “credito responsabile” è stato alimentato dal concetto di “improvident credit extension”, che, emerso già negli anni 30 e riproposto con forza dalla dottrina a metà degli anni 70, non ha però trovato accoglimento nella giurisprudenza. Con tale espressione si indica un finanziamento concesso in assenza di condizioni che facciano ragionevolmente presumere un esatto adempimento da parte del debitore, con l'importante conseguenza che quest'ultimo potrà addurre l'

improvident credit extension quale giustificazione del proprio inadempimento o a fondamento di una

azione volta a richiedere l'estinzione della propria obbligazione o dell'eccedenza del credito rispetto a quello ragionevolmente concesso.

53 Il finanziamento si intende concesso temerariamente ogniqualvolta il finanziatore non abbia valutato il rischio e il costo del credito per il consumatore, né la sua solvibilità né l'esistenza di mezzi economici adeguati all'adempimento delle obbligazioni derivanti dal consumatore nonché quando, essendo state effettuate tali valutazioni e sconsigliando l'esito negativo delle stesse l'erogazione del credito, il finanziatore abbia ugualmente stipulato il contratto.

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in Svizzera già nel 2001 la Loi Federale sur le crédit à la consommation ha imposto al finanziatore di consultare una banca dati per assumere informazioni sull'aspirante debitore prima di concedere il finanziamento ed evitare un eventuale sovraindebitamento dello stesso.

Anche a livello della Comunità Europea, la prospettiva del “credito responsabile” è stata accolta con grande fervore. Basti pesare ai numerosi riferimenti ad esso, introdotti nella originaria proposta di Direttiva sul credito al consumo del 200554, o alla relazione di accompagnamento alla stessa che arrivava a stabilire come la valutazione della solvibilità del consumatore non fosse “affatto neutra”, coinvolgendo la responsabilità contrattuale del creditore e sollecitava precisazioni in merito al rapporto tra l'esito di tale valutazione e la conclusione del contratto di credito.55

Vero è che nella versione definitiva della Direttiva 48/2008/CE questi riferimenti sono stati progressivamente soppressi, e che alla luce di questo suo forte ridimensionamento, non è stato possibile riconoscere alla prospettiva responsible lending alcuna valenza ufficiale di principio comunitario56.

Ad oggi infatti l'unico riferimento esplicito ancora presente è quello al considerando 26 della suddetta Direttiva, il quale richiede agli Stati membri di adottare misure appropriate a promuovere “pratiche responsabili” in tutte le fasi del rapporto di credito, ed evidenzia l'esigenza che i creditori non concedano “prestiti in modo irresponsabile” o non emettano crediti in assenza di una preliminare valutazione del merito creditizio.

Pur tuttavia, la previsione, all'interno della stessa Direttiva, dell'obbligo di valutazione del merito creditizio, introducendo per la prima volta una fondamentale distinzione tra consumatore “meritevole” e “non meritevole” e parallelamente tra finanziatore diligente e finanziatore negligente,57 rappresenterebbe secondo questa impostazione un importante passo avanti nella direzione del “prestito responsabile”.

Tale obbligo sarebbe infatti da iscrivere tra i numerosi “doveri di protezione” che, posti in capo al finanziatore, decretano complessivamente l'abbandono di una prospettiva

54 Si pensi, tra tutti, all'art 9 dell'originaria proposta di Direttiva 2008/48/CE il quale, rubricato incisivamente “Prestito responsabile”, disponeva che “quando il creditore conclude un contratto di credito o di fideiussione oppure aumenta l'importo totale del credito o la somma garantita, si ritiene che questi abbia stimato preventivamente, con ogni mezzo a sua disposizione, che il consumatore e, se del caso, il fideiussore saranno in grado di rispettare gli obblighi derivanti dal contratto”.

55 L. MODICA, op. cit., p. 237.

56 Secondo K. FUCCI, op. cit., p.382 soltanto con il mantenimento dell'art 5 della bozza di Direttiva 2008/48/CE, il responsible lending avrebbe potuto assurgere al ruolo di principio cardine nell'ambito del mercato del credito al consumo, disponendo questo, chiaramente, “il creditore è tenuto a rispettare il principio del credito responsabile”.

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improntata al principio di “autoresponsabilità del consumatore”, verso una diversa idea di “solidarietà contrattuale”, che richieda al creditore di salvaguardare l'interesse dal cliente nei limiti in cui questo non comporti un apprezzabile sacrificio dell'interesse proprio58. Muovendo dalla presa di coscienza di una posizione di debolezza del cliente nella contrattazione del credito al consumo59, il legislatore comunitario si propone infatti, attraverso la costruzione di questa “rete di protezione”, di evitare che il finanziatore, abusando della situazione di asimmetria informativa a proprio favore, possa indurlo ad assumere finanziamenti sproporzionati, e tali da condurlo ad una situazione di sovraindebitamento60.

Al finanziatore, quindi, è domandato di operare una selezione tra le varie richieste di finanziamento sulla base della “meritevolezza” degli aspiranti debitori e dell'adeguatezza del prodotto di credito rispetto a ciascuno di essi, con la conseguenza che un esito negativo di tale valutazione potrà precludere la concessione del credito a chi, non superando tale vaglio, sia giudicato non meritevole in quanto incapace di rimborsarlo.61 E la ratio di tale previsione, andrebbe individuata, prima ancora che nella tutela dell'interesse del creditore o del mercato, in quella dell'aspirante debitore.

In definitiva, interpretato alla luce del principio di trasparenza, l'obbligo di valutazione del merito creditizio assume in quest'ottica la valenza di strumento preventivo del sovraindebitamento del singolo, attraverso il quale è possibile anche scongiurare gli effetti nefasti che una concessione irresponsabile del credito comporterebbe a livello macroeconomico62.

58 Così K. FUCCI op. cit., p. 382.

59 A tal proposito, è opportuno sottolineare come meritevole di protezione sia da ritenere, non soltanto chi sulla base dell'art 43 lett. a) della Direttiva 2008/48/CE (poi ereditata e ulteriormente dettagliata dalla Direttiva MCD all'art 4 n.2 ) rientri nella nozione di consumatore in quanto “persona fisica che nell'ambito delle transazioni disciplinate dalla Direttiva agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o alla professione eventualmente esercitata” ma anche chi, prescindendosi da qualunque debolezza “strutturale” riconnessa alla nozione di consumatore, meriti comunque tutela versando in una situazione di asimmetria informativa rispetto al contraente professionale oppure in ragione delle esigenze personali che lo hanno spinto a richiedere il finanziamento. Così F. NAPPI “Profili della disciplina del

credito al consumo. La rinegoziazione dei mutui ex art. 3 L. 24 luglio 2008 n. 126” in Banca, Borsa, tit. cred., I, 2010 p. 24 interpreta la legge di attuazione della Direttiva in esame, che al suo art 33 lett. a)

comma 1 prevede l'estensione degli strumenti di protezione del contraente debole anche a “altre tipologie di finanziamento a favore dei consumatori”.

60 K. FUCCI op. cit., p. 382.

61 Si noti l'utilizzo del verbo “potere”. Questo non è casuale, non essendo sancito in maniera esplicita dall'art 8 della Direttiva 2008/48/CE né dall'art 124-bis TUB alcun nesso di funzionalità tra l'esito di tale verifica e la conseguente scelta dell'ente creditizio in merito alla concessione del finanziamento. Non si può ritenere esistente, in sostanza, sulla base degli stessi, nessun divieto di concedere il finanziamento in caso di esito negativo, restando libera la banca di concedere il credito in virtù della propria autonomia imprenditoriale, così come non sia rinvenibile alcun “obbligo di far credito” in caso di esito positivo. 62 K. FUCCI op. cit., p. 383.

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E' questa una notevole rivoluzione se si considera che nel codice civile non è dato riscontrare alcun indice normativo utile alla costruzione di “una qualche forma di protezione del debitore che già versi in condizioni economiche precarie o prevenga un dissesto futuro se del caso vietando o scoraggiando la contrattazione con soggetti insolventi o a rischio di divenire tali” e che il dissesto del debitore assume rilievo “esclusivamente quale elemento dal quale proteggere il creditore”.63

Dietro l'art. 124-bis, al contrario, sembra possibile intravedere, per la prima volta, quale oggetto principale di protezione, non più “il creditore dal debitore insolvente”, quanto piuttosto il debitore stesso “dall'insolvenza.”64

Sulla scia di questo importante cambio di prospettiva, è possibile svolgere alcune considerazioni correlate, aprendosi una breve parentesi sul ruolo che la situazione patrimoniale del debitore può assumere nell'ambito della relazione debito/credito.

Nell'ottica del codice civile, essa è infatti presa in considerazione dall'art. 2740, in qualità di garanzia patrimoniale generica, solo ed esclusivamente nella prospettiva di una esecuzione forzata del credito ed in funzione di una soddisfazione coattiva delle ragioni creditorie. Per il resto, il rapporto obbligatorio, concepito come paritetico e neutrale, risulta assolutamente insensibile alle vicende soggettive delle parti65, e di conseguenza alla situazione patrimoniale del debitore e ad eventuali modifiche della stessa. E questo, tanto nella sua fase genetica e fisiologica, che prescinde da qualunque considerazione della consistenza del patrimonio del debitore e da qualsiasi giudizio di proporzionalità della stessa rispetto al debito,66 quanto nella fase patologica di realizzazione coattiva del credito, quando nessun rilievo potrà essere attribuito ad eventuali difficoltà anche incolpevoli o temporanee del debitore.67

L'art 124-bis, con la sua ratio protettiva, apre invece la strada anche ad una lettura nuova dell'art 2740 c.c., permettendo di attribuire alla garanzia patrimoniale generica del debitore una valenza che va ben oltre i tradizionali strumenti di conservazione di cui al codice civile al libro VI.68

63 Così E. PELLECCHIA, op. ult. cit., p. 1089 ss. 64 Ibidem.

65 U. BRECCIA, op. cit., p. 4. 66 K. FUCCI, op. cit., p. 384. 67 L. MODICA, op. cit., p. 42. 68 Cit. K. FUCCI, op. cit., p. 384.

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3.3.1 (segue) Obbligo di valutazione del merito creditizio e informazione personalizzata del consumatore

Le strade percorse per sostenere un inquadramento dell'obbligo di valutazione del merito creditizio all'interno della prospettiva del “credito responsabile” sono sostanzialmente riconducibili a due.

Un primo tentativo consiste nel ricostruire l'art. 124-bis alla luce dell'art. 124 TUB. Lungi dal poter essere incasellato tra le regole generali (cd “regole di mero comportamento”69

), in virtù del proprio contenuto definito e legalmente predeterminato, secondo questa prima tesi, l'art. 124-bis apparterrebbe a pieno titolo alla cerchia degli obblighi precontrattuali, tra i quali, peraltro, il legislatore lo colloca da un punto di vista sistematico70. Un nesso privilegiato in particolare, andrebbe riscontrato poi con l'art. 124 n. 5, il quale impone al finanziatore un obbligo di informazione personalizzata nei confronti del consumatore71. Tale informazione, si sostiene, diversamente da quella generale contenuta in documenti standardizzati e volta a rendere edotto il consumatore rispetto a regole contrattuali (quali ad esempio il Taeg o l'importo totale del credito) o diritti di fonte legale (ad esempio l'eventuale sussistenza del diritto di recesso o il diritto di ricevere informazioni sulla banca dati alla quale il finanziatore ha fatto riferimento per reperire le informazioni che lo hanno portato a rifiutare il credito)72, per essere effettiva deve necessariamente passare da una conoscenza reale del cliente ed in particolare della situazione finanziaria di costui. Pertanto, un adempimento diligente degli obblighi precontrattuali di informazione non potrebbe prescindere da una corretta valutazione del merito creditizio del consumatore, pena un vulnus inaccettabile nella comunicazione precontrattuale tra finanziatore e aspirante

69 Cit. L. MODICA op. cit., p.250.

70 Così L. MODICA, op. cit., p. 252 ss. rifacendosi anche a G. D'AMICO, Nullità virtuale-Nullità di

protezione (Variazioni sulla nullità), in Contratti, 2009, si sofferma sulla distinzione tra le due categorie

di norme, contrapponendo alle regole di validità, regole generali, definite appunto di “mero comportamento”, quali quelle di correttezza e buona fede (ma anche altre come correttezza, trasparenza ecc.). Questo per sostenere come conseguenze in termini di invalidità potrebbero aversi esclusivamente nell'ipotesi di violazione delle prime, e mai in caso di violazione delle seconde, in virtù dei principi generali di legalità e certezza del diritto.

71 Art. 124 comma 5 TUB: “il finanziatore o l'intermediario del credito forniscono al consumatore chiarimenti adeguati in modo che questi possa valutare se il contratto di credito proposto sia adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria, eventualmente illustrando le informazioni precontrattuali che devono essere fornite ai sensi dei commi 1 e 2, le caratteristiche essenziali dei prodotti proposti e gli effetti specifici che possono avere sul consumatore, incluse le conseguenze del mancato pagamento. In caso di offerta contestuale di più contratti non collegati ai sensi dell'art 121, comma 1, lettera d) è comunque specificato se la validità dell'offerta è condizionata alla conclusione congiunta di detti contratti.”

72 M. DE POLI, Le regole di comportamento dei “creditori” nella Direttiva 2008/48/CE in materia di

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debitore. Momento essenziale di questa fase, la valutazione del merito creditizio proietterebbe quindi i suoi effetti sul rapporto fra le parti per il tramite degli obblighi informativi del finanziatore, a loro volta funzionali all'assunzione di una decisione “informata e consapevole” da parte del consumatore, posto in grado di confrontare le diverse offerte di credito sul mercato. L'obbligo di valutazione del merito creditizio, in definitiva, responsabilizzando ulteriormente il creditore, svolgerebbe una funzione strumentale imprescindibile rispetto ad una informazione calibrata sul singolo cliente, espressa nella forma di “chiarimenti adeguati”73

.

Una precisazione però si rende a tal proposito doverosa. Secondo questa prima impostazione, l'ampiezza dell'obbligo di informazione personalizzata disciplinato all'art. 124 n. 5 non sarebbe mai tale da configurare un vero e proprio “dovere consulenza” o “di assistenza” in capo al finanziatore, ma sarebbe soltanto volta a sollecitare una decisione “informata e consapevole” da parte del consumatore74

. Questo, a conferma del fatto che secondo quest'ottica, fermo un netto rafforzamento della prospettiva responsible lending, i maggiori obblighi posti a carico del creditore, compreso quello di valutazione del merito creditizio risultano comunque funzionalizzati all'assunzione di una decisione ponderata rimessa, in ultima analisi, ancora in capo al consumatore. Sarà infatti costui a valutare che il prestito sia adeguato alle proprie esigenze e alla propria situazione finanziaria, essendo il finanziatore tenuto a richiamare l'attenzione del consumatore sulle conseguenze e sui rischi dell'operazione fornendo tutti i dati necessari a tal proposito, ma non anche a trarre da questi conclusioni in termini di opportunità sull'assunzione del debito75.

Una diversa configurazione dell'obbligo di fornire “chiarimenti adeguati”, in termini di vero e proprio “devoir de mise en garde”, esporrebbe secondo questa impostazione, a conseguenze deleterie in termini di responsabilità. Ciò che si teme, guardandosi all'esperienza francese, è una vera e propria sostituzione del creditore al debitore in merito alla scelta finale di assumere il finanziamento ed una conseguente pressochè automatica

73 L. MODICA op. cit., p. 253. 74 L. MODICA, op. cit., p. 254.

75 Un vero e proprio obbligo di consulenza era previsto all'art 6 della proposta di Direttiva 2008/48/CE il quale disponeva che “il creditore, e se del caso, l'intermediario del credito cercano, tra i contratti di credito che essi offrono o peri i quali intervengono abitualmente, il tipo e l'importo totale del credito più adatti, tenuto conto della situazione finanziaria del consumatore, dei vantaggi e degli svantaggi inerenti al prodotto proposto e della finalità del credito”. Questo, soppresso nella versione definitiva, ha però lasciato spazio all'art.5 che invece prevede “gli Stati membri si assicurano che i creditori, e, se del caso, gli intermediari del credito forniscano al consumatore chiarimenti adeguati, in modo che quest'ultimo possa valutare se il contratto di credito proposto sia adatto alle sue esigenze ed alla sua situazione finanziaria, eventualmente spiegando le informazioni precontrattuali che devono essere fornite conformemente al paragrafo 2 nonché i vantaggi e gli svantaggi connessi con i prodotti offerti”.

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