"Contaminazioni e consapevolezze mediate in Carne di Ruth Ozeki"
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(2) Daniela Fargione. Lo statuto speciale riconosciuto alla comunicazione del rischio dipende dalla natura globalizzata dell’informazione trasmessa (cfr. Lo Russo 2004). Tuttavia, se il mondo intero è coinvolto in una situazione minacciosa, quantomeno a livello nominale, la sua mediazione comunicativa può essere soggetta ad alterazioni o amplificazioni potenzialmente sproporzionate. Ciò accade soprattutto se il rischio ha a che fare con qualcosa di tanto necessario quanto il nutrimento del nostro corpo, perché anche le interrelazioni tra i pericoli della sfera alimentare e la comunicazione del rischio sono progressivamente entrate nel vivo di questo fervente dibattito. La percezione – corretta o errata che sia – dei pericoli relativi alla produzione, distribuzione e consumo del cibo può determinare la diffusione di «allarmi alimentari», a loro volta responsabili di un comportamento irrazionale e ingiustificato da parte dei consumatori (Fischhoff 1995; Allan, Adam e Carter 2000; Baker 2001; Lo Russo 2004; Gavrila 2012) 1. Per contro, la natura non dialogica della notizia mediata può anche permettere che gli agenti responsabili del pericolo in questione si trasformino nella fonte stessa del messaggio e alterino l’informazione, spesso con il chiaro intento di minimizzare (o persino negare) i pericoli attesi e ridurre così le prevedibili perdite economiche. È questo il caso rappresentato da My Year of Meats (1998) – romanzo semi-autobiografico di Ruth Ozeki e noto al pubblico italiano con il titolo Carne (1998) – che si concentra sulle pratiche insalubri e le falsificazioni sia delle corporazioni agro-alimentari, sia dei media globalizzati 2. Questo scenario, inoltre, è reso ancora più complicato dalla sovrapposizione della carne animale (bovina) con la carne umana (femminile), che intreccia fattori sociali e biologici fra cui il ———————— 1 Se non altrimenti specificato, le traduzioni dei testi citati sono mie. 2 Figlia di madre giapponese e padre americano, Ruth Ozeki nasce a New Haven, Connecticut nel 1956. Dopo aver conseguito una laurea presso lo Smith College di Northampton, Massachusetts, prosegue gli studi in Giappone alla Nara Women’s University grazie a una borsa di studio del Ministero dell’Istruzione. Nel 1985 si trasferisce a New York, dove intraprende la carriera cinematografica, realizzando documentari indipendenti tra cui Body of Correspondence (1994) premiato al San Francisco Film Festival, e Halving the Bones (1995). Il suo primo romanzo, My Year of Meats (1998) è seguito da All Over Creation (2003), entrambi tradotti in più lingue e vincitori di numerosi premi letterari. Il suo romanzo più recente è A Tale for the Time Being (2013), finalista per il prestigioso Man Booker Prize. Ordinata monaca buddista nel 2010, è redattrice del sito web Everyday Zen (www.everydayzen.org) e vive a New York e in Canada. Per ulteriori informazioni sulla sua biografia, rimando il lettore al sito ufficiale (www.ruthozeki.com).. 150 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(3) Contaminazioni e consapevolezze mediate in “Carne” di Ruth Ozeki. genere, l’età, la classe e l’etnia in connessione con concetti quali la ri/produzione, l’autenticità culturale e la giustizia razziale 3. Il romanzo, insomma, è una ricca e minuziosa disamina di vari processi di contaminazione e materializzazione e delle loro rappresentazioni mediate in contesti transnazionali. My Year of Meats racconta le storie parallele di due donne e della loro comune ricerca della propria autentica identità. Jane TakagiLittle, una documentarista asio-americana residente a New York e disoccupata da tempo, accetta di lavorare per Una moglie americana!, un programma televisivo di gastronomia mandato in onda nel format del reality show e ideato da Ozeki anni prima che i vari Hell’s Kitchen dilagassero negli Stati Uniti e nel mondo. La serie non mette in campo sfide culinarie né concorrenti. Ciò nonostante, le cuoche prescelte si affannano a dare mostra delle proprie doti, scongiurando rimproveri ed epiteti non già di uno chef supervisore bensì di un suo omologo nel marketing della carne: è a lui che spetta la decisione di tenerle o eliminarle dal programma. Una moglie americana! è infatti sponsorizzato dalla Beef Export and Trade Service (o semplicemente BEEF-EX), una potente società multinazionale il cui mandato consiste nel raggiungere il mercato del Giappone per «[d]iffondere tra le casalinghe giapponesi una corretta conoscenza del valore nutritivo delle carni statunitensi» (Ozeki 1998, 16). Gli episodi, ciascuno dei quali dedicato a una ricetta speciale, si avvicendano con scadenza settimanale e vedono protagoniste «tipiche» casalinghe americane ai fornelli che incarnano i «tradizionali» valori della nazione. Il compito di Jane consiste nell’«accalappiare delle robuste mogli americane con le carni più squisite» (Ibid.). Ogni puntata, pertanto, fa leva sulla giustapposizione di «media globale e capitale globale» (Black 2004, 231), come chiaramente dimostra la coincidenza dei dettati dell’industria televisiva e del business della carne. Il programma, inoltre, intende esportare un ideale etero-normativo di femminilità sterilizzata e iper-feconda che l’audience giapponese dovrebbe ritenere «de———————— 3 Il romanzo nasce da un episodio reale che Ozeki racconta in un’intervista a Maria Nadotti (2000). In una recente conversazione con la traduttrice italiana, Anna Nadotti, avvenuta con gli studenti del mio corso di Letteratura angloamericana il 14 maggio 2014, si sono discusse molte delle inadeguatezze del titolo prescelto per la versione italiana. In origine il romanzo si intitolava My Year of Meat, mentre solo nella seconda edizione della Penguin la parola meat è nella forma plurale (cfr. Zryd 2001). Una traduzione letterale sarebbe stata probabilmente una forzatura, ma allo stesso tempo Carne non rispecchia la sovrapposizione dei molteplici significati già convogliati dal titolo.. 151 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(4) Daniela Fargione. siderabile» nella sua quintessenza di autenticità e, di conseguenza, acquistare insieme al manzo. La narrazione in prima persona di Jane si alterna alla storia in terza persona di Akiko Ueno. Anoresso-bulimica, magra al punto che «le facevano male le ossa» (Ozeki 1998, 26), sterile e per questo maltrattata dal marito, è la moglie giapponese di Joichi Ueno, il rappresentante dell’agenzia pubblicitaria che lavora per la BEEF-EX, ovvero il «pezzo grosso, il capo mandria» (49) secondo la definizione di Jane. Un maschilismo «tossico» – presto reso noto dalla sua preferenza a farsi chiamare John Wayno, la versione moderna e americanizzata del proprio nome – converge in lui con il profondo senso di frustrazione nei confronti della «incapacità» della moglie di concepire un figlio (ovviamente maschio). Convinto dal medico di Akiko che l’infertilità della moglie sia un atto voluto 4, e che una dieta più ricca di proteine l’avrebbe aiutata a «metter su qualche chilo» (26) per poter ristabilire il ciclo mestruale e le sue capacità riproduttive, John la obbliga a «consumare» il contenuto visivo e culinario della trasmissione. Ogni sabato mattina Akiko è costretta a guardare Una moglie americana! e a rispondere a un questionario preposto da Ueno, assegnando un voto all’episodio secondo parametri quali l’interesse, il valore educativo e l’autenticità. Quel che è peggio è che il marito le impone di cucinare e infine di mangiare la pietanza preparata. Con l’evolversi delle storie, tuttavia, assistiamo a una graduale presa di coscienza da parte delle due protagoniste. Se Akiko trova il coraggio di reagire alle imposizioni di un marito ottuso e violento, Jane prende il controllo della regia del programma, trasformandolo in un forte atto d’accusa contro il capitalismo industriale e divulgando, al contempo, l’uso smodato e illegale di antibiotici e ormoni della crescita, l’intossicazione da estrogeni, la crudeltà di molti metodi di allevamento e dei loro effetti insalubri tanto sugli animali quanto sugli umani. Questi ultimi, infatti, cibandosi di carne contaminata, rimangono intrappolati in dannosi cicli alimentari. La resistenza passiva di Akiko trova rispondenze e incoraggiamenti negli episodi messi in onda da Jane: il prototipo della moglie americana è ben presto sostituito da donne e famiglie non tradizionali (inclusa una coppia lesbica vegetariana). Sicché, quando Akiko rimane incinta dopo essere stata violentata dal marito ubriaco, si trasferisce negli Stati Uniti con l’intenzione di dare inizio a una nuova vita. ———————— 4 Akiko aveva letteralmente «affamato le sue ovaie» («her ovaries were starved» 20), dimostrando di essere una di quelle mogli «cocciute» e «non onesta» (89).. 152 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(5) Contaminazioni e consapevolezze mediate in “Carne” di Ruth Ozeki. Quanto a Jane, una volta presa la decisione di sottrarsi alle imposizioni dell’azienda e di manomettere i copioni autorizzati da Ueno, il licenziamento è il suo destino inevitabile ma anche la svolta della sua attività professionale e ambientalista. Grazie all’aiuto di due fidi assistenti, la regista riuscirà a montare un suo documentario e a distribuire la verità sulle conseguenze dell’avvelenamento da DES (l’ormone sintetico dietilstilbestrolo), che scopre essere la causa principale della sua mancata gravidanza. La trasmissione, quindi, altera in maniera irrevocabile le sfere personali delle due donne, sebbene un tratto saliente dell’intera vicenda consista nella natura non-locale della loro soggettività, ovvero dei loro corpi, che resistono politicamente attraverso un’azione progressiva che Shameem Black (2004) definisce di «cosmofemminismo fertile». La scommessa sta nel credere che il mondo globale dei media possa favorire alleanze femminili transnazionali, diffondendo un chiaro appello ad agire e ad adottare pratiche ecologiche (Palumbo-Liu 2005, 53). La premessa, tuttavia, è che le donne abbiano una percezione non falsata di se stesse, a partire dal corpo, inteso non solo come sede politicizzata di riproduzione ma soprattutto come strumento di resistenza a un patriarcato che impone la propria Storia e le proprie storie. In quest’ottica, come vedremo, il corpo degli animali umani e non umani si fa materia discorsiva e persino il cibo stesso (la carne, nella fattispecie), con la sua enorme carica simbolica, diventa anello di congiunzione con l’ambiente naturale e sede di narrazione.. 1. LA CARNE È IL MESSAGGIO Il racconto di Jane si apre con un esercizio di traduzione e di rinuncia. La traduzione, che non si limita al campo linguistico ed evoca più di un’allusione a Marshall McLuhan, si applica alla proposta che la filmmaker riceve nel cuore della notte da Kato, il direttore di una compagnia televisiva giapponese e suo supervisore in un precedente lavoro: Una moglie americana! Il messaggio è la carne. Ogni episodio settimanale, durata mezz’ora, deve concludersi nella celebrazione di un piatto di carne, e culminare nella sua gloriosa consumazione. La protagonista del nostro show è la carne (non la signora)! Naturalmente anche la «Moglie della settimana» è importante. Dev’essere attraente, appetitosa e americana al 100%, carne fatta persona, abbondante, soda, ma non coriacea o dura da digerire. Attraverso di lei, le casalinghe giapponesi sentiranno il ro-. 153 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(6) Daniela Fargione. busto senso di calore, di serenità, di focolare domestico – i tradizionali valori della famiglia simboleggiati dalla carne rossa dell’America rurale. (Ozeki 1998, 14). Il testo mette subito in evidenza non solo la volontà di far coincidere donne e bestiame, ma anche le loro stesse carni, entrambe modificate, rimpinguate e mercificate per il conseguimento di utili profitti commerciali. L’immagine idealizzata della casalinga americana è il risultato perciò dello stesso trattamento di make up imposto alla carne animale per farla apparire sana, succulenta e nutriente 5. Davanti all’obiettivo, infatti, Jane ricorre spesso agli espedienti del trucco del cibo per ottenere il giusto punto di rosa, usando la glicerina per «lustrare le bistecche» (Ozeki 1998, 51), le stesse che le casalinghe acquistano nelle cattedrali del consumismo americano, in enormi supermercati dove la carne è esibita in bella mostra e ben avvolta nella plastica trasparente (16). Wal-Mart, per esempio, così spesso evocato nel romanzo, è un simbolo lampante e allo stesso tempo «spaventoso» (43) di questa opulenza: intanto per le dimensioni, e perché si presenta come «l’equivalente economico dei grandi spazi aperti e degli illuminati orizzonti della frontiera geografica americana … Ecco il cuore e l’anima di Una moglie americana!: ricreare per le casalinghe giapponesi tanta rozza abbondanza» (Ibid.). Insomma, una gigantesca illusione di pinguedine e sensualità, un esempio di porn food, che cela la violenta missione dei nuovi pionieri americani attraverso un esercizio di seduzione: penetrare la wilderness giapponese e infiltrarsi culturalmente attraverso derrate di cibo contaminato. I tocchi di carne, inoltre, «nelle loro astrazioni disossate, ci permettono di dimenticare che stiamo mangiando degli animali» (Pollan 2006, 114) ed è proprio questo, probabilmente, il miglior conseguimento del settore industriale agroalimentare: sottacere i vari strati di storia del cibo che è trattato al punto da essere venduto come prodotto della cultura e non della natura, un’invenzione umana piuttosto che un derivato di piante e animali. Questa è anche la contaminazione più significativa esibita da Ruth Ozeki nel suo romanzo: un efficace tentativo di mediazione tra scienza e natura, nel tentativo di superare produttivamente quella falsa dicotomia istituita dal pensiero tradizionale. Come ben argomenta Simon C. Estok, Carne mostra continue interazioni di ambiti apparentemente antitetici e nettamente separati: realtà e finzione, diversificazione culturale e identità nazio———————— 5 È utile ricordare che nella lingua inglese la distinzione tra la carne animale (meat) e quella umana (flesh) avviene anche a livello lessicale.. 154 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(7) Contaminazioni e consapevolezze mediate in “Carne” di Ruth Ozeki. nale, maschile e femminile, commestibile e non-commestibile, naturale e artificiale. Tra le varie sfide messe in campo, vi è pure «una semplice opposizione tra narrativa scientifica e narrativa non-scientifica all’interno di un contesto già ossessivamente incerto, un contesto di racconti apocalittici e crescenti crisi ambientali che paiono quasi richiedere le certezze della Scienza» (Estok 2010, 41). La «narrativizzazione» della scienza risulta essere particolarmente vantaggiosa per il progetto dell’ecocritica in quanto rivela gli intrecci tra questioni ambientali di carattere globale e interessi personali o locali, sottintendendo «una latente etica di impegno attivista» (41) che percorre e segna le stesse narrazioni 6. Il processo traduttivo di Jane, tuttavia, contempla anche una rinuncia. Per ragioni meramente economiche, la protagonista si vede costretta a sacrificare le leggi dell’obiettività quando accetta di coordinare lo show e di girare falsi documentari (o mockumentaries) che, per dirla con Alexandra Juhasz e Jesse Lerner, contemplano «malafede, umorismo e altri espedienti formali per creare una distanza critica o comica con la sobrietà, la verità e la razionalità del documentario» (2006, 1-2), manipolando infine «la forma del documentario, il soggetto del film … e l’ordine morale e sociale» (2). In alternativa alla retorica della paura alimentata in numerose opere che trattano di crisi ambientale, Ruth Ozeki preferisce ricorrere all’ironia come strumento di resistenza culturale e politica. Jane, per esempio, si descrive come una «mediatrice, come magnaccia della cultura, che vende l’immensa illusione americana a un popolo stipato su una sottile striscia di isole del Pacifico» (Ozeki 1998, 15), e questo in virtù della sua condizione ibrida: «Plurisessuale, plurirazziale, perversa … razzialmente ‘a metà’ – né qui, né là» che la rende «perfetta per la … nicchia nell’industria televisiva» (15). Tuttavia, con l’evolversi degli eventi, Jane comprende che la linea di demarcazione tra l’autenticità e la simulazione non ha tratti ben precisi e che «la verità è fatta di strati sottili e a malapena distinguibili, come la pelle, e non si lascia dire facilmente» (185). Ma per quanto spessa o coriacea, quella pelle non funge mai da barriera con il resto dell’ambiente, né da isolamento con il resto del corpo. La sua «porosità viscosa» (Tuana 2008), infatti, la trasforma piuttosto in ———————— 6 Lo storiografo e filosofo della storia Hayden White distingue tra l’azione del «narrare», cioè osservare il mondo e offrirne un resoconto secondo le proprie percezioni, e l’azione del «narrativizzare», ovvero riconoscere alla realtà la forma di un racconto, lasciando che gli eventi della realtà si raccontino da soli (White 1981). Non è secondaria la scelta di Ruth Ozeki di concludere il libro con una bibliografia delle fonti scientifiche usate per scrivere il romanzo.. 155 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(8) Daniela Fargione. un raccordo (tornerò su questo punto nella prossima sezione). Jane situa la sua «missione» (Ozeki 1998, 34) in rapporto a una serie di dilemmi etici associati all’istituzione dell’autorità e dell’autenticità di cui i mass media si pongono come garanti – per intenderci, la politica sbandierata dal motto «As seen on TV» (Fish 2009) – con il proposito di articolare un’accusa tanto caustica quanto sardonica nei confronti della (ri)produzione di ideologie quali il determinismo biologico o l’essenzialismo razziale. Dibattendosi «in miasmi di informazioni sbagliate su razza e cultura» (Ozeki 1998, 34), Jane crede fortemente nell’integrità della forma documentaristica, tanto da affermare di essere «decisissima a utilizzare quello spazio in un’importante rete televisiva per educare», usando «le mogli vendi-carne al servizio di una verità superiore» (34, corsivo nel testo). Sebbene mai realmente abbandonata, la sua visione idealistica del documentario come forma autentica e veicolante di imperativi etici, dovrà ben presto subire una contrazione e riformulazione. Le ambiguità dell’industria dei media, infatti, rafforzano il suo sentirsi «creatura doppia», amplificando la collisione tra il rispetto di una sincerità di rappresentazione e la complicità in un grande inganno culturale. Il conflitto etico di Jane, infine, trova corrispondenze in un conflitto epistemologico, che si risolverà soltanto attraverso un’attenta analisi della de/costruzione delle molteplici verità rappresentate dai media. La verità, dovrà ammettere alla fine, «è come la razza, e la si può misurare solo per successive, sempre più vaghe, approssimazioni» (186). Per quanto, conclude, «se una fa la documentarista, deve aspirare alla verità e crederci con tutte le proprie forze» (Ibid.). Ma i documentari, scrivono ancora Juhasz e Lerner, «sono (artificialmente) ancorati al mondo materiale, con tutte le possibilità politiche ed emozionali che il corpo e la politica del corpo sanno ispirare» (2). È esattamente questa materialità che vorrei ora prendere in esame, al fine di illustrare come la consapevolezza mediata del corpo animale (femminile) possa trasformarsi in strumento di consapevolezza razziale, ambientale e di genere, come primo passo verso una reazione positiva ed ecologica alle contraffazioni. 2. LA CARNE E/È IL CORPO Ponendo il corpo al centro simbolico del suo romanzo, Ozeki illustra «la rilevanza … della materialità della vita quotidiana nel processo di formazione di identità individuali e culturali» (Kalejahi 2012, 83). Nell’analizzare gli intrecci tra una politica nazionale del cibo e una 156 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(9) Contaminazioni e consapevolezze mediate in “Carne” di Ruth Ozeki. rappresentazione dell’identità americana, Saeed Kalejahi coglie anche l’«interazione del materiale e del discorsivo che danno forma al fondamento culinario delle nozioni contemporanee del sé» (83). La carne, pertanto, è l’espediente che allaccia il reale al simbolico, fungendo al contempo da emblema cruciale nell’autorappresentazione culturale dell’America, le cui «mucche sacre» costituiscono un’intera epica storica. I sottili e costanti riferimenti alla colonizzazione, alla Frontiera, all’ideologia del Destino manifesto, alla Seconda guerra mondiale, via via fino alla guerra del Golfo, attraversano il romanzo ed evocano tutta l’arroganza e la violenza di modalità egemoniche (maschili) esemplificate sin dalle prime pagine dal messaggio di Kato. Per affrontare le interconnessioni del materiale e del discorsivo nei romanzi di Ozeki, Kalejahi riporta il brano di un’intervista in cui la scrittrice, discorrendo di All Over Creation, afferma: Quando ripercorriamo la filiera di qualcosa di così semplice come una patata, cominciamo a renderci conto che a ogni morso, a ogni boccone che mastichiamo e ingoiamo, stiamo introiettando nel nostro corpo una serie di decisioni di cui siamo veramente all’oscuro. Pensiamo di mangiare una semplice patatina fritta, ma di fatto quella patatina è il risultato di una serie di decisioni che sono state prese dalla Food and Drug Administration e dall’Environmental Protection Agency, da corporazioni e scienziati, da agenzie di marketing e aziende di relazioni pubbliche, ed è tutto complicato all’inverosimile. (Clyne, cit. in Kalejahi 2012, 83). Dice bene Ozeki quando parla della complessità di un cibo così semplice come la patata (vera protagonista del suo secondo romanzo), mettendo in rilievo la storia e le storie che quella patata (e, mutatis mutandis, un taglio di carne) racconta. E non solo del campo naturale in cui è cresciuta, bensì delle numerose contaminazioni che alcuni (pochi) umani hanno ideato e inflitto a quella patata prima di portarla sulla tavola dei più. Ovviamente, all’insaputa di questi ultimi. Ecco allora che questo «intrico complicato» (Bateson 1997, 399), interpretato alla luce dell’emergente ambito di studi dei new materialisms può svelare diversi strati di storie mescolate 7. La sovrapposizione del corpo delle donne e del corpo degli animali rivela il tentativo del romanzo di convogliare l’attenzione dei lettori verso pratiche ed esperienze corporee femminili nel loro rapporto con corpi «altri», ovvero non necessariamente o esclusivamente ———————— 7 Per una introduzione ai new materialisms suggerisco la lettura di Coole e Frost (2010), Iovino (2012), Iovino e Oppermann (2012, 2014).. 157 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(10) Daniela Fargione. umani, né vitali. In quest’ottica, la nozione di «trans-corporeità» formulata da Stacy Alaimo (2008; 2010), offre un approccio innovativo alle diverse realtà materiali qui esposte e intese come portatrici di significati, contaminazioni e narrazioni. Alaimo la definisce come «il tempo-spazio in cui la corporeità umana, in tutta la sua carnalità materiale, è inseparabile dalla ‘natura’ o dall’‘ambiente’; in quanto sede teorica, la trans-corporeità è quel luogo in cui teorie corporee e teorie ambientali si incontrano e si incrociano in modi produttivi» (2008, 238). Inoltre, queste reciproche infiltrazioni di umano e non umano, culturale e naturale, non solo permettono un «movimento attraverso sedi diverse» (Ibid.), ma riconoscono pure la capacità d’azione della materia, offrendo un «modello di coincidenza dinamica, di permeabilità e di ‘agentività interconnesse’» (Alaimo 2010, 21). È proprio questa natura permeabile (come per la pelle della verità che Jane si sforza di penetrare) che Nancy Tuana definisce «porosità viscosa» e che richiama tutta la nostra attenzione, invitandoci a infiltrarci negli interstizi «delle complesse interrelazioni da cui emergono i fenomeni» (Tuana 2008, 189), compresi quelli che definiamo «naturali» e che hanno origine da malsane e rischiose attività umane. Di conseguenza, la percezione di tale fluidità tra il biologico e il socio-politico solleva importanti questioni etiche e mette in discussione almeno due concetti cristallizzati in gran parte del pensiero tradizionale. Il primo concetto ha a che fare con il corpo inteso come entità fissa, inerte e passiva. I teorici dei new materialisms al contrario, ci invitano a considerarlo come «un coagulo di agentività …, un processo stabilizzante e destabilizzante di intra-attività iterativa» (intra-activity; Barad 2007, 151). Vale a dire che il corpo non è solo un’entità fisica fatta di carne e ossa, bensì la sede in cui si intersecano nature diverse. Da qui l’urgenza di tracciare nuovi confini del sé, dal momento che «il proprio sé materiale … non può essere districato da reti al contempo economiche, politiche, culturali, scientifiche e sostanziali» (Alaimo 2010, 20). Il secondo concetto, invece, consiste nel dualismo corpo/mente, ovvero nella consueta visione di agentività (agency) associata soltanto all’intenzionalità e, di conseguenza, all’intelligenza degli esseri umani (Iovino e Oppermann 2012). In Carne tutte queste nozioni sono efficacemente illustrate dalla critica di Ozeki al DES, un estrogeno sintetico creato nel 1938 e prescritto tanto alle donne quanto al bestiame. Utilizzato per più di un ventennio nella prevenzione degli aborti spontanei, come pillola del giorno dopo, come terapia in menopausa, o in terapie post-operatorie nei casi di trans-sessualità (Sze 2006), il DES era impiegato anche per ingrassare gli animali e rendere le loro carni più succulente. La sua. 158 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(11) Contaminazioni e consapevolezze mediate in “Carne” di Ruth Ozeki. pericolosità è stata infine comprovata tanto per le future madri quanto per i loro feti: cancerogeno, aumentava i rischi di infertilità e provocava trasformazioni strutturali agli organi riproduttivi maschili e femminili. Ciò nonostante, si è continuato a prescriverlo alle donne incinte in un’operazione di complicità con il mercato farmaceutico, per essere finalmente bandito nel 1971. Il DES, somministrato agli animali e ingerito dagli umani attraverso il cibo, non solo concorreva a creare dannosi cicli alimentari, ma contribuiva ad amplificare questioni etiche ed estetiche: il corpo, già contrassegnato in termini di razza e genere, si trasformava in custode deformato e grottesco di prodotti tossici nati da pratiche corporative trans-nazionali. Nel romanzo di Ruth Ozeki la contaminazione da ormoni causa problemi visibili di femminilizzazione e di infertilità. Mr. Purcell, per esempio, un afroamericano che per anni aveva mangiato pollo nel cui gozzo si concentrava una «medicina», «da baritono si era trasformato in soprano!» e gli erano cresciute «le tettine» (Ozeki 1998, 126). Ma anche la stessa Jane scopre di essere vittima del DES: la sua sterilità non dipende da una contaminazione razziale come ipotizzato all’inizio del romanzo (152), bensì da quei 125 milligrammi di dietilstilbestrolo somministrati alla madre nel suo primo trimestre di gravidanza (166-167). La conseguenza più immediata consiste nel provocare a Jane una malformazione congenita delle tube di Falloppio – un «toro uterino» a cui era stata «strappata una delle corna» (163) – che le impedisce di concepire. Se uno dei dettati di Una moglie americana! è l’omissione di «cose sgradite» fra cui «imperfezioni fisiche e deformità, obesità, squallore e persone di second’ordine» (18), come elencato nel promemoria che Jane riceve dagli uffici di Tokio, risulta evidente come la critica di Ozeki si diriga verso una nozione molto comune ma alquanto astratta di corpo femminile: un prodotto artificiale affetto da contaminazioni bio-tecnologiche e diffuso dai mass media. Come la bistecca sul banco dei prodotti freschi. La rappresentazione del corpo femminile, nella sua sovraesposizione (l’ubiquità della carne nuda per fini pubblicitari e commerciali), nella sua celebrazione del virtuale (il regno di Photoshop) e nella sfida al limite (la giovinezza e la bellezza a oltranza, senza alcuna scadenza temporale) non è che il tripudio della pornografia medica e della parodia. E se la prima è detestabile, la seconda, al contrario, come ha ampiamente dimostrato Ruth Ozeki, è una salutare alternativa alle modalità comunicative dominanti. Quel che occorre, come sostengono i teorici dei new materialisms, è una maggiore consapevolezza in grado di migliorare la percezione del nostro corpo e del corpo del mondo, ed è una questione di abitudini e pratiche sane che devo-. 159 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
(12) Daniela Fargione. no partire dal basso e non senza l’ausilio della tecnologia. I problemi, afferma Ruth Ozeki in un’intervista, vanno affrontati partendo dalle piccole soluzioni locali, dal lavoro di quartiere. Ecco perché Internet, un formidabile strumento di comunicazione e organizzazione, è così prezioso per chi fa lavoro di base e ha bisogno di sapere che non è da solo e cosa sta davvero succedendo in altre zone del mondo. Se ci si dovesse accontentare dell’informazione che ci arriva dalla televisione e dalle grandi testate, potremmo convincerci che al mondo non ci sono che guerre, catastrofi naturali, fatti di cronaca nera, crisi di governo e matrimoni tra ricchi e famosi. (Nadotti 2000, 251). Una giusta percezione, lettura e interpretazione di sé e del cibo che mettiamo nel piatto sono acquisite competenze di decodifica e negoziazione. Certo, ammette infine Ozeki nella chiusa del romanzo: «Durante l’anno di carne, la verità non era stata meno strana della finzione; era finzione … Forse bisogna inventarsi le cose, certe volte, [per] dire verità capaci di cambiare l’epilogo» (375). Operazione più semplice se condotta nella consapevolezza che le «ContaminAzioni» (Fargione 2013a, 2013b) possono avere risvolti ed esiti positivi.. BIBLIOGRAFIA Alaimo, Stacy. 2008. «Trans-corporeal Feminisms and the Ethical Space of Nature». In Material Feminisms, a cura di Stacy Alaimo e Susan Hekman, 237-64. Bloomington: Indiana University Press. ––––– 2010. Bodily Natures: Science, Environment, and the Material Self. Bloomington: Indiana University Press. Allan, Stuart, Barbara Adam e Cynthia Carter, a cura di. 2000. Environmental Risks and the Media. New York: Routledge. Baker, Robin. 2001. Fragile Science: The Reality Behind the Headlines. Pan Macmillan. (Falsi allarmi. La scienza e i media. Trad. it. di L. Sgorbati Buosi. Milano: Il saggiatore, 2002). Barad, Karen. 2007. Meeting the Universe Halfway: Quantum Physics and the Entanglement of Matter and Meaning. Durham: Duke University Press. Bateson, Gregory. 1997. Una sacra unità. Altri passi verso un’ecologia della mente. Trad. it. di G. Longo. Milano: Adelphi. (A Sacred Unity: Further Steps to an Ecology of Mind. New York: Harper Collins. 1991).. 160 ContaminAzioni ecologiche. Cibi, nature e culture - A cura di D. Fargione e S. Iovino http://www.ledonline.it/index.php/Relations/pages/view/irene-series.
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