La didattica del progetto nel e per il carcere
Le esperienze dell’Università di Napoli Federico II con i detenuti, per migliorare la vivibilità degli spazi
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Il carcere è un dispositivo di “natura spaziale” dal quale l’architettura è ormai lontana, complice uno stato di cose che ha visto la ricerca progettuale sullo spazio della pena interrompersi creando una condizione anomala. La rinuncia
dell’architettura ha dato sempre maggior forza allo spazio “insidioso” descritto da Michel FoucaultMichel Foucault, spesso occultato e camuffato, che priva gli individui del loro autocontrollo, della loro dignità; una rinuncia a occuparsi dell’abitare, della città e delle sue attrezzature. La forza coercitiva dei luoghi fisici è frutto di un’assenza di cultura architettonica cheLa forza coercitiva dei luoghi fisici è frutto di un’assenza di cultura architettonica che ha generato tecniche spaziali attraverso le quali rendere più efficace la sorveglianza e più docili leha generato tecniche spaziali attraverso le quali rendere più efficace la sorveglianza e più docili le
persone. persone. La “dinamica di potere”, anche attraverso lo spazio, comporta un’azione negativa incessante sullaazione negativa incessante sulla
personalità dei reclusipersonalità dei reclusi. Così, la dignità viene minata ogni giorno inesorabilmente e, in questo processo deleterio, lolo spazio e le condizioni dell’abitare coatto divengono elementi di un modo di agire l’esecuzione penalespazio e le condizioni dell’abitare coatto divengono elementi di un modo di agire l’esecuzione penale.
Come affermato da Georges BatailleGeorges Bataille, l’architettura dà forma alle reti di relazioni umane che costruiscono le comunità, stabiliscono sistemi che uniscono le persone, dota di significato ciò che è prodotto da più e per più di un individuo. NelNel sistema penitenziario l’architetturasistema penitenziario l’architettura evidentemente non assolve al suo ruolonon assolve al suo ruolo. Non esiste un’architettura che non abbia un ruolo sociale, è però esistita negli ultimi anni un’architettura indifferente, spesso autoreferenziale; così gli edificigli edifici istituzionali e rappresentativi della società hanno perso il loro ruolo non solo fisico e urbano, ma ancheistituzionali e rappresentativi della società hanno perso il loro ruolo non solo fisico e urbano, ma anche simbolicosimbolico. Da tempo, iin Italia l’architettura di qualità non si occupa più delle grandi attrezzaturen Italia l’architettura di qualità non si occupa più delle grandi attrezzature
urbaneurbane (scuole, ospedali, luoghi di cura, cimiteri, carceri, edifici del sistema giudiziario); quelli che sono stati nel passato i luoghi per eccellenza della ricerca e della sperimentazione progettuale sono stati ridotti, da una sorta di layout funzionali elaborati dagli uffici, a edifici tutti uguali, senza alcuna considerazione per chi vive questi luoghi.
Il carcerecarcere, in particolare, è forse l’unico edificio pubblico nel quale lo Stato prende il detenuto in carico per periodi anche molto lunghi della sua vita; dal momento dell’ingresso il detenuto abita il carcere, in una forma di abitare coatto, ristretto, senza possesso e senza libertà, condividendo spazi inadeguati e mortificanti, in un tempo senza tempo, scandito da ritmi rigidi e ossessivi. Non esiste forma di abitare più estrema perché costretta, punitiva, in dimensioni minimeNon esiste forma di abitare più estrema perché costretta, punitiva, in dimensioni minime. Quello del carcere è uno spazio che diviene “mondo” e che assolve distinti ruolispazio che diviene “mondo” e che assolve distinti ruoli: è pubblico e privato, è intimo e controllato, è interno ed esterno.
Da diversi anni, il Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli Federico IIDipartimento di Architettura dell’Università di Napoli Federico II (DiARC) ha avviato
un’importante collaborazione con il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria della Campaniacollaborazione con il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria della Campania, al quale sono seguiti numerosi altri accordi, avviando molte azioni di ricerca sullo spazio del carcere eazioni di ricerca sullo spazio del carcere e diverse
sperimentazioni progettuali didattichesperimentazioni progettuali didattiche, cercando poi di condividere risultati, riflessioni e avanzamenti disciplinari anche con altri atenei che hanno iniziato a lavorare su questi temi, tra i quali i Politecnici di Torino e Milano. L’esperienza didattica del progetto può divenire una potente voce dell’architettura e la forza di questa azione è stata sperimentata dal DiARC in molte esperienze. Vale la pena di ricordare i workshop, con studenti e detenuti, svolti negli istitutiworkshop, con studenti e detenuti, svolti negli istituti penitenziari di Napoli, Treviso e Padova per la Biennale di Venezia del 2016penitenziari di Napoli, Treviso e Padova per la Biennale di Venezia del 2016. Particolare valore nel panorama nazionale hanno assunto le esperienze napoletane Vivere dentro. Progettare lo spazio e le relazioni nel carcere con gli studenti del Dipartimento e i ristretti del carcere di Poggiorealecarcere di Poggioreale, che hanno progettato il recupero di alcuni spaziprogettato il recupero di alcuni spazi strategici, giungendo fino alla fase esecutivastrategici, giungendo fino alla fase esecutiva.
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Marella Santangelo
Professore associato in Composizione architettonica e urbana presso il Dipartimento di
Architettura dell’Università di Napoli “Federico II, è coordinatrice del Corso di Laurea magistrale in Architettura – Progettazione architettonica e dal 2018 è delegata del Rettore al Polo
universitario penitenziario della Federico II. Da molti anni lavora ai temi dell’architettura del carcere: è stata membro degli Stati generali sull’esecuzione penale, responsabile per la CRUI dei tavoli di lavoro sui problemi dello spazio con il Ministero di Giustizia. Visiting professor a Buenos Aires, Cordoba e Montevideo. Tra gli scritti più recenti: In prigione. Architettura e tempo della detenzione (Siracusa 2016),
Architetture di ri-connessione. Progetti per il recupero del Complesso di Sant’Eframo nuovo ex-OPG di Napoli (Siracusa 2018), Progettare il carcere. Esperienze didattiche di ricerca (Napoli 2020)
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