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STUDIO COMPARATO DI MODERNE TECNICHE COMPUTAZIONALI PER L'INCLUSIONE DELLA CORRELAZIONE ELETTRONICA IN STATI ECCITATI DI PICCOLE MOLECOLE IONIZZATE

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale Corso di Laurea Magistrale in Scienze Chimiche

Curriculum Chimico-Fisico

Studio comparato di moderne tecniche

computazionali per l’inclusione della

correlazione elettronica in stati eccitati

di piccole molecole ionizzate

tesi di: Enrico Trevisani

Relatori: .

prof. Claudio Amovilli ... .

prof. Celestino Angeli ... .

Controrelatore: .

prof. Giovanni Granucci ... .

Candidato: .

Enrico Trevisani ... .

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CdL magistrale in Sc. Chimiche - Curriculum chimico-fisico

Internato:

Dip. di Sc. Chimiche e Farmaceutiche Università di Ferrara

Relatori

prof. Claudio Amovilli prof. Celestino Angeli

Controrelatore

prof. Giovanni Granucci

Laureando Enrico Trevisani

Data della discussione 27/07/2018

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Ringraziamenti

Credo di poter dire che gli autori principali di questa tesi siano i miei genitori. Devo al loro quotidiano sacrificio e al loro immancabile sostegno più che al mio personale lavoro tutte le piccole vittorie della mia carriera da studente compresa questa. Spero di ripagare almeno in parte lo sforzo che avete offerto affichè potessi prepararmi alla vita.

Grazie davvero di cuore anche a mia sorella che mi ha aperto la sua casa e si è presa cura di me quando ne ho avuto bisogno: piano piano le cose stanno cambiando. Un ringraziamento voglio rivolgerlo anche a tutti i professori che hanno creduto in me spingendomi a inseguire obiettivi ambiziosi per la mia formazione. In particolare al prof. Renzo Cimiraglia che per primo mi ha accompagnato alla scoperta di que-sto mondo affascinante che è la chimica teorica. Ai patrocinatori di questa tesi in particolare al prof. Claudio Amovilli il cui sostegno e la cui comprensione non sono mai mancati anche nei momenti in cui ci siamo trovati lontani. La sua dedizione alla scienza e all’insegnamento mi sono di esempio per il futuro. Grazie al prof. Celestino Angeli per avermi ri-accolto in dipartimento, per i suoi incoraggiamenti sempre pre-senti nonostante le tante difficoltà che ci hanno colpito personalmente.

Un ringraziamento speciale desidero rivolgerlo a tutti gli insegnanti che hanno contri-buito a rendere completa la mia formazione di chimico e di persona: in particolare al prof. Persico per le sue singolari capacità di maestro e di ascoltatore.

Un sincero grazie anche ai miei "compagni di ventura" colleghi, coinquilini e amici in particolare a Giacomo con cui per un poco ho avuto il piacere di condividere il banco, prima, e la scrivania ’ufficiale’ poi: per i suoi consigli e la grande stima che ha sempre rivolto nei miei confronti.

Un sincero grazie a tutti quelli che mi hanno accompagnato a questa meta regalandomi qualche minuto della loro giornata, un sorriso, l’ascolto paziente, una preghiera... in particolare a don Giacomo con cui presto mi troverò "dall’altra parte del mondo", a Mara e Giovanni, a Lillo, Luca e Sabrina, a tutti gli amici del rinnovamento. Forse a loro sarà sembrato poco ma per me ha significato tanto.

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Indice

Ringraziamenti i Indice iv Introduzione v I Sezione Teorica 1 1 Metodi Multireference PT 3

1.1 Introduzione ai metodi ab − initio . . . 3

1.1.1 Formalismo della seconda quantizzazione . . . 5

1.1.2 Approssimazione Hartree-Fock . . . 6

1.1.3 Metodi post − HF . . . 7

1.2 Teorie perturbative multireference . . . 9

1.2.1 Teorie perturbative diagonalizza e perturba (SS) . . . 10

1.2.2 Teorie perturbative perturba e diagonalizza (MS/QD) . . . 14

1.3 Proprietà . . . 15

2 Metodo Monte Carlo 17 2.1 Integrazione stocastica . . . 17 2.1.1 Campionamento di importanza . . . 18 2.2 Applicazioni Quantistiche . . . 21 2.2.1 Funzioni di prova . . . 21 2.2.2 Variational-MC . . . 22 2.2.3 Diffusion-MC . . . 25

2.2.4 Un esempio esplicativo: transizioni di singoletto π → π∗ del Benzene . . . 30

II Sezione Computazionale 33 3 Stati adiabatici 35 3.1 Introduzione. . . 35

3.1.1 Dettagli computazionali . . . 35

3.2 Calcoli sugli stati elettronici di N2, N+2 e N++2 . . . 37

3.2.1 N2 - 11Σ+g (X) . . . 37

3.2.2 N+2 - Stati 2Σ+ g . . . 39

3.2.3 N+2 - 12Πu(A) . . . 43

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3.2.5 N+2 - Stati 2Πg . . . 48 3.2.6 N+2 - Stati 2∆g . . . 53 3.2.7 N+2 - Stati 2Σ−u . . . 55 3.2.8 N+2 - Stati 2Σ+u . . . 57 3.2.9 N+2 - 12Φg . . . 62 3.2.10 N++2 - Stati AG (D2h) . . . 63

3.3 Conclusioni sul confronto del calcolo delle energie . . . 65

4 Simulazione degli spettri 71 4.1 Moti interni per una molecola biatomica . . . 71

4.2 Spettroscopia di assorbimento ed emissione . . . 73

4.3 Spettroscopia di fotoionizzazione . . . 78

4.4 Spettri di N2 . . . 79

4.4.1 Spettri di fotoionizzazione UPS e XPS di N2 . . . 79

4.4.2 Spettri di emissione in fluorescenza UV-Vis e XRF di N+2 . . . 81

5 Conclusioni 85 III Appendici e Bibliografia 87 A Metodi computazionali 89 A.1 Considerazioni introduttive sulla proiezione . . . 89

A.2 Approccio varazionale . . . 89

A.3 Approccio perturbativo Reyleigh-Schrödinger . . . 90

A.3.1 Singolo stato (SS) . . . 91

A.3.2 Multi Stato (MS) . . . 92

B Confronto delle costanti spettroscopiche 95 B.1 Considerazioni sulle costanti spettroscopiche . . . 95

B.1.1 Separazione delle componenti dell’energia elettronica . . . 95

B.1.2 Te e residui per le energie elettroniche . . . 97

B.1.3 Costanti dipendenti dalla curvatura all’equilibrio ωe e k . . . . 98

B.1.4 Costanti dipendenti da una coordinata del flesso ωeχe e De . . 99

B.1.5 αe . . . 100

B.2 Generalizzazioni. . . 101

C Transizioni 105 C.1 Spettri di fotoionizzazione UPS e XPS di N2 . . . 105

C.2 Spettro di emissione di N+2 . . . 109

C.2.1 Decadimento degli stati eccitati di N+2 ottenuti per ionizzazione diretta della valenza . . . 109

C.2.2 Decadimento dello stato eccitato di N+2 ottenuto dalla ionizza-zione del guscio interno . . . 112

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Introduzione

L’oggetto del nostro studio è un argomento di attualità scientifica sin dagli albori del calcolo quantistico: la correlazione elettronica.

Questa componente risulta cruciale, per esempio, per ben ordinare gli stati sopratutto se molto alti in energia, modellizzare intersezioni coniche e intersezioni evitate, trat-tare correttamente la rottura di un legame chimico, tutte condizioni senza le quali molti fenomeni fisici reali dalla spettroscopia sino alla termodinamica di reazione ri-sulterebbero malamente rappresentati. E’ chiaro perciò che, negli ultimi 20-30 anni, alcune generazioni di modellisti abbiano duramente lavorato con l’intento di trattare sempre meglio questa componente dell’energia cercando di mantenere contenuti i costi computazionali. Da un lato questo è avvenuto ricorrendo a calcoli basati sulla teo-ria del funzionale di densità, un approccio in grado di coniugare basso costo e buona accuratezza e pertanto adatto alla modellizzazione di sistemi grandi e complessi. Dal-l’altro sfruttando metodi ab-initio variazionali multi reference e il Coupled Cluster, tecniche accurate e molto affidabili il cui costo, tuttavia, le rende applicabili solamen-te a sissolamen-temi relativamensolamen-te semplici. Da questo punto di vista le solamen-teorie perturbative Multireference rappresentano un buon compromesso in quanto risultano in genere più efficienti di un calcolo variazionale ma garantiscono ugualmente una buona trattazione della correlazione dinamica. Sul problema della "high correlation" sta conoscendo una veloce ascesa anche il metodo Quantum Monte Carlo: l’enorme sviluppo del settore informatico, unito ad un’ottima attitudine dell’algoritmo QMC alla parallelizzazione, stanno, infatti, rendendo sempre più accessibile questa tecnica di calcolo.

Le ultime novità nel campo della computazione per la trattazione della correlazione dinamica appartengono a queste due ultime categorie o a una combinazione di queste (l’integrazione di metodi formalmente diversi è un’attitudine che si sta rivelando, in-fatti, sempre più comune negli ultimi anni).

In questo lavoro abbiamo voluto confrontare pregi e difetti di tre degli ultimi più impor-tanti ritrovati per la trattazione di sistemi molto correlati: il metodo Quantum Monte Carlo (QMC) e le teorie perturbative multireference CASPT2 e NEVPT2. Per farlo abbiamo considerato il caso della moleceola di azoto su cui è presente una vasta lette-ratura di riferimento sia a livello teorico che sperimentale. Discuteremo nel dettaglio i calcoli delle energie per diversi stati eccitati della molecola singolarmente ionizzata e doppiamente ionizzata. Valuteremo l’accordo delle simulazioni su un ampio insieme di fenomeni spettroscopici ad alta energia: UPS e spettro UV-Vis, picco di ionizzazione K e decadimento XRF, stimeremo le energie di decadimento Normal-Auger. Questo studio propone un’interessante valutazione dell’applicabilità del Quantum Monte Car-lo nella rappresentazione di stati molto eccitati soffermandosi in modo critico sulla diversa trattazione della correlazione dinamica al variare della tipologia di calcolo e della geometria della molecola.

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Parte I

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Capitolo 1

MRPT

1.1

Introduzione ai metodi ab − initio

Dagli assiomi della meccanica quantistica sappiamo che il problema molecolare a M particelle (M = Nn+ Ne, dove Nn è il numero di nuclei e Ne è il numero di elettroni

del sistema) è correttamente risolto da una funzione d’onda che soddisfa la seguente equazione di Schrödinger dipendente dal tempo (TDSE)1:

b HΨ = i~∂Ψ ∂t, H = bb V + bTn+ bTe dove: b V = − Nn X α Ne X i Zαe2 |iR e−αRn| +X i<j e2 |iR e−jRe| +X α<β ZαZβe2 |αR n−βRn| b Tn = Nn X α b p2α 2mα b Te = Ne X i b p2i 2me

con kRn/e la posizione del nucleo/elettrone k (in seguito R = (Re, Rn) dove Re/n =

(1Re/n, ...,Ne/nR

e/n)), t il tempo, e la carica elementare, me la massa dell’elettrone e

Zα la carica del nucleo α.

Assumendo il sistema isolato, bV e, di conseguenza, l’hamiltoniano, risultano indipen-denti dal tempo. In questo caso si può dimostrare che:

Ψ(R, σe, σn, t) = ∞

X

i

ciΛi(Re, Rn, σe, σn) fi(t)

dove Λi sono gli stati stazionari di bH con energia Ei ottenuti risolvendo l’equazione di

Schrödinger indipendente dal tempo (TISE) e fi(t) = exp(−i Eit/~).

Per semplificare l’ottenimento degli stati stazionari si può ridurre la dimensionalità del problema separando il moto elettronico da quello nucleare. Si tratta di un’ap-prossimazione ragionevole alla luce del fatto che elettroni e nuclei, possedendo masse

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significativamente diverse tra loro (me  mn), si muovono con velocità una

media-mente superiore all’altra. Trascurando bTn potremmo introdurre un’equazione

elettro-nica in cui l’hamiltoniano bHel descrive un sistema di elettroni immerso in un campo

elettrostatico generato da nuclei fissi:

b

Helψk(Re; σe, Rn) = Ekelψk(Re; σe, Rn) (1.1)

le funzioni ψ, dette adiabatiche, dipendono dinamicamente dalle coordinate posizionali degli elettroni e parametricamente da quelle dei nuclei. La dipendenza dinamica da Rn degli stati stazionari viene introdotta da funzioni nucleari Γkv in modo tale che in

generale:

Λi =

X

k,v

ckv,iψkΓkv

Sostituendo questa espressione nella TISE si può giungere alla più compatta forma matriciale:

ψ(Hel+ Tn+ K)Γ = EψΓ (1.2)

dove: (Hel)i,j = hψi| bHel|ψji; (TN)i,j = bTNδij; (K)i,j = Pαkα(2hψi|

− → ∇αψji − → ∇α + hψi|∇2αψji);

L’approssimazione di Born − Oppenheimer prevede di trascurare K, condizione am-missibile solo in alcune circostanze. Si noti che in questo caso premoltiplicando per hψ| si giunge all’equazione nucleare.

(Hel+ Tn)Γ = EΓ (1.3)

Discuteremo più nel dettaglio questa equazione nel capitolo4in cui tratteremo la parte di spettroscopia molecolare. Nell’ambito chimico l’interesse è, in genere, rivolto alla risoluzione dell’equazione elettronica. Si supponga, per questo fine, di trascurare le interazioni interelettroniche o di trattarle in forma mediata: l’hamiltoniano descrive un sistema di particelle non interagenti e in quanto tale può essere partizionato nella somma di operatori monoelettronici. Le autofunzioni di questi operatori espanse su una base completa di orbitali atomici centrati sui vari nuclei costituiscono una base, a sua volta completa, di orbitali molecolari {ϕ}. Il teorema di espansione assicura che le funzioni d’onda adiabatiche esatte (funzioni limite Full-Configuration Interaction FCI) possono essere espresse ciascuna come una combinazione lineare di tutti i possibili prodotti di Ne spin-orbitali molecolari della base:

ψlimitF CI ,i(Re, σe) = X k1≤k2≤...≤kN N ! X ν=1 Pk νck1... kN,i N Y j=1 ϕkj(rj, σj) σj = α, β (1.4)

con Pνk il permutatore degl’indici k.

Per includere la giusta simmetria permutazionale e le condizioni di normalizzazione si definiscono delle nuove funzioni di base dette determinanti di Slater

Φk1... kN = √ N ! bA N Y j=1 ϕkj(rj, σj)

dove bA è l’operatore di antisimmetrizzazione

b A = 1 N ! N ! X ν=1 (−)νPk ν

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Singoli determinanti (o, nel caso open shell, una minima combinazione di determinanti condividenti gli stessi orbitali molecolari occupati) con definito spin e simmetria sono gli autostati dell’operatore a N particelle indipendenti2. L’insieme di queste funzioni, dette Configuration State Functions (CSF), forma una base completa per uno spazio di Hilbert che chiameremo ˜HN in cui possono essere espansi gli autostati esatti di

b

Hel(una base alternativa per lo stesso spazio è formata dall’insieme di tutti i possibili

determinanti per N particelle):

[ | CSFi ] = ˜HN = [ |Φi ] 3 ψF CI ,ilimit = |CSFi ci (1.5)

1.1.1 Formalismo della seconda quantizzazione

Ogni determinante di Slater rappresenta un definito schema di occcupazione di N spin-orbitali molecolari e può essere associato ad un vettore numero:

Φk1... kN ⇒ |ni = |n1n2... n∞i |

X

i=1

ni= N

L’insieme delle CSF espresse in termini di questi vettori forma una base completa per uno spazio vettoriale isomorfo a ˜HN che chiameremo semplicemente HN. Similmente a quanto già detto sopra, quindi:

˜

HN v [ |SQCSFi ] = HN = [ |ni ] 3SQψ limit

F CI ,i = |SQCSFi ci

Le soluzioni del problema elettronico a un qualunque numero di particelle apparten-gono alla somma diretta di tutti i possibili spazi di Hilbert:

Spazio di Fock F = H0⊕ H1⊕ ... v ˜F = ˜H0⊕ ˜H1⊕ ...

Ogni vettore numero appartenente a F può essere espresso come una sequenza ordinata di operatori di creazione e distruzione (γ(j) = (−1)Pj−1k=1nk sono i fattori di fase)

creatore a+j |... nj...i = γ(j)p1 − nj|... (nj+ 1) ...i

distruttore aj|... nj...i = γ(j)

nj|... (nj− 1) ...i

applicati al vettore vuoto (ni = 0 ∀ i) o ad un qualunque altro vettore numero dello

stesso spazio (in questo caso può sorgere però ambiguità sul segno).

Per operare su una funzione d’onda espressa secondo il formalismo della seconda quan-tizzazione è necessario un operatore espresso in termini di creatori e distruttori. Nella fattispecie si può dimostrare che:

mono-e X i b m ↔X r,s hϕr|m|ϕb sia+ras=SQMc (1.6) bi-e 1 2 X j,m m6=j bb(rj, rm) ↔ 1 2 X r,s,j,m hϕrϕs|bb|ϕjϕmia+sa+rajam =SQBb (1.7)

Questo ci basta per poter definire l’espressione dell’hamiltoniano elettronico nell’ap-prossimazione coulombiana non relativistica:

SQ b Hel = X r,s hϕr|bh|ϕsia+ras+ 1 2 X r,s,j,m hϕrϕs|g|ϕb jϕmia + sa+rajam = X r,s hrsa+ras+ 1 2 X r,s,j,m grsjma+sa+rajam 2

Si noti che la funzione d’onda elettronica deve essere autostato di spin e deve possedere le giuste caratteristiche di simmetria pertanto può essere espansa solo sulle CSF con spin e simmetria adeguati

(16)

Lo spettro di energie elettroniche sarà dato da: EF CI ,klimit = hSQψlimitF CI ,k|SQHbel|SQψ limit F CI ,ki = ∞ X i,j Cjk∗ Cikhni|SQHbel|nji

Complessivamente possiamo individuare tre differenti casi in cui l’integrale hni|SQHbel|nji nella precedente somma è diverso da zero (regole di Slater):

|nii = |nji hni|SQHbel|nii = X r hrr+ 1 2 X r,s (grsrs− grssr) (1.8) |nji = a+ µau|nii hni|SQHbel|nji = h+ X r (gurµr− gurrµ) (1.9) |nji = a+µaua+νav|nii hni|SQHbel|nji = guvµν− guvνµ (1.10) 1.1.2 Approssimazione Hartree-Fock

Ottenere l’espressione esatta della funzione d’onda rimane un’utopia considerando le richieste (completezza della base e delle configurazioni). Per ottenere una soluzione bisogna pertanto accettare di ricorrere ad alcune approssimazioni. Una delle prime ad essere stata proposta (teoria Hartree − F ock) consiste nell’esprimere la funzione d’onda con un’unica CSF. Il risultato migliore con una data base troncata3 si ottiene imponendo la seguente condizione di stazionarietà dell’energia:

δE = E − E|ϕ→ϕ0 = 0 (1.11)

dove la variazione degli orbitali ϕ0 viene effettuata con una trasformazione unitaria che lascia invariato lo spin della CSF e l’ortonormalità degli orbitali4

E|ϕ→ϕ0(κ) = heT (κ)b CSF | bH|eT (κ)b CSF i = hCSF |e− bT (κ)Heb

b

T (κ)|CSF i

≈ hCSF | bH|CSF i − hCSF |[ bT , bH]|CSF i + 1

2hCSF |[ bT , [ bT , bH]]|CSF i in un intorno di κ = 0 questa equazione può essere equivalentemente riportata in termini di un’espansione in serie di Taylor:

E|ϕ→ϕ0(κ) ≈ E(0)+ κtE(1)+1

tE(2)κ

Applicando il metodo di Newton si possono ricavare i parametri ottimali κHF che rendono stazionaria al primo ordine l’energia:

δE = hCSF |[ bT (κHF), bH]|CSF i = κHF E(1)= 0

in quanto il gradiente nel minimo è nullo. Questa condizione può essere scritta alternativamente nella forma:

Teorema generalizzato di Brillouin hCSF | bHEpq−|CSF i = 0 ∀p, q

3funzione d’onda ed autovalore → ψlimit

HF ∧ EHFlimitquando la base diventa completa 4

si usa per questo fine b T =X p>q −κpq(E − pq) E − pq= Epq− Eqp con Epq= a+p↑aq↑+ a+p↓aq↓

(17)

Si noti che la variazione dell’energia per CSF reali può essere riportata anche nella forma: δE = 2X m,n hCSF |[Emn, bH]|CSF i = 2X mn (Fnm− Fmn)

con F la matrice di Fock:

Fmn = X σ hCSF |a+[amσ, bH]|CSF i = X q hCSF |Enq|CSF ihmq+X qrs hCSF |EnqErs− δrqEns|CSF igmrqs

Nel caso closed shell la matrice di Fock assume una forma più semplice che ci permette di definire direttamente un operatore monoelettronico:

Fmncs = hmn+ X r (gmrnr− gmrrn) = hϕm| bFcs|ϕni ⇒ bFcs = bh + X r ( bJr− bKr)

Pertanto, a convergenza, i blocchi non diagonali occupati-virtuali della matrice di Fock sono nulli per il teorema di Brillouin. Ciò significa che, se ϕn è un orbitale occupato

b

F |ϕni deve appartenere al sottospazio di H1generato dai soli orbitali occupati e quindi:

b Fcs|ϕmi = occ X j |ϕji ji

applicando un’opportuna trasformazione unitaria si può giungere alla forma canonica

b

Fcs|ϕii = i|ϕii

ed espandendo su una data base atomica {χ} si ottiene l’equazione di Roothan − Hall:

Fcsci= iSci (1.12)

Gli autovalori o energie orbitaliche nel caso closed − shell hanno un’interpretazione fisica immediata in base al teorema di Koopmans: rappresentano un’approssimazione dell’energia necessaria per l’estrazione di un elettrone dal relativo orbitale molecolare. Per stati open − shell il procedimento è più complesso ma si può ugualmente giungere [76] ad un’equazione canonica analoga alla1.12, in questo caso tuttavia il teorema di Koopmans perde la sua validità.

1.1.3 Metodi post − HF

Con il metodo HF si può ottenere la migliore singola configurazione per lo stato fon-damentale (|CSFHF ,li) di ogni rappresentazione irriducibile del gruppo di simmetria

puntule a cui apprtiene la molecola: applicando a questa un operatore di eccitazione si avrebbe una configurazione non ottimale per uno stato eccitato ovvero:

c

exl→k|CSFHF,li = |CSFl→ki → hCSFHF,k| bH|CSFHF,ki < hCSFl→k| bH|CSFl→ki

In genere la rappresentazione mono configurazionale è ragionevole solo in un intorno della geometria di equilibrio per lo stato fondamentale5 dove, complessivamente, può

5

facilmente perde di significato fisico alla dissociazione e per stati eccitati per cui d’ora in poi ci riferiremo a CSFHF come a |CSFHF,0i la migliore singola configurazione per lo stato fondamentale

(18)

computare circa il 99% dell’energia effettiva del sistema. Il contributo eccedente noto come ’correlazione elettronica’ deve essere incluso ampliando l’espansione in CSF con cui, su una certa base troncata, si approssima ψF CIlimit6. Questo è possibile riccorrendo ad un metodo post − HF :

• Variazionale A.2

– Interazione di configurazioni

partendo dalla funzione HF si include all’espansione una selezione di CSF ottenute applicando operatori di eccitazione al riferimento. La selezione può essere fatta seguendo diversi criteri: l’ordine dell’eccitazione (singole, doppie ecc. al limite fino a giungere al full CI che è il risultato esatto su una certa base), oppure includendo tutte le possibili eccitazioni in un determinato sottospazio di orbitali (funzione Complete Active Space CAS). In entrambi i casi si ottiene una funzione di prova del tipo:

|φki = c0k|CSFHFi +

X

i

cikexci|CSFHFi = |CSF

0ic

Come conseguenza del teorema variazionale sappiamo che la migliore stima di autovettori (|φki = ψCI ,k) e autovalori (Ek = ECI ,k) sulla base delle

configurazioni incluse |CSF0i si ricava variando i coefficianti di espansione al fine di ottenere un minimo per l’energia:

δEk = Ek− Ek|c→c0 = 0

Questa richiesta si riduce algebricamente alla diagonalizzazione della ma-trice dell’hamiltoniano proiettato sul sottospazio generato da |CSF0i (ope-razione che può essere spesso velocizzata sfruttando il teorema di Brillouin e le regole di Slater). Il calcolo viene detto FCI se vengono incluse tutte le configurazioni ricavabili dal riferimento e FCI(limite) se tale riferimento è stato ottenuto da un calcolo HF con una base atomica completa.

– Multiconfigurational SCF

Come abbiamo visto all’inizio di questo paragrafo qualunque configurazione diversa da CSFHF costruita con gli orbitali HF non è ottimale, pertanto,

ogni calcolo CI diverso dal FCI(limite)7 può essere migliorato permettendo il rilassamento simultaneo dei coefficienti di espansione e degli orbitali di riferimento. Ci sono vari modi per raggiungere questo scopo, in ogni caso, si segue un approccio in cui iterativamente fino a convergenza si ottimizzano in successione i coefficienti di espansione e il set di orbitali con metodi non molto diversi da quelli visti singolarmente nei paragrafi precedenti. Si può minimizzare l’energia di un singolo stato (state specific (SS)) o la media delle energie di più stati (state averaged (SA)).

• PerturbativoA.3

6

Euristicamente la necessità di espandere la funzione d’onda in più CSF rappresenta l’impossibilità di descrivere gli elettroni come residenti in un unico definito set di orbitali molecolari (singolo referen-ce). Bisogna pertanto considerare una combinazione lineare di più configurazioni (multi reference), al limite tutte FCI.

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– Møller-Plesset

Nel modello di Møller-Plesset single reference l’hamiltoniano imperturbato viene scelto coincidente con l’operatore di Fock e, di conseguenza, il per-turbatore come bV = bH − bF (potenziale di fluttuazione). Sfruttando le equazioni generali ricavate in appendiceA.3lo stato HF può essere corretto come:

ordine 0 E(0)= hCSFHF| bF |CSFHFi > EHF

ordine 1 E(1)= hCSFHF| bH − bF |CSFHFi ⇒ EHF = E(0)+ E(1)

ordine 2 E(2)= hCSFHF| bH − bF |ψ(1)i ⇒ EM P 2= EHF + E(2) < EHF

In termini più espliciti sappiamo che la correzione al secondo ordine può essere scritta come:

E(2) = X l6=0 −|hCSFHF| bH|ψ (0) l i −(((( ((((( hCSFHF| bF |ψl(0)i|2 El(0)− E0(0) = = X l6=0 −|hCSFHF| bH|exc0→lCSFHFi| 2 El(0)− E0(0)

dove E0(0) = hCSFHF| bF |CSFHFi e cex0→l è l’operatore di eccitazione che trasforma |CSFHFi nella CSF |CSF0→li = ψl(0).

Rispetto ad una "single and double configuration interaction", CISD, in cui, oltre a valutare tutti gli elementi di matrice di H, la si deve iterativamente diagonalizzare, questo approccio si rivela estremamente più economico in quanto richiede il calcolo dei soli elementi di matrice tra le CSF0→l che

in-teragiscono con il riferimento ed il riferimento stesso. Nel caso closed shell le uniche configurazioni a dare un contributo al secondo ordine perturba-tivo sono le doppie eccitazioni: in un intorno della geometria di equilibrio molecolare a livello MP2 si include gran parte dell’energia di correlazione ad un costo computazionale molto conveniente.

La funzione risultante è una combinazione di più CSF e può essere ulteriormente corretta sfruttando una teoria in grado di maneggiare un riferimento multireferen-ce. Nell’approccio MRCI una funzione multiconfigurazionale (CI o CASSCF) viene corretta variazionalemente includendo le configurazioni risultanti da una selezione di eccitazioni applicate al riferimento ed esterne allo spazio configurazionale iniziale. Il costo computazionale in questo caso diventa velocemente elevanto.

1.2

Teorie perturbative multireference

Uno strumento utile per lo sviluppo dei calcoli di struttura elettronica è l’applicazione della correzione perturbativa ad una funzione multiconfigurazionale. In letteratura esiste una grande varietà di metodi che permettono di raggiungere questo obiettivo: cancettualmente possiamo classificarli in due categorie principali

• diagonalizza e perturba A.3.1: dove la correzione perturbativa è applicata ad una funzione di ordine zero ottenuta diagonalizzando l’hamiltoniano su un dato spazio determinantale (configurazionale)

• perturba e diagonalizza A.3.2: dove un hamiltoniano efficace viene costruito perturbativamente e successivamente diagonalizzato

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1.2.1 Teorie perturbative diagonalizza e perturba (SS)

Solitamente in questo caso si sfrutta come funzione di ordine zero quella ottenuta da un calcolo CASSCF. Rappresentiamo lo spazio S delle configurazioni CAS8 come

S = S0∪ S0⊥ con S0 = [ψk(0)] S0⊥= [ψ(0)n | n 6= k]

dove ψkCASSCF = ψ(0)k è lo stato che si intende correggere perturbativamente.

Chiamiamo perturbatori le combinazioni di configurazioni che non appartengono allo spazio CAS ottenute applicando operatori di eccitazione in S0. In particolare indichia-mo con VSD l’insieme dei perturbatori (funzioni internamente contratte) che derivano da un’eccitazione doppia in cui viene coinvolto almeno un orbitale non attivo (figura

1.1). Distinguiamo otto classi di perturbatori:

EriEsjψm(0)= Vij,rs0 → ⊕ core X i≤j virt X r≤s Vij,rs0 = V (0) (1.13) {EaiErjψ(0)m ∀a} = Vij,r+1 → ⊕ core X i≤j virt X r Vij,r+1 = V (+1) (1.14) {EriEsaψm(0) ∀a} = Vi,rs−1 → ⊕ core X i virt X r≤s Vi,rs−1 = V (−1) (1.15) {EaiEbjψm(0) ∀a, b} = Vij+2 → ⊕ core X i≤j Vij+2= V (+2) (1.16) {EraEsbψm(0) ∀a, b} = V −2 rs → ⊕ virt X r≤s Vrs−2= V (−2) (1.17) {EabErjψ(0)m , EiaEbrψ(0)m ∀a, b} = Vj,r0 → ⊕ core X j virt X r Vj,r0 = V (00) (1.18) {EabEcjψ(0)m ∀a, b, c} = Vj+1 → ⊕ core X j Vj+1= V (+10) (1.19) {EabErcψ(0)m ∀a, b, c} = Vr−1 → ⊕ virt X r Vr−1= V (−10) (1.20)

dove Vxy identifica un sottospazio di VSD e V (y) una sua classe. In questa notazione y

è il numero di elettroni aggiunti (rimossi se y è negativo) dagli orbitali attivi mentre x è la sequenza di orbitali inattivi coinvolti nelle eccitazioni.

In genere il numero di perturbatori è maggiore della dimensione del sottospazio a cui appartengono pertanto vi sono casi di dipendenza lineare. Questo inconveniente può essere risolto diagonalizzando la matrice di sovrapposizione all’interno di ciascun sott-tospazio ed eliminando gli autovettori associati agli autovalori nulli (o quasi nulli). In questo modo possiamo ottenere quindi una base ortonormale per ciascun sottospazio Vxy la cui unione genera VSD. Trasformando queste basi affiché la matrice

dell’hamilto-niano imperturbato risulti diagonale all’interno di ciascun sottospazio di VSD otteremo

8

CSF in cui: gli orbitali attivi (d’ora in poi contrassegnati con gli indici a,b,c) hanno tutte le pos-sibili combinazioni di occupazione (N elettroni attivi), gli orbitali di core (d’ora in poi contrassegnati con gli indici i,j) sono doppiamente occupati e i virtuali (d’ora in poi contrssegnati con gli indici r,s,t) sono vuoti

(21)

S

VSD

VEX

U

Figura 1.1: rappresentazione schematica dello spazio determinantale/configurazionale set di autofunzioni di bH0 che generano i vari Vxy. Per quanto detto in appendice A.3,

al secondo ordine si ha che:

Ek(2) = X l −|hψ (0) k | bH|ψ (0) l i −  hψ(0)k | bH0|ψ(0)l i|2 El(0)− Ek(0) = X l −|hψ (0) k | bH|cexlψ (0) k i|2 El(0)− Ek(0)

dove Ek(0) = hψk(0)| bH0|ψk(0)i e excl è una combinazione di operatori di eccitazione che trasforma ψk(0) nello stato ψ(0)l ∈ VSD.

Rispetto all’approccio MRCISD in questo caso valutiamo solamente gli elementi del-la matrice hamiltoniana hψk(0)| bH|ψl(0)i (al secondo ordine perturbativo solamente le funzioni internamente contratte9) particolare che riduce significativamente il costo ri-spetto alla diagonalizzazione.

Le varie teorie MRPT si distinguono in base alla scelta dell’hamiltoniano imperturbato: nei prossimi paragrafi descriveremo quelle di maggiore successo elaborate nell’ultima ventina d’anni.

Complete active space PT (CASPT)

L’hamiltoniano di ordine zero viene scelto coincidente con:

b

H0 = bP0F bbP0+ bPF bbP+ bPSDF bbPSD+ bPEXF bbPEX

dove bP0 è il proiettore su S0, bP⊥è il proiettore su S⊥, bPSDè il proiettore su VSD, bPEX

è il proiettore su VEX e bF è l’operatore: b F = orb X p fpp0 Epp

con fpp0 gli elementi diagonali (p) che si ottengono diagonalizzando i blocchi diagonali (p e q appartenenti allo stesso sottospazio orbitalico tra attivi inattivi e virtuali10) della matrice di Fock :

Matrice di Fock fpq = hpq+ X rs Drs  gpqrs− 1 2gprqs  (1.21)

Se si evita l’eliminazione delle dipendenze lineari ψk(0)sarà comunque ortogonale a qua-lunque elemento di VSD ma non è detto che i perturbatori formino un set ortonormale.

9

la correzione della funzione d’onda al primo ordine è una combinazione lineare delle funzioni di base che generano VSDe per la correzione al secondo ordine dell’energia l corre solo sugli stati di VSD

10

questo è ammesso poiché la rotazione degli orbitali appartenenti allo stesso spazio (attivi/inattivi/virtuali) non varia l’energia

(22)

In questo caso si parte direttamente dall’equazione A.7 per ottenere i coefficienti di espansione della correzione al primo ordine della funzione d’onda:

( bH0− Ek(0))

X

l6=k

a(1)kl ψ(0)l = (Ek(1)− bV )ψk(0)

= (1 − bP0)(− bH + bH0)ψk(0)

premoltiplichiamo per hψ(0)m | ∈ VSD∗ e otteniamo:

X l6=k a(1)kl hψ(0) m | bH0− Ek(0)|ψl(0)i = −hψm(0)| bH|ψ (0) k i o in forma matriciale: (H0− Ek(0)S)a (1) k = −V

Diagonalizzando la matrice di sovrapposizione e ortonormalizzando in forma canonica otteniamo: ((UΛ−1/2s )†H0(UΛ−1/2s ) − E (0) k 1)Λ 1/2 s U † a(1)k = −Λ−1/2s U†V

Risolvendo queste equazioni si ottengono i coefficienti di espansione per ψk(1) che sono necessari per determinare la correzione perturbativa al secondo ordine per l’energia:

Ek(2) = hψ(0)k | bH|ψk(1)i = hψ(0)k | bH|ψSDiUΛ−1/2s a(1)k = (Λ−1/2s U†V)†[a(1)k ] = (Λ−1/2s U†V)† h −((UΛ−1/2s )†H0(UΛ−1/2s ) − E (0) k 1) −1Λ−1/2 s U†V i (1.22)

i singoli contributi delle classi in cui è partito VSD possono essere trattate separata-mente con grande risparmio computazionale.

N electron valence state PT (NEVPT)

A differenza delle più comuni MRPT la N-electron valence state PT (NEVPT) [5–7,

9] sfrutta un hamiltoniano bielettronico

b H0= bPSH bbPS+ X x,y b PVxyHb D b PVxy dove bPVy

x è il proiettore sul sottospazio V

y x e: b HD = ( cM ) + bB + bC = core X i fii0Eii+ virt X r frr0 Err ! + act X ab hef fab Eab+ 1 2 act X abcd gabcd(EacEbd− δbcEad) + bC con:

• cM la componente monoelettronica che coinvolge solo la parte inattiva (core e virtuali) dello spazio orbitalico CAS (qui fpp0 si ricava in modo equivalente a quanto già descritto per il CASPT2)

• bB la componente bielettronica agente sullo spazio attivo in cui hef fab tiene conto del campo generato dagli elettroni di core:

hef fab = hab+ core

X

i

(23)

• bC una costante che garantisce l’equivalenza di bHD e bH dentro lo spazio CAS b C = 2 core X i hii+ core X ij (2gijij− gijji) − 2 core X i fii0

Come dimostrato da Dyall [35], questa scelta permette una più precisa trattazione del-la corredel-lazione rispetto ad un hamiltoniano modello monoeletronico in quanto anche per i perturbatori vengono considerati i contributi bielettronici all’interno dello spazio attivo.

Una volta costruite le basi ortonormali per ogni sottospazio Vxy (eliminando le dipen-denze lineari) per ottenere le funzioni di ordine zero si deve diagonalizzare su ciascuno di essi bHD C†Vy xhψV y x| bH D VxyiCVxy = EVxy → bH D VxyicVxy,µ = EVxy,µ|ψVxyicVxy,µ, µ = 1, .., dimV y x dove |ψVy xicVxy,µ è la µ-esima autofunzione di bH0 ( bH D proiettato su Vy x), ovvero,

la funzione di ordine zero |ψ(0)Vy

x,µi con autovalore E

(0)

Vxy,µ. Notiamo che in generale

potremmo scrivere che:

EV(0)y x,µ= E

(0)

k + ∆x+ eµ (1.23)

con ∆x la differenza di energia tra gli orbitali virtuali e gli orbitali di core coinvolti

nelle eccitazioni che generano il sottospazio Vxy e con eµ il contributo, indipendente

dalla parte inattiva11, rappresentante uno specifico processo nello spazio orbitalico

attivo. In particolare:

• y = 0: gli autovalori eµ della classe V (00) (quelli della classe V (0) non sono associati ad uno specifico fenomeno fisico nello spazio attivo, dato che il processo di eccitazione riguarda solo la parte inattiva) rappresentano energie di eccitazione interne allo spazio CAS.

• y = ±1: gli autovalori eµ per la classe V (±1) rappresentano rispettivamente

un potenziale di ionizzazione primario (-1) o un’affinità elettronica (+1) per un processo che coinvole un elettrone estratto o aggiunto allo spazio attivo.

Le classi V (±10) hanno autovalori che rappresentano le energie di uno stato elettronico eccitato della molecola singolarmente carica positivamente (+10) o negativamente (−10).

• y = ±2: gli autovalori eµ per la classe V (±2) rappresentano l’energia di un processo di doppia ionizzazione (-2) (doppia affinità electronica nel caso (+2)) dello spazio attivo.

il livello di accuratezza di questo approccio dovrebbe essere confrontabile a quello della relativa CI troncata che include le funzioni contratte. Inoltre le energie efficaci eµper i

processi che avvengono nel solo spazio attivo coincidono con quelle che si posso ottenere da una CI troncata allo spazio che contiene la funzione CAS e le funzioni contratte, caratteristiche della classe in esame, nelle quali si conservano i processi che riguardano lo spazio attivo e si ignorano le transizioni core-virtuali.

Come sappiamo dall’appendice A.3 autovalori e autofunzioni di ordine zero sono le

11

questo contributo deriva infatti dalla diagonalizzazione della componente attiva (bielettronica) di bHD. Con autovalori indipendenti dalla parte inattiva (core e virtuali) è sufficiente una sola diagonalizzazione per ciascuna delle otto classi in cui è partito VSD

(24)

informazioni che ci servono per ottenere la correzione al primo ordine della funzione d’onda e quella al secondo ordine dell’energia:

ψ(1)k =X x,y dimVxy X µ=1 − hψV(0)y x,µ| bV |ψ (0) k i EV(0)y x,µ− E (0) k ψV(0)y x,µ E (2) k = X x,y dimVxy X µ=1 − |hψ(0)Vy x,µ| bV |ψ (0) k i| 2 EV(0)y x,µ− E (0) k

L’approccio qui descritto viene definito parzialmente contratto (PC-NEVPT)12.

Questo schema può essere semplificato selezionando un sottoinsieme di funzioni inter-namente contratte (una per ogni sottospazio di VSD) definite dalla relazione:

ψVxy = bPVxyHψb

(0) k

Il sottoinsieme di perturbatori così ottenuto risulta ortogonale ma non ortonormale. Normalizzando ψVy

x → ψ

0

Vxy otteniamo le autofunzioni del seguente operatore di ordine

zero: b H0SC = bPSH bbPS+ X x,y |ψ0Vy xiEV y xhψ 0 Vxy| con EV y x = hψ 0 Vxy| bH D0 Vxyi

Se prendiamo questo modello come nuovo hamiltoniano imperturbato abbiamo diret-tamente autofunzioni e autovalori di ordine zero con cui ottenere le correzioni al primo ordine della funzione d’onda e al secondo ordine per l’energia.

ψk(1)=X x,y −hψ (0) Vxy| bV |ψ (0) k i EV(0)y x − E (0) k ψV(0)y x E (2) k = X x,y −|hψ (0) Vxy| bV |ψ (0) k i| 2 EV(0)y x − E (0) k

Questo calcolo viene detto fortemente contratto (SC-NEVPT).

1.2.2 Teorie perturbative perturba e diagonalizza (MS/QD)

Quando due o più stati sono quasi degeneri possono mescolarsi e, al mutare della geo-metria nucleare, può variare notevolmente la dipendenza dalle configurazioni dell’uno o dell’altro stato. In questi casi (per esempio in intorni di intersezioni coniche o di incroci evitati) un unico riferimento risulta insufficiente e si deve ricorrere ad un ap-proccio quasi degenere (QD). Si prende un insieme di g0 (due o più) stati calcolati con

un SA-CASSCF: |Φ(0)k i = {ψ(0)k ,1, ψk ,2(0), ..., ψ(0)k ,g 0} → bPSH bbPSψ (0) k ,µ = E CASSCF k ,µ ψ (0) k ,µ µ = 1, ...g0

Si costruisce perturbativamente come descritto in appendice A.3.2 un hamiltoniano efficace e si diagonalizza la sua matrice associata sulla base |Φ(0)k i per ottenere l’ap-prossimazione all’ordine n-esimo degli autovalori esatti (FCI).

Per adattare la trattazione quasi degenere sfruttando le tecniche perturbative a singolo stato [8,39] descritte nel paragrafo precedente si utilizza la multipartizione proposta

12sarebbe stato definito totalmente non contratto (TU-NEVPT) se V

SDfosse stato composto anche

dai perturbatori diversi dalle funzioni internamente contratte. In questo caso il costo computazionale è rilevante ed è acessibile solamente per piccoli CAS.

(25)

da M alrieu e Zaitsevski [34,98]: b H0(µ) = |ψ(0)µ iEµ(0)hψ(0)µ | + CAS X k6=µ |ψ(0)k iEk(0)hψ(0)k | +X ij |cexiψµ(0)iE (0) ijµhexcjψ (0) µ | =          b P0(µ)F bbP (µ) 0 + bP (µ) ⊥ F bbP (µ) ⊥ + bP (µ) SDF bbP (µ) SD + bP (µ) EXF bbP (µ) EX MS-CASPT b PSH bbPS+ X x,y b PV(µ)y x HbDPb (µ) Vxy QD-NEVPT

1.3

Proprietà

La partizione dell’hamiltoniano è una scelta cruciale non solo per il costo computa-zionale e la consistenza fisica (la perturbazione deve essere piccola affinché si possa applicare la teoria di Rayleigh-Schrödinger e affinché la serie converga velocemente) ma anche per garantire alcune importanti proprietà come la separabilità e l’assenza di stati intrusi13.

Se si sceglie un hamiltoniano modello di tipo monoelettronico (come in Møller-Plesset e CASPT2) l’assenza di stati intrusi non è garantita in assoluto. Al contrario per entrambe le formulazioni della NEVPT questo problema non si pone in quanto gli autovalori delle autofunzioni di bH0 esterne allo spazio CAS sono sicuramente diversi

dal riferimento (equazione1.23 con ∆x e µ entrambi maggiori di zero).

Il metodo NEVPT è invariante rispetto alla rotazione degli orbitali attivi, proprietà che garantisce anche la sparabilità del calcolo.

13

Sono autofunzioni di bH0 esterne allo spazio CAS con energia simile a quella dello stato che si

(26)
(27)

Capitolo 2

Metodo Monte Carlo

Il metodo Monte Carlo nasce come algoritmo alternativo (in più dimensioni) ai tra-dizionali metodi di integrazione numerica. Da questo nucleo di base (paragrafo 2.1) sono state sviluppate alcune tecniche di simulazione ormai indispensabili in molti cam-pi delle scienze naturali.

In questo capitolo introdurremo i fondamenti e discuteremo alcune importanti ca-ratteristiche dei metodi MC-based più utilizzati nel settore chimico computazionale (paragrafo 2.2). Queste tecniche attualmente sono tra le migliori concorrenti della computazione ab − initio classica (capitolo 1) nella trattazione di sistemi fortemente correlati a molti elettroni. Il grande sviluppo che sta conoscendo questo approccio è in gran parte dovuto al notevole progresso delle potenzialità di calcolo dei moderni computer e alla buona disposizione dell’algoritmo MC alla parallelizzazione.

2.1

Integrazione stocastica

Sia E[g(u)] un funzionale così definito:

E[g(u)] = Z

g(u)du con g(u) : Rn→ R (2.1)

i metodi di integrazione numerica classici sfruttano un algoritmo iterativo che campiona in modo omogeneo un set di punti nel dominio di g. L’integrale può essere espresso al limite per n → ∞ campionamenti come:

E[g(u)] = lim n→∞ Ω n n X i=1 wig(ui) (2.2)

dove wi il peso assegnato al punto ui.

Per n finiti sufficientemente grandi la stima sarà effetta da un’incertezza che, per un integrale d-dimensionale, decade come n−k/d con k un intero maggiore di zero dipen-dente dal metodo.

Nell’approccio MC il campionamento dei punti avviene in accordo con una distribu-zione di probabilità ρ(u): in questo caso l’integrale 2.1 può essere visto in termini statistici come il valore di attesa di una funzione punteggio

h(u) = g(u)

ρ(u)⇒ E[g(u)] = Z

(28)

Se dopo k → ∞ estrazioni statisticamente indipendenti si ottengono mk (≤ k) ui

diversi, per la legge debole dei grandi numeri, si può scrivere che:

E[g(u)] = lim k→∞hhki con hhki = 1 k mk X i=1 αih(ui) (2.4)

dove αi il numero di volte in cui viene estratto ui.

Infatti, per il teorema del limite centrale se k → ∞, hksi distribuisce in modo normale attorno a E[g(u)] con una varianza formalmente data da:

σ2 = Z

( h(u) − E[g(u)] )2ρ(u)du ma effettivamente stimabile in termini campionari come:

σ2 = lim k→∞s 2 k con s2k= hh2ki − hhki2 e hh2ki = 1 k mk X i αih2(ui) (2.5)

In generale quindi se k è sufficientemente grande si ha che:

E[g(u)] = hhki ± N

sk

k al PN% (2.6)

dove PN% indica la probabilità che l’integrale cada effettivamente all’interno dell’in-tervallo di raggio N sk/√k centrato sul valor medio (PN = 96% per N = 2 ecc.).

Si noti poi che sk scala come k−1/2 indipendentemente dalle dimensioni dell’integrale

ciò significa che esiste d oltre il quale questo approccio si rivela più efficiente dei metodi numerici tradizionali.

2.1.1 Campionamento di importanza

Uno degli aspetti cruciali ai fini dell’efficienza computazionale del metodo MC è la scelta della funzione di distribuzione ρ(u). Si supponga di dividere il dominio in m superfici equivalenti e disgiunte di dimensioni tali da poter assumere il valore di g(u) al loro interno costante

m

[

i

Ωi≡ Ω ∧ Ωi∩ Ωj = ∅ ∀i 6= j ∧ Ωi| g(u) = γi ∀u ∈ Ωi

Per m → ∞(≡ Ωi → 0 ∀i ) il numero di estrazioni all’interno di Ωi dopo k esperimenti

i,k) equivale alla ricorrenza del singolo punto ovvero:

lim m,k→∞ 1 k m X i=1

βi,kh(ui) = lim k→∞ 1 k mk X i=1 αih(ui) = E[g(u)] (2.7)

Se l’estrazione avviene in accordo con una distribuzione di probabilità costante ρ(u) = 1/Ω si campiona il dominio in modo indipendente dall’andamento di g(u) (per k → ∞ i valori di βi,k diviengono indipendenti da i).

Poichè non è possibile svolgere un numero infinito di prove, per ottimizzare il processo è necessario evitare l’estrazione ricorrente dei punti in cui g(u) è trascurabile. Il modo più ragionevole per ottenere questo incremento di efficienza (e diminuire di conseguenza la varianza) è effettuare un campionamento di importanza vale a dire estrarre nel

(29)

dominio di integrazione in accordo con una distribuzione di probabilità proporzionale in ogni punto al valore di g(u). Questo criterio può essere implementato ricorrendo ad un algoritmo di selezione (come inversione e rigetto) effettuando una serie di estrazioni non correlate.

In realtà si può svolgere un campionamento di importanza anche rinunciando alla scorrelazione. Si consideri una generica sequenza in cui ogni evento dipende solamente da quello che lo precede (catena di Markov). In questo caso la probabilità di ottenere un certo uj alla (t + 1)-esima estrazione è esprimibile nella forma:

Master ρ(uj, t + 1) = n X i=1 Tt(ui → uj)ρ(ui, t) ∀j ⇒ (2.8) ⇒ ρt+1 = ρtTt= ρ0 t Y k=0 Tk (2.9)

dove: ρ(ui, t) è la probabilità che all’estrazione t-esima sia campionato ui; Tt(ui →

uj) è la probabilità che all’estrazione t + 1 sia estratto uj se a quella precedente si

era campionato ui; n è il numero totale degli elementi estraibili; Tt è la matrice

di transizione all’istante t ((Tt)ij = Tt(ui → uj)); ρt = (ρ(u1, t), . . . , ρ(un, t)) è la

distribuzione di probabilità all’istante t.

Di norma si può assumere che la catena sia omogenea ovvero che le probabilità di transizione siano indipendenti dal tempo (T0= · · · = Tt= T)

ρt+1 = ρtT = ρ0Tt (2.10)

ρt muta ad ogni iterazione e dipende dalla scelta di ρ0 almeno per t finiti. Per poter effettuare un campionamento di importanza devono però valere le condizioni oppo-ste (stazionarietà e indipendenza dalla scelta iniziale): si supponga per sicurezza che questo si verifichi solamente per t → ∞.

Ergodicità ∃! ρ| ρ(0)T∞= ρ∞= ρ (2.11)

con ρ(0) una distribuzione iniziale qualsiasi.

Questo si dimostra vero (caso particolare del teorema di Perron-Frobenius) se la catena è primitiva vale a dire se la matrice di transizione soddisfa la seguente proprietà:

∃ l | Tl

ij > 0 l ∈ N0, ∀i, j

in altre parole se dopo un qualsiasi ui è possibile estrarre un qualsiasi uj con l prove.

Per una catena di Markov ergodica l’equazione master può essere riscritta come:

∃! ρ = lim t→∞ρ (0)Tt| ρ = ρT =⇒ ρ(u j) = n X i=1 ρ(ui)T (ui → uj) (2.12) ρ(uj) n X i=1 T (uj → ui) = n X i=1 ρ(ui)T (ui → uj) ∀j

una possibile soluzione di questa espressione, che permette di introdurre per altro il principio di reversibilità, è nota come bilancio dettagliato:

(30)

inizio definisci u0 i < k estrai u0; u = ui−1 Auu0 = min  1;ωuu0ρ(u 0 ) ωu0uρ(u)  estrai n ∈ [0; 1] Auu0 ≤ n V F ui= u0 ui= ui−1 V i = i + 1 F fine

Figura 2.1: Diagramma a blocchi per l’algortitmo Metropolis-Hastings

L’obiettivo è quello di generare una successione di estrazioni correlate che al limite si distribuisca in modo coerente con una definita ρ stazionaria. In altre parole si desidera creare una catena di Markov omogenea ed ergodica in cui la scelta della matrice di transizione sia tale da condurre per t → ∞ alla ρ con cui si intende effettuare il campionamento di importanza.

Per farlo si riarrangia l’equazione2.13in una forma più compatta:

Ti j = T (ui → uj) = ωi jAi j −−→2.13 Aj i Ai j = ωi jρ(uj) ωj iρ(ui) con:

ω una matrice stocastica "di prova": rappresenta una distribuzione di probabilità, in genere simmetrica1, centrata su uattuale. I candidati ad entrare nella catena vengono

estratti ad ogni step a partire da uattuale in accordo con questa distribuzione; A, accettanza, definita nel lavoro originale di Metropolis come:

Aj i= min  1,ωi jρ(uj) ωj iρ(ui)  (2.14)

l’algoritmo da adottare è noto come Generalized-Metropolis-Hastings rappresentato schematicamente attraverso un diagramma a blocchi in figura2.1.

Al contrario di un campionamento di importanza classico ogni punto non è statistica-mente indipenedente dagli altri per cui t (il numero di prove correlate) non equivale al k (il numero di prove scorrelate) delle equazioni viste nel paragrafo2.1. Vale piuttosto che:

k = t

τacorr

dove τacorr è il tempo di autocorrelazione.

Per rappresentare i dati statistici si raccolgono i dati in mbblocchi di mselementi (mb· ms= t): se ms τacorr le medie su ciascun blocco si possono assumere statisticamente

1

comunemente una gaussiana con un definito σ o una distribuzione omogenea con vincoli sullo spostamento massimo

(31)

indipendenti tra loro e, per mb → ∞, si distribuiranno normalmente attorno al valore esatto. La varianza di questa distribuzione è:

s2b mb = s 2 t k ⇒ τacorr = ms  sb st 2 (2.15)

dove st è la stima della deviazione standard sulla totalità t dei punti campionati; sb è

la deviazione standard del set di valori medi dei vari blocchi. Complessivamente l’integrale può essere espresso come:

E[g(u)] = hhti ± N sb √ mb al PN% (2.16)

2.2

Applicazioni Quantistiche

Il metodo Monte Carlo viene comunemente utilizzato per simulare fenomeni di na-tura sia classica che quantistica. Esistono vari possibili approcci alla risoluzione sto-castica dell’equazione di Schrödinger (autovalori e autovettori): nel loro complesso costituiscono il Quantum Monte Carlo (QMC).

2.2.1 Funzioni di prova

Nel QMC si utilizza in genere una funzione compatta come quella di Slater-Jastrow :

ψ(R, σ) = J (R, σ) · ϕ(R, σ) (2.17)

che è il prodotto di una funzione esplicitamente correlata detta fattore di Jastrow (J) e di una piccola espansione determinantale.

Quest’ultima componente può essere espressa in termini di funzioni con spin definito:

ϕ(R, σ) = ϕ(r1, σ1, . . . , rN, σN) = k X i=1 Fi(r1, . . . , rN)ζi(σ1, . . . , σN), k = N ! N↑!N↓! = A (F1(R)ζ1(σ))

{ζi} costituisce una base ortonormale completa nello spazio di spin.

F1(r) = ψ(r1, 1, . . . , rN↑, 1, rN↑+1, −1, . . . , rN, −1) è una funzione nelle variabili

posi-zionali degli elettroni con spin assegnato: può essere espressa come una combinazione lineare di prodotti di N spin orbitali

F1 = X i ci N Y j=1 φj(rj, σj) = X i ciDi(r1, 1, . . . , rN ↑, 1, rN↑+1, −1, . . . , rN, −1) = X i ciD↑i(r1, 1, . . . , rN ↑, 1)D↓i(rN↑+1, −1, . . . , rN, −1)

Nell’approssimazione elettrostatica non relativistica bH non dipende dallo spin per cui:

hψ| bH|ψi = hJ F1| bH|J F1i

risulta quindi computazionalmente vantaggioso sfruttare direttamente F1:

ψQM C(R) = J F1= J X i ciDi↑D ↓ i

(32)

Il fattore di Jastrow viene introdotto in queste funzioni per descrivere la correlazione dinamica senza dover ricorrere ad una espansione determinantale troppo estesa2, ne esistono varie forme, in questa tesi i calcoli sono stati svolti sfruttando una funzione a tre corpi: J (ri, rj, rij) = Y αi exp(Aαi) Y ij exp(Bij) Y αij exp(Cαij)

Alcuni dei fattori con cui sono parametrizzate queste funzioni sono vincolati per ga-rantire le condizioni di cuspide interelettronica. L’energia locale deve infatti assumere valori finiti anche nei punti (−→rij → 0, −→rαi → 0) in cui il potenziale diverge3. Questo

è possibile imponendo delle restrizioni sulla funzione d’onda.

Si consideri una coppia di elettroni: l’energia locale espressa in funzione delle coordi-nate interne (−→r = −→r2− −→r1, −→r cm= (−→r 1+ −→r2)/2) è data da

EL = 1 ψQM C     −∇2r−1 4∇ 2 rcm− 1 2 X k=1 k6=i,j ∇2r k+ bV     ψQM C r→0 = 1 J F1  −∇2r+1 r  J F1 = − 1 J F1  F1∇2rJ + J ∇2rF1+ 2 − → ∇rJ−→∇rF1  +1 r = −J 00 J − 2 r J0 J −br 2J0F10 J F1 −∇ 2 rF1 F1 + 1 r

Se gli spin sono antiparalleli la componente divergente che si deve anullare è:

EL∼ 1 r − 2 r J0 J ⇒ J0 J = 1 2

con spin paralleli, espandendo F1 in serie di Taylor in un intorno di r=0 si ha:

F1 ≈ − → ∇rF1|0· r ⇒ EL ∼ 1 r − 2br − → ∇rF1 F1 J0 J − 2 r J0 J ∼ 1 r − 2 r J0 J − 2br · a s · r = 1 r − 4 r J0 J ⇒ J0 J = 1 4 2.2.2 Variational-MC

Il metodo VMC si ispira ad un approccio variazionale: si ottimizzano i parametri γ (si veda il paragrafo dedicato) di una funzione d’onda di prova al fine di ottenere un minimo per il valore di aspettazione di un certo stimatore in genere l’energia o la sua varianza. Questo richiede un metodo iterativo che può essere protratto fino a convergenza (variazione dei parametri minore di un certo target) oppure per un definito numero k di iterazioni. Per effettuare l’ottimizzazione ad ogni ciclo si richiede la stima dell’energia: sapendo che la funzione d’onda dipende da molte variabili e che assume valori non trascurabili solo in piccole regioni del dominio, per valutare hEγ(n)i

si può ricorrere ad un approccio di integrazione stocastico con importance sampling

2per la correlazione statica è sufficente una piccola espansione 3

se ψQM Cfosse autofunzione esatta questo sarebbe garantito in quanto EL= E l’autovalore esatto

(33)

inizio definisci γ(0) n < k5 ˜ ψγ(n)= ψγ(n) (hψγ(n)|ψγ(n)i)1/2 i < msmb estrai M camminatori6; s = 0 j ≤ M hEγ(n)i = msmb X i E(n)(i) msmb E(n)(i) = s/M ; i = i + 1 s = s + E(n)(Rj) j = j + 1 7γ(n+1)= γ(n)+ ∆γ(n) aggiorna ψγ(n+1); n = n + 1 fine F V F V F V

Figura 2.2: Diagramma a blocchi per il VMC: 5ottimizzazione per un numero k definito di ci-cli o fino a convergenza dello stimatore scelto; 6estrazione in accordo con ρ

γ(n) con algoritmo

Metropolis-Hastings;7con ∆γ(n)ottenuto applicando un metodo di ottimizzazione tra quelli descritti nel paragrafo seguente. In riquadro la parte dell’algoritmo per la stima MC di hEγ(n)i

(Metropolis-MC). Il modo più opportuno per implementarlo è riscrivere il valore di aspettazione in termini di una energia locale EL:

hEγ(n)i = R ˜ ψγ2(n)EL,γ(n)dR R ˜ ψ2 γ(n)dR = hE0(n)i con4 EL,γ(n)(R) := b H ˜ψγ(n) ˜ ψγ(n) = EL,0(n)(R) (2.18) e usare come funzione di distribuzione:

ργ(n)(R) = ˜ ψ2γ(n)(R) R ˜ ψ2 γ(n)(R)dR = ρ(n)0 (R)

Complessivamente l’algoritmo semplificato è riportato in figura 2.2.

Metodi di ottimizzazione

Per rendere efficiente l’ottimizzazione della funzione di prova (si veda il paragrafo

2.2.1)8conviene riparametrizzarla applicando una trasformazione unitaria che conservi lo spin delle CSF. Gli orbitali che figurano nella parte multideterminantale vengono ruotati secondo: φ0k = ebκλ2|φ ki = orb X l eΛkl|φli con bκλ2 = X k<l λkl  b Ek→l− bEl→k  4

si tratta di una funzione dinamica nelle variabili posizionali degli elettroni che tende a di-venire costante all’approssimarsi di ˜ψγ(R) a ψexact(R), infatti, al limite EL sarà un autovalore

dell’hamiltoniano

8Si noti che non tutti i parametri sono variabili liberamente: come si è dimostrato in precedenza

alcuni coefficienti del fattore di Jastrow sono fissi per garantire le condizioni di cuspide, un ulteriore parametro viene fissato per garantire la normalità della funzione d’onda.

(34)

dove bEk→l =ba

+

k↑bal↑+ba

+

k↓bal↓ è l’eccitazione di singoletto; i coefficienti (e

Λ)

kl sono gli

elementi dell’esponenziale della matrice reale antisimmetrica Λ con elementi λkl. Il triangolo superiore della matrice Λ consente una parametrizzazione non ridondan-te della matrice esponenziale pertanto le uniche transizioni conservaridondan-te rispetto al riferimento sono:

• Singolo determinante: orbitali doppiamente/singolarmente occupati → orbitali virtuali, orbitali doppiamente occupati → orbitali singolarmente occupati. • Multireference CAS : orbitali inattivi di core → orbitali attivi/virtuali inattivi,

orbitali attivi → orbitali virtuali inattivi

Questo accorgimento consente di ridurre il costo computazionale senza perdere flessi-bilità.

L’ottimizzazione rimane comunque tra le fasi più onerose del calcolo MC: per questo motivo la scelta del metodo diventa cruciale per determinare l’efficienza dell’intero calcolo. Anni di ricerche in questo campo ancora oggi di attualità scientifica, hanno identificato nei seguenti i più performanti:

- Newton-Raphson

Si espande l’espressione dell’energia in serie di Taylor attorno a γ(n)(parametri dell’i-terazione attuale n): hEγ(n)i ≈ hE0(n)i +→−∇γhEγ(n)it γ(n)· ∆γ (n)+1 2  ∆γ(n)th−→∇γ−→∇t γhE (n) γ i i γ(n)∆γ (n) con hE0(n)i = hEγ(n)i.

Il gradiente di questa espansione troncata sarà: − → ∇γhEγ(n)i ≈ −→ ∇γhEγ(n)i  γ=γ(n)+ h−→ ∇γ−→∇tγhEγ(n)i i γ=γ(n)∆γ (n) ⇒ ∆γ(n) ≈ −h−→∇γ − → ∇tγhE(n)γ i i−1 γ=γ(n)· −→ ∇γhEγ(n)i  γ=γ(n) (2.19) - Lineare

Espandendo la funzione di prova rinormalizzata in serie di Taylor troncata al primo ordine attorno a γ(n) (parametri dell’iterazione attuale n) si ha che:

˜ ψ(n)γ ≈ ˜ψ0(n)+ −→ ∇γψ˜γ(n) t γ(n)· ∆γ (n):= ˜ψl (n) γ con ψ˜i(n)= ∂ ˜ψ(n)γ ∂γi ! γ(n)

Il valore di aspettazione dell’hamiltoniano su ˜ψl (n)γ è dato da:

El (n)γ = h ˜ψl (n)γ | bH| ˜ψl (n)γ i h ˜ψl (n)γ | ˜ψl (n)γ i ⇒ El (n)γ =  1 ∆γ(n)t  E(n) 0 g(n) t /2 g(n)/2 h(n) !  1 ∆γ(n)   1 ∆γ(n)t  1 0t 0 s(n)   1 ∆γ(n)  ⇒ ⇒ E (n) 0 g(n) t /2 g(n)/2 h(n) !  1 ∆γ(n)  = Eγl (n)  1 0t 0 s(n)   1 ∆γ(n)  ⇒ h(n)· ∆γ(n)= El (n) γ s(n)· ∆γ(n) (2.20)

(35)

dove: h(n)ij = h ˜ψi(n)| bH| ˜ψ(n)j i; E0(n) = h ˜ψ0(n)| bH| ˜ψ(n)0 i; g(n)i = 2h ˜ψi(n)| bH| ˜ψ(n)0 i; s(n)ij = h ˜ψi(n)| bH| ˜ψ(n)j i

Ci sono prove che la minimizzazione dell’enegia procuri funzioni d’onda migliori per la stima di altre osservabili, tuttavia, in alcune circostanze può essere utile ottimizzare uno stimatore diverso.

Il metodo lineare può essere adattato facilmente per ottenere la minimizzazione della varianza dell’energia locale. Si espande in serie di Taylor al secondo ordine:

σ(n) 2γ ≈ σ0(n) 2+ −→ ∇γσγ(n) 2 t γ(n)· ∆γ (n)+1 2  ∆γ(n) th−→ ∇γ − → ∇tγσ(n) 2γ i γ(n)∆γ (n) σ(n) 2γ ≈  1 ∆γ(n)t    σ0(n) 2 g(n)v t /2 g(n)v /2 h(n)v /2 + σ(n) 20 s(n)    1 ∆γ(n)   1 ∆γ(n)t  1 0t 0 s(n)   1 ∆γ(n)  ⇒ ⇒   σ0(n) 2 g(n)v t /2 g(n)v /2 h(n)v /2 + σ(n) 20 s(n)    1 ∆γ(n)  = σγ(n) 2  1 0t 0 s(n)   1 ∆γ(n)  ⇒ h(n)v · ∆γ(n)= σ(n) 2γ s(n)· ∆γ(n) (2.21)

dove: h(n)v è un’approssimazione della matrice hessiana; σ0(n) 2= h ˜ψ0(n)|( bH−E0(n))2| ˜ψ0(n)i;

(g(n)v )i = 2h ˜ψi(n)|( bH − E0(n))2| ˜ψ (n) 0 i

In questa tesi abbiamo sfruttato un metodo di minimizzazione lineare su uno stimatore combinazione di energia e varianza9.

L’implementazione di queste tecniche di ottimizzazione all’interno dell’algoritmo VMC richiede la stima Monte Carlo di gradiente, hessiano, hamiltoniano e overlap. In let-teratura sono riportati in dettaglio le espressioni implementate e le possibili approssi-mazioni da adottare.

2.2.3 Diffusion-MC

Un altro approccio MC alla risoluzione dell’equazione di Schrödinger è quello diffusio-nale. Questo metodo si sviluppa dallo studio del fenomeno classico.

Si prenda per semplicità il caso della diffusione di una particella in un sistema uni-dimensionale: per modellizzare nel linguaggio MC Metropolis si supponga che in un certo istante t la particella occupi il sito x e possa spostarsi con la stessa probabilità α solo sui siti adiacenti x ± a. Perché il processo sia Markoviano la probabilità di ri-manere sul sito x deve essere complementare alla somma delle probabilità di spostarsi su un sito adiacente, quindi, complessivamente l’equazione master diventa in questo caso: ρ(x, t + h) = (1 − 2α)ρ(x, t) + αρ(x + a, t) + αρ(x − a, t) ρ(x, t + h) − ρ(x, t) = α (ρ(x + a, t) + ρ(x − a, t) − 2ρ(x, t)) h,a→0 ⇒ h  ∂ρ ∂t  = α · a2 ∂ 2ρ ∂x2  =hγ ∂ 2ρ ∂x2  , (2.22)

ρ(x, t) è la probabilità che la particella si trovi in x all’istante t, γ = a2α/h è il coefficiente di diffusione.

(36)

Per risolvere questa equazione si consideri una G(y − x, t) definita per ogni t > 0, normalizzata e di classe Cnper cui valga:

ρ(x, t) = Z +∞

−∞

G(y − x, t)ρ(y, 0)dy ∀ t 6= 0 (2.23)

si dice che G è un mollificatore10.

L’equazione di diffusione deve essere soddisfatta da G pertanto per risolvere la2.22 è sufficiente trovare un mollificatore adeguato. In questo caso si può dimostrare che:

G(x, y, t) = √1 4πγt exp  −(y − x) 2 4γt  (2.24)

G, indicata comunemente come funzione di Green, si può interpretare come la proba-bilità che una particella da y all’istante 0 diffonda in x all’istante t, ovvero, come la probabilità di transizione da y a x con uno step finito pari a t (G(x, y, t) ⇔ T (y−→ x)).t Se si assume t fisso si può costruire quindi una nuova catena di Markov omogenea con step multipli di t.

In quest’ottica la 2.23è solo un caso particolare della sua equazione master:

ρ (x, t(m + 1)) = Z +∞

−∞

G(y − x; t)ρ(y, mt)dy

Se la catena è ergodica esiste un’unica distribuzione stazionaria ρ(x) che risolve l’e-quazione precedente (omologa eq. 2.12):

∃! ρ(x) = lim m→∞ Z +∞ −∞ Gm(y − x; t)ρ(0)(y, 0) | ρ(x) = Z +∞ −∞ G(y − x; t)ρ(y)dy (2.25)

Da quest’ultima si può giungere al bilancio dettagliato (omologa eq. 2.13):

G(x, y; t)ρ(y) = G(y, x; t)ρ(x) ∀x, y t fissato

Estendendo a d dimensioni, l’equazione di diffusione diventa: ∂ρ ∂t = bDρ −→ ρ(r, t) = e t· bDρ(r, 0) hr0|ρ(r, t)i = hr0|et· bDρ(r, 0)i = Z drhr0|et bD|rihr|ρ(r, 0)i (2.26) con bD un operatore differenziale lineare del secondo ordine.

Il ruolo della funzione di Green lo assume quindi: G(r0, r; t) = hr0|et· bD|ri.

Sostituendo a bD l’hamiltoniano, un particolare operatore differenziale lineare del se-condo ordine, si ottiene:

∂ρ ∂τ =  b K + bV  ρ ⇒ ρ(r, τ ) = e−τ(K+ bb V)ρ(r, 0) con τ = i · t

dove bK è l’operatore di energia cinetica e bV è il potenziale. b

K e bV non commutano perciò separando l’esponenziale si introduce un errore al secondo ordine in τ (teorema di Trotter):

e−τ(K+ bb V) = e−τ bK e−τ bV + O(τ2) 10 mollificatore lim t→0+ Z+∞ −∞ G(y − x, t)f (y)dy = f (x)

(37)

Per τ → 0 si può quindi scrivere la funzione di Green come:

lim

τ →0G(r

0, r; τ ) = hr0|e−τ bKe−τ bV|ri = G

K(r0, r; τ ) GV(r0, r; τ )

Ma poiché bV dipende solo da r si ha che:

lim

τ →0G(r

0, r; τ ) =Z hr0|e−τ bK|r00ihr00|e−τ bV|ri dr00 = Z hr0|e−τ bK|r00ihr00|rie−τ bV (r)dr00

= hr0|e−τ bK|rie−τ bV (r)

rimane da esplicitare la parte cinetica di G. La soluzione in questo caso già nota, infatti se bH = bK si ricade nel caso della diffusione in d dimensioni.

GK(r0, r; τ ) = hr0|e−τ · bK|ri = 1 (2πτ )d/2 exp  −(r 0− r)2 2τ  Pertanto complessivamente: lim τ →0G(r 0 , r; τ ) = 1 (2πτ )d/2 exp  −(r 0− r)2 2τ  · e−τ bV (r)

In questa forma G non è normalizzata: per costruire la catena di Markov bisogna includere quindi un fattore ET che garantisca questa proprietà:

lim τ →0G(r 0 , r; τ ) = 1 (2πτ )n/2 exp  −(r 0− r)2 2τ  · e−(τ bV (r)−ET) (2.27)

Passare all’equazione di Schrödinger a questo punto è immediato (d dimensioni spaziali e N elettroni):

Diff dD N particelle TDSE (a.u.) dD N elettroni11

ρτ = bHρ → ρτ = ( bH − ET)ρ ⇔ ψτ = bHψ → ψτ = ( bH − ET)ψ lim τ →0G(R, R 0; τ ) e−(τ bV (R)−ET) (2πτ )N d/2 exp  −(R 0− R)2 2τ  Master P (R, τ (m + 1)) = Z G(R, R0; τ )P R0, mτ dR0 Ergodicità ∃! P (R) = lim m→∞ Z Gm(R, R0; τ )P(0)(R0, 0) dR0 Bil. dettagliato G(R, R0; τ )P (R0) = G(R0, R; τ )P (R) ∀R0, R τ fissato Risolvere la TDSE con questo approccio significa ricercare la distribuzione stazionaria (ψ) di una catena markoviana conoscendone la matrice di transizione12.

Siano ψ(0) e ET rispettivamente funzione d’onda ed energia di prova la soluzione

11

P è una tra ρ e ψ. R = (r1, . . . rN) dove riè il vettore d-dim della particella i 12esattamente il problema opposto a quello affrontato nel paragrafo2.1

(38)

inizio estrai M0camminatori13; M = M0

i < msmb

j ≤ M

p(j) = exp[τ (V (Rj) − Et)] estrai 14; Rj= Rj+  estrai b ∈ [0; 1]

p(j) < 1

b < p(j) b < p(j) − 1

elimina Rj crea int(p(j) + b) camm. = Rj

j = j + 1 aggiorna # camm. att. & ET

i = i + 1 fine F V V F V F F F V V

inizio estrai M0 camminatori15; M = M0

i < msmb j ≤ M p(j) = exp h −τ EL(Rj)+EL(R0j) 2 − ET i estrai 16; R0 j= Rj+  + vD(Rj) τ estrai b ∈ [0; 1] p(j) < 1 b < p(j) b < p(j) − 1

elimina Rj crea int(p(j) + b) camm. = Rj

j = j + 1 aggiorna # camm. att. & ET

i = i + 1 fine F V V F V F F F V V

Figura 2.3: Diagramma a blocchi per il DMC:13−15 camminatori campionati nel dominio di ˜ψ(0) usando Metropolis-Hastings;14−16 estratta in accordo con la parte cinetica della funzione di Green

(39)

stazionaria in accordo con il teorema ergodico è: ψ(R) = lim m→∞ Z Gm(R, R0; τ )ψ(0)(R0, 0) dR0 = lim m→∞ψ (m)(R, mτ ) = lim m→∞ Z X i ψi(R)e−mτ (Ei−ET)ψi∗(R 0 )ψ(0)(R0, 0) dR0 = lim m→∞ X i |ψiie−mτ (Ei−ET) i|ψ(0)i (2.28)

dove ψi e Ei sono le autofunzioni e gli autovalori di bH.

Per semplificare la ricerca di queste soluzioni si può discretizzare la trattazione sfruttan-do il concetto di camminatore browniano introsfruttan-dotto da Einstein [37]. Se la ψ è sempre positiva (bosoni) la distribuzione istogrammatica della popolazione dei camminatori nel dominio definisce in ogni istante la funzione d’onda:

ν(n) ⇔ ψ(n) bosoni (2.29)

Non si può adottare questa stessa definizione per un sistema di fermioni in quanto la funzione d’onda può cambiare di segno in uno o più nodi mentre la popolazione dei camminatori non è mai negativa.

Si introduce in questo caso l’approssimazione fixed-node: la funzione d’onda fermionica viene definita dalla differenza tra la distribuzione istogrammatica dei camminatori che occupano la regione in cui ψ è positiva e quella dei camminatori che occupano la regione in cui ψ è negativa

ν+(n)− ν(n) ⇔ ψ(n)+ − ψ(n)= ψ(n) fermioni (2.30) I nodi della funzione d’onda vengono assunti fissi17 e si impone che i camminatori non diffondano attraverso essi, questo garantisce il rispetto del principio di antisimmetria. Per ottenere la distribuzione stazionaria (ψ) è sufficiente far diffondere i camminatori nello spazio delle fasi in modo opportuno:

• tutti insieme e senza vincoli per i bosoni

• separatamente per ψ+ e ψ− nel caso dei fermioni

Riconoscendo che l’equazione di Schrödinger rappresenta la combinazione tra un pro-cesso diffusionale puro (V (R) = 0) e un propro-cesso di branching (G

b

K = 1) per muovere

i camminatori nello spazio delle fasi si può ricorrere ad un algoritmo del tipo schema-tizzato nella parte alta della figura2.3.

Il termine di branching può divergere a ±∞ comportando ampie fluttuazioni nel nume-ro di camminatori e una diminuzione della velocità di convergenza, per questo motivo, l’algoritmo introdotto sopra risulta istabile ed inefficiente. Per effettuare il campiona-mento di importanza si preferisce pertanto ricorrere allo sviluppo di Kalos [55,68,75]: si moltiplicano ambo i membri dell’equazione di diffusione associata alla TDSE per una funzione di guida ψT(R) e si esprime tutto in termini di una nuova distribuzione

f (R, t) = ψT(R) · ψ(R, t): ψτψT = ( bH − ET)f ⇒ fτ = − 1 2 − → ∇2f + (E L(R) − ET) f + 1 2 − → ∇ (f · FQ) 17

è particolamente importante che la funzione d’onda di prova abbia dei buoni nodi perchè il calcolo sia accurato

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