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Tutte le specie del genere Saxifraga sono protette in Toscana ai sensi della Legge Regionale n

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro vuole essere un contributo alla conoscenza e alla salvaguardia del patrimonio vegetale delle Alpi Apuane, una delle aree di maggiore interesse a livello nazionale per la diversità sia floristica che biocenotica. Esso si inquadra nell’ambito di una serie di studi botanici concordati con la Direzione dell’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane, non solo per finalità accademiche, ma anche con l’intento di produrre contributi finalizzati alla corretta gestione territoriale del Parco. Per questo motivo è stata stipulata nel 2000 una convenzione tra l’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane e il Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Università di Pisa, nella quale si fissano i termini di una reciproca collaborazione inserita nel più ampio accordo nazionale tra il Coordinamento Nazionale dei Parchi e Riserve Naturali e la Società Botanica Italiana.

L’obiettivo del presente lavoro è lo studio della distribuzione e della consistenza demografica di alcune entità critiche del genere Saxifraga, anche ai fini della loro conservazione.

Il genere Saxifraga è uno dei rappresentanti più tipici di quelle formazioni vegetali discontinue litofile, casmofile e glareicole di rupi, affioramenti rocciosi, pietraie e ravaneti, che caratterizzano fortemente il paesaggio apuano. Infatti le forme del territorio sono costituite prevalentemente da versanti con salti di roccia, scarpate e affioramenti rocciosi e secondariamente da cime e crinali, versanti con frane e movimenti di massa (compresi i ravaneti).

Inoltre, molte delle entità del genere Saxifraga note per la regione apuana hanno un notevole interesse fitogeografico, in quanto orofite a distribuzione prevalentemente sud-europea che potrebbero avere significato relittuale legato alle fasi terminali del glacialismo quaternario.

Tutte le specie del genere Saxifraga sono protette in Toscana ai sensi della Legge Regionale n. 56 del 6 aprile 2000, allegato C.

In particolare, 5 entità del genere Saxifraga fanno parte dell’elenco di specie definite, ai sensi della stessa legge (allegato A3), “specie vegetali di interesse regionale, la cui conservazione può richiedere la designazione di Siti di Importanza Regionale”. Tra queste, S. aspera* è inclusa anche nella Lista Rossa Regionale (categoria IUCN: VU) e nella lista di attenzione del Repertorio Naturalistico Toscano (Appendice A).

Dopo una prima ricerca bibliografica su tutto il genere Saxifraga in territorio apuano, l’indagine è stata indirizzata su alcune entità selezionate per la loro presenza particolarmente sporadica e discontinua sulle Alpi Apuane.

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La regione apuana

Le Apuane costituiscono un ambiente peculiare per la posizione geografica e la complessa geologia. Il clima, assai variabile in rapporto a numerosi fattori (morfologia, vicinanza al mare, esposizione etc.), permette il sussistere di una flora di grande interesse biogeografico, rappresentata da endemismi, relitti, specie disgiunte, taxa vicarianti.

La regione apuana viene indicata da alcuni autori (FERRARINI & MARCHETTI 1994;

PICHI SERMOLLI 1999) in senso piuttosto ampio, comprendendo oltre al gruppo montuoso anche la pianura costiera e le zone planiziali d’oltre Serchio sino a Lucca;

si può parlare in questo caso di “Regione Apuana sensu lato” (VAIRA et al., 2005).

Altri preferiscono indicare come regione apuana la sola porzione montuosa del territorio in oggetto, individuando come confini delle linee naturali che sono rappresentate a occidente dall’inizio della pianura costiera (linea pedemontana), a Nord dal corso dei fiumi Magra e Aulella, a Est e a Sud da quello del Serchio (BECHI, 1992). Questa può essere indicata come “Regione Apuana sensu stricto” ed è la regione alla quale si riferisce il presente lavoro.

Le Alpi Apuane costituiscono un complesso montuoso di forma grossolanamente ellittica che si sviluppa per un’estensione di circa 400 km². L’asse maggiore si estende con direzione prevalentemente NO-SE, per una lunghezza di circa 50 km tra Aulla e la piana lucchese, mentre l’asse minore è di circa 23 km tra il Serchio e il limite interno della pianura costiera.

Pur costituendo una catena secondaria del sistema appenninico, le Alpi Apuane spiccano rispetto ai monti vicini per l’asprezza delle cime e per le quote non indifferenti, tenuto conto che si elevano quasi direttamente dal mare.

Complessivamente, le vette più alte sono concentrate nella parte centro- settentrionale della regione: M. Pisanino (1947 m), M. Cavallo (1895 m), M.

Tambura (1890 m), Pania della Croce (1859 m), M. Grondilice (1809 m), Pizzo Maggiore (1794 m), M. Contrario (1789 m), Pizzo d’Uccello (1781 m), Penna di Sumbra (1764 m), M. Sagro (1749 m), Pizzo Altare (1746 m), M. Sella (1739 m), Alto di Sella (1723 m), Pizzo delle Saette (1720 m), M. Fiocca (1711 m), M.

Roccandagia (1700 m), M. Corchia (1677 m), M. Altissimo (1589 m) (MONTAGNA et al., 1979).

Essendo separate dai gruppi montuosi adiacenti da profonde vallate (Val di Magra, Val di Serchio), le Alpi Apuane si trovano in una situazione di isolamento geografico; ad esso va ad aggiungersi l’isolamento ecologico: la diversa composizione litologica – prevalentemente calcarea – a cui consegue una particolare geomorfologia, rispetto alle zone limitrofe, conferisce a queste montagne quel carattere di “insularità” che secondo la definizione di STEBBINS

(1942) si può applicare a molti tipi di ambienti radicalmente differenti da quelli circostanti (BECHI, 1992).

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Per quanto riguarda la vegetazione, basterà qui ricordare che:

un orizzonte di sclerofille mediterranee a Quercus ilex L. (leccio) è rilevabile fin verso i 200 m di altitudine in alcune zone;

gran parte delle colline, dal mare fin verso i 700 m, ospitano pinete a Pinus pinaster Aiton (pino marittimo), prevalentemente messe a dimora dall’uomo in sostituzione del castagno da frutto, diffusissimo un tempo e ora ridotto;

sui terreni calcarei, tra la fascia mediterranea a leccio e la faggeta in alto, si estendono in parte i querceto-carpineti (a cerro o roverella, con Ostrya carpinifolia Scop., Acer campestre L. etc.);

le faggete, anche se ampiamente ridotte o degradate dall’attività umana, dominano fino alle praterie subalpine;

al di sopra del precedente orizzonte, la vegetazione ipsofila viene distinta per la natura del substrato: sulle vette silicee, brughiere a Vaccinium myrtillus L., con altre entità acidofile; sulle creste calcaree, ridotti pascoli graminosi a Brachypodium genuense (DC.) Roemer & Schultes, Sesleria sp. pl., Poa sp. etc.

È nelle fessure delle rocce calcaree, nei ghiaioni, sulle pareti ripide, che vengono principalmente ospitate le piante più rare o notevoli delle Alpi Apuane: da segnalare il ricco contingente di endemiti orofili, il grande significato biogeografico di numerose entità ad areale disgiunto o di tipo relitto, le vicarianze (MARCHETTI et al., 1979).

Le piante con areali a carattere relittuale, che possono essere considerate tracce di flore passate, sono quelle di maggior interesse fitogeografico e possono essere così raggruppate:

piante distribuite nella penisola italiana e balcanica;

piante dell’Europa occidentale;

piante alpine;

piante mediterranee montane;

piante artico-alpine;

piante endemiche apuane.

Le piante mediterranee montane sono considerate molto antiche: vicissitudini climatiche di tempi passati le hanno spinte ad alte quote, dove hanno il comportamento di piante relitte, con areali spesso disgiunti.

Tra queste, Saxifraga callosa Sm. in Dickson ha areale esteso dalle Alpi Marittime alle Alpi Apuane e all’Appennino, alla Sicilia e alla Sardegna.

I piani di vegetazione accennati hanno subito, nel corso dei tempi, oscillazioni legate ai mutamenti climatici: ora sono scesi di quota tanto da portare il piano montano del faggio nelle colline che sovrastano la pianura costiera o nei fondovalle della Garfagnana e della Lunigiana, ora sono risaliti tanto da portare alcune piante della costa mediterranea oltre i 1000 m di altitudine. Testimoni di queste

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Tra le piante in stazioni eterotopiche a bassa quota, si citano i cespi di Saxifraga exarata Vill. ssp. pseudoexarata (Br.-Bl.) D. A. Webb., che normalmente vegeta al di sopra dei 1500 m, sulle rupi diabasiche delle rive del Serchio alla Capriola di Poggio di Garfagnana, a 350 m di quota (Fig. 6, pag. 23).

Ricerche botaniche nel territorio apuano

I primi riferimenti botanici alla regione apuana risalgono al XVI secolo e sono costituiti da pubblicazioni di ANGUILLARA (1561) e di LOBEL e PENA (1570), oltre che da vari manoscritti e dall’erbario di ALDROVANDI, con riferimenti a un’escursione del 1553(SOLDANO, 2004).

Successivamente, si hanno notizie botaniche riguardanti le Alpi Apuane in BOCCONE (1697), mentre nel secolo successivo si registra un crescente interesse con VITMAN (1773) e TARGIONI-TOZZETTI (1777). Nel XIX secolo vengono descritte piante esclusive del territorio apuano (VIVIANI, 1804, 1808; SAVI, 1804;

BERTOLONI, 1819, 1832; SOMMIER, 1894). Di flora apuana trattano anche i lavori di SAVI (1804, 1808-1825), BERTOLONI (1819, 1832) e SIMI (1851). Poco più tardi, in un’opera unica seguita da due supplementi, vengono sintetizzate le conoscenze complete della flora toscana (CARUEL, 1860, 1866, 1870).

Nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, PELLEGRINI (1942) fornisce dati assai dettagliati per la parte del territorio che rientra nella provincia di Massa- Carrara. Nella seconda metà del XX secolo si moltiplicano vertiginosamente gli studi dedicati alla regione apuana in vari filoni: studi floristici, studi vegetazionali, studi su singole piante, ricerche sui pollini fossili, studi biosistematici e citotassonomici; in particolare, in quest’ultimo campo, un primo contributo è stato fornito da CORSI e GARBARI (1971). Di fondamentale importanza dal punto di vista floristico sono certamente i tre volumi del Prodromo alla Flora della Regione Apuana (FERRARINI & MARCHETTI, 1994; FERRARINI et al., 1997; FERRARINI, 2001), ultimo lavoro globale sulla flora apuana.

Più scarsi invece i contributi che registrano l’esatta estensione delle popolazioni e la loro consistenza demografica, parametri fondamentali per la corretta attribuzione alle categorie di rischio secondo i criteri definiti dalla IUCN (2001).

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Il genere Saxifraga

Il termine “saxifraga” deriva dal latino saxum (roccia) e frangere (rompere) e sembra sia stato usato per la prima volta da Dioscoride (l° sec D.C.), con probabile riferimento alla capacità di queste piante di vivere nelle fratture delle rocce che poi tendono ad allargare con le proprie radici. Secondo un’altra interpretazione, le sassifraghe dovrebbero il loro nome alla fallace convinzione (per la somiglianza dei bulbilli, presenti in alcune specie, ai calcoli) che esse possano spezzare i calcoli renali (CAVADINI, 2004).

L’attuale genere Saxifraga L., a distribuzione cosmopolita, è costituito prevalentemente da specie orofile e sistematicamente appartiene alle Saxifragaceae, famiglia rappresentata in Europa anche dai generi Chrysosplenium, Bergenia, Parnassia, Philadelphus e Ribes.

Le sassifraghe sono piante erbacee, a volte legnose alla base, generalmente perenni, raramente annuali o bienni. Presentano foglie semplici, ma spesso profondamente divise, generalmente alterne o riunite in rosette basali, raramente opposte. I fiori sono pentameri, con 10 stami e ovario supero o infero. Sono spesso raggruppati in cime o pannocchie, raramente solitari. I frutti sono generalmente capsule (Fig. 1).

Appartengono al genere Saxifraga circa 480 specie, di cui 123 presenti in Europa. Le aree di maggior diffusione in Europa sono: Alpi, Pirenei, montagne del nord della Spagna, Penisola Balcanica, Monti della Grecia e della Bulgaria, regioni artiche e subartiche; nella regione himalayana-tibetana: Cina e montagne della catena himalayana; inoltre Giappone e territori continentali asiatici limitrofi; nel Nord America soprattutto la porzione occidentale delle Montagne Rocciose, il Parco Nazionale Denali, la parte sud della Columbia Britannica, l’Oregon e il Parco Nazionale di Yosemite; in Asia sud-occidentale: Caucaso, Turchia, Iran settentrionale; nel Nord Africa le montagne dell’Atlante in Marocco e Algeria.

Alcune specie hanno un areale molto limitato se non addirittura puntiforme, così da essere ritenute endemiti ristretti. Altre vegetano in un territorio più esteso ma sempre limitato ad una sola catena montuosa. Altre ancora sono presenti su areali molto ampi che comprendono territori europei ed extraeuropei. Tra queste segnaliamo S. adscendens L., S. oppositifolia L., S. paniculata Miller.

Le sassifraghe colonizzano in genere le zone di altitudine; crescono infatti prevalentemente su rupi, ghiaioni, sfasciumi, creste ventose, vallette nivali ad altitudini piuttosto elevate. Solo un numero ristretto tra le specie considerate trova l’habitat ideale di crescita a quote inferiori; tra queste ricordiamo: S. tridactylites L. e S. granulata L.

Il periodo di fioritura della maggior parte delle specie descritte è compreso tra giugno ed agosto. Alcune specie presentano una fioritura più precoce, quali S.

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Alcune specie sono dotate di ampio polimorfismo. Un caso tra i più eclatanti riguarda Saxifraga paniculata Miller, tanto che è stata suddivisa in una cinquantina di sottospecie, varietà e forme diverse: in tal caso il valore tassonomico attribuibile alle variazioni sarà riconosciuto solo per le razze geografiche (speciazione geografica) (ANCHISI et al., 1999).

Un esempio ancor più significativo ed intricato è offerto da Saxifraga exarata Vill., ove la variabilità dei singoli individui è talmente ampia da non poter più riconoscere e definire i caratteri tipici delle ssp. exarata e pseudoexarata: ci si trova di fronte ad una moltitudine di forme intermedie che ANCHISI et al. (1999) ritengono d’origine ibridogena.

Il processo di introgressione, che vede gli ibridi spontanei reincrociarsi, produce vere e proprie popolazioni ibridogene (popolazioni introgressive) ove ogni individuo acquisisce propri caratteri intermedi rispetto alle specie tipo (ANCHISI et al., 1999).

Sul luogo di origine delle sassifraghe sono state avanzate diverse ipotesi; secondo SYMKIEWICZ (1937) e CAIN (1944) il centro di diffusione sarebbe l’Europa, per KAPLAN (1981) si sarebbero propagate partendo dalle coste settentrionali dell’Oceano Pacifico in corrispondenza del Mar di Bering; dal punto di vista di STEBBINS (1984) il luogo d’origine delle sassifraghe dovrebbe essere individuato nelle zone artiche e subartiche.

Per quanto riguarda la descrizione delle specie, la prima illustrazione in cui viene raffigurata, con un certo grado di attendibilità, una specie appartenente al genere Saxifraga risale all’Herbarum vivae icones, celebre opera di BRUNFELS che riporta Saxifraga granulata L. (ANCHISI et al., 1999).

LINNEO classificò nella sua opera Flora Lapponica del 1737 le 37 specie allora conosciute, raggruppate in 11 sezioni.

Dopo LINNEO, il primo botanico che cercò di classificare le sassifraghe per gruppi di specie tra loro affini, fu un giardiniere inglese di nome ADRIAN HAWORTH. Nel 1803 pubblicò Miscellanea Naturalia, opera nella quale suddivise 49 specie conosciute in 6 sezioni; in altri suoi lavori (Synopsis Plantarum Succulentarum del 1812 e Saxifragarum Enumeratio del 1821), egli ampliò ulteriormente le suddivisioni.

Un impulso notevole alla classificazione del genere Saxifraga lo si deve soprattutto ad ENGLER con le pubblicazioni del 1867 e 1869, culminate nella monografia completa del 1872 che suddivide il genere in 15 sezioni e nella prima edizione di Pflanzenfamilien (1891), ove fu introdotta una chiave di determinazione delle specie in sezioni.

L’opera più importante resta senza dubbio la monumentale monografia Pflanzenreich scritta da ENGLER in collaborazione con IRMSCHER nel 1916, dove sono incluse molte specie asiatiche e del N. America.

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Di particolare pregio è lo studio di WEBB e GORNALL edito nel 1989 con il titolo

“Saxifrages of Europe – with notes on African, American and some Asiatic species” nel quale il genere Saxifraga L. è stato suddiviso in 15 Sezioni, Sottosezioni e Serie. (Sezioni:

Ciliatae, Cymbalaria, Merkianae, Micranthes, Irregulares, Heterisia, Porphyrion, Ligulatae, Xanthizoon, Trachyphyllum, Gymnopera, Cotylea, Odontophyllae, Mesogyne, Saxifraga).

Da ultimo la classificazione completa ed aggiornata in Sezioni, Sottosezioni e Serie delle sassifraghe europee compare nel 1º volume della Flora europaea di TUTIN et al., riedito nel 1993 (ANCHISI et al., 1999).

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