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Sindrome dell'ovaio micropolicistico: differenze nella presentazione clinica, biochimica e metabolica in un'ampia coorte di pazienti.

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Titolo

Sindrome dell’ovaio micropolicistico: differenze

nella presentazione clinica, biochimica e

metabolica in un’ampia coorte di pazienti.

Relatore:

Prof. Massimo Tonacchera

Candidato:

Roberta Asaro

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INDICE

Riassunto ... 1

PARTE I ... 4

1. Introduzione: La sindrome dell’ovaio micropolicistico ... 4

1.1 - Definizione ... 4

1.2 - Storia e diagnosi di PCOS ... 4

1.3 - Eziologia ... 8

1.4 - Fisiopatologia ... 14

PARTE II ... 18

2. Quadro clinico della sindrome dell’ovaio micropolicistico ... 18

2.1 – Iperandrogenismo ... 18

2.2 – Disordini mestruali ed infertilità ... 21

2.3 – Alterazioni metaboliche ... 22 PARTE III ... 26 3. Studio clinico ... 26 3.1 – Pazienti e metodi ... 26 3.2 - Dosaggi ... 28 3.3 - Analisi Statistica ... 29 3.4 - Risultati ... 30 3.5 - Discussione ... 48 BIBLIOGRAFIA ... 54

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Riassunto

La sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS) è la più comune endocrinopatia delle donne in età fertile.

Numerosi studi epidemiologici suggeriscono che la sua prevalenza sia del 5 -10 % e questo dato fa di questa sindrome la principale causa di infertilità anovulatoria ed irsutismo.1

Le donne affette da PCOS oltre ad avere alterazioni in ambito riproduttivo come infertilità, irregolarità mestruali e maggiore rischio di aborto, hanno anche un maggiore rischio metabolico e cardiovascolare rispetto alla popolazione generale.4

La sindrome è, infatti, spesso accompagnata da obesità, dislipidemia ed insulino-resistenza che può essere presente sia nelle donne con PCOS obese che in quelle non obese.

Ad oggi non è stato ancora compreso il meccanismo fisiopatogenetico della sindrome: la si considera un disordine eterogeneo ad eziologia multifattoriale.47

Il rischio di PCOS è significativamente più alto in presenza di una storia familiare di anovulazione cronica ed eccesso di androgeni e questo dato suggerisce un ruolo eziologico della genetica con complesso modello di ereditarietà.15 È stato dimostrato che

anche diversi fattori ambientali hanno un ruolo eziologico insieme alla genetica: l’esposizione a fattori ambientali prenatali e postnatali (elevati livelli di LH materni38,

elevati livelli di AMH in utero52, acido valproico37, interferenti endocrini36)

contribuiscono all’alterazione della regolazione neuroendocrina e a favorire lo sviluppo della sindrome.

La fisiopatogenesi prevede un’interazione tra tre condizioni che si intersecano e si alimentano l’un l’altra quando presenti: incremento dei valori plasmatici di LH, obesità a distribuzione centrale ed insulino resistenza.

Non essendo ancora chiaro il meccanismo fisiopatogenetico ed avendo un quadro sintomatologico eterogeneo, i lavori in letteratura non hanno ancora chiarito i criteri diagnostici univoci della PCOS. La diagnosi oggi viene posta frequentemente secondo i criteri diagnostici della Consensous Conference ESHRE-ASRM di Rotterdam del 20039,10, ovvero identificando nelle pazienti almeno due tra: iperandrogenismo clinico

e/o biochimico, oligo-anovulazione e aspetto micropolicistico ovarico all’ecografia. Per fare diagnosi di PCOS di fronte ad una paziente iperandrogenica è necessario anche

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surrenalici secernenti androgeni, malattia/sindrome di Cushing, iperprolattinemia, ipotiroidismo etc.).

Lo scopo di questo studio è stato quello di analizzare le caratteristiche cliniche, biochimiche e metaboliche di 598 pazienti affette da PCOS diagnosticata secondo i criteri diagnostici di Rotterdam del 20039,10 e, successivamente, dividere la popolazione in

studio nei 4 fenotipi descritti secondo i criteri diagnostici AES 200613 per valutare

eventuali differenze in termini di presentazione clinica, ormonale e metabolica dei diversi fenotipi.

Dalla prima parte dello studio è emerso che nelle 598 pazienti c’è un’alta prevalenza di irsutismo che risulta essere la principale manifestazione clinica dell’iperandrogenismo (90 %) (mediana del punteggio di Ferriman-Gallwey 14 con intervallo interquartile 10-20), seguita da acne (55 %) ed alopecia (30 %).

Tra le manifestazioni cliniche di disordini mestruali la più frequente è l’oligo-amenorrea (60 %) seguita da amenorrea (35 %) e poi da polimenorrea (5 %).

Il 70% ha aspetto micropolicistico delle ovaie all’ecografia.

Più della metà delle pazienti (62%) ha un IMC (indice di massa corporea) ³ 25 kg/m2 ed

è quindi in sovrappeso o francamente obesa, nonostante questo dato, solo il 20% delle pazienti aveva elevati valori di LDL, colesterolo totale e trigliceridi. L’alterazione lipidica riscontrata più frequentemente (30%) è stata la riduzione dei livelli di HDL al di sotto di 50 mg/dl che è il cut-off di normalità dei livelli di colesterolo HDL secondo quanto stabilito recentemente da studi di Carrol et al.

Le alterazioni del profilo lipidico, oltre ad essere associate all’obesità, sono state riscontrate più frequentemente nelle pazienti insulino-resistenti (IR) rispetto alle non insulino-resistenti (NIR). Per valutare se le pazienti fossero insulino resistenti o no è stato calcolato l’HOMA index con la formula glucosio basale (mmol/L) x insulina basale (mgU/ml) /22,5. Quelle che hanno un HOMA index ³ 2,5 sono considerate IR e corrispondono al 28% della popolazione in studio, quelle che hanno HOMA index < 2,5 sono, invece, NIR e corrispondono al restante 72% della popolazione in studio. Tramite analisi statistica con Mann Whitney U test è stato riscontrato che le pazienti IR hanno in media livelli più alti di colesterolo totale, LDL, trigliceridi e livelli più bassi di HDL rispetto alle NIR.

Questi dati sono stati confermati dalle elaborazioni statistiche che dimostrano che HDL diminuisce all’aumentare di IMC e HOMA index e FAI (free androgen index che è stato calcolato con la formula: FAI= T (nmol/L) x 100/ SHBG (nmol/L)); LDL e trigliceridi

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Anche il FAI aumenta all’aumentare di IMC e quindi è presumibile che l’obesità abbia un ruolo sia nella patogenesi della dislipidemia che nella patogenesi dell’iperandrogenismo.

Nella seconda parte dello studio, le pazienti sono state suddivise in 4 fenotipi in base alla loro presentazione clinica:

- Fenotipo 1: pazienti con iperandrogenismo clinico e/o biochimico, oligo-anovulazione ed ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia;

- Fenotipo 2: pazienti con iperandrogenismo clinico e/o biochimico ed oligo-anovulazione;

- Fenotipo 3: pazienti con iperandrogenismo clinico e/o biochimico ed ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia;

- Fenotipo 4: pazienti con oligo-anovulazione ed ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia.

È stato fatto un confronto tra i diversi fenotipi per evidenziare la presenza di eventuali differenze metaboliche associate alla diversa presentazione clinica.

Le analisi multivariate ed univariate hanno evidenziato delle differenze metaboliche significative tra i fenotipi: il 1° e il 2° fenotipo sono quelli con un quadro sintomatologico più rilevante (soprattutto il primo che è completo) e l’analisi univariata ha dimostrato che sono anche quelli con un quadro metabolico più sfavorevole: l’IMC è significativamente maggiore, HDL significativamente più basso e HOMA index è significativamente più alto.

Il fenotipo 4, quello senza iperandrogenismo e con un quadro sintomatologico più leggero e sfumato ha un quadro metabolico significativamente migliore.

Allo scopo di capire se queste variabili dipendano più dal fenotipo o più dal IMC, è stata fatta un’ulteriore analisi multivariata che suggerisce che HDL ed HOMA siano effetto più dell’IMC che del fenotipo.

Questo dato suggerisce che sicuramente ci sono correlazioni tra i vari parametri che si intersecano l’un l’altro esacerbando il quadro sintomatologico della sindrome, ma l’aumento del rischio cardiovascolare attribuito alla PCOS potrebbe non essere dovuto tanto alla sindrome in sé ma piuttosto all’associazione che spesso questa ha con l’obesità. Al fine di migliorare l’outcome delle pazienti ogni trattamento farmacologico deve, quindi, essere personalizzato in base al fenotipo e non può prescindere dalla correzione dello stile di vita, dieta ed attività fisica.

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PARTE I

1. Introduzione: La sindrome dell’ovaio micropolicistico

1.1 - Definizione

La sindrome dell’ovaio micropolicistico (PCOS) è la più comune endocrinopatia delle donne in età fertile. Numerosi studi epidemiologici suggeriscono che la sua prevalenza sia del 5 -10 %1. Ha un’incidenza tale da essere considerata la principale causa di

infertilità anovulatoria ed irsutismo con delle conseguenze psicologiche, sociali ed economiche nelle donne che ne sono affette.2,3

Oltre ad essere la principale causa di infertilità, questa condizione rappresenta anche un importante fattore di rischio per lo sviluppo di obesità, sindrome metabolica e, di conseguenza, rappresenta anche un fattore di rischio cardiovascolare.4

1.2 - Storia e diagnosi di PCOS

I primi a descrivere la sindrome dell’ovaio micropolicistico furono Stein e Leventhal nel 1935: nel loro studio riportano diversi casi di donne obese con oligoamenorrea, irsutismo, infertilità e con ovaie cistiche e di dimensioni aumentate.

In particolare, riportarono 7 casi di donne: 5 erano infertili, 3 erano obese, 3 presentavano irsutismo.

Per molti anni, infatti, si parlò di “Sindrome di Stein e Leventhal”, “sindrome” proprio per sottolineare l’impossibilità di poter definire in maniera univoca questa condizione che i due studiosi videro manifestarsi in modi diversi e che non era pertanto diagnosticabile con dei precisi criteri.

Tutte 7 le donne dello studio riacquistarono una normalità dei cicli mestruali dopo la resezione parziale delle ovaie e addirittura 2 di loro ebbero una gravidanza. Per questo motivo Stein e Leventhal proposero una diagnosi “a posteriori” in base agli outcomes delle pazienti, diagnosi aiutata dalla ricerca delle cisti ovariche tramite pneumoroentgenografia e laparotomia.5

Questi metodi diagnostici invasivi e poco pratici furono abbandonati grazie all’avvento dei dosaggi ormonali del 1970 6 e grazie all’ultrasonorografia ad alta risoluzione arrivata

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Nel 1990 i primi a tentare di stabilire dei criteri clinici diagnostici della sindrome furono degli studiosi riunitisi presso il National Institutes of Health (NIH): essi posero l’attenzione su 3 aspetti fondamentali della patologia:

• Anovulazione cronica

• Iperandrogenismo clinico e/o biochimico

• Esclusione di altre cause di iperadrogenismo (iperplasia surrenale congenita, iperprolattinemia, disfunzioni tiroidee, tumori secernenti androgeni).

Questi criteri dei NIH non includevano, però, riferimenti alla morfologia delle ovaie delle pazienti e per questo motivo non trovarono unanime consenso da parte della comunità scientifica.

Al fine di includere l’aspetto micropolicistico delle ovaie come terzo indicatore diagnostico, nel 2003, la European Society of Human Reproduction and Embriology/American Society of Reproductive Medicine tenne una Consensous Conference a Rotterdam.

I criteri di Rotterdam 9,10, tutt’ora utilizzati per fare diagnosi di PCOS, prevedono la

presenza di almeno 2 su 3 di queste condizioni:

• Oligo-anovulazione;

• Iperandrogenismo clinico (acne, seborrea, alopecia, irsutismo) e/o biochimico; • Policistosi ovarica (almeno un ovaio con 12 o più follicoli di diametro compreso

tra 2 e 9 mm, a prescindere dalla loro disposizione e/o volume ovarico >10 cm).

In base a tali criteri sono stati descritti tre possibili fenotipi11:

1. Iperandrogenismo clinico e/o biochimico con oligo-anovulazione cronica, con o senza ovaie policistiche (PCOS classica o criterio NIH 1990)

2. Iperandrogenismo clinico e/o biochimico e ovaie policistiche con cicli ovulatori (PCOS ovulatoria)

3. Anovulazione cronica ed ovaie policistiche, ma senza iperandrogenismo clinico e/o biochimico.

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I primi due fenotipi sembrano essere parte della stessa patologia, entrambi con iperandrogenismo, ovaie policistiche, insulino-resistenza e aumento del rischio cardiovascolare.

Per quanto riguarda il terzo fenotipo, invece, molti si sono dimostrati scettici nel considerarlo realmente parte della PCOS, non mostrando iperandrogenismo clinico né biochimico.

Nonostante queste rimostranze ed incertezze, ad oggi i criteri di Rotterdam sono ancora il riferimento diagnostico maggiormente utilizzato nella pratica clinica.12

Nel 2006 la AES (Androgen Excess Society) ha proposto i suoi criteri 13 diagnostici

basandosi su delle conclusioni:

1- La PCOS è un disordine da iperandrogenismo e la diagnosi non può essere certa in assenza di esso;

2- Bisognerebbe tener conto della morfologia delle ovaie perché secondo i loro dati il 75% delle donne con PCOS mostravano l’aspetto tipico all’ultrasonografia transvaginale;

3- L’ oligo-anovulazione non è universalmente presente nelle donne affette da PCOS, nonostante comunque le PCOS ovulatorie rappresentino una minoranza. 4- L’eumenorrea in presenza di segni clinici di iperandrogenismo (es. irsutismo) non

può essere usata per stabilire che ci sia un normale ciclo ovulatorio.

5- Bisogna escludere tutte le altre possibili cause di iperadrogenismo (iperplasia surrenale congenita, iperprolattinemia, disfunzioni tiroidee, tumori secernenti androgeni)

Secondo la Task Force AES del 2006, per fare diagnosi di PCOS bisognerebbe riferirsi ai criteri NIH del 1990, tenendo conto, però, delle modifiche apportate dalla conferenza di Rotterdam del 2003.

Molti dati evidenziavano che le donne con irsutismo e/o iperandrogenismo e oligoovulazione con e senza aspetto micropolicistico delle ovaie e le pazienti con iperandrogenismo e /o irsutismo e normoovulazione con aspetto micropolicistico delle ovaie avevano un aumento del rischio di disfunzione metabolica.

Invece le donne con solo ovaio micropolicistico con o senza anovulazione ma senza iperandrogenismo e / o irsutismo non avevano un aumentato rischio metabolico.

Ovviamente l’incidenza della disfunzione metabolica è aumentata significativamente dalla concomitante presenza di obesità, e ogni paziente ha delle caratteristiche non

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costanti come cambiamenti del peso corporeo e dello stile di vita che influenzano il rischio metabolico in maniera indipendente dalla PCOS.

In conclusione, secondo quanto stabilito dalla AES nel 2006 le donne senza evidenza clinica e /o biochimica di iperandrogenismo non dovrebbero essere classificate come PCOS, essendo questa un disordine da iperandrogenismo per definizione, però il comitato di scrittura ha riconosciuto la possibilità che esistano forme di PCOS senza eclatanti evidenze di iperandrogenismo.13

Per definire ancora meglio questo punto in questione, la AES nel 2009 si è nuovamente riunita, perché, sulla base di quanto sopra riportato, essendo quella di PCOS una diagnosi associata a rischio metabolico e cardiovascolare, necessita di essere ben definita.

Cercarono, quindi, di rivedere tutti gli studi fino ad allora pubblicati tramite una metanalisi in modo da poter fornire dei dati su cui basare diagnosi e ricerche future. Quello che venne fuori da questo lavoro fu che: il valore della specifica definizione di PCOS potrebbe variare in base alle preoccupazioni riguardo l’individuo in studio. - Per esempio, la definizione proposta da AES 2006 dipende molto dal rapporto di

iperandrogenismo con la disfunzione metabolica. Quindi, se la preoccupazione finale riguardasse le morbilità cardiovascolari a lungo termine delle pazienti con PCOS, sarebbe più appropriato definire il disturbo usando i criteri NIH 1990 o i criteri della AES 2006.

- Se, invece, l’interesse fosse quello di determinare la genetica alla base di un tratto complesso, allora potrebbe essere necessario massimizzare l’omogeneità della popolazione usando criteri più restrittivi come NIH 1990 o ancora più limitato a uno o due fenotipi specifici della Tabella 1.

- Infine, se l’interesse fosse quello di determinare il rischio di infertilità anovulatoria e/o iperstimolazione durante l’induzione dell’ovulazione, i criteri più ampi, come quello proposto da Rotterdam nel 2003, potrebbero essere più appropriati.14

Per questo motivo il fenotipo 3 secondo i criteri di Rotterdam è attualmente riconosciuto come sottotipo di PCOS, ma tutti concordano nel dire che la definizione di malattia necessita di ulteriori ricerche e scoperte per essere definita con più chiarezza.14

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1.3 - Eziologia

La PCOS può essere considerata una complessa ed eterogenea sindrome con molteplici aspetti ormonali e metabolici scatenata e mantenuta dalla combinazione di ereditarietà genetica e suscettibilità a fattori di rischio ambientali. La loro combinazione non è ancora chiara.15

1.3.1 L’ipotesi genetica

Nel 1968 per la prima volta fu ipotizzata una causa genetica16 (Cooper et al.). Da lì in

poi in molti studi si cercò di avvalorare questa tesi analizzando diversi aspetti della patologia.

• Gruppi etnici

Furono evidenziate delle differenze nella risposta di insulina al glucosio al test di carico da glucosio tra donne bianche e donne indiane con la sindrome17 (Norman et

al. 1995)

Altri autori (Legro et al., 1999) hanno suggerito che la PCOS è un fattore di rischio più importante dell’etnia o razza per l’intolleranza al glucosio nelle giovani donne18.

• Gemelle

Studi su gruppi di gemelle omozigoti paragonarono il profilo steroideo, livelli di FSH e LH trovando correlazioni importanti nelle gemelle omozigoti con PCOS19,20

(McDonough et Al, 1972; Hutton & Clark 1984) e studi australiani hanno riscontrato 50% di incidenza di PCOS in 34 paia di gemelle studiate.

L’alta discordanza nelle immagini sonografiche tra gemelle suggerisce un complesso modello di ereditarietà e/o un importante ruolo dei fattori ambientali nei meccanismi di trasmissione genetica21 (Jahnfar et al 1995).

Questi autori hanno suggerito che l’alta prevalenza di PCOS tra gemelle può essere spiegata sia da fattori genetici a complesso modello di ereditarietà, che da fattori che agiscono durante la vita prenatale e postnatale21.

• Famiglie

La morfologia ovarica, l’irregolarità mestruale e i segni di iperandrogenismo furono i principali sintomi indagati negli studi familiari sulla PCOS, in alcuni studi anche i

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Tutti gli studi dimostrarono un aumentato rischio di PCOS nelle parenti di primo grado delle pazienti con PCOS.

In particolare, uno studio condotto da Legro et al., nel 1998, prese in esame 115 sorelle di 80 donne estranee con PCOS. Età, etnia, peso comparabili con i controlli senza storia di ipertensione o DM. Dallo studio risultò che l’iperandrogenemia fosse un tratto ricorrente nelle famiglie di donne affette da PCOS, suggerendo anch’esso, così, una base genetica.22

• Studi GWAS

La maggiore quantità di informazioni sul contributo genetico alla PCOS è stata ottenuta grazie a numerosi studi GWAS (Genome Wide Association) che però, purtroppo, ancora non sono riusciti a trovare un singolo gene associabile alla sindrome.

In realtà, meno del 10% dell’ereditabilità della PCOS può essere spiegato con questi risultati ottenuti, quindi attualmente non esiste un test genetico di screening raccomandato per PCOS, possiamo dedurne, quindi, che PCOS è un tratto genetico complesso.

È interessante notare, però, che sono state identificate regioni del genoma associate alla produzione o all’azione della gonadotropina (cioè i recettori delle gonadotropine), supportando l’idea che l’eziologia della sindrome può essere (almeno in parte) dovuta ad una disfunzione ipotalamo-ipofisaria primaria.23

Gli studi Genome-wide association hanno studiato vari possibili loci candidati24 tra

cui LHCGR, FSHR, ZNF217, YAP1, INSR, RAB5B.25

Per quanto riguarda l’aspetto dell’iperandrogenemia non spiegabile da altre cause, le differenze tra le cellule della teca di ovaie appartenenti a pazienti affette da PCOS e da ovaie di pazienti senza PCOS, dimostrano che le cellule della teca del primo gruppo di donne secernono maggiori quantità di androgeni rispetto alle donne con ovulazioni normali.

È stato evidenziato, infatti, nelle cellule della teca di PCOS che un aumento dell’espressione di CYP17A1 comporta un aumento del metabolismo dei precursori progestinici in androgeni, tra gli altri steroidi.26,27.

Facendo, in seguito, lo studio molecolare delle cellule della teca PCOS e quelle normali mediante analisi di microarray e PCR quantitativa si è evidenziata per le

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altre28,29: la maggiore espressione di enzimi steroidogenici CYP17A1, CYP11A1,

3bidrossisteroide tipo II (HSD2B), 20A-idrossisteroide reduttasi (AKR1C1) ma non del fattore di regolazione acuto steroidogenico (STARD1).25.

Lo studio25 di McAllister, Legro e Strauss si è concentrato su FSHR, LHCGR, INSR,

DENND1A. FSH, LH e insulina hanno funzione gonadotropica:

• FSH agisce sulle cellule della granulosa e quest’azione stimola la produzione di sostanze paracrine che agiscono indirettamente sulle cellule della teca.

• LH e insulina agiscono sulle cellule della teca in maniera diretta.

• FSHR: la mutazione inattivante del gene porta a ipogonadismo ipergonadotropo, la mutazione nelle eliche transmembrana e nel dominio extracellulare di FSHR è associata alla sindrome da iperstimolazone ovarica spontanea. Nessuno studio ha, però, dimostrato la correlazione tra genotipo delle varianti di FSHR e livelli di FSH e quindi non è chiaro come queste varianti contribuiscano alla PCOS.

• LHCGR: la mutazione inattivante del gene è associata a un aumento dei livelli circolanti di LH, ovaie di maggior volume e oligomenorrea.

• INSR: ha un ruolo significativo nel metabolismo dell’insulina e può svolgere un ruolo cruciale nella patogenesi di PCOS tramite l’insulino resistenza.30

• DENND1A: proteina regolatrice genica localizzata nel citoplasma e nei nuclei delle cellule della teca, uno degli studi GWAS portato avanti da McAllister et Al., ha dimostrato un ruolo di questa proteina nella genesi della PCOS. La prima evidenza fu che le cellule della teca delle ovaie appartenenti a donne con la sindrome PCOS avevano una maggiore colorazione immunoistochimica per la proteina rispetto ai controlli.

Dopo aver indotto la replicazione delle cellule della teca dei due gruppi di donne si evidenziò un aumento dei livelli di DENND1A.V2 e mRNA nelle cellule della teca provenienti da donne con PCOS.

Forzando la sovraespressione della proteina DENND1A.V2 nelle cellule della teca di donne senza PCOS si riuscì a riprodurre un fenotipo PCOS con aumento della trascrizione genica di CYP17A1 e CYP11A1, insieme ad abbondanza di mRNA e con conseguente aumento della sintesi di androgeni.

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Al contrario, il knock-out di DENND1A.V2 nelle cellule della teca di donne con PCOS ha ridotto la sintesi di androgeni e i livelli di mRNA di CYP17A1 e CYP11A1.

Lo studio suggerisce, quindi, un ruolo del gene DENND1A nell’iperandrogenemia associata a PCOS, risultati importanti dal punto di vista diagnostico ma con anche implicazioni terapeutiche per questo disturbo comune.31

L’uso di marcatori di rischio genetico identificati nella malattia come strumento predittivo e diagnostico è una prospettiva importante.

Attualmente le ricerche non hanno saputo individuare un solo pannello semplice: ci sono molte varianti genetiche ciascuna con un piccolo rischio genetico associato e poche varianti con forte potere predittivo e diagnostico.

Per raggiungere questo scopo bisognerebbe combinare diversi indicatori.

Con il numero crescente di loci scoperti più di recente si fa più reale la prospettiva di poter usare un giorno i test genetici nella previsione, nella diagnosi e nel trattamento della malattia.

Sicuramente la genetica promette di fornire una comprensione più profonda di questa malattia complessa e clinicamente eterogenea.32

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1.3.2 Il ruolo dei fattori di rischio ambientali

• Vita prenatale

Lo studio retrospettivo di Cresswell et al. del 1997 ha ipotizzato l’esistenza di specifici fattori di rischio prenatali per l’espressione post-pubertà di diversi fenotipi di PCOS.

Cresswell mise a confronto due gruppi di pazienti con ovaie policistiche: un gruppo con peso alla nascita sopra la media ed un gruppo di nate da madri sovrappeso. Il secondo gruppo comprendeva donne normopeso con elevati livelli di LH ma normali livelli di testosterone che erano nate dopo la 40esima settimana di gestazione. Sulla base di ciò su supposto che:

• Le donne obese, irsute, con ovaie policistiche hanno secrezione abnorme di androgeni ovarici, associato a alto peso alla nascita e obesità materna.

• Le donne magre con ovaie policistiche hanno alterazioni nel controllo del rilascio di LH da parte dell’ipotalamo a causa di una gestazione prolungata.33

Studi più recenti hanno posto l’attenzione sui livelli di ormone anti-Mülleriano in utero: confrontando donne in gravidanza con PCOS e controlli di donne in gravidanza non PCOS è stato osservato che AMH è significativamente più elevato nel primo gruppo di donne.

Trattando, successivamente, una popolazione di topi gravidi con AMH si è ottenuta la mascolinizzazione del feto femmina esposto ed un fenotipo riproduttivo e neuroendocrino simile alla PCOS in età adulta: le femmine affette avevano, infatti, i neuroni GnRH persistentemente iperattivati.

Il trattamento con antagonisti del GnRH nella prole di femmine adulte ha riportato il fenotipo neuroendocrino allo stato normale.

Questo studio ha dimostrato, quindi, un ruolo fondamentale dell’esposizione prenatale ad elevati livelli di ormone anti- Mülleriano e della successiva segnalazione aberrante del recettore GnRH nelle disfunzioni neuroendocrine della PCOS, offrendo al contempo una nuova potenziale via terapeutica per trattare la condizione durante l’età adulta.34

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• Fattori di rischio post-nascita

• L’anovulazione cronica è un fattore di rischio per sviluppare PCOS: androgeni, LH, SHBG giocano un ruolo chiave.

• L’obesità è l’altro fattore di rischio di sviluppare PCOS in quanto esso stesso è un fattore di rischio per l’anovulazione cronica e la distribuzione del grasso sembra avere un ruolo addirittura più importante del peso in sé stesso35.

Tra le donne obese e le donne con PCOS sembrano esserci gli stessi meccanismi che portano all’anovulazione cronica:

• Eccesso di secrezione di LH e androgeni • Iperinsulinemia ed insulino-resistenza.

• È stato ipotizzato e studiato un ruolo dei fattori ambientali nell’eziologia della PCOS, i cosiddetti endocrine-disruptors o interferenti endocrini.

L’obesità, alterazioni puberali e disfunzioni ovulatorie possono essere associate all’uso domestico di alcuni oggetti soprattutto in plastica e con elevati livelli di Bisfenolo A, un composto estrogeno-mimetico che forse contribuisce alla patogenesi della PCOS.36

• L’acido valproico: acido grasso a catena corta ampiamente utilizzato per trattare l’epilessia e i disturbi bipolari così come l’emicrania e i disturbi dell’umore generalizzati.

Alcuni studi suggeriscono che le donne con queste patologie trattate con acido valproico possono sviluppare caratteristiche di PCOS, tra cui ovaie policistiche, iperandrogenismo, obesità e anovulazione e che queste caratteristiche potrebbero scomparire con la sospensione del farmaco. Ovviamente non è sempre stato eticamente possibile sospendere il farmaco per dimostrare questa tesi. Molti studi recenti hanno dimostrato, però, che l’aumento di peso durante l’uso del valproato è essenziale per lo sviluppo completo del fenotipo PCOS.37

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1.4 - Fisiopatologia

La definizione di “Sindrome” dell’ovaio micropolicistico indica un insieme di sintomi che possono essere riconducibili ad una moltitudine di cause e che non hanno una fisiopatologia unica e ben nota.

Le ipotesi sono svariate, ma le più note e le più universalmente accettate sono: • L’ipotesi LH

• La teoria dell’insulino resistenza • L’iperandrogenismo

Queste possono essere considerate tutte concause collegate tra loro.

Non si sa quale sia il primum movens, ma di certo si sa come ognuna contribuisca ad alimentare le altre ed alimentare, quindi, il quadro clinico delle pazienti in modo da mantenere, poi, la malattia delle pazienti.

1.4.1 – Ruolo di LH

È stato riportato in diversi studi un incremento dei valori plasmatici di LH come conseguenza dell’incremento della pulsatilità del GnRH.

Oltre all’aumentato livello di ormone presente nelle donne con PCOS rispetto ai controlli, in uno di questi studi fu dimostrato che questi aumenti nel siero sono dovuti principalmente a maggiore ampiezza dell’impulso LH piuttosto che ad un aumento della frequenza degli impulsi.38

Per molti anni, in ragione di questo, per porre la diagnosi di PCOS era ritenuto necessario dimostrare la presenza di un alterato apporto LH/FSH (2-3 a 1).38,39

L’ipersecrezione di LH, come risultato dell’aumentata pulsatilità del GnRH, è una caratteristica abbastanza comune della PCOS, in particolare nelle donne con oligo-amenorrea.40

A causa della sua intrinseca variabilità, la misurazione dei livelli di LH dovrebbe avvenire nella fase follicolare del ciclo mestruale oppure può esser fatta a caso in presenza di amenorrea. Inoltre, a causa della natura pulsatile della secrezione di LH, nei casi dubbi potrebbero essere utili diverse misurazioni.41

Le ipotesi fisiopatologiche sopracitate sono intersecate tra loro e si auto-alimentano a vicenda: per esempio, l’obesità influenza l’ampiezza dell’impulso LH (ma non la sua frequenza).42

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Allo stesso tempo, esistono donne non obese che hanno comunque livelli elevati di LH, questi dati evidenziano la complessità dell’interazione tra i diversi elementi che caratterizzano la sindrome.

1.4.2 – Ruolo dell’insulino-resistenza

L’insulino-resistenza è posta alla base della patogenesi della PCOS in molti studi perché è dimostrato che l’iperinsulinemia conseguente ad essa favorisca una condizione di iperandrogenemia in due modi:

• Determina un incremento della secrezione di LH a livello centrale43 e poi l’LH secreto

va a stimolare la produzione di androgeni a livello delle cellule della teca ovarica. • Favorisce la sintesi di androgeni sia a livello ovarico (agendo essa stessa sui propri

recettori della teca ovarica) che a livello surrenalico.

Ulteriori interessanti elementi a favore di questo meccanismo vengono da un recente studio, realizzato in un modello di topo caratterizzato da un difetto del recettore insulinico espresso selettivamente nelle cellule della teca ovarica, cosa che impedisce all’insulina di esercitare i suoi effetti esclusivamente in questo tipo di cellule.44

In questo studio è stato osservato che se le femmine del topo, con o senza questo difetto, venivano iperalimentate, esse diventavano obese e iperinsulinemiche, come atteso. Nei topi di controllo, queste alterazioni metaboliche si accompagnavano alla comparsa di infertilità e aumento delle concentrazioni circolanti di testosterone, in maniera simile a quanto osserviamo nella donna con PCOS. Queste alterazioni endocrino-riproduttive erano però notevolmente attenuate dalla presenza del difetto recettoriale selettivo, suggerendo che l’azione dell’iperinsulinemia sulla cellula tecale è fondamentale nel determinare tali alterazioni. Pur con la prudenza che dobbiamo avere nell’estrapolare dati da un modello animale, questi risultati sono in linea con le conclusioni di precedenti studi, che avevano portato a ipotizzare un ruolo centrale dell’azione dell’insulina sull’ovaio nella patogenesi della PCOS.45

Il binomio insulino-resistenza/iperinsulinemia può contribuire alla patogenesi di questa patologia anche con meccanismi diversi dalla sua azione sulle cellule tecali. In particolare, va tenuto presente l’effetto inibitorio che l’insulina ha sulla produzione

(20)

epatica della globulina legante gli steroidi sessuali (SHBG), che lega in circolo e condiziona la biodisponibilità di questi ormoni, testosterone in primo luogo.

Nelle condizioni di insulino-resistenza si osserva comunemente una riduzione delle concentrazioni circolanti di questa proteina, con conseguente aumento della quota libera di testosterone. Questo fenomeno spiega perché i livelli di testosterone totale non siano un indicatore sensibile dello stato di iperandrogenismo associato alla PCOS.46

Ma non solo l’insulino-resistenza induce l’iperandrogenemia, è stato dimostrato che a sua volta l’iperandrogenemia agisce con dei meccanismi molecolari44 sulle cellule del

muscolo scheletrico e del tessuto adiposo riducendo la loro sensibilità all’insulina.47,48,49

1.4.3 – Ruolo dell’iperandrogenismo

Tutti i maggiori esperti di PCOS si sono sempre trovati concordi nell’affermare che l’iperandrogenismo biochimico e/o clinico sia un elemento caratteristico della sindrome. Sappiamo infatti che la PCOS può essere secondaria a qualsiasi condizione di eccesso di ormoni androgeni, endogeni o esogeni che siano.45

Di questo possono essere responsabili l’alterazione dell’attività ovarica, di quella surrenalica o addirittura di entrambe contemporaneamente.49,50

• L’iperandrogenismo ovarico ha delle basi genetiche che determinano una iperfunzionalità degli enzimi che prendono parte alla sintesi degli androgeni nelle cellule della teca. (CYP11A1, CYP17A1, 17aidrossilasi ecc.).31,50

Come già detto, le cellule della teca sono iperstimolate a produrre androgeni anche sotto lo stimolo continuo di insulina e LH prodotti in eccesso.

Forse anche l’ormone anti-Mulleriano potrebbe avere un ruolo, è stato dimostrato, infatti, che i livelli sierici di questo ormone nelle donne affette da PCOS correlano con la gravità dell’iperandrogenismo51 e oligo-anovulazione.52,53,54

• L’iperandrogenismo surrenalico: un quadro di PCOS secondaria si può osservare in presenza di alcuni deficit enzimatici surrenalici congeniti, primo fra tutti quello più comune della 21-idrossilasi, laddove questi deficit conducano a un’iperproduzione di androgeni surrenalici.48

(21)

È stato osservato che il testosterone promuove la crescita follicolare, attraverso l’aumentata espressione del recettore per l’ormone follicolostimolante (FSH) nelle cellule della granulosa, e contrasta l’atresia follicolare, attraverso l’espressione di un microRNA con effetto antiapoptotico 55

L’eccesso di androgeni potrebbe in questo modo favorire le alterazioni morfologiche ovariche tipiche della PCOS, in presenza di meccanismi che blocchino, poi, la maturazione follicolare in senso ovulatorio.

(22)

PARTE II

2. Quadro clinico della sindrome dell’ovaio micropolicistico

Il quadro clinico della PCOS è caratterizzato principalmente da: • Iperandrogenismo

• Disordini mestruali ed infertilità • Alterazioni metaboliche

2.1 – Iperandrogenismo

Irsutismo

Tra gli aspetti clinici dovuti all’iperandrogenismo, quello considerato più significativo per specificità e frequenza è l’irsutismo. Circa l’80% delle donne irsute ha una PCOS. L’irsutismo si osserva nel 75% di queste donne, mentre acne e alopecia sono molto meno frequenti.

L’irsutismo è definito come un eccesso di peli con distribuzione tipicamente maschile, prevalentemente sulle guance, labbro superiore, mento (Figure 1 A e B) nella regione areolare, lungo la linea alba e nella parte basse dell’addome. Si può trovare anche una anomala distribuzione dei peli anche nel petto (Figura 1 C) e nella parte superiore dell’addome, anche se sono regioni meno comuni.56

Lo strumento usato per quantificare l’irsutismo (e quindi l’iperandrogenismo clinico) è la scala di Ferriman- Gallwey modificata, che valuta la crescita dei peli in 9 sedi corporee attraverso il confronto visivo fra la paziente e immagini che attribuiscono a ciascuna di queste sedi un punteggio parziale compreso fra zero (assenza di pelo terminale) e 4 (quadro corrispondente a quello di un maschio con ricca peluria) (Figura 2). I limiti di riferimento nella valutazione della crescita dei peli sono però diversi a seconda del gruppo etnico cui appartiene la donna in esame. Utilizzando il punteggio di Ferriman-Gallwey, in particolare, questo limite è stato stimato in 7-8 per la popolazione caucasica ma scende a 2-3 per una donna dell’Estremo Oriente. 57

(23)

Figura 1Irsutismo. A, lieve irsutismo facciale. B, Grave irsutismo facciale (mento) che richiede una rasatura regolare. C, Grave irsutismo sul petto. B e C da Dunaif . A, Hoffman AR, Scully RE, et al. The clinical, biochemical and ovarian morphologic features in women with acanthosis nigricans and masculinization. Obstet Gynecol 1985;66:545-552.)

Figura 2 – Ferriman-Gallwey score.

Acne vulgaris e seborrea

È uno tra i più comuni disturbi della pelle, un processo infiammatorio cronico che affligge l’unità pilosebacea.

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Solamente un terzo delle donne che presentano acne ha una PCOS, quindi, pur restando un aspetto importante associato all’iperandrogenismo, è meno caratteristico dell’associazione con la sindrome.

Figura 3 – Acne in paziente con sindrome dell’ovaio micropolicistico.

Housman, E., & Reynolds, R. V. (2014). Polycystic ovary syndrome: A review for dermatologists. Journal of the American Academy of Dermatology, 71(5), 847.e1–847.e10.doi:10.1016/j.jaad.2014.05.007

Alopecia androgenica

È generalmente presente come un diradamento diffuso, una retrazione della linea dei capelli frontale e, occasionalmente, può essere trovata una specie di triangolo accentuato dietro la linea della fronte.

Originariamente il grado di alopecia era diviso in tre categorie di Ludwig (1977)59,

(Figura 4) ma più recentemente Savin60 ha indicato una scala basata su otto classi di

densità (Figura 5). Sebbene la presentazione clinica sia diversa tra uomini e donne, si ritiene che la causa alla base dell’alopecia sia la stessa. Qualora presente, sarebbe opportuno indagare la presenza di uno stato di iperandrogenismo.61

L’alopecia è un altro aspetto legato all’iperandrogenismo però ancora meno comune degli altri e, se presente, solo un decimo delle pazienti che presentano alopecia androgenica isolata ha PCOS.

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Figura 5 – Gradi di alopecia secondo Savin (1994)60.

2.2 – Disordini mestruali ed infertilità

I disordini mestruali si traducono in quella che viene definita oligo-anovulazione che rientra in tutti i criteri diagnostici che si sono susseguiti negli anni.

• L’oligomenorrea nelle donne adulte è definita come la presenza di meno di 9 cicli mestruali all’anno o 3 cicli più lunghi di 38 giorni durante l’anno precedente.

• L’amenorrea è definita, invece, come cicli di durata superiore ai 90 giorni.62

Molte donne affette da PCOS non lamentano assenza di mestruazioni, anzi definiscono i loro cicli mestruali come “regolari”.

La presenza di cicli mestruali regolari in donne con iperandrogenismo, però, non assicura che i cicli siano ovulatori.

Per stabilire con certezza che il ciclo sia ovulatorio e regolare bisogna basarsi non sulla comparsa del sanguinamento uterino mensile, ma sulla misurazione dei livelli di progesterone sierico tra la ventesima e ventiquattresima giornata del ciclo, come suggerito dalla AES e dalla consensus di Rotterdam.

Nelle adolescenti, invece, nei primi anni dopo il menarca può essere normale che i cicli durino tra 21 e 45 giorni, quindi in questi casi la diagnosi di irregolarità del ciclo va interpretata con cautela ai fini della diagnosi di PCOS.63

(26)

L’infertilità è un aspetto caratteristico della PCOS, in effetti la PCOS viene definita proprio la prima causa di infertilità per frequenza.

Il collegamento tra PCOS e infertilità è spiegabile non solo dalla presenza di cicli anovulatori nelle pazienti ma anche all’obesità che spesso è presente in concomitanza alla stessa sindrome.

Probabilmente, oltre a questi, un ruolo importante nel determinare infertilità ce l’ha anche lo squilibrio risultante dall’eccesso di estrogeni rispetto al progesterone: questo provoca uno stimolo costante mitogeno sull’endometrio che è responsabile dell’iperplasia endometriale, dello spotting, della dismenorrea e delle alterazioni endometriali che sfavoriscono l’impianto.64

Questi elementi, inoltre, rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di adenocarcinoma.65

2.3 – Alterazioni metaboliche

Obesità

L’obesità è misurata mediante l’indice di massa corporea (IMC) o Body mass index (BMI). Questo indice si calcola con una semplice formula che mette in rapporto il peso corporeo espresso in kg e il quadrato dell’altezza espressa in metri di un individuo. Un IMC tra 18,5 e 24,99 indica una condizione di normopeso. Un IMC tra 25 e 29,99 indica una condizione di sovrappeso. Un IMC maggiore di 30 indica una condizione di obesità. L’obesità a sua volta è divisa in gradi: primo grado quando l’IMC è compreso tra 30 e 34,9; secondo grado quando l’IMC è compreso tra 35 e 39,9. Obesità grave di terzo grado quando l’IMC è superiore o uguale a 40.

Questo misuratore, però, ha dei grossi limiti, infatti non tiene conto del sesso dell’individuo, del rapporto massa grassa/massa magra e soprattutto non tiene conto della distribuzione del grasso.

Il problema vero delle pazienti PCOS, infatti, non è solo la presenza di adipe in eccesso, ma è un problema di distribuzione di tipo centrale del grasso che altera il profilo metabolico e ormonale.

Per questo motivo, per avere un’idea non solo dello stato ponderale della paziente, ma anche della distribuzione del grasso, è utile misurare il WHR (waist-hip ratio), il rapporto

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tra la circonferenza misurata a livello della vita e a livello dei fianchi. Il valore cut-off per le donne è 0,85. Le pazienti affette da PCOS hanno frequentemente un WHR > 0,85. L’obesità, soprattutto quella viscerale, è frequentemente associata a oligo-amenorrea, anovulazione ed iperandrogenismo ed è noto che circa il 50% delle pazienti PCOS sono obese o sovrappeso con una distribuzione del grasso di tipo centrale.

Questa particolare distribuzione del grasso può peggiorare lo stato di insulino-resistenza ed aumentare l’incidenza di diabete e malattie cardiovascolari.

Il tessuto adiposo non è solo una riserva di energia, ma esprime anche una serie di proteine secretorie ed è capace di influenzare finemente il metabolismo corporeo.

Insulino-resistenza

Attualmente la relazione tra iperinsulinemia dovuta a insulino-resistenza e iperandrogenismo è ben documentata e può renderci propensi a pensare ad una ipotesi di fisiopatogenesi come quella descritta da Barbieri e Ryan e successivamente definita come “sindrome HAIR-AN” (Acronimo di Iper androgeni-insulino-resistenti-acantosi nigricans)66

L’iperinsulinemia con insulino-resistenza è caratteristica di circa il 50% delle donne con PCOS, queste sono di peso normale o obese.

È ormai noto come l’insulina non abbia il solo ruolo di regolare l’omeostasi del glucosio ma svolge un ruolo molto più ampio67,68: l’insulina a livello ovarico si lega ai suoi

recettori e questo legame aumenta in maniera diretta la produzione di androgeni da parte delle cellule della teca.

L’insulina determina aumento della sintesi di androgeni anche in maniera indiretta, tramite l’aumento dei livelli circolanti di LH.

A livello epatico influenza la produzione di SHBG quando i livelli di questa proteina legante diminuiscono, aumenta la quantità di androgeni circolanti liberi e non più legati.69

Si ipotizza, inoltre, che nei tessuti periferici l’iperinsulinemia stimoli l’attività della 5areduttasi, che catalizza la conversione del testosterone nel più potente androgeno: il diidrotestosterone.

(28)

Acantosis Nigricans

Consiste in un ispessimento, iperpigmentazione e formazione di placche ruvide di pelle a livello delle pieghe cutanee, sebbene non sia possibile escludere il coinvolgimento di altre aree70.

La formazione di queste placche è dovuta all’iperinsulinemia provocata dall’insulino-resistenza71,72,73. Tra le pazienti PCOS, infatti, l’acantosi nigricans si ritrova nelle forme

associate a marcata insulino-resistenza e obesità.

L’iperinsulinemia favorisce il legame dell’insulina ai recettori per i fattori di crescita insulino-simili sui cheratinociti e sui fibroblasti con conseguente iperplasia dello strato epidermico spinoso cui si aggiunge un ricco deposito di pigmento nell’epidermide e nel derma.74

La pelle in corrispondenza delle pieghe e la superficie flessoria degli arti è più ruvida, più spessa e più pigmentata del normale. Queste caratteristiche sono più evidenti nelle regioni posteriori e laterali del collo (Figura 6) e a livello delle ascelle ma anche lo sviluppo sugli arti è abbastanza comune, in particolare a livello di gomito, ginocchio, nocche e in corrispondenza della piega inguinale.

Le placche ipercheratosiche dell’acantosi nigricans in questi luoghi possono simulare lesioni psoriasiche dalle quali si distinguono per l’assenza di fenomeni infiammatori.

Figura 6 – Acantosis Nigricans.

Lause, M., Kamboj, A., & Fernandez Faith, E. (2017). Dermatologic manifestations of endocrine disorders. Translational Pediatrics, 6(4), 300–312. doi:10.21037/tp.2017.09.08

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Rischio cardiovascolare

L’obesità, l’insulino-resistenza, il diabete mellito e/o una ridotta tolleranza glucidica, insieme ad alterazioni del profilo lipidico e ad altri disturbi della coagulazione75, sono

complicanze metaboliche di frequente riscontro nella PCOS. L’obesità è presente in circa il 50% delle donne affette da tale sindrome e si presenta solitamente con una distribuzione centrale dell’adipe; l’insulino-resistenza, talvolta associata al diabete mellito tipo 2 e/o ad una ridotta tolleranza glucidica , è frequente nella PCOS e contribuisce ad aggravare il già complesso quadro sintomatologico; sono state descritte alterazioni del profilo lipidico, soprattutto incremento dei trigliceridi, del colesterolo totale e riduzione del colesterolo HDL; infine possono essere presenti disturbi della coagulazione con una ridotta capacità fibrinolitica e, recentemente, dati ancora contrastanti e non definitivi hanno evidenziato un aumentato rischio di malattia cardiovascolare76,77,78,79,80 come conseguenza di un

precoce danno endoteliale.81

La PCOS, come già dimostrato, rappresenta una vera e propria sindrome plurimetabolica ed in particolare l’insulino-resistenza, l’iperandrogenismo e la dislipidemia rappresentano i principali fattori di rischio per CVD (cardiovascular disease) nella PCOS.

Questi sono spesso presenti nelle pazienti fin dalla giovane età, esponendole ad un più alto rischio di sviluppo precoce di CVD, sebbene ciò non sia tuttora chiaramente dimostrato. Per il momento, infatti, solo pochi e limitati studi hanno valutato, con risultati assai contraddittori, se la prevalenza della patologia cardiovascolare sia effettivamente aumentata nelle donne con PCOS.

Le discrepanze tra i vari studi possono essere spiegate dalle dimensioni esigue dei campioni, dalla mancanza di criteri di diagnosi della PCOS universalmente accettati, dalla mancanza di studi longitudinali condotti su soggetti con diagnosi comprovata di PCOS e dalla giovane età, nella maggior parte dei casi, delle pazienti arruolate nei vari studi. Questo argomento si dimostra comunque di grande attualità perchè fornisce al medico la possibilità di determinare e curare precocemente uno dei più importanti problemi clinici delle civiltà industrializzate che associa l’obesità viscerale e le sue conseguenze con la funzione riproduttiva, lo stato metabolico e il probabile rischio vascolare.

(30)

PARTE III

3. Studio clinico

Questo studio si propone di:

1) Analizzare le caratteristiche cliniche, biochimiche e metaboliche delle pazienti affette da sindrome dell’ovaio micropolicistico, diagnosticata secondo i criteri diagnostici della Consensous Conference ESHRE-ASRM del 2003.9,10,11

2) Dividere le pazienti nei 4 fenotipi descritti secondo i criteri diagnostici AES 200613 e

valutare eventuali differenze in termini di presentazione clinica, profilo lipidico e metabolico.

3.1 – Pazienti e metodi

Pazienti

Sono state incluse in questo studio retrospettivo 598 pazienti affette da PCOS, tutte reclutate presso l’AOUP presso il reparto di Endocrinologia.

In tutte le 598 pazienti arruolate nello studio sono stati raccolti i dati anamnestici, antropometrici, clinici e di laboratorio.

In particolare, la valutazione clinica prevedeva in ciascuna paziente la misurazione di peso e altezza, pressione arteriosa, frequenza cardiaca, auscultazione cardiaca e toracica, misurazione del WHR (rapporto tra circonferenza vita e fianchi) e dell’IMC (indice di massa corporea). L’IMC è stato misurato usando la formula: peso (kg) /altezza2 (m2).

L’esame clinico comprendeva anche la raccolta di dati anamnestici riguardanti la presenza di eventuali irregolarità mestruali, la valutazione di eventuali segni clinici di iperandrogenismo come acne, alopecia, irsutismo (quest’ultimo valutato utilizzando lo score di Ferriman-Gallwey).

La diagnosi di PCOS per le nostre pazienti è stata posta seguendo i criteri diagnostici di Rotterdam (Diagnostic citeria of PCOS: ESHRE-ASRM 2003), includendo, quindi, nello studio le pazienti che presentavano almeno due tra:

• Iperandrogenismo clinico (acne, seborrea, alopecia, irsutismo) e/o biochimico; • Oligo-anovulazione (ciclo mestruale > 35 giorni);

(31)

• Policistosi ovarica (almeno un ovaio con 12 o più follicoli di diametro compreso tra 2 e 9 mm, a prescindere dalla loro disposizione e/o volume ovarico >10 cm).

Sono state, invece, escluse dal nostro studio le pazienti che presentavano: • Sindrome adrenogenitale o iperplasia surrenalica congenita

• Ipertecosi ovarica

• Tumori ovarici o surrenalici secernenti androgeni • Malattia/sindrome di Cushing

• Iperandrogenismo idiopatico • Irsutismo idiopatico

• Iperprolattinemia • Ipotiroidismo.

In tutte le pazienti è stato misurata la concentrazione di 17-OH-progesterone.

Nelle pazienti i cui livelli basali di 17-OH- progesterone erano >2ng/ml è stato fatto un ACTH test per escludere una iperplasia surrenalica congenita: è stato misurato il 17-OH-P prima e dopo 30 minuti dalla somministrazione di 0,25 mg di ACTH di sintesi; le pazienti con valori di 17-OH-P >5 ng/ml dopo ACTH test sono state escluse dallo studio. Le pazienti in cui volevamo escludere la malattia/sindrome di Cushing sono state sottoposte al test di soppressione rapida con desametasone: dopo somministrazione di 1 mg di desametasone per os alle ore 23:00 è stato valutato il livello di cortisolo plasmatico il mattino successivo. Le pazienti con valori di cortisolo >18-20 ng/dl dopo il test di soppressione sono state escluse dallo studio.

Sono state escluse le pazienti che dei 3 criteri diagnostici di Rotterdam ne presentavano solo 1:

• Le donne affette da iperandrogenismo idiopatico: coloro che presentano solo iperandrogenismo clinico e/o biochimico, senza oligo-anovulazione e senza aspetto PCO-like ovarico all’ecografia pelvica.

• Le donne affette da irsutismo idiopatico: coloro che presentano solo iperandrogenismo clinico senza iperandrogenismo biochimico, senza oligo-anovulazione, senza aspetto PCO-like ovarico all’ecografia pelvica.

Sono state escluse anche le pazienti con tumori ovarici e/o surrenalici evidenziati con dati di laboratorio ed imaging, le pazienti affette da iperprolattinemia definita come la presenza di livelli sierici di PRL al di sopra del range normale (25-30 ng/ml) e sono state escluse anche le pazienti affette da ipotiroidismo.

(32)

3.2 - Dosaggi

Ogni paziente è stata sottoposta a prelievo ematico a digiuno per il dosaggio di vari parametri ormonali e metabolici, infatti in tutte le pazienti con PCOS durante la fase follicolare è stato misurato il livello sierico di diversi ormoni: LH, FSH, 17-beta-Estradiolo (E2), Progesterone (Pg), 17-OH-P, Testosterone (T), Delta-4-Androstenedione (D-4-A), 3-alfa-diolo, SHBG (sex hormone binding globuline).

Il FAI (free androgen index) è stato calcolato con la formula: FAI= T (nmol/L) x 100/ SHBG (nmol/L).

Le pazienti sono state sottoposte alla curva da carico orale di glucosio e quelle che presentavano livelli di glicemia basale > 115 mg/dl e/o >140 mg/dl dopo 2 ore non sono state incluse (questi sono stati i valori usati come cut-off per determinare l’eleggibilità dei pazienti).

L’Iperinsulinemia è stata definita come: picco di insulina >150 mUI/L nella OGTT e/o la media dell’insulina>84 mg U/ml e/o livello basale di insulinemia > 25 mUI/L e/o valore di insulinemia > 150 mUI/L a tutti i tempi della curva e/o valori di insulinemia >75 mg mUI/L a 120’ della curva OGTT.

L’insulino-resistenza è stata definita in base ai criteri indicati dall’HOMA index calcolato tramite la formula: glucosio basale (mmol/L) x insulina basale (mUI/L) /22,5.

In tutte le pazienti affette da PCOS è stato, poi, valutato il profilo lipidico: colesterolo totale, HDL, LDL, Trigliceridi.

Indagini strumentali e imaging

La valutazione della morfologia ovarica è stata operata da parte di un singolo operatore tramite ecografia con sonda transvaginale o con sonda addominale (Hitachi 3.5-MHz e 5MHz).

(33)

3.3 - Analisi Statistica

Per verificare le differenze delle variabili categoriche tra i gruppi è stato usato il test del chi-quadrato.

Per evidenziare le differenze tra i gruppi per le variabili continue sono stati usati il t-test di Student e il Mann-Whitney U test, rispettivamente con la distribuzione Gaussiana e asimmetrica (skewed) dei dati.

Per quantificare l’associazione tra le variabili distribuite in maniera normale è stato usato il coefficiente di correlazione di Pearson, mentre per le variabili distribuite in maniera non normale è stato usato il coefficiente di correlazione di Spearman.

Tutte le analisi statistiche sono state elaborate usando SPSS (Version 21, Armonk, NY). Abbiamo considerato significativo un valore di p < 0.05.

I dati distribuiti normalmente sono presentati come media ± SD, invece i dati non distribuiti in maniera normale sono presentati come mediana e 1°- 3° quartile.

Per analizzare l’effetto dei diversi fenotipi su una o più variabili dipendenti abbiamo eseguito un’analisi rispettivamente univariata o multivariata con eventuale studio della covarianza per fattori confondenti.

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3.4 - Risultati

1) Caratteristiche generali, cliniche, biochimiche e metaboliche.

In questo studio sono state valutate 598 pazienti affette da PCOS, i dati riguardanti le loro caratteristiche antropometriche e cliniche sono riportati nella Tabella 1.1 e nella Tabella 1.2.

Tabella 1.1 - Caratteristiche generali delle pazienti con PCOS

Tabella 1.2 - Percentuale delle pazienti PCOS con diversa presentazione clinica. Le 598 pazienti hanno un’età media (media ± ds) di 23,9 ± 6,2 anni e una mediana (1°-3° quartile) di 23 (19-28) anni. Il loro IMC in media è di 28,76 ± 7,6 kg/m2 con una mediana,

e 1°-3° quartile di 27,6 (22,7-33,8) kg/m2.

Media e DS Mediana (1° - 3° quartile)

Età (years) 23,93 ± 6,19 23 (19 – 28) IMC (Kg/m2) 28,76 ± 7,6 27,6 (22,7 – 33,8) PAS (mmHg) 119,7 ± 14,92 120 (110 -125) PAD (mmHg) 77,3 ± 8,44 80 (70 – 80) FG score 15,01 ± 7,32 14 (10 – 20) Irsutismo 90% Acne 55% Alopecia 30% Oligomenorrea 60% Polimenorrea 5% Amenorrea 35% Ovaie PCO-like 70%

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La pressione arteriosa sistolica è in media 119,7 ± 14,92 mmHg con una mediana (1° - 3° quartile) di 120 (110 -125) mmHg. La pressione arteriosa diastolica, invece, è in media di 77,3 ± 8,44 mmHg con una mediana (1° - 3° quartile) di 80 (70 – 80) mmHg.

Dal punto di vista clinico, il punteggio di Ferriman-Gallwey nella valutazione dell’irsutismo è risultato essere francamente alto con una media di 15,01 ± 7,32 e con una mediana (1° - 3° quartile) di 14 (10 – 20). Il 90% delle pazienti presenta irsutismo. Delle 598 pazienti con PCOS e irregolarità mestruali il 60% mostra oligomenorrea, il 35% amenorrea e il 5% polimenorrea.

Il 90% delle pazienti presenta irsutismo. Nel 50% dei casi le pazienti hanno acne e il 30% presenta alopecia.

Seguendo i criteri di Rotterdam del 2003 le 598 pazienti sono state sottoposte a ecografia con sonda transvaginale o transaddominale per indagare la morfologia delle ovaie. I risultati hanno mostrato che hanno ovaie con aspetto micropolicistico e/o di volume aumentato nel 70% dei casi, mentre il restante 30% della popolazione in studio ha ovaie dalla morfologia normale.

Come mostrato in Figura 6. le pazienti sono state successivamente divise in 5 gruppi in base al loro BMI: il 37,90% ha IMC < 25, il 22,47% ha IMC tra 25 e 29,9 quindi si trova in una condizione di sovrappeso; il 18,9% ha IMC tra 30 e 34,9 e quindi presenta obesità di grado I; l’11,83% ha IMC tra 35 e 39,9 obesità di grado II ed infine l’8,9% ha IMC ³ 40 e quindi ha un’obesità di grado III.

Figura 6 - Distribuzione delle 598 pazienti con PCOS in base all’IMC.

37,90%

22,47% 18,90%

11,83%

8,90%

(36)

Caratteristiche ormonali

In tutte le pazienti sono stati misurati i livelli ormonali, riportati come mediana, 1° - 3° quartile, sono riportati in Tabella 2 e sono: FSH 6,2 UI/L (4,8-7,6) UI/L, LH 9,4 UI/L (5 – 14,4) UI/L, 3aDIOLO 0,42 ng/ml (0,26 – 0,68), E2 59 ng/ml (42 – 87) ng/ml, SHBG 28,6 nmol/L (19,8 – 42,08) nmol/L, T 0,7 ng/ml (0,6 – 0,9) ng/ml, FAI 8,46 (5,28 – 14,28). MEDIANA 1° - 3° QUARTILE FSH (UI/L) 6,2 (4,8-7,6) LH (UI/L) 9,4 (5-14,4) E2 (ng/ml) 59 (42-87) SHBG (nmol/L) 28,6 (19,8-42,08) T (ng/ml) 0,7 (0,6-0,9) FAI 8,46 (5,28-14,28) 3adiolo 0,42 (0,26-0,68)

Tabella 2. Caratteristiche ormonali delle pazienti con PCOS.

Caratteristiche metaboliche.

È stato valutato anche il profilo lipidico delle 598 pazienti (Tabella 3): il colesterolo totale ha media e ds di 178 mg/dL ± 34 mg/dL con mediana e 1° - 3° quartile di 174 mg/dL (157 – 196) mg/dL. La media e ds di HDL è di 60 mg/dL ± 18 mg/dL con mediana e 1° - 3° quartile di 57 mg/dL (48 – 70) mg/dL. La media e ds di LDL è di 110 mg/dL ± 29 mg/dL con mediana e 1° - 3° quartile di 109 mg/dL (90 – 126) mg/dL. La media e ds di LDL CALCOLATO è di 104 mg/dL ± 35 mg/dL con mediana e 1° - 3° quartile di 100 mg/dL (82,6 – 121,2) mg/dL. La media e ds dei Trigliceridi è di 92 mg/dL ± 53 mg/dL con mediana e 1° - 3° quartile di 75 mg/dL (57 – 109,75) mg/dL.

(37)

MEDIA E DS MEDIANA (1° - 3° QUARTILE) COL. TOTALE (mg/dl) 178 ± 34 174 (157-196) HDL (mg/dl) 60 ± 18 57 (48-70) LDL (mg/dl) 110 ± 29 109 (90-126) LDL CALCOLATO (mg/dl) 104 ± 35 100 (82,6-121,2) Trigliceridi (mg/dl) 92 ± 53 75 (57-109,75)

Tabella 3. Caratteristiche metaboliche delle pazienti PCOS. Profilo lipidico.

Considerando i valori di riferimento dei vari parametri del profilo lipidico secondo il recente lavoro di Carrol et al., i livelli di cut-off per i singoli parametri sono:

Colesterolo Totale < 200 mg/dl, HDL > 50 mg/dl, LDL < 130 mg/dl, Trigliceridi < 150 mg/dl.

Lo studio ha evidenziato nelle 598 pazienti PCOS che il 77% ha colesterolo totale < 200 mg/dl e il 23% ha colesterolo totale ³ 200 mg/dl, il 28% ha HDL < 50 mg/dl e il 72% ha HDL ³ 50 mg/dl. Il 78% ha LDL <130 mg/dl e il 22% ha LDL ³ 130 mg/dl,

Il 90% ha Trigliceridi <150 mg/dl e solo il 10% ha Trigliceridi ³ 150 mg/dl. (Tabella 4).

PROPORZIONE COL TOT <200 mg/dl ³200 mg/dl 77,46% 22,54% HDL <50 mg/dl ³ 50 mg/dl 28,44% 71,56% LDL <130 mg/dl ³130 mg/dl 78,14% 21,86% TGL <150 mg/dl ³ 150 mg/dl 89,91% 12,09%

(38)

È stato valutato anche l’assetto glucidico (riportato in Tabella5) delle pazienti che hanno una Glicemia basale con media e ds di 84,11 mg/dl ± 14,32 mg/dl e mediana e 1° - 3° quartile di 82 mg/dL (77 – 88) mg/dL. Insulina basale con media e ds di 12,52 mUI/L ± 10,76 mUI/L e mediana e 1° - 3° quartile di 8,96 mUI/L (5 – 15,8) mUI/L.

HOMA index con media e ds di 2,3 ± 2,16 e mediana e 1° - 3° quartile di 1,57 (0,94 – 2,74).

MEDIA E DS MEDIANA (1° - 3°

QUARTILE) Glicemia Basale (mg/dl) 84,11 ± 14,32 82 (77-88)

Insulina basale (mUI/L) 12,52 ± 10,76 8,96 (5-15,8)

HOMA index 2,3 ± 2,16 1,57 (0,94-2,74)

Tabella 5. Caratteristiche metaboliche delle pazienti PCOS: profilo glucidico.

In base all’HOMA index, le 598 pazienti sono state divise in Insulino Resistenti (IR) e Non Insulino Resistenti (NIR).

Quelle che hanno un HOMA index ³ 2,5 sono per definizione IR e corrispondono al 28% della popolazione in studio, quelle che hanno HOMA index < 2,5 sono, invece, NIR e corrispondono al restante 72% della popolazione in studio. (Figura 7).

(39)

Figura 7: Distribuzione delle 598 pazienti PCOS in IR e NIR in base all’HOMA index. (IR= Insulino resistenti con HOMA index ³ 2,5; NIR= Non insulino resistenti con HOMA index <2,5).

Dopo aver diviso tutte le 598 pazienti PCOS in insulino-resistenti e non insulino-resistenti sono state studiate le differenze metaboliche tra le due sottopopolazioni (Tabella 7): i dati, riportati come mediana e 1°-3° quartile e analizzati con Mann Whitney U test, hanno mostrato, in accordo con la letteratura, che le pazienti IR hanno maggiori livelli di colesterolo totale: pazienti IR182 mg/dl (156 – 207) mg/dl ; pazienti NIR : 172 mg/dl (156 – 195) mg/dl, p = 0,04.

Infine, i livelli di HDL sono significativamente più bassi nelle pazienti IR che hanno mediana e 1° - 3° quartile di 52 mg/dl (43,5 – 58) mg/dl, mentre le pazienti NIR hanno mediana e 1° - 3° quartile di 59 mg/dl (50 72,5) mg/dl, p < 0,001.

Anche i valori di LDL si sono rivelati maggiori nelle pazienti IR con una mediana di 117 mg/dl (96 – 139) mg/ dl mentre la mediana (1° - 3° quartile) dei valori di LDL nelle pazienti NIR è di 107 mg/dl (88 -122), p < 0,001.

La stessa differenza tra popolazioni è stata riscontrata dall’analisi dei valori di trigliceridi: mentre le pazienti IR hanno una mediana (1° -3° quartile) di 103 mg/dl (71 – 157) mg/dl, le pazienti NIR hanno mediana (1° -3° quartile) di 69 mg/dl (54 – 95) mg/dl, p < 0,001.

27,94%

72,06%

DISTRIBUZIONE DELLE PAZIENTI PCOS IR E NIR

(40)

PCOS IR

(27,94%)

PCOS-NIR

(72,06%)

P

COLESTEROLO TOTALE mg/dl MEDIA MEDIANA 184 mg/dl ± 36,9 mg/dl 182 mg/dl (156-207) 176 mg/dl ± 32,9 mg/dl 172 mg/dl (156-195) 0,04136 HDL mg/dl MEDIA MEDIANA 53 mg/dl ± 15,2 mg/dl 52 mg/dl (43,5-58) mg/dl 62 mg/dl ± 17,8 mg/dl 59 mg/dl (50-72,5) mg/dl <0,00001 LDL mg/dl MEDIA MEDIANA 120 mg/dl ± 33,8 mg/dl 117 mg/dl (96-139) mg/dl 108 mg/dl ± 27,3 mg/dl 107 mg/dl (88-122) mg/dl <0,0001 LDL CALCOLATO MEDIA MEDIANA 113 mg/dl ± 37,6 mg/dl 109 mg/dl (87-130) mg/dl 101 mg/dl ± 33,6 mg/dl 97 mg/dl (81,2-117,5) mg/dl 0,00194 TRIGLICERIDI mg/dl MEDIA MEDIANA 120 mg/dl ± 64,1 mg/dl 103 mg/dl (71-157) mg/dl 80 mg/dl ± 40,5 mg/dl 69 mg/dl (54-95) mg/dl <0,00001

Tabella 7. Mann Whitney U test. Differenze di profilo lipidico tra le pazienti IR e le pazienti NIR. (IR= Insulino resistenti; NIR= Non insulino resistenti).

(41)

Mediante regressione lineare semplice è stata indagata la possibile correlazione tra alcuni parametri ormonali/metabolici particolarmente importanti in questi pazienti: nello specifico dal Grafico 1 si può vedere che il colesterolo totale non correla direttamente con BMI (IMC) (R2 = 0,005, p = 0,08).

Grafico 1 – Regressione lineare semplice tra Colesterolo totale e BMI (IMC). R2 = 0,005,

p = 0,08.

HDL correla in maniera inversa con BMI (IMC), HOMA index, FAI (R2 = 0,1876, p <

0,0001). (Grafici 2, 3, 4)

(42)

Grafico 3 - Regressione lineare semplice tra HDL e HOMA-LOG10.

Grafico 4 - Regressione lineare semplice tra HDL e FAI.

LDL correla direttamente con BMI (IMC) (R2 = 0,0537, p < 0,0001). (Grafico 5)

(43)

In un’analisi multivariabile (con più variabili indipendenti) abbiamo analizzato i Trigliceridi come variabili dipendenti utilizzando BMI e HOMA e FAI come variabili indipendenti, trovando che i valori di trigliceridi dipendono da BMI e HOMA, ma non dal FAI (R2 = 0,238, modello generalizzato p < 0,001; singole variabili indipendenti: BMI

p < 0,001, HOMA p = 0,008, FAI p = 0,178).

Il Testosterone totale non è correlato con IMC (BMI) (R2 = 0,004, p = 0,149) (Grafico

6), mentre il FAI è direttamente correlato con IMC (R2 = 0,18, p < 0,001) (Grafico 7).

Grafico 6. Regressione lineare semplice tra FAI e IMC (BMI). R2 = 0,004, p = 0,149

Grafico 7. Regressione lineare semplice tra T e BMI (IMC). R2 = 0,18, p < 0,001

(44)

2) Valutazione clinica, biochimica, metabolica delle pazienti in base ai fenotipi La popolazione di 598 pazienti con PCOS è stata divisa in 4 fenotipi, seguendo i criteri diagnostici AES 2006 ottenendo una popolazione così distribuita:

• 278 pazienti fanno parte del Fenotipo 1 (Fenotipo classico) caratterizzato da: • Evidenza clinica e/o biochimica di iperandrogenismo

• Evidenza di Oligo-Anovulazione

• Ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia

• 129 pazienti fanno parte del Fenotipo 2 (Esssential NIH Criteria) caratterizzato da: • Evidenza clinica e/o biochimica di iperandrogenismo

• Evidenza di Oligo-Anovulazione

• 37 pazienti fanno parte del Fenotipo 3 (Ovulatory PCOS) caratterizzato da: • Evidenza clinica e/o biochimica di iperandrogenismo

• Ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia

• 31 pazienti fanno parte del Fenotipo 4 (PCOS non iperandrogenico): • Evidenza di Oligo-Anovulazione

• Ovaie con aspetto micropolicistico all’ecografia

La popolazione delle nostre pazienti con PCOS è formata, quindi, per il 58,5% da pazienti con fenotipo 1, per il 27,2% da pazienti con fenotipo 2, per il 7,8% da pazienti con fenotipo 3 ed infine 6,5% pazienti con fenotipo 4. (Figura 8)

Figura 8. Distribuzione delle 598 pazienti nei 4 Fenotipi secondo i criteri di Rotterdam del 2003.

58,50% 27,20%

7,80% 6,50%

Fenotipi pazienti PCOS

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