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Tutela del risparmio e garanzia dei depositanti

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TUTELA DEL RISPARMIO E GARANZIA DEI DEPOSITANTI

RELATORE

Ch.ma prof. Michela Passalacqua

CANDIDATO

Emanuele Forconi

(2)

INDICE - SOMMARIO

INTRODUZIONE………..IV

CAPITOLO I

I SISTEMI DI GARANZIA DEI DEPOSITI IN EUROPA: DAI

TRATTATI DI ROMA ALLA CRISI DEL 2007

1. I principi comunitari………1

2. Gli interventi prima della direttiva 94/19/CE………...4

3. La direttiva 94/19/CE……….8

3.1 Il nuovo sistema di vigilanza……….12

4. La risposta alla crisi economica: la direttiva 2009/14/CE………...14

5. Il sistema di protezione degli investitori………..16

6. Un quadro comparato: la tutela del risparmio nelle costituzioni nazionali………...19

CAPITOLO II

L’EVOLUZIONE DELLA REGOLAMENTAZIONE

NELL’ORDINAMENTO NAZIONALE

1. La tutela del risparmio nella Costituzione Economica………22

(3)

2. Il legislatore alla prova della tutela del risparmio: dai primi interventi pubblici all’autoregolamentazione………33 3. Il Testo Unico delle Leggi in materia Bancaria e Creditizia: la legislazione nazionale nella cornice delle Direttive comunitarie………36 4. I Sistemi di Garanzia nell’ordinamento nazionale: il Fondo Interbancario di tutela dei depositi……….41 4.1. Il Fondo di Garanzia dei depositanti del Credito Cooperativo……….45 5. Il sistema di indennizzo a tutela degli investitori………48

CAPITOLO III

LA TUTELA DEI DEPOSITI BANCARI NEL QUADRO

DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA

1. Il risparmio nella Costituzione economica europea……….53 2. L’Unione Bancaria. ………61 3. Un primo passo verso il Terzo Pilastro dell’Unione Bancaria: la Direttiva 2014/49/UE………....73 3.1 Oggetto e ambito di applicazione. Il ruolo delle Autorità amministrative

competenti………..76

3.2 Ammissibilità dei depositi. Livello di copertura e rimborso………..78

3.3 Finanziamenti e calcolo dei contributi. Uso dei fondi e concessione di prestiti tra SGD………...82

(4)

3.4 Cooperazione all’interno dell’Unione e principio dell’home coutry control. Il

ruolo delle succursali di enti creditizi di Paesi terzi………...86

3.5 Informazioni da fornire ai depositanti………..87

4. L’impatto dell’Unione Bancaria in Italia: i D.lgs. 180-181/2015 e il D.lgs. 30/2016 di modifica al Testo Unico Bancario………88

4.1. Soggetti aderenti e natura dei sistemi di garanzia. Esclusione………...91

4.2. Interventi. ………...95

4.3. Depositi ammissibili al rimborso. Modalità e ammontare massimo………..96

4.4. Poteri della Banca d’Italia………98

4.5. Prestiti e cooperazione tra sistemi di garanzia. Adesione ad un altro sistema………99

5. Le modifiche al FITD e al FDG: il quadro attuale dei sistemi di garanzia italiani………101

6. Prospettive per il futuro: l’European Deposit Insurance Scheme (EDIS)………...106

CONCLUSIONI………110

(5)

INTRODUZIONE

Al giorno d’oggi, il sistema finanziario svolge sempre più una fondamentale funzione di allocazione delle risorse in quanto, attraverso gli intermediari, il risparmio viene investito, cioè trasferito a coloro (singoli individui o imprese, enti pubblici o altri intermediari) che necessitano di risorse. Ruolo predominante in questo senso è assunto dalle banche che non solo si muovono all’interno dell’economia erogando credito, ma mantengono anche la funzione, probabilmente più importante, di raccolta del risparmio sotto forma di deposito. La fiducia dei risparmiatori, per i quali i depositi rappresentano una forma di investimento nonché di gestione delle esigenze di liquidità, nella capacità delle banche di rimborsare le somme depositate è essenziale nello svolgimento dell’attività delle medesime: se si incappasse in una corsa agli sportelli (c.d. bank run) verrebbe infatti a mancare quella liquidità utile e necessaria a far muovere l’economia nel suo complesso.

Il risparmio assume, quindi, il ruolo di motore dell’economia e rappresenta non solo un interesse di natura privata del singolo, ma riveste un evidente ruolo pubblicistico. Il compito dello Stato, e in generale degli organi politico-amministrativi europei, è di focalizzare l’attenzione sul risparmio come valore sociale, assicurandone la tutela soprattutto in presenza di situazioni economiche come quelle emerse nell’ultimo decennio.

(6)

Il risparmio al centro della tutela è quello, dunque, del piccolo e medio risparmiatore che con il proprio accumulo sostiene la famiglia e che, con piccoli investimenti, avvantaggia l’economia reale. All’attore debole del mercato, che rappresenta la stragrande maggioranza (almeno numerica) della popolazione, va garantita dunque un’adeguata tutela rispetto ai propri risparmi, non solo attraverso strumenti e meccanismi specifici - come i Sistemi di garanzia e un quadro informativo corretto e trasparente -, ma anche (e soprattutto) mediante un maggiore controllo dei mercati.

Gli scandali finanziari che hanno investito le economie mondiali e in particolar modo quella europea, nell’ultimo decennio, infatti, hanno minato la fiducia dei piccoli e medi risparmiatori che, accerchiati dall’instabilità degli intermediari finanziari, sono stati costretti, nella migliore delle ipotesi, a disinvestire il proprio capitale, e nei casi più gravi a subirne perdite consistenti.

L’obiettivo degli organi comunitari negli anni successivi alla crisi è stato così principalmente proprio quello di ristabilire la fiducia nei mercati e nelle autorità che ne regolano gli andamenti, individuando il giusto bilanciamento tra gli interessi pubblici, imperniati sul risparmio degli attori deboli, e quelli privati degli intermediari.

Partendo dal presupposto che la deregulation, se da un lato è un tratto fortemente caratterizzante il modello capitalista che mira alla liberalizzazione massima, dall’altro è risultata eccessiva e capace di causare gravi disparità, anche in ragione della evidente incapacità degli operatori economici di governarsi e monitorarsi. Un processo che è dunque risultato inadeguato alla

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gestione delle crisi bancarie: agli occhi degli organi comunitari è stato così necessario porre in essere una nuova strategia, basata su una regolamentazione comunitaria, uguale per tutti gli operatori che operano all’interno del mercato unico.

Attraverso un comparto giuridico adeguato, caratterizzato dal rafforzamento dei Sistemi di garanzia nazionali e dall’istituzione di nuovi organi dediti alla vigilanza prudenziale, si è così cercato di garantire una tutela del risparmio sempre maggiore, in linea con la velocità di crescita delle nuove forme di investimento.

Un altro aspetto da sottolineare è anche quello che fa riferimento al salvataggio pubblico delle banche in dissesto: se per anni abbiamo assistito al recupero degli intermediari in crisi attraverso denaro pubblico, proveniente prevalentemente da quella parte di popolazione che probabilmente nulla sa a proposito di crisi bancarie, il sistema del c.d. bail-out, le nuove normative europee non consentono più tali interventi. Attraverso la Direttiva Bank

Recovery and Resolution del 2014, infatti, i salvataggi dovranno avvenire mediante

il sistema bail-in, utilizzando cioè non i soldi dei contribuenti ma i soldi dei risparmiatori facenti parte dell’istituto in crisi.

L’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare il processo evolutivo che ha contraddistinto la disciplina della tutela del risparmio e della garanzia concessa ai depositanti dal dopoguerra ad oggi, con particolare attenzione alla normativa vigente e al sempre più marcato intreccio tra l’ordinamento comunitario e quello italiano. Ciò è avvenuto nella

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consapevolezza che non sia possibile capire a fondo la disciplina moderna, senza un adeguato studio del percorso che ha condotto all’Unione Bancaria e agli strumenti di protezione vigenti.

Il fil rouge che accompagna l’intera tesi è l’analisi del concetto stesso di risparmio che, come vedremo, ha assunto diversi significati col passare degli anni: dal concetto di risparmio inteso come mero accantonamento di denaro, a quella concezione molto più ampia, che ne sottolinea la natura macroeconomica e giuridicamente rilevante.

Nel primo capitolo, viene affrontata la tematica del risparmio (inteso sia come deposito che come investimento) a livello europeo, non solo analizzando le normative precedenti alla crisi, ma anche la risposta alla medesima, cioè la Direttiva 2009/14/CE. Viene dato spazio altresì ad una comparazione dei modelli caratterizzanti i singoli Stati europei, con riguardo ai sistemi di garanzia presenti nei Paesi più importanti.

Il secondo capitolo rappresenta, invece, l’evoluzione della regolamentazione a livello nazionale. Nella prima parte del medesimo si sottolinea l’importanza del concetto del risparmio in Italia, innanzitutto alla luce della rilevanza che questo assume all’interno del dettato costituzionale, in particolar modo nella Costituzione economica, e delle interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali conseguenti. Successivamente, si procederà attraverso l’analisi dell’attività paranormativa delle banche italiane stesse che, in un quadro legislativo carente o puramente emergenziale, verso le fine degli anni

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’80 si sono consorziate istituendo, sotto la supervisone della Banca d’Italia, i Sistemi di garanzia che operano tutt’oggi.

La seconda parte del capitolo, rappresenta la trasposizione a livello nazionale delle Direttive analizzate nel capitolo precedente, con riferimento alla creazione e alle modifiche al Testo Unico Bancario e, in tema di investimenti, alla “legge risparmio”.

Lo studio della normativa recente e vigente è affidato al terzo capitolo: in prima istanza viene analizzato il processo di formazione della c.d. “Costituzione economica europea”, che caratterizza la base giuridica del quarto pilastro della politica finanziaria europea (insieme a quello economico, politico e finanziario), un progetto di unificazione delle normative iniziato nel 2010 e che prende il nome di Unione Bancaria Europea. Nella cornice della unificazione e armonizzazione massima delle legislazioni nazionali in tema di diritto bancario, economico e finanziario, si inserisce poi prepotentemente il terzo pilastro dell’Unione Bancaria, rappresentato dal Sistema unico di garanzia dei depositanti (EDIS). Le difficoltà sottese alla istituzione del nuovo organismo, sono state in parte mitigate dalla penetrante Direttiva 2014/49/UE, strumento che ha sancito la fusione delle precedenti Direttive e ed ha rivoluzionato la disciplina della tutela del risparmio. Le ripercussioni della Direttiva si sono risentite ovviamente e obbligatoriamente anche nel nostro Paese che, attraverso il D.lgs. 30/2016, ne ha recepito i contenuti, modificando il Testo Unico Bancario e conseguentemente gli Statuti dei Fondi di garanzia nazionali, che formano la disciplina vigente.

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CAPITOLO I

I SISTEMI DI GARANZIA DEI DEPOSITI IN EUROPA: DAI

TRATTATI DI ROMA ALLA CRISI DEL 2007

Sommario: 1. I principi comunitari. – 2. Gli interventi prima della Direttiva 94/19/CE. – 3. La Direttiva 94/19/CE. – 3.1 Il nuovo sistema di vigilanza. - 4. La risposta alla crisi economica: la Direttiva 2009/14/CE. – 5. Il sistema di protezione degli investitori: le differenze con la tutela dei depositi. – 6. Un quadro comparato: la tutela del risparmio in Europa.

1. I principi comunitari

Il primo passo verso l’integrazione economico-politica europea fu mosso il 25 marzo 1957, quando i rappresentanti dei sei paesi fondatori1 firmarono, a

Roma, il Trattato internazionale istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE)2.

L’obiettivo principale del nuovo organismo, che iniziava ufficialmente i propri lavori a partire dal 1 Gennaio 1958, era lo sviluppo dell’economia del

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1Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Lussemburgo.

2 Su ispirazione dell’altra comunità nata nel 1951 col Trattato di Parigi, quella del carbone e dell’acciaio (CECA).

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continente, mediante un’armonizzazione delle legislazioni economiche nazionali, l’unione doganale e l’incentivazione alla parità di trattamento delle aziende comunitarie in qualsiasi Stato della Comunità3.

Condizione necessaria per la realizzazione del mercato comune fu l’inserimento del settore bancario nel quadro dell’armonizzazione delle legislazioni dei Paesi europei, attraverso la creazione della BEI (Banca Europea degli Investimenti)4, lo sviluppo di tematiche importanti, come il rapporto tra

gli istituti di credito e il diritto antitrust5, il miglioramento dei sistemi di

vigilanza delle imprese bancarie e degli intermediari finanziari e, infine, il tema delicato della tutela del risparmio.

Anche se le differenze nelle discipline dei vari Paesi erano di ostacolo ad una corretta gestione e risoluzione delle crisi bancarie (sempre più imprese polinazionali), importanti furono le resistenze degli Stati membri non solo ad aderire ad una legge bancaria comune, ma anche a rinunciare alle proprie regole.

Gli organi comunitari optarono, quindi, per una serie progressiva di ondate di legislazione, a partire dalle prime due direttive generali di coordinamento.

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3A. Antonucci, Diritto delle banche, Milano, 2012, pag. 17, afferma che “Ogni impresa appartenente ad uno

stato comunitario deve vedersi garantito il diritto di insediarsi in altro stato comunitario, a parità di condizioni con le imprese nazionali, e deve parimenti vedersi garantito il diritto di prestare i propri servizi in tutto il territorio della Comunità, a parità di condizioni con gli intermediari locali.”

4 A. Martelloni, Istituti di diritto cosmopolitico dell’economia e della finanza, in M. Giusti e E. Bani (a cura di),

Complementi di diritto dell’economia, 2008, Cedam. L’autore precisa che l’istituto aveva il compito di finanziare senza scopo di lucro (cd. “mutuo di scopo”, collegato alla realizzazione di un progetto) o di rilasciare garanzie a soggetti di qualsiasi nazionalità, siano essi enti collettivi ovvero persone fisiche. 5 Sentenza del 14 luglio 1981, Zuchner c. Bayerische Vereinsbank, causa 172/80, in Raccolta, 1981, p. 2021 ss.

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Con la prima Direttiva banche 77/780/CE si cercò di eliminare le differenze più marcate tra le legislazioni dei Paesi membri in riferimento alle tipologie e caratteristiche dei controlli, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’attività.

La seconda direttiva banche 89/646/CE andò oltre, affermando il principio dell’home country control, secondo il quale il controllo sull’attività bancaria è rimesso al paese d’origine della banca (e non più al paese ospitante), “per cui la relativa autorità di vigilanza ha competenza non solo per le attività svolte nel

luogo del suo primo insediamento, ma per tutte le attività svolte dalla stessa banca nel territorio comunitario”6 .

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2. Gli interventi prima della direttiva 94/19/CE

Il primo passo del lungo iter legislativo in materia di tutela del risparmio fu la proposta di direttiva del 19 dicembre 1985 in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi7, che si inserisce nel processo di

armonizzazione legislativa dei paesi membri8.

I lavori della proposta, che erano iniziati nel 1978 (su stimolo della prima Direttiva banche), avevano come obiettivo la stabilità del sistema bancario, attraverso la regolamentazione delle procedure da attivare in caso di crisi e soprattutto attraverso l’inserimento di meccanismi che in tali situazioni garantissero i depositanti, in particolar modo con l’inserimento di un sistema che coprisse i depositi raccolti dalle succursali istituite nei paesi sprovvisti di un qualsiasi sistema di garanzia.

L’ultimo considerando della proposta affermava, infatti, che “in caso di

liquidazione di un ente creditizio insolvente, gli interessi dei depositanti devono essere tutelati mediante i sistemi di garanzia esistenti nella Comunità europea, senza discriminazioni in un medesimo territorio tra le succursali di enti creditizi nazionali o degli altri stati membri e, in via sussidiaria, senza discriminazioni in uno stesso ente tra depositi effettuati nel paese della sede o nelle succursali di altri stati qualora in questi ultimi non esista alcun sistema di garanzia dei depositi”.

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7 COM(1985) 788 def.

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Proprio per questo veniva inserito l’art. 16, in base al quale “gli stati

membri vigilano affinché i sistemi di garanzia dei depositi esistenti sul loro territorio coprano i depositi delle succursali di enti creditizi la cui sede sociale si trovi in una altro stato membro”9.

La vigilanza si basava quindi sul principio dell’host country control, per cui “la garanzia dei depositi si applica su base territoriale ai depositanti di un paese

indipendentemente dalla nazionalità della banca presso la quale il deposito viene effettuato”10. Tale disposizione era completata da una norma transitoria (comma

2), secondo la quale fino all’entrata in vigore di un sistema di garanzia dei depositi in ciascuno Stato membro, nel caso in cui il paese ospitante non garantisse un sistema di tutela dei depositi, per le succursali presenti in tale Paese intervenivano i sistemi di garanzia dei depositi ai quali sottostava la sede sociale dell’ente creditizio nel proprio Stato.

L’onere che veniva richiesto al sistema di garanzia del paese d’origine nel caso in cui gli enti creditizi insediassero succursali in paesi privi di tali sistemi, portava con sé il rischio di ostacolare l’apertura di succursali proprio in quegli Stati privi del sistema di garanzia, pregiudicando in tal modo l’affermazione del principio di libertà di stabilimento. I problemi sottesi alla proposta di direttiva erano essenzialmente due: da un lato la scarsità di sistemi di garanzia a livello

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9 Art 16, comma 1, COM(85)788).

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comunitario11; dall’altro i tempi di negoziazione e attuazione della direttiva

stessa si presentavano assai lunghi.

Ciò contrastava con l’esigenza di celerità che la Commissione riteneva necessaria per la risoluzione di una questione assai delicata e importante per la stabilità del sistema bancario nel suo complesso. Proprio per tali motivazioni la Commissione interveniva in materia con la Raccomandazione (strumento non vincolante, cd “moral suasion”) 87/67/CEE, riguardante l’instaurazione nella Comunità di sistemi di garanzia dei depositanti.

La Raccomandazione si rivolgeva non solo agli Stati che non erano dotati di sistemi di garanzia dei depositanti, ma anche a quelli che presentavano ancora notevoli lacune in merito.

L’art 1 della Raccomandazione suggeriva agli Stati che disponessero già di tali sistemi di garanzia12 di tutelare i cd. “consumatori inconsapevoli”, cioè i

“depositanti che non dispongono degli strumenti per valutare adeguatamente la politica

finanziaria degli enti ai quali affidano i propri depositi”13; di verificare, attraverso dei

criteri ben precisi, il funzionamento dei Fondi14.

La Raccomandazione si concentrava poi sugli Stati membri che presentavano ancora defict, indicando ai Paesi “che già dispongono di progetti relativi

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11 Tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90 solo pochi Stati della Comunità europea avevano un sistema di garanzia dei depositi (Belgio, Repubblica federale di Germania, Spagna, Francia, paesi Bassi, Regno Unito).

12 Belgio, Repubblica federale di Germania, Spagna, Francia, paesi Bassi, Regno Unito. 13 Art. 1, lett. a). Racc.

14 Gli stati dovevano verificare che i sistemi garantissero un indennizzo adeguato dei depositanti “inconsapevoli”; che garantissero la copertura dei depositanti di tutti gli enti creditizi autorizzati ivi compresi i depositanti di succursali di enti la cui sede sociale era situata in un altro Stato membro (Art 1 Racc.).

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all’instaurazione di sistemi di garanzia dei depositi”15 di adottare le disposizioni di cui

all’art. 1, entro e non oltre il 31 dicembre 1988; raccomandando altresì ai Paesi che non dispongono di tali sistemi e che “non hanno ancora elaborato progetti in

materia”16 di adeguarsi non oltre il 1 gennaio 1990.

Di fatto la Raccomandazione, pur “spingendo” gli Stati verso una regolamentazione forzata, non aveva risolto i problemi sottesi alla proposta di Direttiva “crisi” COM(85)788, in particolar modo perché si continuava a far uso del principio dell’host country control che, come abbiamo visto, seppur in linea con la prima direttiva banche, era risultato deleterio per lo sviluppo della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi nell’ambito della Comunità europea.

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15 Così l’art. 2 su Italia, Irlanda e Portogallo. 16 Così l’art. 3 su Danimarca, Grecia e Lussemburgo.

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3. La Direttiva 94/19/CE

La prima svolta in materia avveniva, come già rilevato, con la seconda Direttiva generale di coordinamento Banche, 89/646/CEE, che segnava il passaggio dall’host country control (cioè del controllo rimesso al paese ospitante) al più moderno principio dell’home country control (cioè del controllo lasciato, invece, al Paese d’origine)17.

Il dissesto, nel 1991, della banca inglese BCCI, Bank of Credit and

Commerce International, che metteva alla luce l’inadeguatezza dei sistemi di

vigilanza e che scuoteva il mercato bancario dall’immobilismo degli ultimi anni, dimostrava che lo strumento della Raccomandazione18 non aveva dato i risultati auspicati19 e che c’era quindi bisogno di un intervento autoritativo (vincolante) di maggior spessore.

La proposta di Direttiva COM (92) 188 def. e il parere sulla stessa del Comitato Economico e Sociale del 22 ottobre 1992 diventavano lo spunto essenziale per l’emanazione (congiunta del Parlamento Europeo e del Consiglio), il 30 maggio 1994, della Direttiva 94/19/CE.

La Direttiva si presentava con un duplice obiettivo: da un lato “assicurare

un livello minimo armonizzato di garanzia dei depositi dovunque essi si trovino all’interno

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17 4° considerando dir 89/646/CEE: l’“impostazione adottata consiste nella realizzazione dell'armonizzazione

essenziale, necessaria e sufficiente per pervenire ad un reciproco riconoscimento delle autorizzazioni e dei sistemi di vigilanza prudenziale che consenta il rilascio di un'unica autorizzazione valida in tutta la Comunità e l'applicazione del principio della vigilanza da parte dello Stato membro d'origine”; 22° considerando dir 89/646/CEE: “l'autorità competente dello Stato membro ospitante, fatte salve le sue competenze di controllo, potrà continuare, sia di propria iniziativa in caso d'urgenza, sia su iniziativa dell'autorità competente dello Stato membro d'origine, a verificare che l'attività di un ente creditizio sul proprio territorio sia conforme alle leggi, ai principi di una sana organizzazione amministrativa e contabile e di un controllo interno adeguato”.

18 Vedi par. 2.

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della Comunità”, dato che “per il completamento del mercato unico bancario la tutela dei depositi è essenziale al pari delle regole prudenziali”20; dall’altro garantire la tutela del depositante e la fiducia dello stesso sul sistema creditizio21.

Ci si era resi conto che le banche, a causa della peculiarità della loro attività, c.d. “maturity mismatch”22, erano le imprese con un rischio sistemico più alto di qualsiasi altro settore economico e che, questo aspetto, avrebbe potuto innescare la pericolosa situazione di perdita di fiducia nel sistema, con conseguente panico nei risparmiatori e l’inevitabile “corsa agli sportelli” (“bank run” o “bank panic”).

Con tale Direttiva il legislatore comunitario, quindi, non solo elevava la garanzia dei depositi a principio fondamentale per quanto concerne la stabilità complessiva del sistema bancario, equiparando tali meccanismi (quelli di garanzia) all’azione di vigilanza prudenziale (considerando 2), cercando di innescare la fiducia nel settore creditizio, ma poggiava lo stesso a basi solide, come l’adesione obbligatoria ai sistemi di garanzia e l’introduzione di un livello minimo di copertura.

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20 Così nel considerando 2; il considerando 25 continua affermando che “la garanzia dei depositi è un elemento

essenziale per il completamento del mercato interno e un complemento indispensabile del sistema di vigilanza degli enti creditizi, a motivo del vincolo di solidarietà che costituisce tra tutti gli enti operanti su una medesima piazza finanziaria, in caso di inadempimento di uno di essi”

21 Nel considerando 21 si legge: “considerando che l'informazione dei depositanti è un elemento essenziale della loro

tutela e deve dunque essere anch'essa soggetta ad un minimo di norme cogenti; che, tuttavia, l'uso non regolamentato, a fini pubblicitari, di riferimenti all'importo e alla portata del sistema di garanzia dei depositi potrebbe pregiudicare le stabilità del sistema bancario o la fiducia dei depositanti; che gli Stati membri dovrebbero pertanto stabilire norme per limitare l'uso di tali riferimenti”.

22 Ovvero un forte disallineamento tra le scadenze delle attività e quelle delle passività. Nel bilancio di una qualsiasi banca, infatti, la parte principale dello stato patrimoniale è composta, dal lato delle attività, da crediti verso la clientela (mutui, prestiti alle imprese, ecc.), mentre dal lato delle passività dai depositi effettuati dalla clientela presso la banca. Il maturity mismatch è dovuto proprio al fatto che mutui e prestiti alle imprese hanno tendenzialmente scadenza molto lunga, mentre i depositi dei clienti sono a scadenza breve trattandosi quasi sempre di depositi a vista, che cioe il cliente puo ritirare in qualsiasi momento, anche per il loro intero ammontare.

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All’art. 3 viene affermata la necessità che ogni ente creditizio aderisca ad un sistema di garanzia, pena l’impossibilità di accettare depositi23 e la possibilità di incombere in sanzioni sul piano autorizzativo, fino alla esclusione dell’ente dal sistema24. Viene lasciata la possibilità ad ogni Stato membro di “esonerare un ente creditizio dall’aderire ad un sistema di garanzia dei depositi qualora tale

ente appartenga ad un sistema che protegge l'ente creditizio stesso e segnatamente garantisce la sua liquidità e la sua solvibilità, assicurando ai depositanti una protezione almeno equivalente a quella offerta da un sistema di garanzia dei depositi”25.

Per quanto concerne il secondo aspetto la Commissione riteneva che il depositante, in particolar modo “quello che dispone di insufficienti conoscenze

finanziarie per distinguere gli enti creditizi solidi da quelli che lo sono meno”26, doveva beneficiare di una “tutela di base, indipendentemente dal luogo dove avessero depositato il

loro danaro”.

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23 Art. 3 comma 1a: “Ogni Stato membro provvede affinché sul suo territorio vengano istituiti e ufficialmente

riconosciuti uno o più sistemi di garanzia dei depositi. Fatti salvi i casi di cui al secondo comma e al paragrafo 4, nessun ente creditizio autorizzato in tale Stato membro ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 77/780/CEE può accettare depositi a meno che non abbia aderito ad uno di tali sistemi”.

24 Ai commi 2 e 3 si legge: “Se un ente creditizio non adempie agli obblighi derivanti dall'adesione ad un sistema di

garanzia dei depositi, l'inottemperanza è notificata alle autorità competenti che hanno rilasciato autorizzazione le quali, in cooperazione con il sistema di garanzia, adottano le misure appropriate, comprese eventuali sanzioni, al fine di garantire che l'ente creditizio adempia ai suddetti obblighi. Qualora dette misure non siano tali da garantire il rispetto degli obblighi da parte dell'ente creditizio, ove l'ordinamento nazionale consenta l'esclusione di un membro, il sistema può, con l'espresso consenso delle autorità competenti, notificare con non meno di dodici mesi di anticipo la propria intenzione di escludere l'ente creditizio dal sistema. I depositi effettuati prima dello scadere di tale periodo di notifica restano interamente coperti dal sistema. Qualora, alla scadenza del periodo di notifica, l'ente creditizio non abbia adempiuto agli obblighi ad esso incombenti, il sistema di garanzia può, previo espresso consenso delle autorità competenti, procedere all'esclusione.”

25L’art 3 comma 2, lett b) continua: “e che, secondo le autorità competenti, soddisfa le seguenti condizioni: il

sistema esiste ed è stato ufficialmente autorizzato all’atto dell’adozione della presente direttiva; il sistema è volto ad evitare che i depositi degli enti creditizi che rientrano in tale siatema possano diventare indisponibili e dispone dei mezzi necessari a tal fine; il sistema non consiste in una protezione concessa all’ente creditizio dallo Stato membro stesso o dai suoi enti locali regionali; il sistema garantisce che i depositanti siano informati secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 9 della presente direttiva. Lo Stato membro che si avvale di tale facoltà ne informa la Commissione; esso comunica segnatamente le caratteristiche di questi sistemi di protezione e gli enti creditizi coperti da questi ultimi, nonché le ulteriori modifiche alle informazioni trasmesse. La Commissione ne informa il Comitato consultivo bancario”.

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Alcuni Stati, come il Regno Unito e i Paesi Bassi, detenevano una soglia bassa (15.000 ECU27); altri, come l’Italia e il Portogallo (rispettivamente 100.000 ECU e 33.000 ECU) richiedevano, invece, valori più alti; la Germania optava per un sistema diverso che prevedeva una garanzia pari al 30% dei fondi propri della banca per depositante.

La marcata differenza di coperture tra gli Stati membri, che era di ostacolo alla realizzazione del mercato unico europeo, era dovuta alla complessità del concetto stesso di copertura del sistema di garanzia: livelli più bassi garantiscono ovviamente una valutazione più accurata da parte del depositante stesso della qualità dei servizi offerti dell’ente creditizio; livelli più alti garantivano una più alta fiducia nel (e quindi stabilità del) sistema bancario, favorendo l’uscita di enti di dimensioni più piccole e marginali.

Proprio per questo, veniva inserito l’art. 7 della Direttiva, che fissa la soglia minima omogenea28 di tutela in 20.000 ECU, che deve essere oggetto di un riesame periodico, almeno ogni cinque anni, da parte della Commissione29.

L’art. 7 prosegue affermando, al comma 3, che il livello di copertura può essere aumentato o esteso dai singoli Stati in sede di adeguamento, modificando la legislazione nazionale o mantenendo quella esistente. Tale limite si applica al totale dei depositi di ciascun cliente presso lo stesso ente creditizio, qualunque sia il numero dei depositi, la valuta e l’ubicazione nella Comunità (art 8.).

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27ECU= European Currency Unit. Il suo valore è la media ponderata delle valute che la compongono,

ognuna relazionata all'importanza economica del Paese corrispondente).

28Tale soglia era il frutto di una ponderazione dei valori delle garanzie offerte dai sistemi nazionali. 29Art. 7, comma 5.

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Per l’attivazione della procedura è previsto che “gli Stati membri provvedono

affinché il depositante possa difendere il proprio diritto all'indennizzo proponendo ricorso contro il sistema di garanzia dei depositi” (comma 6).

I requisiti per l’accettazione del rimborso - che deve avvenire nel termine di tre mesi dalla data in cui le autorità hanno dimostrato l’incapacità di pagamento dell’ente o dal provvedimento dell’Autorità giudiziaria di sospensione dei diritti dei depositanti sullo stesso- come si evince dall’art. 10, erano due: il primo che il deposito fosse indisponibile, cioè “dovuto e pagabile e

non pagato da un ente creditizio secondo le condizioni legali e contrattuali” (art. 1, comma

3 Dir.); il secondo che la banca non fosse in grado di rimborsare il deposito30.

3.1. Il nuovo sistema di vigilanza

Obiettivo ultimo della Commissione era quello di coniugare gli aspetti della Direttiva con un sistema di vigilanza idoneo a garantire l’equilibrio tra gli operatori del mercato comunitario.

Accantonato il principio dell’host country control già con la Direttiva

89/646/CEE, i vertici europei erano consapevoli del fatto che un utilizzo a

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30 L’art 1, comma 3, lett i, recita “le autorità competenti abbiano concluso che a loro avviso l'ente creditizio

interessato, per motivi direttamente connessi con la sua situazione finanziaria, non è per il momento in grado di rimborsare il deposito e non ha, a breve, la prospettiva di poterlo fare”.

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pieno regime dell’home country control31 avrebbe potuto generare degli squilibri tra gli enti creditizi comunitari, in quanto c’era la possibilità che i differenti di livelli di copertura (come già rilevato vi era la possibilità per uno Stato membro di inserire una soglia più alta dei 20.000 ECU minimi richiesti) divenissero strumenti di concorrenza: le banche di un paese con sistemi di garanzia più alti correvano il rischio di dover rimborsare i depositanti di succursali con garanzie più basse, avvantaggiando le filiali estere. Proprio per questo furono inserite due clausole: la clausola topping up e la clausola export

ban.

La prima prevedeva la possibilità per le filiali di banche estere di conformarsi al sistema di protezione più forte del paese ospitante, estendendo in tal modo la garanzia; la seconda vietava al paese ospitante, con garanzia più debole, di abbassare il livello di protezione della succursale di banca estera con livelli più alti (si sanciva cioè il divieto di esportazione del sistema più favorevole nei paesi che garantivano una tutela inferiore)32.

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31 Nell’art. 4, comma 1 si legge “I sistemi di garanzia dei depositi istituiti ed ufficialmente riconosciuti in uno Stato

membro conformemente all'articolo 3, paragrafo 1 tutelano i depositanti delle succursali costituite dagli enti creditizi in altri Stati membri”.!

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4. La risposta alla crisi economica: la Direttiva 2009/14/CE

A partire dal 2007 il sistema finanziario globale veniva investito da una crisi generale, la quale prendeva avvio dalla crisi dei “mutui subprime”33 originata negli Stati Uniti e si dilagatosi, in breve tempo, al Vecchio Continente. L’abuso che gli istituti di credito facevano dei c.d. “titoli tossici”, creati attraverso una complessa cartolarizzazione dei rischiosi attivi assunti dalle banche stesse, è considerato34 l’elemento di propagazione della crisi dalla finanza35 all’economia reale (e quindi all’occupazione).

La crisi del mercato finanziario aveva provocato, quindi, l’insolvenza dei mutui e la messa sul mercato immobiliare ipotecario di case svalutate, con la vendita delle quali le banche non potevano recuperare i mutui erogati.

Gli eventi descritti avevano confermato la necessità di continuare, o meglio di accelerare, il processo di condivisione delle scelte e delle decisioni in materia di politica economica.

Proprio per questo, su spinta del Financial Stability Board36 e della BCE, venivano messe in atto una serie di operazioni37, tra le quali rientra proprio la Direttiva 2009/14/CE.

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33L’origine si ricava infatti dal deterioramento dei “mutui casa” statunitensi, offerti, fin dagli anni 90,

in maniera indiscriminata a soggetti di dubbia solvibilità.!

34 In questo senso Antonucci, op. cit. pag. 392.

35 I mutui subprime sono stati rivenduti a società finanziarie quotate in borsa, per fare in modo che le

eventuali inadempienze fossero a carico degli azionisti.

36Organismo di diritto internazionale che riunisce i rappresentanti del G20, con il compito, condiviso

col Fondo Monetario Internazionale, di fissare standard regolamentari comuni e di vigilare sulla corretta applicazione delle regole.

37Le più significative erano: 1) creazione dell’ European Financial Stability Facility (EFSF), il cd “fondo

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Essa, considerata necessaria per dare una risposta repentina al violento calo di fiducia dei depositanti nel meccanismo di garanzia dei depositi e nel sistema bancario e finanziario in generale, interveniva su aspetti limitati della disciplina e in particolar modo su due dei profili più urgenti: l’innalzamento del limite di copertura38 e la riduzione del termine per il rimborso.

Per quanto concerne il primo aspetto, l’art. 1, comma 3, lett a), che sostituisce l’art 7 della Direttiva 94/19/CE, ha innalzato il livello di copertura da 20.000 Euro39 a 50.000 Euro, da elevare a 100.000 Euro entro il 31 dicembre 201040.

La seconda questione è sottolineata nel considerando 10 in cui si constata che “il termine di rimborso di tre mesi previsto attualmente, prorogabile a nove mesi, è in

contrasto con la necessità di preservare la fiducia dei depositanti e non risponde alle loro esigenze”. Il nuovo art. 10 della Direttiva 94/19/CE, come modificato dall’art. 1

comma 6 della direttiva in studio, riduce quindi il termine di rimborso a venti giorni lavorativi, con la possibilità di proroga massima di ulteriori dieci giorni.

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requisiti di capitale delle istituzioni finanziarie; 4) salvataggio delle banche definite “too big to fail”, cioè degli istituti di credito che in caso di fallimento provocherebbero un collasso dei sistema.

38 Il considerando 2 recita: “La direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio prevede già una

copertura minima dei depositanti. Tuttavia, le attuali turbolenze finanziarie richiedono un aumento della copertura”.

39Dal 1 gennaio 1999 l’ Euro ha sostituito l’ECU.

40Nella lettera d) del medesimo comma si precisa che la Commissione può adeguare gli importi in

funzione del tasso di inflazione nell’Unione europea, sulla base delle variazioni dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo pubblicato dalla Commissione.

(25)

5. Il sistema di protezione degli investitori

Sulla stessa linea della Direttiva 94/19/CE41 si muove la Direttiva 97/9/CE42, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori.

L’obiettivo principale della Direttiva è descritto nel considerando 4 in cui si afferma che, al pari del sistema di garanzia dei depositi, “la tutela degli investitori e

la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario sono elementi importanti del completamento e del buon funzionamento del mercato interno in tale settore e che, a tal fine, è pertanto essenziale che esista in ogni Stato membro un sistema di indennizzo degli investitori che offra una garanzia minima armonizzata di tutela almeno per i piccoli investitori, in caso di incapacità di un'impresa di investimento di far fronte ai suoi obblighi nei confronti dei clienti investitori”.

Seguendo la struttura della Direttiva “gemella”, è imposto, infatti, agli Stati membri di provvedere al riconoscimento di uno o più sistemi di indennizzo degli investitori, con l’obbligo per gli operatori del settore (comprese le banche) di aderire ad uno dei sistemi in questione (art. 2, comma 1), pena la revoca dell’autorizzazione da parte dell’autorità competente e quindi l’esclusione dal mercato (art. 5, comma 4)43.

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41 vedi infra par. 3.

42 Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo del 3 marzo 1997 relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori, in GUCE n. L 84 del 26 marzo 1997.

43 L’art 2, comma 1, par 2 continua: “Uno Stato membro può tuttavia esonerare un ente creditizio cui si applica la

presente direttiva dall'obbligo di aderire ad un sistema di indennizzo degli investitori, qualora tale ente sia già esonerato dall'obbligo di appartenere ad un sistema di garanzia dei depositi in virtù dell'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 94/19/CE, a condizione che la tutela e l'informazione offerte ai depositanti siano parimenti offerte alle stesse condizioni agli investitori e in modo tale che questi ultimi beneficino di una tutela almeno equivalente a quella offerta da un sistema di indennizzo degli investitori”.

(26)

Qualora le autorità competenti o l’autorità giudiziaria constatino che l’impresa di investimento, a causa di problemi finanziari, non sia in grado di far fronte ai propri obblighi derivanti dai crediti degli investitori e non vi sia la prospettiva a breve termine, devono intervenire i sistemi di garanzia.

A tal proposito è fissata la soglia minima a 20.000 ECU (art. 4, comma 1), con la possibilità per i singoli Stati di aumentare il livello minimo di protezione o di mantenere in vigore un sistema di garanzia più forte. I termini per il rimborso sono fissati nell’art. 9, comma 2, il quale afferma che il sistema “deve essere in grado di rimborsare i crediti degli investitori quanto prima e al più tardi entro

tre mesi dopo che ne sono stati accertati l'ammissibilità e l'ammontare”44; l’eventuale proroga non può essere superiore a tre mesi.

Per ciò che riguarda il sistema di vigilanza si applica, come per la Direttiva 94/19/CE, il principio dell’ home country control, unitamente alla clausole export ban (fino al 31 dicembre 1999) e topping up (art. 7).

I due sistemi di garanzia così delineati, pur tutelando due fattispecie diverse, ovvero il risparmio (Direttiva 19/94/CE) e l’investimento (Direttiva 97/9/CE), sono strettamente correlati e può accadere che un medesimo operatore si inserisca nel campo di azione di entrambe le tipologie di sistema.

Proprio per evitare l’immistione di un sistema nei confronti dell’altro è stata inserita, nella Direttiva in esame, e in particolare nell’art. 2 comma 3, una disposizione chiave, la quale prevede che “nessun credito può beneficiare di un doppio

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44 Gli investitori, informati della constatazione di impossibilità dell’ente dal sistema di indennizzo, entro un termine non inferiore ai 5 mesi dalla data di constatazione o di decisione dell’autorità giudiziaria, devono presentare le proprie domande di rimborso (art 9., comma 1).

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indennizzo sulla base delle due direttive”. Tali crediti i quali, in un dato Stato

membro, “siano soggetti nel contempo alla presente Direttiva ed alla Direttiva

94/19/CE sono imputati a uno dei sistemi previsti nell'una o nell'altra direttiva, a discrezione dello Stato membro interessato”.

La Direttiva 94/19/CE si occupa, quindi, della tutela dei depositi “standard” e cioè delle normali attività degli enti creditizi; la Direttiva 97/9/CE protegge, invece, i crediti relativi ad investimenti effettuati presso un operatore del settore (anche una banca stessa)45.

Al fine di armonizzare la disciplina contenuta nella Direttiva 97/9/CE con le novità introdotte dalla Direttiva 2009/14/CE46, in modifica alla Direttiva 19/94/CE, e soprattutto di coordinarla alla Direttiva MiFid47, la Commissione interveniva con la proposta di Direttiva COM (2010) 371 def., anche alla luce del caos provocato dalla recente crisi economica.

Gli obiettivi della Commissione erano essenzialmente due: limitare la differenza di tutela tra i sistemi di garanzia dei depositi (che con la nuova Direttiva avevano ottenuto una soglia minima di protezione più alta) e i sistemi di indennizzo degli investitori, innalzando il livello minimo di copertura di quest’ultimi; migliorare, dal punto di vista pratico, l’applicazione della Direttiva !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

45!Con sentenza del 25 giugno 2015, causa C 671/13, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha affermato che “La direttiva 94/19, come modificata dalla direttiva 2009/14, e la direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori, devono essere interpretate nel senso che, qualora i crediti nei confronti di un ente creditizio possano rientrare sia nella nozione di «deposito», ai sensi di tale direttiva 94/19, sia in quella di «strumento», ai sensi della direttiva 97/9, ma il legislatore nazionale si sia avvalso della facoltà, prevista al punto 12 dell’allegato I di detta direttiva 94/19, di escludere tali crediti dal sistema di tutela previsto da quest’ultima direttiva, tale esclusione non può avere come conseguenza che detti crediti siano del pari esclusi dal sistema di tutela previsto dalla direttiva 97/9, in assenza dei presupposti previsti all’articolo 4, paragrafo 2, di quest’ultima”.

46!Vedi infra, par 4.

47 Market in Financial Instrument Directive: così è definito il complesso di norme che regola i servizi, le attività di investimento e i mercati regolamentati (Direttive 2004/39/CE e 2006/73/CE).

(28)

che presentava delle lacune, quali la difficoltà di finanziamento dei sistemi48 e l’esclusione di alcuni servizi della MiFid dal sistema di indennizzo49.

La Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 5 luglio 2011, n. A7-0167/2011, sulla proposta di Direttiva in esame, ha aumentato il limite di garanzia dei sistemi di indennizzo degli investimenti a 100.000 euro, armonizzandolo così con la soglia minima prevista per i sistemi di tutela del risparmio.

6. Un quadro comparato: la tutela del risparmio negli ordinamenti nazionali

Da uno studio comparativo delle esperienze nazionali in materia di tutela del risparmio, emerge un dato molto significativo: nonostante gli sforzi di armonizzazione compiuti dalle Direttive esaminate nei paragrafi precedenti, il quadro giuridico-istituzionale risulta ancora fortemente differenziato.

La diversificazione si evidenzia sia per quanto riguarda la normativa pubblicistica e, in particolar modo, riguardo alla fonte della tutela del risparmio nei vari ordinamenti europei, sia per quanto concerne gli strumenti utilizzati dalle varie autorità competenti.

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48 L’art. 4-ter prop. Dir. affermava la necessità dell’istituzione di un meccanismo di solidarietà tra i fondi, mediante prestiti.

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Il primo aspetto, inerente al rango della fonte utilizzata nei singoli Stati membri, evidenzia come, nonostante la profondità della questione, siano pochi gli Stati in cui la tutela del risparmio è sancita direttamente all’interno della Costituzione, come avviene in Italia50, Irlanda51 o in Portogallo52.

Nella maggior parte dei Paesi membri, infatti, la tutela del risparmio, seppur non inserito all’interno della carta fondamentale, risulta implicita in altre previsioni costituzionali e quindi si qualifica come bene costituzionalmente rilevante. In tali Paesi, come la Germania53, la Francia, il Belgio, la Spagna e i paesi nordici (in particolare quelli scandinavi), la protezione del risparmio viene assicurata in maniera indiretta, attraverso leggi ordinarie che si ispirano a norme della carta fondamentale.

Un modello che si discosta in maniera profonda da quello continentale è quello di Principles-Based Regulation, utilizzato nel Regno Unito. La disciplina della materia avviene attraverso strumenti di “soft-law che fissano obiettivi e standard

generici piuttosto che regole puntuali”54, uniti al concetto di public awerness, cioè l’incentivazione del rispetto di principi come la correttezza, la trasparenza e la consapevolezza da parte degli intermediari finanziari.

Per ciò che riguarda il secondo aspetto, cioè quello degli strumenti di tutela del risparmio utilizzati dalle autorità competenti, pur essendo lontane da !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

50 Vedi amplius cap. 2 par 1.

51 L’ Art. 45, comma 2, par. 4, della Constitution of Ireland recita: “That in what pertains to the control of credit

the constant and predominant aim shall be the welfare of the people as a whole”.

52 Nell’art. 101 della Constituçao da Repuplica Portuguesa si legge: “La struttura del sistema finanziario è

disciplinata con legge in modo che il risparmio sia promosso e assicurato da garanzie e che siano previste le risorse finanziarie necessarie allo sviluppo economico e sociale”.

53 Le disposizioni da cui il legislatore tedesco deve estrapolare i principi da utilizzare sono contenuti negli artt. 88, 109, 110, 113 e 115 del Grundgesetz.

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un “sistema europeo” valido per tutti gli Stati membri, le Direttive in materia hanno senza dubbio dato un input alle regolazioni nazionali.

In quasi tutti gli Stati europei, infatti, sono presenti sistemi di garanzia (Fondi Interbancari, Ombudsdam o class action) e autorità di viglianza che, anche con caratteristiche e modalità diverse, cercano di conformarsi al processo di armonizzazione dell’economia del continente.

(31)

CAPITOLO II

L’EVOLUZIONE DELLA REGOLAMENTAZIONE

NELL’ORDINAMENTO NAZIONALE

Sommario: 1. La tutela del risparmio nella Costituzione Economica. – 2. Il legislatore alla prova della tutela del risparmio: dai primi interventi pubblici all’autoregolamentazione. – 3. Il Testo Unico delle Leggi in materia Bancaria e Creditizia: la legislazione nazionale nella cornice delle Direttive comunitarie. – 4. I Sistemi di Garanzia nell’ordinamento nazionale: il Fondo Interbancario di tutela dei depositi. – 4.1. Il Fondo di Garanzia dei depositanti del Credito Cooperativo. – 5. Il sistema di indennizzo a tutela degli investitori.

1. La tutela del risparmio nella Costituzione Economica

Con l’espressione dottrinale “Costituzione Economica” s’intende un insieme di disposizioni che rappresentano i principi fondamentali dei rapporti economici esistenti nell’ordinamento italiano.

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Tali disposizioni sono collocate nel Titolo III della prima parte della Carta fondamentale, in particolar modo nella parte finale che va dall’art. 41 all’art. 47 della medesima1.

I principi di iniziativa economica privata (art. 41), di garanzia della proprietà privata nella sua funzione di utilità sociale (art. 43), di cooperazione (art. 45) e di tutela del risparmio (art. 47), qualificano il modello di economia “sociale di mercato” e definiscono le modalità di intervento dello Stato a sostegno della stessa.

Analizzando in chiave moderna la Costituzione italiana si evince che, più di ogni altro settore disciplinato intelligentemente dai Costituenti, tali valori vanno contestualizzati alla luce dei cambiamenti storico-economici che si sono verificati dal 19482 ad oggi. È necessario, cioè, inserire le disposizioni in un

quadro di riferimento che tenga conto delle nuove realtà economiche e delle prospettive di mercato, con un riferimento sempre più rilevante all’integrazione europea.

Se da un lato, infatti, l’Assemblea Costituente aveva configurato un sistema economico c.d. “misto” (liberismo-collettivismo)3, definito appunto

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1 La prima parte, che viene aperta dall’art. 35 e che si chiude con l’art. 40, si occupa di tutti gli aspetti più importanti della dimensione economico-sociale, in particolare gli aspetti che riguardano il lavoro, come l’assistenza sociale, l’educazione e l’avviamento professionale e i sindacati.

2 La Costituzione entrò in vigore il 1 Gennaio 1948.

3 All’indomani della seconda guerra mondiale l’Italia si trovava in una situazione di profonda recessione economica. Per cercare di risollevare le sorti del Paese, tenendo conto di tutte le anime politiche che vivevano all’interno della comunità, in sede costituente si raggiunse una soluzione di compromesso, prendendo le distanze sia dal liberismo degli anni Venti, che aveva condotto alla grande depressione del 1929, sia da un rigido collettivismo di tipo sovietico. La mediazione raggiunta tra le forze politiche democristiane, quelle marxiste-comuniste e quelle liberali, ha comportato l’accoglimento dell’idea di uno Stato che accetta il ricorso agli investimenti pubblici in funzione sostitutiva di risorse private, ogni qual volta queste risultino insufficienti. Ciò senza alcuna preclusione pregiudiziale nei confronti di un mercato improntato a principi di libera concorrenza.

(33)

anche come “economia sociale di mercato”, che teneva conto della mediazione tra forze politiche profondamente variegate, dall’altro la normativa comunitaria ha da tempo4 iniziato il processo di liberalizzazione dei mercati

interni degli Stati membri, nonché la creazione di un mercato europeo improntato alla concorrenza.

Ciò ha inevitabilmente condotto ad uno “scontro” ideologico con la Costituzione che è stato risolto non da una modifica formale della Carta fondamentale stessa, ma dalla dottrina che ha adeguato l’interpretazione dei principi economici alla nuova realtà, in particolar modo veicolando l’ingresso delle normative comunitarie nell’ordinamento italiano attraverso il c.d. “trasformatore permanente”, cioè l’art 11 Cost5.

In questo complesso e intenso rapporto tra Stato e mercato, cioè tra interessi pubblici ed interessi privati, si inserisce prepotentemente l’art. 47 Cost, definito da dottrina autorevole6 il “principio cardine della Costituzione economica” e che eleva l’Italia come uno dei pochi paesi dell’Unione Europea a

riconoscere, sul piano delle garanzie costituzionali, una specifica tutela del risparmio7.

L’articolo, al comma 1, si apre con una formulazione molto ampia che vede nella Repubblica il soggetto che deve incoraggiare e tutelare il risparmio

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4 Vedi amplius cap 1,3.

5 L’art 11 recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa ala libertà degli altri popoli e come mezzo di

risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

6 F. Merusi, Art. 47, in G. Branca (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol III, Bologna, Zanichelli, 1980.

(34)

“in tutte le sue forme”; nonché disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito. Il comma 2, invece, elenca una serie di attività che, secondo i Costituenti, possono essere gli obiettivi del risparmio stesso, come “l’accesso del

risparmio popolare all’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

Dalla disposizione si evince una concezione molto ampia di “risparmio” e l’accentuato collegamento funzionale tra il credito e il risparmio stesso, nonché la predisposizione dell’Assemblea per un tipo di investimento “popolare”, cioè socialmente utile.

Com’è chiaramente intuibile, la “polifunzionalità” dell’articolo, e del comma 1 in particolare, ha fatto sì che si delineassero nel corso degli anni varie interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali che hanno plasmato la disposizione comportando una divaricazione della Costituzione vivente rispetto al testo positivo.

I primi commenti all’art. 47 si sono attestati su interpretazioni molto riduttive, che hanno definito la disposizione come “un’enunciativa generica dei

principi della legge bancaria del 1936”8: l’articolo sarebbe pertanto un principio

generale di legittimazione della legge bancaria, riassuntivo dei tratti essenziali dell’ordinamento creditizio.

La tesi, che aveva una sua base nei lavori preparatori9, fu aspramente

contestata dalla dottrina successiva, non solo per il carattere extra-testuale della

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8 M. S. Giannini, Diritto pubblico dell’economia, pag 205.

9 Al Rapporto (n°4, Credito e Assicurazione) della Commissione Economica presentato all’Assemblea Costituente sembrava consigliabile “una esplicita enunciazione nella Carta costituzionale, che sancisca il carattere

(35)

fonte, ma anche per il fatto che il rapporto fra l’articolo in esame e la legge bancaria del 1936 non doveva essere inteso come una “costituzionalizzazione” della disciplina della raccolta del risparmio e dell’esercizio del credito vigente al momento dell’entrata in vigore della nuova Costituzione, ma piuttosto come una interconnessione reciproca. Come fu dichiarato, infatti, “la legge bancaria

serve a capire il dato di fatto al quale la norma costituzionale intende riferirsi, mentre gli istituti della legge bancaria vanno inseriti nella nuova ottica derivante dalla costituzionalizzazione di un principio generale in materia di credito e risparmio”10.

Un’opinione maggiormente condivisa e condivisibile ha fornito un’interpretazione evolutiva rispetto al dato normativo, al fine di includervi gli sviluppi affermatosi a livello di Costituzione materiale.

L’interpretazione c.d. “evolutiva”, che ha come massimo esponente Fabio Merusi, partendo dal nesso funzionale tra risparmio e credito che sono i “due termini espressivi della liquidità monetaria”, ha fornito innanzitutto una definizione dualistica di risparmio: esso viene concepito sia come l’attività quanto il risultato della stessa.

Il risparmio è dunque considerato in chiave prettamente economica, cioè sia quello che entra a far parte della liquidità monetaria, sia il risparmio che non influisce sulla liquidità (il risparmio “in tutte le sue forme”) ma che viene

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di pubblico interesse che riveste la funzione di intermediazione del credito, carattere già riconosciuto dalla legge del 1936,…”

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impiegato per quelle destinazioni considerate, dal comma 2, socialmente utili e che “include anche le attività immobiliari e assicurative”11.

Visto in un’ottica di mercato e capitalista, il risparmio è considerato, quindi, come un “ingranaggio fondamentale su cui l’impresa fa affidamento per poter

alimentare il ciclo produttivo; e allo stesso modo per il risparmiatore si configura come modalità di accrescimento delle proprie risorse prodotte e non consumate”12.

In tale visione viene determinata l’esclusione, dalla protezione fornita dalla Costituzione, di quei risparmi che non hanno una destinazione economica, “dal momento che il risparmio non va difeso coma valore in quanto tale, ma

per la sua funzione strumentale alla distribuzione della proprietà e della ricchezza, nel quadro dei principi espressi dagli altri articoli della Costituzione”13. Da questo punto di

vista, il risparmio inteso come “salvadanaio” fine a sé stesso, cioè il puro e semplice accantonamento di moneta, non rientra nella disciplina dell’articolo in esame, ma è tutelato come una qualsiasi forma di proprietà dall’art. 42 Cost14.

Il compito della Repubblica è quello di tutelare il risparmio nella sua normale e prevalente destinazione creditizia solo se contemporaneamente si difende il valore della moneta: cioè affinché sia garantita la tutela del risparmio

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11!S. Baroncelli, Commento sub art. 47 Cost., in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivieri (a cura di), Commentario

alla Costituzione, Torino, Utet, 2006.

12 C. Buzzacchi, Risparmio, credito e moneta tra art. 47 Cost. e funzioni della Banca centrale europea, in

Costituzionalismo.it, 2016.

13 Così S. Baroncelli, op. cit.

14 All’art. 42 si legge: “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a

privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della suc-cessione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.”

(37)

nella sua forma tradizionale (la raccolta degli istituti di credito), è necessario difendere il valore della moneta e la stabilità dei prezzi, poiché un possibile evento inflazionario comporterebbe un danno ai risparmiatori e ai creditori.

Il ruolo centrale della stabilità monetaria, che si pone come parametro giuridico ed economico fondamentale all’interno della carta costituzionale, permette di unire la disciplina della tutela del risparmio, di cui all’art. 47 Cost., con altre disposizioni costituzionali, in particolare con l’art. 36, che per garantire una retribuzione sufficiente al lavoratore, al fine di assicurargli un’esistenza libera e dignitosa per se e la sua famiglia, “presume una capacità di

acquisto della moneta tendenzialmente costante”15; con l’art. 41 che, nell’assicurare la

libertà di iniziativa economica pubblica e privata, “presuppone una limitata

oscillazione del costo del denaro, tale da consentire un regolare accesso al credito e un’attendibile programmazione degli investimenti”16; con l’art. 53 che, sulla base di

parametri fiscali quali la capacità contributiva e il criterio della progressività, impone una politica antinflazionistica; con l’art. 81 che, attraverso il principio di copertura finanziaria, dispone implicitamente che alle spese si provveda con entrate effettive e non con un allargamento della base monetaria; con l’art. 117, modificato nel 200117, il quale attribuisce la competenza esclusiva

allo Stato della disciplina del risparmio e dei mercati finanziari. Collegando in modo chiaro il risparmio e i mercati finanziari, la riforma costituzionale ha, quindi, riconosciuto il ruolo centrale del risparmio stesso, intendendosi quello

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15M. Giampieretti, Commento all’art.47 della Costituzione, in S. Bartole (a cura di) Commentario alla

Costituzione, Padova, 2008, cit. pag. 474.

16Ivi, pag. 474.

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che confluisce nelle operazioni di investimento e non il semplice accantonamento.

Se la genericità della formulazione dell’art. 47 Cost. ha posto, quindi, una serie di problematiche in sede interpretativa, allo stesso modo ha consentito di attribuire alla norma un’ampia attitudine protettiva, che non sarebbe mai stata possibile mediante disposizioni di dettaglio o elencazioni da interpretare in modo tassativo: l’obiettivo della disposizione non è solo quello di garantire la tutela “oggettiva” del risparmiatore, ma anche quella “soggettiva”.

In tal senso, il risparmiatore si configura oggi come investitore, come consumatore di prodotti e servizi bancari, finanziari e assicurativi, attore debole che agisce sul mercato; il “nuovo” risparmio si configura altresì come investimento che tende al profitto.

Assume pieno significato, quindi, il collegamento che viene a determinarsi tra il risparmio e la sua origine popolare di cui al comma 2 dell’art. 47 Cost., secondo cui, appunto, il risparmio va apprezzato soprattutto a partire dal soggetto che ne è titolare ossia il risparmiatore. È altrettanto vero, altresì, che la norma non tutela solo il risparmiatore cd. “inconsapevole”, ma apre alla salvaguardia del risparmio gestito.

La tutela costituzionale del risparmio emerge, dunque, da una lettura complessiva del comma 1 e del comma del 2 dell’art. 47 Cost.: il primo comma, infatti, si riferisce al rapporto “triadico risparmio-credito-moneta”18 e quindi

all’aspetto macroeconomico e, in particolare, alla sua funzione nell’ambito

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