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Academic year: 2021

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Editoriale

3 Cross Vol.4 N°4 (2018) - DOI: http://dx.doi.org/10.13130/cross-11271

QUESTO NUMERO

Questo numero si apre con due interventi su un tema nevralgico per la “Rivista”: la possibilità di usare a fini di ricerca i dati personali di natura penale, e sui limiti a cui tale possibilità dovrebbe essere sottoposta. Si tratta infatti di una questione dalle ricadute importanti per lo studio della criminalità organizzata. La protezione dei dati personali rischia oggi di diventare un nobile pretesto per alzare cortine di oblio intorno a vicende e protagonisti pubblici, mutilando la stessa qualità e completezza della ricerca storica e sociale. Soggetti che malvolentieri intendono passare alla storia per le loro (magari poco commendevoli) gesta mobilitano avvocati e legislatori per cancellare le tracce del loro passato, mentre la comunità scientifica sembra non cogliere il senso profondo delle dinamiche che vanno opponendo diritto all’oblio e diritto alla memoria. Questa stessa rivista si è trovata recentemente di fronte a pressioni volte a censurare retroattivamente un passo (del tutto corretto e pertinente) di un articolo sul fenomeno mafioso in un comune del Nord. Sulla questione si è tenuto a Roma a fine gennaio un importante convegno, di cui, proprio per il suo rilievo, abbiamo atteso lo svolgimento per chiudere l’ultimo numero del 2018. Il lettore troverà la relazione di Giulia Barrera, storica, archivista di Stato presso il Ministero per i beni e le attività culturali, autrice di una delle due relazioni che hanno aperto l’evento. Subito dopo, il contributo che, a nome della “Rivista”, ha portato nell’occasione Ombretta Ingrascì. In entrambi gli interventi vengono segnalati i problemi aperti da una legislazione e una giurisprudenza sbilanciate, che si spera vengano superati in una futura, prossima normazione. Problemi che anche recentemente sono stati sollevati in un convegno all’Università di Perugia circa l’uso crescente del principio della privacy per menomare il diritto pubblico alla trasparenza.

Seguono, nella sezione “Discipline”, due contributi sul rapporto tra mafia e informazione, che hanno radice nell’ultima Summer School (“Mafia e giornalismo”,

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4 Cross Vol.4 N°4 (2018) - DOI: http://dx.doi.org/10.13130/cross-11271

settembre 2018) organizzata da CROSS. Il primo è di Sergio Splendore, che da studioso di giornalismo più che di criminalità organizzata pone il problema di dare finalmente cittadinanza al giornalismo sulla mafia nel più grande universo dei

journalism studies. Il secondo è invece di Marcello Ravveduto, che consegna un

affresco delle modalità di rappresentarsi della google generation criminale, con specifico riferimento ai giovani di camorra o dei mondi che alla camorra fanno da contorno. L’autore indica come lo sviluppo della società virtuale tenda a cambiare modi, linguaggio e segni di questo variegato universo giovanile.

Le note teoriche successive partono da testi importanti per gli studi sulla criminalità mafiosa, muovendosi però oltre i confini della recensione per prospettare temi di riflessione generali. La prima nota, proposta da Carolina Castellano, prende a pretesto il voluminoso libro di Umberto Santino, La mafia dimenticata (imperniato sul celebre rapporto Sangiorgi), per svolgere alcune questioni metodologicamente rilevanti, anzitutto quelle delle fonti documentali e delle relazioni tra inchieste di polizia e risultanze giudiziarie. La seconda nota, proposta da Ombretta Ingrascì, affronta invece il tema della violenza mafiosa nel tempo partendo dal recentissimo testo curato da Monica Massari e Vittorio Martone, Mafia Violence, in cui uno spazio privilegiato viene riservato specificamente alle forme di violenza esercitate dai clan di camorra.

Chiude infine il numero la tradizionale sezione “Storia e Memoria”, riservata stavolta alla figura di Robert Kennedy, di cui nel 2018, a cinquant’anni dallo sconvolgente assassinio di Los Angeles, è stato ricordato il ruolo giocato in un decennio tumultuoso della democrazia americana. Si tratta di una figura di particolare valore simbolico per chi si occupi di giustizia, diritti e criminalità, e di cui Mariele Merlati restituisce l’energia innovatrice negli Stati Uniti degli anni cinquanta e sessanta, in particolare nella lotta alla mafia e alla corruzione. Il brano proposto, quello sul “nemico interno”, costituisce oggi una eredità politica e morale non solo per gli Stati Uniti ma per ogni democrazia.

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