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9.6 XXIV Concorso Nazionale di poesia e pittura

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Academic year: 2021

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XXIV Concorso Nazionale di Poesia e Pittura

“L’Ecologia: Ambiente e Natura”.

Uno studente del Telesi@ si classifica al primo posto nella categoria giovanis-simi, con la poesia: “Il grande feticcio”.

“Perché la cultura possa dare una mano alla natura” è l’incipit del XXIV concorso nazionale di Poesia e Pittura, promosso da:

“L’Areopago Letterario” – rivista bimestrale di Scienze Sociali, Lettere ed Arti

(con i Patrocini del Presidente del Senato della Repubblica, della Regione

Campania, della Provincia di Salerno e dell’Università degli Studi di Salerno) “L’ecologia: Ambiente e Natura” è il tema annuale adottato per la valorizza-zione e la salvaguardia del territorio. Tra gli studenti vincitori c’è anche un alunno del Telesi@: Marco Ciampi, al V anno (sezione D) dell’indirizzo di studi scientifico.

Con la poesia “Il grande feticcio” è riuscito ad ottenere il primo premio (ex-aequo con Clelia Portanova da Lancusi) nella categoria giovanissimi.

Sabato 11 maggio 2013, alle ore 17.30, parteciperà così alla cerimonia di pre-miazione che si terrà nell’Aula Consiliare di “Gaetano Sessa” di Fisciano, alla presenza di importanti autorità regionali.

Un bellissimo riconoscimento ed una grande soddisfazione per il giovanissimo poeta di Dugenta.

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Il Grande Feticcio

Il Grande Feticcio

Il Grande Feticcio

Il Grande Feticcio

La mia terra…

ricordarla fertile e ricca anche senza vederla,

evocare le sue ricchezze infinite, il suo colore, la sua saggezza,

il suo paesaggio scolpito dall’ acqua marina, il suo profumo di torba, l’acre aroma di resina. Fiotti di ciottoli nell’eterno zampillare dei torrenti

plasmano la sua giovane pelle

e soffre, fingendosi addormentata nel chiarore del giorno per perpetuare il buio della notte.

Piloni d’acciaio si stagliano fra le nuvole, antico e sordo il suono dei campanacci

nasconde il grido dei gabbiani, sentinelle sui pali di legno guardano il mondo degli umani con occhi distanti.

Lento e maestoso il sole d’inverno malinconicamente brucia, la natura acerba sconvolge l’ordine cosmico,

dalla capanna del cuculo si misura il tempo e la terra si fa acqua e l’acqua si fa terra. Muore… e forse vorrebbe sopravvivere,

ma in quei deserti infiniti, non c’è nulla che la lega al suo mondo in rovina, c’erano alborigeni rispettosi e sono andati via,

c’erano tanti fiori e sono appassiti. La mia terra…

verserò lacrime sui germogli che ho posato sul ceppo sui boccioli di poeonie dal profumo mite

sulle violette dall’alezzo che penetra nei sensi e nel cervello, sul fango fluviale che ha ricoperto le brughiere.

Nella sua ultima ora

le cicale sono soffocate dalle lacrime, le farfalle cantano

il verde corre nel turbinio di un vortice, il bianco delle radici non regge alla profondità, la pioggia di montagna si è esaurita.

Così la mia terra è stata vergognosamente percossa… sola e triste quando è troppo vuota per amare,

fragile e indecisa per scegliere tra vivere o morire, china il capo e non guarda l’arcobaleno.

Svegliati grande feticcio, non lasciarmi Ti chiamo, Ti accuso, Ti prego di rimanere e non mi accorgo che ad ascoltare, a sanguinare, a morire insieme a te, grande feticcio, ci sono anch’io.

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