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Studio della dinamica di sfruttamento di Merluccius merluccius (Linneo, 1758) nel Mar Tirreno settentrionale in relazione alle politiche di gestione nel settore della pesca

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Università degli Studi di Pisa

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Biologia Marina

Tesi di Laurea

“Studio della dinamica di sfruttamento di Merluccius

merluccius (Linneo, 1758) nel Mar Tirreno

settentrionale in relazione alle politiche di gestione nel

settore della pesca”

Candidato

Relatori

Dott. Lorenzo Ugo Conti

Prof. Alberto Castelli

Dott. Claudio Viva

Matricola

478327

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Riassunto

Lo sfruttamento eccessivo delle risorse alieutiche ha portato negli anni molti stock ittici in situazioni critiche e prossime al collasso. Si sono susseguiti una serie di regolamenti sia nazionali che comunitari, rivolti a una migliore gestione delle risorse. Questo lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto europeo MINOUW (Minimizing unwanted catches in European fisheries) nell’ambito degli obiettivi di Horizon 2020, volto a incoraggiare l’utilizzo di tecniche che riducano le catture indesiderate. L’obiettivo è quello di valutare l’efficacia delle politiche di gestione messe in atto per la riduzione dello scarto e la tutela dei giovanili. Come specie target è stato scelto il nasello,

Merluccius merluccius, come area di riferimento la GSA 9, che comprende il Mar Ligure e il Mar

Tirreno settentrionale e come indicatore i quantitativi di scarto. I dati raccolti provengono da diverse campagne di ricerca, effettuate dal 1995 sino al 2016. I campioni di nasello provengono sia da acquisti presso i mercati ittici sia da campionamenti effettuati a bordo delle imbarcazioni commerciali. In laboratorio sono stati determinati i parametri biologici di taglia (lunghezza totale LT), peso (al decimo di grammo), sesso e stadio maturativo delle gonadi. I dati sulle catture sono stati standardizzati all’ora di pesca e sono stati utilizzati per realizzare gli indici di biomassa e abbondanza, sono state poi effettuate ulteriori elaborazioni statistiche con il pacchetto R tramite la funzione GAM (Generalized Additive Models) su quattro variabili spazio-temporali (profondità, durata della cala, stagione e periodo). Le distribuzioni di frequenza delle catture sono state scomposte nella frazione commercializzata e scartata e ne è stata calcolata la L50 di scarto. Tramite

l’analisi delle taglie catturate è emerso come la prima taglia a comparire nella rete vari tra 3,5 e 5,5 cm. In seguito alle politiche di gestione è aumentata negli anni la taglia media sia della frazione scartata, che quella commercializzata. Questo andamento è evidenziato anche dall’aumento della L50 di scarto che passa da 10,69 cm nel 1995 a 17,48 cm nel 2016. Tuttavia, lo scarto del nasello è

ancora elevato, in termini di biomassa oscilla tra il 10 e il 50% delle catture totali mentre in termini di abbondanza i valori sono nettamente più alti variando tra il 30 e il 90%, inoltre sul mercato sono ancora presenti esemplari inferiori alla taglia minima di sbarco. Tramite l’analisi GAM delle variabili spazio-temporali è emerso come i tassi di scarto siano maggiori alle profondità comprese tra 150 e 200 m e nel periodo estivo-autunnale. Da questo lavoro emerge come le politiche che si sono susseguite nel corso degli anni non abbiano portato un effettivo vantaggio per la specie in termini di riduzione della mortalità dovuta alla pesca, in quanto i tassi di scarto non sono stati ridotti.

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Indice

1. Introduzione

1

1.1 Il contesto storico 1

1.2 Politiche di gestione della pesca 4

1.3 La problematica dello scarto 8

2. Scopo della tesi

12

3. Materiali e metodi

13

3.1 Area di studio 13

3.2 Merluccius merluccius (Linneo, 1758) 16

3.3 Raccolta dati 19

3.4 attrezzi da pesca 23

3.4.1 Strascico a divergenti

23

3.4.2 Reti da posta fisse

25

3.4.3 Palangari

26

3.5 Selettività 27

3.6 Analisi GAM 29

4. Risultati

31

4.1 Indici delle catture 31

4.2 Distribuzioni di frequenza 34

4.3 Selettività della taglia di scarto 43

4.4 Analisi GAM 48

5. Discussione

52

6. Conclusioni

59

7. Ringraziamenti

60

8. Bibliografia

61

9. Sitografia

71

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1. Introduzione

“Si pescano continuamente nel mare di Liguria quantità innumerevoli di pesciolini i quali, se

lasciati fossero stagionare, diventerebbero ben altrimenti produttivi e moltiplicherebbero la propria razza, nell’atto che invece, esportati prima del tempo, lasciano depauperate quelle acque e condannano ad inevitabile miseria le venture generazioni di pescatori”

Gerolamo Boccardo XIX sec.

1. 1 Il contesto storico

La mancanza o la non riuscita di un piano di sfruttamento razionale nel settore della pesca, ha portato, col tempo, ad un eccessivo prelievo delle risorse ittiche, con una conseguente diminuzione di queste. Anticamente il mare veniva considerato una fonte di ricchezza inesauribile e accessibile a chiunque, quasi come un dono illimitato della natura. Erroneamente la capacità di rinnovo di tali risorse è stata sovrastimata, determinando la situazione critica attuale. Oltre al libero accesso al mare e grazie alle innovazioni tecnologiche come il sonar ed il GPS, il miglioramento delle imbarcazioni e dei mezzi di pesca, l'utilizzo di sistemi di refrigerazione e carburanti più economici, le risorse marine sono state man mano sfruttate in maniera sempre più smisurata (Pauly, 2010). Tra il 1992 e il 2001 il peso dello sbarcato globale variava intorno ad una media di 91 milioni di tonnellate all'anno, dato tuttavia incompleto sia a causa della mancanza di informazioni sulle marinerie di alcuni stati come la Corea del Nord sia per l’incompletezza dei dettagli inseriti nei database come per le Filippine, la Nuova Zelanda e la federazione Russa. Inoltre, la complessità delle indagini scientifiche deve necessariamente arrendersi a delle stime approssimative sul quantitativo della pesca illegale (Keller, 2005). Tuttavia, a partire dagli anni ’80 è stato registrato un progressivo calo delle catture a livello globale con un tasso generico dello 0,4% (Zeller and Pauly, 2005).

Attualmente circa l’80% degli stock ittici a mondiali sono in declino per ragioni di sovra-sfruttamento note come overfishing (Hutchings et al. 2004), che, oltre a danneggiare gli stock stessi, hanno portato ad alterazioni degli habitat marini (Pitcher, 2001), difatti molte specie si trovano in condizioni di conservazione non ottimale (Sadovy and Cheung, 2003). Per questi motivi alcuni stock sono giunti al collasso come quello del merluzzo, Gadus morhua, nelle acque atlantiche canadesi

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(Finlayson,1994), tuttavia grazie ad una serie di piani di recupero sta mostrando un aumento della deposizione e della biomassa pescata (Rosenberg, 2003).

Per valutare lo stato delle risorse i ricercatori hanno elaborato diversi modelli tra cui quello di “produzione equilibrata”, dove il rendimento massimo sostenibile MSY (Maximum Sustainable Yield) può essere rappresentato come una curva a campana. Nelle fasi iniziali quando lo stock viene definito "vergine" un piccolo incremento nello sforzo di pesca determina un rapido aumento del rendimento (MSY) e delle catture. Con l'intensificarsi dello sfruttamento dello stock è necessario un ulteriore incremento nello sforzo di pesca per aumentare ulteriormente le catture, la curva MSY raggiunge così la fase di sforzo equilibrato e infine una volta che lo stock ha raggiunto la fase di sovra-sfruttamento, anche con un aumento considerevole dello sforzo di pesca, non possono essere più ottenuti i risultati massimali sostenibili, per questo le catture iniziano a diminuire e lo stock rischia quindi di collassare: si noti infatti come la curva una volta raggiunto il valore massimo di rendimento (yield) si pieghi verso il basso, fig. 1. Quando uno stock supera il punto di sovra-sfruttamento, all'aumentare dello sforzo di pesca corrisponde una riduzione: delle catture totali, della biomassa ed anche della lunghezza massima media raggiunta dalla singola specie.

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Il modello del rendimento massimo sostenibile non si adatta completamente a tutte le situazioni soprattutto nei casi in cui la pesca è a carattere multi-specifico, come nel Mediterraneo (Aldebert et

al. 1993), rendendo più complessa la definizione di sovra-sfruttamento delle risorse. È necessario

quindi considerare il problema da un punto di vista ecologico senza prendere in considerazione il singolo stock. L'ecosistema può essere considerato sfruttato quando si verificano una serie di impatti cumulativi come riportato da Murawski, 2000:

• La biomassa di una delle specie più importanti a livello economico scende sotto il minimo biologico accettabile; ad esempio quando la curva del MSY, con l'alterazione del reclutamento entra nella fase di sovra-sfruttamento o quando le prospettive di recupero sono compromesse o ancora quando una specie è minacciata da estinzioni locali o biologiche;

• La diversità delle comunità o delle popolazioni viene ridotta drasticamente come risultato di un prelievo sequenziale sugli stock, rimuovendo selettivamente i predatori, importanti componenti dell'ecosistema;

• Il tasso di rendimento del pescato decresce annualmente e le popolazioni sono soggette a continue variazioni nella composizione;

• Il cambiamento nella composizione delle specie riduce la resilienza e la resistenza dell'ecosistema alle perturbazioni di natura non biologica;

• Il prelievo di alcune specie o la mortalità dovuta alle operazioni di pesca sbilancia la vitalità di importanti specie non considerate risorse come i mammiferi marini, le tartarughe o gli uccelli.

È stato stimato che nel Mediterraneo l’85% degli stock siano sovra-sfruttati (Colloca et al. 2013), su questi agiscono simultaneamente diversi fattori tra cui, un'elevata mortalità dovuta alla pesca e una bassa selettività degli strumenti. Grazie al modello del MSY è stato osservato che per raggiungere livelli sostenibili, paragonabili a quelli delle zone in cui non viene effettuata la pesca, sia necessario un cambio delle taglie minime di sbarco e una restrizione sulle le possibilità di cattura ai soli organismi che si siano riprodotti almeno una volta, è stato ipotizzato che col tempo questo sistema porterà rese maggiori permettendo la sostenibilità della pesca (Colloca et al. 2013).

Analizzando le catture nel Mar Adriatico tra il 1975 ed il 2002 è stato osservato un trend negativo dello sbarcato per alcune specie di taglia maggiore come: i naselli, gli scampi ma anche gli squali demersali e le razze. I selaci, non rappresentano una specie target, tuttavia sono lo stesso catturati in grandi quantità dalle reti e mostrano anch’essi un forte declino (Coll et al. 2009). Mentre è stato

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notato tra il 1975 ed il 1980 un aumento della biomassa di altre specie che occupano livelli trofici intermedi come invertebrati e pesci di piccola taglia, con un successivo declino fino al 2002, dovuto al prelievo tramite lo strascico ma probabilmente anche ad altri fattori come l'inquinamento e l'eutrofizzazione (Coll et al. 2009).

Il cambiamento nella rete trofica ha portato alla teorizzazione del modello detto "fishing down the

food web" in cui la pesca viene considerata come un elemento di disturbo tale da portare drastici

cambiamenti, favorendo le specie di taglia minore a discapito di quelle commerciali e di dimensioni più grandi (Pauly et al. 1998).

1. 2 Politiche di gestione della pesca

La gestione della pesca è un tema che è stato dibattuto per secoli. Già nel 1822 nel Gran Ducato di Toscana fu stabilito un regolamento che impediva le catture con lo strascico nel periodo riproduttivo e la pesca in determinate zone e in specifici periodi dove era stato osservato un aggregato di giovani o di adulti ovigeri. Il primo regolamento, il n° 963/1965 fu introdotto esclusivamente per le acque nazionali il 14 luglio 1965, in seguito modificato con il D.P.R. n° 1639 del 2 ottobre 1968 che introdusse alcune specifiche sulle taglie minime di cattura, tra cui il nasello, fissato a 11 cm; sulle dimensioni minime di 20 mm per la maglia della rete a strascico e la possibilità di istituire zone di tutela biologica (ZTB) interdette alla pesca.

Sono previsti tre livelli di protezione per le riserve: il core che è interdetto ad ogni tipo di attività umana, mentre le zone limitrofe in maniera graduale fungono da area tampone permettendo gradualmente la possibilità di svolgere maggiori attività di tipo antropico (Villa et al. 2002).

La politica comune della pesca (PCP) fu ideata per la prima volta nei trattati di Roma del 25 marzo 1957, con l'articolo 3 che definisce “la conservazione delle risorse biologiche marine sotto la politica comune della pesca”. La PCP faceva a suo tempo parte della politica agricola comune. Gli stati membri delegarono alla Comunità Europea il compito di gestire le risorse del settore alieutico, tutelando gli interessi degli stessi durante le trattative internazionali. Solo in seguito la PCP acquisì un'identità propria. Il 10 dicembre del 1982 fu redatta dalla International Law Commission la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che estese le Zone Economiche Esclusive (ZEE) fino a 200 miglia marine, prima fissate a 12 miglia (un miglio marino corrisponde a 1852 m). Nel Mediterraneo tale convenzione fu adoperata solo a partire dal 1994. Con il Reg. n° 170/1983venne istituita la prima politica comune della pesca, dove furono introdotte le quote di cattura TAC (total

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ammissible catch), tuttavia il Mediterraneo non era stato incluso nei piani di gestione. La PCP viene

riformata ogni dieci anni, l’ultima modifica risale al 2013 con la n° 1380.

Nel giugno del 1994 l’Unione Europea introdusse il Reg. n° 1626/94, con il quale veniva regimata tutta l'attività alieutica all'interno del Mar Mediterraneo al fine di preservare le specie e gli habitat fragili o minacciati. Furono vietati l'utilizzo di sostanze esplosive o tossiche per l’ambiente, arnesi come la Croce di Sant'Andrea utilizzato per la rimozione dei coralli e le sciabiche da spiaggia. Fu stabilita una distanza minima dalla costa nella misura di tre miglia e una profondità minima di pesca di 50 metri tutelando così le aree di riproduzione e le praterie di fanerogame. Furono anche fissati requisiti minimi per gli attrezzi utilizzati, come la larghezza delle draghe, la lunghezza delle reti e dei palangari, inoltre la maglia delle reti a strascico fu regolamentata alla grandezza di 40 mm con forma romboidale. Infine, furono introdotte le taglie minime di sbarco per molti prodotti alieutici, tra cui il nasello fissato a 20 cm.

Il 21 dicembre 2006 venne introdotto un nuovo regolamento il n° 1967/2006 con il quale venne abrogato quello del’94. Vennero introdotte una serie maggiore di misure. Il regolamento entrò in vigore a partire dal 1° giugno 2010. La distanza di tre miglia dalla costa e la profondità minima di 50 metri sono state mantenute, inoltre è stato introdotto il divieto di pesca oltre i 1000 metri di profondità. Al fine di tutelare ulteriormente il novellame gli stati membri dovevano raccogliere dati sulle zone di riproduzione per istituire aree di protezione permanenti o temporanee. La dimensione della maglia della rete a strascico è stata lasciata a 40 mm con la specifica di avere una forma quadrata, mentre per mantenere la maglia a losanga, su espressa richiesta del pescatore, la dimensione deve essere aumentata a 50 mm. Sono state ridefinite le taglie minime di sbarco per molte specie, vedi tabella 1. Tale regolamento prevedeva inoltre l’introduzione di piani di gestione per le risorse entrati in vigore da maggio 2011, tra questi sono stati stabiliti: dei periodi di interruzione dell’attività di pesca coincidenti con le fasi di reclutamento o riproduzione, della durata compresa tra 30 e 45 giorni, a seconda del tipo di attrezzo utilizzato e la zona di esercizio; sono state applicate ulteriori restrizioni in termini di stop delle attività per i giorni festivi e per otto settimane successive al fermo è stata vietata la pesca di venerdì, inoltre sono state create delle nuove zone di tutela biologica precluse alla pesca. A partire dal 2012 è stata proibita la pesca a strascico nella GSA 17, nel Mar Adriatico settentrionale, oltre le 6 miglia dalla costa o a profondità superiori a 60 m da luglio a ottobre. È da sottolineare che in Italia erano già presenti delle normative che regimavano l’attività alieutica sotto il piano gestionale, previste dalla legge n° 41/1982, come l’interruzione dell’attività di pesca entrata in vigore dal 1990.

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L’ultima politica della pesca varata attraverso il Reg. n° 1380/2013 valido sia per il Mediterraneo che per le tutte le zone di mare sotto la giurisdizione dell’Unione Europea, ha introdotto con l'obbligo di sbarco previsto dall'articolo 15, un elemento innovativo, che impone ai pescatori di sbarcare a terra tutti gli animali di specie soggette a limite di cattura e caso specifico per il Mediterraneo anche le specie soggette a limite di taglia, a decorrere dal 1° gennaio 2015, scaglionando le date a seconda del tipo e della zona di pesca sino al 1° gennaio 2019. Con tale obbligo la Comunità Europea introduce una normativa finalizzata a un migliore impiego delle risorse ittiche al fine di ridurre i rigetti in mare, le specie soggette a tale obbligo tuttavia non possono essere vendute nei mercati per il consumo umano. Possono essere però concesse delle deroghe a tale articolo qualora sia dimostrata l’elevata sopravvivenza di una specie in seguito alla cattura o quando siano dimostrate le difficoltà di smistamento in prossimità della taglia minima di sbarco.

Attraverso i piani pluriennali la PCP introduce una serie di direttive volte a una migliore strategia di conservazione e uno sfruttamento sostenibile, tramite un approccio precauzionale, per mantenere gli stock al di sopra di un livello di massimo rendimento sostenibile, inoltre è prevista con i piani pluriennali la protezione di determinate zone biologicamente sensibili (nuresry areas), ritenute tali secondo il parere scientifico, per la riproduzione o il reclutamento del novellame. Cosi come è avvenuto nel febbraio 2016, tramite il regolamento comunitario 40/2016, è in programma l’attuazione di un piano di tutela nello Stretto di Sicilia (GSA 16) con l’interdizione alla pesca di tre aree, dotate di una zona tampone opportunamente segnalata, per il nasello, Merluccius merluccius e per il gambero rosa, Parapeneaus longirostris.

A livello Nazionale è stata stabilita la chiusura alla pesca nella Fossa di Pomo nella GSA 17, già segnalata come ZTB nel 1998, tramite decreto ministeriale approvato nel mese di giugno 2017 ed entrato in vigore dal 1° settembre dello stesso anno.

Per quanto riguarda l’area considerata in questo studio sono due le zone soggette a tutela, previste dal decreto ministeriale del 16 giugno 1998 poi modificato da quello del 9 luglio 1998: quella dell’isola del Giglio in Toscana e quella lungo le coste laziali in prossimità di Anzio.

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1. 3 La problematica dello scarto

Lo scarto rappresenta la porzione di tutto il materiale organico di origine animale che viene rigettato in mare per qualsiasi ragione, non include quindi resti vegetali e materiale antropico. Lo scarto può essere sia vivo sia morto.

La problematica dello scarto può essere analizzata sotto diversi aspetti, (Keller, 2005):

• politici ed etici: lo scarto rappresenta uno spreco di risorse naturali contrario ad un'amministrazione responsabile e un utilizzo sostenibile delle risorse marine;

• della gestione della pesca: impegnata a designare un regime che incontri vari obiettivi sociali, economici e biologici e allo stesso tempo prevenire o limitare lo scarto, evitando inoltre le catture di specie non commerciabili e protette;

• ecologico: relativo all'impatto ambientale del materiale scartato e dei relativi attrezzi utilizzati durante la pesca;

• tecnico ed economico: al fine di migliorare le modalità di selezione e promuovere l’impiego di specie con un basso valore economico, tramite la trasformazione in mangimi per l'acquacoltura o piazzandole in mercati emergenti.

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In fig. 2 è riportato uno schema della composizione delle catture, in cui è presente anche il materiale di rifiuto che viene indicato con il termine debris. Questo può essere sia di origine naturale (alghe, fanerogame o rocce) sia di origine antropica.

Varie sono le ragioni che portano i pescatori a rigettare in mare le catture; alcune di natura legale in seguito alla pesca di esemplari inferiori alla taglia minima di sbarco, altre di carattere logistico ad esempio lo scarso valore commerciale o la presenza di danni ed escoriazioni dovute alle manovre di cattura. Inoltre, anche l'esaurimento dello spazio di stoccaggio o il raggiungimento delle quote di cattura possono indurre i pescatori a scartare (Clucas, 1997).

Nel 1994 Alverson et al. stimò il tasso mondiale di scarto per anno intorno a 27 milioni di tonnellate, tuttavia questa stima risulta imprecisa. In seguito alla correzione di Keller del 2005, la FAO cita che tra il 1992 ed il 2001 il tasso di scarto a livello globale sia stato dell’8%, mediamente 7,3 milioni di tonnellate l'anno. Questi dati possono però variare molto a seconda del luogo e del tipo di pesca. Esistono infatti attrezzi molto selettivi come le reti da posta che hanno un tasso di scarto circa dello 0,5%, mentre con la pesca a strascico questi valori sono notevolmente superiori e variano in base alla specie target, ad esempio per la pesca dei gamberi sono riportati tassi di scarto del 62,3% mentre per i pesci demersali il tasso è stimato al 9,6 % (Keller, 2005). Tuttavia, se viene considerata solo una determinata zona come il Mediterraneo i valori possono variare sensibilmente. In quest’area è stato stimato uno scarto di 27.000 tonnellate annue, in particolare in alcune battute può essere rigettato quasi il 60% delle catture (Osservatorio della pesca del Mediterraneo).

Nel 1995 la FAO stilò un codice di condotta per una pesca responsabile con una serie di criteri da seguire incoraggiando in tal modo le nazioni a migliorare le proprie politiche di conservazione della pesca. Fu sollecitato lo stanziamento di fondi per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e lo studio delle popolazioni ittiche, inoltre fu richiesta una semplificazione delle leggi con tematiche ambientali. Questo codice è stato adottato nella dichiarazione di Kyoto del dicembre 1995 con l'obbiettivo di: aumentare la raccolta dei dati sulle catture accidentali di specie a rischio; valutare lo stato degli stock e aumentare la comunicazione fra le nazioni sulle diverse metodologie e tecnologie utilizzate per la riduzione degli scarti.

Da osservare come negli anni ‘90 era già stata introdotta la politica “no discards” in alcuni paesi scandinavi come la Norvegia, la quale obbligava i pescatori a sbarcare tutte le catture, comprese quelle che sarebbero state scartate, e tenere un diario di bordo per registrare quelle accidentali in particolare quelle relative alle specie protette (Hall et al. 2000).

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questi è stato l’introduzione della maglia quadra nel sacco della rete a strascico in sostituzione di quelle a losanga. Studi effettuati nell’Adriatico hanno dimostrato come tale innovazione abbia portato ad una riduzione del 37% della biomassa e una diminuzione del 50% del numero di individui scartati rispetto alla rete con maglie a losanga, senza influenzare la porzione di catture di interesse commerciale (Lucchetti, 2008)

Un altro accorgimento tecnico per migliorare la selettività è stato quello di introdurre delle griglie nella rete, denominate BRDs (by-catch reduce devices) che mirano a ridurre le catture accidentali e gli esemplari immaturi. Tra questi i JTEDs (juveniles and trash excluder devices) sono sviluppati appositamente per salvaguardare i giovanili, fornendo loro la possibilità di fuggire dalla rete tramite una griglia in prossimità del sacco, fig. 3. Esistono anche dei dispositivi, denominati TED (turtle excluder devices), in grado di tutelare le tartarughe marine, i cetacei e anche i grossi condroitti da catture accidentali. Questi non sono altro che delle griglie poste in maniera inclinata prima del sacco terminale che agevolano la fuoriuscita degli animali più grandi attraverso un'apertura laterale, senza invece compromettere l’arrivo delle specie di interesse commerciale nel sacco di raccolta (Brewer, 1998). Dopo l'introduzione dei TED negli anni 2000 lungo le coste australiane, unito al bando di ritenzione dei prodotti legati agli elasmobranchi del 2001, è stata osservata una riduzione del 86% delle catture dei grandi squali, del 94% delle razze e del 73,3% del pesce sega, Anoxypristis cuspidata, (Brewer et

al. 2006), tuttavia questi sistemi non sono in grado di tutelare i piccoli elasmobranchi che rimangono

sempre presenti in grandi quantità nel by-catch (Stobutzki et al. 2001). Nel Mediterraneo l’uso sperimentale dei BRDs ha portato ad una riduzione dello scarto, con valori oscillanti fra il 30 ed il 60% in meno della biomassa scartata (Sala and Lucchetti, 2011).

Al fine di tutelare e proteggere sia gli stock in salute che quelli in declino, la Commissione Europea nella normativa del 2013 ha richiesto la raccolta di informazioni sulle zone di riproduzione per creare delle aree di protezione per salvaguardare sia il novellame sia i riproduttori. L'interdizione alla pesca in aree biologicamente importanti si è dimostrata necessaria per difendere gli stock da un ulteriore degrado anche se la chiusura di alcune zone non può riportare le condizioni allo stadio primitivo,

Fig. 3 Juveniles and trash excluder devices, dispositivo di

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dato che il Mediterraneo è stato sfruttato da molti secoli e alcuni grandi predatori come la foca monaca o i grandi squali pelagici si sono estinti o sono stati decimati (Lotze et al. 2006).

Oltre all’introduzione di attrezzi più selettivi anche la creazione di nuove ZTB può essere un ulteriore strumento di salvaguardia per il novellame e i riproduttori. Le riserve a prescindere dall'area interessata portano un effetto positivo di aumento della biomassa, della densità di popolazione, della taglia individuale e della diversità in tutto l’ecosistema (Halpern, 2003).

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2. Scopo della tesi

Questo lavoro ha lo scopo di valutare gli effetti delle varie normative comunitarie e nazionali in materia di pesca e relative al Mediterraneo, sullo sfruttamento della popolazione del nasello, M.

merluccius. In particolare, sono stati analizzati i dati provenienti da vari progetti a partire dal 1995

fino al 2016, relativi alle catture sbarcate e scartate del Mar Ligure e del Mar Tirreno settentrionale (GSA 9). L'obbiettivo è quello verificare se le misure introdotte, come per esempio l’introduzione della taglia minima di sbarco e la modifica della forma e dimensione della maglia della rete nel sacco, abbiano effettivamente portato a una riduzione della mortalità giovanile valutabile in termini di scarto con un conseguente beneficio sulla popolazione di nasello. Inoltre, l’andamento delle catture e lo scarto del nasello sono stati relazionati anche con alcune variabili sia temporali sia relative alla profondità, al fine di individuare differenze spazio-temporali sulla pesca degli esemplari più giovani.

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3. Materiali e metodi

3. 1 Area di studio

Il Mediterraneo ha una superficie di 2,51 milioni di km2, raggiunge una profondità massima di 5.270

m, mentre la profondità media è circa 1500 m, con un volume complessivo di 3,7 milioni di km3. È

un bacino semichiuso e tramite lo stretto di Gibilterra a ovest, permette limitati scambi di masse d'acqua con l'Oceano Atlantico, mentre a est è connesso al Mar Nero tramite lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara e il Bosforo, infine a sud est grazie al canale di Suez è collegato al Mar Rosso. Dato il basso tasso di nutrienti è considerato un bacino oligotrofico, tuttavia è caratterizzato da un elevato tasso di biodiversità con un grande numero di endemismi (ANPA, 2001).

Il Mediterraneo, dal punto di vista oceanografico, è diviso in due sotto-bacini tramite il canale di Sicilia; il Mediterraneo occidentale, caratterizzato da ampie piane abissali e il Mediterraneo orientale più irregolare e solcato dalla Dorsale Mediterranea.

Il Mar Tirreno settentrionale è limitato a nord dalla costa meridionale dell’Isola d’Elba e a sud dal promontorio dell’Argentario, a ovest dalla costa corsa mentre a est bagna le coste italiane. La profondità massima è di circa 800 m.

Sono presenti due correnti dirette verso nord: la MAW, Mediterranean Atlantic Water, di origine atlantica e più superficiale e la LIW, Levantine Intermediate Water, un’acqua più densa e quindi profonda proveniente dalla parte orientale. Grazie alla presenza di isole e canyon sono possibili fenomeni di risalita di nutrienti detti upwelling, dovuti all’andamento vorticoso delle masse d’acqua che in questa zona tendono a mescolarsi (Robinson et al. 2001).

Il Mediterraneo ed il Mar Nero sono classificati come zona FAO 37, il Mediterraneo è poi diviso in due sub-aree e infine in queste vengono individuate tre divisioni statistiche. La GSA9, come riportata in fig. 4, denominata tale dalla FAO-GFCM (General Fisheries Commission for the Mediterranean), si estende per 42.410 km2 e comprende il Mar Ligure e il Mar Tirreno centrosettentrionale e rientra

nella sub-area statistica FAO 37.1.3. L’area totale interessa 1.245 km di costa e include le regioni Liguria, Toscana e Lazio, con i Compartimenti marittimi di Sanremo, Imperia, Santa Margherita Ligure, Savona, Genova, La Spezia, Marina di Carrara, Viareggio, Livorno, Portoferraio, Civitavecchia, Roma-Fiumicino, Terracina e Gaeta.

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Fig. 4 GSA 9

Le coste liguri si estendono per 330 km, con la presenza di canyon profondi nella scarpata continentale. Sono presenti, lungo le coste, tutte le serie di biocenosi delle sabbie e dei detritici mentre a largo sono presenti le biocenosi dei Fanghi Terrigeni Costieri (VTC) per poi dare piede a quelle dei Fanghi Profondi (VP) all’inizio della scarpata continentale.

La costa toscana ha un’estensione di 600 km di cui 200 km sono appartenenti alle isole dell’arcipelago. Il litorale è eterogeneo alternando tratti sabbiosi con coste basse, a tratti caratterizzati da altre alte e rocciose, questa variabilità ambientale è riflessa anche nei popolamenti bentonici, dove si alternano biocenosi tipiche dei fondi molli a quelle caratteristiche dei fondali rocciosi. Tra il golfo di La Spezie e l’Isola d’Elba si estende la piattaforma continentale fino a circa 150 m di profondità. Il fondale tra l'isola d'Elba e l'Argentario è caratterizzato da un unico bacino che

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viene delimitato a ovest dalla dorsale elbana, a est dalla costa della Toscana e infine a nord dal canale di Piombino e dall'isola d’Elba.

Le coste laziali si estendono per oltre 300 Km, i fondali sono a carattere detritico fino al margine della piattaforma continentale e sono dominati dal crinoide Leptomera phalangium (Reale et al. 2005). Nella GSA9 operano 1.714 imbarcazioni per un tonnellaggio complessivo di circa 16.000 GT e 131.000 kW di potenza motore, dal 2004 al 2013 in accordo con le direttive comunitarie per il contenimento dello sforzo di pesca, la flotta ha subito un decremento di circa 100 unità. La piccola pesca con 1277 imbarcazioni impiega il maggior numero di battelli della flotta. Le imbarcazioni che operano lo strascico sono solamente 302, tuttavia con il 78% rappresentano la maggior percentuale di sforzo di pesca nell’area; lo sforzo di pesca secondo il Reg. CE 2091/1998 è calcolato moltiplicando il tonnellaggio per i giorni medi di pesca (Mannini and Sabatella, 2015).

La produzione tipica della zona è caratterizzata da un alto numero di pesci (62%) ma anche da molluschi (29%) e crostacei (9%). La GSA9 fornisce circa il 10% della produzione ittica nazionale. La pesca a strascico rappresenta il cardine di questo settore.

Dai dati forniti dal Mipaaf -Programma Nazionale raccolta dati alieutici 2015- le specie maggiormente pescate sono le acciughe Engraulis encrasicolus (5.400 tonnellate), naselli M.

merluccius(1.340 tonnellate), rivestono un ruolo economicamente importante anche: la triglia di fango, Mullus barbatus, il moscardino bianco, Eledone cirrhosa, lo scampo, Nephrops norvegicus, il gambero rosa, P. longirostris e i gamberi rossi, Aristaeomorpha foliacea e Aristeus antennatus (Relini 2011).

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3. 2 Merluccius merluccius (Linneo, 1758)

CLASSE: Osteichthyes SOTTOCLASSE: Actinopterygii SUPERORDINE: Neopterigii ORDINE: Gadiformes SUBORDINE: Gadoidei FAMIGLIA: Merluccidae SOTTOFAMIGLIA: Merluccinae

M. merluccius, fig. 5, volgarmente chiamato nasello o merluzzo, è una delle specie economicamente

più importanti del settore alieutico del Mediterraneo. Ha un corpo tipicamente allungato e compresso ai lati. La colorazione è grigio scura sul dorso, più chiara sui fianchi e bianca nella parte ventrale, la cavità branchiale ed il peritoneo sono di colore nero. La testa è ampia e depressa dorso-ventralmente e delimitata da due creste ossee a forma di V, che rappresentano una chiave dicotomica per il riconoscimento della famiglia Merluccidae. La bocca è ampia è composta da due o tre serie di denti acuminati e rivolti verso l’interno (Bini, 1968). Presenta due pinne dorsali, la prima è più corta, ed è armata da una spina, possono esserci da 7 a 10 raggi, mentre nella seconda possono variare da 36 a 40 raggiungendo il peduncolo caudale (Tortonese, 1975).

La specie è necto-bentonica, ha rapporti di natura trofica col fondale, spesso di tipo sabbioso o

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fangoso, pur non vivendo totalmente in funzione di questo.

Presenta un'elevata distribuzione batimetrica è infatti possibile pescarlo da 20 fino a 1000 metri, comunemente si trova tra 50 e 500 m. Il suo areale si estende dal Mediterraneo al Mar Nero fino all'Atlantico orientale, dalla Norvegia e l’Islanda fino alle coste della Mauritania, fig.

6.

L’esemplare di dimensione massima osservata misurava 140 cm, mentre il peso massimo raggiunto era di 15 kg (Froese and Pauly, 2010).

Il nasello, nella GSA 9, raggiunge mediamente i 19 cm alla fine del primo anno di vita, con un tasso di crescita medio di 1,50 cm/mese (Ligas et al. 2003). Mentre per quanto riguarda il mar Adriatico è stato osservato che gli esemplari alla fine del primo anno di vita raggiungano i 15 cm (Arneri and Morales-Nin, 2000). Nel Tirreno settentrionale i giovani hanno tassi di crescita più rapidi, ciò è dovuto ad una disponibilità trofica maggiore e alle condizioni ambientali favorevoli (Ligas et al. 2015). Il raggiungimento della taglia di prima maturità coincide con un cambiamento delle abitudini alimentari (Sartor et al. 2003) per i maschi tra i 20 e i 28 cm, mentre le femmine tra 23 e 33 cm, i valori stimati di L50 di riproduzione (cioè la taglia alla quale si sono riprodotti il 50% degli esemplari)

per i maschi sono 24,64 cm e 29,73 cm per le femmine (Mannini and Sabatella, 2015).

È considerato un depositore parziale poiché le femmine possono emettere uova dalle quattro o cinque volte prima di andare in fase di riposo (Bombace and Lucchetti, 2011). Gli ovari delle femmine di circa 70 cm LT (lunghezza totale) nello stadio di pre-emissione possono contenere fino a 400.000 ovociti (Sarano, 1986). La fase riproduttiva si estende per tutto l'anno, osservazioni condotte nella GSA 9 hanno mostrato 3 picchi di maturità delle gonadi nei mesi febbraio-marzo, maggio e settembre (Biagi et al. 1995). La riproduzione avviene in acque profonde e in zone precise che svolgono la funzione di vere e proprie nursery, dove i giovanili permangono fino alla lunghezza di 15 cm, in seguito migrano verso acque costiere meno profonde, stazionando fino al raggiungimento della maturità sessuale, per migrare nuovamente verso acque più profonde.

Nella GSA9 sono presenti aree di reclutamento a profondità comprese tra 100 e 250 m (Abella et al. 2004).

Fig. 6 Areale di distribuzione di M. merluccius, dall’Equatore sino al Polo Nord

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Il nasello è un “top predator”, l’analisi dei contenuti stomacali ha mostrato che la dieta subisce diversi cambiamenti in base alla stagionalità e alle dimensioni (Bozzano et al. 1997), passando da piccoli crostacei (eufasiacei, decapodi e anfipodi) quando la taglia è inferiore ai 16 cm, fino ad arrivare ai pesci come clupeidi e gadidi, quando sono raggiunte le dimensioni adulte (Carpentieri et al. 2005), possono inoltre verificarsi casi di cannibalismo. Anche le abitudini alimentari vengono modificate durante l’ontogenesi, infatti nella colonna d’acqua vengono principalmente pescati giovani tra 9 e 15 cm, intenti a seguire le proprie prede in migrazioni verticali giornaliere (Bozzano et al. 2005), questi spostamenti possono essere sostenuti grazie ad un adattamento della vescica natatoria (Pitcher and Alheit, 1995).

Attraverso le campagne di pesca sperimentale MEDITS, sono state definite le distribuzioni delle popolazioni di nasello nelle varie GSA. È stata osservata una densità media più abbondante per GSA 9 e nella GSA 11 (che comprende i mari intorno la Sardegna), rispettivamente con 3000 e 2000 individui/Km^2 (Serie MEDITS 1994-2013). Inoltre, nella GSA 9, è stata individuata una nursery stabile, di dimensioni elevate a una batimetria compresa tra 100 e 250 m di profondità nei pressi dell’Isola di Gorgona (Abella et al. 2004), e una a sud dell’isola d’Elba (Mannini and Sabatella, 2015). Essendo una delle specie più rilevanti a livello commerciale, è sottoposto a una elevata pressione di pesca venendo catturato sia con reti a strascico che da imbrocco e in minor quantità da palangari. Rappresenta la fonte più importante del fatturato nazionale nel settore alieutico con 86,1 milioni di euro (IREPA, 2011). Dal 2008 lo sbarcato totale nazionale, secondo i dati riportati dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, è diminuito. Nel periodo tra il 2003 ed il 2007 questo oscillava tra le 12.700 e 17.855 t mentre dopo è stato osservato un netto calo, fino alle 9.766 t del 2013. Nel triennio 2008/2011 è stato registrato un tasso di scarto medio annuo, nella GSA 9, di 423 t dovuto quasi totalmente ad individui di taglia minima inferiore. (MIPAAF, 2015)

Analisi sullo stato delle catture del nasello hanno messo in evidenza un tasso di sfruttamento elevato (overfishing) con conseguente necessità di una maggior tutela per la specie, attraverso una riduzione della mortalità dovuta alle catture e una conseguente riduzione dello scarto (MIPAAF, 2016).

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3. 3 Raccolta dati

Questo lavoro di tesi si inserisce all’interno del progetto MINOUW Minimizing unwanted catches in

European fisheries “verso una progressiva eliminazione degli scarti nella pesca europea”,

nell’ambito degli obiettivi di Horizon 2020 e nasce dalla collaborazione di oltre 15 organismi scientifici marini in tutta Europa. Tale progetto ha l’obiettivo di individuare le principali cause di catture indesiderate e di scarto al fine di incentivare una pesca più selettiva e un migliore impiego delle risorse scartate.

L’attività di ricerca è stata svolta presso il Centro Interuniversitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata (CIBM) “G. Bacci” di Livorno. I dati analizzati provengono da vari progetti; “DISCARDS OF THE WESTERN MEDITERRANEAN TRAWL FLEETS” per gli anni 1995-96, “MONITORING OF THE TRAWL AND GILLNET LANDINGS IN THE CENTRAL AND NORTHERN TYRRHENIAN SEA” per il periodo 1998-99, “ESTIMATION OF TRAWL DISCARDS IN THE WESTERN MEDITERRANEAN. EUROPEAN HAKE (Merluccius merluccius) AS CASE STUDY” per il 2001 e il progetto “RACCOLTA DATI” dal 2004 al 2016. La raccolta dei dati è stata effettuata a partire dal 1995 sino al 2016, attraverso acquisti al mercato ittico e rilevazioni a bordo di diverse imbarcazioni commerciali. Gli acquisti sono stati effettuati nei mercati di tutta la costa appartenente alla sub-area geografica GSA9.

Il disegno sperimentale è di tipo randomizzato e stratificato e viene stabilito in seguito ad una serie storica dello sbarcato. In seguito a un censimento degli attrezzi principalmente utilizzati dalle imbarcazioni, la stazza delle stesse e il relativo rendimento in termini di sbarcato viene stabilita, in maniera proporzionale alla resa, la quota di esemplari da acquistare al mercato e il numero di imbarchi da effettuare. Gli acquisti e gli imbarchi sono ripetuti durante le stagioni, da tener presente che nel periodo autunnale le osservazioni sono ridotte a causa dell’interruzione dell’attività dovuta al fermo biologico della pesca.

Gli esemplari commercializzati sono stati suddivisi nel mercato ittico in tre categorie secondo la taglia; la prima (I) è rappresentata dalle catture di taglia maggiore, la seconda (II) da taglie intermedie e infine la terza (III) da esemplari più piccoli, non esiste tuttavia un range dimensionale prefissato in quanto la suddivisione in categorie avviene secondo il pescato giornaliero.

Durante gli imbarchi Il personale scientifico non ha interferito con le abitudini dei pescatori, senza influenzare quindi le decisioni relative a luogo, durata delle cale e smistamento del pescato. Per la frazione commerciale, a bordo, sono stati misurati, quando possibile, gli indicatori biologici di taglia per i pesci ossei e cefalopodi, taglia e sesso per i condroitti e i crostacei. È stato raccolto un

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sub-campione del materiale che sarebbe stato scartato dai pescatori, per essere analizzato successivamente in laboratorio. I dati provenienti dal mercato ittico sono stati utilizzati per analizzare la distribuzione di frequenza della frazione commerciale e valutare la presenza di individui inferiori alla taglia minima di sbarco che coincide con la taglia di riferimento per la conservazione della specie (MCRS Minimum Conservation Reference size) cioè 20 cm, mentre quelli relativi agli imbarchi sono stati utilizzati per le analisi statistiche.

L’attrezzo utilizzato dalle imbarcazioni appartiene alla categoria della rete a strascico OTB (Otter

Bottom Trawl), codice previsto dalla classificazione stilistica internazionale standardizzata degli

attrezzi da pesca ISSCFCG-FAO del 29 luglio 1980, così come indicato nell’art. 11 del D.M. 26 luglio 1995. Le reti a strascico possono essere considerate quindi come lo stesso strumento. Gli esemplari di nasello analizzati in laboratorio, sono stati misurati, tramite ittiometro, al mezzo centimetro inferiore (lunghezza totale LT), pesati al decimo di grammo per mezzo di bilancia elettronica e ne è stato stabilito il sesso e lo stadio maturativo, tramite analisi macroscopica delle gonadi.

Tutti i dati provenienti dai vari progetti sono stati uniti in formato unico, poi sono stati realizzati due database, uno relativo al numero e al peso delle catture, l’altro alle taglie. Il Primo database è stato utilizzato per le analisi delle distribuzioni di frequenza e le analisi GAM. In fig. 7 è riportato un esempio del primo database. I dati per l’anno 1996 sono stati processati solo per le analisi GAM perché non erano presenti le frequenze relative alla taglia. Il secondo database è stato utilizzato per valutare le distribuzioni di taglie e la selettività dei pescatori sul pescato. Per ogni anno sono state cercate le classi di taglia relative agli esemplari più piccoli e più grandi, facenti parte sia dello scarto che del commerciale, al fine di individuare un range di catture. La taglia di prima cattura dello scarto è stata attribuita quindi al limite minimo di cattura della rete. Per confrontare le diverse cale, le catture sono state standardizzate, mettendo in rapporto le frequenze relative alle taglie all’ora di strascico, al fine di ottenere gli indici di rendimento orario medio (R.O.M.) sia in termini di biomassa (Kg/h) che di numero (N/h).

Catture ora= (n° esemplari x fattore di moltiplicazione)/durata cala

N° esemplari, corrisponde ai naselli effettivamente contati in laboratorio. Fattore moltiplicazione, valore della frazione del campione esaminato. Durata cala, tempo effettivo di pesca misurato in ore.

(25)

All’interno delle distribuzioni di frequenza delle taglie commercializzate sono stati cercati gli esemplari al di sotto della MCRS, in seguito è stata calcolata la taglia media delle due frazioni. Sono state analizzate 476 cale suddivise per le elaborazioni in due strati batimetrici tra il piano mesolitorale e quello batiale; lo strato (a) con profondità comprese tra 0 e 200 m e lo strato (b) che si riferisce a batimetrie tra 201 e 660 m di profondità. Per ogni anno, tramite foglio elettronico, è stata calcolata la distribuzione di frequenza della frazione commerciale e scartata, sia per le catture totali che suddivise nei due strati batimetrici. A causa della mancanza di dati relativi allo scarto per lo strato (b) alcune distribuzioni di frequenza non sono state effettuate. La mancanza dei dati sullo scarto a elevate batimetrie è stata spiegata dalla mancanza di reclute. I dati relativi al periodo 2004-2008 sono stati usati solo per valutare le distribuzioni della parte commerciale.

Al fine di poter individuare la prima moda, le frequenze relative alle taglie sono state inserite nel programma FISAT II, che sfrutta il metodo di Bhattacharya 1967, per la scomposizione in classi modali. Tale procedimento è stato applicato sia alla frazione commerciale sia a quella scartata.

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Fig. 7 Modello del database utilizzato

Project cruise date year season month lat lon fleet vessel haul_code depth duration (h) total_catch commercial (C) discarded (D) Discard1 Discard1.3 03/07/1995 1995 SUM Jul 42°29'50 11°01'43 OTB ISABELLA Discard1.3.IS1 90 3,75 27,909 26,7 1,209 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°20'60 10°21'75 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO10 311 3,92 19,424 18,5 0,924 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°10'18 10°13'85 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO11 290 2,75 89,956 81,28 8,676 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°17'39 10°12'26 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO12 320 2,92 48,507 43,287 5,22 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°10'96 10°14'45 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO13 320 3,00 31,45 29,446 2,004 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°18'53 10°21'49 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO14 165 3,75 12,502 10,06 2,442 Discard1 Discard1.3 06/07/1995 1995 SUM Jul 42°28'74 10°15'88 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO15 160 3,42 1,025 1 0,025 Discard1 Discard1.3 06/07/1995 1995 SUM Jul 42°25'46 10°19'24 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO16 365 4,00 8,24 7,98 0,26 Discard1 Discard1.3 06/07/1995 1995 SUM Jul 42°26'41 10°36'41 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO17 372 4,42 12,7 11,9 0,8 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°28'00 10°43'50 OTB UGO BOTTIDiscard1.3.UG18 380 2,58 3,395 2,2 1,195 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°24'50 10°28'00 OTB UGO BOTTIDiscard1.3.UG19 460 3,50 0,98 0,97 0,01 Discard1 Discard1.3 03/07/1995 1995 SUM Jul 42°27'58 11°04'18 OTB ISABELLA Discard1.3.IS2 85 3,92 24,13 22,5 1,63 Discard1 Discard1.3 05/07/1995 1995 SUM Jul 42°20'00 10°41'00 OTB UGO BOTTIDiscard1.3.UG20 230 2,92 112,29 54,05 58,24 Discard1 Discard1.3 07/07/1995 1995 SUM Jul 42°25'30 10°35'00 OTB NUOVA MAFALDADiscard1.3.NU21 420 3,58 1,318 1,3 0,018 Discard1 Discard1.3 07/07/1995 1995 SUM Jul 42°22'00 10°25'50 OTB NUOVA MAFALDADiscard1.3.NU22 460 3,92 3,07 3,07 0 Discard1 Discard1.3 06/07/1995 1995 SUM Jul 42°19'72 11°11'37 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR24 82 3,50 22,427 21,3 1,127 Discard1 Discard1.3 06/07/1995 1995 SUM Jul 42°17'15 11°24'47 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR25 77 3,00 22,754 21,2 1,554 Discard1 Discard1.3 06/07/1995 1995 SUM Jul 42°20'51 11°12'01 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR26 68 2,00 16,635 16,6 0,035 Discard1 Discard1.3 06/07/1995 1995 SUM Jul 42°19'84 11°20'86 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR27 55 2,75 23,181 22,8 0,381 Discard1 Discard1.3 07/07/1995 1995 SUM Jul 42°24'12 10°51'65 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR28 180 2,50 87,14 82,6 4,54 Discard1 Discard1.3 07/07/1995 1995 SUM Jul 42°18'69 10°52'48 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR29 160 2,28 113,16 102,4 10,76 Discard1 Discard1.3 03/07/1995 1995 SUM Jul 42°27'95 11°04'22 OTB ISABELLA Discard1.3.IS3 90 4,82 31,626 29,6 2,026 Discard1 Discard1.3 07/07/1995 1995 SUM Jul 42°13'53 10°55'48 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR30 165 3,55 84 79,4 4,6 Discard1 Discard1.3 07/07/1995 1995 SUM Jul 42°19'34 10°53'02 OTB GRECO PESCADiscard1.3.GR31 145 2,22 50,532 32,8 17,732 Discard1 Discard1.4 18/10/1995 1995 AUT Oct 42°29'00 11°04'00 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG32 85 3,58 23,65 23,2 0,45 Discard1 Discard1.4 18/10/1995 1995 AUT Oct 42°29'50 11°01'25 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG33 109 3,08 20,046 18,9 1,146 Discard1 Discard1.4 18/10/1995 1995 AUT Oct 42°17'00 11°01'00 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG34 111 2,75 20,83 19,9 0,93 Discard1 Discard1.4 18/10/1995 1995 AUT Oct 42°30'00 11°01'50 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG35 78 1,67 9,248 8,51 0,738 Discard1 Discard1.4 19/10/1995 1995 AUT Oct 42°28'00 11°03'50 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG36 85 3,17 21,963 21,3 0,663 Discard1 Discard1.4 19/10/1995 1995 AUT Oct 42°18'50 11°02'00 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG37 106 2,92 20,93 20 0,93 Discard1 Discard1.4 19/10/1995 1995 AUT Oct 42°30'50 11°00'00 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG38 104 2,75 14,838 13,95 0,888 Discard1 Discard1.4 19/10/1995 1995 AUT Oct 42°23'00 11°01'50 OTB UGO BOTTIDiscard1.4.UG39 93 1,83 10,34 9,7 0,64 Discard1 Discard1.3 04/07/1995 1995 SUM Jul 42°26'56 11°01'82 OTB ISABELLA Discard1.3.IS4 100 2,83 27,294 25 2,294 Discard1 Discard1.4 20/10/1995 1995 AUT Oct 42°28'95 11°01'24 OTB ISABELLA Discard1.4.IS40 98 3,17 32,662 32,1 0,562 Discard1 Discard1.4 20/10/1995 1995 AUT Oct 42°21'90 11°02'05 OTB ISABELLA Discard1.4.IS41 112 2,58 46,974 46,3 0,674 Discard1 Discard1.4 20/10/1995 1995 AUT Oct 42°28'13 10°57'57 OTB ISABELLA Discard1.4.IS42 119 2,67 46,72 46,1 0,62 Discard1 Discard1.4 20/10/1995 1995 AUT Oct 42°21'11 11°01'62 OTB ISABELLA Discard1.4.IS43 102 1,50 22,296 21,8 0,496 Discard1 Discard1.4 24/10/1995 1995 AUT Oct 42°29'40 10°36'39 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.4.DO44 295 4,00 3,72 3,52 0,2 Discard1 Discard1.4 24/10/1995 1995 AUT Oct 42°25'29 10°19'13 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.4.DO45 322 3,67 20,704 20,2 0,504 Discard1 Discard1.4 24/10/1995 1995 AUT Oct 42°28'36 10°36'15 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.4.DO46 256 3,08 67,1 63,25 3,85 Discard1 Discard1.4 25/10/1995 1995 AUT Oct 42°29'40 10°36'39 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.4.DO47 305 4,00 7,264 6,97 0,294 Discard1 Discard1.4 25/10/1995 1995 AUT Oct 42°25'29 10°19'79 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.4.DO48 327 3,83 17,903 17,7 0,203 Discard1 Discard1.4 25/10/1995 1995 AUT Oct 42°28'89 10°37'06 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.4.DO49 241 2,67 90,78 86,26 4,52 Discard1 Discard1.3 04/07/1995 1995 SUM Jul 42°28'81 10°55'41 OTB ISABELLA Discard1.3.IS5 110 3,17 25,06 23,8 1,26 Discard1 Discard1.4 26/10/1995 1995 AUT Oct 42°18'85 11°26'47 OTB GRECO PESCADiscard1.4.GR50 50 1,95 41,408 41,1 0,308 Discard1 Discard1.4 26/10/1995 1995 AUT Oct 42°21'31 11°17'36 OTB GRECO PESCADiscard1.4.GR51 53 2,00 13,795 12,025 1,77 Discard1 Discard1.4 26/10/1995 1995 AUT Oct 42°21'48 11°10'03 OTB GRECO PESCADiscard1.4.GR52 47 2,33 20,862 20,225 0,637 Discard1 Discard1.4 26/10/1995 1995 AUT Oct 42°22'08 11°19'37 OTB GRECO PESCADiscard1.4.GR53 45 2,08 16,298 15,9 0,398 Discard1 Discard1.4 30/10/1995 1995 AUT Oct 42°81'56 10°45'11 OTB FRANCESCO PADREDiscard1.4.FR54 245 3,42 44,3 40,4 3,9 Discard1 Discard1.4 30/10/1995 1995 AUT Oct 42°20'72 10°87'96 OTB FRANCESCO PADREDiscard1.4.FR55 430 3,67 13 11,72 1,28 Discard1 Discard1.4 31/10/1995 1995 AUT Oct 42°24'17 10°27'13 OTB FRANCESCO PADREDiscard1.4.FR56 426 4,00 6,73 6,7 0,03 Discard1 Discard1.4 31/10/1995 1995 AUT Oct 42°20'32 10°27'96 OTB FRANCESCO PADREDiscard1.4.FR57 479 5,42 7,07 6,74 0,33 Discard1 Discard1.3 04/07/1995 1995 SUM Jul 42°36'10 10°54'48 OTB ISABELLA Discard1.3.IS6 95 4,00 25,264 23,9 1,364 Discard1 Discard1.3 03/07/1995 1995 SUM Jul 42°24'23 10°47'32 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO7 195 2,58 95,41 46,26 49,15 Discard1 Discard1.3 03/07/1995 1995 SUM Jul 42°15'77 10°49'39 OTB DOMENICO RECCHIDiscard1.3.DO8 230 3,42 80,602 43,05 37,552

(27)

3. 4 Attrezzi da pesca

3. 4. 1 Strascico a divergenti

Lo strascico è il sistema di pesca più diffuso in Italia, viene utilizzato su fondali che vanno da pochi metri fino ad 800 metri di profondità. La flotta che opera in acque nazionali tramite lo strascico è composta da 2291 motopesca e rappresentano il 18,60% del totale delle imbarcazioni, ma in termini dimensionali fa registrare valori nettamente più elevati con il 61,78% del giga-tonnellaggio (GT) complessivo e con il 47,67% della potenza motore totale (Mipaaf, 2015).

La rete ha la forma di un grosso imbuto e anteriormente porta due braccia lunghe circa quanto la rete stessa. Gli animali sono pescati tramite la “bocca”, una grossa apertura rettangolare, mantenuta aperta da una serie di galleggianti detti "lima dei sugheri" che hanno la funzione di dare una spinta in maniera verticale, nella parte inferiore della bocca è presente una lima armata di pesi, detta “lima dei piombi”, che genera una spinta verso il fondale per mantenere aperta la rete, inoltre smuovendo il sedimento permette la cattura delle specie che si infossano. Il quantitativo di galleggianti e piombi è volubile e varia a discrezione del target di pesca e del fondale. La misura delle maglie della rete decresce dalla bocca fino al sacco, le dimensioni minime sono 40 mm se a maglie quadre o 50 mm se a losanghe, così come previsto dal regolamento 1967/2006, fig. 8. La rete utilizzata maggiormente in Italia è detta “tartana”, “coccia” o “rizza”, fig. 9. Questa è formata da due pannelli asimmetrici: il "cielo" che si trova nella parte superiore in prossimità della lima dei sugheri, più largo ma allo stesso tempo più corto del "tassello" che si trova rivolto verso il fondo (lima dei piombi). Questa asimmetria tra le due parti della rete permette di esercitare una maggiore forza trainante sulla lima dei sugheri, consentendo alla lima dei piombi di aderire adeguatamente al fondale. Il tassello può essere protetto da una pezza aggiuntiva di rete o da uno strato di gomma al fine di preservare la rete da rotture accidentali. La bocca è mantenuta aperta lateralmente dalla spinta

Fig. 8 Sulla sinistra maglia a losanga da 50 mm e sulla destra maglia quadrata da 40 mm

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fornita da i divergenti, due strutture, ad oggi in metallo o materiale plastico e anticamente in legno, di forma rettangolare. I divergenti sono protetti da una laminatura metallica detta "scarpa" per proteggere la parte che interagisce col fondale. Questi sono collegati tramite i "calamenti", dei cavi metallici di lunghezza variabile tra 50-300 m, alle braccia della rete. I cavi da traino collegano il peschereccio ai divergenti che sono di lunghezza variabile e vengono avvolti intorno ad un verricello (Ferretti 1983).

Il target della pesca a strascico è stabilito in base alla profondità della cala mirando principalmente a crostacei Decapodi tra cui gamberi (P. longirostris, A. antennatus, A. foliacea) e scampi (Nephros

norvegicus) e pesci come naselli (M. merluccius) e triglie (M. surmuletus e barbatus).

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3. 4. 2 Reti da posta fisse

Le reti da posta, fig. 11, sono attrezzi da pesca passivi, costituite da una rete armata di una lima di sugheri e una di piombi per mantenerla aperta in senso verticale. Rientrano nella categoria della piccola pesca con nasse e palangari e per questo non possono esercitare attività oltre le 20 miglia dalla costa. Generalmente vengono impiegate imbarcazioni inferiori alle 10 t. Nel 2016 la piccola pesca ha reso il 23,7% del valore totale del mercato ittico italiano con un volume di 26.780 t, anche questo sistema ha risentito di un netto calo dei rendimenti dal 2010 ad oggi. (MIPAAF, 2016)

La rete viene adagiata sul fondale o a mezz'acqua catturando gli organismi (pesci, crostacei, molluschi) che vi rimangono impigliati. Il materiale usato attualmente è il Nylon, molto spesso di colore rosso poiché in profondità diventa invisibile. Generalmente la rete viene lasciata in mare dal tramonto all'alba. Per evitare incidenti con imbarcazioni, devono essere segnalate da galleggianti gialli. La dimensione minima delle maglie, in base alla regolamentazione italiana (DPR 1639/1968), è di 20 mm. La dimensione delle maglie ed il numero di pezze variano a seconda della tipologia di pesca: per catturare individui di grossa taglia è necessario l’utilizzo di una maglia più ampia altrimenti i pesci potrebbero letteralmente rimbalzare sulla rete senza essere catturati.

Sono elencate le principali modalità di cattura con le reti da posta, fig. 10. • “Insaccamento”, una cattura effettuata tramite tramaglio, che è formato

da tre pezze di rete in parallelo di cui la mediana ha le maglie più piccole. La cattura per insaccamento avviene quando l’animale finisce in una sacca formata dalla pezza a maglie fini che entra all’interno di una pezza esterna. Viene usato maggiormente nel Mar Tirreno essendo più produttivo nei fondali rocciosi, le specie target sono; seppie, aragoste, orate. In base al Reg. CE 1967/2006 l’altezza massima della rete deve essere 4 m, mentre la lunghezza di 4.000 m.

• “Imbrocco”, una rete da posta a maglia singola che cattura il pesce insinuandosi tra gli opercoli. Le specie target sono molteplici, tra cui naselli e spigole. L’altezza massima di una rete posta sul fondale deve essere inferiore a 10 m, tuttavia se la lunghezza massima non supera i 500 m allora l’altezza può essere aumentata fino a 30 m.

• “Impigliamento”, la rete si avvolge intorno alle spine e le sporgenze del corpo dell’animale

Fig. 10 Tipologia di catture

(30)

• “Ammagliamento”, la maglia della rete si avvolge attorno al corpo del pesce, intrappolandolo

Fig. 11 Rete da posta

3. 4. 3 Palangari

Si tratta di uno strumento molto selettivo composto da una serie di ami o ancorette legati ad una lenza, in numero variabile da qualche centinaio fino al migliaio, fig.12. Come le reti da posta sono strumenti passivi e quindi non richiedono un’elevata potenza motore e grossi consumi di carburante. Esistono due tipologie di pesca col palangaro: quella derivante, dove le lenze sono lasciate a mezz-acqua ed è indirizzata principalmente a grossi pesci pelagici mentre e quella fissa, dove gli ami sono calati sul fondo catturando generalmente specie come dentici, saraghi e merluzzi. La pesca tramite palangari nel 2016 ha reso il 2,7% dei ricavi nazionali nel settore con il 2,2% dello sbarcato in termini di peso. Dal 2012 ad oggi questo tipo di pesca ha avuto un incremento delle catture passando da 3.678 t a 4.061 t (MIPAAF, 2016).

(31)

Fig. 12 Palangari

3. 5 Selettività

Uno degli obiettivi principali della biologia della pesca è quello di aumentare la selettività degli attrezzi, ovvero la capacità di catturare determinate taglie, al fine di tutelare il novellame e gli stadi giovanili, ma anche di permettere la cattura delle sole specie ritenute economicamente importanti limitando il by-catch.

Gli strumenti da posta fissi mostrano un’elevata selettività andando a catturare individui di taglie maggiori rispetto alla pesca a strascico. L’andamento delle catture può essere rappresentato come una curva a campana, dove gli esemplari di piccola taglia riescono a passare attraverso le maglie della rete e quelli più grandi difficilmente riescono a penetrarvi, in questa maniera vengono catturati solo esemplari di taglie medie (Holt, 1963).

Esprimenti condotti nel Mar Tirreno settentrionale hanno dimostrato come all’aumentare della maglia della rete da posta sia possibile catturare individui di nasello sopra la taglia di prima riproduzione (Sbrana et al. 2007).

La pesca a strascico è uno dei sistemi meno selettivi in assoluto e responsabile dei maggiori tassi di scarto (Stergiou et al. 1998), la selezione nella rete a strascico avviene in più punti dell‘attrezzo:

• In primis all’esterno della rete poiché lo strascico non può essere esercitato per legge, sopra praterie di fanerogame e al di sotto dei 1000 metri di profondità, inoltre le aree rocciose vengono evitate per non danneggiare la rete;

• Nella bocca della rete la selezione è più bassa poiché le specie sono incanalate verso il sacco e nelle braccia le maglie romboidali stirandosi non permetto la fuga degli animali, fig. 13;

(32)

• L’avansacco nel quale possono essere inserite alcune griglie per aumentarne la selettività (BRDs);

• Il sacco, il quale può permettere la fuga degli individui giovanili.

Nel presente studio non è stato possibile calcolare direttamente la selettività della rete come da manuale (FAO fishery technical paper, 1998), è stata invece calcolata la L50 di scarto, cioè la taglia in cui il

50% degli esemplari sono scartati. Sono state confrontate le distribuzioni di frequenza della frazione commerciale e quella scartata, alle quali è stata applicata una curva logistica (Pope 1966).

S(L)=1/ (1+ exp(S1 -S2L))

S(L), rappresenta la probabilità che un pesce sia scartato L, rappresenta la lunghezza degli esemplari

S1 e S2, sono costanti necessarie per il calcolo del range di selezione (selection range) che è

simmetrico intorno alla L50 calcolata come S1/S2, restituendo i valori di L25 e L75, cioè le taglie che

hanno rispettivamente il 75% e il 25% di essere scartate. Infine, è stato calcolato il fattore di selezione SF (selection factor= MS/L50 dove MS corrisponde a mesh size cioè la dimensione della maglia della

rete). Per il calcolo della selettività di scarto è stato utilizzato un foglio elettronico.

Le elaborazioni, svolte per tutti gli anni indagati sono state effettuate sia per l’intero range batimetrico che per gli strati (a) e (b).

Fig. 13 Particolare di una maglia a losanga

(33)

3. 6 Analisi GAM

Le analisi statistiche condotte per descrivere le relazioni tra fattori esterni e cambiamento all’interno nella quantità di scarto di nasello si sono basate sull’utilizzo di modelli statistici come i GAM (Generalized Additive Models, Hastie e Tibshirani 1990).

Tutte le analisi sono state svolte usando il pacchettoi mgcv (Wood 2006) in ambiente R (versione 3.4.1, R Core Team 2017). Il livello di significatività è stato fissato al 5% per tutti i test statistici utilizzati in questo studio.

L’esplorazione dei dati è un passo fondamentale da intraprendere prima di qualsiasi analisi statistica vera e propria.

In questo studio si è deciso di applicare una trasformazione logaritmica alla biomassa scartata, usata come variabile dipendente all’interno delle analisi.

Per valutare la collinearità (elevata correlazione tra variabili) sono stati usati i grafici di dispersione a coppie (Pairwise scatterplot o pairplot) con coefficienti di correlazione di Pearson. Se due o più variabili risultano correlate tra loro (coefficiente di correlazione di Pearson>0,8), almeno una di esse deve essere eliminata dal modello poiché utilizzare variabili correlate in un modello potrebbe introdurre bias nella interpretazione dei risultati (Zuur et al. 2009).

I Generalized Additive Models (GAM, Hastie e Tibshirani 1990) sono un approccio statistico altamente flessibile che offre il vantaggio principale di essere in grado di modellare la non-linearità che spesso lega i dati biologici ai fattori ambientali.

I GAM sono estensioni semi-parametriche dei Generalized Linear Model (GLM), dove la variabile dipendente è modellata come la somma di funzioni smoother e lineari.

Le variabili indipendenti utilizzate nelle analisi GAM sono le seguenti:

• Periodo: l’arco temporale dei dati è stato diviso in tre periodi relativi all’introduzione o l’attuazione dei regolamenti, dal 1995 (primo anno in seguito all’introduzione del primo regolamento del Mediterraneo) al 2001, è stato scelto questo anno perché è stato osservato che a partire dal 2002 sul mercato non erano presenti le cassette di piccoli naselli denominate “fritturina” (Ligas informazione personale), dal 2002 al 2009, poiché dal 2010 è entrato in vigore il regolamento (CE) 1967/2006 che apporta modifiche alla dimensione della maglia e infine il periodo dal 2010 al 2016;

(34)

• Durata della cala in ore: questa variabile è stata usata come offset, per standardizzare i quantitativi di scarto per cala;

• Stagione: per osservare l’effetto del reclutamento;

• Profondità: per individuare le batimetrie con i maggiori tassi di scarto.

Per le analisi sono state scelte le cale fino al valore massimo di 500 metri, poiché lo scarto era quasi assente oltre quella profondità. I dati di scarto sono stati trasformati tramite funzione logaritmica + 1 per ovviare alle cale in cui non era presente scarto. È stato valutato come queste variabili influenzino i tassi di scarto. Il modello seguente è stato utilizzato come punto di partenza per le analisi:

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4. Risultati

4. 1 Indici delle catture

Nelle cale prese in considerazione il range di cattura dello scarto non ha subito evidenti variazioni. In tabella 2 sono riportati i range per lo scarto, il commerciale e le taglie medie delle rispettive frazioni.È possibile notare come la taglia di prima cattura non vari molto nel periodo indagato,con un intervallo compreso tra 3,5 e 5,5 cm. La maggior parte dello scarto è composta da individui di piccole dimensioni, sono presenti tuttavia anche alcuni esemplari con una taglia maggiore rispetto alla taglia minima di sbarco, cioè 20 cm. Per quanto riguarda la frazione commerciale sono sempre stati trovati individui al di sotto della taglia minima di commercializzazione, in tutti gli anni analizzati.

Tab. 2 Range di taglia delle catture

Anno Prima taglia commercializzata Ultima taglia commercializzata Prima taglia scarto Ultima taglia scarto Taglia media commerciale Taglia media scarto 1995 6,50 75,00 4,50 20,00 13,41 9,58 1998 5,50 68,00 4,50 19,00 13,95 9,31 1999 6,50 77,00 5,00 20,00 15,32 9,69 2001 6,00 78,00 4,50 17,50 13,12 9,59 2004 10,50 68,50 / / 22,60 / 2005 6,00 69,50 / / 19,21 / 2006 7,00 73,00 / / 18,18 / 2007 7,00 86,00 / / 20,04 / 2008 13,00 81,00 / / 19,45 / 2009 6,50 76,00 4,00 23,00 21,44 10,78 2010 10,50 97,00 5,00 24,50 23,37 11,39 2011 11,00 85,50 4,50 25,50 21,31 12,39 2012 12,50 80,00 3,50 20,00 25,57 12,29 2013 13,00 80,50 5,00 25,50 21,90 15,06 2014 13,00 68,50 4,00 20,50 21,33 11,23 2015 11,50 81,50 3,50 21,50 22,00 11,93 2016 9,50 78,00 5,50 24,50 19,95 12,33

(36)

Di seguito, sono riportati i grafici di biomassa e di abbondanza che offrono un quadro generale sul quantitativo di naselli scartati, è opportuno premettere che i valori di abbondanza dello scarto sono sensibilmente maggiori rispetto a quelli del commerciale per la presenza di naselli di dimensioni ridotte.

In fig. 14 è possibile osservare come la biomassa della frazione commerciale, per tutti gli anni presi in esame, rappresenti la percentuale maggiore. Per quanto riguarda i valori di abbondanza, dalla fig.

15, risulta evidente come la frazione scartata occupi una percentuale importante, spesso ben oltre

il 50%. Come esempio si riporta l’anno 2014 in cui la frazione commerciale, in termini di biomassa, si attestava su valori intorno al 75%, ma se osservato in termini di numero di esemplari il valore scende drasticamente al 15%.

Fig. 14 Rendimento percentuale espresso in biomassa, la frazione commerciale è rappresentata in blu, quella scartata in arancione.

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 1995 1998 1999 2001 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Indici di biomassa

(37)

Fig. 15 Rendimento percentuale espresso in abbondanza, la frazione commerciale è rappresentata in blu, quella scartata in arancione.

L’analisi degli istogrammi relativi alla taglia di cattura evidenzia maggiormente quanto gli individui con lunghezza inferiore alla MCRS siano numericamente maggiori ai naselli con taglia superiore ai 20 cm. Nel grafico rappresentato in fig. 16 è stato preso in considerazione il range delle catture nella sua totalità (commerciale più scarto).

Fig. 16 Rapporto in percentuale delle taglie sbarcate in numero, in blu tutti gli esemplari inferiori a 20 cm, in arancione quelli maggiori di 20 cm.

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 1995 1998 1999 2001 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Indici di abbondanza

Somma di indice N C/H Somma di indice N S/H

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 1995 1998 1999 2001 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Rapporto taglie

LT<MLS LT>MLS

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