ENFISEMA DA DEFICIT DI
1-ANTITRIPSINA
INDICE
INTRODUZIONE...pag. 3
Capitolo 1. IL GENE E LA SUA PROTEINA...pag. 4
Capitolo 2. MANIFESTAZIONI CLINICHE...pag. 7
Capitolo 3. DIAGNOSI...pag. 11
Capitolo 4. EPIDEMIOLOGIA E SCREEING………... pag. 13
Capitolo 5. STORIA NATURALE...pag. 15
Capitolo 6. TERAPIA...pag. 16
INTRODUZIONE
Il deficit di a1-antitripsina (a1-AT) è una condizione geneticamente determinata, a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata dalla riduzione o dalla mancanza di a1-AT. L’ a1-AT è un enzima appartenente alla famiglia delle serin proteasi la cui principale funzione biologica è l’ inibizione di una particolare proteasi : l’ Elastasi Neutrofila (EN)[1].
Già alla fine del 1800 si dimostrò la presenza di fattori plasmatici capaci di inibire l’attività proteolitica, in seguito Jacobson intuì l’esistenza di due sistemi in grado di inibire la tripsina : uno associato all’a2-globulina e l’altro all’a1-globulina. Quest’ultimo venne isolato da Shulze nel 1962 e chiamato a1-AT perché considerato il principale inibitore di quella proteasi. Tale nome venne mantenuto, per ragioni storiche, anche quando si scoprì che il principale target dell’a1-AT non era la tripsina bensì l’ EN.
Nel 1963 Laurell ed Eriksson descrissero alcuni casi di insorgenza precoce di enfisema polmonare associati a deficienza omozigote del gene dell’a1- AT [2]. In quegli anni l’interesse per la proteina si intensificò e nell’arco di poco tempo (1965) Fagerhol e Braend in Norvegia identificarono, all’elettroforesi eseguita su gel di amido, la banda proteica corrispondente all’a1- AT [3] e successivamente un gran numero di varianti fenotipiche dell’a1-AT e a quelle di altre inibitori delle proteasi (Pi) [4].
Da quando Sharp nel 1969 individuò l’associazione tra carenza di a1- AT e patologia epatica in età pediatrica [5], la strada dell’a1- AT è stata costellata da continue segnalazioni di relazioni tra la sua carenza e patologie che interessano vari organi ed apparati.
In questo capitolo tratteremo della patologia associata al deficit di a1- AT con particolare riguardo alle manifestazioni cliniche relative all’apparato respiratorio.
IL GENE E LA SUA PROTEINA
Il gene dell’a1-AT è stato localizzato sul cromosoma 14 in posizione q31-32.3, è lungo 12.2 Kilobasi (Kb), comprende 7 esoni di cui 3 (IA, IB, IC) non codificanti e 4 (II - V) codificanti una glicoproteina a struttura globulare (Fig 1) . Il gene è altamente polimorfico tant’è che se ne conoscono circa 75 varianti alleliche funzionali . Tutti gli alleli noti sono stati raggruppati in 4 categorie identificabili come :
Normali : codificano a1-AT in normale quantità e con normale funzione; Deficienti : varianti associate a valori di a1-AT serici ridotti ma dosabili;
Null : varianti che non permettono la produzione della proteina ( a loro volta generate da meccanismi che vanno dalla
delezione di quasi tutto il gene - NullProcida - alla mutazione puntiforme - NullGranite Falls) ;
Disfunzionanti : codificano una proteina che non ha proprietà antiproteasiche proprio perché la mutazione interessa il
sito attivo Met358 ( in forza di questa mutazione la a1-AT Pittsburgh , ad esempio, assume funzioni simili all’Antitrombina III causando una diatesi emorragica) [6].
A ciascuna delle categorie sopra elencate appartengono tutte le diverse varianti alleliche la cui nomenclatura, ad eccezione degli alleli Null e di poche varianti rare che di solito prendono il nome dal luogo di nascita del primo individuo che si riscontra esserne affetto, è basata su un codice alfabetico che attribuisce una lettera alle diverse varianti alleliche a seconda della posizione assunta all’ isoelettrofocusing (IEF). Mentre le forme alleliche normali, che presentano un punto isoelettrico intermedio, vengono definite con la lettera M, le forme varianti sono definite con lettere che vanno dalla A alla L se sono vicine all’anodo (+) e con lettere che vanno dalla N alla Z se sono vicine al catodo (-).
La deficienza di a1-AT è riconducibile alla presenza di almeno 20 varianti alleliche patologiche anche se la maggior parte dei pazienti caucasici con deficienza di a1-AT presentano alleli Z o alleli S.
La mutazione Z è imputabile alla sostituzione dell’acido glutammico con lisina nel codone 342 del V esone, dovuta a una mutazione puntiforme che consiste nella sostituzione della Guanina in Adenina (GAG AAG). La proteina che ne deriva ha la tendenza a formare aggregati e si accumula nell’epatocita a causa di un meccanismo di polimerizzazione : la mutazione in posizione 342 è alla base dell’ansa del centro reattivo e la sua distorsione (determinata dalla sostituzione puntiforme) comporta la inserzione dell’ansa di una molecola nel foglietto () di un’altra molecola dando origine, appunto, ad una polimerizzazione.
I soggetti omozigoti per questa mutazione presentano nel siero solo il 10-15% della proteina prodotta, mentre il rimanente 85% resta nel Reticolo Endoplasmatico Rugoso (RER) dell’ epatocita . La variante Z è inoltre funzionalmente meno efficiente rispetto alla proteina normale nell’inibire l’EN.
Gli individui eterozigoti MZ hanno invece livelli serici di enzima approssimativamente pari al 60% dei valori normali. L’elevata frequenza di questo genotipo sembra dovuta ad un vantaggio selettivo (resistenza alla tubercolosi e maggiore fertilità) che questi individui avrebbero rispetto alla popolazione normale MM [1,7-11].
La mutazione S è imputabile alla sostituzione dell’acido glutammico in posizione 264 con valina, dovuta a una mutazione puntiforme che consiste nella sostituzione della Adenina in Timina (GAA...GTA). La proteina mutata subisce un’alterazione della sua struttura terziaria che la rende più suscettibile alla proteolisi intracellulare cosicché solo il 30-40% della proteina prodotta passa in circolo [1,10].
I soggetti con genotipo normale PiMM presentano livelli serici di a1-AT compresi tra 150 e 350 mg/dL (20-53 M), che pertanto è da considerarsi il range di normalità. Tuttavia, la concentrazione di a1-AT considerata protettiva nei
confronti dello sviluppo di enfisema è pari a 80 mg/dL, che corrisponde ad un’attività di funzione elastasica nel sangue circolante pari a 11 M (Fig 2).
La determinazione di questo valore soglia nasce dall’osservazione che i soggetti a genotipo PiMZ, in cui la concentrazione di a1-AT è pari al 60% del normale, non sembrano presentare un aumentato rischio di sviluppo di enfisema polmonare rispetto alla popolazione generale mentre gli individui con genotipo PiZZ, PiSZ e PiNullNull , che mostrano livelli di proteina inferiori, lo presentano[12-13] (Tab I).
La proteina matura ha un peso molecolare complessivo di 52 Kilodaltons ed è costituita da una singola catena di 394 aminoacidi con 3 catene di carboidrati legate ad altrettanti residui di asparagina. Il suo sito attivo è localizzato in met358- ser359.
La sintesi dell’a1-AT può avvenire sia in sede epatica ad opera di tre linee cellulari : epatociti, cellule di Kuppfer e bilociti, sia in sede extraepatica ad opera di monociti/macrofagi, granulociti polimorfonucleati, cellule endocrine, cellule di Paneth, mastociti, spermatozoi, cellule del tubo renale prossimale e del sacco vitellino. La sola cellula che secerne la proteina nel sangue e che contribuisce quindi ai livelli serici è però l’epatocita [14] .
La a1-AT appartiene agli ‘acute-phase reactants’ la cui induzione è evidente in varie condizioni : negli stati infiammatori, in gravidanza, in presenza di neoplasie, in corso di assunzione di steroidi anabolizzanti e di estro-progestinici [15-19].
I soggetti MZ in condizioni di stimolazione clinica sono capaci di aumentare la concentrazione serica della proteina sopra
i livelli normali. Sotto stimolo, infatti, si assiste ad un incremento della sintesi sino a cinque volte ; la componente M, prodotta in eccesso, viene regolarmente asportata ed è responsabile della elevazione della concentrazione serica ; la componente Z invece, a motivo dell’anomalia molecolare, viene trattenuta nel fegato. Ciò porta alla situazione paradossale che a livelli massimi di concentrazione serica corrispondono i massimi livelli di accumulo nel fegato.
Nei soggetti ZZ, invece, in condizioni di stimolo non si verifica un aumento della concentrazione serica, ma solo un
accumulo epatico. Quando si osserva il fegato di un soggetto PiZZ, in condizioni di stimolo, si osserva un accumulo esclusivamente negli epatociti, il che dimostra che le altre cellule non rispondono agli stimoli nella fase acuta.
L’incrementata produzione epatica in fase acuta è verosimilmente legata all’azione della interleuchina (IL)-6 [20], dell’ EN (cioè il substrato principale della a1-AT !), dei lipopolisaccaridi di origine batterica e forse anche del GM-CSF [21-22].
La via metabolica dell’a1-AT nell’epatocita è quella delle glicoproteine secretorie e segue il seguente percorso : Reticolo Endoplasmatico Ruvido, Reticolo Endoplasmatico Liscio, apparato di Golgi e vescicole secretorie. Il fenomeno dell’accumulo della proteina avviene nel Reticolo Endoplasmatico Ruvido ed è esclusivo e selettivo per la proteina mutata. La via metabolica dell’a1-AT nelle altre linee cellulari segue modelli alternativi. Nei sistemi escretori (ghiandole salivari, mammella, tratto biliare), l’a1-AT è secreta nel lume con un meccanismo differente : quella che circola nel sangue legata alle IgA dimeriche viene agganciata alla componente secretoria degli epiteli, dopo di che passa all’interno della cellula e secreta, con meccanismo vescicolo-mediato, nella saliva, nel latte, nella bile.
L’a1-AT è il principale inibitore delle proteasi ma il suo substrato ideale è rappresentato, come accennato in precedenza, dall’ EN [23]. La specificità inibitoria dell’a1-AT dipende dalla sua abilità di presentarsi come substrato ideale per l’EN : i residui del centro attivo dell’a1-AT combaciano perfettamente con il sito di clivaggio dell’EN
L’EN (contenuta nei granuli azzurrofili in una concentrazione pari a 40-60 M) è in grado di degradare numerose proteine della matrice extra-cellulare (elastina, collagene etc.) e di operare il clivaggio di numerosi fattori della
coagulazione quali fibrinogeno, plasminogeno e complemento (Fig 3). L’attrazione tra la a1-AT e la EN è molto alta (costante di associazione = 10 7 M -1 sec -1) e una volta avvenuta l’interazione le due molecole sono legate praticamente irreversibilmente [10].
Purtroppo il sito attivo della a1-AT rappresenta anche il suo ‘tallone d’Achille’ : esso è infatti molto sensibile ai meccanismi di ossidazione. Il principale responsabile dell’ossidazione del sito attivo delll’a1-AT è il fumo di tabacco. Esso provoca il reclutamento e l'attivazione di macrofagi e neutrofili che liberano sostanze ossidanti (come l’anione superossido, il perossido di idrogeno o le mieloperossidasi). Queste ultime sostanze, unitamente a quelle presenti nella fase gassosa del fumo, provocano una conversione della metionina del sito attivo (Met 358) delll’a1-AT in metionin-solfossido , determinando una riduzione, di circa 2000 volte, della costante di associazione dell’a1-AT nei confronti dell’EN [24].
Se si considera il fatto che nel fluido epiteliale alveolare, oltre ad essere la più aggredibile dai meccanismi ossidativi l’a1-AT è presente in concentrazioni 10 volte minori rispetto a quelle nel torrente circolatorio [25] (Fig 2)appare facile comprendere perché, negli stati carenziali, il polmone sia il più importante organo bersaglio della malattia.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Le manifestazioni cliniche del deficit di a1-AT sono dovute ai bassi livelli serici di a1-AT per quanto attiene alla patologia polmonare (e più in generale alla patologia extraepatica) ed al suo accumulo per quanto attiene alla patologia epatica (Fig 4).
APPARATO RESPIRATORIO
Il quadro clinico che più frequentemente si può riscontrare nei pazienti affetti da deficit severo di a1-AT è rappresentato dall’enfisema polmonare, ma non sono pochi neppure i pazienti affetti da bronchite cronica o da BPCO, da sindrome disreattiva delle vie aeree (“reactive airways syndrome”) o, seppur meno frequentemente, da bronchiectasie, polmoniti recidivanti e pneumotorace.
Enfisema polmonare
E’ necessario sottolineare gli aspetti peculiari dell’enfisema da deficit severo di a1-AT, che permettono di differenziarlo da quello, molto più di frequente riscontro, del fenotipo Pi normale : in primo luogo esso è associato ad una comparsa
precoce (solitamente in età inferiore a 50 anni) della sintomatologia respiratoria; secondariamente il quadro radiologico
mostra alterazioni distruttive prevalenti a livello dei campi polmonari inferiori -“iperdiafania basilare”- in accordo con il pattern anatomopatologico
;
infatti ciò è dovuto alla terza ed ultima, ma non per ordine di importanza, caratteristica: l’aspetto morfologico di enfisema di tipo panacinare e prevalente alle basi (dato il rapporto V/Q e la relativa maggior perfusione delle basi che si associano quindi ad un maggior carico di NE in queste zone dei polmoni) [26-31].Il sintomo cardine è rappresentato dalla dispnea che è progressiva ed ingravescente; essa dapprima si manifesta soltanto durante lo sforzo, successivamente, per sforzi di intensità sempre minore; la dispnea è anche precoce in quanto inizia a manifestarsi, soprattutto nei fumatori, in soggetti di età compresa tra i 30 e i 40 anni ed è sproporzionata perché i soggetti con deficit di a1-AT sono molto più dispnoici rispetto a soggetti senza deficit a parità di storia di fumo di sigaretta. Col tempo questi pazienti svilupperanno insufficienza respiratoria che darà luogo ad ipertensione arteriosa polmonare ed insufficienza respiratoria.
L’obiettività fisica è del tutto caratteristica nelle forme conclamate : all’ispezione risulta evidente uno stato di iperespansione della gabbia toracica. Alla palpazione l’espansibilità polmonare e diaframmatica risultano ridotte ed il fremito vocale tattile indebolito. Alla percussione è possibile apprezzare un’iperfonesi plessica associata ad una ridotta mobilità delle basi polmonari. Auscoltatoriamente, il reperto saliente è costituito dalla diffusa e netta riduzione della intensità dei rumori respiratori, cui si può associare un’espirazione prolungata ed accompagnata da sibili
[32]
.L’obiettività extratoracica può presentare i segni sistemici dell’insufficienza respiratoria (edemi declivi in fase di cuore polmonare cronico conclamato, calo ponderale ed ipotrofia muscolare nei pazienti più gravi); la cianosi è generalmente assente ed è raro l’ippocratismo digitale; più raramente i pazienti con deficit di a1-AT e relativa patologia polmonare possono presentare i segni obiettivi di altre manifestazioni descritte come caratteristiche del deficit (vedi sotto).
Bronchite cronica e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
Questa è una manifestazione clinica del deficit di a1-AT frequente a giudicare dall’elevata incidenza di tosse produttiva tra i sintomi più comuni in questi pazienti [30]. La caratteristica fondamentale della bronchite cronica consiste
nell’ipertrofia/iperplasia delle strutture bronchiali secernenti muco. Sul piano essenzialmente clinico, un elemento di frequente riscontro nella malattia è rappresentato dalle riacutizzazioni della bronchite, soprattutto nei mesi invernali ed è proprio durante tali episodi che spesso il grado di compromissione della funzione respiratoria si manifesta appieno. Molti dei pazienti con deficit di a1-AT, se accuratamente indagati, già nelle fasi iniziali della malattia possono presentare sintomi, segni clinici e reperti strumentali dell’ostruzione bronchiale o comunque della limitazione al flusso delle vie aeree; in tal caso oltre alle caratteristiche manifestazioni della bronchite cronica, troveremo associata anche la dispnea, con le note caratteristiche : precoce, ingravescente e sproporzionata.
L’obiettività a sua volta sarà rappresentata da varie combinazioni dei quadri prevalentemente enfisematosi o prevalentemente bronchitici, questi ultimi talora più evidenti, sotto forma di rumori di origine bronchiale all’auscultazione del torace, sia secchi (ronchi e sibili) che umidi (rantoli), durante gli episodi di riacutizzazione[33].
Asma o ‘Reactive Airways Syndrome’
Fino ad un quarto dei pazienti con deficit di a1-AT può presentare, perlomeno nelle prime fasi di malattia, reperti tipici di asma bronchiale [34-35]: iperreattività bronchiale e reversibilità, almeno parziale, della ostruzione coi broncodilatatori. Gli autori anglosassoni la identificano nella “reactive airways disease”, una condizione comune ovviamente nei soggetti senza deficit di a1-AT. Sembra che con il progredire della malattia, molti di questi pazienti manifestino i quadri clinici più propriamente caratteristici del deficit di a1-AT : l’enfisema e/o la BPCO. Ciò rende ragione della attenzione che la stessa WHO richiama sui pazienti adulti o pediatrici con prima diagnosi di asma bronchiale perché venga presa in considerazione, quantomeno per essere esclusa, la possibilità che alcuni di loro siano in realtà affetti da deficit di a1-AT [29].
Il problema del rapporto tra asma bronchiale e deficit di a1-AT è controverso ed irrisolto [6-7]: comprende sicuramente lo squilibrio tra proteasi ed antiproteasi a livello dell’albero bronchiale, anche se ciò non sembra sufficiente a provocare una “reactive airways disease”. Si è quindi invocata una aumentata secrezione di PAF da parte dei neutrofili e quella di leucotriene B4 da parte dei macrofagi alveolari di questi soggetti [34-35].
Solitamente il quadro clinico è del tutto sovrapponibile a quello dell’asma bronchiale solitamente medio-moderata e, pertanto, il paziente potrà riferire all’esordio della malattia dispnea espiratoria saltuaria e/o notturna e/o accessionale, talora scatenata dall’inalazione di varie sostanze. In altri soggetti, invece, la sintomatologia principale può essere rappresentata da tosse cronica non produttiva.
L’obiettività toracica è grandemente influenzata dalla fase clinica in cui il paziente si trova al momento della visita, pertanto l’esame obiettivo potrà risultare quasi completamente muto o, viceversa, evidenziare i segni della presenza di ostruzione bronchiale: riduzione del FVT e vari gradi di rumori broncostenotici, (ronchi e sibili espiratori).
Bronchiectasie
Mentre, fino a pochi anni fa le bronchiectasie erano considerate tra i quadri clinici meno frequenti nei pazienti affetti da deficit di a1-AT oggi, con l’avvento della TC a sezioni sottili, si è visto in realtà che le bronchiectasie sono sicuramente più frequenti di quanto si potesse pensare in passato : il 15-20% dei pazienti affetti da deficit di a1-AT sottoposti a TC a sezioni sottili sono risultati portatori di bronchiectasie. Non tutti i pazienti con diagnosi radiologica di bronchiectasia presentano i segni clinici ed obiettivi della malattia, in questi casi il riscontro di bronchiettasie rappesenta una “sorpresa” radiologica. Da un punto di vista patogenetico, è possibile ipotizzare un danno a livello bronchiale causato dall’azione di
enzimi rilasciati durante processi infiammatori, enzimi che non trovano un’adeguata neutralizzazione da parte della a1-AT carente geneticamente [27-28,36-37].
Le manifestazioni cliniche sono invece correlate a fenomeni settici che insorgono a livello delle bronchiectasie e che poi si possono estendere a tutto l’albero tracheo-bronchiale: tali manifestazioni sono rappresentate da tosse cronica con espettorazione abbondante ed emottisi recidivanti. Sono inoltre frequenti le riacutizzazioni febbrili, che possono evolvere in forma di processi broncopneumonici, i quali hanno la caratteristica di interessare quasi sempre lo stesso lobo o lo stesso segmento sede di bronchiectasie.
Dal punto di vista obiettivo, a livello toracico, sono frequentemente riscontrabili rantoli a medie e grosse bolle (nelle forme sufficientemente estese dei lobi inferiori), udibili in modo persistente nella stessa area polmonare e ronchi e sibili sono rilevabili soltanto in rapporto alla eventuale presenza di broncostruzione
Altre patologie respiratorie
Tra le patologie dell’apparato respiratorio associate, seppur più raramente, alle prime manifestazioni di deficit di a1-AT ricordiamo : il pneumotorace (solitamente secondario a bolle anche grossolane), le polmoniti recidivanti, le infezioni delle alte vie respiratorie e in particolar modo le sinusiti. Esse devono sempre essere interpretate come manifestazioni secondarie della patologia di base, ma sono importanti perché attirano l’attenzione del medico sull’apparato respiratorio.
PATOLOGIA EPATICA
L’epatopatia si può manifestare con : colestasi neonatale e cirrosi giovanile (negli omozigoti PiZZ) e negli adulti con epatite cronica, cirrosi, carcinoma epatocellulare e colestasi intraepatica rapidamente progressiva ed intrattabile (sia negli omozigoti che negli eterozigoti PiMZ). Nei bambini la remissione spontanea dell’epatopatia entro i 6 mesi di età è frequente , mentre più raramente si osserva un’evoluzione in cirrosi. Inoltre gli adulti con epatopatia presentano un aumentato rischio di carcinoma epatocellulare [38-46].
Negli adulti l’epatopatia può associarsi ad alterazioni dei tests di funzionalità epatica con epatite fino al quadro di insufficienza epatica ed alle alterazioni associate all’ipertensione portale.
La correlazione tra patologia polmonare ed epatica è caratterizzata da una mutua esclusività : chi è affetto da grave patologia polmonare non è di solito affetto da grave epatopatia e viceversa [43-44]. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola, e quindi ai pazienti con deficit di a1-AT vanno monitorate nel tempo tanto la funzionalità polmonare quanto la epatica (Fig 5).
ALTRE PATOLOGIE
Negli ultimi decenni sono state individuate molte patologie alcune sicuramente altre probabilmente correlate al deficit di a1-AT, tra queste ricordiamo : la cutis laxa e le pancreatiti [45-47](nel 1975), le panniculiti [48-50] (nel 1988), le glomerulonefriti [51] (nel 1992), le vasculiti [52-53] (nel 1993), la displasia fibromuscolare [54] ( nel 1994), le dissecazioni [55] (nel 1994) e gli aneurismi arteriosi [56-64] (nel 1990).
Le segnalazioni di patologie tanto diverse (il cui comune substrato potrebbe essere rappresentato dalle alterazioni distruttive ed infiammatorie del tessuto collagenico determinate dalla perdita della protezione contro l’attività proteasica offerta dall’ a1- AT) in assenza di a1- AT fanno ben comprendere l’importanza di questa proteina nell’omeostasi biochimica e giustificano l’interesse di tanti studiosi di diverse discipline biologiche per questa patologia.
DIAGNOSI
L’iter diagnostico prende spunto dal sospetto clinico (Tab II) , come del resto sempre avviene in medicina. Il paziente con deficit di a1-AT si presenta, nella maggior parte dei casi, come un comune paziente affetto da enfisema o da BPCO o, ancora, da asma ; per questo motivo l’OMS raccomanda di effettuare in tutti questi soggetti il dosaggio dell’a1-AT almeno una volta nella vita, possibilmente lontano da una riacutizzazione. Solitamente ciò che più colpisce sono la relativa giovane età del soggetto e la evidente sproporzione tra storia di fumo, se presente, e la patologia in atto.
L’anamnesi familiare permette di svelare la presenza di patologia polmonare o di altra patologia riconducibile al deficit di a1-AT ( per esempio la cirrosi epatica criptogenetica) nei consanguinei del paziente.
Il passo successivo è rappresentato dall’esecuzione di indagini di laboratorio atte ad accertare la reale deficienza di a1-AT : in primis l’elettroforesi proteica che permette di evidenziare una eventuale diminuzione della banda delle alfa-1-globuline costituita in gran parte dall’a1-AT (Fig 6).Tale metodica può essere utile sia nei casi di grave deficit quantitativo, sia nei casi in cui la proteina presenti difetti qualitativi determinanti un comportamento elettroforetico anomalo (varianti cosiddette lente o veloci). E’ necessario tuttavia rammentare che, molte di queste informazioni ottenute all’elettroforesi, potrebbero essere perse qualora il tracciato venisse automaticamente processato al densitometro, anziché essere preventivamente sottoposto ad ‘ispezione visiva ‘ da parte dell’operatore. Misurazioni quantitative più precise ed accurate si possono inoltre ottenere ricorrendo a metodiche che si avvalgono di specifici antisieri (nefelometria, turbidimetria, immunodiffusione radiale). Secondariamente infatti è necessario eseguire il dosaggio serico dell’ a1-AT circolante che, data la notevole inducibilità della a1-AT , è opportuno eseguire a distanza di alcune settimane da qualunque episodio infiammatorio od infettivo, anche se banale [17-22] . Va tenuto presente che esistono diversi kits commerciali per il dosaggio dell’a1-AT nel siero che impiegano diverse metodiche e che per questo motivo gli intervalli di normalità riportati possono variare da un laboratorio ad un altro. Comunque espresso, un livello di a1-AT in un soggetto con deficit severo risulterà sempre, seppure in misura variabile, al di sotto di tali valori soglia. Una volta accertata la presenza di livelli di a1-AT inferiori alla norma è necessario individuare il fenotipo corrispondente al deficit . Il fenotipo è di solito identificato con metodica elettroforetica condotta in gradiente di pH : Iso-Electric Focusing (IEF) ; tale esame è affidabile , relativamente poco costosa [28, 65] e permette, grazie al bandeggio del sistema Pi, di riconoscere quasi tutte le varianti fenotipiche dell’a1-AT, con la sola eccezione delle varianti rare Mlike che, pur associandosi a carenza di proteina, migrano all’IEF in posizioni simili alle bande M normali . In queste situazioni si rende necessaria una indagine genotipica basata sullo studio del DNA del paziente ottenibile eseguendo un’analisi sequenziale del gene dell’a1-AT, eseguibile anche con metodica PCR, utilizzando DNA estratto da campioni di cellule del paziente (per esempio leucociti del sangue periferico) [ 65-66] (Fig 7) [14].
Passando invece alle indagini strumentali, il quadro radiologico caratteristico alla Radiografia del torace è quello classico dell’enfisema (Fig 8) : oltre alla nota “iperdiafania basilare”, è possibile riscontrare un aumento dello spazio retrosternale e dell’angolo costofrenico anteriore, una diminuzione dell’indice cardio-toracico, una orizzontalizzazione delle coste e una riduzione della trama polmonare, specialmente nei lobi inferiori. [67-68] Tuttavia sono stati osservati, soprattutto nella malattia meno severa, casi di dissociazione radiologico-funzionale ; infatti l’esame Rx, anche se condotto con la tecnica degli alti Kilovoltaggi - che consente un miglior riscontro delle lesioni parenchimali e mediastiniche- tende a sottostimare la presenza di enfisema e di bronchiectasie, nonché la loro estensione ; questa sottostima si verifica nei due terzi dei casi rispetto alla TC. L’enfisema inoltre può trovarsi associato ad altre affezioni polmonari che possono sovrapporsi al suo quadro più comune, alterandone i tipici reperti clinici e diagnostici. Per tali
ragioni, recenti studi [69-70] hanno posto l’accento sul livello di accuratezza di indagine TC a sezioni sottili (HRCT): nella diagnosi di enfisema essa è pari al 96%, contro il 65-80% della Radiografia del torace[71]. La HRCT opera scansioni di spessore pari a 1-1.5 mm ed è in grado di valutare la sede e l’estensione dell’enfisema, la presenza di bolle, l’ispessimento delle pareti bronchiali e la presenza di bronchiectasie. L’ispessimento delle pareti bronchiali è stato documentato alla TC fino nel 50% dei casi di enfisema da deficit di a1-AT ; le bolle presentano solitamente un diametro inferiore ai 5 cm e sono generalmente localizzate in sede basale, raramente subpleurica. La TC permette di verificare l’assenza di parenchima e di vasi all’interno delle bolle, nonché la parete assai sottile. Le bronchiectasie possono essere riconosciute fino al 30-40% dei casi in pazienti affetti da deficit di a1-AT con o senza enfisema polmonare associato. In tali pazienti, le bronchiectasie sono di solito cistiche, localizzate nei lobi inferiori e spesso non sono causate da pregressi episodi flogistici delle vie respiratorie. I dati ottenibili dalla TC correlano inoltre con il declino della funzione respiratoria; ecco perché oggi tale metodica è considerata il “golden standard” per la diagnosi in vivo di enfisema [72-73].
La Scintigrafia polmonare perfusoria è in grado invece di evidenziare la compromissione del circolo polmonare che si registra soprattutto a livello delle basi (Fig 9), mentre la Scintigrafia polmonare ventilatoria mostra, nelle stesse regioni basali, almeno nelle fasi di meno grave compromissione, l’accumulo patologico del tracciante. La conferma poi della precoce “potatura” dell’albero vascolare polmonare, è ottenibile con l’esecuzione di un’Angiografia polmonare [73].
Anche se, al momento della diagnosi e in condizioni di riposo, è possibile avere dei Tests di funzionalità polmonare normali, solitamente nei pazienti sintomatici si evidenzia un quadro di tipo bronco-ostruttivo.
Tuttavia non si può generalizzare perché i dati fisiopatologici nel singolo paziente possono essere non tipici, tanto che sono stati segnalati anche casi di enfisema in soggetti con defcit di a1-AT
e a fenotipo
ZZ con DLCO normale [30]. Le Prove di Funzione Respiratoria (PFR) sono poi anche importanti anche per seguire l’evoluzione del quadro clinico .Una volta diagnosticata la presenza di un deficit genetico di a1-AT in un individuo (il cosiddetto caso-indice) come per altre malattie genetiche è opportuno allargare l’indagine a tutta la coorte di familiari e consanguinei. In questo modo si potranno individuare anche i casi di persone affette dal deficit e a- o pauci-sintomatici (i cosiddetti casi non-indice) e sarà possibile ricostruire interi alberi genealogici, utili per conoscere la storia naturale del deficit di a1-AT.
Oltre al quadro tipico dell’enfisema panacinare puro, esistono altri quadri clinici, per così dire misti, che possono verificarsi nei pazienti affetti da deficit di a1-AT; tali quadri possono presentarsi con una patologia polmonare ad impronta diversa, ad esempio più propriamente bronchitica o bronchiectasica. In questi pazienti, perciò, il quadro clinico, laboratoristico, di imaging e fisiopatologico sarà dato dalla combinazione delle diverse patologie presenti.
EPIDEMIOLOGIA E SCREENING
Vista l’evidente associazione tra enfisema polmonare e genotipi PiZZ, PiSZ e PiNull gli studi di epidemiologia genetica si sono concentrati su questi alleli allo scopo di conoscerne la diffusione, di quantificarne il reale rischio effettivo di sviluppare enfisema, di verificarne l'incidenza e di conseguenza di valutare l'eventuale necessità di uno screening identificativo.
Lo strumento utilizzato in questi studi è quello dello screening. Esistono tre tipi di screening: quello neonatale, quello sulla popolazione generale (solitamente effettuato alla banca del sangue) e quello volto ad identificare i singoli casi (case finding: ricerca eseguita solo in gruppi di individui con patologie correlabili al deficit genetico in studio, nel nostro caso soggetti con pneumopatie). Da molti studi di neonatali e di popolazione condotti in Svezia e negli Stati Uniti, si è desunto che, ad esempio, nelle popolazioni scandinave il gene Z ha una frequenza allelica tra lo 0.03 e 0.01, con una prevalenza di 1 individuo con genotipo ZZ ogni 1600/3500). La variante Z presenta una diffusione decrescente dal nord al sud del mondo (Italia compresa), risultando quasi assente negli asiatici e nei neri, mentre la variante S si distribuisce in senso geograficamente opposto, con una rappresentativa preponderante in Spagna e in Portogallo rispetto al resto dell'Europa. Nell'Europa settentrionale, il fenotipo SZ è da 3 a 7 volte più comune dell' omozigosi ZZ [74] .
Per quanto riguarda il nostro paese, considerando la frequenza genica come il numero totale di geni S o Z (sia in condizioni di omozigosi che di eterozigosi) per 1000 geni di tutti i tipi di Pi, emerge, da molti studi riportati in letteratura, che la frequenza genica dell’allele Z è tra al 0.015 e 0.005 con una prevalenza stimata di 1 individuo affetto ogni 4400/40000). Perlomeno nelle regioni settentrionali l'Italia presenta una frequenza dell'allele Z che riflette quindi quella del resto del Nord Europa, esclusa la Scandinavia [75-80], e una frequenza allelica del gene S che sembra invece essere maggiore del resto d’Europa (tra 0.02 e 0.04 tranne in Sardegna dove, similmente alla penisola iberica, vi è una frequenza oscillante tra 0.04 e 0.09).
I dati italiani soprariportati sono relativi a studi di circa 20 anni orsono su casi identificati essenzialmente con screening della poplazione generale o neonatale e non con case-finding. Ciònondimeno, fino a pochi anni fa in Italia la diagnosi di deficit di a1-AT in un paziente pneumopatico era talmente rara da meritare una segnalazione in letteratura (37).
Prendendo spunto da questa discrepanza tra la numerosità dei casi attesi e la rarità dei casi riscontrati nei pazienti pneumopatici, nel 1993 è iniziato in Italia un programma di screening del tipo “case-finding” volto ad identificare i casi di deficit di a1-AT in Italia.
Dal 1996 tale programma è gestito dall’AIPO (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri) e dalla SIMeR (Società Italiana Medicina Respiratoria) che insieme hanno fondato il Gruppo IDA (Identificazione del Deficit di Alfa-1-Antitripsina) e hanno istituito il Registro Nazionale del deficit di a1-AT. Al registro afferiscono tutti i dati dei pazienti individuati affinchè una volta fatta la diagnosi in un singolo paziente, il dato non vada disperso ma, unito a quelli di altri pazienti affetti dalla stessa patologia, faccia “massa critica”.
Nel caso di un paziente con un sospetto deficit di AT è necessario effettuare la determinazione dei livelli serici di a1-AT . Se i livelli serici di a1-a1-AT risultano essere al di sotto del range di normalità, viene inviato un campione di sangue capillare ( unito ad una scheda contenente i dati clinici, radiologici, laboratoristici e di funzionalità respiratoria del paziente ) al Laboratorio Centrale Nazionale di Fenotipizzazione (Istituto di Anatomia Patologica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma, Prof. Massi) dove viene eseguita la IEF. Il referto viene poi re-inviato al medico che segue il paziente ed al Centro di Coordinamento Nazionale (Istituto di Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio,
Università di Pavia, Dott. Luisetti). In caso di deficit di a1-AT il centro di coordinamento invia la scheda di arruolamento nel Registro, rilevando i dati di base del paziente ed in seguito quelli relativi al follow up. Come per altre patologie genetiche, una volta individuato il deficit in un soggetto è necessario sottoporre ad accertamenti anche i consanguinei, alla ricerca dei casi non-indice (Fig 10).
Il Registro non rappresenta un trial clinico, bensì uno studio di coorte. I parametri ottenibili con il Registro sono principalmente : il declino annuale del FEV1 e la mortalità, ma anche la incidenza di patologie correlate al deficit, i sintomi respiratori ed il grado di disabilità indotto dalla patologia. I dati relativi ai risultati ottenuti dal programma I.D.A. sono illustrati nella (Tab III) .
Nel gennaio 2001 su 2450 soggetti screenati risultavano arruolati nel Registro Italiano del Deficit di a1-AT 99 pazienti (anche se gli individui riconosciuti affetti erano in realta 193) suddivisi in 81 casi-indice e 18 casi non-indice. Queti dati permettono di asserire che oggi in Itala il numero di pazienti con deficit di a1-AT è potenzialmente simile a quello degli altri paesi Europei, perlomeno per quanto attiene al Nord-Italia
L’età media e i livelli serici di a1-AT (circa 33 mg/dL) nei due gruppi erano sovrapponibili, mentre l’abitudine al fumo di sigaretta era più diffusa tra i Casi Indice, a ennesima riprova che il fumo potenzia i danni indotti dalla carenza di a1-AT (Tab IV). La maggioranza dei Casi Indice era affetta da patologia bronco-ostruttiva (enfisema, bronchite cronica, BPCO, asma o bronchiectasie) (Fig 11).
La percentuale dei soggetti PiZZ arruolata è risultata essere pari all’68%. Questo dato sembra suggerire che in Italia la prevalenza del fenotipo PiZZ sia nettamente inferiore rispetto a quanto osservato in altri paesi e ciò fa supporre che vi siano alte percentuali di fenotipi considerati rari (S, Null, M Like) in altre nazioni. Queste osservazioni potrebbero rendere ragione di alcune peculiarità anche cliniche del deficit in Italia [81-83].
E' probabile che attualmente esista una sottostima dell'effettivo numero di portatori del deficit - si parla infatti comunemente di “iceberg disease” - anche se attualmente si stanno notando segni che indicano che negli ultimi anni si è verificato un affinamento della diagnosi eziologica e della identificazione del deficit sottostante .
Oltre all’enfisema, si trovano associati al deficit grave di a1-AT altri quadri di patologia respiratoria, quali asma
e bronchiectasie che, secondo quanto evidenziato da recenti studi , si presentano in una percentuale rispettivamente pari
al 22% e al 43% [ 84-85]; inoltre, mentre dei soggetti affetti da BPCO solo il 2-3% è portatore del grave deficit, la prevalenza di BPCO fra i gravi deficitari è pari al 75-85% [86].
Da sottolineare, in ultimo, l’elevata frequenza degli omozigoti PiZZ che vanno incontro ad epatopatia, la cui incidenza, tuttavia, pare essere preponderante nelle prime due decadi di vita, per poi decrescere nettamente. Si calcola che circa il 10% dei neonati a fenotipo PiZZ presentino una disfunzione epatica, di cui solo una minoranza evolve verso la cirrosi nell'infanzia[87].
STORIA NATURALE
Allo stato attuale, nonostante i numerosi studi condotti su casistiche anche ampie (es. Registro USA), la storia naturale della deficienza di a1-AT non è completamente conosciuta.
Nelle prime due decadi di vita la disfunzione epatica rappresenta la principale minaccia alla salute dei soggetti affetti da deficienza, mentre la pneumopatia raramente da segni di sé[88-89]. Nelle decadi successive è la patologia polmonare ad avere un ruolo preminente. La malattia polmonare esordisce attorno ai 30-40 anni con dispnea da sforzo ed evolve lentamente ma progressivamente verso l’insufficienza cardio-respiratoria.
Dai dati riportati in letteratura si evince che i soggetti deficitari presentano un declino annuo di FEV1 pari a 55 mL contro i 30 della popolazione normale. Il declino rapido della funzione polmonare è però esclusivo appannaggio dei fumatori di sigaretta tant’è che il declino annuo del FEV1 nei non fumatori è compreso tra i 44 e i 110 mL, mentre nei fumatori oscilla tra i 42 e i 317 mL[90-94].
Il fumo influenza anche la sopravvivenza. La sopravvivenza dei pazienti sintomatici PiZZ a 60 anni è stata stimata essere pari al 16%, contro l'80% riscontrato nei i soggetti coetanei a fenotipo normale [30]. La sopravvivenza di soggetti
fumatori e sintomatici portatori del deficit è inferiore rispetto a quella di soggetti deficitari asintomatici e non fumatori
(Fig 12) [95-97]. A questo riguardo, il maggior indice predittivo sembra essere il FEV1, con una mortalità che cresce esponenzialmente al diminuire del FEV1 oltre il 35% del predetto. Il tasso di mortalità a 2 anni in pazienti con FEV1 pari al 15% del predetto è circa del 50% [96].
Per quanto attiene i soggetti asintomatici non fumatori , invece, sembra che abbiano un'aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione normale [86]. In ultimo, occorre rilevare che le stime sulla sopravvivenza dei soggetti con grave deficit di a1-AT variano a seconda degli studi, probabilmente in relazione anche alle differenze fra le popolazioni in esame.
TERAPIA
Se tutti i soggetti con deficit severo di a1-AT devono essere monitorati nel tempo, poiché hanno un aumentato rischio di sviluppare patologie epatiche e polmonari, solo quelli che presentano quadri clinici definiti di patologia epatica o polmonare necessitano di un vero e proprio trattamento . Per quanto riguarda la patologia epatica il trattamento non si discosta da quello comune a tutte le epatopatie evolutive, inclusa l’opzione del trapianto d’organo.
Il trattamento di base della patologia polmonare in soggetti con deficit di a1-AT non differisce da quello effettuato in soggetti pneumopatici cronici senza deficit e comprende in primis l’abolizione del fumo, la riduzione dell’esposizione agli irritanti respiratori, la terapia broncodilatatrice ed anti-infiammatoria con modalità simili a quelle impiegate in tutti i pazienti affetti da BPCO, il trattamento precoce delle infezioni del tratto distale dell’albero respiratorio al fine di ridurre nel polmone la quantità di cellule infiammatorie potenzialmente lesive [98-99].
Il trattamento peculiare dei soggetti con deficit di a1-AT è rappresentato dalla terapia sostitutiva con alfa1-antitripsina estratta da plasma di donatori sani (Prolastin @), al dosaggio di 60 mg/Kg/settimana, per via parenterale. L’approvazione all’uso terapeutico del Prolastin fu concessa dalla FDA negli anni ’80 (per la prima volta nella storia della farmacologia clinica!) non in base ad uno studio clinico controllato che dimostrasse l’efficacia del farmaco (in questo caso che dimostrasse il rallentamento della perdita di fiunzione polmonare nei soggetti con deficit di a1-AT sottoposti a trattamento con a1-AT sostitutiva rispetto ai controlli non sottoposti a tale trattamento) bensì valutando i dati biologici accumulati, che dimostravano che l’ infusione a scadenza settimanale di a1-AT era in grado di riportare la capacità antielastasica a livello alveolare a valori superiori alla alla soglia minima di protezione delle strutture alveolari, ed anche sulla base di considerazioni di tipo etico ed economico [100].
La terapia sostitutiva va praticata di regola in ambiente ospedaliero, perlomeno in Italia, essendo il farmaco registrato in fascia H. L’a1-AT sostitutiva somministrata con queste modalità è in grado di riportare la capacità antielastasica a livello alveolare a valori superiori alla soglia minima di protezione.
Sono state sperimentate modalità di somministrazione alternative quali:
le infusioni a cadenza mensile o bisettimanale, abbandonate perché non in grado di determinare a livello alveolare il riequilibrio del rapporto proteasi-antiproteasi [101-103];
la somministrazione per via aerosolica, inizialmente abbandonata per il pericolo di reazioni allergiche, peraltro già segnalate per la somministrazione parenterale ; data la natura proteica dell’a1-AT [104-105] è stata recentemente riproposta.
Le indicazioni alla terapia sostitutiva , secondo le Linee Guida fissate dall’ American Thoracic Society, sono le seguenti :.
fenotipo PiZZ, PiZNull o Pi NullNull ed i rari casi con fenotipo che si associa a livelli serici di a1-AT < 11 mM (ad esempio Pi MMaltonMMalton);
età superiore ai 18 anni;
funzionalità respiratoria compromessa, anche se non è possibile stabilire un limite inferiore di funzionalità respiratoria al di sotto del quale non somministrare la terapia sostitutiva;
accettabile compliance terapeutica del paziente.
Non appare invece indicata la terapia sostitutiva nei pazienti con enfisema polmonare con fenotipo eterozigote (PiMZ o PiMS etc) che abbiano livelli serici di a1-AT superiori a 80 mg/dL e nei soggetti con fenotipo patologico affetti solo da
malattia epatica. La somministrazione di a1-AT sostitutiva non determina un miglioramento clinico ma dovrebbe rallentare la perdita di funzione respiratoria [106].
Sebbene non esistano al momento segnalazioni di trasmissione di malattie infettive tramite contratte con la somministrazione di a1-AT sostitutiva, bisogna ricordare che questo farmaco è un derivato plasmatico ed è quindi necessario sottoporre i pazienti, prima dell’inizio della terapia, a tests per escludere la presenza di infezioni trasmissibili col sangue (HIV, epatite virale) e a vaccinazione contro l’Epatite B.
Per valutare retrospettivamente l’efficacia del Prolastin sono disponibili in letteratura due studi : uno ha valutato a posteriori dati ottenuti dai pazienti inseriti nel registro USA, mentre l’altro ha raffrontato i pazienti del registro tedesco sottoposti a terapia sostitutiva a quelli del registro danese non sottoposti. Entrambi questi lavori hanno mostrato un aumento di sopravvivenza ed un ridotto declino del FEV1 tra i soggetti trattati con a1-AT sostitutiva rispetto ai pazienti non sottoposti a questa cura [106 + 107]. Dati simili sono stati ottenuti sempre dal gruppo danese che, per mezzo di TC toracica, ha dimostrato una tendenza ad una minor perdita di tessuto polmonare (cioè una minor progressione dell’enfisema) nei pazienti trattati con Prolastin rispetto ai controlli trattati con placebo [108]. Tuttavia, sebbene ormai la terapia si esegua in tutto il mondo, ancora oggi vi è un ampio dibattito nella comunità scientifica sull’opportunità di dimostrare con studi clinici controllati l’efficacia della terapia sostitutiva, anche considerando il notevole dispendio di risorse che tale terapia comporta [109].
In ultima analisi vanno considerati interventi terapeutici di tipo invasivo, come la riduzione volumetrica polmonare (peraltro controversa) [110] e il trapianto polmonare che rappresenta spesso il capolinea di una patologia che può portare ad Insufficienza Respiratoria Cronica (IRC) in giovane età[111-112].
Per il futuro grandi aspettative vengono riversate sugli inibitori sintetici della EN , sulla terapia genica e sull’ a1-AT ricombinante prodotta in laboratorio [111] o con animali transgenici, somministrabile anche per via inalatoria.
1. Crystal RG. Alpha1-antitrypsin deficiency : biology-pathogenesis-clinical manifestation-therapy. New York : Marcel Dekker. 1996.
2. Laurell CB, Eriksson S. The electrophoretic alpha-1-globulin pattern of serum in alpha-1-antitrypsin deficiency. Scand J Clin Lab Invest 1963; 15:132-140.
3. Fagerhol MK, Braend M. Serum prealbumin : polymorphism in man. Science 1965 ; 149 : 986-987.
4. Fagerhol MK, Laurell CB. The polymorphism of “prealbumins” and alpha1-antitrypsin in human sera. Clin Chim Acta 1967 ; 16 : 199-203.
5. Sharp HL, Bridges RA, Krivit W. Cirrhosis associated with alpha1-antitrypsin deficiency : a previously unrecognized disorder. J Lab Clin Med 1969 ; 73 : 934-939.
6. Cox DW. Alpha1-antitrypsin deficiency. In : Scriver CR, Beaudet AL, Sly WS, eds. The Metabolic and molecular Bases of Inherited Disease. New York : McGraw-Hill, 1995, pp. 4125-4158.
7. Bruce RM, Cohen BH, Diamond EL, Fallat RJ, Knudson RJ, Lebowitz MD, Mittman C, Patterson CD and Tockman MS. Collaborative study to assess risk of lung disease in Pi MZ phenotype subjects. Am Rev Resp Dis 1984; 130:386-390.
8. Lomas DA, Evans DL, Finch JT, Carrell RW. The mechanism of Z-a1-antitrypsin accumulation in the liver. Nature 1996 ; 357 : 605-607.
9. Brantly M, Nukiwa T, Crystal RG . Molecular basis of a1-antitrypsin deficiency. Am J Med 1988 ; 84: 13-31.
10. Grassi C, Luisetti M. Pulmonary emphysema : what’s gping on. In : Grassi C, Travis J, Casali L, Luisetti M, eds. Biochemistry of pulmonary emphysema . Verona-London : Springer-Verlag-Bi&Gi Publishers 1992.
11. Lieberman J, Berhani N, Feinleib M. Alpha1-antitrypsin deficiency in twins and parents of twins. Clin Genet 1979 ; 15(1) : 29-36. 12. Gadek JE, Crystal RG. Alpha1-antitrypsin deficiency. In : Stanbury JB, Wvngaarden JB, Frederickson DS, eds. The Metabolic
Basis of Inherited Disease. New York: McGraw-Hill 1983, pp 1450-1467.
13. Brandtly M. WHO meeting on alpha1-antitrypsin deficiency. In : Human Genetics Programme Division of Noncommunicable Diseases. Geneva: World Health Organization 1996, pp 18-20.
14. Barlati S, Marchina E, Montanelli A, Callea F, Corda L, Pini L, Malerba M, GrassiV. Deficit di a1-anttitripsina. Brescia Medicina 1999 ; 1 :7-15.
15. Dickson I, Alper CA. Changes in serum proteinase inhibitor levels following bone surgery. Clin Chim Acta 1974; 54:381-385. 16. Lieberman J, Mittman C. Dynamic response of alpha-1-antitrypsin variants to diethyl-stilbestrol. Am J Hum Genet 1973; 25:
610-615.
17. Faarvang HJ, Lauritsen OS. Increase of trypsin inhibitor in serum during pregnancy. Nature 1963; 199:290.
18. Laurell C-B, Kullander S, Thorell J. Effect of administration of a combined estrogen-progestin contraceptive on the level of individual proteins. Scand J Clin Lab Invest 1967; 21:33-38.
19. Kueppers F. Genetically determined differences in the response of alpha1-antitrypsin levels in human serum to thyphoid vaccine. Humangenetik 1968 ; 6 :207.
20. Perlmutter DH, May LT, Sehgal PB. Interferon b2/interleukin 6 modulates synthesis of a1-antitrypsin in human mononuclear phagocytes and in human hepatoma cells. J Clin Invest 1989; 84:138-144.
21. Perlmutter DH, Punsal PI. Distinct and additive effects of elastase and endotoxin on expression of a1- proteinase inhitor in mononuclear phagocytes. J Biol Chem 1988; 263:16499-16503.
22. Afford SC, Burnett D, Stockley RA. Regulation of a1-antitrypsin synthesis by granulocyte macrophage colony-stimulating factor in the U937 promonocytic cell line. Biol Chem Hoppe-Seyler 1992; 373:219-227.
23. Grassi V, Corda L, Malerba M, Pini L . In : Pneumologia ’97 - Il polmone nella Medicina Interna . Trieste : Associazione Santoro per la Pneumologia 1997, pp. 117-132.
24. McElvaney NG, Crystal RG. Proteases and lung injuri. In : Crystal RG, West JB, Weiber ER, Barnes PJ, eds. Philadelphia : The lung scientific foundations - Lippincot-Raven, 2205-2318.
25. Gadek JE, Fells GA, Zimmerman RL, Rennard SI, Crystal RG. Antielastases of the human alveolar structures: implications for the protease-antiprotease theory of emphysema. J Clin Invest 1981; 68:889-98.
26. Grassi C, Luisetti M. Enfisema Polmonare. Milano : Masson. 1998
27. Buist AS. Alpha1-antitrypsin deficiency in lung and liver disease. Hosp Praxt 1989 ; 15 :51-59.
28. Pittschieler K, Massi G, Chiarelli C. a1-1-antitrypsin : biochimica - patologia - clinica. Roma : Verduci. 1993.
29. WHO Memorandum. a1-antitrypsin deficiency : memorandum from a WHO meeting. WHO Bulletin. OMS 1997; 75:397-415. 30. Brantly ML, Paul LD, Miller BH, Falk BH, Wu M, Crystal RG. Clinical features and history of the destructive lung disease
associated with a1- antitrypsin deficiency of adults with pulmonary symptoms. Am. Rev. Resp. Dis. 1988; 138: 327-336.
31. Gishen P, Saunders AJS, Tobin MJ, Hutchison DCS. a1- antitrypsin deficiency; the radiologicaò features of pulmonary emphysema in subjects of Pi-type Z and Pi-type SZ: a survey by the Brutish Thoracic Association. Clin. Radiol. 1982; 33: 371-377.
32. McElvaney NG, Crystal RG. Clinical manifestation of a1-antitrypsin deficiency. In Crystal RG, eds. Alpha 1-Antitrypsin Deficiency. New York : M. Dekker 1996; pp. 227-243.
33. Sorbini CA, Grassi V, Tantucci C. Pneumologia.Torino : UTET. 1994.
34. Hubbard RC, Fells A, Gadek J, Pacholok J, Humes J, Crystal RG. Neutrophil accumulation in the lung in a1-antitrypsin deficiency: spontaneous release of leukotriene B4 by alveolar macrophage. J Clin Invest 1991; 88:891-897.
35. Fallat RJ. Reactive airways disease and a1-antitrypsin deficiency. In Crystal RG, eds. Alpha 1-Antitrypsin Deficiency. New York : M. Dekker 1996; pp. 259-279.
36. Shin MS, Ho KJ. Bronchiectasis in patients with a1-antitrypsin deficiency. A rare occurrence? Chest 1993 ;104(5):1384-1386. 37. Balbi B, Fiasella F, Fabiano F. Deficit di a1-antitripsina. Un caso di fenotipo ZZ con bronchiettasie come principale
manifestazione clinica. Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio 1994; 9:254-257.
38. Birrer P, McElvaney NG, Chang-Stroman LM, Crystal RG. a1-antitrypsin deficiency and liver disease. J Inher Metab Dis 1991; 14:512-525.
39. Cox DW, Smyth S. Risk for liver disease in adults with a1-antitrypsin deficiency. Am J Med 1983; 74:221-227.
40. Cox DW. a1-antitrypsin deficiency. In: Scriver CR, Beaudet AL, Sly WS, Valle D,eds. The metabolic basis of inherited disease. New York: McGraw-Hill, 1989, pp. 2409-2437.
41. Curiel DT, Holmes MD, Okayama H, Brantly ML, Vogelmeier C, Travis WD, Stier LE, Peaks WH, Crystal RG. Molecular basis of the liver and lung disease associated with the a1-antitrypsin deficiency allele Mmalton. J Biol Chem 1989; 264:13938-13945. 42. Sergi C, Consalez GG, Fabbretti G, Brisigotti M, Faa G, Costa V, Romeo G, Callea F. Immunohistochemical and genetic
characterization of the Mcagliari a1-antitrypsin molecule (Mlike a1-antitrypsin deficiency). Lab Invest 1994; 70:130-133. 43. Balbi B. Linee Guida per la gestione dei pazienti con deficit ereditario grave di a1-antitripsina. Rassegna di Patologia
dell’Apparato Respiratorio 1997; 12:605-12.
44. Schonfeld Jv, Breuer N, Zotz R, Liedmann H, Wencker M, Beste M, Konietzko N, Goebell H. Liver function in patients with pulmonary emphysema due to severe a1-antytrpsin deficiency. Digestion 1996; 57:165-169.
45. Corbet E, Glaisyer H, Chan C. Congenital cutis laxa with a dominant inheritance and early onset emphysema. Thorax 1994 ; 49 : 836-83.
46. Ledoux-Corbusier M, Achten G. Alpha1-antitrypsin deficiency and skin abnormalities, J Cutan Pathol 1975 ; 2 : 25-29. 47. Novis BH, Young GO, Bank S. Chronic pancreatitis and a1-antitrypsin. Lancet 1975; 2:748-749.
48. Pittelkow MR, Smith KC, Su WPD. Alpha1-antitrypsin deficiency and panniculitis - Perspectives on disease relationship and replacement therapy. Am J Med 1988; 84 (S): 80-86.
49. Su WPD, Smith KC, Pittelkow MR, Winkelmann RK. Alpha-1-antitrypsin deficiency panniculitis: a histopathologic and immunopathologic study of four cases. Am J Dermatopathol 1987; 9:483-490.
50. Pittelkow MR, Smith KC, Daniel WP. Alpha-1antitryspin deficiency and panniculitis: perspectives on disease relationship and replacement therapy. Am J Med 1988; 84:80-86.
51. Davis ID, Burke B, Freese D. The pathologic spectrum of the nephropathy associated with a1- antitrypsin deficiency. Hum Pathol 1992; 23: 57-62.
52. Esnault VLM, Testa A, Audrian M. Alpha1-antitrypsin genetic polymorphism in ANCA-positive systemic vasculitis. Kidney Int 1993; 43:1329-1332.
53. Lhotta K, Vogel W, Meisl T. Alpha1-antitrypsin phenotypes in patients with anti-neutrophil cytoplasmic antibody-positive vasculitis. Clin Sci 1994; 87: 693-695.
54. Schievink WI, Bjornsson J, Parisi JE. Arterial fibromuscular dysplasia associated with severe alpha1-antitrypsin deficiency. Mayo Clin Proc 1994; 69:1040-1043
55. Cattan S, Mariette X, Labrousse F. Iliac artery dissection in a1-antitrypsin deficiency. Lancet 1994; 343:1371-1372.
56. Schievink WI, Katzmann JA, Piepgras DG. Alpha1-antitrypsin phenotypes among patients with intracranial aneurysms. I Neurosurg 1996; 84:781-784.
57. Schievink WI, Prakash UBS, Piepgras DG. Alpha1-antitrypsin dificiency in intracranial aneurysms and cervical artery dissecation. Lancet 1994; 343:452-453.
58. Cohen JR, Sarfati I, Ratner L. Alpha1-antitrypsin phenotypes in patients with abdominal aortic aneurysms. J Surg Res 1990 ; 49 : 319-321.
59. Mitchell MB, McAnena OJ, Rutherford RB. Ruptured mesenteric artery aneurysms in a patient with a1-antitrypsin deficiency: etiologic implications. J Vasc Surg 1993; 17:420-424.
60. Schievink WI. Genetics and aneurysms formation. Neurosurgery Clinics of North America 1998 ; 3 :485-495.
61. Baker CJ, Fiore A , Connolly ESJ. Serum elastase and a1-antitrypsin levels in patients with ruptured and unruptured cerebral aneurysms. Neurosurgery 1995; 37 : 56-62.
62. Chyatte D, Lewis I . Gelatinase activity and the occurence of cerebral aneurysms. Stroke 1997 ; 28 : 799-804.
63. Connolly ES Jr, Fiore AJ, Winfree CJ. Elastin degradation in the superficial temporal arteries of patients with intracranial aneurysms reflects changes in plasma elastase. Neurosurgery 1997 ; 40 :903-909
64. Cox DW. Alpha1-antitrypsin : a guardian of vascular tissue. Mayo Clin Proc 1994 ; 69 : 1123-1124.
65. Brantly ML. Laboratory diagnosis of a1-antitrypsin deficiency. In Crystal RG, eds. Alpha 1-Antitrypsin Deficiency. New York : M. Dekker 1996, pp. 211-226.
66. Bruun-Petersen K, Bruun-Petersen G, Dahl R, Larsen B, Kolvraa S, Koch J, Bolund L, Gregersen N. Alpha-1-antitrypsin alleles in patients with pulmonary emphysema, detected by DNA amplification (PCR) and oligonucleotide probes. Eur Respir J 1992; 5:531-537.
67. Pratt P. Role of conventional chest radiography in diagnosis and exclusion of emphysema. Am. J. Med. 1987; 82: 998-1006. 68. Fraser RG, Pare JAP. Diagnosis of diseases of chest. Third Edition.. Philadelphia. 1988.
69. Gevenois P, Yernault J. Can CT quantify pulmonary emphysema ? Eur. Respir. J. 1995; 5: 843-848.
70. Gevenois P, De Vuyst P, De Martelaer V. Comparison of computed density and macroscopic morphometry in pulmonary emphysema. Am. J. Respir. Crit. Care Med. 1996; 199: 621-622.
71. Stern E, Frank M. CT of the lung in patients with pulmonary emphysema: diagnosis, quantification and correlation with pathologic and physiologic findings. AJR 1994; 162: 791-798.
72. McElvaney NG, Feuerstein I, Simon TR, Hubbard RC, Crystal RG. Comparison of the relative sensitivity of routine pulmonary function tests, scintigraphy, and computed axial tomography in detecting “early” lung disease associated with a1-antitrypsin deficiency. Am Rev Respir Dis 1989; 139:122.
73. Dirksen A, Friis M, Olesen KP, Skovgaard LT, Sorensen K. Progress in emphysema in severe a1-antitrypsin deficiency as assessed by annual CT. Acta Radiol 1997; 38:826-832.
74. Hutchison DCS. Alpha1-antitrypsin deficiency in Europe :geographical distribution of Pi types S and Z. Respiratory Medicine 1998 ; 92 :367-77.
75. Klasen EC, D’Andrea F, Bernini LF. Phenotype and gene distribution of a1-1-antitrypsin in a North Italian population. Hum Hered 1978; 28:474-478.
76. Massi G, Fabiano A, Ragusa D, Auconi P, Biagini R, Farinato MA, Bandelloni R. Alpha 1-antitrypsin phenotypes and Pi M subtypes in Italy. Bull Europ Physiopath Resp 1980; 16(S):301-306.
77. Li Volti S, Musumeci S, Vanella A, Mattina T, La Rosa M, Rizza V. Caratterizzazione dell’a1- antitrispina nel neonato della Sicilia orientale. Med Surg Ped 1980; 2:397-400.
78. Klasen EC. a1-antitrypsin phenotype and gene distribution in Southern Italy. Hum Hered 1981; 31:180-182.
79. Klasen EC, Bos A, Simmelink HD. PI (a1-antitrypsin) subtypes: frequency of PIM4 in several populations. Hum Genet 1982; 62:139-141.
80. Hutchinson DS. a1-antitrypsin deficiency in Europe: geographical distrubution of Pi S and Z. Resp Med 1998; 92:367-377. 81. Luisetti M, Massi G, Massobrio M, Guarraci P, Menchicchi FM, Beccaria M, Balbi B. A national program for detection of
a1-antitrypsin deficiency in Italy. Respir Med 1999; 93:169-172.
82. Balbi B, Luisetti M per il Gruppo di Lavoro AIPO-SIMeR per l’identificazione del deficit di a1- antitrpsina. Rapporto di attività al dicembre 1998. Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio 1999; 14:75-78.
83. Balbi B for “Gruppo IDA”. A national programme for detection of alpha-1-antitrypsin deficiency. Proceedings of the International Meeting On Alpha-1-antitrypsin deficiency. Como, Italy :1999, pp. 62-65.
84. Eden E., Mitchell D., Mehlman B., Khouli H., Nejat M., Grieco MH, Turino GM. Atopy, asthma, and emphysema in patients with severe a1- antitrypsin deficiency. Am J Respir Crit Care Med 1997; 156: 68-74.
85. King MA, Stone JA., Diaz PT, Mueller CF., Becker WJ, Gadek JE. Alpha 1-antitrypsin deficiency: Evaluation of bronchiectasis with CT. Radiology 1996; 199: 137-141.
86. James K Stoller, MD. Clinical manifestations and natural history of a1-antitrypsin deficiency. Up to date 2000; 8.
87. Hussain M., Mieli-Vergani G., Mowat AP. a1-antitrypsin deficiency and liver disease: clinical presentation, diagnosis and treatment. J Inher Metab Dis 1991; 14: 497.
88. Wall M, Moe, e, Eisenberg J. Long-term follow-up of cohort of children with a1-antitrypsin deficiency. J Pediatr 1990 ; 116 :248. 89. Sveger T, Plitualinem, E Arborelius M. Lung function in adolescent with a1-antitrypsin deficiency . Acta Paediatrica 1994 ; 83 :
11-1170.
90. Janus ED, Phillips NT, Carrell RW.Smoking, lung function, and a1-antitrypsin deficiency . Lancet 1985 ; 1 :152.
91. Hutchison DCS, Tobin MJ, Cooper D, Lowe D. Longitudinal studies in a1-antitrypsin deficiency :a survey by the British Thoracic Society. In : Taylor JC, Mittman C, eds. Pulmonary emphysema and proteolysis, New York : Academic Press 1987.
92. Wu MC, Eriksson S. Lung function, smoking, and survival in severe a1-antitrypsin deficiency , PiZZ. J Clin Epidemiol 1988 ; 41 : 1157.
93. Buist AS, Burrows B, Eriksson S. The natural history of air-flow obstruction in PiZ emphysema :Report of an NHLBI Workshop. Am Rev Respir Dis 1983 ; 127(S) :S43.
94. Piitulainen E, Eriksson S. Decline in FEV1 related to smoking status in individual with severe alpha1-antitrypsin deficiency . Eur Respir J 1999 ; 13 :247.
95. Seersholm N, Kolk-Jensen A, Dirksen A. Survival of patients with severe a1-antitrypsin deficiency with special reference to non-index cases. Thorax 1994; 49: 695.
96. Seersholm N, Dirksen A, Kolk-Jensen A. Airways obstruction and two year survival in patients with severe alpha 1-antitrypsin deficiency. Eur Resp J 1994; 7: 1985.
97. Seersholm N, Kolk-Jensen A Clinical features and prognosis of lifetime non-smokers with severe alpha 1-antitrypsin deficiency. Thorax 1998; 53: 265.
98. Wilcke JTR, Dirksen A. The effect of inhaled glucocorticosteroids in emphysema due to a1-antitrypsin deficiency Resp Med 1997; 91:275-279.
99. American Thoracic Society. Standards for the diagnosis and care of patients with chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med 1995; 152:S77-S120.
100. Wevers MD, Casolaro MA, Sellers SE, Swayze SC, McPhaul KM, Wittes JT, Crystal RG. Replacement therapy for alpha-1-antitrypsin deficiency associated with emphysema. N Engl J Med 1987; 316:1055-1062.
101. Hubbard RC, Crystal RG. Alpha-1-antitrypsin augmentation therapy for alpha-1-antitrypsin deficiency. Am J Med 1988; 84 (S):52-62.
102. Hubbard RC, Sellers S, Czerski D, Stephens L, Crystal RG. Biochemical efficacy and safety of monthly augmentation therapy for a1-antitrypsin deficiency. JAMA 1988; 260:1259-1264.
103. Barker AF, Iwata-Morgan I, Oveson L, Roussel R. Pharmacokinetic study of a1-antitrypsin infusion in a1-antitrypsin deficiency. Chest 1997; 112:607-613.
104. Hubbard RC, McElvaney NG, Sellers SE, Healy JT, Czerski DB, Crystal RG. Recombinant DNA-produced a-1-antitrypsin administered by aerosol augments lower respiratory tract antineutrophil elastase defenses in individuals with a1-antitrypsin deficiency. J Clin Invest 1989; 84:1349-1354.
105. Meyer FJ, Wencker M, Teschler H, Steveling H, Sennekamp J, Costabel U, Konietzko N. Acute allergic reaction and demonstration of specific IgE antibodies against a1-protease inhibitor. Eur Respir J 1998; 12:996-997.
106. Seersholm N, Wencker M, Banik N, Viskum K, Dirksen A, Kok-Jensen A, Konietzko N for the Wissenshaftliche Arbeitsgemeinschaft zur Therapie von Lungenkrankungen (WATL) a1-AT Study Group. Does alpha 1-antitrypsin augmentation therapy slow the annual decline in FEV1 in patients with severe hereditary alpha 1-antitrypsin deficiency ? Eur Respir J 1997; 10:2260-2263.
107. Schluchter MD, Stoller JK, Barker AF, Buist AS, Crystal RG, Donohue JF, Fallat RJ, Turino GM, Vreim CE, Wu MC. Feasibility of a clinical trial of augmentation therapy for alpha(1)-antitrypsin deficiency. The Alpha 1-Antitrypsin Deficiency Registry Study Group. Am J Respir Crit Care Med 2000;161:796-801
108. Dirksen A et al Am J Respir Crit Care med 1999; 160:1468-1472.
109. Schluchter MP, Stoller JK, Barker AF, Buist AS, Crystal RG, Donolme JF, Fallat RJ, Turino GM, Vreim CE, Wu MC. Feasibility of clinical trial of augmentation therapy for Alpha-1-antitrypsin deficiency. Am J Respir Crit Care Med 2000 ; 161 :796-800. 110. Cassina PC, Teschler H, Konietzko N, Theegarten D, Stamatis G. Two-year results after lung volume reduction surgery in
a1-antitrypsin deficiency versus smoker’s emphysema. Eur Respir J 1998; 12:1028-1032.
111. Trulock EP. Lung transplantation for a1-antitrypsin deficiency emphysema. Chest 1996; 110:284S-294S.
112. Gruppo di Studio A.I.P.O per il Trapianto Polmonare. Il Registro Nazionale Trapianto Polmonare. Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio 1998; 13:109-111.
113. Casolaro MA, Fells GA, Wevers M, Pierce JE, Ogushi F, Hubbard RC, Sellers S, Forstom J, Lyons D, Kawasaki G, Crystal RG. Augmentation of lung antineutrophil elastase capacity with recombinant human a1-antitrypsin. J Appl Physiol 1987; 63:2015-2023.
DIDASCALIE FIGURE
Fig 1 :Struttura (schelatica) del gene dell’a1-AT e della proteina. La struttura terziaria della proteina è il risultato di nove a-eliche e di tre foglietti b. A e B rappresentano i siti di inizio trascrizione nei macrofagi, C il sito di inizio trascrizione negli epatociti.
Fig 2 :
Livelli protettivi di 1-AT nelle diverse sedi. Fig 3 :
Clivaggio della Elastina da parte della Elastasi Neutrofila. Fig 4 :
Le due principali manifestazioni cliniche del deficit di 1-AT . Mentre la forma normale dell’1-AT viene normalmente secrete nel circolo sanguigno, la variante patologica resta intrappolata nel RER.
Fig 5 :
Fenotipi e relativi rischi di sviluppo di patologia epatica o polmonare . Fig 6 :
Tracciato proteico elettroforetico di un paziente con deficit di 1-AT : come si può notare la banda delle 1-globuline è sostanzialmente assente.
Fig 7 Rappresentazione schematica del saggio di PCR mutagenesi (7a) ed applicazione allo screening di una famiglia (7b).
Il saggio viene eseguito sul DNA estratto dai leucociti del sangue periferico. Il DNA viene sottoposto ad amplificazione mediante PCR (polymerase chain reaction) : tecnica che consente di ottenere in gran quantità una specifica porzione di DNA delimitata da una coppia di primers . In questo caso il tratto di DNA delimitato dai primers contiene il punto dove si localizza la mutazione Z e il prodotto che si ottiene dall'amplificazione si può visualizzare, in elettroforesi su gel, come una singola banda di 80 paia di basi (bp) (linee 1-5 Fig 7b). La reazione di PCR appena descritta può essere modificata introducendo un errore in uno dei primers in modo tale che, in un solo punto, la complementarietà delle basi non venga rispettata. Questo errore calcolato rende la sequenza amplificata riconoscibile da parte dell'enzima di restrizione TaqI. Se nella sequenza dell'amplificato è presente solo l'errore introdotto con il primer modificato l'enzima taglia l'amplificato di 80 bp in due frammenti di 60 e 20 bp rispettivamente. Nel caso in cui sia presente la mutazione Z, l'enzima non potrà tagliare l'amplificato, mancando la sequenza bersaglio, per cui verrà mantenuta la banda di 80 bp. Dal momento che, nelle condizioni sperimentali utilizzate, la banda di 20 bp non diventa rilevata sarà sufficiente verificare la presenza dei frammenti di 60 e 80 bp per verificare il genotipo. In particolare: un individuo MM darà solo la banda di 60 bp, un individuo ZZ darà solo quella di 80 bp (linee 8 e 10 Fig 7b), mentre un individuo eterozigote (MZ) darà sia la banda di 60 bp, sia quella di 80 bp (linee 6,7 e 9 Fig 7b).
Fig 8 :
La radiografia del torace mostra un’iperinsufflazione polmonare con netta rarefazione del disegno polmonare in corrispondenza delle basi. La TC del torace a sezioni sottili mostra numerose bolle di enfisema.
Fig 9 :
La scintifìgrafia polmonare perfusoria di un soggetto con grave enfisema polmonare di a1-AT : l’esame mostra una disomogenea distribuzione del tracciante nel contesto del parenchima polmonare (vedi testo) .
Fig 10 :
Albero genealogico di una famiglia nella quale è presente il deficit genetico di alfa1-antitripsina, identificata nell’ambito del progetto I.D.A.
Fig 11:
Fig 12:
I pazienti fumatori hanno un più precoce inizio di dispnea (differenza di 12-13 anni) e una minor aspettativa di vita (differenza di 17-18 anni) rispetto ai soggetti non fumatori.