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Ungaretti fra poesia, musica e pittura

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Anno 30, 2015/ Fascicolo 2 / pp. 135-136 - http://doi.org/10.18352/incontri.10123

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Ungaretti fra poesia, musica e pittura

Recensione di: Teresa Spignoli, Giuseppe Ungaretti. Poesia,

musica, pittura, Pisa, ETS, 2014, 308 p., ISBN: 9788846739384, €

28,00.

Valentino Baldi

Il libro di Teresa Spignoli tiene dentro più universi ed è capace di offrire angolazioni inedite nello studio di Giuseppe Ungaretti, poeta fra i maggiori del Novecento eppure meno “centrale” nel canone italiano contemporaneo rispetto a quanto accadeva fino alla fine del secolo scorso. La ricerca della Spignoli coniuga perizia filologica e interessi multidisciplinari, restituendo l’immagine di un poeta coltissimo e molto curioso, influenzato non solo dalle proprie letture, ma anche da ascolti musicali e collaborazioni con intellettuali e pittori. La poesia è onnipresente nel libro, ma sempre osservata “di sbieco” e la prospettiva di soglia da cui scrive la Spignoli è un motivo di interesse metodologico non secondario. Nelle tre sezioni che strutturano il libro, musica e pittura occupano le posizioni iniziale e finale, mentre al centro la Spignoli si dedica soprattutto a Un grido e paesaggi, raccolta minuscola ma intrisa di forti reminiscenze autobiografiche ed in cui svetta il poemetto Monologhetto. La Spignoli è attenta esegeta testuale, ma ricorre ad un ampio apparato filologico per ricostruire le fasi di composizione dei testi in modo da gettare luce su questa produzione più meditativa, personale e apocalittica. Il Monologhetto assume il ruolo di spartiacque, un momento di meditazione e ‘ricapitolazione’, ma anche il segno di ‘una nuova fase di ricerca poetica’ (p. 118). Analisi testuale, ricostruzione filologica e storicizzazione sono gli strumenti del critico che la Spignoli impugna sempre nelle giuste dosi.

Le due lunghe sezioni “estravaganti” su musica e pittura permettono all’autrice di ripercorrere prosa e versi dell’Ungaretti letterato, alla ricerca di un filo a volte tenue, altre volte molto ben percepibile. Molto convincenti sono le riflessioni della Spignoli su musica, pittura ed universo onirico attraverso cui le fonti ungarettiane sono restituite con una complessità non consueta: ‘Al recupero colto di una programmatica unione di poesia e musica, sulla scorta della sperimentazione di Rimbaud e Verlaine, come delle arie d’opera gluckiane, si sovrappone l’altro versante su cui si colloca la poesia, ossia la dimensione onirica e favolosa del dettato poetico’ (p. 90). Lo spazio onirico e la logica dell’inconscio sono sempre al centro del lavoro e riemergono anche nella sezione sulla pittura, dove De Chirico e Savinio occupano una posizione di preminenza. Ed è in questi casi che torna anche l’Ungaretti “maggiore”, quello dell’Allegria e del Sentimento del tempo. Molto interessanti sono i punti della sezione in cui la Spignoli segue le collaborazioni ungarettiane con pittori del Novecento: nel paragrafo dedicato all’Informale spiccano i nomi di Fautrier, Burri e Fontana, oltre a quelli di Cagli, Capogrossi e Dorazio. La poesia recupera dalle arti visuali soprattutto la luce, che si fa contenuto, ma anche motivo attorno a cui ruotano opere importanti, come ad esempio il Porto Sepolto. La

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lingua diventa immagine e suono, in una ricerca che, appropriatamente, predilige lo studio delle forme: ‘La luce quindi si fa figura e parola, laddove testo e immagine si integrano vicendevolmente, concorrendo a creare, attraverso la doppia valenza iconica e linguistica, un vero e proprio emblema della luce’ (p. 272).

Valentino Baldi University of Malta Italian, Faculty of Arts Room 317B

Old Humanities Building (OH) Msida (Malta)

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Professore associato di slavistica presso il Dipartimento di Lingue e letterature straniere e culture moderne dell’Università di Torino, docente di lingua e letteratura polacca,

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