UNIVERSITÀ DI PISA
DIPARTIMENTO DI FARMACIA
Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione
Umana
“RUOLO DEGLI ORMONI TIROIDEI
NELLA REGOLAZIONE
DELL’OMEOSTASI ENERGETICA”
Relatore:
Candidata:
Prof. Ferruccio Santini
Beatrice Ciardini
Correlatore:
Dott. Alessio Basolo
INDICE
1 Introduzione ... 3
2 Formazione e meccanismo d’azione degli ormoni tiroidei ... 7
3 Effetto termogenico degli ormoni tiroidei ... 10
3.1 Termogenesi obbligatoria ... 10
3.2 Termogenesi adattativa ... 15
4 Effetto degli ormoni tiroidei sull’apporto energetico ... 28
5 Conclusioni ... 31
1 Introduzione
Il termine omeostasi definisce l’insieme dei processi che concorrono al
mantenimento di un determinato equilibrio, per cui se parliamo di omeostasi
energetica ci si riferisce a tutti quei meccanismi che regolano l’apporto e il
dispendio energetico.
Figura 1 – Rappresentazione del bilancio energetico
Se viene a mancare l’equilibrio e quindi se prevale l’energia introdotta, il
bilancio sarà positivo e il soggetto prende peso, viceversa se la spesa
energetica supera l’apporto energetico, il bilancio sarà negativo e il soggetto
Secondo la definizione del 1985 dell’OMS, il fabbisogno energetico è
“l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il
dispendio energetico di individui che mantengono un livello di attività fisica
sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che
abbiano dimensioni e composizione corporee compatibili con un buono
stato di salute a lungo termine”.
La quota energetica introdotta viene quindi utilizzata per sostenere diverse
spese energetiche, tra cui il metabolismo basale, l’attività fisica, la
termogenesi indotta dalla dieta e la termoregolazione.
Il metabolismo basale (MB) è la quota di energia che viene utilizzata per il
mantenimento delle funzioni vitali dell’organismo in condizioni di riposo,
ed impegna la quota maggiore del dispendio energetico totale (60-75%).
Il 15-30% dell’energia è la quota che viene utilizzata per l’attività fisica
(AF); il dispendio energetico legato a questo tipo di attività è molto
soggettivo, poiché dipende dallo stile di vita del singolo, in larga misura
dalla tipologia di lavoro svolta, ma anche da quelle attività fisiche opzionali
legate per esempio ad impegni sportivi. Nel caso in cui un soggetto debba
perdere peso, si consiglia infatti di aumentare l’attività fisica per aumentare
il dispendio energetico complessivo, ma anche per garantire uno sviluppo
della massa muscolare che aumenti di conseguenza il metabolismo basale.
La termogenesi indotta dalla dieta (TID) rappresenta il costo energetico
legato alla digestione, all’assorbimento, e soprattutto alla conversione
macronutrienti contenuti negli stessi. Ad ogni modo, supponendo un pasto
bilanciato, la spesa energetica legata a questi processi è pari circa al 10-15%
del dispendio energetico totale.
Nella valutazione della spesa energetica, bisogna infine considerare un
quarto fattore, quello legato alla termoregolazione. Questo perché per
mantenere costante il valore della temperatura corporea, il nostro organismo
deve spendere energia.
In condizioni di neutralità termica il dispendio energetico è minimizzato
tuttavia, quando la temperatura ambientale scende al di sotto di un valore
soglia, l’organismo mette in atto meccanismi di termoregolazione, che sono
potenzialmente in grado di far consumare grandi quantità di energia e quindi
aumentare la spesa energetica del 10-27%. Questo processo prende il nome
di termogenesi adattativa (AT).
Figura 2 – Rappresentazione schematica delle componenti della spesa energetica
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% MB TID AF TA
Per mantenere il sistema in equilibrio è quindi essenziale che i meccanismi
che guidano l’apporto e il dispendio energetico vengano finemente regolati.
Tra i vari effettori, gli ormoni tiroidei rivestono un ruolo importante
specialmente nella regolazione dei processi termogenici e delle vie neurali
2 Formazione e meccanismo d’azione degli ormoni
tiroidei
La ghiandola tiroidea è una delle ghiandole endocrine più grandi del corpo e
la sua funzione è quella di secernere gli ormoni tiroidei.
Gli ormoni tiroidei sono derivati amminoacidici ed hanno la particolarità di
contenere iodio.
La tiroide è composta da due diversi tipi di cellule endocrine: le cellule c (o
parafollicolari) che producono un ormone che regola l’omeostasi del calcio
e del fosforo, detto calcitonina e le cellule follicolari, che producono gli
ormoni tiroidei.
L’organizzazione della tiroide è quindi rappresentata dai follicoli, strutture
sferiche (piccoli alveoli ghiandolari ravvicinati) le cui pareti sono costituite
da un monostrato di cellule epiteliali che racchiudono una cavità centrale
colma di un materiale glicoproteico, denso e viscoso, detto colloide.
A livello follicolare avviene la sintesi degli ormoni tiroidei, processo per cui
è indispensabile lo iodio che assumiamo con la dieta. Una volta assorbito lo
iodio raggiunge la tiroide tramite il circolo sanguigno e viene concentrato
attivamente come ione ioduro (I-) all’interno delle cellule follicolari per
mezzo del cotrasportatore sodio-ioduro. Da qui lo iodio viene riversato nella
colloide grazie ad un trasportatore per anioni detto pendrina. Le cellule
follicolari producono inoltre una glicoproteina chiamata tireoglobulina e
tutti gli enzimi necessari per la sintesi degli ormoni che sono accumulati in
vescicole e poi riversati nella colloide. Quando lo ione ioduro entra nella
colloide viene ossidato dalla perossidasi tiroidea e in questa forma viene
tirosina crea la monoiodotirosina (MIT) e l’aggiunta di un secondo iodio
porta alla formazione di diiiodotirosina (DIT). La MIT e la DIT subiscono
reazioni di accoppiamento per cui un MIT e un DIT si combinano a dare
l’ormone tiroideo triiodotironina (o T3). Due DIT si uniscono a dare la
tetraiodotironina (T4, o tiroxina). A questo punto il complesso
tireoglobulina-T3/T4 viene riassorbito dalle cellule follicolari all’interno di
vescicole endocitotiche che poi si fondono con i lisosomi formando i
fagolisosomi all’interno dei quali avviene l’idrolisi enzimatica e la
degradazione della tireoglobulina che porta alla liberazione di T3 e T4 e la
loro immissione nel torrente ematico [1].
La tiroide secerne il 100% di tiroxina dell’organismo, ma solo il 20% della
triiodotironina che è biologicamente più attiva; il restante 80% deriva dalla
deiodazione periferica di T4 soprattutto a livello epatico e renale grazie alle
desiodasi.
Gli ormoni tiroidei a causa della loro lipofilia non circolano liberi nel
sangue, bensì legati a proteine plasmatiche.
Quando arrivano alla periferia, gli ormoni entrano nelle cellule e
raggiungono il compartimento nucleare, dove si legano alle diverse
isoforme recettoriali.
Nei mammiferi, ci sono due geni che portano alla produzione dei recettori
dell’ormone tiroideo (TRs), c-ErbAa e c-ErbAb [2].
TRa1, TRa2 e TRa3 sono proteine prodotte da c-ErbAa, ma solo
l’isoforma TRa1 lega l’ormone tiroideo ed è funzionalmente rilevante [3]. Invece dal gene c-ErbAb, si ottengono le proteine TRb1 e TRb2, che sono entrambe in grado di legare l’ormone tiroideo [4]. Le isoforme recettoriali
diverse [5]. Tutte le isoforme recettoriali contengono domini multipli
funzionali, i quali includono un dominio di legame al DNA (DBD) e un
dominio carbossi-terminale che si lega al ligando (LBD) [6]. Il dominio
DBD è altamente conservato e interagisce con specifici segmenti del DNA,
noti come elementi di risposta dell’ormone tiroideo, o TREs. Quindi, i TRs
sono recettori nucleari che modulano l’espressione genica in modo specifico
e locale attraverso il legame con l’ormone tiroideo circolante. I TRs possono
essere sotto forma di monomeri, omodimeri ed eterodimeri. Attraverso il
loro dominio LBD, i recettori tiroidei possono interagire con coattivatori o
corepressori modulando ulteriormente l’attività dell’ormone tiroideo in
3 Effetto termogenico degli ormoni tiroidei
3.1 Termogenesi obbligatoria
Il nostro organismo è in grado di mantenere costante la temperatura
corporea poiché è in grado di produrre continuamente calore attraverso la
termogenesi obbligatoria.
Come dice il nome stesso, si tratta di un processo obbligato, dovuto alla
bassa efficienza termodinamica che contraddistingue le specie omeoterme.
Questo vuol dire che ogni volta che si verifica una trasformazione
energetica, l’energia contenuta nei substrati non viene totalmente utilizzata
per sostenere i processi vitali, parte di questa viene dissipata sotto forma di
calore.
Figura 3 – Rappresentazione schematica delle trasformazioni energetiche in biologia. Modificato da “Thermogenic Mechanisms and their Hormonal Regulation” Silva
Tale processo viene sostenuto dall’azione degli ormoni tiroidei, questi
infatti sono essenziali per garantire la massima efficienza nel controllo della
temperatura corporea. La loro importanza in questi meccanismi è sostenuta
dalla ben nota intolleranza al freddo e al caldo associate rispettivamente
all’ipotiroidismo e all’ipertiroidismo [8].
Il calore si genera essenzialmente durante la sintesi e l’utilizzo di ATP,
esistono quindi dei meccanismi molecolari che ne aumentano il turnover
allo scopo di produrre più calore.
Le specie omeoterme hanno quindi sviluppato dei meccanismi tali per cui
l’ATP viene utilizzato in maniera futile attraverso i cicli metabolici. Questi
meccanismi funzionano essenzialmente aumentando l’utilizzo di ATP,
costringendo le cellule ad aumentare le ossidazioni per mantenere la quota
di ATP a livelli ottimali per lo svolgimento di altre funzioni cellulari.
I cicli metabolici sono la combinazione di 2 o più reazioni che procedono in
maniera ciclica senza la produzione di lavoro chimico o biologico. Nel
processo in cui si verificano queste reazioni, viene utilizzato l’ATP, ma
nessun prodotto viene consumato a causa della natura ciclica dei prodotti e
dei reagenti. Esempi di questi cicli a livello enzimatico includono:
esochinasi/glucosio-6-fosfatasi e fosfofruttochinasi/fruttosio 1,6-difosfatasi
[10]. In generale quindi, i cicli futili includono processi come
glicolisi/gluconeogenesi, lipolisi/lipogenesi e turnover proteico. In
condizioni normali non funzionano come tali, in quanto sono impediti dai
meccanismi regolatori dei singoli enzimi che sono coordinati a seconda che
prevalgono le reazioni cataboliche o anaboliche. Tuttavia, nel momento in
gioco gli ormoni tiroidei che promuovono l’attivazione dei cicli metabolici
affinché venga utilizzato ATP in modo futile.
Le cellule spendono inoltre un’importante frazione della loro energia per
mantenere determinati gradienti ionici, e ci sono prove che tali meccanismi
possano essere utilizzati allo scopo di aumentare il consumo di ATP in
modo futile [10].
Due dei gradienti ionici più ampiamente studiati che portano all’avvio di
cicli futili sono quelli che vedono come protagoniste la pompa sodio
potassio e la pompa SERCA.
Figura 4 – Cicli futili. Modificato da “Thyroid Hormone Mediated Modulation of Energy Expenditure” Janina A. Vaitkus et al.
Nel primo caso, l’azione degli ormoni tiroidei, provoca un aumento della
permeabilità di membrana, in questo modo viene consentita la libera
diffusione al sodio e al potassio, che si muoveranno secondo gradiente di
membrana; la pompa dovrà quindi aumentare la sua attività e spendere più
L’altro meccanismo che porta ad un aumento del consumo di ATP, prevede
il trasferimento del calcio dal citosol verso il reticolo endoplasmatico.
Questo trasferimento è principalmente dovuto all’attività svolta dalla pompa
SERCA, la cui espressione viene stimolata dagli ormoni tiroidei.
È stato visto infatti, come la somministrazione di ormone tiroideo in ratti
ipotiroidei aumenti l’attività di SERCA nel muscolo scheletrico [12].
Tuttavia, l’ormone è anche in grado di aumentare il numero e l’attività dei
recettori della rianodina (Ryr-1), che sono implicati nel rilascio del calcio
dal reticolo endoplasmatico verso il citosol [13].
Grazie a questa duplice azione mediata dagli ormoni tiroidei la cellula viene
forzata a mantenere un equilibrio tra i due compartimenti al netto di un
aumentato consumo di ATP.
L’effetto degli ormoni tiroidei a questo livello è stato studiato utilizzando
fibre muscolari di topi eutiroidei ed ipotiroidei. È stata misurata la
produzione di calore in funzione del lavoro sviluppato (tensione muscolare),
ed è stato riscontrato un aumento lineare della produzione di calore
all’aumentare della tensione esercitata, ma per ogni livello di tensione c’era
una produzione di calore significativamente più alta nei topi eutiroidei
rispetto alla controparte ipotiroidea, questo sta a significare che il costo
energetico legato al lavoro meccanico è maggiore nello stato eutiroideo
rispetto a quello ipotiroideo, la differenza è spiegata dal calore extra
Figura 5 – Produzione di calore nel muscolo in funzione dello sviluppo di tensione. Modificato da “Thermogenic Mechanisms and their Hormonal Regulation” Silva
Poiché il muscolo scheletrico normalmente contribuisce dal 20 al 30% del
dispendio energetico a riposo, il trasporto del calcio nel muscolo, potrebbe
spiegare fino al 10% dell’effetto degli ormoni tiroidei sulla termogenesi
obbligatoria e dato che il flusso di calcio aumenta durante l’attività
muscolare, aumenta anche la produzione di calore associata.
Nell’insieme, questi meccanismi termoregolatori stimolati dagli ormoni
tiroidei portano ad un incremento del tasso metabolico e quindi della spesa
energetica. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 0 100 200 300 Cal or e pr od ot to Tensione Ipotiroideo Eutiroideo
3.2 Termogenesi adattativa
Finora abbiamo visto come gli ormoni tiroidei siano in grado di stimolare la
termogenesi obbligatoria, ovvero la produzione basale di calore che si
genera con il metabolismo basale.
Esiste tuttavia una seconda forma di termogenesi, definita facoltativa o
adattativa che viene attivata nel momento in cui si richiede una produzione
aggiuntiva di calore per mantenere la temperatura corporea. I segnali
afferenti relativi alla temperatura corporea convergono nell’ipotalamo, dove
vengono integrate le informazioni e da cui vengono inviati segnali agli
organi effettori attraverso il sistema nervoso simpatico.
Vedremo che in questi processi, l’azione dell’ormone tiroideo sarà
essenziale.
In un ambiente termoneutrale, la termogenesi obbligatoria è in grado di
mantenere la temperatura corporea, non sono necessari altri meccanismi
termoregolatori [13] [14]. La più bassa temperatura ambientale in cui questo
si verifica prende il nome di temperatura di termoneutralità. Le specie più
piccole, come i roditori, hanno una temperatura di termoneutralità più alta
rispetto all’uomo (30 °C nei roditori e 23° nell’uomo), questo perché i
roditori hanno un più alto rapporto superficie/volume che fa perdere loro più
calore.
Quando la temperatura ambientale scende al di sotto della temperatura di
termoneutralità, la risposta immediata nei mammiferi è quella di attivare
meccanismi di risparmio del calore, come la vasocostrizione, piloerezione,
risparmio di calore con queste strategie è limitato, vengono quindi
rapidamente attivate strategie termogeniche aggiuntive per produrre calore
“su richiesta” attraverso la termogenesi adattativa [13] [14]. Il brivido
rappresenta la prima risposta di difesa al freddo. Tuttavia, gli omeotermi
hanno sviluppato meccanismi di termogenesi adattativa più efficienti e a
lungo termine che, attraverso processi metabolici, consentono la produzione
di calore.
Nei mammiferi il sito principale dove si sviluppano questi meccanismi è il
tessuto adiposo bruno (BAT, brown adipose tissue). La sua scoperta risale a
molti anni fa e inizialmente si pensava che fosse presente solo nei bambini,
nei quali è presente un rapporto superficie/volume elevato che favorisce la
dispersione termica.
Effettivamente nei bambini esiste una quota di tessuto adiposo bruno con
una localizzazione ben specifica, a livello delle scapole e a livello del
tronco, dove sono presenti gli organi vitali (cuore, polmoni, reni).
Questa visione, che è corretta, è stata poi integrata, quando si è scoperto che
anche nell’adulto ci sono aree attive di adipociti bruni; questi sono
localizzati prevalentemente:
- nelle aree sottocutanee dei muscoli anteriori del collo, - nella parete addominale anteriore e nell’inguine,
- a livello dell’arteria carotide comune, aorta, arteria brachiocefalica e arteria coronaria epicardica, a livello del pericardio,
- nelle zone connettivali che circondano reni, ghiandole surrenali, pancreas e fegato.
Pertanto, se l’organismo viene esposto ad un ambiente freddo (14-17 °C),
anche per un tempo breve come 1-2 ore, il BAT viene attivato con
conseguente aumento della spesa energetica dal 10% al 27%.
La sua morfologia è peculiare, si differenzia infatti dal tessuto adiposo
bianco per la presenza di numerosi mitocondri che svolgono un ruolo chiave
per produrre calore “su richiesta” attraverso il cosiddetto disaccoppiamento
mitocondriale.
Disaccoppiamento mitocondriale
A livello della membrana mitocondriale interna è collocata la catena di
trasporto degli elettroni attraverso la quale, mediante un sistema di reazioni
ossidoriduttive consecutive, gli elettroni dal NADH e FADH2 vengono
trasferiti all’ossigeno. Questo complesso di reazioni prende il nome di
catena poiché gli elettroni vengono ceduti all’ossigeno attraverso passaggi
intermedi; si aggiunge il termine respiratoria poiché si consuma ossigeno.
L’energia risultante dal trasferimento di elettroni attraverso la catena
respiratoria nei mitocondri viene temporaneamente intrappolata in un
gradiente protonico attraverso la membrana interna di questo organello, la
cosiddetta forza motrice del protone, che viene poi utilizzata dall’ATP
sintasi per produrre ATP dalla fosforilazione di ADP.
Il trasporto di elettroni e la sintesi di ATP avvengono in modo continuo in
tutti i tessuti che contengono mitocondri; si tratta di processi strettamente
- se il gradiente protonico non è utilizzato per la produzione di ATP la catena respiratoria si interrompe perché diventa impossibile
aumentare tale gradiente oltre un certo limite;
- se la catena respiratoria si interrompe, la fosforilazione consuma il gradiente protonico fino a che questo non è più sufficiente per la
sintesi di ATP.
Tutto questo si verifica in condizioni fisiologiche e di neutralità termica. Nel
momento in cui la temperatura ambientale scende al di sotto della
temperatura di termoneutralità, il BAT viene attivato per rispondere alle
condizioni climatiche sfavorevoli attraverso la produzione aggiuntiva di
calore.
Nei mitocondri degli adipociti bruni è stata riscontrata una proteina che
esplica la sua azione quando si richiede una produzione aggiuntiva di calore.
Si tratta della proteina disaccoppiante 1 (Uncoupling Protein 1, UCP1); è in
grado di fornire una via alternativa per il ritorno in matrice dei protoni. In
questo modo l’energia contenuta nel gradiente protonico non viene
utilizzata per la sintesi di ATP, bensì dissipata sotto forma di calore.
Pertanto, nel momento in cui si richiede un aumento della produzione di
calore, è indispensabile l’attivazione dei meccanismi mitocondriali.
L’ormone tiroideo a questo livello svolge un duplice effetto: da un lato
stimola la biogenesi mitocondriale, dall’altro, come vedremo più avanti,
stimola la produzione di UCP1.
Biogenesi mitocondriale
Dei circa 1500 geni mitocondriali, la maggior parte li ritroviamo all’interno
del genoma nucleare, mentre i restanti si trovano nel genoma mitocondriale
[15] [16]. Nel 1992, Wiesner e colleghi hanno dimostrato che i meccanismi
di regolazione di questi due genomi sono distinti [17]. L’ormone tiroideo
esercita alcuni dei suoi effetti termogenici attraverso la stimolazione della
biogenesi mitocondriale che ha implicazioni sostanziali sulla spesa
energetica. La biogenesi mitocondriale indotta dall’ormone tiroideo si
verifica attraverso tre meccanismi:
- Azione sui recettori nucleari dell’ormone tiroideo con produzione di molecole essenziali per la biogenesi mitocondriale;
- Attivazione della trascrizione mitocondriale;
- Espressione e attivazione di fattori intermedi che attraversano sia il nucleo che i mitocondri.
Figura 7 – Rappresentazione schematica dei meccanisi che inducono la biogenesi mitocondriale
Effetti nucleari
All’interno della cellula, l’ormone tiroideo è in grado di legarsi a recettori
specifici, si formano quindi dei complessi che legano il DNA, in questo
modo viene attivata l’espressione di una varietà di geni che stimolano la
biogenesi mitocondriale.
Effetti Mitocondriali
Oltre alla stimolazione della biogenesi mitocondriale attraverso il genoma
nucleare, l’ormone tiroideo induce anche la trascrizione del genoma
mitocondriale [18]. L’ormone tiroideo promuove la trascrizione del genoma
mitocondriale attraverso due meccanismi distinti: direttamente, attraverso il
indirettamente, legandosi ai recettori TR nucleari che inducono
l’espressione di fattori intermedi, che poi passano nel mitocondrio e
inducono l’espressione genica specifica del genoma mitocondriale.
Gli effetti diretti non sono sufficienti di per sé a promuovere la biogenesi
mitocondriale, dato che la maggior parte del proteoma mitocondriale è
codificato e regolato all’interno del genoma nucleare e del citoplasma della
cellula [15] [16]. Tuttavia, ci sono prove che dimostrano un’azione diretta
dell’ormone tiroideo sul genoma mitocondriale. Forme troncate di TRa1, p43 (una proteina che lega il T3 nella matrice mitocondriale) e p28 (una
proteina che lega il T3 a livello della membrana interna mitocondriale),
sono state isolate rispettivamente nella matrice mitocondriale e nella
membrana interna mitocondriale [19]. È stata una scoperta di notevole
importanza, perché fino a quel momento non c’era alcuna conoscenza sulla
presenza di recettori tiroidei non nucleari.
Successivamente, Casas e colleghi [20] hanno dimostrato che p43 è
effettivamente limitato ai mitocondri, e che possiede caratteristiche di
affinità di legame molto simili a quelle del recettore nucleare TRa1,
indicando che p43 rappresenta il recettore che guida la trascrizione, mediata
dall’ormone tiroideo, del genoma mitocondriale [21] [22]. P43 entra nel
mitocondrio attraverso la fusione con una proteina citosolica [23], e una
volta all’interno della matrice mitocondriale, il legame con l’ormone
tiroideo ne promuove l’interazione con il genoma mitocondriale a livello dei
segmenti TREs localizzati nel filamento pesante per avviare la trascrizione.
Questo meccanismo spiega l’osservazione di un aumentato rapporto
mRNA/rRNA all’interno del mitocondrio dopo esposizione all’ormone
Fattori intermedi
L’ormone tiroideo è inoltre in grado di indurre la biogenesi mitocondriale
collegando la trascrizione nucleare e mitocondriale. Questo “ponte” viene
generato da un aumento dipendente dall’ormone tiroideo, nell’espressione
nucleare di una varietà di fattori intermedi che in seguito possono agire a
livello del nucleo, generando un ciclo di feedback positivo per indurre la
trascrizione nucleare, oppure possono agire sui mitocondri per indurre la
trascrizione mitocondriale. Weitzel e Iwen hanno distinto due classi di
fattori intermedi: i fattori di trascrizione e i coattivatori [18]. L’espressione
del fattore di trascrizione mitocondriale A (mTFA) è direttamente regolato
dall’ormone tiroideo, e modula la trascrizione mitocondriale in vivo [25]. I
fattori di respirazione nucleare 1 e 2 (NRF1, NRF2) sono fattori di
trascrizione con azioni poliedriche che portano alla stimolazione della
biogenesi mitocondriale [18]. Mentre questi fattori intermedi funzionano
come fattori di trascrizione, altri funzionano come coattivatori della
trascrizione. Un esempio di questa classe è rappresentato dal coattivatore
recettore dell’ormone steroideo (SRC-1), la cui azione come coattivatore
dell’ormone tiroideo modula il bilancio energetico del tessuto adiposo
Attivazione della termogenesi adattativa nel BAT
La termogenesi nel BAT viene attivata grazie ad un’interazione sinergica tra
il sistema nervoso simpatico (SNS) e l’ormone tiroideo.
Il freddo viene rilevato dal SNC a livello dell’ipotalamo (centro di controllo
dell’omeostasi corporea) che è in grado di rispondere alle variazioni
climatiche stimolando l’attivazione del sistema nervoso simpatico (SNS)
con la noradrenalina che funge da trasmettitore chiave. Negli adipociti bruni
maturi, la noradrenalina interagisce con tutti i tipi di recettori adrenergici:
b1, b2, b3, a1, a2, con la stimolazione adrenergica di b3 che risulta essere la via più significativa [14] [27]. Il legame della noradrenalina al recettore
adrenergico b3 aumenta i livelli di cAMP che rapidamente portano all’attivazione dei seguenti enzimi:
1. enzima D2;
Figura 8 – Rappresentazione schematica dell’attivazione della termogenesi adattativa nel BAT. Modificato da “Energy Balance regulation by thyroid hormones at central level” M. Lopez et al.
1) D2 catalizza la conversione dell’ormone tiroideo dalla forma inattiva
(T4) alla forma attiva (T3), che risulta essere la forma più attiva
dell’ormone, con un’affinità 100 volte superiore per il recettore
tiroideo rispetto a T4. Il BAT possiede un gran numero di recettori
tiroidei, e come accennato in precedenza, vi sono diverse isoforme,
ma solo alcune sono funzionalmente rilevanti. A questo livello,
l’ormone tiroideo e l’isoforma recettoriale TRa1 sono essenziali per mantenere il segnale della noradrenalina, mentre il recettore TRb media l’espressione genica di UCP1 indotta da T3 [28] [29].
2) L’attivazione della lipasi ormone sensibile (HSL) porta alla scissione
dei trigliceridi in acidi grassi liberi: questi vengono importati nei
mitocondri attraverso la carnitina palmitoiltransferasi 1a (CPT1a),
dove vengono ossidati, consentendo in questo modo la formazione di
NADH e FADH2, i quali vengono a loro volta ossidati dalla catena
di trasporto degli elettroni. Durante questo processo i protoni
vengono pompati nello spazio intermembrana, si crea quindi un
gradiente protonico che viene fatto crollare spingendo i protoni
indietro nella matrice mitocondriale attraverso UCP1. L’energia
accumulata nel gradiente protonico viene poi rilasciata, dando inizio
alla produzione mitocondriale di calore [14] [27].
In sintesi, nel processo di termogenesi adattativa, le risposte coordinate tra il
sistema simpatico e l’ormone tiroideo sono particolarmente importanti.
Come riportato sopra, D2 nel BAT gioca un ruolo chiave nella risposta al
freddo: l’esposizione al freddo innesca un’intensa stimolazione simpatica
del BAT, il quale, oltre all’attivazione della risposta termogenica del
tessuto, attiva D2 con il risultante aumento di T3 nel tessuto adiposo che
amplifica gli effetti del SNS, ovvero la lipolisi e la stimolazione genica di
Regolazione ipotalamica
Abbiamo visto come gli ormoni tiroidei siano in grado di aumentare la spesa
energetica attraverso la stimolazione dei processi termogenici, per cui è
logico pensare che in un quadro patologico, come quello che si instaura in
una condizione di ipertiroidismo, tali processi vengano di gran lunga
potenziati. L’ipertiroidismo è infatti una malattia caratterizzata da
un’eccessiva produzione di ormoni tiroidei, in cui si assiste ad un aumento
della spesa energetica con conseguente perdita di peso.
Inoltre, dallo studio di modelli animali affetti da ipertiroidismo, è emerso
che l’azione dell’ormone tiroideo non si limita a modulare i meccanismi
periferici, bensì anche quelli che si ritrovano a livello ipotalamico.
In particolare, in uno studio del 2010 [30] è stato dimostrato un aumento
della de novo lipogenesi nell’ipotalamo di ratti ipertiroidei e che questo
effetto è direttamente mediato dall’azione di T3. Questa aumentata
lipogenesi porta all’attivazione del sistema nervoso simpatico e
all’induzione del BAT.
Questo avviene nel nucleo ventromediale dell’ipotalamo, si assiste quindi ad
un’azione regolatoria da parte di T3 sul metabolismo lipidico, in particolare
aumenta la de novo lipogenesi attraverso l’inibizione della proteina chinasi
attivata da AMP (AMPK), con conseguente accumulo di malonil-CoA e di
complessi lipidici; i dati indicano che il risultante accumulo di malonil-CoA
e di complessi lipidici a questo livello, ricopre un ruolo nella segnalazione,
dimostrato dal fatto che il loro aumento è correlato con un’aumentata
stimolazione simpatica del BAT. Come riprova è stato dimostrato che
della lipogenesi nel nucleo ventromediale porta all’inattivazione del
programma termogenico nel BAT, con conseguente diminuzione della spesa
energetica e quindi aumento di peso nonostante l’inalterata alimentazione.
Questi percorsi molecolari sono stati studiati anche in ratti eutiroidei ed
anche in questo caso hanno potuto confermare che dipendono
dall’inattivazione dell’AMPK poiché l’ablazione genetica di questo enzima
nel nucleo ventromediale dell’ipotalamo induce una perdita di peso
indipendentemente dall’alimentazione e aumenta l’espressione dei marcatori
termogenici nel BAT. Al contrario l’inibizione del recettore adrenergico nel
BAT blocca la perdita di peso e riduce l’espressione dei marcatori
4 Effetto degli ormoni tiroidei sull’apporto energetico
Le principali aree del sistema nervoso centrale implicate nella regolazione
dell’appetito sono l’ipotalamo e il tronco encefalico. L’ipotalamo interpreta
ed integra i segnali afferenti dalla periferia e dal tronco encefalico per
modulare i segnali efferenti che regolano l’assunzione di cibo e la spesa
energetica. I segnali neurali ed ormonali comunicano informazioni riguardo
lo stato nutrizionale acuto e le riserve energetiche. In questi processi è
essenziale il ruolo dell’ormone tiroideo che ha un effetto di stimolo sui
circuiti dell’appetito.
Gli studi si sono concentrati sull’analisi dei percorsi molecolari presenti a
livello dell’ipotalamo, in particolare a livello del nucleo arcuato. In questa
regione sono presenti due distinte popolazioni neuronali coinvolte nella
regolazione dell’omeostasi energetica. Una sottopopolazione esprime la
pro-opiomelacortina (POMC), un proormone che con opportuni tagli di
modificazione e maturazione proteolitica origina l’ormone a-MSH che ha effetti anoressizzanti. L’altra popolazione esprime i fattori oressizzanti NPY
e AgRP. È stato dimostrato che l’iperfagia indotta dall’ipertiroidismo è
associata ad una marcata disregolazione nei livelli dei suddetti ormoni; gli
mRNA per AgRP e NPY sono stimolati mentre viene inibita la produzione
di POMC. Vengono quindi stimolate le vie oressizzanti con conseguente
aumento dell’appetito.
Esistono inoltre delle prove sperimentali in modelli animali, che indicano
una correlazione tra T3 e mTOR (bersaglio della rapamicina nei
mammiferi), una serina-treonina chinasi conservata in modo evolutivo che
cambiamenti nel bilancio energetico, fattori di crescita, nutrienti e ossigeno.
La letteratura attuale ha riportato che la segnalazione ipotalamica di mTOR
riveste un ruolo principale nel modulare il bilancio energetico. La via
mTOR è altamente regolata in specifici nuclei ipotalamici, come l'ARC,
dove si co-localizza con AgRP, NPY e POMC. A questo livello, la
segnalazione mTOR svolge un ruolo fondamentale nelle reti ipotalamiche
che rispondono alla disponibilità di nutrienti (cioè i livelli di leucina) e
all'ambiente ormonale. Pertanto, leptina, grelina, insulina, agiscono tutti
sulla segnalazione mTOR ipotalamica per regolare l'omeostasi energetica.
Figura 9. Circuiti neuronali che regolano l'omeostasi energetica
In linea con le prove di cui sopra, dati recenti hanno dimostrato che
l'iperfagia murina indotta dalla somministrazione acuta di T3 centrale o da
ipertiroidismo cronico è mediata da una sovraregolazione specifica della via
mTOR nell'ARC, dove mTOR si co-localizza altamente con il recettore a dell’ormone tiroideo, ma non nel VMH. Infatti, lo stato oressizzante che
caratterizza l'ipertiroidismo viene totalmente annullato dal trattamento
centrale con rapamicina, uno specifico inibitore di mTOR, come risultato
5 Conclusioni
Gli ormoni tiroidei sono importanti determinanti del dispendio energetico e
contribuiscono alla regolazione dell’appetito [33].
Aumentano le trasformazioni energetiche e ne riducono l’efficienza
termodinamica, allo scopo di produrre più calore. Un’aumentata produzione
di calore corrisponde ad un aumento del dispendio energetico. Questa
azione degli ormoni tiroidei può essere modulata in funzione dell’introito
calorico al fine di mantenere il bilancio energetico in equilibrio.
L’azione degli ormoni tiroidei è inoltre essenziale per una completa
attivazione del programma termogenico nel tessuto adiposo bruno. Se infatti
da un lato sono in grado di sostenere e mantenere il segnale della
noradrenalina, dall’altro stimolano la funzione mitocondriale aumentando
l’espressione genica di UCP1 e favorendo la biogenesi mitocondriale.
La maggior parte degli effetti degli ormoni tiroidei sull’omeostasi energetica
viene esercitata a livello periferico, attraverso il legame tra l’ormone
circolante e i recettori specifici in tessuti metabolicamente attivi come il
BAT.
In aggiunta, l’ormone tiroideo ricopre un ruolo essenziale nella regolazione
dell’omeostasi energetica a livello centrale, modulando l’azione del sistema
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