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Viaggio attraverso le figure dello zodiaco nell'arte e nella tradizione giapponese

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Academic year: 2021

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(1)

Corso di Laurea magistrale

in Lingue e civiltà dell'Asia e

dell'Africa Mediterranea

Tesi di Laurea

Viaggio attraverso le figure dello zodiaco

nell'arte e nella tradizione giapponese

Relatrice

Ch.ma Prof.ssa Silvia Vesco

Correlatore

Ch. Prof. Bonaventura Ruperti

Laureanda

Deborah Masiero Matricola 847996 Anno Accademico

(2)
(3)

要旨

本稿は十二支に登場する動物の持つ象徴的な意味合いを日本の芸術作品から広く読み解く ものである。多種多様な作品から、それぞれの動物の描写を独特な日本伝統文化の要素を 通る過程において、過去から現在まで受け継がれる文化と芸術の深い絆を探求したもので ある。 序論では干支と十二支の起源や構造、歴史について記述する。干支と十二支はもともと中 国で生まれ、日本にも受け入れられたものだが、日本の干支と十二支は中国伝来のものと は異なり、日本の文化に適応していったものである。日本の十二支は子(ね)、丑(う し)、寅(とら)、卯(う)、辰(たつ)、巳(み)、午(うま)、未(ひつじ)、申 (さる)、酉(とり)、戌(いぬ)、亥(い)の 12 種類からなっている。それぞれの種 類には動物の名前が付いている。これらは鼠、牛、虎、兎、竜、蛇、馬、羊、猿、鶏、犬、 猪となっている。 ところが、これらの動物は中国伝来の干支のシステムを使う国で動物のバリエーションに は多様性がある。例えば、中国では最後の動物は豚だが、日本では猪になっている。また、 四番目の動物は日本では兎だが、ベトナムでは猫である。つまり、同じ中国文化由来の創 作でありながら、基本的には類似しているが、異なる独特の点もあると言える。 本論では、子(鼠)から始まり、亥(猪)まで、各十二支についての章を規定の順番に並 べた。子の章ではこうした順番になっている理由を説明する伝説を紹介している。各章は、 縄文時代のような古代から現在の令和時代まで、十二支の動物の日本文化や伝統における 象徴的な意味とそれらの歴史の流れを解説する。また、動物の姿の役割とその姿が物語る 伝統を表現する根付や浮世絵など、美術と芸術の作品を列挙する。そして、十二支の動物 を全て一緒に表す美術も列挙する。

(4)

結論では十二支の動物の重要性を記述する。日本においては動物、特に十二支の動物が印 象的な意味をもっている。美術だけでなく、芝居や映画や文学、幅広い芸術に表すことに よって、日本人の日常生活に深く浸透し、強い影響を与えている。この影響は昔から受け 継がれてきており、途絶えることはないように思える。

(5)

1

INDICE

Tabella dei periodi storici ... 2

Lo zodiaco... 3

Il Topo ... 6

Il Bue ... 12

La Tigre ... 20

Il Coniglio ... 28

Il Drago ... 37

Il Serpente ... 47

Il Cavallo ... 55

La Pecora ... 63

La Scimmia ... 72

Il Gallo ... 80

Il Cane ... 89

Il Cinghiale ... 97

I dodici animali dello zodiaco ...106

Conclusione ...112

Lista dei termini giapponesi ...114

Lista di artisti e personalità ...126

Indice delle illustrazioni ...130

Bibliografia ...137

(6)

2

TABELLA DEI PERIODI STORICI

1

Periodo Jōmon, Jōmon jidai 縄文時代 (circa 10.000 a. C.-300 a. C)

Periodo Yayoi, Yayoi jidai 弥生時代 (circa 300 a. C-300 d. C.)

Periodo Kofun, Kofun jidai 古墳時代 (circa 300-710)

Periodo Nara, Nara jidai 奈良時代 (710-784) Periodo Heian, Heian jidai 平安時代 (794-1185)

Periodo Kamakura, Kamakura jidai 鎌倉時代 (1185–1333)

Periodo Muromachi, Muromachi jidai 室町時代 (1338–1573)

Periodo Azuchi-Momoyama, Azuchi Momoyama jidai 安土桃山時代 (1568–1598)

Periodo Edo, Edo jidai 江戸時代 (1603–1867)

Periodo Meiji, Meiji jidai 明治時代 (1868–1912) Periodo Taishō, Taishō jidai 大正時代 (1912–1926)

Periodo Shōwa, Shōwa jidai 昭和時代 (1926–1989)

Periodo Heisei, Heisei jidai 平成時代 (1989–2019)

Periodo Reiwa, Reiwa jidai 令和時代 (2019-)

1 Come riferimento è stato utilizzato il manuale: Rosa

CAROLI, Francesco GATTI, Storia del Giappone, Roma e Bari,

(7)

3

LO ZODIACO

In Cina, durante la dinastia Shang (chiamata anche Yin; circa XVI-XI secolo a. C.), fu creato un sistema di misurazione sessagesimale del tempo, sviluppato sulla combinazione della serie di caratteri dei dieci tronchi celesti e dei dodici rami terrestri.

Figura 1. Dieci tronchi celesti e dodici rami terrestri con relativa traslitterazione in pinyin.

Abbinando il ciclo dei dieci tronchi celesti con il ciclo dei dodici rami terrestri si forma un ciclo sessagesimale, in cui sessanta è il minimo comune multiplo di dieci e dodici.1

To explain how this cycle works, let us denote both the stems and the branches by their numbers. We denote 1 by (1, 1) or (甲, 子), 2 by (2, 2) or (乙, 丑) and so on up to (10, 10) or (発, 酉). But now we have run out of stems, so we denote 11 by (1, 11) or (甲, 戌) and 12 by (2, 12) or (乙, 亥). Now we have run out of branches, too, so 13 becomes (3, 1) or (丙, 子). We continue in this way through 6 cycles of stems and 5 cycles of branches up to 60, which is (10, 12) or (発, 亥). The next number is then (1, 1) or (甲, 子), which starts a new sexagenary cycle.2

1

Adam SMITH, “The Chinese Sexagenary Cycle and the Ritual Foundations of the Calendar”, in John M. Steele (a

cura di), Calendars and Years II. Astronomy and Time in the Ancient and Medieval World, Oxford, Oxbow Books, 2010, p. 1.

2 Helmer

ASLAKSEN, The Mathematics of the Chinese Calendar, Singapore, National University of Singapore, 2005,

(8)

4

Questo ciclo sessagesimale è stato creato per misurare il tempo: inizialmente i giorni, in seguito anche i mesi, gli anni, le ore “a due a due”3 e le direzioni nello spazio. In “The Chinese Sexagenary Cycle and the Ritual Foundations of the Calendar” l’autore Adam Smith spiega che, nonostante i parallelismi con i calendari di altre culture, l’origine del ciclo sessagesimale cinese rimanga oscura.4

Aggiunge, inoltre, che il numero dieci riferito ai dieci tronchi celesti è probabilmente associato all’antica settimana cinese, formata da dieci giorni.5 In L’astrologia cinese l’autrice Margherita

Sportelli spiega come in Cina l’unità maggiore di tempo, l’epoca, comprenda 3600 anni e venga divisa in sessanta cicli di sessant’anni ciascuno. Ognuno di questi cicli è diviso in cinque “anni di Giove”, composti a loro volta da dodici6 anni ciascuno.7

I Cinque Anni di Giove, nel loro manifestarsi binario secondo le energie yin e yang, finirono con il coincidere con i dieci tronchi celesti e il ciclo dei dodici anni, del quale ognuno dei cinque anni di Giove si componeva, finì con il coincidere con i dodici rami terrestri.8

Il sistema si perfezionò durante le epoche successive, aggiungendo il concetto dei “cinque stati di mutamento”, comunemente chiamati “cinque elementi”.9 Ogni ciclo sessagesimale, diviso per i

cinque elementi, originava i dodici rami terrestri; a ogni ramo terrestre è stato poi associato un animale, creando così i dodici animali dello zodiaco.10

I dodici animali non rappresentarono solo un sistema di misurazione, ma divennero anche dei segni zodiacali, calcolabili attraverso variabili, quali l’ora, il giorno, il mese e l’anno di nascita. Le persone iniziarono così a identificarsi con l’animale del proprio segno, connettendo le sue caratteristiche alla propria natura.11

3

A ogni ramo terrestre veniva fatto corrispondere un periodo di due ore.

4

SMITH, “The Chinese Sexagenary Cycle…”, p. 1.

5 Ibidem.

6 Il numero dodici è probabilmente connesso ai dodici anni (precisamente 11,86) che impiega Giove nel suo moto

di rivoluzione attorno al Sole.

7 Margherita

SPORTELLI, L’astrologia cinese, Pavia, Xenia Edizioni, 2001, p. 7.

8

SPORTELLI, L’astrologia cinese, pp. 7-8.

9

Acqua, Fuoco, Legno, Metallo, Terra. SPORTELLI, L’astrologia cinese, p. 8; Richard WILHELM (a cura di), I Ching.

Il Libro dei Mutamenti, Milano, Adelphi, 2007, p. 335.

10 Non è chiaro quando sia avvenuta precisamente questa associazione, ma si pensa intorno all’VIII secolo d. C.

ASLAKSEN, The Mathematics of the…, p. 36; SPORTELLI, L’astrologia cinese, p. 35.

11

KAWAI Masatomo, Robert T. SINGER, The Life of Animals in Japanese Art, Princeton, Princeton University

(9)

5

L’introduzione dello zodiaco cinese in Giappone è avvenuta attraverso la penisola coreana in tempi antichi, si stima intorno al periodo Kofun.12 Anche in Giappone le figure dei dodici animali sono state utilizzate per dividere il tempo e lo spazio.13 Sebbene questa forma di calendario di origine cinese nell’arcipelago sia rimasta in uso fino al 1873, la tradizione dello zodiaco associata permane fino a oggi: ogni persona, infatti, conosce sia il proprio segno, sia il segno dell’anno in corso.14 Tuttavia, ci sono delle differenze tra lo zodiaco cinese e lo zodiaco giapponese, a partire dai segni che lo compongono alla loro valenza nella tradizione e nella cultura.

In Giappone i dodici segni sono ne 子, ushi 丑, tora 寅, u 卯, tatsu 辰, mi 巳, uma 午, hitsuji 未, saru 申, tori 酉, inu 戌, i 亥 e gli animali a essi associati sono, rispettivamente, il topo, in giapponese moderno nezumi 鼠, il bue, ushi 牛, la tigre, tora 虎, il coniglio, usagi 兎, il drago, ryū 竜15, il serpente, hebi 蛇, il cavallo, uma 馬, la pecora, hitsuji 羊, la scimmia, saru 猿, il gallo, niwatori 鶏, il cane, inu 犬, e il cinghiale, inoshishi 猪. In giapponese, quando i segni dello zodiaco vengono elencati come una lista, i caratteri utilizzati sono 子、丑、寅、卯、辰、巳、午、未、申、酉、戌、亥 con le rispettive pronunce, non si usano invece i nomi degli animali corrispondenti in giapponese moderno.16

Nei seguenti capitoli verrà presentata una scheda per ciascun animale dello zodiaco e, in conclusione, un capitolo con le figure riunite. Con un percorso che si propone di delineare le rappresentazioni e la valenza delle loro figure in opere di varia natura, si attraverseranno diversi aspetti della tradizione giapponese, dimostrando l’indissolubile legame tra arte e cultura, costante che dal passato permane viva nel presente.

12

HAMADA Yō, Nihon jūnishikō. Bunka no jikū wo ikiru (I dodici segni dello zodiaco giapponese. Vivere la cultura dello spaziotempo), Tokyo, Chūōkōronshinsha, 2017, p. 67. 濱田陽、『日本十二支考―文化の時空を生きる』、 東京、中央公論新社、2017年、p. 67.

13

KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 45.

14HAMADA, Nihon jūnishikō. Bunka no…, pp. 55 e 82. 濱田、『日本十二支考―文化の・・・』、pp. 55 e 82.

15

Il termine “drago” può essere pronunciato sia ryū che tatsu e può essere scritto anche come ryū 龍.

16 Christopher I.

BECKWITH, KIYOSE Gisaburō Norikura, “On the Words for Animals in the Japanese Zodiac”,

(10)

6

IL TOPO

Il primo segno dello zodiaco è il Topo, in giapponese ne1.

Creatura disprezzata in molte parti del mondo, nell’antica Cina è sempre stata rispettata per le sue qualità, tanto da essere collocata al primo posto nello zodiaco, in cui simboleggia l’inizio di ogni cosa.2

La leggenda narra che migliaia di anni fa il Buddha, conscio della sua fine imminente, decise di mettere un ordine al mondo, creando un tempo e una misura del suo trascorrere. Volle attribuire un nome agli anni e, per farlo, scelse quelli dei saggi animali che popolavano la Cina. Mandò perciò dei messaggeri a chiamare vari animali per radunarli al suo cospetto. Il primo messaggero convocò il topo e il gatto. Il felino, però, decise di dormire un po’ prima di mettersi in cammino, raccomandando al topo di svegliarlo per la partenza. Tuttavia, il roditore, invidioso della bellezza del gatto, partì senza avvisare il suo compagno addormentato e giunse per primo al cospetto del Buddha. Lo seguirono il bue, la tigre e tutti gli altri animali che a oggi compongono lo zodiaco.3 Immerso nei sogni, il gatto non arrivò mai a porgere il suo ultimo saluto al Buddha e, pertanto, fu sostituito dal maiale. Una volta sveglio, il gatto si rese conto dell’accaduto e, colmo di rabbia, non perdonò mai più il topo. Da qui si dice sia nata anche l’inimicizia tra felino e roditore.4

La visione del topo in Giappone segue la tradizione cinese. Il roditore, per la sua abilità di procurarsi e di accumulare provviste, è l’emblema della ricchezza e della prosperità.5 Il topo bianco, ad esempio,

è considerato annunciatore di un buon raccolto, in quanto si ritiene sia il messaggero di Daikokuten 大黒天, dio del benessere e uno dei Shichifukujin 七福神, le sette divinità della fortuna.6

1 Il termine che indica il topo come animale in giapponese moderno è nezumi. 2 Katherine M.

BALL, Animal Motifs in Asian Art. An Illustrated Guide to Their Meanings and Aesthetics, New

York, Dover Publications, 2004, p. 515.

3

L’ordine classico in cui vengono elencati gli animali dello zodiaco si dice derivi proprio dall’ordine in cui gli animali si presentano al cospetto del Buddha in questa leggenda.

4 Arianna PAPINI, Quando gli anni divennero animali. La leggenda dello zodiaco cinese, Roma, Donzelli Editore,

2016.

5

SPORTELLI, L’astrologia…, p. 43.

6

(11)

7

Grazie alla sua natura che lo vede alloggiare solo in luoghi in cui abbondano le provviste e all’associazione con Daikokuten, il topo, nell’arte, viene spesso rappresentato vicino a vari alimenti, quali riso, noci, bacche, ma anche daikon 大根7. Un particolare esempio è presentato nella Figura 1.

Figura 1. Kawanabe Kyōsai. Daikokuten e topi che spingono un mikoshi a forma di daikon. Periodo Edo.

Si tratta di un’opera del periodo Edo dell’artista Kawanabe Kyōsai 河鍋暁斎 (1831-1889). La figura del topo non viene qui raffigurata nella sua natura animale, viene bensì antropomorfizzata. I topi presenti non stanno, come si può osservare in diverse opere, rosicchiando il daikon: sono intenti a spingerlo. In questa immagine la radice rappresenta infatti un mikoshi 神輿8, una sorta di palanchino

che funge da santuario mobile, utilizzato per il trasporto di divinità.

7 Il daikon è una varietà di ravanello originaria dell’Asia.

(12)

8

Sulla porzione destra dell’immagine compare Daikokuten, definendo con la sua presenza la funzione dei roditori come suoi assistenti. Quelli al suo seguito sono definiti fukunezumi 副鼠, letteralmente “i topi della fortuna”; questa denominazione indica, più precisamente, i topi bianchi della fortuna, altresì chiamati shironezumi 白 鼠 , “topi bianchi”. Nella lingua giapponese vengono designati con l’appellativo shironezumi anche gli impiegati rigorosi e coscienziosi nel loro lavoro, mentre ci si riferisce agli impiegati sleali e disonesti con kuronezumi 黒鼠, letteralmente “topi neri”.9

Nell’arte giapponese sono numerose le rappresentazioni del topo in atteggiamenti umani.

Un ulteriore esempio è Nezumi konreizu 鼠婚礼図 (Matrimonio tra topi), dell’artista Itō Jakuchū 伊 藤若冲 (1716-1800). Si tratta di un kakemono 掛物 del periodo Edo in inchiostro su carta, che ritrae una scena di matrimonio tra topi.

Figura 2. Itō Jakuchū. Matrimonio tra topi, Nezumi konreizu 鼠婚礼図. Periodo Meiji.

9 Shironezumi:

https://kotobank.jp/word/%E7%99%BD%E9%BC%A0-536352#E3.83.87.E3.82.B8.E3.82.BF.E3.83.AB.E5.A4.A7.E8.BE.9E.E6.B3.89, 21/12/2019.

Kuronezumi:

(13)

9

La cerimonia nuziale si svolge nella porzione in alto a sinistra del dipinto, che vede i topi banchettare in un clima di festa. Alcuni si rivolgono verso gli ultimi arrivati, i due topi sulla porzione in basso a destra dell’opera. Uno dei due roditori, un po’ alticcio, tiene stretta a sé una coppa con dell’alcol, mentre l’altro si diverte a tirargli la coda.

Creato nell’ottantunesimo anno di vita dell’artista, questo kakemono vuole rappresentare la sua longevità10, nonché l’amore per queste creature espresso attraverso la cura nella loro raffigurazione.11

Nezumi konreizu è stato esposto proprio durante l’anno del Topo.12

Il topo è un soggetto artistico riprodotto in larga scala, soprattutto sotto forma di nestuke 根付. I netsuke sono articoli tradizionali giapponesi di piccole dimensioni, usati dalla metà del XVI secolo come accessori per fissare vari oggetti alla cintura. Il loro impiego è, tuttavia, variato nel tempo, portando i netsuke a essere considerati delle autentiche opere d’arte. Si può notare un esempio del periodo Edo nella Figura 3.

Figura 3. Yamaguchi Okatomo. Topo con candela. Periodo Edo.

10KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 141.

11https://www.youtube.com/watch?v=vmnwF_KxB2A&feature=emb_title, 21/12/2019.

12

(14)

10

Il materiale scelto è l’avorio, uno dei più utilizzati nella produzione di nestuke. Tra gli articoli lavorati in avorio nell’arte giapponese i netsuke hanno una rilevanza notevole: la loro esportazione fu massiccia e influenzarono la successiva produzione, diventando inoltre un accessorio decisamente alla moda.13

Figura 4. Yamaguchi Okatomo. Topo con candela. Periodo Edo.

Quest’opera rappresenta un topo che stringe a sé un pasto del tutto insolito. Il roditore è, infatti, intento a rosicchiare una candela, il cui stoppino è intagliato in corno scuro. L’accortezza nella resa dei dettagli rende l’opera viva, a partire dall’espressione soddisfatta del topolino affamato.14

13 Martha CHAIKLIN, Ivory and the Aesthetics of Modernity in Meiji Japan, Londra, Palgrave Macmillan, 2014, pp.

6-7.

(15)

11

Figura 5. Yamaguchi Okatomo. Topo con candela. Periodo Edo.

Nella porzione posteriore della figura si legge la firma dell’artista Yamaguchi Okatomo 山口岡友 (periodo di attività: 1756-1781). La coda, che si avvolge in modo naturale intorno al corpo del topo, crea un perfetto himotōshi 紐通し, tipico foro dei netsuke attraverso il quale viene fatta passare una stringa che aggancia il manufatto allo inrō 印籠15.

Lungi dall’essere ritratto con disprezzo, nell’iconografia giapponese il topo assume quindi una connotazione vivamente positiva.

(16)

12

IL BUE

Il secondo segno dello zodiaco è il Bue1, in giapponese ushi.

Il Bue compare come costellazione e come figura dello zodiaco in varie civiltà del mondo. L’apprezzamento verso questo animale risale ai tempi antichi, quando gli uomini primitivi vedevano riflesse nel bue le energie e le attività della natura.2

Immagine di forza e perseveranza, simboleggia la longevità e la resistenza, rappresentando la prosperità raggiunta grazie alla costante tenacia e al duro lavoro.3 Sono proprio le sue doti di pazienza

e instancabilità ad aver reso il bue un perfetto compagno dell’uomo nelle attività agricole. La sua assidua presenza nei paesaggi rurali ha fatto sì che diventasse inevitabilmente uno dei temi prediletti dagli artisti in Giappone.4

Nella molteplicità delle sue rappresentazioni il bue viene solitamente raffigurato al servizio dell’uomo: trasportando pesi o persone, in scene di aratura dei campi e coltivazione delle risaie.5

Tra le immagini di buoi addetti al trasporto di persone si considerino quelle ritraenti Sugawara no Michizane 菅原道真 (845-903), poeta, accademico, statista e ufficiale di corte giapponese vissuto nel IX secolo. Accusato dalla corte di tradimento e di conseguenza esiliato, si racconta che girasse sempre in groppa al suo bue nero. Immediatamente in seguito alla sua morte, il paese venne colpito da calamità naturali, quali tempeste, terremoti e inondazioni, eventi che vennero attribuiti proprio a Michizane.6 Con l’intento di placare la sua ira, Michizane venne deificato come dio della saggezza

Tenman daijizai tenjin 天満 大 自在天 神 e vennero eretti numerosi santuari Tenjin in tutto il Giappone, davanti ai quali furono poste delle figure di buoi in bronzo.7 Si dice che in passato, quando

la rugiada si formava sopra a queste statue, la gente la considerasse come il sudore dei buoi e 1

Si è scelto di tradurre il termine ushi, che può riferirsi anche al toro, sempre con “bue”, in quanto si tratta del medesimo animale. Il toro è infatti il maschio adulto dei bovini non castrato, solitamente addetto alla riproduzione; il bue è il maschio adulto dei bovini castrato, generalmente addetto al lavoro nei campi.

http://www.treccani.it/vocabolario/toro1, 23/12/2019; http://www.treccani.it/vocabolario/bue/, 23/12/2019.

2

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 325.

3

SPORTELLI, L’astrologia…, pp. 49-50.

4BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 321. 5BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 287. 6

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 301.

7

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13

concludesse che Tenjin fosse uscito di notte a fare un giro con i bovini al seguito.8 Un’ulteriore leggenda racconta come, al funerale di Michizane, il bue che trasportava il suo carro si fermò in un determinato punto, rifiutandosi di proseguire, indicando così il luogo esatto in cui Michizane avrebbe dovuto essere sepolto.9 Per questa ragione il bue è noto nell’arte in stretta relazione con la figura di Michizane.

Nella Figura 1 un nishikie 錦絵, stampa policroma, del periodo Edo dell’artista Utagawa Hiroshige 歌川広重 (1797-1858). Oltre alla figura di Michizane in groppa al suo bue nero, di caratteristico spicca il pruno alle sue spalle. Questo albero viene spesso raffigurato insieme a Michizane, in quanto allude a un suo poema in cui canta del pruno amato che soleva ammirare durante i suoi giorni nella capitale10, prima dell’esilio.11

Figura 1. Utagawa Hiroshige. Il poeta Sugawara no Michizane. Periodo Edo.

8

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 302.

9KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 294.

10 Al tempo di Michizane la capitale del Giappone era Kyōto.

11

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14

Un’altra immagine che riporta la figura del bue connessa a Michizane è Kitano no ume 北野の梅 (I pruni di Kitano). Si tratta di una stampa creativa, sōsaku hanga 創作版画, della seconda metà del Novecento, dell’artista Kamei Tōbei 亀井藤兵衛 (1901-1977), appartenente alla serie Shinkyōto meisho 志ん京都名所 (Nuovi luoghi famosi di Kyōto). Raffigura una donna e il figlio davanti a una statua di bue presente presso il Kitano Tenmangū 北野天満宮 di Kyōto, uno dei santuari eretti in onore di Michizane. Anche in questa immagine non manca il pruno sullo sfondo, albero ammirato per la sua bellezza.12

Figura 2. Kamei Tōbei. I pruni di Kitano, Kitano no ume 北野の梅. Periodo Shōwa-Heisei.

Tra le immagini più conosciute associate alla figura del bue spiccano le opere Jūgyūzu 十牛図 (Le immagini dei dieci buoi). Perfetto esempio di unione tra arti visive e arti letterarie, comprendono una serie di poemi brevi e disegni che delinea i dieci passi da compiere per prendersi cura di un bue, dal

12

(19)

15

momento in cui se ne cattura uno al momento in cui lo si conduce a casa. Tuttavia, dietro all’apparente tema dell’addomesticamento dell’animale si nasconde un significato ben più profondo. I dieci passi rappresentano, infatti, le fasi che l’uomo deve percorrere per raggiungere la rettitudine. Questa metafora di impronta buddhista vuole insegnare come nell’uomo ci siano numerose qualità che, se sviluppate correttamente, hanno del potenziale, ma, se non controllate, si ritorceranno contro l’uomo stesso.13 Le immagini hanno quindi il preciso scopo di far riflettere chi le osserva.

Questo tema dei dieci buoi è stato adottato e reso in opera da diversi artisti. Nelle Figura 3, Figura 4 e Figura 5 un esempio di una parte della rappresentazione dei Jūgyūzu degli autori Shibayama Zenkei 柴山全慶 (1894-1974) e Jikihara Gyokusei 直原玉青 (1904-2005).

Figura 3. Shibayama Zenkei e Jikihara Gyokusei. Le immagini dei dieci buoi, Jūgyūzu 十牛図. Periodo Shōwa.

Figura 4. Shibayama Zenkei e Jikihara Gyokusei. Le immagini dei dieci buoi, Jūgyūzu 十牛図. Periodo Shōwa.

13

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16

Figura 5. Shibayama Zenkei e Jikihara Gyokusei. Le immagini dei dieci buoi, Jūgyūzu 十牛図. Periodo Shōwa.

La scena segue l’avventurarsi di un ragazzo sulle montagne allo scopo di catturare un bue. Il giovane trova un esemplare in un campo, lo addomestica e lo porta a casa. Questa sequenza rappresenta lo sforzo, durante il periodo di iniziazione, dei discepoli buddhisti di riconoscere e intraprendere la via verso l’illuminazione.14 Nella Figura 5 il giovane, seduto sul bue, suona il flauto: quest’immagine

esprime la gioia di aver imboccato il giusto cammino.15

La storia si conclude con l’abbandono del bue da parte del giovane. Questo epilogo è una conseguenza della scelta del ragazzo di partire in viaggio per vivere una vita più altruistica, metafora della fase in cui i praticanti del buddhismo zen, zenshū 禅宗, distaccatisi da ogni forma di attaccamento terreno, procedono lungo il loro percorso verso l’illuminazione.16 Secondo gli insegnamenti buddhisti, infatti, è necessario eliminare qualsiasi legame terreno per poter ottenere l’illuminazione.

Il bue, quindi, dall’essere considerato un semplice animale da lavoro è diventato, dopo l’arrivo del buddhismo in Giappone nel VI secolo d. C., un emblema della scuola zen.17

14KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 9.

15 William E. HARKINS, “Japanese Animal Prints”, Impressions, 15, 1989, p. 3. 16

KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 291.

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17

Nella Figura 6 un esempio di opera che raffigura unicamente il bue.

Figura 6. Mochizuki Gyokusen. Paravento con bue nero, Kuroushizu byōbu 黒牛図屏風. Periodo Meiji.

Si tratta di due pannelli di un paravento del periodo Meiji in inchiostro, pigmenti colorati e oro su carta, a opera dell’artista Mochizuki Gyokusen 望月玉川 (1834-1913). Lo sfondo dorato su cui si staglia l’immagine del bue nero fa risaltare la possanza della sua figura, illuminata dal blu acceso della cavezza che gli avvolge il capo. A dare un ulteriore tono all’animale è l’unione tra il realismo tipico della scuola Shijō, Shijōha 四条派, e le tecniche di prospettiva e ombreggiatura di stampo occidentale.18

Simili ritratti dell’animale venivano esposti durante vari eventi.19 La figura del bue si associa spesso,

infatti, alla celebrazione di festival, in parte dei quali viene cavalcato dai partecipanti.20 Tra i più

18https://collections.artsmia.org/art/118457/black-bull-mochizuki-gyokusen, 21/12/2019.

19

KAWAI, SINGER, The Life of Animals in…, p. 290.

20

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18

conosciuti vi sono lo Ushi matsuri 牛祭り, letteralmente “la festa del Bue”, celebrato nel templio Kōryū di Kyōto, Kōryūji 広隆寺, il cui scopo è quello di scacciare gli spiriti malvagi che causano disastri21; lo Obon お盆, festival estivo durante il quale si dice che gli spiriti degli antenati tornino a casa a far visita ai propri parenti per qualche giorno, per poi andarsene in sella a un cavallo o a un bue; il festival di Tanabata, Tanabata matsuri 七夕祭り, celebrato per la prima volta presso la corte di Nara nel 755 d. C., tempo in cui era conosciuto come Hoshi matsuri 星まつり, “festival delle stelle”.22 A questo matsuri è infatti connessa una leggenda, probabilmente di origine cinese, che

spiega il movimento delle stelle Vega e Altair.23 Secondo il mito, Orihime 織姫, figlia del Dio del

Firmamento, passava le proprie giornate a tessere indumenti, finché un giorno, per caso, incontrò un pastore di nome Hikoboshi 彦星 con il suo bue al seguito. I due giovani si innamorarono e, grazie al consenso del padre della ragazza, convolarono a nozze. Tuttavia, accecati dall’amore, finirono entrambi per dimenticarsi delle proprie mansioni: Orihime smise di tessere e Hikoboshi abbandonò il suo bue, che rimase solo a vagare nei cieli. Il Dio del Firmamento, irato a causa della loro negligenza, per punizione separò i giovani mandando Hikoboshi al lato opposto della Via Lattea. In questo mito Orihime rappresenta la stella Vega e Hikoboshi rappresenta la stella Altair.24

21

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 310.

22BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 311; John STEVENSON, Yoshitoshi's One Hundred Aspects of the Moon,

San Francisco, San Francisco Graphic Society, 1994, s. p.

23 Jeremy

ROBERTS, Japanese Mythology A to Z, New York, Chelsea House, 2009, p. 123.

(23)

19

Ginga no tsuki 銀河月 (La luna della Via Lattea), dell’autore Tsukiyoka Yoshitoshi 月岡芳年 (1839-1892) è un nishikie appartenente alla serie Tsukiyakushi 月百姿 (I cento aspetti della luna).

Figura 7. Tsukiyoka Yoshitoshi. La luna della via Lattea, Ginga no tsuki 銀河月. Periodo Meiji.

In primo piano sono raffigurati Hikoboshi e il suo bue, separati dal Fiume Celeste da Orihime, posta in secondo piano per creare un effetto di lontananza. La leggenda vuole che i due innamorati si possano rincontrare solo una volta all’anno, durante la settima notte del settimo mese, giorno in cui tutt’ora viene festeggiato in Giappone il festival di Tanabata.

La figura del bue, stimata sin dai tempi antichi, continua a fare sentire la propria presenza nella tradizione giapponese.

(24)

20

LA TIGRE

Il terzo segno dello zodiaco è la Tigre, in giapponese tora.

Simbolo di forza, coraggio e longevità1, la tigre è abbondantemente presente nell’iconografia di vari

paesi dell’Asia. Nella cosmologia cinese, adottata poi in Giappone, appare sia come una delle dodici figure dello zodiaco, sia come uno dei quattro animali dei punti cardinali2, rappresentando l’ovest e

la stagione dell’autunno. In quest’ultimo caso si tratta di tigre bianca: si dice che una tigre comune trasformi il suo manto nel colore della neve solo dopo aver vissuto cinquecento anni; dopo mille anni acquisirà, invece, l’immortalità.3

In passato in Giappone le tigri potevano considerarsi animali leggendari tanto quanto i draghi, in quanto non presenti sul territorio nipponico. La loro immagine fu infatti diffusa, insieme a quella di altri animali quali elefanti e gibboni, dalla Cina e dalla Corea.4 Ammirata come un esemplare esotico, venne introdotta fisicamente in Giappone durante il periodo Edo; l’importazione avvenne grazie agli olandesi attraverso il porto di Nagasaki, l’unico aperto al commercio estero al tempo. Con la fine dell’isolamento il Giappone si aprì al commercio internazionale, portando una crescita del numero di specie animali non autoctone e di conseguenti esibizioni popolari in cui le si potevano ammirare.5 Sconosciuta dunque al Giappone premoderno, la tigre venne per lungo tempo rappresentata nell’arte in maniera non realistica. Le sue raffigurazioni venivano create seguendo gli esempi giunti dal continente, utilizzando gatti come modello, attraverso interpretazioni superficiali o lasciandosi trasportare dall’immaginazione.6 Tenendo dunque in considerazione l’introduzione dell’animale sul

territorio nipponico in tempi relativamente recenti, le rappresentazioni della tigre possono essere osservate come un’espressione del suo spirito, piuttosto che come una riproduzione scientifica del

1

KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 57.

2

Gli altri animali sono: il drago blu, che rappresenta l’est e la primavera; la fenice vermiglia, che rappresenta il sud e l’estate; la tartaruga nera, che rappresenta il nord e l’inverno. Si veda, ad esempio, BALL, Animal Motifs in Asian

Art…, pp. 98-99.

3BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 100. 4 Mika

MERVIÖ, “Animals and Aesthetics in Japanese Art and Society”, in David G. Hebert (a cura di), International

Perspectives on Translation, Education and Innovation in Japanese and Korean Societies, Cham, Springer

International Publishing AG, 2018, p. 279.

5

KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 196.

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21

felino. Anatomicamente irreale, ma moralmente perfetta7, l’opera ha l’obiettivo di ritrarre la maestosità della tigre, non il suo corpo.

Nella Figura 1 un esempio di come la tigre veniva rappresentata durante il periodo Edo.

Figura 1. Tani Bunchō. Famiglia di tigri e gazze. Periodo Edo.

Dell’artista Tani Bunchō 谷文晁 (1763-1840), il rotolo in inchiostro e colori su seta riporta una famiglia di tigri. Nella parte superiore dell’opera delle gazze cantano osservando i felini; al centro, in primo piano, troviamo la famiglia al completo. L’esemplare più grande è il padre, che gioca coi due cuccioli intorno a lui. Sulla destra, a fianco del padre, compare la madre. Un occhio attento noterà

7

Risposta data da un artista giapponese, la cui opera ritraente una tigre era stata criticata per le proporzioni non reali. BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 114.

(26)

22

sicuramente che la pelliccia della madre differisce da quella degli altri membri della famiglia: non si tratta di pelo tigrato, bensì maculato. La madre ritratta è, difatti, un leopardo. Non c’è da stupirsi, in quanto all’epoca, a causa della sopracitata conoscenza limitata in ambito zoologico, si pensava che il leopardo fosse la femmina della tigre. È perciò comune trovare opere dell’epoca ritraenti leopardi descritti come tigri.8

L’artista giapponese divenuto celebre per le sue tigri è Gan Ku 岸駒 (1749-1839), fondatore della scuola Kishi, Kishiha 岸派, rinomata proprio per le raffigurazioni del felino.9 Anche la seguente opera è un rotolo dipinto su seta del periodo Edo.

Figura 2. Gan Ku. Tigre, Torazu 虎図. Periodo Edo

8

KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, pp. 115 e 196.

9

https://research.britishmuseum.org/research/search_the_collection_database/term_details.aspx?bioId=148413,

(27)

23

Con lo scopo di rendere la tigre più realisticamente possibile, l’opera è stata probabilmente realizzata osservando una pelliccia del felino come modello. Tuttavia, come nel caso del rotolo precedente, la mancata conoscenza dell’anatomia dell’animale appare chiaramente anche in questo esempio: la testa della tigre si presenta infatti particolarmente appiattita. Questa lacuna viene però compensata dall’abilità dell’artista nel ritrarre arti e coda in modo dinamico. Inoltre, le pennellate che creano il paesaggio su cui si staglia la figura della tigre, la roccia su cui poggia e, in particolare, l’acqua sottostante, esprimono la meticolosità nell’esecuzione dell’artista.10 Le onde che si infrangono sulla

roccia e la posa della tigre enfatizzano il senso di ferocia che già viene trasmesso attraverso la sua espressione irata.

Priva di timore, simbolo di audacia ed energia, in passato in Giappone e in vari paesi dell’Asia la tigre veniva particolarmente apprezzata dalla classe guerriera, che utilizzava amuleti che raffiguravano l’animale per ispirare coraggio durante le battaglie.11 A richiedere protezione al valore della tigre non

erano solo i guerrieri, ma anche la gente comune, che portava con sé amuleti del felino con lo scopo di respingere le malattie e di scacciare demoni e fantasmi.12

10https://research.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=784246&

partId=1&searchText=gan+ku&page=1, 24/12/2019.

11

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 102.

12

Silvia BEGOTTO, Avori della Collezione Bardi nel Museo d’Arte Orientale di Venezia, Tesi di Laurea magistrale, Università Ca’ Foscari di Venezia, 2016, p. 50; KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 57.

(28)

24

Oltre alle sue rappresentazioni singole e con la prole, la tigre viene principalmente ritratta assieme a due elementi naturali: canne di bambù e cascate. La combinazione più frequente vede, però, la tigre associata al drago. Nell’iconografia cinese adottata in Giappone tigre e drago sono portatori di pioggia e prosperità.

The breath of the tiger creates the wind and the breath of the dragon creates the clouds; together they create the rain which fructifies the earth and brings forth food for mankind.13

Entrambe le creature sono dunque animali di buon auspicio.

Il drago si libra in cielo e, sotto la sua figura, girovaga la tigre. La scena del drago che sovrasta la tigre rappresenta il potere degli elementi naturali sugli animali più forti.14 La loro relazione, però, simboleggia anche quella tra cielo e terra, rifacendosi al dualismo dei principi taoisti di yin e yang, che spiegano i fenomeni dell’universo in termini di dicotomia tra opposti. La tigre rappresenta le forze yin, il materiale, e il drago rappresenta le forze yang, lo spirituale.15

Nella Figura 3 e nella Figura 4 dei paraventi dipinti su seta del periodo Meiji sono un esempio della combinazione tigre-drago. L’artista è Hashimoto Gahō 橋本雅邦16 (1835-1908), rappresentante della corrente Nihonga 日本画 e uno degli ultimi maestri della scuola di pittura Kanō, Kanōha 狩野派.

Figura 3. Hashimoto Gahō. Paravento con drago e tigre, Ryūkozu byōbu 龍虎図屏風. Periodo Meiji.

13BALL, Animal Motifs in Asian Art…, cit., p. 114.

14 Ernest INGERSOLL, Dragons and Dragon Lore, New York, Payson & Clarke Ltd., 1928, p. 69. 15

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 113.

16

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25

Figura 4. Hashimoto Gahō. Paravento con drago e tigre, Ryūkozu byōbu 龍虎図屏風. Periodo Meiji.

Nella Figura 3 compaiono due draghi, immersi tra le nuvole e i fulmini della tempesta, sopra alle onde che schiumano di un mare in burrasca. Sulla terraferma, nella Figura 4, due tigri osservano lo spettacolo tra le canne di bambù. Il ruggito di una delle due tigri sembra riverberare nell’aria, esplicitando l’energia cinetica dell’intera immagine. Sia il dinamismo che la scelta dei colori differenziano quest’opera dai dipinti che tradizionalmente ritraevano il binomio tigre-drago17; tra i

modelli della scuola Kanō, ad esempio, si preferiva uno stile monocromo a inchiostro.18

Il tema della tigre e del drago fu decisamente popolare in Giappone e, pertanto, largamente riprodotto in tutte le forme dell’arte.19

17

http://www.seikado.or.jp/collection/modern/001.html, 24/12/2019.

18

KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 95.

(30)

26

La fama della tigre non si è arrestata e permane nella contemporaneità. Ne è un esempio Kikutora 菊 虎 (La tigre crisantemo)20, opera di arte digitale del collettivo teamLab.

Figura 5. teamLab. La tigre crisantemo, Kikutora 菊虎. Periodo Heisei.

Everything exists on a fragile continuity of life that knows no boundaries and has continued for a long, long time.21

20

Il video dell’opera si può ammirare a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=eH_vh1JutH4, 11/12/2019.

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27

L’opera consiste in un insieme di fiori di crisantemo che, sbocciando, formano l’immagine di una tigre. Segue la fioritura il fluttuare dei petali nell’aria: come si disperdono i fiori, si disperdono anche le parti che compongono la tigre.

Perfetta riproduzione dell’incanto dell’effimero, trasmette a chi la osserva il tipico gusto giapponese del wabi sabi 侘寂.

Signora della giungla, la tigre si mostra chiaramente dominatrice anche del panorama artistico giapponese, attraverso un legame con la tradizione forte quanto la sua figura.

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28

IL CONIGLIO

Il quarto segno dello zodiaco è il Coniglio, in giapponese u.1

In vari paesi dell’Asia si identifica anche con la lepre o con il gatto. Simbolo di longevità, del gatto si può dire che abbia le “sette vite”.2 Alla sua figura si associa, spontaneamente, l’immagine della

luna. La ragione risale a una credenza comune secondo cui osservando le regioni più scure della superficie della luna piena si possa ammirare la forma di un coniglio.3 Nasce così il mito del coniglio

lunare, in giapponese tsuki no usagi 月の兎. Si tratta di una leggenda buddhista, riproposta in diverse

1 Il termine che indica il coniglio in giapponese moderno è usagi. Attualmente usagi è un termine con cui si può

indicare sia la lepre, sia il coniglio, selvatico o domestico che sia. Secondo Hamada Yō e Li Xiang Shu in “Usagitachi to nihon no kingendai” (I conigli e il Giappone moderno e contemporaneo) in passato il termine usagi indicava solamente il nousagi 野兎, la lepre, in quanto unico genere presente sul suolo nipponico. I conigli selvatici, che in seguito vennero addomesticati, furono importati dagli olandesi nel XVI secolo. Dal periodo Edo la loro immagine iniziò a comparire nelle varie arti e nella cultura, amalgamandosi con quella della lepre. Nonostante, secondo gli autori del testo, i conigli di alcune leggende che vengono descritte in questo capitolo siano con più probabilità lepri, si è deciso di tradurre il termine usagi sempre con “coniglio”. Questo perché, tenendo in considerazione la ricerca da loro condotta, risulta chiaro che l’immagine che si ha attualmente in Giappone rispetto al termine usagi utilizzato in riferimento alla tradizione sia quella del coniglio. Gli autori stessi spiegano infatti come, attraverso le influenze europee, a rafforzarsi sia stata proprio la figura del coniglio, declassando totalmente la lepre ed egemonizzando così l’immaginario collettivo del Giappone moderno e contemporaneo.

HAMADA Yō, LI Xiang Shu, “Usagitachi to nihon no kingendai” (I conigli e il Giappone moderno e contemporaneo),

Teikyōdaigaku bungakubukiyō. Nihon bunkagaku, 42, 2010, pp. 169-184. 濱田陽、李珦淑、「うさぎたちと日

本の近現代」、帝京大学文學部紀要. 日本文化学、第42号、2010年、pp. 169-184. Si ringrazia il Professor Fiorenzo Lafirenza per gli approfondimenti riguardo ai caratteri cinesi;

https://kotobank.jp/word/%E9%87%8E%E5%85%8E-596275, 20/12/2019; https://kotobank.jp/word/%E3%82%A6%E3%82%B5%E3%82%AE-34444, 20/12/2019; https://kotobank.jp/word/%E3%82%A2%E3%83%8A%E3%82%A6%E3%82%B5%E3%82%AE-26308, 20/12/2019. 2 SPORTELLI, L’astrologia…, p. 65.

3HAMADA Yō, “Nihon jūnishikō ‹u›” (Considerazioni sui dodici segni dello zodiaco giapponese: il Coniglio), Teikyōdaigaku bungakubukiyō. Nihon bunkagaku, 42, 2010, p. 141. 濱田陽、「日本十二支考〈卯〉」、帝京

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versioni, che mira a esaltare le qualità del sacrificio e della carità.4 La storia narra di una divinità, travestita da asceta mendicante, che si rivolge a un coniglio e al suo gruppo di amici animali chiedendo loro del cibo per sfamarsi. La compagnia si mette subito all’opera per trovare delle provviste e, nel giro di poco tempo, quasi tutti i membri riescono a soddisfare la richiesta del mendicante; l’unica eccezione è il coniglio, incapace di trovare del cibo. Tuttavia, egli non si dispera e cerca un’alternativa: prega il mendicante di accendere un fuoco e si lancia tra le fiamme, offrendo così all’affamato la sua carne come nutrimento. Il mendicante, commosso dal gesto, rivela allora la sua natura divina e salva il coniglio. Inoltre, come premio, lo manda ad abitare sulla luna.

Nella versione cinese della leggenda si dice che il coniglio lavori sulla luna come produttore dell’elisir di lunga vita per la divinità lunare Chang’ E. In Giappone, invece, il coniglio lunare è addetto alla produzione di mochi 餅, tipico dolce nipponico, probabilmente per un gioco di parole: mochi è infatti un omofono e significa anche “luna piena”.5

4BEGOTTO, Avori della Collezione Bardi…, pp. 85-86.

5 Il carattere che indica mochi in quanto dolce è 餅 ; il carattere che indica mochi come luna piena è 望 .

https://kotobank.jp/word/%E9%A4%85-142450, 19/12/2019; https://kotobank.jp/word/%E6%9C%9B-131739,

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30

Nella Figura 1 un dettaglio di un surimono 摺物, stampa su commissione privata, del periodo Edo. L’artista Go Shun 呉春6 (1752 - 1811), fondatore della scuola Shijo, ritrae qui un coniglio con il suo

pestello per preparare i mochi nel mortaio. Sullo sfondo l’immancabile luna piena.

Figura 1. Dettaglio. Go Shun. Coniglio con pestello davanti alla luna. Periodo Edo.

6

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31

Intorno agli anni Venti del secolo scorso prosperò l’Art Déco, vivido riflesso di un’epoca moderna. Questo fenomeno nacque in Europa e viaggiò per il mondo, interessando anche il Giappone.7

Nella Figura 2 una creazione in bronzo su legno dell’artista giapponese Neya Chūroku 根箭忠緑 (1897-1987). Si tratta di un orologio da tavolo che raffigura un coniglio con pestello e mortaio. Il quadrante dell’orologio, dalla forma rotondeggiante, rappresenta la luna. L’unione tra l’abbondanza di figure geometriche ben definite e la figura leggendaria del coniglio lunare rende questa creazione un’ottima simbiosi tra tradizione e innovazione.

Figura 2. Neya Chūroku. Orologio da tavolo con coniglio che prepara i mochi sulla luna. Periodo Taishō e Shōwa.

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Grazie alla sua fama di animale di buon auspicio, simbolo di longevità, e stimato per la nota agilità, il coniglio si presenta come un’immagine perfetta per la decorazione degli equipaggiamenti per le battaglie. Nella Figura 3 un elmo del periodo Edo in ferro, rame, lacca blu e rossa, carta e canapa, ne riproduce le lunghe orecchie.

Figura 3. Elmo a forma di orecchie di coniglio. Periodo Edo.

Dalla metà del XVI secolo, simili elmi divennero popolari in Giappone, spesso raffiguranti animali e divinità. La ragione di tali decorazioni eccentriche non è tanto da ricercarsi nel gusto e nella moda del tempo. La scelta, infatti, ha basi pratiche: la visibilità degli elmi fungeva da bandiera, da annuncio sul campo di battaglia, permettendo di identificare i singoli guerrieri e le loro unità militari corrispondenti.8

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33 In Figura 4 un esempio di decorazione su arma.

Figura 4. Tsuchiya Yasuchika. Tsuba con coniglio che osserva la luna autunnale. Periodo Edo.

Si tratta di uno tsuba 鍔, guardia della spada, il cui motivo è di nuovo quello del coniglio e la luna. L’opera di Tsuchiya Yasuchika 土屋安親 (1670-1744) risale al periodo Edo ed è costruita in sentoku せんとく9 con dettagli in oro e argento.

Sulla porzione in basso a destra si può ammirare un coniglio che osserva la luna, in alto a sinistra, semicoperta dalle nuvole. Sia il coniglio che la luna tra le nubi sono in rilievo, insieme a una flora tipicamente autunnale. Sullo sfondo sono invece incisi dei giunchi.

Il coniglio è stato rappresentato nell’arte giapponese in svariate forme, sebbene non necessariamente accompagnato dalla luna. Simbolo di fecondità, l’immagine del coniglio veniva utilizzata nelle preghiere per avere dei figli sani10; nei santuari, invece, come simbolo di buon auspicio per aspetti

9

È una lega formata da rame, zinco, stagno e piombo.

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34

legati al matrimonio o al parto.11 Lo Hakuto jinja 白兎神社, nella città di Tottori, Tottorishi 鳥取市,

dell’omonima prefettura, è un esempio di santuario dedicato al deificato coniglio bianco di Inaba, Inaba no shirousagi 因幡の白兎12. Insieme alla leggenda Kachikachi yama かちかち山13 e alla leggenda del coniglio lunare, la storia del coniglio bianco di Inaba descritta nel Kojiki 古事記14 è annoverata tra i miti più conosciuti sui conigli in Giappone.

Nella Figura 5 un surimono in inchiostro e colore su carta risalente al periodo Edo, in cui Katsushika Hokusai 葛飾北斎 (1760-1849) ritrae proprio questa leggenda.

Figura 5. Katsushika Hokusai. Ōkuninushi, il coniglio bianco di Inaba e i coccodrilli, Ōkuninushi no mikoto to inaba no shirousagi to

wani 大国主命と因幡の白兎と鰐. Periodo Edo.

11

MERVIÖ, “Animals and Aesthetics in Japanese Art…”, p. 286.

12

Inaba è un’antica prefettura del Giappone, corrispondente all’attuale parte orientale della prefettura di Tottori.

13

Si veda, ad esempio, HAMADA, “Nihon jūnishikō ‹u›” (Considerazioni sui dodici segni…), pp. 153-156. 濱田、

「日本十二支考〈卯〉」、pp. 153-156.

14

Paolo VILLANI (a cura di), Kojiki. Un racconto di antichi eventi, Letteratura Universale Mille Gru, Venezia, Marsilio, 2006.

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35

La storia racconta di un coniglio che tentò di ingannare dei coccodrilli15. Cercando un modo per passare dalla sponda opposta del fiume, il coniglio riunì dei coccodrilli, li fece mettere in fila e, con la scusa di contare se fosse più numeroso il clan dei conigli o il clan dei coccodrilli, saltò sopra i dorsi dei temuti predatori, che formavano un ponte perfetto per raggiungere la meta. Tuttavia, arrivato all’ultimo dorso, il coniglio peccò di presunzione: convinto di essere ormai giunto a destinazione, derise i coccodrilli per essere caduti nel suo tranello. Gli alligatori, irati, gli si scagliarono contro, divorandogli il manto. Ferito e dolorante, il coniglio chiese aiuto a dei passanti, che si rivelarono essere gli otto fratelli del dio Ōkuninushi, Ōkuninushi no kami 大国主神. Se pensava di aver sofferto abbastanza dopo lo scontro con il coccodrillo, il povero coniglio si sbagliava: invece di aiutarlo, infatti, i fratelli lo ingannarono consigliandogli di gettarsi nel mare salato e asciugarsi al vento, provocandogli così atroci tormenti. Fortunatamente, però, arrivò Ōkuninushi, che aiutò il coniglio suggerendogli di lavarsi nell’acqua fresca del fiume e asciugarsi rotolandosi tra le spighe di mazzasorda, alleviandogli ogni pena. Il coniglio guarì e, pieno di gratitudine, rivelò una profezia al suo benefattore: sarebbe stato lui a sposare la Principessa Yakami, Yakamihime 八上比売 e a diventare il sovrano del regno, non i suoi crudeli fratelli. Il coniglio di questa storia, il quale messaggio sottolinea l’importanza della magnanimità, viene rappresentato nell’arte come coniglio bianco. Il suo nome, tuttavia, nacque con i caratteri shirousagi 素兎, in cui 素 rappresenta la nudità, mentre 兎 il coniglio, a simbolo del fatto che l’animale avesse perso la pelliccia nello scontro con i coccodrilli. Col tempo, però, il primo carattere venne sostituito con 白, indicante il colore bianco, trasformando il nome in shirousagi 白兎, probabilmente per l’omofonia. Di conseguenza, anche se non si trattava di un coniglio bianco, nell’immaginario collettivo lo divenne.16

Nel surimono in Figura 5, a fianco di Ōkuninushi, si trova il coniglio ritratto proprio con un manto bianco. Nella tradizione giapponese il colore bianco, associato agli animali, simboleggia l’espressione della volontà divina. Pertanto, molti animali quali scimmie, cervi e serpenti, il cui naturale colore differisce da tale tonalità candida, hanno iniziato a essere rappresentati nell’arte in bianco, come espressione di sacralità. Lo stesso destino ha toccato lepri e conigli, il cui manto, in natura,

15

In alcune versioni della storia si tratta di squali. HAMADA, “Nihon jūnishikō ‹u›” (Considerazioni sui dodici

segni…), p.142. 濱田、「日本十二支考〈卯〉」、p. 142.

16

HAMADA, “Nihon jūnishikō ‹u›” (Considerazioni sui dodici segni…), p. 157. 濱田、「日本十二支考〈卯〉」、

(40)

36

generalmente perde i propri toni scuri solo in zone innevate per permettere all’animale di nascondersi dai predatori. Persino il coniglio lunare, nato dalle macchie buie della luna, è entrato nell’immaginario comune dipinto di bianco.17

Qualsivoglia colore gli si attribuisca, la presenza del coniglio nell’arte e nella tradizione nipponica, dai tempi del Kojiki ai giorni nostri, rimane solida e legata alla sfera del divino.

17HAMADA, “Nihon jūnishikō ‹u›” (Considerazioni sui dodici segni…), pp. 156-157. 濱田、「日本十二支考

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37

IL DRAGO

Il quinto segno dello zodiaco è il Drago, in giapponese tatsu.

Il drago viene convenzionalmente ritratto come un essere mostruoso dall’aria torva in cui si uniscono le caratteristiche di più creature: si dice abbia la testa del cammello con le corna del cervo, la nuca del serpente, le orecchie del bue, gli occhi della lepre, le zanne acuminate e una lunga barba ondeggiante, un corpo serpentino ricoperto di squame di carpa e con un ventre di shin 蜃1, quattro arti con zampe di tigre munite di artigli2 affilati di falco, con appendici simili a fiamme su spalle e fianchi.3 Privo di ali, possiede comunque l’abilità di volare, trascendendo le leggi della fisica grazie alla sua suprema conoscenza che spazia fino all’ambito della magia.4 Inoltre, il suo potere supera

quello di qualsiasi creatura, tanto da permettergli di trasformarsi nell’essere che preferisce, assumendo un numero di forme, persino umane, illimitato.5

Nonostante sia chiaro che si tratti di una creatura leggendaria frutto dell’immaginazione umana, in antichi testi cinesi e giapponesi veniva descritto come fosse un essere reale.6 Questa credenza pare sia nata dal fatto che il drago compare tra gli animali dello zodiaco, i quali, escludendolo, sono tutti creature esistenti.7

In Cina i draghi sono associati alla direzione in cui sorge il sole, l’est, e alle azioni positive.8 Le

antiche leggende li dipingono come spiriti buoni: nel taoismo, ad esempio, si prodigano ad aiutare gli umani. Una visione più negativa di questa creatura mitologica iniziò a diffondersi con l’arrivo del

1 Si tratta di una creatura mitologica capace di creare miraggi. Il carattere di shin è lo stesso con cui si scrive la

parola “miraggio”, shinkirō 蜃気楼.

2 Nella tradizione giapponese il numero di artigli è tre, mentre nella tradizione cinese è quattro, fatta eccezione per

la figura del drago legata all’Imperatore, la quale viene rappresentata con cinque artigli. BALL, Animal Motifs in

Asian Art…, p. 96. 3

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 67; HAMADA Yō, “Nihon jūnishikō ‹tatsu›” (Considerazioni sui dodici segni dello zodiaco giapponese: il Drago), Teikyōdaigaku bungakubukiyō. Nihon bunkagaku, 43, 2011, p. 76. 濱田陽、「日本十二支考〈龍〉」、帝京大学文學部紀要. 日本文化学、第43号、2011年、p. 76;

INGERSOLL, Dragons and Dragon…, pp. 67-68.

4

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 77.

5BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 68; ROBERTS, Japanese Mythology…, p. 32. 6BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 64.

7

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 79.

8 Jeremy

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38

buddhismo nel Paese, che introdusse un gran numero di concetti e miti indiani, tra cui la figura del nāga, il drago indiano9, spirito maligno associato alla distruzione.10 Rimase comunque la distinzione tra i perfidi draghi delle montagne e i benevoli draghi d’acqua che portano beneficio. In seguito, i miti che lo riguardavano divennero sempre più complessi e si formarono numerose specie di draghi nell’immaginario comune, ognuna con un proprio compito.11

In Giappone la sua figura venne introdotta dalla Cina dai monaci buddhisti intorno al periodo Heian

12; subita l’influenza sia indiana che cinese, la terra del Sol Levante mescolò gli elementi di queste

tradizioni con concetti autoctoni, creando una terza tipologia di drago e delle leggende a essa associate prettamente nipponiche.13 Inoltre, grazie allo shintō, gli aspetti superstiziosi e negativi del buddhismo,

quali riti e idee che accompagnavano il culto del nāga, col tempo si indebolirono, lasciando spazio a una naturale sensibilità alla bellezza che contraddistingue la figura del drago.14

Le sue prime rappresentazioni nell’arte giapponese sono opera del pittore Chō Densu 兆殿司15 (1352-prima metà del XV secolo), il quale le creò, in particolare, come decorazioni dei soffitti dei templi.16 Da allora sino a oggi la produzione di draghi nell’arte non si è mai arrestata.

Nelle Figura 1 e Figura 2 due dipinti dell’artista Murakami Takashi 村上隆 (1962-), ognuno formato da nove pannelli di diciotto metri in acrilico su tela. Il soggetto è quello del drago e le nuvole.

9 La forma del nāga è, in realtà, quella di un serpente, ma in cinese il termine è stato tradotto con il carattere di

drago ed è entrato nell’immaginario comune come tale. Di conseguenza, in Giappone, in cui si utilizzavano le traduzioni cinesi dei testi buddhisti, la figura del drago fu accolta come quella cinese, seppur diversa dal nāga originario. F. J. DANIELS, “Snake and Dragon Lore of Japan”, Folklore, 71, 3, 1960, p. 158.

10

Marinus Willem DE VISSER, The Dragon in China and Japan, New York, Cornell University Library e Microsoft, 1913, p. 9; ROBERTS, Japanese Mythology…, pp. 32-33.

11ROBERTS, Chinese Mythology…, p. 34. 12

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 96.

13

DE VISSER, The Dragon in China…, p. 9.

14

INGERSOLL, Dragons and Dragon…, p. 72.

15

Nome di battesimo: Kitsusan Minchō 吉山明兆.

16

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39

Figura 1. Murakami Takashi. Drago e nuvole: indaco, Unryū indigoburū 雲竜インディゴブルー. Periodo Heisei.

Figura 2. Murakami Takashi. Drago e nuvole: mutazione rossa, Unryū akahenzu 雲竜赤変図. Periodo Heisei.

Il drago viene spesso raffigurato con il corpo parzialmente coperto dalle nuvole, in quanto si dice che nessuno possa osservare la sua intera figura e sopravvivere.17 Detentore della conoscenza assoluta, custode di tesori e misteri, fin dall’antichità in Cina si è reso simbolo dell’Imperatore. Similmente, anche in Giappone la sua figura è connessa a quella della casa imperiale: si diceva che in passato l’Imperatore fosse figlio del drago e, per tale motivo, dovesse rimanere nascosto dietro a delle tende di bambù ogni qualvolta ricevesse delle visite, allo scopo di non regalare un terribile destino ai suoi ospiti.18 Nell’opera di Murakami troviamo infatti due draghi il cui corpo serpentino esce dal dipinto,

non permettendocene la vista per intero.

I draghi di Murakami sono ispirati all’opera Unryūzu 雲龍図 (Drago e nuvole) di Soga Shōhaku 曾 我蕭白 (1730–1781)19, artista del periodo Edo conosciuto per il suo stile di pittura eccentrico e

anticonvenzionale. Si tratta di fusuma 襖, pannelli verticali scorrevoli che fungono da porte all’interno

17

Ibidem.

18

INGERSOLL, Dragons and Dragon…, p. 66.

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40

di edifici quali templi e abitazioni tradizionali; i quattro pannelli che rappresentano la porzione di corpo che collega la testa del drago alla coda sono andati persi.

Figura 3. Soga Shōhaku. Drago e nuvole, Unryūzu 雲龍図. Periodo Edo.

Shōhaku presents one of the most popular subjects of Japanese ink painting in a manner that on one hand makes reference to revered images from the past, but on the other displays his unconventional use of brush and ink.20

Il drago, dipinto in inchiostro su carta, si staglia su uno sfondo di un nero corvino, che crea un senso di oscurità. In quest’opera si predilige il monocromatismo e l’intensità delle pennellate crea un dinamismo unico. Si dice che Shōhaku abbia creato da sé dei pennelli voluminosi per raggiungere l’effetto desiderato e che abbia utilizzato anche le proprie mani per completare il dipinto, mettendo tutto se stesso nell’opera.21

The distinctive representations from traditional Japanese mythology allowed Shōhaku to conjure a fantastic world where overloaded ink drips verge on abstraction, transforming the dragon from more conventional depictions into a vivid, animated monster.22

20https://www.mfa.org/news/dragon-and-clouds, 26/12/2019. 21https://www.youtube.com/watch?v=XExo31VCzKU, 26/12/2019. 22https://gagosian.com/exhibitions/2010/takashi-murakami/, 26/12/2019.

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Figura 4. Soga Shōhaku. Dettaglio. Drago e nuvole, Unryūzu 雲龍図. Periodo Edo.

Figura 5. Soga Shōhaku. Dettaglio. Drago e nuvole, Unryūzu 雲龍図. Periodo Edo.

Dall’ammirazione per quest’opera e questo autore sono nati i draghi di Murakami Takashi23, in una

sofisticata nuova versione a colori, che incanta l’immaginazione degli osservatori con la propria forza e vitalità.

Non solo nei suoi dipinti, ma anche nella tradizione, i draghi si presentano in varie tonalità: il drago bianco, il cui respiro si trasforma in oro; il drago viola, la cui saliva diventa cristallo; il drago blu (o verde, a seconda delle versioni), uno dei quattro animali dei punti cardinali; e molti altri. Oltre che per i loro colori, i draghi vengono classificati anche a seconda delle loro funzioni e caratteristiche di vario genere: ci sono, ad esempio, i fukuryū 福龍, “i draghi della fortuna” e i suiryū 水龍, “draghi d’acqua” portatori di pioggia. Nell’arte giapponese troviamo spesso invece i noboriryū 昇り竜,

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“draghi ascendenti”, e kudariryū 降り竜, “draghi discendenti”. Durante l’equinozio di primavera si racconta che i draghi salgano in cielo, mentre durante l’equinozio d’autunno discendano nei fiumi.24

Nella Figura 6 un esempio di noboriryū. L’opera è un ukiyoe 浮世絵 intitolato Toryū no Fuji 登龍 の不二 (Il drago ascendente del monte Fuji), tratto dalla serie Fugaku hyakkei 富嶽百景 (Le cento famose vedute del monte Fuji), dell’artista Katsushika Hokusai.

Figura 6. Katsushika Hokusai. Il drago ascendente del monte Fuji, Toryū no Fuji 登龍の不二. Periodo Edo.

La figura del drago che sale verso il monte Fuji simboleggia il successo nella vita e predice tempi prosperi.25 Questa creatura leggendaria si mostra anche qui parzialmente nascosta dalle nuvole da

essa stessa prodotte. Il respiro del drago, infatti, si dice sia carico di fuoco e acqua e si espliciti in 24

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, pp. 68 e 88; INGERSOLL, Dragons and Dragon…, pp. 67-69.

25 Ibidem;

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spirali di nuvole, considerate la manifestazione di forze cosmiche.26 Il drago non è da ritenersi una semplice creatura del mondo animale, ma un’incarnazione delle forze della natura. Fin dai tempi antichi gli uomini hanno considerato elementi dell’ambiente e fenomeni quali mari, laghi, fiumi, cascate, venti, tuoni, piogge, tifoni come segni del drago. Sebbene la sua simbologia lo definisca principalmente come portatore di pioggia che nutre e ricarica la terra e, di conseguenza, donatore di gioia e tempi floridi per l’uomo, è da tener presente che la sua figura può avere anche un risvolto nefasto: la sua pioggia può provocare inondazioni, le sue tempeste distruzione. Il suo spirito, pertanto, non è semplicemente da venerare ma anche da propiziare.27

26

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, p. 68.

27

BALL, Animal Motifs in Asian Art…, pp. 77 e 85; HAMADA, “Nihon jūnishikō ‹tatsu›” (Considerazioni sui dodici

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Grazie alla sua energia straordinaria e ai mistici poteri il drago è stato considerato un simbolo perfetto per la decorazione di armi e armature. Nelle Figura 7 e Figura 8 una tipica armatura in ferro, lacca, oro, argento, leghe in rame, pelle e seta del XVIII-XIX secolo.

Figura 7. Armatura con draghi e nuvole. Periodo Edo.

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Nella Figura 8 si vede il dettaglio della corazza, che riporta il motivo del drago e delle nuvole. Al tempo simili armature decorate con draghi venivano prodotte in larga scala e addirittura illustrate nei dipinti. Un esempio di armatura di tendenza durante il periodo Edo, ispirata alla moda delle armature in voga dal XIII al XV secolo, si può osservare nella Figura 9.

Figura 9. Armatura con drago. Periodo Edo.

Si tratta di un’armatura in ferro, oro, argento, rame, pelle, legno, lacca, seta, canapa e pelliccia d’orso. Sull’elmo è affissa la figura del drago, intagliata nel legno e rivestita di foglie d’oro. Il drago veniva considerato anche come una trasformazione dello spaventoso Fudō Myōō 不 動 明 王 , divinità buddhista che obbligava i nemici alla resa ma offriva loro la salvezza.28 In qualità di apparizione di Fudō Myōō, il drago prende il nome di Kurikara 倶利伽羅 e viene spesso rappresentato attorcigliato attorno a una spada.

28

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Figura 10. Il drago Kurikara. Periodo Kamakura.

La Figura 10 rappresenta il drago Kurikara in un’opera in legno, ferro e cristallo risalente al periodo Kamakura. Qui il drago, intento a ingoiare la punta della lama, è avvolto a spirale attorno alla spada, come fosse una scossa di corrente elettrica che percorre il cuore in metallo dell’arma. La spada è intrisa di poteri magici: può curare le malattie e portare la pioggia.29

Nata come figura che mescola in sé le influenze del continente con la tradizione autoctona, il drago si è mostrato essere più di una semplice creatura immaginaria. Pur seguendo la tradizione antica, il drago è in continua evoluzione e viaggia nella storia incorporando nuovi elementi che trasformano la sua immagine. Nonostante la sua esistenza, i suoi poteri e i miti a esso associati siano ormai considerati delle mere superstizioni, la sua presenza nell’arte giapponese rimane solida e apprezzata, in quanto verso il drago si proverà sempre, quasi inconsciamente, un primordiale senso di fascinazione.30

29

KAWAI, SINGER, The Life of Animals…, p. 70.

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