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La libera circolazione dei pazienti nell'Unione europea

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA' DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI

PAZIENTI NELL'UNIONE EUROPEA

Il candidato Il relatore

Jaele Calamai Prof. Simone Marinai

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INDICE

INTRODUZIONE...pag. 1 CAPITOLO I

L'UNIONE EUROPEA E L'ASSISTENZA SANITARIA TRANSFRONTALIERA: UNO SGUARDO D'INSIEME

1. La libera circolazione dei pazienti e l'assistenza sanitaria transfrontaliera: il principio della libera prestazione di servizi...pag. 5 2. L'evoluzione della tutela della salute nel diritto

dell'UE...pag. 7 3. I Regolamenti CE n. 883/2004 e n. 987/2009 del Parlamento

europeo e del Consiglio relativi al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale...pag. 14 4. Il rimborso dei costi per le cure mediche ricevute all'estero

nella giurisprudenza della Corte di

Giustizia...pag. 18 5. La Direttiva 2011/24/UE e l'accesso alle prestazioni sanitarie

transfrontaliere...pag. 21 6. Segue: il contributo della Direttiva 2011/24/UE alla mobilità

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transfrontaliera di pazienti e il coordinamento con il Regolamento 883/2004...pag. 23

CAPITOLO II

LA DIRETTIVA 2011/24/UE CONCERNENTE L'APPLICAZIONE DEI DIRITTI DEI PAZIENTI RELATIVI ALL'ASSISTENZA

SANITARIA TRANSFRONTALIERA

1. Le basi giuridiche della direttiva...pag. 29 2. Oggetto e ambito di applicazione e attuazione della Direttiva

2011/24/UE...pag. 31 3. La responsabilità degli Stati membri in materia di assistenza

sanitaria transfrontaliera...pag. 33 3.1. La responsabilità dello Stato membro di cura...pag. 33 3.2. La responsabilità dello Stato di affiliazione e i c.d. Punti di Contatto Nazionali per l'assistenza sanitaria transfrontaliera...pag. 35 4. Il rimborso dei costi dell'assistenza sanitaria

transfrontaliera...pag. 36 4.1. I principi generali per il rimborso dei costi...pag. 36 4.2. L'assistenza sanitaria che può essere soggetta ad autorizzazione preventiva...pag. 39

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4.3. Le procedure amministrative relative all'assistenza sanitaria transfrontaliera...pag. 44 5. La cooperazione in materia di assistenza sanitaria...pag. 45 5.1. Mutua assistenza e cooperazione...pag. 45 5.2. Il riconoscimento delle prescrizioni rilasciate in un altro Stato membro...pag. 46 5.3. Le Reti di Riferimento Europee c.d. ERN...pag. 48 5.4. Le malattie rare...pag. 49 5.5. L'assistenza sanitaria online...pag. 49 5.6. La cooperazione nella valutazione delle tecnologie sanitarie...pag. 50 6. La Direttiva 2012/52/UE sul riconoscimento delle ricette

mediche transfrontaliere...pag. 51 7. Il contenuto delle ricette...pag. 52

CAPITOLO III

L'ATTUAZIONE IN ITALIA DELLE DIRETTIVE 2011/24/UE E 2012/52/UE

1. Il Decreto legislativo n. 38/2014...pag. 54 2. Garanzie e mezzi di tutela dei pazienti...pag. 55

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3. Il rimborso dei costi dell'assistenza sanitaria transfrontaliera...pag. 58 4. Segue: l'assistenza sanitaria transfrontaliera soggetta ad

autorizzazione preventiva...pag. 60 5. La fruizione di prestazioni assistenziali presso centri di

altissima specializzazione in forma indiretta: riflessioni sulla compatibilità della disciplina italiana con le libertà comunitarie...pag.63 6. La tutela giurisdizionale...pag. 71 7. Il Decreto legislativo 38/2014 e il suo rapporto con

l'assistenza sanitaria connessa a casi “controversi”...pag.75 7.1. L'eutanasia, l'aborto, la procreazione medicalmente assistita e la chirurgia estetica nell'assistenza sanitaria transfrontaliera...pag. 75 7.2. La procreazione medicalmente assistita: il suo inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza c.d. LEA...pag. 78 8. La cooperazione in materia di assistenza sanitaria...pag. 84 8.1. Mutua assistenza e cooperazione...pag. 84 8.2. Il riconoscimento delle prescrizioni rilasciate in un altro Stato membro...pag. 85 8.3. La partecipazione dell'Italia allo sviluppo delle Reti di

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Riferimento Europee c.d. “ERN”...pag. 87 8.4. Il monitoraggio degli effetti derivanti dall'applicazione del Decreto legislativo …...pag. 88 8.5. La valutazione dell'impatto finanziario...pag. 89 9. Il Patto per la Salute 2014 – 2016...pag. 94

CAPITOLO IV LA PRASSI APPLICATIVA

1. I casi Decker e Kohll...pag. 96 2. I casi Smits e Peerbooms...pag. 104 3. Il caso Vanbraekel...pag. 115 4. Il caso Petru...pag. 119 CONCLUSIONI...pag. 123 BIBLIOGRAFIA...pag. 131 ATTI E DOCUMENTI...pag. 138 GIURISPRUDENZA CITATA...pag. 140

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INTRODUZIONE

Nelle intenzioni del processo di integrazione europeo rientra la creazione di uno spazio in cui persone, merci e capitali possano circolare liberamente. Questo lavoro si pone l'obiettivo di regolare la posizione di un nuovo gruppo, operante e “circolante” in questo spazio, quello dei pazienti.

Com'è noto, però, non pochi sono stati e continuano ed essere gli ostacoli e le difficoltà nella formazione e nell'apertura di tali spazi; ostacoli che diventano maggiori se s'inserisce un nuovo fattore al fenomeno, ovvero quello di cui tratteremo, la libera circolazione dei pazienti. Un ambito fortemente dibattuto, in relazione al quale gli Stati sono spesso restii a cedere parte della loro sovranità e delle loro competenze in favore dell'Unione, è quello, appunto, della pratica sanitaria; ambito in cui l'Unione europea tende a coordinare le politiche nazionali per garantire che chiunque viva nel territorio europeo abbia accesso ad un'assistenza sanitaria di qualità. Inoltre, l'Unione europea, al fine di incentivare l'organizzazione e l'erogazione dei servizi sanitari nazionali, invita gli Stati membri a realizzare obiettivi comuni.

La mobilità dei pazienti nello spazio europeo è un fenomeno che non può essere sottovalutato e rappresenta, oggi, l'evoluzione del concetto di “cittadinanza” e il rapporto tra il diritto dell'Unione europea e la tutela del diritto costituzionale alla salute, da intendersi nella sua accezione sociale di garanzia all'accesso alle prestazioni sanitarie. Di conseguenza si è assistito alla nascita di un fenomeno

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nuovo chiamato “turismo sanitario1”, ovvero la migrazione di

cittadini europei in altri Stati membri per ricevere cure mediche; quello che caratterizza questo fenomeno è che sono i pazienti stessi a cercare di conoscere e comprendere il proprio stato di salute e valutare le possibili alternative. La perifrasi utilizzata, comunque, non sembra essere la più appropriata, infatti, non appare idonea ad identificare in maniera precisa l'oggetto e la dimensione di questa particolare realtà, che vede coinvolte persone che desiderano affrontare e risolvere un problema legato alla salute e decidono, per questo, di recarsi all'estero per ricevere un trattamento sanitario, del quale, per varie ragioni, non riescono ad usufruire vicino al proprio luogo di residenza e comunque nel proprio Stato di residenza.

Associare il termine “turismo” al fenomeno in esame sembra sminuire la dimensione di diritto soggettivo spettante ai cittadini europei, cui corrisponde l'obbligazione al suo rispetto e alla sua garanzia per gli Stati membri e le Istituzioni dell'Unione. Di contro, insieme a questo fenomeno, è cresciuta anche la preoccupazione degli Stati in merito alle conseguenze e all'impatto che la mobilità dei pazienti ha sulla stabilità finanziaria dei sistemi sanitari nazionali. Le principali problematiche sono due: il considerevole impatto economico che la mobilità dei pazienti ha sui sistemi sanitari nazionali, ovvero l'aumento delle spese di cura, ma anche la questione relativa alla rimborsabilità delle prestazioni sanitarie ricevute all'estero, tematica che ha rappresentato, fino all'emanazione della Direttiva 2011/24/UE, il principale ostacolo alla mobilità dei pazienti. La sopracitata Direttiva ha, infatti, conferito un impulso

1 L. BUSATTA, La cittadinanza della salute nell'Unione europea: il

fenomeno della mobilità transfrontaliera dei pazienti, dalla libera circolazione alla dimensione relazionale dei diritti, in DPCE online 2015 – 3.

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senza precedenti al tema dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, la cui lacuna legislativa creatasi nei dieci anni precedenti era stata colmata dalla giurisprudenza; la Direttiva è prova dell'interesse delle istituzioni europee nei confronti delle prestazioni sanitarie transfrontaliere che vengono approfondite e regolate, anche per rispondere alla necessità di una legislazione più solida in materia.

In questo lavoro s'intende, prima di tutto, nel capitolo I, ripercorrere le principali tappe legislative che, fino al 2011, anno in cui è entrata in vigore la Direttiva 2011/24/UE, hanno tutelato il diritto alla salute e il principio della mobilità dei pazienti, e quindi analizzare il panorama europeo dove la Direttiva nasce e s'inserisce.

Nel secondo capitolo entreremo, invece, nel merito della Direttiva responsabile di aver introdotto le maggiori novità nella materia in esame, questa verrà analizzata in tutti i suoi aspetti, in modo da esporne il reale senso e l'importanza che questa ha segnato nello sviluppo della materia. Sempre all'interno del secondo capitolo, è stata analizzata un'altra importante direttiva di esecuzione, la Direttiva 2012/52/UE, considerata, per così dire, la figlia della precedente, andando ad approfondire un aspetto che può essere considerato dipendente a quello della libera circolazione dei pazienti, ovvero quello del riconoscimento delle ricette mediche.

Ai fini espositivi, fondamentale importanza, è rivestita dal Decreto legislativo del 4 marzo 2014, n. 38, che in Italia recepisce ed attua le due Direttive appena citate; ecco come appare, quindi, imprescindibile l'analisi di questa fonte normativa per capire come, a livello nazionale, sono state recepite le normative europee, per poter capire, alla fine dell'esposizione, se il lavoro del legislatore italiano è stato all'altezza delle aspettative oppure se era, e sarebbe ancora,

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possibile fare di più.

L'ultimo capitolo, il quarto, è dedicato alla prassi applicativa, dunque alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea, per dare uno sguardo più ampio alla vicenda e capire come concretamente i giudici europei hanno risolto le controversie che a loro sono state poste dagli Stati membri riguardo l'applicazione della Direttiva.

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CAPITOLO I

L'UNIONE EUROPEA E L'ASSISTENZA SANITARIA TRANSFRONTALIERA: UNO SGUARDO D'INSIEME 1. La libera circolazione dei pazienti e l'assistenza sanitaria transfrontaliera: il principio della libera prestazione di servizi

Il fenomeno dell'assistenza sanitaria nell'Unione europea ha assunto negli ultimi anni importanza crescente e, conseguentemente, la mobilità dei pazienti è al centro di un acceso dibattito. Si riscontra, infatti, una maggiore propensione degli individui a spostarsi all'estero per ricevere cure mediche. Le ragioni sottostanti a questo fenomeno sono varie, tra di esse figura, ad esempio, l'impossibilità di ricevere le cure adeguate nel proprio paese d'origine a causa della mancanza di strutture, apparecchiature e professionalità, ma determinanti sono anche le tempistiche e costi di tali prestazioni. L'incremento del numero di persone disposte a viaggiare per curarsi, di conseguenza, porta i servizi sanitari nazionali a doversi attivare concretamente ai fini dell'erogazione e dell'organizzazione di servizi a favore non solo dei propri cittadini ma anche di quelli stranieri, che vi si rivolgono per ottenere cure o trattamenti non disponibili, non efficacemente erogati o inefficienti, nel proprio Paese d'origine. Il primo problema, che nasce da questo fenomeno, sembra, dunque, essere proprio quello dell'organizzazione da parte delle strutture “di accoglienza” di prestazioni che soddisfino entrambe le tipologie di pazienti. Tuttavia, la problematica che appare più preoccupante è un'altra, cioè quella relativa alla sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari degli Stati

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che vedono, per così dire, “in uscita”, i propri cittadini i quali devono prendere a carico le spese sostenute dai propri assistiti che usufruiscono di cure all'estero. “Se in tanti lasciano il proprio Paese per andare in un altro a curarsi, si profilano salassi economici per gli Stati di provenienza, che ne devono pagare le spese, impossibili da sopportare2”. Risulta, quindi, difficile effettuare un bilanciamento tra

la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari e la tutela del principio della libertà di circolazione dei pazienti e, più in generale, del diritto alla salute.

Internet e i voli low cost sono stati centrali per favorire questo fenomeno che risulta strettamente connesso anche all'avanzamento del processo di integrazione europeo3. Pur esistendo una riserva

nazionale nel settore dei servizi socio-sanitari, che a livello sovranazionale dovrebbe essere soltanto sostenuta e completata, gli Stati membri sono comunque tenuti a tutelare ed osservare le norme sulla libertà di stabilimento, la prestazione di servizi nonché vigilare sulle norme di concorrenza4.

Si è così sviluppata una strategia condivisa in materia di protezione della salute i cui interventi dovranno attenersi a principi comuni quali il principio di universalità dei servizi, di accesso a cure

2 Cfr M. BARTOLINI, S. TODARO, Cure all'estero: l'Italia chiede regole

certe, in Il sole 24 ore – Sanità 23/06/2003, pag. 26.

3 M. CONDINANZI, A. LANG, B. NASCIMBENE, Cittadinanza

dell'Unione e libera circolazione delle persone, Giuffré, 2006.

4 F. COSTAMAGNA, I servizi socio-sanitari nel mercato europeo.

L'applicazione delle norme dell'Unione europea in materia di concorrenza, aiuti di Stato e libera circolazione di servizi, ESI, 2011;

J.W. VAN DE GRONDEN, E. SZYSZCZAK, U. NEERGAARD, M. KRAJEWSKI, Health care and EU law, Springer, 2011;

E. MOSSIALOS, G. PERMANAND, R. BAETEND, T. HARVEY,

Health systems governance in Europe. The role of European Union law and policy, Cambridge, 2010.

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di buona qualità e ai principi di equità e di solidarietà. Il ruolo e la responsabilità dell'Unione nella prevenzione e nella cura delle malattie sono rafforzati dal Trattato di Lisbona5. Inoltre, il 9 marzo

2011 è stata adottata la direttiva 2011/24/UE6, la quale doveva essere

recepita dagli ordinamenti dei Paesi membri entro il 25 ottobre 2013, che mira a garantire l'accesso dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari, nonché di tutti coloro che risultino affiliati ad un sistema di previdenza, a cure mediche di qualità e sicure sul territorio degli altri Stati membri. Sembra quindi che questa direttiva miri a trovare un compromesso tra libertà economiche ed esigenze solidaristiche. Risultato non sempre ottenuto e che dipende soprattutto dalle misure di attuazione e recepimento che verranno adottate a livello nazionale dai singoli Stati membri.

2. L'evoluzione della tutela della salute nel diritto dell'UE Il diritto alla salute presenta molteplici aspetti ed accezioni: può essere identificato come un'espressione del diritto di libertà dei cittadini a non subire azioni che non comprimano la loro salute oppure nel diritto che i cittadini hanno di poter fruire di alcune prestazioni da parte dello Stato. Altra accezione può essere identificata nel diritto ad un ambiente salubre, diritto alla sicurezza e alla salute delle condizioni di lavoro, o ancora può rappresentare la base giuridica per la protezione dei diritti del consumatore.

5 Trattato del 13 dicembre 2007 che modifica il Trattato sull'Unione europea e il

Trattato che istituisce la Comunità europea (Trattato di Lisbona).

6 Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011

concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, GUCE L 88 del 4 aprile 2011 pag.45

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Inizialmente, la tutela della salute in ambito comunitario è stata considerata dalle Istituzioni europee solo indirettamente ed è stata poi inserita nei trattati istitutivi solo in un secondo momento.

Possiamo, innanzitutto ripercorrere le tappe principali nell'evoluzione della tutela di questo diritto fondamentale partendo dal Trattato di Roma, il cui preambolo prescriveva “un miglioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini” e indicava tra le eccezioni al principio di libertà di circolazione delle merci “la tutela della salute e della vita delle persone”. Fino a questo momento è possibile notare l'assenza di un'architettura di protezione dei diritti sociali, per questo la comunità è intervenuta indirettamente. La tappa successiva è rappresentata dall'Atto Unico Europeo del 1986 che ha rinforzato il fondamento giuridico delle misure legate alla protezione della salute e ha esteso il campo d'azione della Comunità, per esempio alla sanità e alla sicurezza dei lavoratori, inserendo un titolo sulla coesione sociale ed economica, e prescrivendo la necessità che la Comunità persegua obiettivi di giustizia sociale. Successivamente, con il Trattato di Maastricht7 del 7 febbraio del 1992, è stato fatto un ulteriore passo

avanti, inserendo nel TCE il titolo X, intitolato “politica sociale”, riguardante la sanità pubblica, dove viene affermata la necessità di coordinamento delle politiche nazionali in materia di sanità e lo scambio di informazioni tra gli Stati, volti a migliorare le pratiche nei singoli settori, senza però fissare degli obblighi minimi per gli Stati, meccanismo per questo chiamato “metodo aperto di coordinamento”. La tutela della salute resta ancora subordinata allo sviluppo di

7 Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, sull'Unione europea. GUCE C

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altri settori, come la protezione dell'ambiente o dei consumatori. La vera svolta in materia è rappresentata dal Trattato di Amsterdam8 che

impone alla Comunità “il perseguimento di un elevato livello di protezione della salute”; con la conseguenza di rendere il diritto alla salute autonomo e indipendente e non più subordinato ad altre politiche dell'Unione, lo rende un principio comunitario che gli organi europei sono tenuti a rispettare. L'Unione di conseguenza diviene responsabile del completamento delle politiche nazionali, poiché sulla Commissione grava l'obbligo di promuoverne l'ultimazione. Viene comunque lasciata agli Stati la competenza esclusiva relativamente all'organizzazione ed erogazione dei servizi, prestazioni sanitarie e dell'assistenza medica9; da queste

considerazioni è facile rilevare come in questa fase sia impensabile un'armonizzazione dei sistemi e delle normative nazionali nella disciplina della sanità pubblica e quindi giungere alla nascita di un sistema sanitario europeo. L'ultimo passo legislativo in materia di diritti sociali europei è segnato dalla Carta di Nizza10 la cui evidente

portata innovativa è sottolineata soprattutto dall'art. 35 dedicato alla “protezione della salute” che introduce in maniera definitiva il “diritto soggettivo, autentico, assoluto e pienamente operante nei confronti delle P.A. e dei privati tutelabile dinanzi agli organi giurisdizionali11 di ciascun soggetto appartenente all'Unione europea

8 Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, che modifica il trattato sull'Unione

europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi. GUCE n. C 340, del 10 novembre 1997.

9 Ultimo paragrafo, art 152 TCE.

10 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, Nizza 2000. GUCE C

364/01 del 18 dicembre 2000.

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a ricevere cure preventive e riabilitative a tutela della propria salute. Interessante è il rinvio che la Carta fa alle legislazioni nazionali relativamente agli strumenti di tutela nell'ambito della concreta attuazione delle politiche, ispirate ad un elevato livello di protezione della salute definito dall'Unione. Implicito è invece il limite delle disposizioni della Carta contenuto nel rinvio agli ordinamenti nazionali che restano indipendenti sia nel “come” sia nel “se” garantire la soddisfazione dell'affermazione del diritto. I meriti che le possono essere attribuiti sono quello di aver abolito la gerarchia tra le diverse tipologie di diritti e quello di aver previsto l'affermazione di molti diritti sociali come quello alla protezione, prevenzione e cura della salute.

Importante ricordare come fondamentale ruolo nella tutela del diritto alla salute è stato ed è ricoperto dai Programmi d'azione comunitari, che rientrano tra i principali strumenti utilizzati dalle Istituzioni europee per perseguire gli obiettivi e che rientrano nella categoria degli “atti atipici” e nel cosiddetto “soft law”, considerati dunque atti di “armonizzazione minima12”, in quanto privi di

carattere vincolante, pur avendo effetti giuridici. La loro attuazione è rimessa all'Agenzia esecutiva per il programma di sanità pubblica. I Programmi d'azione comunitari in materia di tutela della salute più importanti sono tre:

a. il primo relativo agli anni 2003-2008, aveva principalmente

tre obiettivi: migliorare l'informazione e le conoscenze per promuovere la salute pubblica ed i sistemi sanitari; rafforzare le

Carta dei diritti fondamentali, in L'arco di Giano, n. 32, 2002.

12 M. INGLESE, Le prestazioni sanitarie transfrontaliere e la tutela della

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capacità di reazione rapida e coordinata alle minacce per la salute; agire sui fattori sanitari determinanti per la salute e aumentare le azioni di prevenzione in modo da ridurre i rischi.

b. il secondo programma d'azione è relativo agli anni

2008-2013 ha perseguito tre obiettivi prioritari: migliorare la sicurezza sanitaria dei cittadini; promuovere la salute, compresa la riduzione delle ineguaglianze in materia; produrre e diffondere informazioni e conoscenze in materia di salute.

c. l'ultimo e più recente è quello relativo agli anni 2014-2020,

che si propone principalmente quattro obiettivi: contribuire alla creazione dei sistemi sanitari innovativi e sostenibili; potenziare l'accesso a cure sanitarie migliori e più sicure per i cittadini; promuovere la buona salute e prevenire le malattie; proteggere i cittadini dalle minacce sanitarie transfrontaliere.

La sanità pubblica è e rimane di competenza nazionale anche nel quadro tracciato dal Trattato di Lisbona13, come conferma l'art.

168, par. 7, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (in seguito TFUE). Pare opportuno precisare che all'interno dell'UE troviamo un panorama variegato di sistemi relativi al funzionamento della sanità pubblica. É possibile richiamare la sintesi compiuta sul tema dall'avvocato generale Geelhoed nelle conclusioni relative alla causa Watts14, evidenziandone i tratti che li differenziano: vi sono,

innanzitutto, sistemi a carattere interamente pubblico (come l'NHS nel Regno Unito) dove le prestazioni sono interamente a carattere

13 Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, che modifica il Trattato sull'Unione

europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea. GUCE C 306 del 17 dicembre 2007.

14 Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 16 maggio 2006

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gratuito, vi sono poi sistemi ibridi (come il regime istituito dalla ZFW nei Paesi Bassi) finanziati da fonti pubbliche o private o da una combinazione di esse e le prestazioni sono erogate in natura o in base ad un meccanismo di rimborso ed infine vi sono sistemi di assicurazione privati in cui le prestazioni sono pagate direttamente dal paziente che viene successivamente rimborsato dalla propria assicurazione. A seconda del tipo di organizzazione tali sistemi avranno una gestione più rigida e saranno quindi relativamente chiusi, oppure avranno una gestione più flessibile e saranno relativamente aperti15.

Partendo da queste premesse le istituzioni europee possono migliorare la complementarietà dei servizi migliorando la cooperazione amministrativa escludendo però qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari nazionali in materia sanitaria, lasciando quindi ad ogni stato totale libertà nel definire la propria normativa interna.

L'asimmetria costituzionale16 tra le politiche all'interno

dell'Unione a sostegno dei sistemi previdenziali statali non ha impedito alla Corte di Giustizia di sottoporre al suo sindacato le scelte compiute a livello interno.17 Il coordinamento è stato attivato

15 Conclusioni dell'A.G. GEELHOED del 15 dicembre 2015 nella causa

372/04, Watts, in Racc., p. I-4325, punto 21. V. anche G. CAGGIANO, Il

coordinamento comunitario delle politiche nazionali per la creazione di un modello sociale europeo, in Studi in onore di Vincenzo Storace, Napoli, 2008,

pp. 991 e ss.

16 F. SHARPF, The European social model: coping with the challenges of

diversity, in Journal of Common Market Studies, 2002, pp.645 e ss.

17 Tra le varie pronunce è bene ricordare: Sentenza della Corte di Giustizia del 31

gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone, in Racc., pag. 377 dove i giudici hanno precisato che la libertà di recezione di servizi costituisce un complemento necessario del diritto sancito dall'art. 56 TFUE; Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 17 febbraio 1993, cause riunite

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sulla base dell'art. 51 CEE (diventato poi art. 42 CE e dopo Lisbona art. 48 TFUE) con l'adozione del regolamento 1408/71 del Consiglio18, il quale ha consentito a tutti i lavoratori, cittadini di uno

degli stati membri, la parità di trattamento e il godimento delle prestazioni di sicurezza sociale indipendentemente dal luogo della loro occupazione o della loro residenza. Il suo merito principale è, quindi, quello di aver introdotto il concetto della “esportabilità della prestazione sanitaria”, con l'obiettivo di consentire al malato autorizzato il diritto ad una prestazione sanitaria in un paese diverso da quello di residenza e dunque fuori dal proprio sistema previdenziale d'iscrizione. Il regolamento ha previsto che un lavoratore possa essere autorizzato a recarsi in un altro Stato membro per ricevere cure adeguate al suo stato, così beneficiando delle prestazioni necessarie come se fosse iscritto al sistema di assicurazione di malattia dello Stato delle cure, fermo restando che le spese sostenute sono rimborsate dal suo Stato di residenza. In via generale, quindi, il regolamento prevede che lo Stato di appartenenza non possa negare l'autorizzazione necessaria quando le cure richieste figurino tra le prestazioni previste dalla sua legislazione e se, tenuto conto dello stato di salute del lavoratore e dell'evoluzione della sua malattia, non possano essere anticipate in tempo utile nel suo Stato di residenza19.

C-159 e 169/91, Poucet e Pistre, in Racc., p. I-367; Sentenza della Corte di Giustizia del 17 giugno 1997, causa C-70/95, Sodemare, in Racc., p. I-3395.

18 Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio del 14 giugno 1971, relativo

all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori dipendenti e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, GUCE L 149 del 5 luglio 1971 pag.2

19 R. CORNELISSEN, The principle of territoriality and the Community

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3. I regolamenti CE n. 883/2004 e n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativi al coordinamento dei sistemi di

sicurezza sociale

Il regolamento 1408/71 è oggi stato abrogato e sostituito dai regolamenti CE n. 883/200420 e n. 987/200921. Entrambi si

concentrano sulle persone che beneficiano di un'assicurazione pubblica e sui loro familiari e superstiti che risiedono o dimorano in uno Stato membro diverso dallo Stato membro competente22, nonché

a cittadini di Stati terzi e apolidi che si trovano nella medesima situazione. Il regolamento si riferisce alla categoria delle cc. dd. cure

mediche non programmate. Rientrano in questa categoria: i

vacanzieri, ma anche, sebbene a talune condizioni, i pensionati, i lavoratori dipendenti e i liberi professionisti.

Il Regolamento 883/2004, relativo al coordinamento dei

Rev. 1996, 439, 463.

20 Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29

aprile 2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, GUCE L 166 del 30 aprile 2004 pag. 1

21 Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16

settembre 2009 che stabilisce le modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, GUce L 284/1 del 30 ottobre 2009.

22 Lo Stato membro in cui si è situata l'istituzione competente. A sua volta, il

termine “istituzione competente” designa: a) l'istituzione alla quale l'interessato è iscritto al momento della domanda di prestazioni, o b) l'istituzione nei cui confronti l'interessato ha diritto a prestazioni o ne avrebbe diritto se egli, un suo familiare o i suoi familiari risiedessero nello Stato membro nel quale si trova tale istituzione, o c) l'istituzione designata dall'autorità competente dello Stato membro in questione, o d) se si tratta di un regime relativo agli obblighi del datore di lavoro per le prestazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, il datore di lavoro o l'assicuratore interessato o, in mancanza, l'organismo o l'autorità designata dall'autorità competente dello Stato membro in questione”.

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sistemi di sicurezza sociale, si pone perfettamente in linea con il suo predecessore, e come questo consente di garantire ai lavoratori la parità di trattamento e il godimento delle prestazioni della sicurezza sociale, indipendentemente dal luogo della loro occupazione o della loro residenza. Il Regolamento, inoltre, riconosce il principio di totalizzazione dei periodi, con il principale effetto che l'acquisizione del diritto alle prestazioni in uno Stato membro deve tener conto dei periodi di assicurazione, di occupazione, di lavoro autonomo e di residenza, maturati in un altro Stato dell'Unione.

L'assistenza sanitaria che si renda necessaria per ragioni mediche nel corso di un soggiorno, e cioè la c.d. assistenza sanitaria non programmata, verrà prestata senza autorizzazione preventiva e i costi verranno sostenuti dallo Stato membro competente. Il diritto a ricevere le cure mediche necessarie è riconosciuto dalla Carta europea di assicurazione medica TEAM23; questa consente l'accesso

ai servizi sanitari pubblici nel paese ospitante senza discriminazione rispetto ai residenti. Qualora le cure mediche siano prestate in natura non vi sarà nessun esborso da parte del paziente, nel caso contrario è garantito un rimborso che può avvenire immediatamente o al rientro nel Paese di provenienza.

I regolamenti prevedono, inoltre, che una persona assicurata che si trasferisce in un altro Stato membro possa chiedere un'autorizzazione all'istituzione competente per riceverci assistenza sanitaria; si tratta delle cc.dd. cure mediche programmate. Tale

23 Tessera Europea di Assicurazione Malattia, entrata in vigore, anche in Italia, dal

1° novembre 2004. Tale tessera, che è il retro della tessera sanitaria nazionale, permette di usufruire delle cure mediche necessarie. Viene rilasciata, in linea di principio, a tutte le persone iscritte e a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN) in possesso della cittadinanza italiana e che hanno la residenza in Italia, salvo alcune eccezioni, compresi anche i cittadini extracomunitari iscritti al SSN e non a carico di Istituzioni estere. Ha una validità di sei anni.

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autorizzazione va concessa quando le cure richieste figurino tra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro in cui risiede l'interessato e se le cure in questione non possono essergli praticate entro un lasso di tempo accettabile sotto il profilo medico, tenuto conto dell'attuale stato di salute dello stesso e della probabile evoluzione della sua malattia24 (pertanto, nelle stesse circostanze

previste dalla Direttiva). L'autorizzazione preventiva viene concessa al paziente tramite l'emissione di un c.d. formulario S2 (precedentemente E 112) da parte dell'istituzione competente.

Nel caso di assistenza sanitaria “programmata” lo Stato membro competente è responsabile per l'assunzione dell'onere delle cure, che vengono prestate in base alle norme dello Stato membro di cura. Sarà la legislazione dello Stato membro di soggiorno a determinare le condizioni finanziarie di esercizio di tali prestazioni; i costi sono a carico, ovvero, vengono rimborsati dall'organismo di sicurezza sociale dello Stato d'origine; l'autorizzazione ha in questo caso proprio lo scopo di non stravolgere l'equilibrio finanziario dello Stato d'origine; la compensazione dei costi sarà gestita dalle amministrazioni di sicurezza sociale senza alcun pagamento anticipato da parte del paziente. I regolamenti non si riferiscono ad ogni prestatore di assistenza sanitaria, infatti, quelli non affiliati a un sistema sanitario pubblico non rientrano nel regime.

I regolamenti regolano anche speciali situazioni in cui alcune persone assicurate trasferiscono la propria residenza in uno Stato membro, pur continuando ad essere affiliate al regime previdenziale di un altro Stato membro. In questi casi all'interessato viene rilasciato un formulario S1 con il quale può iscriversi al sistema sanitario nel

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proprio Stato membro di residenza. Lo Stato membro di residenza richiede il rimborso del costo dell'assistenza sanitaria allo Stato membro competente, scegliendo tra due modalità di compensazione: il rimborso in base ai costi effettivi, che impone la giustificazione delle spese effettivamente sostenute; o (solo per alcune categorie di persone) il rimborso in base a importi fissi (somme forfettarie) per gli Stati membri nei quali non sia praticabile il rimborso sulla base delle spese effettivamente sostenute25. Questa seconda ipotesi di rimborso

in base ad importi fissi forfettari è richiesta da: Norvegia, Irlanda, Spagna, Cipro, Paesi Bassi, Portogallo, Finlandia, Svezia e Regno Unito; e può essere applicata soltanto ai pensionati e ai loro familiari, o ai familiari di una persona assicurata che risiedono in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui risiede la persona assicurata, e tale Stato membro ha optato per il rimborso in base a importi fissi.

La commissione di controllo dei conti, istituita dal regolamento n. 883/2004, è responsabile della determinazione dei metodi per stabilire gli elementi necessari per il calcolo degli importi fissi. Tali elementi sono elencati nel regolamento n. 987/2009 e, la commissione amministrativa, istituita dal reg. n. 883/2004, composta da un rappresentante governativo di ciascuno Stato membro, incaricata, in particolare, di trattare ogni questione amministrativa o d'interpretazione derivante dalle disposizioni del presente regolamento e di promuovere ulteriormente la collaborazione fra gli Stati membri, ha il compito, ulteriore, di presentare una relazione specifica sulla sua applicazione e, in particolare, sugli abbattimenti

25 Ciò può avvenire nel caso in cui l'importo effettivo delle spese sostenute per le

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applicabili per garantire che il calcolo degli importi fissi sia quanto possibile più vicino alle spese effettivamente sostenute e che gli abbattimenti non si traducano in uno squilibrio dei pagamenti o in doppi pagamenti per gli Stati membri26.

4. Il Rimborso dei costi per le cure mediche ricevute all'estero nella giurisprudenza della Corte di Giustizia

L'obbligo di rimborso delle cure mediche ricevute all'estero dai propri affiliati o assicurati da parte di uno Stato membro è sancito dall'art. 49 CE (oggi 56 TFUE) sulla libera prestazione e ricezione di servizi a carattere transfrontaliero. Gli ostacoli riconducibili alle differenti soluzioni di politica sanitaria non pongono particolari limiti a riguardo, infatti, le prestazioni mediche sono considerate servizi indipendentemente dai meccanismi di finanziamento del sistema nazionale ed ogni restringimento all'esercizio di quella libertà costituisce una violazione del Trattato.27 Il parametro di riferimento

non è il sistema sanitario nazionale, ma le cure ricevute dal paziente. Se queste ultime possono qualificarsi come servizi dovrà applicarsi l'art. 56 TFUE. La giurisprudenza non è rimasta insensibile agli aspetti di politica interna sia sotto il profilo economico che medico: ha statuito che potranno essere ammesse solo le misure

26 Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo in

ottemperanza agli obblighi di cui all'art. 20, par. 3, della Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera; Bruxelles, 3/02/2014, COM (2014), 44 final.

27 Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 12 luglio 2001, causa

C-157/99, Smits & Peerbooms, in Racc., p. I-5473; Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 16 maggio 2006, causa C-372/04, Watts, in Racc., p. I-4325.

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giustificate da motivi urgenti legati alla tutela della salute ovvero all'equilibrio finanziario del sistema sanitario, che sono idonee al raggiungimento dello scopo e non vanno oltre quanto strettamente necessario. Nelle procedure pregiudiziali, che in materia costituiscono il nucleo della disciplina, l'applicazione dei criteri sopra citati viene spesso rimessa al giudice interno e solo raramente alla Corte di Giustizia. Inoltre è da evidenziare come la Corte, in deroga ad una consolidata giurisprudenza, consente di invocare obiettivi di natura economica, come l'equilibrio finanziario del sistema sanitario, per giustificare una compressione alla libera prestazione di servizi.

L'esistenza di procedure di autorizzazione nel caso di cure

ospedaliere si presume giustificata e legittima, mentre tende ad

essere maggiormente intrusiva e severa nel caso di cure non

ospedaliere28. Recentemente la Corte sembrava aver optato per un regime di autorizzazione preventiva a cui doveva essere subordinato il rimborso, ma tali premesse portarono a risultati talvolta incompatibili con il dettato dell'art. 168, par. 7, TFUE (es. caso

Vanbraekel) che tradiscono un approccio mercantilistico ai problemi

posti dall'assistenza sanitaria transfrontaliera e stridono con l'anima solidaristica che dovrebbe caratterizzare l'intervento dell'Unione nel settore della protezione sociale.

Nell'affermare i diritti del singolo la Corte deve considerare la disomogeneità presente a livello nazionale fra i singoli Stati membri e i giudici tendono a livellare tali differenze aggirando i limiti di cui all'art. 168 TFUE. Dovendo cercare di limitare l'applicazione della disciplina nazionale, i giudici non compiono alcun riferimento all'art.

28 G. DI FEDERICO, La direttiva 2011/24/UE e l'accesso alle prestazioni

mediche nell'Unione europea, in Rivista del Diritto della sicurezza sociale,

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35 della Carta dei diritti fondamentali ma sono indubbiamente influenzati dagli artt. 229 e 3, par. 230, TUE e 168, par. 131, TFUE. Ne

è riprova l'enfasi posta sulle condizioni di salute del singolo “per valutare se un trattamento che presenti lo stesso grado di efficacia per il paziente possa essere tempestivamente ottenuto nello Stato membro di residenza, l'istituzione competente è tenuta a prendere in considerazione l'insieme delle circostanze che caratterizzano ogni caso concreto, tenendo nel dovuto conto non solamente il quadro clinico del paziente nel momento in cui è richiesta l'autorizzazione e all'occorrenza, il grado del dolore o la natura dell'infermità di quest'ultimo, che potrebbe, ed esempio, rendere impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio di un'attività professionale, ma

29 Art. 2 TUE: L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della

libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

30 Art. 3, comma 2, TFUE: L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà,

sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima.

31 Art. 168, comma 1, TFUE: Nella definizione e nell'attuazione di tutte le

politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

L'azione dell'Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria, nonché la sorveglianza, l'allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero.

L'Unione completa l'azione degli Stati membri volta a ridurre gli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall'uso di stupefacenti, comprese informazione e prevenzione.

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anche i suoi antecedenti”32.

5. La Direttiva 2011/24/UE e l'accesso alle prestazioni sanitarie transfrontaliere

Dopo un lungo percorso di approvazione, il 9 marzo del 2011 viene emanata dal Parlamento europeo e dal Consiglio la Direttiva 2011/24/UE, che concerne l'applicazione dei diritti dei pazienti relativamente all'assistenza sanitaria transfrontaliera.

Tale Direttiva s'inserisce perfettamente, apportando alcuni elementi di novità, nella linea giurisprudenziale seguita dalla Corte di Giustizia, sin dalla fine degli anni '90. In questi anni il giudice europeo ha, per la prima volta, fatto rientrare nella materia europea della libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi, anche la “circolazione dei pazienti”, permettendo loro di fruire dei servizi sanitari in qualsiasi Stato membro. L'azione della Corte di Lussemburgo ha però alimentato un quadro giuridico già piuttosto incerto relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale per i lavoratori. Di conseguenza si può affermare che la Direttiva mira a canonizzare i principi stabiliti dal giudice europeo in materia di prestazioni sanitarie transfrontaliere33.

Per la sua approvazione è stata utilizzata una doppia base giuridica: l'art. 114 TFUE e l'art. 168 TFUE.

In particolare, l'art. 168, par. 1, TFUE sancisce che: “nella

32 Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 16 maggio 2006,

causa C-372/04, Watts, in Racc., p. I-4325, punto 62.

33 Considerando n.8 della Direttiva 2011/24/UE: “la presente Direttiva ha la

finalità di pervenire a una più generale, nonché efficace, applicazione dei principi elaborati dalla Corte di giustizia attraverso singole pronunce”.

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definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”. Inoltre, l'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, che ha oggi lo stesso valore dei trattati34, specifica che

“ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali35”. Il rinvio all'art. 168 TFUE specifica che l'azione

dell'Unione mira a completare le politiche nazionali e si pone in un'ottica di coordinamento e cooperazione con le realtà degli Stati membri, sempre nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Inoltre, l'Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri nel settore della sanità e, ove necessario, appoggia la loro azione. L'art. 144, par. 3, TFUE, stabilisce, invece, che la Commissione, nelle sue proposte, in alcune materie, fra le quali è espressamente menzionata la sanità, “si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici” e precisa che anche il Parlamento europeo ed il Consiglio, nell'ambito delle rispettive competenze, cercheranno di conseguire tale obiettivo.

Ai fini espositivi non è possibile non menzionare la Direttiva di esecuzione 52/2012/UE della Commissione del 20 dicembre 2012 comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro.

La Direttiva appena citata si occupa di stabilire i requisiti

34 Art. 6, par. 1 TUE. V. L. DANIELE, Carta dei diritti fondamentali

dell'Unione europea e Trattato di Lisbona, in Il diritto dell'Unione europea,

2010, pp. 656 e ss.

35 V. A. LUCARELLI, Art. 35 Protezione della salute, in R. BIFULCO, M.

CARTARIA E A. CELOTTO, L'Europa dei diritti. Commento alla carta dei

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minimi che ogni ricetta medica, rilasciata da uno Stato membro, deve possedere per poter essere ritenuta valida ai fini della sua utilizzazione da parte di un paziente che voglia farla valere in un altro Stato membro.

Per la trattazione della suddetta Direttiva rimandiamo al capitolo II.

6. Segue: il contributo della Direttiva 24/2011/UE alla mobilità transfrontaliera dei pazienti e il coordinamento con il Regolamento

883/04

La Direttiva in parola apporta un fondamentale contributo alla mobilità transfrontaliera di pazienti nell'Unione europea, ma tale fenomeno, sebbene limitato, può comportare dei rischi, in particolare quello di compromettere il funzionamento del mercato interno e di incidere sui sistemi sanitari nazionali36. A tal fine si prenderà come

parametro il Regolamento 883/2004, partendo dalla considerazione che l'ambito di applicazione ratione personae dei due atti coincide37.

Mentre il Regolamento ha lo scopo di rendere effettiva la

36 Secondo studi della Commissione, nel 2007, solo il 4 per cento della

popolazione europea di è curata in altri Stati membri (v. Commission staff

working document-Accompanying document to the proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on the application of patients' right in cross-border healthcare – Impact assessment SEC (208) 2163).

Statistiche aggiornate sul fenomeno dell'assistenza sanitaria transfrontaliera possono essere reperite in M. WISMAR, W. PALM, J. FIGUERAS, K. ERNST, E. VAN GINNEKEN, Cross border healthcare in the European Union.

Mapping and analysing practices and policies, World Health Organisation,

2011.

37 Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo in

ottemperanza agli obblighi di cui all'art. 20, par.3, della Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera; Bruxelles, 3/02/2014, COM (2014), 44 final.

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libera circolazione di persone garantendo che lo Stato membro di affiliazione si farà carico dei costi sostenuti dallo Stato membro di cura, la direttiva si pone l'obiettivo di “agevolare l'accesso a un'assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità” tramite regole comuni in materia di rimborso e un'efficace cooperazione tra gli Stati membri in materia di assistenza sanitaria38.

La principale differenza tra i due è data dal fatto che secondo la Direttiva il rimborso dei costi dell'assistenza sanitaria transfrontaliera da parte dello Stato membro di affiliazione non è subordinato ad autorizzazione preventiva. Questa novità determina, almeno in linea teorica, una tutela piena ed effettiva del diritto alle cure transfrontaliere, che non è assoggettato alla decisione dell'amministrazione, ma si presenta incondizionato e sempre esercitabile. La Direttiva ha, dunque, optato per un sistema di assistenza c.d. indiretta, che richiede al paziente di anticipare le spese, salvo rimborso successivo da parte dello Stato di affiliazione, lasciando comunque la possibilità, ai singoli Stati membri, di optare per un regime di assistenza diretta. Questo secondo il Regolamento non avviene, infatti, il paziente non è tenuto ad anticipare niente, in quanto l'intera somma gli verrà corrisposta dallo Stato di affiliazione a seguito dell'accettazione della sua domanda di autorizzazione preventiva a cui è necessariamente subordinata l'erogazione del servizio.

Il sistema dell'assistenza indiretta crea diversi problemi che a livello pratico limitano il diritto alla scelta del luogo di cura. È fondamentale, infatti, tenere presente che non tutti possono essere

38 G. DI FEDERICO, La Direttiva 2011/24/UE e l'accesso alle prestazioni

mediche nell'Unione europea, in Rivista del Diritto della sicurezza sociale,

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nelle condizioni di anticipare i costi della prestazione; perciò, alcuni pazienti potrebbero previamente rinunciare alla possibilità di esercitare il proprio diritto, posti nella condizione di non poter poi fronteggiare da soli alle spese necessarie. Si consideri poi che il rimborso non può comunque superare il costo che l'assistenza avrebbe comportato ove eseguita in Italia, in misura corrispondente alle tariffe regionali vigenti; questo vuol dire che il paziente potrebbe non ottenere la copertura totale delle spese, ma solo di una parte di esse. Alla luce di queste considerazioni il diritto alle cure risulta, quindi, essere limitato. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che il paziente difficilmente può conoscere, ex ante, il prezzo della prestazione in un paese differente da quello di appartenenza; il Punto di Contatto Nazionale39 potrebbe non saper rilasciare, su tale

tema, adeguate indicazioni all'interessato, come confermano gli uffici del Ministero della Salute. Anche per questo motivo, quello cioè di non conoscere la somma da anticipare all'estero e la differenza tra quanto dovrà spendere e quanto gli verrà rimborsato, il paziente potrebbe rinunciare ad esercitare il proprio diritto. Altro aspetto riguarda l'incapacità dell'amministrazione, dovuta da problemi finanziari, di procedere, in tutto o in parte, al rimborso; per ovviare a questa problematica e garantire maggiore certezza, sarebbe opportuno determinare ex ante i casi in cui l'amministrazione possa e debba negare il rimborso oppure accordarlo in misura ridotta.

39 Il Punto di Contatto Nazionale italiano è istituito presso il Ministero della

Salute e si occupa di fornire ai pazienti le informazioni per facilitare l'accesso all'assistenza sanitaria transfrontaliera all'interno dell'Unione europea. Ad esempio, rilascia informazioni su: autorizzazioni, cure rimborsabili, termini, condizioni e procedure di rimborso dei costi, procedure di ricorso, amministrative e giurisdizionali per risolvere le controversie in caso di rifiuto di autorizzazioni e rimborsi, dati da includere nelle ricette mediche rilasciate in altro Stato dell'Unione europea affinché siano accolte in Italia e viceversa. Cfr salute.gov.it

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Il diritto alla salute, altrimenti, rischia di diventare un diritto per soli ricchi40.

È dunque solo il diritto al rimborso quello che viene sottoposto a previa autorizzazione e non anche il diritto alla scelta del luogo di cura; infatti, tale diritto non può essere compresso, consentendo al singolo di espatriare comunque, nelle more dell'emanazione del procedimento, o anche nel caso di diniego o di mancata risposta: il diritto soggettivo alla scelta del luogo di cura, infatti, rimane tale e non abbisogna di previo riconoscimento.

Nel caso della Direttiva tra Stato membro di affiliazione, Stato di cura e singolo paziente non si determina una dialettica triangolare; bensì tale generica situazione determina il sorgere di due rapporti bilaterali differenti, non connessi tra loro. Il primo rapporto si instaura tra il paziente e lo Stato membro di cura: tale rapporto nasce quando il soggetto giunge nel luogo prescelto e termina quando, portata a termine la prestazione, torna nel suo Paese di origine. Il secondo s'instaura tra il paziente e lo Stato membro di affiliazione in capo al quale sorge l'obbligo di rimborsare le spese affrontare dal primo: tale obbligo si configura solo successivamente all'esecuzione della prestazione e sorge a favore del paziente, il quale dialoga direttamente con lo Stato di affiliazione senza dover coinvolgere quello di cura. Diversamente si atteggia, invece, il rapporto nei casi che ricadono nell'ambito di applicazione del Regolamento dove la necessaria previa autorizzazione vale a rendere il rapporto di tipo triangolare; il singolo che espatria fa sorgere, contestualmente, in capo allo Stato di affiliazione, l'obbligo di pagare

40 N. POSTERARO, Assistenza sanitaria transfrontaliera in Italia e

rimborso delle spese sostenute, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.

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direttamente il costo della prestazione. Grazie al provvedimento, quindi, le relazioni s'intrecciano e valgono a condizionarsi reciprocamente. In questo caso però il paziente non vanta un diritto al rimborso, bensì, un diritto a non sostenere alcuna spesa41.

La Direttiva riconduce nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione europea quelle situazioni in cui il movimento è solo funzionale all'ottenimento delle prestazioni mediche necessarie. Sono quindi esclusi dal suo campo di applicazione coloro che, benché cittadini dell'Unione europea, non risultano affiliati al servizio sanitario del Paese di residenza. In questi casi, solo le informazioni rese disponibili tramite i punti di contatto nazionali potranno consentire al singolo di decidere consapevolmente se e dove recarsi all'estero per ricevere cure mediche.

Rispetto alla Direttiva il Regolamento ha due vantaggi: garantisce che tutte le spese mediche affrontate dal singolo saranno comunque a carico dello stato di residenza; su previa autorizzazione, il paziente potrà evitare di pagare il costo della prestazione, che sarà invece sostenuto direttamente dallo Stato di affiliazione.

I due sistemi sono complementari. Nell'interesse dei diritti dei pazienti, un adeguato coordinamento del Regolamento viene visto come prioritario. Oltre a consentire agli Stati di scegliere di applicare i meccanismi di compensazione finanziari contemplati dalla Direttiva, la stessa prevede che se ne ricorrono i presupposti l'autorizzazione preventiva è sempre concessa conformemente al Regolamento, salvo che il paziente non si opponga. Non può infatti escludersi che, in base alla disciplina nazionale di trasposizione, la

41 N. POSTERARO, Assistenza sanitaria transfrontaliera in Italia e

rimborso delle spese sostenute, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, fasc. 2.

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Direttiva offra maggiori garanzie al paziente42. Per quanto concerne il

recepimento in Italia pare opportuno anticipare sin da ora, anche se sarà oggetto di analisi nel prosieguo del lavoro, che lo stato di attuazione delle disposizioni che regolamentano nel nostro ordinamento l'assistenza sanitaria transfrontaliera non vanno esattamente nella direzione auspicata.

42 Del resto l'art. 5, lett. B della Direttiva dispone che: “nelle informazioni

sull'assistenza sanitaria transfrontaliera gli Stati operano una chiara distinzione tra i diritti che i pazienti hanno in virtù della presente Direttiva e i diritti risultanti dal regolamento”.

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CAPITOLO II

LA DIRETTIVA 2011/24/UE CONCERNENTE L'APPLICAZIONE DEI DIRITTI DEI PAZIENTI RELATIVI ALL'ASSISTENZA

SANITARIA TRANSFRONTALIERA 1. Le basi giuridiche della Direttiva

Ai sensi dell'art. 168, par. 1, TFUE viene garantito un livello elevato di protezione della salute umana nella definizione e attuazione di tutte le politiche e attività dell'Unione europea. L'azione dell'Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria, nonché la sorveglianza, l'allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero. Inoltre, l'Unione completa l'azione degli Stati membri volta a ridurre gli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall'uso di stupefacenti, e contribuisce anche alla diffusione dell'informazione e della prevenzione.

Come sopra anticipato, tale articolo insieme all'art. 114 TFUE costituiscono la base giuridica della Direttiva 2011/24/UE il cui scopo è quello di migliorare il funzionamento del mercato interno e la libera circolazione di merci, persone e servizi. In materia di sanità pubblica l'art. 114, par. 3, TFUE dispone che nel realizzare l'armonizzazione sia garantito un livello elevato di protezione della

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salute umana, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Nonostante la possibilità per i pazienti di ricevere assistenza sanitaria transfrontaliera ai sensi della Direttiva, gli Stati membri sono comunque tenuti sul loro territorio a prestare ai cittadini un'assistenza sanitaria sicura, di qualità elevata, efficiente e quantitativamente adeguata. Inoltre, il recepimento della Direttiva nella legislazione nazionale e la sua applicazione non dovrebbero condurre a una situazione in cui i pazienti siano incoraggiati a ricevere le cure fuori dal loro Stato membro di affiliazione.

Come riconosciuto dal Consiglio, esistono una serie di valori e principi comuni dei sistemi sanitari dell'Unione europea43, operativi

e condivisi dai sistemi sanitari di tutta l'Unione, necessari per garantire che i pazienti abbiano fiducia nell'assistenza sanitaria transfrontaliera, condizione indispensabile per realizzare la mobilità dei pazienti e conseguire un elevato livello di protezione della salute. Il Consiglio ha altresì riconosciuto che le modalità pratiche in cui detti valori e principi si concretizzano variano da uno Stato membro all'altro. È prerogativa dello Stato la decisione circa l'adozione delle decisioni sull'offerta di assistenza sanitaria cui i cittadini hanno diritto e i meccanismi tramite i quali essa è finanziata e prestata. Inoltre, la Corte di giustizia ha stabilito, pur riconoscendone la natura specifica, che tutti i tipi di cure sanitarie rientrano nell'ambito di applicazione del TFUE. La presente Direttiva rispetta e non pregiudica la facoltà di ciascuno Stato membro di decidere il tipo di assistenza sanitaria ritenuta opportuna, non comprimendo quindi le scelte etiche fondamentali degli Stati

(38)

membri.

Nelle proprie conclusioni, il Consiglio ha riconosciuto la particolare rilevanza della chiarezza circa le cure sanitarie transfrontaliere, in merito ai diritti dei cittadini ad esse per assicurare il rispetto del principio della certezza del diritto.

In particolare, la Direttiva mira a istituire norme volte ad agevolare l'accesso ad un'assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità nell'Unione e a garantire la mobilità dei pazienti conformemente ai principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e punta, inoltre, a promuovere la cooperazione tra gli Stati membri in materia di assistenza sanitaria, nel pieno rispetto delle competenze degli Stati membri relative all'organizzazione e alla prestazione dell'assistenza sanitaria. La direttiva tende anche a fare chiarezza sulla sua relazione con il quadro normativo esistente in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale di cui al regolamento (CE) n. 883/2004, ai fini dell'applicazione dei diritti dei pazienti.

2. Oggetto e ambito di applicazione e attuazione della Direttiva 2011/24/UE

La Direttiva stabilisce norme volte ad agevolare l'accesso ad un'assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità e promuove la cooperazione tra gli Stati membri in materia di assistenza sanitaria, nel pieno rispetto delle competenze nazionali. La Direttiva si applica alla prestazione di assistenza sanitaria ai pazienti, a prescindere dalle relative modalità di organizzazione, prestazione e finanziamento.

Non si applica invece ai servizi nel settore dell'assistenza di lunga durata il cui scopo è sostenere le persone che necessitano di

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assistenza nello svolgimento di compiti quotidiani e di routine; all'assegnazione e all'accesso agli organi ai fini dei trapianti d'organo; ai programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose, volti esclusivamente a proteggere la salute della popolazione nel territorio di uno Stato membro, e subordinati ad una pianificazione e a misure di attuazione specifiche (ad eccezione del capo V).

Inoltre, la Direttiva non pregiudica le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia di organizzazione e finanziamento dell'assistenza sanitaria in situazioni non connesse all'assistenza sanitaria transfrontaliera. In particolare, non obbliga uno Stato membro a rimborsare costi dell'assistenza sanitaria fornita da prestatori di assistenza sanitaria stabiliti sul suo territorio se detti prestatori non fanno parte del sistema di sicurezza sociale o del sistema sanitario nazionale di detto Stato membro.

Per quanto riguarda, invece, l'attuazione, gli Stati membri sono tenuti a conformarsi entro il 25 ottobre 2013 alla Direttiva in parola, emettendo le disposizioni legislative, i regolamenti e i provvedimenti amministrativi necessari al rispetto della Direttiva, informandone immediatamente la Commissione. Gli Stati membri sono altresì tenuti a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla Direttiva. Come di regola, la Direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

(40)

3. La responsabilità degli Stati membri in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera

3.1. La responsabilità dello Stato membro di cura

L'assistenza sanitaria transfrontaliera è prestata conformemente alla legislazione, agli standard e agli orientamenti di qualità e sicurezza definiti dallo Stato membro di cura e alla normativa dell'Unione in materia di standard di sicurezza.

Lo Stato membro di cura garantisce che i pazienti ricevano, dal Punto di Contatto Nazionale, tutte le informazioni necessarie relative agli standard e agli orientamenti; sui prestatori di assistenza sanitaria in particolare in merito alla loro valutazione e a quali di essi siano soggetti agli standard e orientamenti; infine le informazioni sull'accessibilità agli ospedali per le persone con disabilità.

Le informazioni fornite dai prestatori di assistenza sanitaria consentono ai pazienti di compiere una scelta informata, tra l'altro sulle opzioni terapeutiche, sulla disponibilità, qualità e sicurezza dell'assistenza sanitaria da essi prestata nello Stato membro di cura; nonché informazioni trasparenti sui prezzi; sullo status di autorizzazione o iscrizione dei prestatori di assistenza sanitaria, sulla loro copertura assicurativa o su altri mezzi di tutela personale o collettiva e sulla loro responsabilità professionale.

Per parte loro, i prestatori di assistenza sanitaria non sono tenuti a fornire ulteriori informazioni. Esistono specifiche procedure trasparenti per le denunce che consentano ai pazienti di esperire i mezzi di ricorso a norma della legislazione dello Stato membro di cura nel caso in cui subiscano una danno a causa dell'assistenza sanitaria ricevuta ed anche dei sistemi di assicurazione di

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responsabilità professionale, o garanzie, o analoghi meccanismi equivalenti quanto a finalità, commisurati alla natura e alla portata del rischio.

Al fine di garantire la continuità della cura, i pazienti che hanno ricevuto un trattamento hanno diritto ad una cartella clinica, scritta o elettronica, in cui si è registrato il trattamento in questione, nonché all'accesso ad almeno una copia di tale cartella clinica in conformità e senza pregiudizio delle misure nazionali che attuano le norme dell'Unione relative alla tutela dei dati personali. Si applica ai pazienti di altri Stati membri il principio di non discriminazione in base alla nazionalità; fatta salva la possibilità per lo Stato membro di cura, qualora sia giustificato da un motivo imperativo di interesse generale, quali ad esempio l'obiettivo di assicurare nel territorio dello Stato membro interessato la possibilità di un accesso sufficiente e permanente a cure di elevata qualità, ovvero garantire un controllo dei costi e quindi di evitare ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane. Tali misure sono limitate a quanto è necessario e proporzionato e non possono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria e sono rese pubbliche preventivamente.

Gli Stati membri devono inoltre garantire che nel loro territorio i prestatori di assistenza sanitaria applichino ai pazienti degli altri Stati membri gli stessi onorari applicati ai pazienti nazionali in una situazione clinica comparabile, ovvero fissino un prezzo calcolato in base a criteri oggettivi e non discriminatori se non esiste un prezzo comparabile per i pazienti nazionali. Tale previsione non pregiudica la legislazione nazionale che consente ai prestatori di assistenza sanitaria di fissare i propri prezzi, purché non discriminino i pazienti degli altri Stati membri. Infine, non vengono pregiudicate neanche le leggi e i regolamenti sull'uso delle lingue, infatti, gli Stati

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