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Il Giolitti di Spadolini e il commento di Jemolo

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ANNO 154°

Luglio-Settembre 2019

Vol. 620 - Fasc. 2291

ESTRATTO

NUOVA ANTOLOGIA

Rivista di lettere, scienze ed arti

Serie trimestrale fondata da GIOVANNI SPADOLINI

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La rivista è edita dalla «Fondazione Spadolini Nuova Antologia» – costituita con decreto del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il 23 luglio 1980, erede universale di Gio-vanni Spadolini, fondatore e presidente a vita – al fine di «garantire attraverso la continuità della testata, senza fine di lucro, la pubblicazione della rivista Nuova Antologia, che nel suo arco di vita più che secolare riassume la nascita, l’evoluzione, le conquiste, il travaglio, le sconfitte e le riprese della nazione italiana, nel suo inscindibile nesso coi liberi ordinamenti» (ex art. 2 dello Statuto della Fondazione).

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GIULIANO AMATO, PIERLUIGI CIOCCA, CLAUDIO MAGRIS, ANTONIO PAOLUCCI Direttore responsabile: COSIMO CECCUTI

Comitato di redazione:

AGLAIA PAOLETTI LANGÉ (caporedattrice), CATERINA CECCUTI,

ALESSANDRO MONGATTI, GABRIELE PAOLINI, MARIA ROMITO, GIOVANNI ZANFARINO

Responsabile della redazione romana: GIORGIO GIOVANNETTI

FONDAZIONE SPADOLINI NUOVA ANTOLOGIA Via Pian de’ Giullari 139 - 50125 Firenze fondazione@nuovaantologia.it - www.nuovaantologia.it Registrazione Tribunale di Firenze n. 3117 del 24/3/1983

Prezzo del presente fascicolo € 16,50 - Estero € 21,00 Abbonamento 2019: Italia € 59,00 - Estero € 74,00

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Per Giovanni Spadolini: il messaggio del Presidente Sergio Mattarella . . . 5

Spadolini, 25 anni dopo Giuliano Amato, Quando è l’incontinenza a minare la politica e lo Stato . . 8

Giuseppe De Rita, La “gobettiana” idea dell’Italia di Giovanni Spadolini . 13

Il Giolitti di Spadolini e il commento di Jemolo, a cura di Gabriele Paolini . . . 16

Paolo Grossi, Le ‘architetture’ di Giorgio La Pira . . . 23

1. Giorgio La Pira giurista-architetto, p. 23; 2. Alle prese con le ‘architetture’ del diritto romano, p. 24; 3. 1939: «Principî»: una Rivista, un progetto ‘architettonico’, p. 27; 4. Dopo «Principî» e prima della ‘Costituente’: nuove fondazioni per un edificando assetto democra-tico, p. 31; 5. Assemblea Costituente: La Pira protagonista nella costruzione della Repubblica, p. 33; 6. Le ‘architetture’ del Sindaco di Firenze, p. 35; 7. La Pira oggi: un esempio (e un monito) per armare la nostra disarmata attualità, p. 37. Cinque volte vent’anni, a cura di Giorgio Giovannetti . . . 38

Sergio Lepri, La firma dell’armistizio . . . 39

Adolfo Battaglia - Italico Santoro, Ma dove finirà l’Europa . . . 43

L’Europa dopo il voto: i problemi, le prospettive Paolo Gambi, L’Europa e gli europeisti . . . 56

Alia K. Nardini, Le relazioni transatlantiche dopo il voto in Europa. Sfide ed opportunità . . . 59

Giorgio Giovannetti, Antonio Badini, a fianco di Craxi, vicino a Moro . . . 65

Paolo Bagnoli, I novant’anni di “Giustizia e Libertà” . . . 101

Mario Sica, La «questione dei boy scouts» nei negoziati della Conciliazione - I . . 107

Le associazioni scout in Italia nel 1925, p. 107; L’assassinio di Don Minzoni, p. 109; Altri incidenti dei primi anni del fascismo, p. 111; Il decreto del 1923 sulla milizia, p. 113; La legge sui Balilla, p. 115; Gli incidenti del 1926, p. 121; Polemiche di stampa, p. 129. Marco Di Fonzo, Libera stampa linfa della democrazia . . . 135

Ermanno Paccagnini, Per una narrativa capace di esser sempre nuova a se stessa 139

Stefano Folli, Diario politico . . . 154

Paolo Borrometi: La mafia invisibile, a cura di Caterina Ceccuti . . . 172

Gian Antonio Stella, L’uomo che inventò la “dolce vita” . . . 178

Luigi Cavallo, “Kobilek” di Ardengo Soffici. Giornale di battaglia ideale . . . 183

Giuseppe Pennisi, Spoleto in festival: ascesa, declino e (forse) ripresa . . . 189

1. Introduzione, p. 189; 2. La nascita del Festival dei Due Mondi, p. 191; 3. L’ascesa del Festival dei Due Mondi, p. 192; 4. La maturità e il declino, p. 195; 5. La ripresa, p. 197; 6. L’altro festival: il Teatro Lirico Sperimentale Adriano Belli, p. 199; 7. Conclusioni, p. 203. Nicola Lattanzi, La Cina è già vicina . . . 205

La presenza cinese in Italia, p. 207; Gli effetti della crescita aziendale, p. 210; Il dilemma italiano del socio cinese, p. 212; Scenari e mercati, p. 213. Mirko Grasso, La resistenza degli azionisti vista dall’America nel carteggio tra Gaetano Salvemini, Dante Livio Bianco e Luciano Bolis . . . 215

Enzo Cheli, Bobbio e Sartori. Capire e cambiare la politica . . . 246

Alberto Signorini, L’utilità e il compito della filosofia politica . . . 250 S O M M A R I O

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Maurizio Naldini, New York, New York . . . 261 Maurizio Serra, L’imaginifico . . . 269 Aldo A. Mola, Quanti “fratelli d’Italia” per e con D’Annunzio a Fiume (1919-1920) 274

Il lungo silenzio sulla Massoneria per Fiume italiana, p. 274; Aspirazioni e ostacoli (anche massonici) per l’annessione di Fiume all’Italia, p. 276; La loggia “Guglielmo Oberdan” e la preparazione dell’impresa fiumana, p. 280; Giacomo Treves e l’“impresa”: dal Comitato segreto d’azione…, p. 282; … al Comitato di salute pubblica. Rovesciare la monarchia?, p. 284; Il crepuscolo di un massone dannunziano, p. 286.

Gian Biagio Furiozzi, Storia contrastata della festa del XX settembre. . . 294

1. La conquista di Roma: chi la festeggiò?, p. 294; 2. Da festa popolare a festa nazionale, p. 297; 3. Polemiche tra la Massoneria e il Vaticano, p. 302; 4. Il Concordato e la soppres-sione della festa, p. 306; 5. Il secondo dopoguerra, p. 308; 6. Proposte recenti di un suo ripristino, p. 309.

Pierluigi Pellini, Tradurre / Commentare - I . . . 312 Paolo Orrù, Riflessioni sul lessico delle migrazioni degli ultimi anni . . . 324

1. Migrazioni: lingua, comunicazione e uso quotidiano, p. 324; 2. Immigrati, extracomunitari, clandestini, p. 326; 3. Migranti, profughi, rifugiati, p. 329; Considerazioni conclusive, p. 333.

Antonio Calabrò, Vola alta, parola. Torna a darci profondità . . . 334 RASSEGNE . . . 342

Angela Benintende, La 23a edizione del Premio Spadolini Nuova Antologia, p. 342; Andrea

Cappelli, La biblioteca di Giacomo Tachis, p. 344; Renzo Ricchi, Rassegna di poesia, p. 346.

RECENSIONI . . . 361

Franco Gaetano Scoca, Il brigantaggio postunitario nel dibattito parlamentare 1861-1865, di Guido Pescosolido, p. 361; Pierluigi Ciocca, Tornare alla crescita. Perché l’economia ita-liana è in crisi e cosa fare per rifondarla, di Piero Bini, p. 366; Aurélie Julia, Frédéric Lachèvre (1855-1943). Un érudit à la découverte du XVIIe siècle libertin, di Cosimo Ceccuti,

p. 370; Lettere di Paolina Leopardi a Teresa Teja dai viaggi in Italia 1859-1869, di Cosimo Ceccuti, p. 371; Fulvio Janovitz, Il mio Croce. Scritti 1969-2018, di Giuseppe Brescia, p. 372; John Maynard Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta e altri scritti, di Giuseppe Pennisi, p. 373; Stefano Guarnieri, Il torto di essere vittime, di Andrea Mucci, p. 376; Aldo A. Mola, Giolitti. Il senso dello Stato, di Tito Lucrezio Rizzo, p. 378; Nicolae Dabija, Compito per domani, di Italico Santoro, p. 381; Liliosa Azara, I sensi e il pudore. L’Italia e la rivoluzione dei costumi (1858-68), di Valerio Di Porto, p. 383; Aldo Cazzullo, Giuro che non avrò più fame. L’Italia della Ricostruzione, di Renata Targetti Lenti, p. 387; Rossella Pace, Una vita tranquilla, di Tito Lucrezio Rizzo, p. 389; Serena Penni, Il vuoto, di Leandro Piantini, p. 391.

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Cinquant’anni fa usciva il volume sullo statista piemontese

IL GIOLITTI DI SPADOLINI

E IL COMMENTO DI JEMOLO

a cura di Gabriele Paolini

Nell’autunno 1969 Giovanni Spadolini dava alle stampe, per i tipi della casa editrice Le Monnier, Il mondo di Giolitti. Una raccolta organica di saggi scritti nell’arco di un ventennio, sull’epoca dominata dalla figura dello statista piemontese, testimonianza e specchio di un’attività storio-grafica sempre tesa ad operare una sintesi fra cattedra e tribuna giornali-stica, fra impegno culturale e impegno civile.

Trent’anni di storia, dal primo ministero del 1892 all’ultimo del 1920-’21, per arrivare sino alla morte di Giolitti, nell’Italia già ampiamente fasci-stizzata. Un mondo ricostruito con i profili di certe figure emblematiche, colte nei loro rapporti con il demiurgo delle maggioranze parlamentari: Emilio Visconti Venosta, Tommaso Tittoni, Luigi Luzzatti, Filippo Turati, Romolo Murri, Luigi Einaudi, Gaetano Salvemini, Luigi Albertini, Alberto Bergamini, Antonio Salandra, Benedetto Croce, Giovanni Agnelli. E ancora l’analisi di momenti caratterizzanti quel tempo, dalle lotte sociali alle tensioni religiose: il maggio 1898, il primo sciopero generale del 1904, le relazioni tra Italia e Francia, l’entrata nel primo conflitto mondiale, il rapporto con i Popolari.

Il volume si avvaleva di un notevole e originalissimo apparato icono-grafico: 32 tavole fuori testo in bianco e nero, raffiguranti soprattutto cari-cature giolittiane, tratte dalla stampa simpatizzante e da quella irriducibil-mente ostile, capaci di illuminare, nel bene e nel male, il peso dell’uomo nell’epoca che fu sua.

Ad interessare Spadolini è l’Italia che emerge dalla crisi di fine secolo, che imbocca la via delle conquiste e delle trasformazioni liberali, introduce il suffragio universale, allarga le basi dello Stato, lo trasforma anche in ambito sociale e poi rimette tutto in discussione nella grande, eroica ma pericolosa avventura della guerra, paventata e combattuta da Giolitti fino ai cruciali giorni del maggio 1915.

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«Non solo problemi di interpretazione o di ermeneutica storica – scri-veva nella prefazione – ma problemi vivi, in cui storia e politica si identifi-cano, in cui l’impegno dello studioso mai si scompagna dalle convinzioni e dalle certezze del credente nella libertà»1.

La direzione del «Corriere della Sera», con gli incalzanti problemi del-l’Italia contemporanea sospesa fra Contestazione e Autunno Caldo si univa dunque alla meditazione su un passato che poteva apparire remoto ed era invece vicinissimo. Senza quello studio, i fermenti del presente, con le sue tensioni e le sue insofferenze crescenti, potevano apparire «incomprensibili e indecifrabili»2.

Non appena il libro uscì, a fine ottobre, l’autore si affrettava ad inviar-ne copia ad Arturo Carlo Jemolo (1891-1981), giurista e storico insiginviar-ne, grande coscienza critica dell’Italia del Novecento3. Spadolini lo conosceva

da quasi vent’anni ed aveva nei suoi confronti una profonda stima4,

cul-turale ed umana, poi trasformatasi anche in amicizia, a dispetto della distanza anagrafica. Da giovane, ma già brillante giornalista, aveva recen-sito la sua opera più celebre, Chiesa e Stato in Italia dall’unificazione ai

giorni nostri (Einaudi, Torino, 1949)5; poi erano stati i convegni, l’impegno

nel giornalismo e le rispettive pubblicazioni ad avvicinarli e a cementare il loro sodalizio.

Spadolini teneva moltissimo al giudizio del maestro ed amico, potendo beneficiare per l’età giolittiana di una duplice caratteristica, esserne stato cioè testimone e studioso. «Riceverai a giorni – gli scriveva da Milano il 21 ottobre 1969 – il mio Mondo di Giolitti. È un po’ la sintesi, e la raccolta, di vent’anni di attività storiografica sparsa su riviste e quotidiani, sul filo di un’idea centrale, di una reinterpretazione e revisione dell’epoca giolittiana alla quale tu hai dedicato studi e contributi così fondamentali e illuminanti. Se tu troverai nel libro qualche spunto per parlarne – sono tutti temi tuoi – mi farai cosa grata. E grata anche all’editore che ha sostenuto un non

1 G. SPADOLINI, Il mondo di Giolitti, Le Monnier, Firenze, 1969, pp. XII-XIII. 2 Ivi, p. XIII.

3 Sul personaggio ci si limita a segnalare: F. MARGIOTTA BROGLIO, Jemolo, Arturo Carlo, in Dizionario

Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 2004, vol. 62, pp. 196-200; P. VALBUSA,

I pensieri di un malpensante. Arturo Carlo Jemolo e trentacinque anni di storia repubblicana, Marsilio,

Venezia, 2008; C. FANTAPPIÉ, Arturo Carlo Jemolo. Riforma religiosa e laicità dello Stato, Morcelliana, Brescia, 2011; Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni di Arturo Carlo Jemolo, con interventi di F. Margiotta Broglio, A. Melloni, M. Meriggi, F. Traniello, F. Cammarano, M.S. Piretti, «Contemporanea», XV, n. 3, luglio 2012, pp. 529-562; S. LARICCIA, Arturo Carlo Jemolo. Un giurista nell’Italia del

Nove-cento, Carocci, Roma, 2015.

4 Cfr. Jemolo testimone di un secolo, a cura di G. Spadolini, Le Monnier, Firenze, 1981.

5 La recensione all’opera di Jemolo fu pubblicata su «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 17 aprile

1949: Scritti giornalistici di Giovanni Spadolini, vol. II, Gli anni della formazione 1948-1955, tomo I, Polistampa, Firenze, 2004, pp. 129-132.

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piccolo sforzo per la realizzazione del volume anche dal punto di vista grafico e illustrativo»6.

Jemolo ringraziava per lettera il 24 ottobre, esprimendo un giudizio articolato sull’opera, saldando appunto le due caratteristiche più care a Spadolini. Parlava infatti da storico e testimone, ora concordando, ora dis-sentendo dall’amico. Lo spronava a riprendere più avanti in mano il tema, per concepire un volume organico che solo lui, da «perfetto conoscitore e dominatore» della materia, poteva realizzare. Si proponeva di parlare del libro su «La Stampa», il quotidiano che ospitava abitualmente i suoi inter-venti. In effetti già il 2 novembre usciva un ampio e lusinghiero articolo7,

dove illustrava con dovizia di dettagli il contenuto dell’opera, augurandosi che l’autore tornasse ancora sull’argomento.

Jemolo concordava con la tesi di fondo spadoliniana: ovvero che l’età giolittiana era stata il periodo nel quale «almeno in una metà d’Italia si realizzò rapidamente un notevole miglioramento di tenore di vita anche per i lavoratori manuali, e soprattutto il periodo in cui fu dato modo a tutto il popolo di partecipare direttamente alla vita politica, di esserne sog-getto e non ogsog-getto». Sottolineava garbatamente – come nella lettera – di dissentire dai toni positivi espressi su alcuni personaggi e concludeva chie-dendosi cosa pensasse veramente degli italiani l’uomo di Dronero: «fu un padre fiducioso nei figli, od uno che teme per loro se appena escano dai consueti sentieri?».

Il 4 novembre Spadolini esprimeva il più sincero ringraziamento per lo spirito penetrante con cui Jemolo aveva affrontato Il mondo di Giolitti e ne aveva illustrato ai lettori i legami con la sua precedente opera storio-grafica. Difendeva certi giudizi e raccontava come le discordanti valutazioni su un personaggio, Antonio Salandra, pesassero ancora nel 1953, quando Mario Missiroli non aveva accettato la pubblicazione di un articolo ritenuto troppo duro. Accoglieva come motivo di speranza e di fiducia nel futuro la proposta di scrivere nuovamente sul politico piemontese.

Quest’ultimo punto premeva davvero a Jemolo, che tornava a sottoli-nearne la grande necessità nella terza ed ultima lettera qui integralmente pubblicata. Quando scriveva – il 7 novembre – si era ormai in pieno Autun-no Caldo e gli veniva immediato operare un paragone fra il presente e il primo dopoguerra, con toni cupi e accorati.

Lo storico e il testimone si faceva anche profeta. Jemolo diceva infatti

6 Questa e le altre lettere, di seguito integralmente pubblicate, si conservano presso la Fondazione

Spadolini Nuova Antologia, a Firenze: in originale le lettere di Jemolo, in copia quelle di Spadolini.

7 A.C. JEMOLO, Il mondo di Giolitti, «La Stampa», 2 novembre 1969, p. 13.

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che la direzione del «Corriere», per quanto alte tradizioni avesse, non pote-va essere il punto di arrivo di Spadolini. Lo ritenepote-va destinato ad un posto di governo e sperava che ciò sarebbe avvenuto in tempi non troppo lunghi. Una profezia, la sua, che avrebbe trovato presto conferma.

G.P.

* * *

Roma, 2 ottobre 1969 Caro Spadolini,

molto Ti ringrazio del “Il mondo di Giolitti”, con l’affettuosa dedica; ho riletto, e qualche volta letto per la prima volta, quei saggi, ciascuno dei quali dà sempre un godimento al lettore – penso in particolare alle bellissime pagine su Einaudi –, e sempre qualche po’ lo arricchisce, gli dà almeno argomento a nuove riflessioni; ed ho avuto specialmente cara la prefazione, anche per quel che ha di autobiografico.

Vorrei che da quei saggi nascesse un libro organico, con qualche nuovo aspetto: Giolitti ed i prefetti, Giolitti e la burocrazia romana, Giolitti e la cosiddetta “Legge capestro” sullo stato giuridico degli impiegati (santa legge), Giolitti e la conversione del debito pubblico, Giolitti, i deputati del sud e quelli del nord (proprio qui mi riallaccerei al c.d. amoralismo giolittiano); tutte materie di cui sei perfetto conosci-tore e dominaconosci-tore. Ed io, che non credo di essere cattivo, mi augurerei che in questo libro organico fossero un pochino incattiviti alcuni giudizi, posta qualche critica che bene fu omessa in rievocazioni commemorative e per centenari. Per Salandra come per Luzzatti Ti trovo troppo buono, parlando di Soleri avrei desiderato sulla vittoria sopra Galimberti. Ed ancora circa Tittoni, avrai visto le memorie di Salva-go-Raggi, ove, a parte i risentimenti personali, si parla di una certa rudezza e roz-zezza di Tittoni e di donna Bice, in antitesi con tutto il miele che si usava nel mondo diplomatico anche quando ci si detestava.

Conto di parlare del libro sulla “Stampa”.

Per venire alle cose mie, accederei alla ristampa, ma mera ristampa, per riguardo

all’Utet, del mio Crispi8, con solo una prefazione: con che però riuscissi a rivedere

quel mio libro, e giudicare che non sia proprio all’antitesi con le mie visuali di oggi. Ma sto facendo ricopiare quel saggio sull’“Austria dell’ottocento”, che non mi dispiacerebbe vedere ristampato sui “quaderni”.

Per tornare a Giolitti: non ricordo se fossi Tu o altri a raccontarmi di avere accompagnato Albertini a visitare Giolitti, in una sosta di questi a Torino, quando ormai erano entrambi uomini che il fascismo aveva messo fuori dalla vita politica; che Albertini ne riportò grande impressione, ma poi scrivendo in seguito mantenne tutti i vecchi giudizi.

8 A.C. JEMOLO, Crispi, Vallecchi, Firenze, 1922.

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Ultima pagina del Tuo libro: il Re non soleva andare a funerali di persone non della famiglia (ricordo solo la eccezione della sua comparizione ai funerali dell’am-miraglio Aubry, i primi del ’12); ma la cosa notevole è che essendoci a Torino il principe di Piemonte si fece invece andare a Cavour in rappresentanza il duca di Bergamo (o di Pistoia?), che aveva allora un comando fuori di Torino, per fare il minimo che il cerimoniale imponesse di fare per i funerali dei cavalieri dell’Annun-ziata, cui era sempre un principe a rappresentare il Re.

Grazie ancora del libro e dell’attenzione data alle cose mie, ed abbiTi i più affettuosi saluti.

Tuo A.C. Jemolo

Milano, 4 novembre 1969 Carissimo Jemolo,

ti sono infinitamente grato di quanto hai voluto scrivere sulla “Stampa”, per il mio “Mondo di Giolitti”. Nessuna sede poteva essere più adatta: il più vecchio gior-nale del Piemonte per un libro tutto popolato di figure piemontesi, dal protagonista a Einaudi, a Marcello Soleri, a Giovanni Agnelli. Tutti momenti, o frammenti, della storia di una regione che per tanta parte è la stessa storia d’Italia.

Tu hai colto con mano maestra lo spirito informatore del libro, quel suo sfondo di evocazione del mondo di ieri come mondo di valori civili rattenuti e riservati, in una certa linea di discrezione inseparabile dal vecchio Piemonte. E ti ringrazio di cuore del collegamento che hai voluto stabilire con gli altri miei libri di storia più propriamente religiosa, e in particolare con “Giolitti e i cattolici”, che è un po’ il “pendant” di questo volume.

Il tuo auspicio di un terzo volume su Giolitti, e questa volta dedicato all’intera personalità dello statista, mi tocca profondamente: un po’ perché proviene da un maestro come te, un po’ perché rappresenta una nota di ottimismo confortante in questa Italia tesa e lacerata, dove diventa così difficile formulare programmi di lavoro non solo per i prossimi anni, ma semplicemente per i prossimi mesi o per le prossime settimane. Lo accolgo dunque soprattutto come un motivo di speranza e di fiducia nel futuro.

Mi avevi già accennato nella tua bellissima lettera alla mia troppa indulgenza verso troppi personaggi della Destra. Per Luzzatti l’osservazione è giusta; direi meno per Salandra. A proposito del quale Salandra, vorrei raccontarti un episodio che è poi legato alla storia del “Corriere”. Quell’articolo oggi riunito nel volume, era stato scritto come elzeviro per la terza pagina del “Corriere” nell’agosto del 1953. L’avevo proposto io stesso a Missiroli, ma Missiroli lo giudicò troppo duro, troppo sferzante e polemico verso uno dei “patron” dell’antico liberalismo albertiniano. E con mille scuse me lo restituì, incaricando dello stesso compito Panfilo Gentile. Ripiegai allora sul “Mes-saggero” al quale potevo riservare un articolo al mese di terza pagina, e il “Mes“Mes-saggero”

lo pubblicò integrale9. Pur nel rispetto formale, si tratta di un vero atto di accusa

9 L’articolo su Salandra uscì su «Il Messaggero» del 19 agosto 1953, in occasione del centenario

della nascita dell’uomo politico pugliese.

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contro il liberalismo anti-giolittiano. Certo l’analisi può essere sviluppata e approfon-dita; ma lo spirito informatore, in quel punto e in quasi tutti i punti del libro, dove si parla di Salandra, non è certo amichevole.

Sono lieto che tu abbia acceduto in linea di massima alla idea di ristampare il

“Crispi”10. Vorrei chiederti se hai bisogno che ti faccia preparare una fotocopia del

volume: nel qual caso procederei immediatamente qui a Milano (ho con me la copia presa dalla biblioteca di Firenze). Non ho capito, nella tua lettera, se conti di ristam-pare il saggio sull’“Austria dell’Ottocento” insieme con il “Crispi”, nello stesso qua-derno o separato.

Ti ringrazio ancora di cuore per la bella recensione e ti prego di ringraziare a mio nome tutti i colleghi della “Stampa” per la gentilezza usatami nel pubblicarla con tanta premura e con tanto rilievo.

Credimi con affettuosa amicizia

tuo aff.mo Giovanni Spadolini

Roma, 7 novembre 1969

Caro Spadolini11,

mi fa piacere che l’articolo-recensione non Ti sia dispiaciuto. Avrei potuto scri-vere di più, ma Tu sei ormai troppo in alto perché non si abbia sempre il timore che quel che si dice possa apparire adulazione e si finisca di dire il meno; e quando penso all’età che hai, mi rendo conto che la direzione del “Corriere” non può neppure essere il Tuo punto di arrivo, per quanto alte tradizioni abbia, e ritengo che finirai ad un posto di governo: Ti auguro in tempi in cui Ti sia concesso dare adeguata prova.

Il volume sull’intero Giolitti devi scriverlo; hai tutta la materia e tutta l’attitu-dine. Non Ti stupisca una certa acredine che molti della mia generazione hanno per Salandra, che ritengono uomo dalla sfrenata ambizione, che volle assegnarsi un posto tra i numi dell’Italia senza averne la capacità. Penso sempre a quante vite umane sarebbero state risparmiate, a quanto l’Italia sarebbe uscita meno povera dal conflitto, solo se avesse ritardato di un anno l’ingresso in guerra, dedicando l’anno ad adeguati armamenti. Dubito di quella fede liberale; fu l’ultimo ad accor-gersi che il liberalismo non era compatibile con il fascismo.

Tu non eri ancora nato nel primo dopo-guerra; ma vi ripensiamo molto spesso quelli che lo vivemmo; ed in una certa mia grossolanità contadinesca il ripensarvi mi persuade che la storia la tesse la Provvidenza e non certo la ragione umana.

10 La ristampa dell’opera su Crispi del 1922 si sarebbe concretizzata di lì a poco nella collana dei

«Quaderni di Storia» fondati e diretti da Spadolini: A.C. JEMOLO, Crispi, Le Monnier, Firenze, 1970.

11 Questa lettera era già stata pubblicata insieme ad altre da G. SPADOLINI, La mia amicizia con

A.C. Jemolo. Con trentadue lettere inedite del periodo 1969-1981 e frammenti di discussione in materia di revisione del Concordato, Istituto di Studi Ugo La Malfa, Roma, 1992, pp. 27-28.

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Perché allora tutti i piccoli borghesi, impiegatucci, maestri, erano decisi a difen-dersi contro i “rossi”, ed ad ogni sciopero sorgevano i volontari postini, i volontari tramvieri, ecc., con un accanimento, un odio irragionevole contro l’operaio, il con-tadino; ed oggi il piccolo borghese è già rassegnato alla svalutazione, alla scomparsa dei suoi risparmi, ad anni duri?

So che si possono dare tante risposte: quella ottimistica, che è maturato in lui un più alto senso etico, che non si sente più dalla parte della ragione, di fronte ai poveri, che ha il complesso della sua pur modesta posizione di privilegio. Si può invece dare la risposta materialistica, che allora c’erano i proprietari fondiari con il loro attaccamento alla terra, che è la forma di proprietà che più lega, ed oggi non ci sono più, e quelli che io chiamo “i grandi ricchi” sono su posizioni internazionali, e la svalutazione della lira forse li avvantaggia, ed anche un regime comunista o anarcoide in Italia non darebbe loro grande disturbo, fino a che non si estendesse al resto di Europa o varcasse l’Atlantico. Ma io sono sempre persuaso che l’irrazio-nale è il fattore che domina nella storia, e che nelle grandi crisi quel che è più da cogliere è che il vinto aveva già accettato in anticipo la sua sconfitta, ma non aveva in realtà intenzione di resistere.

Per venire alle cose mie: se mi facessi avere il volume del “Crispi” senza che occorresse fotocopia, io sono solito restituire i libri che ricevo in prestito.

“L’Austria dell’Ottocento” è pressoché pronta nella copiatura (non ho potuto ricorrere a fotocopia perché tagliavo un po’ di aggettivi e di periodi) con una bre-vissima introduzione. Essa non ha a che fare con il Crispi e dovrebbe rappresentare un altro Quaderno.

Ricordami alla Signora Mamma quando scendi a Firenze e gradisci i miei affet-tuosi saluti.

Tuo A.C. Jemolo

Riferimenti

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