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I videogiochi nei bambini: abitudini di gioco in un campione della scuola primaria

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Academic year: 2021

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UNIVERISTÀ DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e

Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute

I Videogiochi nei bambini:

abitudini di gioco in un campione della scuola primaria

CANDIDATO: RELATORE:

Francesco Sanson Dott.ssa Maria Anna Donati

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2 INDICE

RIASSUNTO 4

CAPITOLO 1. I VIDEOGIOCHI: CENNI INTRODUTTIVI 5

1. Definizione e caratteristiche videogiochi 5

2. Cenni storici 7

2.1 Dalla seconda guerra mondiale alla fine degli anni ’60 7

2.2 Gli anni ’70: il boom dei videogiochi 8

2.3 Gli anni ’80: da Pac Man al consolidamento dei dispositivi da gioco domestici 9

2.4 Gli anni ’90: la grafica in tre dimensioni e la diffusione dell’accesso a Internet 11 2.5 Dall’inizio del nuovo millennio ai giorni nostri 12

3. Classificazione dei videogiochi 14

3.1 Classificazione in base al dispositivo 14

3.2 Classificazione in base alla modalità di gioco offline/online 17

3.3 Classificazione in base al genere 17

3.4 Classificazione in base al contenuto 22

4. Effetti negativi dell’uso dei videogiochi 23

CAPITOLO 2: L’USO DEI VIDEOGIOCHI NELLA POPOLAZIONE GIOVANILE 25

1. La diffusione dei videogiochi nella popolazione giovanile 25

2. Le abitudini di gioco nella popolazione giovanile 28

2.1 Il tempo speso a giocare ai videogiochi in relazione all’età 29

2.2 Le abitudini di gioco in relazione al genere 33

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3

2.3 Le abitudini in relazione al tipo di dispositivo 39

2.4 Le abitudini in relazione alla modalità di gioco offline/online 43

3. Le preferenze della popolazione giovanile in relazione al genere di videogioco 46

4. I videogiochi e le relazioni sociali 52

5. Effetti dell’uso patologico dei videogiochi nei giovani 53

CAPITOLO 3: LA RICERCA 56

1. Introduzione 56

2. Metodo 63

2.1 Partecipanti 63

2.2 Strumenti e procedura 64

2.3 Analisi dei dati 68

3. Risultati 69

CAPITOLO 4: DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 76

FIGURA 1 65

TABELLA 1 24

BIBLIOGRAFIA 87

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4 RIASSUNTO

I videogiochi sono particolarmente diffusi fra i giovani, in particolare fra i preadolescenti e gli adolescenti. Rimangono tuttavia poco esplorate la diffusione dei videogiochi e le abitudini di gioco nei bambini della scuola primaria. Sulla base di tali premesse, il presente studio si è proposto di indagare la diffusione e le abitudini legate all’uso dei videogiochi in bambini (n=201) di età compresa fra 6 e 12 anni (età media=8.7 anni, DS=1.53 anni). Dai risultati è emerso che i videogiochi risultano essere fortemente diffusi e che i bambini giocano con più generi di videogiochi, fra cui i più diffusi sono i sandbox, i giochi sportivi e quelli di azione/avventura. Anche l’utilizzo di Internet per giocare ai videogiochi è risultato essere diffuso e i generi di videogioco maggiormente utilizzati tramite l’ausilio di Internet sono risultati i sandbox, i casual, i giochi di strategia e gli FPS. È stato inoltre riscontrato un utilizzo di più dispositivi elettronici per giocare, fra i quali i più diffusi sono risultati il tablet, la console fissa e lo smartphone. È emerso che i bambini sono soliti giocare sia da soli che in compagnia, in particolare con fratelli, amici e genitori. Sono inoltre emerse differenze significative di genere nella diffusione dei videogiochi e nell’utilizzo di Internet per giocarvi, con una maggiore prevalenza nei maschi. È stato anche riscontrato che il tempo speso a giocare correla con l’uso patologico dei videogiochi e che coloro che giocano online mostrano un punteggio significativamente maggiore di gioco patologico rispetto a chi non gioca online. Infine il tempo speso a giocare ai videogiochi e il gioco online sono risultati due predittori positivi e significativi dell’uso patologico dei videogiochi.

PAROLE CHIAVE: bambini, differenze di genere, Internet, scuola primaria, uso patologico videogiochi, videogiochi.

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5 CAPITOLO 1

I VIDEOGIOCHI: CENNI INTRODUTTIVI

1. Definizione e caratteristiche dei videogiochi

Con il termine videogioco (video game) si è soliti indicare un dispositivo elettronico che permette, ad uno o più partecipanti, di interagire con uno schermo. La finalità è principalmente ludica, ma, nel corso degli anni, i videogiochi sono stati utilizzati anche per altri scopi, fra cui quello educativo, militare e anche riabilitativo.

Ogni videogioco è caratterizzato da una parte hardware e una parte software. Con hardware viene indicato l’insieme delle componenti meccaniche, elettriche ed elettroniche che ne consentono il funzionamento, ovvero la parte fisica con cui il giocatore interagisce. Dalla macchina a gettoni, il primo dispositivo pensato per il grande pubblico, il mercato dei dispositivi per videogiochi ha subito una crescita esponenziale. Ad oggi è infatti possibile giocare tramite i personal computer (PC), le console, le console portatili, gli smartphone e i tablet. Esistono poi tutti quei dispositivi accessori che migliorano l’interazione uomo- macchina, come ad esempio i controller, il microfono e i visori per la realtà virtuale. Con software si intende, invece, l’insieme dei programmi che gestiscono e specializzano il funzionamento di un dispositivo, come il sistema operativo di un computer. Anche gli stessi videogiochi sono dei software, definiti però applicativi, ovvero programmi che, una volta in esecuzione, realizzano direttamente funzionalità per l’utente (Bonaccorsi, 2008); in questo caso, assolvono alla funzionalità videoludica. I software applicativi interagiscono con il sistema operativo e restituiscono all’utente l’esperienza di poter giocare tramite un dispositivo elettronico.

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6 Agli albori dei videogiochi ogni dispositivo era programmato per il funzionamento di un solo software di gioco; attualmente invece, è possibile fruire di più tipologie diverse tramite supporti esterni inseribili nel dispositivo (CD-ROM, DVD, cassette create ad hoc) o scaricare direttamente il videogioco da Internet.

I software di gioco possono essere descritti in base alle seguenti caratteristiche. In primis la grafica di gioco, ovvero come il gioco appare agli occhi del giocatore. Questa può essere in due o tre dimensioni e emulare la realtà oppure avere uno stile ispirato ai cartoni animati. Un altro elemento caratterizzante è il suono. Nei videogiochi, infatti, possono essere presenti effetti sonori, rumori di sottofondo, la voce dei personaggi o una voce narrante. La durata di gioco si riferisce invece a quanto dura in media una partita. Esistono videogiochi dalla durata breve, in cui il gioco si esaurisce in una partita, dalla durata moderata, in cui il tempo stimato di gioco va da qualche giorno fino all’impiego di settimane, e dalla durata lunga, in cui il tempo richiesto può andare dai mesi fino ad anni interi. Un’altra caratteristica dei videogiochi è la dinamica di gioco, riferibile a tutto ciò che è permesso fare all’interno di un videogioco. La dinamica di gioco corrisponde alla modalità con cui si gioca ad un determinato videogioco. In relazione a questa, in alcuni giochi vi è una aperta possibilità, ad esempio, di esplorare l’ambiente, in altri di combattere contro i nemici e in altri ancora di costruire edifici. A dare vita al gioco, insieme alla dinamica di gioco, vi è la meccanica di gioco. Essa sta ad indicare i principi che regolano il funzionamento di un gioco, come ad esempio, in una simulazione di scacchi, aspettare il proprio turno per fare una mossa. Infine, i giochi possono essere descritti in relazione alla modalità sociale di gioco, definibile come la possibilità di giocare insieme o meno ad altri giocatori. L’interazione può essere sia di carattere cooperativo che competitivo. Nel primo caso ai giocatori è richiesto di aiutarsi a vicenda

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7 al fine di raggiungere un obiettivo comune, nel secondo, invece, i giocatori che partecipano alla partita hanno come obiettivo quello di prevalere l’uno sull’altro.

2. Cenni storici

2.1 Dalla seconda guerra mondiale alla fine degli anni ‘60

La prima tappa della storia dei videogiochi può essere collocata nel 1947, quando fu depositato il brevetto del Cathode Ray Tube Amusement Device (CRTAD) da parte di Thomas T. Goldsmith Jr. e Estle Ray Mann. Il CRTAD era formato da un vecchio radar della seconda guerra mondiale utilizzato per simulare il lancio dei missili verso un bersaglio. La traiettoria poteva essere controllata da delle manopole e i bersagli erano formati da alcune etichette attaccate sullo schermo. Alcuni anni più tardi, nel 1952, venne programmata la versione elettronica del gioco Tic-tac-toe, chiamato in Italia Tris, e gli fu dato il nome “OXO”. Il funzionamento prevedeva l’interazione fra il computer EDSAC e un tubo catodico. Ciò che OXO aggiunse al suo predecessore, il CRATD, era l’interazione fra un uomo e una macchina.

Successivamente, nel 1958, allo scopo di intrattenere e attirare l’attenzione dei visitatori in un laboratorio di scienze, venne riprogrammato da Willy Higinbotham un oscilloscopio per far sì che simulasse una partita a tennis. Nacque così Tennis for Two, considerato da molti il primo videogioco della storia. Il campo era formato da un segmento orizzontale, nella cui metà era posto un altro piccolo segmento, perpendicolare al primo, per simulare la rete. La pallina era formata da un punto seguito da una scia e veniva lanciata tramite un pulsante e controllata tramite delle manopole.

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8 Steven L. Kent, autore del libro “The Ultimate history of videogames” individua invece in Spacewar l’antesignano di tutti i videogiochi. Spacewar fu creato da Steven Rusell nel 1962, in collaborazione con altri studenti del Massachusetts Istitute of Technology (MIT). Sfruttando le potenzialità del Programmed Data processor-1 (PDP-1), Rusell e colleghi crearono un gioco ispirato ad uno scenario fantascientifico, in cui due giocatori potevano sfidarsi in uno scontro fra navicelle spaziali. Spacewar fu programmato per avere anche un sole e il suo campo gravitazionale, in modo che i giocatori potessero interagire con questo e modificare la traiettoria delle loro navicelle.

2.2 Gli anni ’70: il boom dei videogiochi

L’idea di Spacewar venne ripresa qualche anno più tardi con l’obiettivo di renderla fruibile al grande pubblico. Il PDP-1 non avrebbe mai potuto avere una distribuzione su larga scala, essendo ingombrante e molto costoso; fu così progettato dall’ingegnere Nolan Bushnell un dispositivo di modeste dimensioni (Kent, 2001). Venne utilizzato un vecchio televisore in bianco e nero come monitor. Grazie poi all’aiuto della Nutting Associates, un’azienda che operava nel settore delle macchine a gettoni, il pc e il monitor furono inseriti nel primo cabinato a gettoni funzionante con un videogioco. Nacque così Computer Space e insieme a questo i giochi arcade, ovvero quei videogiochi, tipicamente posti in una sala giochi o in un bar, caratterizzati da uno stile grafico molto semplice. Contrariamente alle aspettative, Computer Space fu un insuccesso. Il fatto che insieme al cabinato venisse fornito un manuale di istruzioni, lo rendeva più adatto a generare curiosità piuttosto che incentivare al gioco. Fortunatamente Computer Space non fu l’unico tentativo di rendere i videogiochi un passatempo pensato per tutti. L’inventore di Computer Space fondò Atari che, nel 1972, produsse Pong. Questo era giocabile, come

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9 il suo predecessore, tramite un cabinato a gettoni. Pong simulava una partita a ping-pong e fu la sua straordinaria semplicità a renderlo apprezzatissimo al grande pubblico. Il tavolo da ping-pong era visualizzato dall’alto. Due giocatori potevano sfidarsi cercando di fermare la pallina prima che uscisse dal campo, controllando dei piccoli segmenti paralleli alla rete. Pong fu al centro di un’accesa battaglia legale, fra la neonata Atari e la Magnavox. Quest’ultima, infatti, nell’anno precedente all’uscita di Pong, aveva iniziato a produrre quella che è passata alla storia come la prima console collegabile ad un televisore, la Magnavox Odissey. Al di là della battaglia legale sulla proprietà intellettuale del primo ping pong elettronico, sia Pong sia la Magnavox Odissey rappresentarono un passo importante nella storia dei videogiochi: il primo per aver dato a questi rilevanza globale, la seconda per aver fatto entrare i videogiochi all’interno delle mura domestiche. Dopo Pong, il mercato degli arcade game conobbe una crescita notevole, non solo per il numero di cabinati venduti, ma anche per il numero di videogiochi prodotti. Venne prodotto Space Race, il secondo gioco di Atari, in cui il giocatore, alla guida di una piccola navicella spaziale, ha il compito di evitare degli asteroidi. Altri titoli celebri di questi anni sono Gunfight, della Midway, un combattimento simulato con le pistole fra due cowboy e Space Invaders, prodotto da Atari, nel quale l’obiettivo è difendere la terra da un’invasione aliena. Quest’ultimo fu il primo gioco ad introdurre una trama e a presentare a fine partita un tabellone con i nomi e i punteggi dei giocatori più meritevoli.

2.3 Gli anni ‘80: da Pac Man al consolidamento dei dispositivi di gioco domestici

Poco tempo dopo la loro nascita negli U.S.A., i cabinati a gettoni approdarono anche sul mercato asiatico. Il paese che contribuì più di tutti allo sviluppo di questo settore

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10 in forte crescita fu il Giappone, dove, nel 1980, venne ideato quello che passerà alla storia come l’arcade game più famoso di sempre, Pac Man. Nei panni di un piccolo cerchio giallo con tratti antropomorfi (una bocca stilizzata e un puntino per l’occhio), il giocatore deve scappare, attraverso un labirinto, dai nemici a forma di fantasma controllati dal computer. Lungo la strada, il giocatore deve inoltre raccogliere i puntini di cui è disseminato il labirinto, per passare al livello successivo. L’importanza storica di questo videogioco è dovuta anche al fatto che fu il primo arcade game ad essere pensato per un pubblico femminile. Il suo creatore, Iwatani, volle infatti creare un gioco non violento che anche le giocatrici potessero apprezzare (Kent, 2001).

Gli anni ’80 videro anche e soprattutto il consolidamento della possibilità di giocare da casa. I giocatori potevano così orientarsi su due binari paralleli, destinati ad essere ancora attuali, la console e il PC. Rispetto alle console, già sul finire dei ’70, venne messa sul mercato la Atari Video Computer System (VCS), estremamente innovativa per l’epoca grazie alla grafica a colori e la possibilità di scegliere il livello di difficoltà. Alla VCS seguirono molte altre console fra cui la prima console dell’ancor oggi famosa Nintendo. Questa debuttò in Giappone nel 1983 con il nome di Family Computer (Famicom) e nel 1984 negli U.S.A con il nome di Nintendo Entertaiment System (NES). Il successo di questa piattaforma non fu solo dovuto alla potenza del processore, alla migliorata grafica e al controller maggiormente ergonomico rispetto ai suoi predecessori, ma anche ai titoli prodotti da Nintendo, molti dei quali destinati a diventare cult. Fra questi vi è Mario Bros, la storia di un buffo idraulico che deve affrontare svariati livelli per salvare la principessa Peach, e The Legend of Zelda, uno dei primi giochi di ruolo, nel quale i giocatori possono immedesimarsi nell’elfo Link e seguire le sue avventure.

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11 Anche i PC cominciarono a popolare le case. IBM, Apple e Atari iniziarono a produrli già dalla seconda metà degli anni ‘70. Atari produsse nel 1979 due modelli, l’Atari 400 e l’Atari 800, sui quali era possibile giocare a molti degli arcade game. Ma fu il Commodore 64, uscito nel 1982, ad entrare nella storia dei videogiochi. Il basso costo e le alte potenzialità lo rendevano infatti adatto a diventare una valida alternativa alle console del tempo.

Alla fine del decennio, nel 1989, fece la sua comparsa anche il Game Boy, il secondo prodotto di enorme successo della Nintendo che, in poco tempo, conquistò il mercato delle console portatili. Non fu il primo del genere, ma le piccole dimensioni e la possibilità di poter giocare alle esclusive Nintendo lo resero un fenomeno di fama mondiale.

2.4 Gli anni ’90: la grafica in tre dimensioni e la diffusione dell’accesso a Internet

Gli anni Novanta consolidarono ancor di più la tendenza del gioco ai videogiochi da casa. La più grande rivoluzione di questi anni fu però l’uso nei videogiochi della grafica in tre dimensioni. Prima di allora, infatti, il giocatore poteva muoversi all’interno del videogioco solamente lungo gli assi x e y del piano cartesiano (come, ad esempio, in Mario Bros). Con l’aggiunta della terza dimensione (la z del piano cartesiano), diveniva possibile poter spaziare nel gioco, senza limitazioni nel movimento, in uno scenario che simulava la realtà. Si poté così consolidare anche l’uso della visuale in prima persona in cui il giocatore può immergersi nella narrazione del gioco, seguendo le vicende con gli occhi del protagonista.

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12 Wolfstein 3D della Id software, uscito nel 1992 per pc, è uno dei primi esempi dell’uso della terza dimensione in un videogioco, che permette al giocatore di immedesimarsi in un soldato dell’esercito americano in fuga dal castello in cui è stato rinchiuso. A questo seguì, nel 1993, il famosissimo DOOM, della stessa casa produttrice, prodotto per PC e poi adattato per console.

L’anno successivo all’uscita di DOOM, fece la sua comparsa nel mercato delle console la Playstation della Sony, destinata a regnare nel settore fino ai giorni nostri. Quasi la totalità dei titoli prodotti per questa piattaforma sfruttava l’uso delle tre dimensioni, ad indicare come l’interesse dei giocatori era virato verso questa neonata frontiera del videogioco. La fortuna di questa console fu dovuta anche all’uso dei CD-ROM, più economici e con più memoria delle allora usate cartucce.

Se la terza dimensione rivoluzionò la componente grafica dei videogiochi, la diffusione di Internet ha reso l’uso dei videogiochi un’occasione per interagire socialmente, creando uno spazio virtuale condiviso fra i giocatori. Già Tennis For Two e Spacewar permettevano a due giocatori di interagire sfidandosi, ma ciò che Internet ha modificato è stata la dimensione dell’interazione, permettendo infatti ai giocatori di sfidarsi e dialogare da ogni capo del mondo.

Grazie ad Internet fu inoltre possibile scaricare il videogioco direttamente dal sito della casa produttrice, che spesso forniva una versione di prova per invogliare all’acquisto, come fece la Id software con Wolfstein 3D.

2.5 Dall’inizio del nuovo millennio ai giorni nostri

Il nuovo millennio si aprì con il mercato delle console in pieno fermento. Sony mise sul mercato la Playstation2 e, nel 2001, Microsoft entrò nel campo degli hardware a fine

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13 videoludico producendo l’Xbox. Iniziò così una battaglia fra le due per aggiudicarsi le vendite, fatta a suon di migliorie tecniche e produzione di videogiochi esclusivi, come God of War per la Playstation2 e Halo per Xbox, destinati a segnare la storia dei videogiochi e a indirizzare gli acquirenti verso l’una o l’altra console per poter disporre dell’esclusiva. Anche Nintendo, nel 2000, si rinnovò al fine di essere competitiva: si lasciò alle spalle il Nintendo64 in competizione con la prima Playstation e produsse il Nintendo GameCube. La competizione fra questi tre grandi colossi si ripropose anche mezzo decennio dopo con tre nuove console (Plastation3, Xbox360 e Nintendo Wii), una per casa produttrice. Queste fornirono, rispetto alle precedenti, una giocabilità e una grafica nettamente migliorate e consolidarono il gioco online anche sulle console. Degno di nota è il controller della Nintendo Wii, dotato di un sistema di puntamento e di un accelerometro, il quale permise al giocatore di interagire con la console tramite il movimento del controller nello spazio. Qualche anno più tardi Microsoft produsse una periferica hardware aggiuntiva per Xbox360, il Kinect, con il quale si poteva controllare il videogioco tramite i movimenti di tutto il corpo.

Anche il mercato delle console portatili ebbe un notevole sviluppo in questi anni. Nel 2001 uscì il Game Boy Advance della Nintendo, successore del Game Boy Color. In esclusiva per Game Boy venne inoltre messa in commercio una fortunata serie di videogiochi, chiamata Pokemon. Il nome deriva dall’unione delle parole “pocket” e “monster”; lo scopo del gioco è infatti quello di catturare quanti più “mostri tascabili” possibile, farli allenare e sfidare fra loro. Il primo gioco di Pokemon fu prodotto nel 1996, ma fu negli anni duemila che la saga ottenne il massimo successo. La saga dei Pokemon è ancora oggi in produzione. Nel 2005 Nintendo mise in commercio un’altra console portatile della serie, il Game Boy Ds, dotato di due schermi, uno dei quali touch (sensibile

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14 al tocco) e un microfono per il riconoscimento vocale. Questo rivoluzionò il modo di interagire con le console portatili, tant’è che anche Playstation decise di voler aggiudicarsi una fetta di questo mercato, producendo nel 2004 la Playstation Portable (PSP).

Gli anni 2000 hanno visto anche la diffusione dei telefoni cellulari, non solo a scopo di comunicazione sociale, ma anche come piattaforma di gioco. Dal famosissimo Snake della Nokia, il mercato dei videogiochi per cellulare si è costantemente evoluto negli ultimi venti anni, sviluppando molti videogiochi pensati ad hoc per questo dispositivo. In particolare, si adattano ai cellulari giochi che richiedono poca concentrazione e semplicità nella dinamica di gioco, in cui il tempo di una singola partita è breve, in modo da poter essere giocati negli intermezzi fra le attività quotidiane.

3. Classificazione dei videogiochi

I videogiochi sono ad oggi classificabili in base ad una serie di aspetti come il tipo di dispositivo su cui vengono giocati, la modalità di gioco, offline o online, il genere a cui appartengono e il contenuto che li caratterizza.

3.1 Classificazione in base al dispositivo

La diffusione dei dispositivi elettronici pensati per il gioco è in continuo aumento in tutto il mondo; inoltre, il progresso tecnologico ha fatto sì che al giorno d’oggi sia possibile giocare con molteplici tipologie di dispositivi (Lui, Szeto, & Jones, 2011). Tali dispositivi si possono dividere in quattro macro-categorie, le quali si differenziano l’una dall’altra non solo per le loro caratteristiche fisiche, ma anche per il modo in cui il giocatore interagisce con essi. Seguendo l’ordine cronologico, i primi a comparire, verso

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15 la metà degli anni ’70, sono stati i cabinati a gettoni (coin-op). Formati da un processore e uno schermo inserti in un cabinato, questi funzionano tramite l’inserimento di gettoni. Vengono solitamente posti nei bar o nelle sale giochi, in modo da invogliare i clienti a giocare. La durata media di una partita è breve, compresa fra i due e i dieci minuti (Alinovi,2010), spronando così il giocatore a spendere ancora per poter continuare la partita. Tale dispositivo ha reso famoso il genere di videogiochi arcade che, sebbene non sia l’unico genere fruibile nei cabinati a gettoni, rimane comunque quello maggiormente diffuso. Al giorno d’oggi, però, i cabinati a gettoni sono quasi scomparsi completamente dal mercato, in favore di altri tipi di dispositivi maggiormente pratici.

La seconda categoria è rappresentata dalle console. Con tale nome si definiscono tutti quei dispositivi il cui fine principale è fornire intrattenimento videoludico a chi ne fa uso. Solitamente la console è collegabile ad un monitor che, insieme al controller, rappresenta l’interfaccia tramite la quale il giocatore interagisce con la macchina. Come i cabinati a gettoni, anche le console sono state pensate con il solo fine di intrattenere il giocatore, offrendo però il vantaggio di poter giocare da casa, senza doversi recare in una sala giochi. Inoltre, a differenza dei cabinati a gettoni, le console non sono programmate per il funzionamento di un solo videogioco, ma posseggono uno slot o un lettore DVD in cui inserire il gioco a cui si vuole giocare. Il progredire della tecnologia ha permesso infatti di rendere i videogiochi vendibili separatamente, tramite supporti esterni inseribili nella console (cassette create ad hoc, DVD) oppure scaricando il videogioco tramite Internet. Inoltre, le console permettono di migliorare la giocabilità di alcuni videogiochi comprando delle periferiche aggiuntive, collegabili direttamente alla console. Già la Magnavox Odissey forniva ai giocatori la possibilità di comprare una pistola ottica che, rilevando la fonte di luce proveniente dal televisore, permetteva al giocatore di sparare ai

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16 bersagli sullo schermo. Dalla pistola ottica, il mercato delle periferiche aggiuntive si è sviluppato insieme a quello delle console. Al giorno d’oggi, ad esempio, è possibile interagire con il videogioco con i movimenti del proprio corpo oppure tramite la propria voce.

A seguire, nella categorizzazione dei dispositivi videoludici, vi sono i PC. Nato inizialmente come una macchina pensata per facilitare il lavoro, il PC si è presto affermato come uno dei dispositivi più utilizzati per giocare. Questo infatti offre la possibilità di possedere un solo dispositivo capace di più funzionalità, fra cui anche giocare. Inoltre, il PC permette al giocatore di personalizzare il videogioco secondo le proprie esigenze, tramite delle modifiche, sia estetiche che funzionali, chiamate in gergo MOD. L’interazione fra il giocatore e la macchina avviene solitamente tramite il mouse e la tastiera, ma anche per i pc è possibile acquistare e collegare delle periferiche aggiuntive, come i controller.

Infine, l’ultima categoria è rappresentata da tutti quei dispositivi denominati Palmari (Handheld), i quali, grazie alle loro piccole dimensioni, permettono al giocatore di poter sostenere tutto il dispositivo con le proprie mani e di poterlo trasportare facilmente. A questa categoria appartengono in primis le console portatili. Si tratta di dispositivi grandi all’incirca come una mano, in cui è compreso il processore, il display, la batteria e i tasti per interagire con il videogioco. Alla medesima etichetta di Palmare, appartengono anche gli smartphone e i tablet. Così come per il PC, anche questi risultano essere altamente versatili: oltre alle loro normali funzionalità, permettono, infatti, anche di poter giocare. Gli smartphone e i tablet, ma anche le console portatili, hanno inoltre come punto di forza la portabilità, ovvero possono essere facilmente trasportati,

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17 permettendo così di poter giocare ovunque, senza dover esser obbligati a trovarsi in una sala giochi o nella propria abitazione.

3.2 Classificazione in base alla modalità di gioco online/offline

Sul sito della Pan European Game Information (PEGI), il sistema di classificazione utilizzato in Europa per descrivere i contenuti dei videogiochi e stabilire per quale fascia di età è consigliato ciascun videogioco, è riportata la seguente dicitura per descrive la modalità di gioco online: “gioco digitale la cui esecuzione necessita di un collegamento in rete attivo; la definizione non comprende soltanto i giochi eseguiti su Internet, ma anche quelli eseguiti online tramite console, telefoni cellulari o attraverso reti peer-to-peer”, che si riferiscono alle situazioni in cui i dati di gioco vengono scambiati direttamente fra i giocatori, senza ricorrere ad un server posto a mediare fra gli utenti.

In contrapposizione ai videogiochi online, quelli offline sono caratterizzati da una dinamica di gioco che non prevede l’accesso ad Internet per poter giocare. Anche nei giochi offline è possibile interagire tra due o più giocatori, ma la conditio sine qua non è che entrambi siano presenti nello stesso luogo.

Esistono videogiochi pensati solamente per l’una o l’altra modalità, ma molti altri dei titoli in commercio prevedono entrambe le modalità.

3.3 Classificazione in base al genere

La classificazione in base al genere viene usata per catalogare i videogiochi in categorie, secondo il principio di somiglianza. Tuttavia, esistono anche giochi che appartengono a due o più categorie o nuove uscite che non sono definibili in nessun genere. Riguardo a questo ultimo caso, se un nuovo gioco risulta aver successo e viene

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18 emulato, viene di solito creata una nuova etichetta ad hoc in cui verranno poi classificati tutti i giochi che gli somigliano. Inoltre, qualsiasi rassegna non può essere completamente esaustiva di tutti i videogiochi presenti al momento sul mercato. Di seguito l’elenco e la descrizione delle categorie ad oggi esistenti, in accordo con la letteratura recente (Donati, Chiesi, Ammannato & Primi 2015; Hamlen, 2010).

Platform è il termine in uso per descrivere quei videogiochi in cui l’obiettivo è l’attraversamento di livelli consecutivi costituiti da piattaforme; queste sono disseminate di nemici da sconfiggere, ostacoli da superare o oggetti da raccogliere.

Picchiaduro (Fighting) indica quei videogiochi incentrati sul combattimento. Il giocatore controlla un personaggio che, a mani nude o con armi bianche, combatte con uno o più nemici controllati dal computer o da un altro giocatore. Esistono due tipologie di Picchiaduro: ad incontri o a scorrimento. Nel primo caso, il giocatore può accedere al combattimento successivo solo se sconfigge l’avversario, mentre nel secondo caso il giocatore si muove lungo il livello per sconfiggere tutti gli avversari che gli compaiono davanti.

Azione (Action) sta ad indicare quei videogiochi basati sul dover agire, spesso velocemente, per poter avanzare lungo la narrazione del videogioco. Al giocatore può essere richiesto di combattere, nascondersi dai nemici oppure trovare escamotage per superare gli ostacoli in relazione al tipo di dinamica prevista dal gioco.

Avventura (Adventure) è riferibile ai giochi in cui il giocatore è libero di esplorare il mondo virtuale e di interagire con ciò che trova lungo il cammino, per trovare il modo di progredire nel gioco.

I Giochi di ruolo (Role Play Games; RPG) sono videogiochi in cui la trama è centrale. Il giocatore si cala nei panni del protagonista e ne dirige le scelte, lungo una

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19 trama fortemente romanzata. Spesso, oltre alla trama principale, viene lasciata la libertà di poter esplorare liberamente le molteplici sotto-trame del gioco. In sostanza, è il giocatore a dirigere la narrazione, seguendo il proprio istinto e le proprie preferenze. Il precursore degli RPG è il famosissimo gioco da tavolo Dungeons&Dragons, al quale molti dei titoli di questa categoria si sono ispirati.

Il termine Sparatutto in prima persona (First Person Shooter; FPS) raccoglie tutti quei giochi in cui l’obiettivo è compiere la missione usando svariate armi da fuoco, ma anche armi bianche, per difendersi dai nemici. La visuale è in prima persona, per dare al giocatore l’illusione d’essere sul campo di battaglia.

I Giochi sportivi rappresentano tutti i videogiochi che emulano gli sport reali. Calcio, golf, basket, pugilato e tennis sono solo alcuni degli sport per il quale è stato prodotto l’equivalente videoludico. In questa categoria rientrano anche i videogiochi dedicati alle gare di corsa in automobile o in motocicletta.

I videogiochi strategici hanno tipicamente una trama militare. L’obiettivo consiste nel costruire e guidare un esercito in modo da prevalere sugli avversari o sul computer. Il termine “strategia” sta ad indicare la capacità del giocatore di trovare il miglior modo possibile per organizzare l’esercito e condurre la battaglia. I videogiochi strategici possono essere suddivisi in due sottocategorie: i videogiochi di strategia in tempo reale (Real Time Strategy; RTS) e i videogiochi strategici a turni. Nei primi, la locuzione “in tempo reale” è usata per indicare che la dinamica di gioco è fluida e il giocatore può intervenire nel gioco in qualsiasi momento. Nei videogiochi strategici a turni, invece, ogni giocatore ha il suo proprio turno per intervenire.

Un altro genere è rappresentato dai Massively Multiplayer Online Game (MMO), che stanno ad indicare un elevato numero di persone che interagiscono in un mondo

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20 virtuale condiviso. Anche se rappresentano un genere a sé stante, gli MMO si appoggiano sulle dinamiche di gioco di altri generi. Esistono infatti, tra i principali, gli MMO di ruolo (MMORPG), gli MMO di strategia in tempo reale (MMORTS) e gli MMO sparatutto in prima persona (MMOFPS).

I videogiochi di simulazione hanno come tema comune la riproduzione di un aspetto della realtà nel modo più affidabile possibile. A questa categoria appartengono sia i simulatori di guida, nei quali viene riprodotta la dinamica di guida di un’automobile, un aereo o di un altro veicolo, sia i simulatori di vita, nei quali sono gli aspetti relazionali e sociali ad essere emulati (come ad esempio, nel videogioco “The Sims”).

I videogiochi gestionali sono così chiamati perché il giocatore ha la possibilità di gestire un’attività a libero piacimento. Esistono videogiochi gestionali a tema storico, in cui l’obiettivo è rendere florida una civiltà; altri, invece, sono dedicati agli sport, in cui il giocatore riveste il ruolo di manager di una squadra. Infine, ci sono i giochi gestionali economici, nei quali l’obiettivo è amministrare un’azienda o un’intera città.

I casual game sono giochi assai intuitivi e in cui la cui durata delle partite è assai breve. L’obiettivo comune di tutti questi giochi è accumulare più punti per superare il proprio miglior risultato personale o quello di altri giocatori.

I Videogiochi per Browser (Browser Game) sono videogiochi giocabili accendendo al sito del produttore del gioco tramite qualsiasi dispositivo che abbia l’accesso ad Internet. Tali giochi non richiedono il download di alcun software, al massimo di un plug-in aggiuntivo, un piccolo programma che estende le funzionalità del browser. Si tratta plug-in realtà dell’adattamento di forme semplificate di altri generi, in modo da poter essere giocati tramite un browser, tra cui gli arcade, i casual e i videogiochi gestionali.

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21 I videogiochi Retrò rappresentano invece il rifacimento o la riproposizione di vecchi classici del passato, come Donkey Kong, Space Invaders e Pong.

Con Rompicapo (come, ad esempio, Puzzle Game) si è invece soliti indicare quei videogiochi nei quali al giocatore è richiesto di utilizzare l’ingegno per trovare una soluzione all’enigma proposto dal gioco. Solitamente, trovata la soluzione, si può accedere al livello successivo, più complicato di quello precedente.

I videogiochi musicali sono caratterizzati dalla possibilità di interagire tramite la musica. È possibile farlo cantando oppure mimando di suonare uno strumento.

I videogiochi educativi invece mirano a promuovere l’apprendimento e lo sviluppo delle capacità di ragionamento in generale o rispetto ad un dominio specifico.

Vi sono poi videogiochi Indipendenti (Indie) che racchiudono tutti quei videogiochi prodotti da sviluppatori indipendenti. Solitamente non rispettano le tendenze di mercato e per questo motivo sono difficilmente classificabili in una delle sopracitate categorie.

I Multiplayer Online Battle Arena (MOBA) sono videogiochi relativamente recenti, giocabili esclusivamente online. Il gioco è costruito intorno ad un’arena virtuale in cui due squadre di giocatori si possono sfidare. Ogni squadra è composta da un numero di giocatori che varia in relazione alla grandezza dell’arena. Prima che il gioco vero e proprio inizi, ogni giocatore sceglie il ruolo in cui vuole giocare, similmente agli sport, e un personaggio fra i molti disponibili adatto per quel ruolo. Iniziato il gioco, l’obiettivo è prevalere sulla squadra avversaria e distruggere la sua base, sfidando i campioni nemici e i mostri controllati dal computer. I progressi fatti dal personaggio durante la partita non vengono salvati, ma le vittorie permettono al giocatore di accedere ad incontri con giocatori sempre più forti.

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22 Infine, vi è da aggiungere che, negli ultimi anni, si sta assistendo ad un tentativo di includere i videogiochi all’interno della categoria delle competizioni sportive, sotto il nome di “eSports”. Per molti dei generi sopra elencati, in particolare per gli MMO i MOBA e gli FPS, vengono infatti indetti ogni anno dei tornei internazionali da parte delle case produttrici di videogiochi o da terzi. Giocatori professionisti, i pro-gamers, si allenano tutto l’anno per ambire a partecipare e a vincere uno di questi tornei. A rendere i tornei di videogiochi un fenomeno mondiale è stato il genere MOBA, fra cui i titoli più conosciuti sono Dota 2 e League of Legend. Molte volte in palio ci sono ricche somme di denaro, come per il torneo “The International 2016” dedicato a Dota 2, il cui montepremi per la squadra vincitrice ha raggiunto i 20 milioni di dollari, come riportato dall’Agenzia Nazionale Stampa Associata (Ansa, 2017). Numeri ancor più straordinari sono però detenuti da League of Legends, il cui numero di utenti mensili, ovvero che fanno almeno una partita al mese, supera i 100 milioni di giocatori (Ansa, 2017).

3.4 Classificazione in base al contenuto

Per classificazione in base al contenuto ci si riferisce alle caratteristiche tematiche di un videogioco secondo le quali esso può essere giudicato più o meno adatto ad una certa fascia di età (maggiore di 3, 7, 12, 16 o 18 anni). I sistemi di rifermento in uso in Europa per descrivere il contenuto dei videogiochi e la fascia d’età per la quale è adatto è il PEGI. Le caratteristiche prese in esame per ottenere una classificazione dei videogiochi sono le seguenti: linguaggio scurrile (il gioco contiene parolacce o volgarità), discriminazione (sono presenti scene di discriminazione), droghe (nel gioco vengono usate droghe), paura (il gioco può spaventare i bambini o un pubblico sensibile), gioco d’azzardo (il gioco incoraggia o insegna a giocare d’azzardo), sesso (sono presenti scene

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23 di nudo e/o comportamenti sessuali), violenza, online (il gioco prevede una modalità online).

4. Effetti negativi dell’uso dei videogiochi

Nonostante i videogiochi siano nati come attività ricreativa, nel tempo è diventato evidente il fatto che questi potessero avere una risonanza negativa sulla vita di alcuni dei giocatori. Per questo motivo, nel 2013, con il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Fifth Edition (DSM-5; American Psychiatric Association, APA) viene introdotta per la prima volta la definizione di “Disturbo da gioco su Internet” (Internet Gaming Disorder; IGD). Tale etichetta riflette un costrutto ancora incerto che necessità di ulteriori approfondimenti; per questo motivo, infatti, è stato inserito all’interno della sezione III e in particolare all’interno della sottosezione “Condizioni per studi futuri”, ad indicare come siano necessari ulteriori ricerche al fine di giungere a una definizione condivisa e a legittimare l’esistenza di questo disturbo all’interno del DSM.

I criteri proposti mostrano una parziale sovrapponibilità con i criteri utilizzati per le dipendenze e in particolare per le dipendenze comportamentali, come il Gambling Disorder, nelle quali non è una sostanza a determinare la dipendenza, ma la ricompensa legata all’esecuzione di un comportamento. La definizione del disturbo prevede infatti un persistente e ricorrente uso di Internet per dedicarsi al gioco, spesso con altri giocatori, il quale comporta una compromissione clinicamente significativa o distress con 5 o più dei 9 criteri previsti (Tabella 1), per un periodo superiore ai 12 mesi (APA, 2013). I criteri utilizzati fanno riferimento ad aspetti come le preoccupazioni eccessive legate al gioco e ai sintomi di astinenza e di tolleranza, tutte caratteristiche che sono legate alle dipendenze

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24 sia da sostanze che comportamentali. La severità del disturbo può essere lieve, moderata o grave in relazione all’impatto che questa ha sulla vita quotidiana dell’individuo.

Infine, nel nome stesso della categoria è inserito la locuzione “su Internet” (sinonimo di online) ad indicare che questa modalità di gioco è maggiormente rappresentativa della dipendenza da videogiochi. Viene però specificato che è possibile apporre la diagnosi anche se il pattern di gioco non comprende l’uso di videogiochi online, ma solamente offline.

Tabella 1: Disturbo da gioco su Internet, criteri DSM-5 (APA, 2013)

1 Preoccupazione legata ai videogiochi su Internet (l’individuo pensa all’attività di gioco precedente oppure anticipa le prossime giocate; il gioco tramite Internet diventa l’attività predominante della vita quotidiana).

2 Sintomi di astinenza se il videogioco su Internet viene portato via (tipicamente descritti come irritabilità, ansia, tristezza, ma senza segni di astinenza farmacologica).

3 Tolleranza- la necessità un quantitativo ti tempo crescente a giocare ai videogiochi su Internet.

4 Tentativi infruttuosi di controllare la partecipazione a videogiochi su Internet. 5 Perdita di interesse per gli hobby precedenti a causa, e ad esclusione, dei

videogiochi su Internet.

6 Uso continuativo dei videogiochi su Internet nonostante la consapevolezza dei problemi psicosociali causati.

7 Ingannare i propri familiari, i terapeuti o altre persone importanti per l’individuo in relazione al numero di ore spese con i videogiochi su Internet.

8 Uso dei videogiochi online per evitare o alleviare l’umore negativo (sentimenti di impotenza, colpa, ansia).

9 Perdita o compromissione di relazioni significative, del lavoro oppure di opportunità educative o di carriera a causa dei videogiochi su Internet.

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25 CAPITOLO 2

L’USO DEI VIDEOGIOCHI NELLA POPOLAZIONE GIOVANILE Dal loro esordio sul mercato destinato al grande pubblico, i videogiochi si sono velocemente imposti come uno dei passatempi più amati. La loro diffusione inoltre sembra essere trasversale a tutte le fasce d’età, come evidenziato dall’ultimo report annuale (2017) dell’Entertainment Software Association (ESA), un ente nordamericano che riunisce le maggiori compagnie produttrici di videogiochi e che si occupa della raccolta di tutte le informazioni correlate a questo settore. Nonostante la diffusione del fenomeno risulti eterogenea rispetto all’età, se vengono messi in luce gli aspetti quantitativi, come le ore mediamente dedicate ai videogiochi o la frequenza di gioco, la popolazione giovanile risulta essere maggiormente coinvolta.

1. La diffusione dell’uso dei videogiochi nella popolazione giovanile

La Kaiser Family Foundation (KFF), un’organizzazione nordamericana non governativa che opera nel campo della salute, ha studiato con cadenza quinquennale, dal 1999 al 2009, la diffusione dei videogiochi nella popolazione giovanile. Nell’arco di quindici anni sono stati infatti condotti tre studi con tre campioni diversi di popolazione comprendenti giovani fra gli 8 e i 18 anni. Nell’ultimo dei tre studi, il campione era composto da 2002 bambini e adolescenti provenienti da scuole sia pubbliche che private americane selezionate casualmente (Rideout, Foehr, & Roberts, 2010). La metodologia consisteva nell’utilizzo di questionari self-report somministrati in classe e nell’utilizzo di un diario quotidiano a risposte chiuse per una parte del campione (n=702) della durata di una settimana. I risultati emersi hanno evidenziato come la percentuale di giovani che ha riferito di dedicare tipicamente una parte della giornata ai videogiochi sia aumentata in

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26 modo significativo negli anni. Rispetto al 1999, nel 2004 il numero di giocatori è aumentato del 12%, passando dal 38% al 52%. Dal 2004 al 2009 invece l’aumento è stato dell’8%, raggiungendo così la quota del 60%. Risultati simili sono emersi anche da altri studi sulla diffusione dei videogiochi fra i giovani. In Nord America, su un campione di 1178 giovani di età compresa fra 8 e 18 anni, è emerso come l’88% abbia riferito di giocare ai videogiochi almeno occasionalmente, mentre il 23% almeno una volta al giorno (Gentile, 2009). Il metodo utilizzato per la raccolta dei dati consisteva in un questionario online della durata di circa 20 minuti.

Anche la ricerca in Europa sembra confermare i dati sopra descritti. In uno studio condotto in Spagna con un campione di 223 adolescenti fra 13 e 18 anni, tramite l’utilizzo di questionari self-report somministrati durante l’orario di lezione, è emerso che il 93% ha giocato ai videogiochi almeno una volta nell’anno precedente. Fra questi, il 57% ha giocato in modo regolare, definito come almeno una volta a settimana (Tejeiro Salguero & Morán, 2002).

Uno studio recente condotto in Italia, avente l’intento di indagare se la versatilità in più generi di videogioco fosse in relazione con il gioco patologico, ha riscontrato percentuali simili sulla diffusione del fenomeno fra gli adolescenti. Il campione era composto da 701 adolescenti toscani di sesso maschile di età compresa fra 13 e 18 anni, ai quali è stato somministrato un questionario self-report durante l’orario scolastico. Dai risultati è emerso che il 99% del campione ha dichiarato di aver giocato ad almeno un genere di videogioco nei sei mesi precedenti (Donati et al., 2015). Un’altra ricerca condotta da Patriarca e colleghi (2009) in cinque scuole della regione Campania, su un campione di 1034 ragazzi di età compresa fra 11 e 16 anni, ha riportato come all’incirca i due terzi (59.6%) del campione giocasse ai videogiochi regolarmente. La metodologia

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27 utilizzata anche in questo caso era costituita da un questionario self-report somministrato agli studenti durante l’orario scolastico.

Interessanti risultano essere anche le ricerche provenienti dal continente asiatico, avendo questo sempre nutrito un gran interesse per il settore videoludico, sin dalla sua nascita. Ad esempio, Gentile e colleghi (2011) hanno studiato un campione di 3034 studenti di Singapore. Il campione risultava essere formato sia da bambini provenienti dalla scuola primaria di età compresa fra 8 e 10 anni, sia da preadolescenti provenienti dalla scuola secondaria di primo grado, di età compresa fra 12 e 14 anni. La somministrazione è stata effettuata dalle insegnanti, istruite precedentemente dai ricercatori, e prevedeva l’uso di un questionario self-report semi-strutturato. La maggior parte del campione (83.3%) ha riportato di giocare almeno occasionalmente, con un 10% che ha riferito di essere solito giocare regolarmente (Gentile et al., 2011). Risultati simili sono stati trovati anche da un’altra ricerca condotta ad Hong Kong (Lui et al., 2011), avente come campione 476 bambini di età compresa fra 8 e 13 anni. Del campione hanno risposto al questionario self-report, somministrato durante l’orario scolastico, 258 maschi e 205 femmine. Dai risultati è emerso che il 97.5% ha usato uno dei dispositivi elettronici per il gioco nel mese precedente.

Seppur con percentuali diverse, dovute anche alla specificità dello strumento di misura utilizzato nella ricerca, i dati sopra descritti concordano sul fatto che i videogiochi godono di un’ampia diffusione fra gli adolescenti, i quali considerano li considerano un’attività rilevante per il loro tempo libero. Tale diffusione inoltre sembra essere in aumento negli anni.

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28 2. Le abitudini di gioco nella popolazione giovanile

Sebbene i dati relativi alla diffusione forniscano un’adeguata cornice in cui contestualizzare il fenomeno, da soli, risultano essere poco informativi. Più interessante e maggiormente informativo può essere l’analisi delle abitudini di gioco dei giovani, ovvero la comprensione di quanto giochino e come varino le abitudini in relazione all’età, al genere, al tipo di dispositivo e alla modalità di gioco.

2.1. Il tempo speso a giocare ai videogiochi in relazione all’età

I videogiochi non solo sono molto diffusi fra i giovani, ma occupano anche una parte considerevole del loro tempo quotidiano. Gentile, nello studio sopracitato del 2009 condotto con giovani di età compresa fra 8 e 18 anni, ha riportato infatti che la frequenza di gioco più diffusa per il campione fosse di tre/quattro volte settimana. La frequenza di gioco, è stata studiata tramite una scala Likert ad 8 punti, dove l’estremo inferiore corrispondeva al non giocare mai ai videogiochi e quello superiore al giocarci tutti i giorni. Nello stesso studio viene inoltre riportata la media delle ore spese a giocare in una settimana ai videogiochi, uguale a 13.2 ore.

Nel report del 2009 della KFF, basato sulla stessa fascia di età del precedente studio, il tempo mediamente speso a giocare in un giorno è risultato essere di 1.13 ore. Inoltre, in tale studio, il campione è stato suddiviso in tre gruppi rispetto alla fascia di età al fine di evidenziare un possibile incremento o decremento delle ore di gioco. Confrontando i ragazzi di età compresa fra 8 e 10 anni con quelli di età compresa fra 11 e 14 anni, è emerso un aumento significativo del tempo speso giocando quotidianamente, che passa da 1 ora e 1 minuto a 1 ora e 25 minuti. Fra 15 e 18 anni invece, è stato attestato un decremento del tempo dedicato ai videogiochi, non significativo però né rispetto ai

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29 ragazzi di 11-14 anni né rispetto a quelli di 8-10 anni. Le abitudini sono risultate inoltre differire in relazione all’etnia di provenienza: a giocare di meno erano i ragazzi bianchi (56 minuti) rispetto ai ragazzi afroamericani (1 ora e 25 minuti) e ai ragazzi ispanici (1 ora e 35 minuti). Sia il confronto fra il primo e il secondo gruppo, sia fra il primo e il terzo sono risultati significativi, a differenza del confronto fra ragazzi afroamericani e ispanici, che non è risultato esserlo.

Sempre dagli U.S.A. proviene un’altra ricerca inerente le differenze nelle ore di gioco in relazione all’età. Tale studio ha preso in considerazione un campione composto da 141 bambini di 9-11 anni, 227 adolescenti di 12-14 anni e 324 di 15-17 anni e 550 studenti universitari. Al fine di raccogliere le informazioni sulle abitudini di gioco è stato fornito ai partecipanti un questionario auto-compilativo. Dai risultati è emerso che il tempo di gioco aumentava a partire dall’età infantile, raggiungeva il picco alle scuole secondarie di primo grado o nei primi anni delle scuole secondarie di secondo grado, per poi regredire (Greenberg, Sherry, Lachlan, Lucas, & Holmstrom, 2010). Nello specifico, nei giovani di 12-14 anni le ore settimanali di gioco sono risultate essere 17.24, maggiori rispetto alle 12.71 ore dei bambini di 9-11 anni. Il confronto fra i giovani di 12-14 anni e quelli di 15-17 anni è risultato invece significativo, segnalando un effettivo decremento delle ore di gioco che sono passate da 17.24 (fra 12 e 14 anni) a 11.26 (fra 15 e 17 anni). Negli studenti universitari è stata invece attestata una media di ore di gioco settimanali di 12.36, non significativamente diversa da quella degli adolescenti di 15-17 anni. Anche per il gruppo degli studenti universitari il confronto è risultato essere significativo rispetto agli adolescenti di 12-14 anni.

Passando dal Nord America all’Europa, i dati che emergono risultano essere in linea con quelli appena descritti. Una ricerca condotta a livello nazionale in Germania fra il

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30 2007 e il 2008 dal Criminological Research Institute of Lower Saxony (KFN) ha portato allo screening di 15.168 adolescenti provenienti da 61 regioni della Germania (Rehbein, Psych, Kleimann, Mediasci, & Mößle, 2010). Tutti i partecipanti provenivano dal nono anno scolastico tedesco e la maggior parte degli studenti aveva 14 -15 anni. Anche in questo caso la metodologia utilizzata consisteva nell’uso di questionari self-report somministrati nell’orario di lezione. Dai risultati è stato evidenziato come i giovani questo range di età giocassero in media 141 minuti al giorno. In controtendenza rispetto ai dati fino a qui esposti, sono i risultati provenienti da una ricerca fatta in Spagna e che ha coinvolto 326 adolescenti di età compresa fra 12 e 16 anni (Devìs-Devìs, Peiró-Velert, Beltrán-Carrillo, & Tomás, 2009). Tale ricerca era interessata a rilevare la frequenza d’uso di tutti gli screen media, ovvero quei dispostivi elettronici che richiedono l’interazione con uno schermo, e il questionario per tale rilevazione è stato somministrato ad ogni adolescente da un intervistatore. È emersa una media d’uso per i videogiochi di 0.27 ore al giorno; un risultato che, se riportato su scala sessagesimale, corrisponde a meno di 20 minuti al giorno.

Per quanto riguarda l’Italia, in Campania, una ricerca condotta con 1034 preadolescenti e adolescenti di (M=13.7 anni) ha rilevato una media quotidiana d’uso dei videogiochi di 99 minuti al giorno per il 59.6% dei partecipanti che hanno dichiarato di essere giocatori (Patriarca, Di Giuseppe, Albano, Marinelli, & Angelillo, 2009). Inoltre, lo studio ha anche riscontrato che l’età era un predittore del tempo mediamente speso a giocare ai videogiochi. In particolare, l’età prediceva in modo significativo e negativo l’uso dei videogiochi, ad indicare come all’aumentare di ogni anno d’età, il tempo speso di fronte ai videogiochi diminuisse progressivamente.

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31 Anche in Asia il tempo speso a giocare sembra essere molto alto nella popolazione giovanile. In Singapore, con un campione di 3034 adolescenti di età compresa fra 8 e 10 anni e fra 12 e 14 anni, sono state studiate ogni anno, per tre anni, dal 2007 al 2009 le abitudini di uso dei videogiochi (Gentile et al., 2011). La media delle ore di gioco settimanali riportata è risultata non discostare significativamente nelle tre rilevazioni. Nello specifico, nel 2007 il tempo settimanalmente speso per giocare è risultato essere in media di 22.53 ore, nel 2008 di 22.52 e infine nel 2009 di 20.95 ore. Fra gli adolescenti provenienti dalla Korea del Sud (Lee et al., 2007), è stata invece rilevata una frequenza d’uso giornaliera, tramite un questionario semi-strutturato somministrato dagli insegnanti, di 1.47 ore durante la settimana e di 2.56 ore nel fine settimana. Il campione di riferimento per questi risultati era composto da 627 studenti di due scuole secondarie di primo grado e una scuola secondaria di secondo grado, con un’età media di 15.84 anni. Il 77.8% di questi era di sesso maschile, il 22.2% di sesso femminile. A Taiwan invece, nel 2004, è stata rilevata una frequenza d’uso media di 3.25 volte a settimana. Rispetto al tempo, la media settimanale si attestava sulle 2 ore e 8 minuti. I dati sono relativi ad un campione di 1228 adolescenti di età compresa fra gli 11 e i 16 anni (Chiu, Lee, & Huang, 2004).

Uno studio recente, condotto in cinque nazioni (Bulgaria, Germania, Lituania, Olanda, Romania e Turchia) da Kovess-Masfety e colleghi (2016), è stato uno dei primi a incentrare la ricerca sui bambini di età più piccola. Il campione dello studio risultava infatti composto da 3195 bambini di età compresa fra 6 e 11 anni. La frequenza e le ore di gioco dei bambini in una settimana è stata indagata intervistando le madri degli stessi. Il 20% delle madri intervistate ha stimato un uso maggiore di cinque ore alla settimana, il 40% un uso compreso fra una e cinque ore di gioco settimanali, mentre per il 39% delle

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32 madri indicava che il figlio dedicava meno di un’ora alla settimana ai videogiochi. Fra coloro che utilizzavano con alta frequenza i videogiochi (cioè per più di cinque ore alla settimana), solo una parte esigua di bambini giocava per più di venti ore alla settimana (0.69%), il 20% giocava per più di dieci ore e il 59% per più di sette ore a settimana (Kovess-Masfety et al., 2016). Inoltre, sono state rilevate differenze significative rispetto alle ore di uso dei videogiochi tra i bambini in relazione all’età. Nello specifico, fra i bambini di 6 anni, il 55.65% dedicava meno di un’ora a settimana alle attività videoludiche, il 28.87% ve ne dedicava fra una e cinque ore, mentre il 15.47% più di cinque ore. Fra i bambini di 8 anni di età, le percentuali rilevate risultavano essere rispettivamente del 44.61% (meno di un’ora a settimana), del 35.12% (fra una e cinque ore a settimana) e 20.27% (più di cinque ore a settimana). Fra i bambini di 11 anni, invece, il 26.29% risultava appartenere alla bassa categoria d’uso (meno di un’ora a settimana), il 46.52% faceva uso dei videogiochi per un tempo compreso fra una e cinque ore a settimana e il restante 27.19% per più di cinque ore a settimana.

Per comprendere come evolvano le abitudini di gioco nella vita adulta rispetto all’adolescenza può essere presa in esame una ricerca condotta in Norvegia con 816 partecipanti di età compresa fra 15 e 40 anni (Mentzoni et al., 2011). I partecipanti sono stati selezionati casualmente e contattati tramite una mail, dalla quale si poteva accedere e compilare il questionario. Considerando quattro fasce d’età (da 16 a 21 anni, da 21 a 27, da 28 a 33 e da 34 a 40 anni), è emerso che i più giovani dedicavano molte più ore a settimana ai videogiochi rispetto al terzo e al quarto gruppo, ma non rispetto al secondo. Il tempo speso nell’utilizzo di videogiochi sembrava quindi essere relativamente omogeneo nel range di età compreso tra 16 e 27 anni, per poi diminuire con il passaggio all’età adulta.

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33 2.2. Le abitudini di gioco in relazione al genere

Rispetto al genere, in letteratura, è documentata una netta preferenza dei maschi nei confronti dei videogiochi rispetto alle femmine. Tali differenze di genere sono apprezzabili sia per quanto concerne la diffusione sia per quanto riguarda le abitudini di gioco.

In merito alla diffusione, le differenze risultano essere però meno marcate. Il report del 2016 dell’Entertainment Software Association (ESA) ha messo in luce come, nella popolazione generale nordamericana, il 59% dei giocatori sia di sesso maschile e il 41% di sesso femminile. In Spagna, una ricerca condotta con adolescenti di 13-18 anni (Tejeiro Salguero & Morán, 2002) ha riscontrato una propensione significativamente maggiore nei maschi a giocare con regolarità rispetto alle femmine: rispettivamente del 79% e del 32%. Anche nei giovani adulti è stata confermata questa tendenza. Con un campione di 534 partecipanti di età compresa fra 18 e 24 anni, una ricerca condotta da Lucas e Sherry (2004) negli Stati Uniti ha evidenziato una significativa differenza nella diffusione dei videogiochi in relazione al genere: sono risultate essere giocatrici il 54.6% delle femmine rispetto all’ 88.3% dei maschi.

Osservando le abitudini di gioco, si può riscontrare come vi sia una tendenza fra i maschi, in tutte le fasce d’età, a dedicare molto più tempo ai videogiochi, rispetto alle femmine. Gentile (2009) ha riportato, nella fascia d’età compresa fra gli 8 e i 18 anni, una media settimanale di ore spese a giocare ai videogiochi di 16.4 ore per i maschi e di 9.2 ore per le femmine. Tali differenze sono risultate essere statisticamente significative. Anche nello studio della KFF, relativo alla stessa fascia d’età, è stata rilevata una differenza significativa fra le ore di gioco in relazione al genere. Per i maschi, la media in un tipico giorno è risultata essere di 1 ora e 37 minuti, mentre per le femmine di 49

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34 minuti. Anche Cummings e Vandewater (2007) hanno considerato un campione rappresentativo della popolazione nordamericana formato da 1491 giovani di età compresa fra 10 e 19 anni. In questo caso le abitudini di gioco sono state studiate tramite l’uso di un diario giornaliero in cui i partecipanti, per una settimana, dovevano annotare tutte le attività quotidiane, fra le quali anche il tempo speso ai videogiochi. Durante la settimana oggetto d’esame, il 36% dei partecipanti ha dichiarato di aver giocato ai videogiochi. Rispetto al genere, hanno giocato l’80% degli uomini e il 20% delle donne. Fra i giocatori, il tempo mediamente speso a giocare è stato di 58 minuti durante i giorni feriali e di 1 ora e 37 minuti nei giorni festivi per i maschi, e di 44 minuti durante la settimana e 1 ora e 4 minuti nel fine settimana per le femmine.

In Germania la ricerca della KFN, ha riscontrato che i ragazzi di 15-16 anni avevano l’abitudine a giocare per 141 minuti al giorno in media, con un uso nei maschi che è risultato essere più del doppio di quello nelle femmine. Nello specifico, lo studio ha riportato un uso medio di 130 minuti al giorno nei giorni feriali e 167 minuti nei giorni festivi per i maschi e di 53 minuti nei giorni feriali e 64 minuti nei giorni festivi per le femmine. Inoltre, il 12.6% delle femmine e il 39% dei maschi è stato definito giocatore accanito, dato che spendeva più di due ore e mezza al giorno con i videogiochi (Rehbein et al., 2010). Patriarca e colleghi (2009) sono giunti alle stesse conclusioni rispetto a un campione di adolescenti italiani (𝑛 = 1034) di 11-16 anni, che è risultato giocare in media 99 minuti al giorno ai videogiochi. In tale studio è emerso che il genere era un predittore significativo e negativo del tempo speso a giocare ai videogiochi, ad indicare che il genere femminile risultava essere associato ad un uso dei videogiiochi di 35 minuti inferiore a quello dei maschi.

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35 Anche nei bambini (6-11 anni) la tendenza dei maschi a preferire i videogiochi rispetto alle femmine è stata confermata (Kovess-Masfety et al., 2016). Al genere maschile è infatti stato associato un uso significativamente maggiore dei videogiochi. Nello specifico, nel sottogruppo dei bambini, il 35.97% è risultato appartenere alla categoria di basso uso di videogiochi (meno di un’ora a settimana), il 41.41% alla categoria di uso moderato (fra l’una e le cinque ore a settimana) e il 22.62% alla categoria di alto uso (più di cinque ore a settimana). Per quanto riguarda le bambine invece, il 47.43% apparteneva alla categoria di basso uso, il 35.73% alla categoria di uso moderato e il 16.68% alla categoria di alto uso.

Anche in studi asiatici le abitudini in relazione al genere sembrano seguire la stessa tendenza di quella riscontrata negli studi americani ed europei. Tuttavia, andando ad analizzare i risultati di Gentile e colleghi (2011) in uno studio longitudinale condotto con adolescenti (aventi un’età compresa fra 8 e 10 anni e fra 12 e 14 anni) di Singapore, la differenza rispetto al genere sembra essere meno evidente. In dettaglio, nel 2007 il confronto fra la media di ore spese giocando in una settimana, rispettivamente di 21.54 ore per i maschi e di 18.28 ore per le femmine, è risultata essere statisticamente significativa. Anche il confronto effettuato del 2008 è risultato statisticamente significativo, con una media per i maschi di 23.47 ore e per le femmine di 19.88 ore. Invece, il confronto tra le medie rilevate nel 2009, rispettivamente di 21.44 ore e di 19.51 ore, non è risultato essere significativo.

Differenze di genere sono riscontrabili anche prendendo in considerazione un range di età più ampio. Infatti, abitudini di gioco simili sono state individuate anche rispetto ad un campione comprendente bambini della scuola primaria, preadolescenti della scuola secondaria di primo grado, adolescenti della scuola secondaria di secondo grado e

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36 studenti universitari (Greenberg et al., 2010). Considerando il campione totale, per i maschi la media settimanale si attestava sulle 18.56 ore, con una differenza statisticamente significativa rispetto alle 8.16 ore di gioco delle femmine. Inoltre, per entrambi i sessi il picco di ore spese ai videogiochi si attestava fra 13 e 14 anni, quando i maschi giocavano circa 23 ore alla settimana e le loro controparti femminili in media 11.5 ore a settimana (Greenberg et al., 2010).

2.2.1 Fattori esplicativi delle differenze di genere nell’uso dei videogiochi Al fine di spiegare le differenze di genere nell’uso dei videogiochi sono state avanzate varie ipotesi. La prima ipotesi riguarda il contenuto dei videogiochi (Hartmann & Klimmt, 2006). I protagonisti dei videogiochi, infatti, sono quasi sempre di sesso maschile, sfavorendo così un processo di identificazione da parte delle giocatrici. Inoltre, i generi risultano essere fortemente stereotipati nei videogiochi, sia nei personaggi principali che in quelli secondari. Infatti, nei personaggi maschili viene fortemente accentuata la mascolinità, in quelli femminili si va invece incontro o ad un’eccessiva sessualizzazione del corpo oppure viene sottolineata la necessità di esser protette o salvate dai protagonisti maschili. Questa polarizzazione nell’utilizzo di un punto di vista maschile e stereotipato può risultare disincentivante per le femmine che si approcciano al gioco. In secondo luogo, molti videogiochi hanno come punto cardine l’uso della violenza per la risoluzione dei conflitti, aumentando l’interesse del pubblico maschile e sfavorendo quello del pubblico femminile. In aggiunta i videogiochi sono caratterizzati dal poco interesse verso l’interazione sociale fra i personaggi e l’impoverimento dei dialoghi, i quali vengono ridotti ai minimi termini. Queste tre caratteristiche sono state studiate da Hartmann e Klimmt (2006) al fine di poter determinare se effettivamente contribuiscano

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37 a determinare una differenza fra i generi nell’uso dei videogiochi. Il campione della ricerca era formato da 223 ragazze tedesche di età compresa fra 18 e 24 anni alle quali veniva presentato un questionario cartaceo, nel quale erano rappresentate diverse copertine di scatole di videogiochi con un’immagine esemplificativa e una breve descrizione del contenuto. Le tre variabili indipendenti prese in esame erano la “rappresentazione del ruolo di genere” (sessualizzato/non sessualizzato), la “violenza” (alta/bassa) e la “ricchezza di interazioni sociali” (alta/bassa). Delle otto combinazioni possibili fra i livelli di queste variabili, ne sono state scelte quattro esemplificative. La scelta di usarne quattro delle otto possibili risulta essere in relazione al tipo di analisi statistica utilizzata, l’Analisi Congiunta, la quale viene utilizzata per studiare quale sia la combinazione di variabili preferita dai soggetti e stimare quanto peso abbia ogni singola variabile sulla determinazione del risultato totale. Inizialmente sono stato studiati i punteggi di utilità, i quali forniscono un indice su quale livello di ogni singola variabile risulta preferibile. Dai risultati è emerso che il gioco preferito dovrebbe contenere molte interazioni sociali, ruoli di genere non stereotipati e bassa violenza. Successivamente è stata studiata la media dei punteggi di importanza, i quali esprimono, sottoforma di percentuale, quanto mediamente influisca una variabile rispetto alle altre nella scelta di uno dei quattro videogiochi. Ad essere maggiormente determinante è risultata in primo luogo la “ricchezza di interazioni sociali”, seguita dalla “rappresentazione del ruolo di genere” e dalla “violenza”.

I risultati di una seconda analisi condotta dagli stessi autori con lo stesso metodo (n=177) hanno confermato solo in parte i risultati riscontrati nel primo studio. Nello specifico, il punteggio di importanza per la variabile “ricchezza delle relazioni sociali” è risultato essere molto più alto, mentre per quanto riguarda la variabile “rappresentazione

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