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Analisi preliminare di un nuovo metodo per la derivazione di curve di durata in sezioni non strumentate

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Academic year: 2021

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POLITECNICO DI MILANO

Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Ambientale, Infrastrutture viarie, e

Rilevamento

ANALISI PRELIMINARE DI UN NUOVO METODO PER LA

DERIVAZIONE DI CURVE DI DURATA IN SEZIONI NON

STRUMENTATE

Relatore: Prof. Giovanni Ravazzani

Correlatore: Carlo De Michele

Tesi di laurea magistrale di:

Giacomo Barlassina

Anno accademico 2016/2017

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INDICE

1 INTRODUZIONE 1.1.1 Costruzione Della Curva Di Durata ... 7 1.1.2 Curva Di Durata Attesa ... 8 1.1.3 Standardizzazione Della Curva Di Durata ... 9 1.1.4 Frequenze Assolute O Relative ... 9 1.1.5 Applicazioni Della Curva ... 10 1.1.6 La Mancanza Di Dati ... 10 1.2 STATO DELL’ARTE ... 11 1.2.1 Metodi Parametrici ... 11 1.2.2 Metodi Grafici ... 12 1.2.3 Metodo Proposto ... 12 1 IL MODELLO IDROLOGICO FEST ... 15 2 LE FORZANTI METEOROLOGICHE ... 17 3 AREA DI STUDIO ... 19 4 GLI SCENARI DI PORTATA ... 23 5 MODELLO AUTO-AFFINE DEL FATTORE DI RIDUZIONE DELLE PORTATE ... 27 6.1 AUTO SOMIGLIANZA DINAMICA DELLE PORTATE ... 27 6.2 INVARIANZA DI SCALA SEMPLICE IN SENSO STATISTICO ... 27 6.3 AUTO AFFINITÀ ... 28 6.4 DERIVAZIONE ANALITICA DEL MODELLO AUTO-AFFINE ... 29 6 RISULTATI & DISCUSSIONE ... 31 7.1 ANALISI DELLE CURVE DI DURATA ... 31 7.1.1 Applicazione dell’analisi grafica ... 31 7.1.2 Applicazione del metodo statistico ... 33 7.2 COMPRENSIONE DEL PROBLEMA ... 34 7.3 DEFINIZIONE DEL METODO AUTOAFFINE ... 39 7.3.1 LA DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI ... 42 7.3.2 Applicazione del metodo auto-affine alla simulazione Sim_pccn100 ... 43 7.4 Applicazione del metodo auto-affine alla simulazione realistica (Sim_all) ... 47 7.5 LE ALTRE SIMULAZIONI ... 54 7.6 CRITICITÀ del MODELLO ... 54 8. CONCLUSIONI e SVILUPPI FUTURI ... 57

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a.1.2 Blocco Neve ... 60 a.1.3 Blocco Infiltrazione ... 60 a.1.4 Blocco Di Bilancio ... 61 a.1.6 Blocco Di Propagazione Del Deflusso Superficiale ... 62 a.1.7 Blocco Di Propagazione Del Deflusso Ipodermico ... 62 Bibliography ... 63

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1. INTRODUZIONE

La conoscenza della distribuzione spaziale e temporale della risorsa idrica in una regione è una informazione fondamentale per poter garantire uno sviluppo sostenibile degli insediamenti antropici. La presenza d’acqua garantisce infatti il proliferare della vita e lo sfruttamento di questa risorsa da parte dell’uomo deve essere condotto consapevolmente in modo da non compromettere le caratteristiche naturali della regione. A livello pratico, ogni volta che è necessario attingere alla risorsa idrica si utilizzando degli strumenti che permettono di comprenderne la disponibilità. Uno degli strumenti maggiormente utilizzato è la CURVA DI DURATA DELLE PORTATE (FDC, “Flow Duration Curve”), uno strumento grafico che contiene molteplici informazioni a riguardo del comportamento di un fiume in una data sezione di chiusura. 1.1 CURVA DI DURATA DELLE PORTATE Riferendosi ad una determinata sezione di un’asta fluviale, la durata di una portata rappresenta l’intervallo di tempo in cui la portata viene uguagliata oppure superata. La curva di durata empirica è quindi il luogo dei punti rappresentante la relazione tra portate verificatesi e la loro durata in un dato intervallo temporale. Tale curva viene costruita a partire dai dati osservati di portata che vengono che vengono posti in ordine crescente sulle ordinate mentre sulle ascisse si riportano le rispettive durate. Le durate sono generalmente espresse in giorni (da 1 a 365), rappresentando quindi la frequenza assoluta del corrispettivo valore di durata. Tali frequenze possono anche venire espresse come frequenze relative in una scala che varia da 0 ad 1, dove ad uno corrisponde il valore di portata che si registra per il 100% dei giorni. Si può quindi dedurre che queste curve abbiano un andamento decrescente in quanto le portate di picco sono eventi che vengono uguagliati o superati poche volte in un anno e a cui corrispondono brevi durate. Le portate di magra avranno quindi lunghe durate in quanto vengono uguagliate o superate per gran parte del tempo. Figure 1 Esempio di curva di durata.

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La forma di questa curva ci restituisce quindi molteplici informazioni riguardanti la disponibilità d’acqua ma anche le caratteristiche del bacino idrografico a monte della sezione di interesse. In particolare l’estremo destro mostra il comportamento della portata di magra (base-flow) che, derivando dalle acque sub-superficiale ci da informazioni riguardanti l’interazione dell’asta fluviale con le acque di falda ed il carattere torrentizio dell’asta fluviale in analisi. La seguente curva di durata mostra un comportamento torrentizio dell’asta fluviale. Figure 2 Esempio di curva di durata relativa ad un'asta fluviale avente comportamento torrentizio. La curva si estingue per brevi durate il che significa che per gran parte dell’anno l’asta fluviale a monte della sezione di chiusura sarà in secca. Da questa informazione è quindi possibile dedurre che non avviene nessun tipo di ricarica del flusso superficiale da parte di flussi sub-superficiali. Al contrario l seguente grafico mostra una curva di durata che non si esaurisce per nessuna durata.

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La portata per la durata di 365 giorni è pari a 5,30 m3/sec, ciò significa che nell’anno di riferimento non si è mai scesi sotto tale portata. Si deduce quindi il carattere fluviale e, dalle elevate portate, che tale curva si riferisce ad un bacino di grosse dimensioni. Oltre a restituire la frequenza delle portate in una sezione, la FDC ci permette di calcolare il volume d’acqua transitato per la data sezione in un qualsivoglia periodo ti tempo. L’area sottesa alla curva è infatti il volume totale transitato in un anno, integrando la curva su un intervallo di tempo arbitrario si ottiene il volume transitato per il richiesto numero di giorni. 1.1.1 Costruzione Della Curva Di Durata La curva di durata empirica viene quindi costruita partendo direttamente dai dati di portata osservati su un intervallo di tempo avente ampiezza pari ad un anno. Come già anticipato solitamente si utilizzano dati di portata media giornaliera in quanto una risoluzione temporale maggiore (ad esempio dati di portata orari) aumenterebbe notevolmente il numero di dati da trattare senza apportare alcun beneficio. Il grafico seguente mostra il confronto tra i dati di portata oraria e giornaliere relativi ad un anno i una sezione di chiusura sul fiume Po. Figure 4 Confronto tra dati di portata orari(in blu) e medi giornalieri(in rosso). Si osserva come le portate medie giornaliere attenuino i picchi di portata ma allo stesso tempo riproducano fedelmente l’andamento delle portate. Una veloce analisi di questo grafico permette inoltre di comprendere la presenza di de principali stagioni in cui si osservano i picchi di piena, ovvero la primavera e l’autunno. I 365 dati mediati devono quindi essere disposti in ordine decrescente e successivamente numerati assegnando al valore di portata maggiore il numero 1 e alla portata minore osservata il numero 365. Questa numerazione corrisponde ad attribuire ad ogni dato di portata la sua rispettiva durata. Il valore massimo registrato è stato infatti uguagliato per un solo giorno nell’arco dell’anno di osservazione, mentre il minimo valore registrato è stato uguagliato o superato per tutti i 365 giorni dell’anno.

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Disponendo quindi sulle ordinate i valori di portata in ordine crescente e in ascisse le rispettive durate si ottiene la curva di durata per l’anno di riferimento. Nel seguente grafico viene riportata la FDC realizzata con i dati di portata presenti nella figura precedente. Figure 5 Curva di durata empirica relativa alla sezione di chiusura di Isola sul fiume Po. Si osserva da subito come la forma della curva sia irregolare in quanto risente di ogni evento verificatosi nei 365 giorni in esame. Per sopperire a questo problema ed ottenere una curva rappresentativa del comportamento atteso del bacino è quindi necessario utilizzare una curva di durata media. 1.1.2 Curva Di Durata Attesa La curva di durata utilizzata per la gestione delle acque è la curva di durata attesa (AFCD, “Average Flow Duration Curve) in quanto descrive il comportamento medio dell’asta fluviale e non risente degli eventi stremi. Un evento di magra straordinario o delle precipitazioni particolarmente intense possono infatti modificare sensibilmente la forma della curva. Le due curve colorate nel seguente grafico sono ricavate da dati di un solo anno, la curva nera tratteggiata è invece la curva di durata realizzate tramite la media dei dati relativi a 15 anni di osservazioni.

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La curva blu ci mostra come un anno poco piovoso può abbassare nettamente la portata massima rispetto ai valori medi registrati in quella stazione nei vari anni. Ogni punto della curva di durata media rappresenta quindi la media dei valori di portata aventi uguale frequenza nei diversi anni. Maggiore è il numero di anni di osservazione e minore sarà l’effetto di eventi estremi sulla forma della curva di portata media. 1.1.3 Standardizzazione Della Curva Di Durata Per poter comparare curve di durata riferite a bacini diversi e quindi realizzare delle analisi sulla loro forma è necessaria una normalizzazione dei valori di portata che altrimenti variano notevolmente a seconda della sezione di chiusura. Le metodologie di normalizzazione sono molteplici, ognuna volta a sottolineare diversi aspetti delle portate. Quelle principalmente utilizzate sono tuttavia le seguenti: 1) Normalizzazione rispetto all’area del bacino sotteso alla sezione di chiusura; in questo modo si sottolinea il contributo che l’unita di superficie apporta alle porteta defluenti nella sezione. Si ottengono quindi valori di portata per kilometro quadrato. 2) Normalizzazione rispetto al valore medio; 3) Normalizzazione rispetto al valore massimo; consente di ottenere i dati di portata varianti su una scala da 0-1. In questo modo si perde l ‘informazione relativa alle massime portate ma diventa possibile fare efficaci analisi sulla forma delle curve. 1.1.4 Frequenze Assolute O Relative Infine la curva di durata può essere espressa in termini di frequenze relative o frequenze assolute. Le durate espresse in giorni rappresentano infatti le frequenze assolute con cui le portate si sono verificate. Se si divide ognuna di tali durate per 365 si ottengono le frequenze relative che sono quindi comprese tra 0 e 1. L’uso di una scala rispetto all’altra è arbitrario e dipende anche in questo caso da come si vuole interpretare la curva. La portata che transita per una sezione può infatti essere considerata come una variabile aleatoria con una determinata probabilità di accadimento. Utilizzando le frequenze relative si sottolinea la stocasticità delle portate in quanto la frequenza diviene la probabilità che una data portata venga uguagliata oppure superata nell’anno di riferimento. Figure 7 Curva di durata delle portate espressa in termini di frequenze relative.

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1.1.5 Applicazioni Della Curva Le curva di durata sono largamente impiegate per la gestione e la pianificazione sostenibile della risorsa idrica. I principali campi in cui questo strumento viene utilizzato sono: -analisi delle scorte d’acqua per approvvigionamento idrico e per l’agricoltura. Le FDC vengono utilizzate per comprende quale volume d’acqua può essere derivato da un fiume (Mallory & McKenzie, 1993). -stima della diluizione di inquinanti da acque di scarico (W. MALE & OGAWA, 1984). Lo scarico di acque reflue nei fiumi è regolamentato da una normativa che indica le concentrazioni massime ammissibili nelle acque fluviali. La FDC permette di ricavare il valore Q95 (portata che di verifica il 95% del tempo) utilizzato per determinare i vincoli da rispettare a valle dello scarico. -dimensionamento di centrali idroelettriche ad acqua fluente (Liucci, Valigi, & Casadei, 2014). Il dimensionamento di centrali idroelettriche ad acqua corrente avviene sulla base delle FDC. Queste centrali non dispongono di un serbatoio di immagazzinamento ed è quindi fondamentale, per il loro rendimento, che le turbine siano dimensionate correttamente sulla base del flusso atteso d’acqua. -definizione del deflusso minimo vitale. Per salvaguardare le caratteristiche ecosistemiche di un fiume è necessario imporre un Deflusso Minimo Vitale (DMV). I valore del DMV viene stimato grazie allea FDC dell’asta fluviale di interesse (Estes & Osborn, 1986), (Gordon, McMahon, & Finlayson, 1992). 1.1.6 La Mancanza Di Dati Le curve di durata empiriche vengono quindi costruite grazie alla presenza di una rete di idrometri presente sul territorio che consenti di raccogliere dati di portata. L’utilizzo di queste osservazioni implica tuttavia la sottomissione a due vincoli: 1 Vincolo spaziale: i dati di portata sono riferiti ad una precisa sezione strumentata. Le curve di durata empiriche sono quindi ottenibili unicamente per queste sezioni 2 Vincolo temporale: dati i costi di mantenimento e installazione della rete di monitoraggio, le sezioni strumentate hanno età differenti. La lunghezza temporale di una serie di dati dipende dunque da quando lo strumento di misura è stato installato. Inoltre eventuali malfunzionamenti della strumentazione possono causare delle lacune nei dati che possono comprometterne l’uso. Risulta quindi necessario adottare metodologie che consentano di ottenere curve di durata anche per sezioni non strumentate e in mancanza di lunghe serie di dati, ovvero di regionalizzare i dati di portata. Su questo argomento esiste una grande quantità di pubblicazioni scientifiche che propongono diverse metodologie di regionalizzazione.

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1.2 STATO DELL’ARTE La costruzione delle curve di durata utilizzabile in ambito decisionale dipende quindi dalla presenza di lunghe serie di dati affidabili. Tuttavia la rete di monitoraggio, per quanto possa essere ben distribuita, non è in grado di fornire informazioni su ogni asta fluviale. È quindi frequente che le decisioni gestionali e le opere di ingegneria vengano realizzate su aste fluviali non strumentate per le quali non si dispone quindi di alcun dato. Questo problema può essere superato trasferendo i dati osservati nelle sezioni strumentate sulle aste fluviali prive di strumentazione. Ciò è reso possibile da diversi metodi di regionalizzazione ottenuti nell’ambito di studi volti a ricercare correlazioni tra le portate e le variabili geomorfologiche caratterizzanti i bacini idrografici. Questi metodi si differenziano per gli strumenti di analisi utilizzati, che variano a seconda dei differenti casi di studio e delle informazioni disponibili. Una classificazione univoca di queste metodologie è quindi resa difficile dal fatto che i diversi approcci utilizzano mix di diversi strumenti di analisi. Risulta quindi efficace fare una distinzione sulla base dei metodi utilizzati per la regionalizzazione delle curve di durata. In questo modo è possibile individuare due grandi famiglie di approcci: 1) Metodi parametrici; 2) Metodi grafici; 1.2.1 Metodi Parametrici I metodi parametri si distinguono a loro volta ina: a) Metodi statistici: questi metodi si basano sull’assunzione che la curva di durata sia il complementare di una funzione di ripartizione, e che quindi ogni punto esprima la probabilità di superamento di una data portata. P(x>X) = 1-F(x) (1.1) Dove le portate sono intese come variabili aleatorie e la frequenza relativa è la probabilità che un determinato valore di portata venga superato sull’intervallo di tempo considerata (generalmente l’anno). I principali passi in questo tipo di analisi sono: - I dati vengono analizzati e si stabilisce una distribuzione di probabilità che meglio gli approssima. Le funzioni principalmente impiegate sono la Log-normale, (Fennessey & Vogel., 1990) (CLAPS & FIORENTINO, 1997), la gamma e la Weibull. - I parametri della regione vengono stimati tramite i dati disponibile - La curva di durata per la regione viene infine identificata individuando i a parametri della distribuzione tramite differenti metodi di regressione o clusterizzazione tra le variabili geomorfologiche considerate. b) Metodi Analitici: questi metodi utilizzano espressioni analitiche che vengono adattate ai dati disponibili e successivamente regionalizzate tramite relazioni tra i parametri della funzione e le variabili caratterizzanti il bacino. Alla base di questa metodologia non vi è alcuna ipotesi statistica e la funzione viene scelta arbitrariamente. Un esempio è il modello proposto da Singh (Singh, 1971) e Mimikou et al. (Mimikou & Kaemaki, 1985)in cui le

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portate normalizzate rispetto al loro valore medio sono in relazione con l’area del bacino tramite una semplice funzione esponenziale in cui i due unici parametri sono la durata e una costante che varia a seconda della regione. 1.2.2 Metodi Grafici Questi metodi seguono generalmente i seguenti step: - Le curve di durata empiriche vengono standardizzate in modo tale da renderle comparabili tra loro. Sono possibili differente metodi di standardizzazione tramite l’area del bacino, la portata media, la mediana quella massima etc. La scelta del metodo dipende da quali sono gli espetti che si vogliono studiare. - La regionalizzazione avviene tramite l’osservazione delle diverse forme delle curve. Tale processo viene generalmente affiancato da una clusterizzazione delle curve di durata necessaria per definire delle regioni omogenee. Il risultato è che ogni regione sarà caratterizzata da una curva di durata normalizzata. Conoscendo il flow index utilizzato per la normalizzazione è quindi possibile ricavare la curva per il bacino di interesse. Questo metodo venne proposto per la prima volta da Smakhtin (Smakhtin, 1997) il quale normalizzo le curve rispetto al valore medio di portata e riutilizzato in diversi lavori di ricerca come ad esempio lo studio condotto da Gustard et al. (Gustard, Bullock, & Dixon, 1992) sulle portate di magra. 1.2.3 Metodo Proposto Nel presente lavoro si esplora un nuovo approccio per lo studio delle curve di durata e per la loro regionalizzazione. Le principali novità caratterizzanti questo lavoro sono: - Utilizzo di serie sintetiche di dati - Applicazione del concetto di auto-affinità statistica alle curve di durata L’utilizzo delle serie di dati sintetiche deriva dalla necessità di disporre di un laboratorio virtuale che permetta di sperimentare il comportamento dei bacini idrografici sotto diverse condizioni. Questo laboratorio virtuale è rappresentato da FEST, un modello idrologico fisicamente basato realizzato dal Politecnico di Milano (Ravazzani, Rabuffetti, Corbari, & Mancini, 2008). Il suo impiego consente inoltre di svincolarsi dalle limitazioni imposte dai dati osservati direttamente ed è inoltre possibile generare grandi quantitativi di dati per qualsivoglia sezione. L’utilizzo di serie sintetiche di dati per lo studio delle curve di durata è già stato proposto da Yoko (Yoko, 2001) per realizzare analisi di sensitività delle FDC, tuttavia in questo lavoro il modello fisicamente basato verrà utilizzato per simulare una regione esistente per cui si dispongono di osservazioni reali per eventuali riscontri. Infine si propone un metodo di regionalizzazione derivante dall’applicazione della proprietà di auto-affinità statistica, introducendo quindi il concetto di comportamento frattale in senso statistico sia nella dimensione spaziale che in quella temporale.

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pioggia, si basa sui concetti di auto-somiglianza dinamica e semplice a loro volta utilizzati in idrologia. Ad esempio Sapozhnikov (Foufoula & Sapozhnikov, 1998) utilizzano questo concetto statistico per studiare l’evoluzione dei meandri fluviali, mentre De Michele et al. (De Michele, Rosso, & Rulli) hanno mostrato la presenza di scaling dinamico in senso statistico per la struttura dei campi di precipitazione. L’applicazione di questo concetto alle curve di durata delle portate consente la definizione di un modello estremamente semplice per la loro derivazione in bacini non strumentati che necessita come input unicamente la superficie del bacino sottesa alla sezione di interesse.

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2. IL MODELLO IDROLOGICO FEST

Il modello utilizzato in questo studio è il modello FEST-WB (Flash - flood Event - based Spatially – distribuited rainfall - runoff Transformation, including Water Balance) (Montaldo, Ravazzani, & Mancini, 2007) (Ravazzani, Rabuffetti, Corbari, & Mancini, 2008), un modello idrologico spazialmente distribuito e fisicamente basato, sviluppato presso il Politecnico di Milano. La distribuzione spaziale del modello è garantita dalla discretizzazione del bacino in celle regolari di forma quadrata, per ognuna delle quali viene calcolato il bilancio idrologico e i relativi processi di evapotraspirazione, infiltrazione, deflusso superficiale, deflusso profondo e dinamica della neve. La suddivisione del bacino in celle comporta, a favore di una maggiore risoluzione, un notevole sforzo computazionale poiché per ogni cella e per ogni passo di calcolo vengono stimati i parametri delle equazioni. Lo sforzo di calcolo comunque, risulta giustificato dall’importanza di valutare la variabilità spaziale dei processi in esame ai fini di una corretta simulazione. Alcuni studi hanno mostrato quanto i modelli spazialmente distribuiti come questo risultino validi soprattutto per la stima di parametri tramite ragionamenti fisici, per la rappresentazione dell’eterogeneità del bacino idrografico e per la stima di eventuali effetti dovuti al cambio d’uso del suolo. La mancanza o comunque l’incertezza legata ai parametri di ciascuna cella rappresentano il limite principale di questo tipo di modelli, risulta perciò fondamentale una verifica dei risultati con i dati osservati. Altra caratteristica del modello, come detto in precedenza, è di essere fisicamente basato, quindi descrive fisicamente i processi in atto considerando parametri fisici ricavabili da misura diretta su campo o per via indiretta. In conclusione, il modello FEST-WB, sviluppato partendo dai precedenti modelli FEST98 e FEST04 (Mancini, 1990), si fonda sulla soluzione dell’equazione di bilancio di massa per ogni cella. Ad ogni passo temporale il modello utilizza le seguenti informazioni: - informazioni geomorfologiche tempo invarianti costituite da mappe; - misure puntuali di forzanti atmosferiche, ovvero precipitazioni e temperature, aventi passo temporale pari a quello adottato nel modello. I dati metereologici vengono distribuiti spazialmente su tutta la superficie di interesse attraverso il metodo della pesatura della distanza inversa (IDW) o il metodo di Thiessen. Considerando i processi di evapotraspirazione, infiltrazione, percolazione e ruscellamento superficiale viene poi calcolato il contenuto d’acqua presente nel suolo per ogni passo temporale. Questa informazione risulta necessaria per comprendere l’ammontare di pioggia netta che defluisce nei corsi d’acqua superficiali e calcolarne infine la propagazione mediante il metodo Muskingum-Cunge a celerità variabile (CUNGE, 1969). Infine, per ogni cella, si ottengo dati relativi alla propagazione superficiale e profonda in termini di portate espresse in [m3/sec]. Definendo le coordinate di determinate celle, corrispondenti alle sezioni di interesse, è possibile scrivere i valori di portata come semplici tabelle leggibili in formato txt. Essendo il passo temporale utilizzato in questo lavoro pari ad un’ora, si sono ottenuti valori di portate orari per le sezioni stabilite.

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Figure 8 Schema del funzionamento del modello idrologico FEST Ognuno dei blocchi riportati nella figura sovrastante rappresenta un processo considerato in FEST. Per lo scopo di questo lavoro di tesi è importante comprendere che questo modello considera la presenza di eventuali ghiacciai, l’accumulo e fusione di neve e le caratteristiche del suolo tramite delle mappe di copertura e indici di porosità. Queste caratteristiche rendo FEST un laboratorio virtuale che permette di realizzare simulazioni estremamente verosimili nel caso in cui tutti i blocchi vengono utilizzati, oppure simulazioni per l’analisi di sensitività delle portate al variare delle condizioni o escludendo interi blocchi come ad esempio l’accumulo della neve. La spiegazione dettagliata del funzionamento dei blocchi costituenti i modello è riportato in appendice 1.

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3. LE FORZANTI METEOROLOGICHE

3.1 LE PRECIPITAZIONI Le portate defluenti in una sezione di chiusura sono in gran parte derivanti dalle precipitazioni meteoriche che rappresentano anche l’ingresso del modello FEST. Ciò significa che tale input dovrà essere anch’esso spazialmente distribuito in modo da simulare le condizioni climatiche della regione di interesse. Nel modello vengono quindi inserite delle serie di dati di precipitazioni puntuali in stazioni sparse sul territorio studiato che, tramite il metodo di interpolazione di Thiessen , vengono poi distribuiti su tutta la regione. I valori di precipitazione in ingresso possono derivare direttamente da pluviometri sparsi sul territorio oppure possono essere generati sinteticamente da appositi modelli. L’utilizzo di dati osservati comporta ancora una volta l’assoggettarsi a vincoli temporali e un ulteriore sforzo per la loro validazione che si rende necessario nel caso in cui si debba studiare un particolare aspetto di uno specifico sito. Per lo scopo di questo lavoro si è considerato vantaggioso l’uso di serie sintetiche di dati (FATICHI, Rimkus, Burlando, Bordoy, & Molnar, 2015), (Cowpertwait, 2006), avendo esse il vantaggio di essere direttamente utilizzabili e di poter assumere una durata temporale arbitraria. Il modello utilizzato per la simulazione delle piogge è il Neymann-Scott Rectangular Pulses (NSPR), un modello dell’università di New Castle (Burton & Kilsby, 2004) considerato uno dei metodi più avanzati per la generazione di serie di piogge casuali. In questo modello la posizione delle celle in cui piove viene determinata da un set di variabili casuali indipendenti e identicamente distribuite rappresentanti gli intervalli di tempo che intercorre tra l’inizio della tempesta e il suo propagarsi in ogni singola cella. Le assunzioni che stanno alla base ti tale modello sono: - L’inizio degli eventi meteorici è generato da un processo Poissioniano - Ogni evento di pioggia genera un numero casuale di celle di pioggia il cui ritardo rispetto all’origine della tempesta è considerato tramite una distribuzione esponenziale. - La durata e l’intensità della pioggia per ogni cella sono generate da distribuzioni esponenziali. Affinché questo modello possa simulare le piogge considerando le caratteristiche climatiche di una regione, è necessario che venga tarato su dei dati osservati di precipitazioni. La taratura viene generalmente eseguita adattando i parametri del modello alle osservazioni utilizzando il metodo dei momenti. In questo lavoro si è utilizzato il modello NSPR precedentemente tarato nell’ambito del progetto ACQWA, dove è stato reso necessario il suo impiego nella medesima regione analizzata in questo lavoro (G. & S., 2014). L’utilizzo di questo modello non solo permette di generare lunghe serie di dati che consentono quindi di effettuare simulazioni FEST relative a molti anni, ma anche di escludere eventuali trend climatici. Il fenomeno dei cambiamenti climatici si comporta infatti come una forzante sulle precipitazioni, andando a modificare il loro comportamento anno dopo anno. Per il presente studio questo

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fenomeno rappresenta un rumore che potrebbe alterare la comprensione del comportamento delle curve di durata in relazioni a variabili geomorfologiche. I dati utilizzati dal modello NSPR per questa simulazione sono dati relativi a 220 stazioni sparse sul territorio e aventi una durata temporale di 100 anni. Dato il passo temporale orario con cui FEST calcola i bilanci di massa, anche i dati di precipitazioni hanno una risoluzione temporale oraria. 3.1 LE TEMPERATURE La temperatura, oltre alla precipitazione, rappresenta un importante input del modello fest in quanto variabile determinante di importanti dinamiche del ciclo idrologico. Per poter realizzare simulazioni con una lunghezza temporale di 100 anni è necessario quindi disporre di un modello che permetta di ottenere serie sintetiche di temperatura per il periodo di interesse. La temperatura dell’aria è suddivisa in una componente deterministica ed una stocastica (FATICHI, Rimkus, Burlando, Bordoy, & Molnar, 2015). La componente deterministica è rappresentata dalla variabilità climatica che determina i cicli stagionali e giornalieri, mentre la componente stocastica permette di spiegare il rumore che crea incertezza nelle temperature. Quest’ultima componente è rappresentabile tramite un modello MAR (Box, Jenkins, Reinsel, & Ljung, 2015), ovvero di autoregressione multivariata, che permette di considerare appieno la correlazione spaziale e temporale tra le osservazioni puntuali di temperatura (Bordoy R. , 2013) (Bordoy & Burlando, 2014) una volta rimossa la componente deterministica. Per l’area di studio, utilizzando il modello MAR, sono state generati dati di temperatura per 100 anni in 235 stazioni presenti sul territorio. La distribuzione spaziale di queste informazioni sul territorio viene poi realizzata tramite il il metodo di Thiessen.

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4. AREA DI STUDIO

L’area di studio considerata è il bacino dell’alta valle del fiume Po, avente un estensione di 38.000 km2. Questa regione è circondata su tra lati (nord, ovest e sud) dalle catene montuose alpine ed appenniniche che coprono circa il 73% del territorio e ricade prevalentemente nelle regioni italiane di Piemonte, Val d’Aosta e Liguria, mentre solo una piccola porzione collocata a nord-est rientra in territorio svizzero. Le sorgenti del reticolo idrografico sono collocate prevalentemente nelle regioni montuose, le aste fluviali sono quindi originariamente torrenti di montagna caratterizzate da una veloce risposta agli eventi meteorici. Procedendo verso valle le acque confluiscono gradualmente nel fiume Po, il principale fiume di questo bacino, il quale, seppure caratterizzato da grandi portate, risente delle caratteristiche montane e stagionali dei sui affluenti. La regione è infatti caratterizzata da due principali stagioni di magra (estate ed inverno) e da due stagioni di piene (primavera e autunno). Il periodo di piene primaverili è generato dalla fusione della neve accumulata durante l’inverno nelle regioni d’alta quota, mentre la seconda stagione di piene viene causata dalle intense piogge autunnali caratterizzanti il clima della regione. I fenomeni appena descritti sono allo stesso modo causa delle stagioni di secca. In inverno si registrano basse portate dovuto all’accumulo di neve nelle regioni montuose, mentre l’estate è caratterizzata da scarse precipitazioni. Di seguito viene mostrato il Digital Elevation Model (DEM) dell’area appena descritta con il reticolo idrografico e i principali laghi presenti nell’area. Figure 9 DEM e reticolo idrografico relativi all'area di studio Si nota come circa il 25% della superficie faccia parte della pianura padana la quale, per le sue origini alluvionali, presenta delle caratteristiche stratigrafiche che si prestano particolarmente all’accumulo di acqua in acquiferi. Le portate del fiume Po nell’area valliva sono infatti fortemente

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influenzate dall’ interazione con il flusso sub-superficiale d’acqua che, in periodi di magra, ricarica l’alveo del fiume garantendo delle portate minime. I tempi di calcolo del modello FEST crescono al crescere della sua risoluzione spaziale, in quanto per ogni cella in cui la superficie viene distribuita vendono risolte equazioni di bilancio di masse. Per studiare un area di questa dimensioni è quindi necessario trovare un compromesso tra risoluzione spaziale e tempi di calcolo. In questo caso si è deciso di suddividere il territorio in celle di 1 km2, ottenendo quindi in totale 38.000 celle. Su una superficie così discretizzata si sono quindi selezionate 67 sezioni di chiusura definendo quindi i bacini idrografici che si analizzeranno nel presente studio, nonché gli output del modello FEST. Figure 10 Mappa dell'area di studio riportante le sezioni di interesse per l'analisi. La selezione delle sezioni deve essere condotta con l’obiettivo di raccogliere dati che incorporino l’eterogeneità del territorio. Aste fluviali a valle della catena alpina avranno un comportamento differente da quelle a valle degli appennini che a loro volta si comporteranno differentemente dai grandi fiumi di pianura. Nella carta sovrastante sono state evidenziate le diciotto stazioni che raccolgono acque derivanti dalla fusione dei ghiacciai. Tra queste quelle collocate nell’area montuosa sono fortemente influenzate da questo fenomeno che, insieme alla fusione delle nevi, rappresenta il principale fenomeno generatore di portate. Nel complesso le caratteristiche geomorfologiche dei bacini sottostanti le sezioni scelte sono caratterizzati da una buona eterogeneità.

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Le superfici di questi bacini sono comprese tra 54 e 26165 km2, tuttavia solo 3 bacini hanno una superficie superiore ai 5.000 km2: Nome stazione Superficie [km2] Isola 26165 Crescentino 13419 Montecastello 8265 Maggiore 6832 Table 1 La copertura del suolo dell’area, di grande importanza nello studio dell’idrologia, ci è nota tramite i valori di curve number (CN). La carta seguente mostra quindi l’eterogeneità di tali valori: Figure 11 Mappa dei valori di curve number dell'area di studio. I massimi valori di CN sono prevalentemente nelle zone montuose rocciose dove lo spessore del suolo è generalmente nullo. In pianura, dove si ha grande infiltrazione e uno spessore del suolo elevato, si hanno i minimi valori di CN. Il discostamento tra il CN medio della regione e il CN medio dei bacini selezionati è di solo due unità e quindi trascurabile. Il valore medio per l’intera regioe è infatti pari a 77 mentre quello relativo ai bacini è pari a 78,5.

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Il grafico seguente mostra come i bacini scelti coprano bene i diversi valori di CN. Figure 12 Grafico dei valori medi di CN per i 67 bacini selezionati. 0 20 40 60 80 100 Is ol a Ma gg io re Ta va gn a… Ca nd og lia Fa rig lia no Ra cc on ig i QU IN TO … Su sa Do r… Ca sa lCe r… Bo rg os es ia Po nt So an a BU SC A_ … PI AN TO R… MO MB A… CA RR U _… Mo nc al i… NO VA RA … MO N DO … PA RE LL A… FR O N T_ … PRA Y_ SE … SA N _D A… CO SS AT …

CN medio

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5. GLI SCENARI DI PORTATA

Come già accennato, la scelta di utilizzare dei dati sintetici anziché dei dati direttamente osservati, nasce dall’esigenza di disporre di una sorta di laboratorio virtuale in cui diventa possibile modificare arbitrariamente ogni singolo aspetto del bacino in esame. Il modello FEST è originariamente composto da equazioni e vincoli impostati in maniera da realizzare simulazioni il più possibile vicine alla realtà. Fornendo al modello i dati descrittivi delle caratteristiche morfologiche e climatiche della regione di interesse, il modello restituirà i valori di portate orarie per le 67 stazioni prestabilite su un intervallo di tempo complessivo pari alla lunghezza delle serie di dati di precipitazioni in ingresso. Tutte le simulazioni realizzate per questo studio sono state condotte con l’intenzione di mantenere un’indipendenza temporale tra i diversi anni. Per poter ottenere tale indipendenza è quindi necessario che le informazioni presenti al termine di ogni anno di simulazione non vengano trasmesse all’anno successivo, ovvero si devono escludere eventuali tendenze climatiche. Questa condizione viene garantita generando le precipitazioni tramite il modello NSRP e imponendo nelle celle rappresentanti i ghiacciai uno spessore di ghiaccio infinito. In questo modo si inibisce il fenomeno di ritiro dei ghiacciai assicurando comunque il contributo della loro fusione alle portate. In conclusione, l’imposizione di tali condizioni ci permette di poter considerare i dati ottenuti dalle simulazioni come i dati di portata di 100 anni per ogni singolo bacino, oppure come se si disponesse di 100 copie uguali di ognuno dei 67 bacini su cui viene condotta un'unica simulazione. Il risultato di ogni simulazione è una matrice (876.000X24) in cui ad ogni colonna corrisponde una delle 67 stazioni mentre alle righe corrispondono le ore, ovvero un totale di 58.692.000 dati di portata orarie, con un costo computazionale in termini di tempo pari a 7 giorni. Nell’arco di questo studio si sono realizzate un totale di 12 simulazione nelle quali sono state modificate le condizioni morfologiche e metereologiche del bacino. Il tempo computazionale totale è stato di circa due mesi e si sono ottenuti 704.304.000 di dati di portate orarie. Avere a disposizione una tale mole di dati permette di poter realizzare preziose comparazioni. Classicamente lo studio delle curve di durata viene condotto tramite dati osservati. Questi, dipendendo dalle variabili morfologiche e climatiche del bacino, contengono implicitamente svariate informazioni che difficilmente possono essere spiegate. Le relazioni tra le diverse variabili sono quindi generalmente studiate tramite analisi di multi-regressione che permettono di spiegare la dipendenza tra le variabili conservando tuttavia un certo grado di incertezza. Ottenere dati provenienti da 12 diverse simulazioni permette invece di poter osservare direttamente l’effetto dei diversi scenari sulla formazione delle portate. I 12 scenari non sono stati stabiliti a priori, ma col procedere del lavoro. Iniziando dalla simulazione dello scenario più realistico, si è gradualmente scomposto il problema partendo dall’analisi dei dati ottenuti alla simulazione precedente. Ad ogni passo si è quindi stabilito quali fossero le variabili da modificare per definire il successivo scenario e come dovessero essere modificate. Le due tabelle successive riassumono le caratteristiche degli scenari considerati:

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Numero

Simulazione Nome Scenario Codice Simulazione Caratteristica

1 Reale Sim_all Simulazioni del bacino sotto

condizioni reali

2 Liquid World Sim_SRN Simulazione realizzata

imponendo una soglia di fusione pari a -100 gradi. In questo modo si ottengono unicamente precipitazioni liquide, eliminando l’accumulo di neve.

3 Glacier World Sim_GL Simulazione condotta

fornendo precipitazioni nulle come ingresso al modello. I dati di portata ottenuti da questa simulazione derivano quindi unicamente dalla fusione dei ghiacciai alpini. Gran parte delle 67 sezioni saranno quindi in secca non essendo interessate a tale fenomeno.

4 Pioggia omogenea Sim_pccnv Partendo dalle condizioni

imposte in Sim_SRN si è eliminata la variabilità spaziale delle piogge. Le portate generate in ogni sezione variano quindi unicamente per le differenti caratteristiche morfologiche dei bacini sottesi alle stazioni.

5 Suolo costante Sim_pvcnc Partendo dalle condizioni

imposte in Sim_SRN si è eliminata la variabilità spaziale delle caratteristiche del suolo mantenendo la variabilità spaziale delle precipitazioni. Lo spessore del suolo, i valori dell’indice di porosità e la sua copertura (CN) sono imposti costanti pari ai loro valori medi nell’area di studio. Le portate generate in ogni sezione variano quindi unicamente col variare della piovosità.

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Numero

Simulazione Nome Scenario Codice Simulazione Caratteristica Simulazioni di massima semplificazione Le seguenti simulazioni sono state eseguite in condizioni di massima semplificazione. I principali disturbi che creano eterogeneità di risposta nei differenti bacini sono stati eliminati considerando: -precipitazioni unicamente liquide; -nessuna variabilità spaziale delle piogge; -nessuna variabilità spaziale delle caratteristiche del suolo; Ciò caratterizza le simulazioni è l’imposizione di valori di CN costanti differenti 6 CN 100 Sim_pccn100 7 CN 90 Sim_pccn90 8 CN 80 Sim_pccn80 9 CN 70 Sim_pccn70 10 CN 60 Sim_pccn60 11 CN 50 Sim_pccn50 12 CN 40 Sim_pccn40 Table 3 Le simulazioni riportate in quest’ultima tabella sono realizzate in condizioni di massima semplificazione. Di particolare importanza è la simulazione CN 100 in cui il suolo è completamente impermeabile e le uniche caratteristiche fisiche che intervengono nella trasformazione degli afflussi in deflussi sono le temperature e la pendenza del suolo. Come si vedrà, i risultati ottenuti da questa simulazione rappresentano un importante termine di paragone. Per diminuire il numero di dati e renderli quindi più facilmente manipolabili si sono calcolate le medie giornaliere passando quindi ad avere per ogni simulazione 2.445.500 dati di portata media giornaliera che, come già detto, rappresentano l’informazione sufficiente per la costruzione della FDC media. Possedendo le portate giornaliere per 100 anni è quindi possibile tracciare cento curve di durata per ogni stazione: Figure 13 !00 FDC derivanti da FEST con relativa curva media (in blu) e deviazione standard (in verde).

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Il grafico precedente mostra le 100 curve di durata per la sezione Isola sul fiume Po derivanti dalla simulazione Sim_all. Essendo lo scopo di questo lavoro quello di studiare il comportamento delle FDC al variare delle caratteristiche di bacino, si rende necessario sintetizzare le curve precedenti in un'unica curva media in modo da ridursi ad avere 67 curve da ogni simulazione, una per ogni stazione. Per questo motivo nel grafico sovrastante è stata riportate anche la curva di durata media in blu scuro e la curva dei valori di deviazione standard in verde scuro. La deviazione standard ha il suo massimo per le basse durante in quanto sono proprio gli eventi estremi di piena i fenomeni soggetti da massima variabilità. Per poter realizzare un confronto tra le diverse FDC è necessario che la curve di portata medie vengano normalizzate per eliminare le grandi differenze di scala dovute ai diversi ordini di grandezza delle portate. Di seguito si riportano i risultati di due tecniche di normalizzazione, nel grafico a sinistra si riportano le curve normalizzate rispetto alla rispettiva area del bacino, in quello di destra si è adottata invece una normalizzazione rispetto alla portata massima verificatasi: Figure 14 FDC normalizzate rispetto all'area del bacino Figure 15 FDC normalizzate rispetto al valore di portata massimo La sostanziale differenza tra le due metodologie è che adottando la prima si ottiene il contributo alle portate di 1 km2 di bacino, mentre la seconda adimensionalizza i valori di portata facendoli variare nell’intervallo 0-1. Risulta chiaro dai grafici come diverse tecniche di normalizzazione forniscano risultati differenti. I grafici in figura 14 e 15 sono di notevole importanza nel presente lavoro in quanto riassumono graficamente i differenti comportamenti dei bacini in esame. Dall’analisi di questi grafici si è quindi sviluppata la ricerca che ha condotto alla definizione di un nuovo metodo di regionalizzazione delle curve.

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6. MODELLO AUTO-AFFINE DEL FATTORE DI RIDUZIONE DELLE

PORTATE

Il concetto di auto affinità statistica è dato dalla combinazione di altri due concetti: a Invarianza di scala dinamica (o auto-somiglianza dinamica) b Invarianza di scala semplice in senso statistico L’impiego del concetto di auto affinità statistica in idrologia ha permesso di spiegare relazioni complesse tra variabili idrologiche. Ad esempio in uno studio condotto da C. De Michele (De Michele, Kottegoda, & Rosso, 2002) viene impiegata l’auto affinità statistica per spiegare la relazione tra intensità, durata e area degli eventi di pioggia. Questo concetto viene successivamente utilizzato per comprendere la relazione tra portate di colmo in un evento di piena con l’area del bacino fissata una certa durata di riferimento. 6.1 AUTO SOMIGLIANZA DINAMICA DELLE PORTATE Il concetto di auto somiglianza dinamico è un concetto statistico applicabile ad un campo aleatorio rappresentante una certa grandezza fisica. Nel caso in esame la variabile aleatoria è rappresentata dalla portata Q parametrizzata nel tempo e nello spazio attraverso il vettore (D,A) e definita dal rispettivo campo aleatorio {Q(.)}. Utilizzare come variabile spaziale la sola area è una semplificazione che introduce implicitamente un comportamento isotropico della variabile nello spazio. Assumere che il suddetto campo {Q(.)} goda della proprietà di auto-somiglianza dinamica delle portate significa che per ogni coppia Ai , Aj è possibile riscalare le durate mediante:

!" !# = &" &# ' (6.1)

da cui ponendo l=Ai/Aj e h=Di/Dj si ottiene:

h = l' (6.2) Dove z rappresenta l’esponente di scala dinamico. L’uguaglianza espressa dall’equazione (6.2) consente di trattare un problema bidimensionale parametrizzato in l e h in un problema monodimensionale parametrizzato unicamente in l. Ovvero di poter ri-scalare Q(hD,lA) come segue: 𝑄 hD, lA = Q l'𝐷, lA = 𝑄l(𝐷, 𝐴) (6.3) 6.2 INVARIANZA DI SCALA SEMPLICE IN SENSO STATISTICO Data la variabile aleatoria Q(A) rappresentante la generica portata transitante per una sezione avente il bacino sotteso di superficie pari ad A, allora la presenza di invarianza di scala semplice (o mono-frattalità o autosimilarità) assicura la seguente uguaglianza in probabilità: 𝐶2 ∗ 𝑄(𝜆𝐴) ≈ 𝑄(𝐴) (6.4)

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Dove: l rappresenta il rapporto tra le aree 𝐴6 𝐴7; » rappresenta l’uguaglianza in probabilità; Cl è un’opportuna funzione di scala La 6.4 introduce quindi il concetto di comportamento frattale delle portate mettendo in relazione Q(Ai) con Q(Aj), dicendoci che la loro distribuzione di probabilità è uguale a meno di un opportuna

funzione di scala Cl. 6.3 AUTO AFFINITÀ Riportandoci al presente caso di studio e applicando il concetto di invarianza di scala in senso dinamico alla variabile Q(D, A) si ottiene la variabile aleatoria variabile Q(lDa, lAb). Dove per D si intende la durata espressa in termini di frequenza assoluta e quindi variabile tra 1—365. Con l’aggiunta dell’invarianza di scala semplice si giunge infine alla definizione di AUTO AFFINITÀ STATISTICA. Un campo aleatorio si dice infatti auto affine in senso statistico se ∀l esiste una funzione di scala 𝐶l> 0 tale che: 𝐶l∗ 𝑄(l;𝐷, l<𝐴) ≈ 𝑄(𝐷, 𝐴) (6.5) Dove: a=b*z con z = esponente di scala dinamico. La funzione di scala Cl che rispetta l’uguaglianza statistica è un’equazione esponenziale del tipo: 𝐶l = l=> (6.6) dove α=costante detta costante di Holder. L’auto affinità può quindi essere riscritta come: l=>𝑄 l;𝐷, l<𝐴 ≈ 𝑄(𝐷, 𝐴) à 𝑄 l;𝐷, l<𝐴 ≈ l>𝑄(𝐷, 𝐴) (6.7) Affinché la precedente uguaglianza statistica sia rispettata è necessario che il campo aleatorio {Q(.)} abbia la generica forma: 𝑄 𝐷, 𝐴 = 𝐴>/<∗ 𝑓 !A &B (6.8) f(.) rappresenta la funzione di scala la cui forma viene ricavata dall’analisi delle proprietà asintotiche che ne caratterizzano il significato (Logan, 1987).

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6.4 DERIVAZIONE ANALITICA DEL MODELLO AUTO-AFFINE Riscrivendo 𝑄 l;𝐷, l<𝐴 ≈ l>𝑄(𝐷, 𝐴) in termini differenziali si ottiene: 𝑎𝐷𝑄!+ 𝑏𝐴𝑄& = 𝛼𝑄 (6.9) da cui, differenziando: G! ;! = G& <& = GH >H (6.10) Risolvendo la (6.10) prima per la coppia (Q,A) e poi per (D,A) si ottiene: G&<& =GH>H à 𝑄𝐴IJA = 𝑐𝑜𝑠𝑡. (6.11) G!;! =G&<& à 𝐷<𝐴=; = 𝑐𝑜𝑠𝑡. (6.12) Da cui: 𝜓(𝑄𝐴IJA, 𝐷<𝐴=;)=0 (6.13) Esplicitando Q(D,A) dall’equazione (6.13 )si definisce la generica forma dello spazio aleatorio (Logan, 1987): 𝑄 𝐷, 𝐴 = 𝐴>/<∗ 𝑓 !A &B (6.14)

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7 RISULTATI & DISCUSSIONE

7.1 ANALISI DELLE CURVE DI DURATA Il metodo proposto non è classificabile come un metodo di regionalizzazione delle curve di durata, tuttavia si è resa possibile la sua comprensione osservando i risultati ottenuti dai classici metodi presenti in letteratura. I passi che hanno reso possibile la comprensione del presente caso di studi sono quindi i seguenti 1 Applicazione dell’analisi grafica 2 Applicazione del metodo parametrico statistico L’applicazione di entrambe le metodologie ha permesso un confronto che ha messo in luce le loro criticità. Di seguito si riportano brevemente i risultati ottenuti in queste prime fasi del lavoro. Si premette nel corso dello studio si è deciso di utilizzare FDC normalizzate rispetto il valore massimo di portata (ovvero il valore avente durata D1) perché più affine a questo tipo di ricerca. La normalizzazione rispetto l’area del bacino infatti non comporta l’imposizione di uno standard in quanto i valori di portata vengono solamente riscalati ottenendo una traslazione delle curve. Utilizzando la portata massima si adimensionalizzano le curve e, a prescindere dalle caratteristiche di bacino, varieranno tutte sulla stessa scala, ciò semplifica il confronto tra le diverse curve. 7.1.1 Applicazione dell’analisi grafica La forma di una curva di durata rispecchia le caratteristiche idrologiche del bacino. La loro interpretazione è tuttavia meno banale di quanto ci si possa aspettare in particolare quando le curve derivano da un’area vasta come quella in esame. Intuitivamente viene da pensare che la pendenza di una curva di durata alle basse durate, sia determinata principalmente da: -impermeabilità del bacino, che ne determina la velocità di risposta nella trasformazione afflussi-deflussi; -presenza di fenomeni di fusine nivale e glaciale. Questi fenomeni possono essere interpretati come un effetto di laminazione delle precipitazioni, di conseguenza la loro presenza tenderebbe a diminuire la pendenza della curva nelle basse durate; Seguendo questa logica spesso riportata in letteratura, ci si attenderebbe che le curve più alte derivino da bacini alpini o da bacini a valle delle alpi, mentre le curve più basse corrispondano a piccoli bacini appenninici. Sulla base di queste ipotesi si è quindi proceduti con l’analisi grafica. La suddivisione delle curve a seconda della loro forma è stata condotta utilizzando il metodo di clusterizzazione gerarchico di Ward (James, Witten, Hastie, & Tibshirani, 2013) (Friedman, Hastie, & Tibshirani, 2001). L’algoritmo alla base di questo metodo lavoro in due passi: - Creazione matrice delle distanze. Tale matrice contiene le distanze euclidee tra i dati inseriti in input; - Raggruppamento dei dai minimizzando la distanza tra loro, ottenendo in output un dendrogramma.

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Il numero di cluster viene stabilito successivamente tagliando in dendrogramma arbitrariamente. L’utilizzo di questo metodo ha consentito una suddivisione non meramente visiva delle curve in 3 gruppi. Il risultato è apprezzabile di seguito: Figure 16 A sinistra il dendrogramma per la clusterizzazione gerarchica mostrata nel grafico di destra. La distribuzione spaziale di questi 3 Cluster sembra rispettare abbastanza bene le ipotesi fatte. L’immagine seguente mostra come le curve più basse (ovvero quelle rosse) siano prevalentemente nella regione appenninica, mentre quelle verdi sono prevalentemente quelle soggette a fusione glaciale.

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Tuttavia osservando dettagliatamente il risultato ottenuto si osserva come non ci sia un comportamento univoco nel variare delle curve procedendo da monte a valle. Ci si attenderebbe una progressiva diminuzione della pendenza della curva procedendo verso la pianura ma, dai risultati ottenuti, si osserva come in certi casi avvenga l’opposto. Nell’ immagine di sinistra si riporta un dettaglio dove si osserva questo comportamento inatteso. In aggiunta risulta difficile comprendere il diverso comportamento delle sezioni riportate nella figura destra. Le sezioni cerchiate di giallo sono poste a valle di ghiacciai, tuttavia appartengono inaspettatamente a 3 cluster diversi. Figure 18 Dettagli della distribuzione spaziale dei cluster. Questi elementi mettono in dubbio le ipotesi di relazione tra forma della curva e caratteristiche geomorfologiche del bacino. Per questo una regionalizzazione volta a definire aree omogenee di comportamento delle curve non sembra applicabile al caso di studio. 7.1.2 Applicazione del metodo statistico Parallelamente all’analisi grafica si è condotta un’analisi statistica delle curve. Obiettivo di questa analisi è quello di regionalizzare i parametri della funzione di probabilità che meglio si adatta ai dati disponibili. Sulla base di diverse prove e tramite l’analisi del grafico di Cullen and Frey (Cullen & Frey, 1999) che riporta la curtosi e l’asimmetria della distribuzione empirica dei dati insieme agli stessi valori per diverse distribuzioni note, si è scelto di utilizzare la distribuzione gamma. Figure 19 Grafico di Cullen Frey per lo studio dell'asimmetria e curtosi della distribuzione empirica dei dati relativi ad Isola

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L’adattamento di questa funzione si è dimostrato valido con valori del test di Kolmogorov-Smirnoff largamente superiori al valore di p-value di 0.05. Tuttavia, procedere con la regionalizzazione dei parametri di questa distribuzione significherebbe attribuire dei valori di parametri costanti su delle regioni omogenee. Questo approccio è certamente perseguibile ma ignorerebbe quanto osservato nell’analisi grafica, ovvero che in una stessa area si possono osservare comportamenti largamente differenti. Tale conclusione viene riscontrata anche nel lavoro di tesi di dottorato di (Boscarello, 2014) (Boscarello, Ravazzani, & Mancini, 2016)in cui, tramite un’analisi multi-regressiva tra i parametri delle distribuzioni log-normali adattate alle osservazioni di portata e le diverse variabili morfologiche, mostra come le curve di durata siano difficilmente regionalizzabili su aree geografiche omogenee. 7.2 COMPRENSIONE DEL PROBLEMA Disporre di un laboratorio virtuale si è dimostrato cruciale per la comprensione di quanto osservato. Realizzando le 12 simulazioni si è osservato il comportamento delle curve al variare dei parametri descrittivi di un bacino e si è potuto indagare sulla prima ipotesi alla base dei metodi classici, ovvero sulla sensatezza di una suddivisione delle curve in gruppi (o cluster) omogeneamente distribuiti sul territorio. La ricerca si è sviluppata sull’idea che teoricamente ogni cluster individuato potrebbe essere identificato da un'unica curva di durata caratteristica intorno alla quale si distribuiscono le curve di durata del cluster con una certa variabilità. La deviazione delle curve attorno alla curva caratteristica del cluster sarebbe quindi data dalle differenze geomorfologiche e climatiche che possono quindi essere considerate come un rumore. Semplificando quindi il processo di trasformazione afflussi deflussi tramite la progressiva esclusione delle variabilità spaziali di certi parametri, si dovrebbe quindi escludere il rumore dato dalla differenza tra i bacini e giungere ad una robusta definizione del numero di cluster e delle variabili determinanti. Mantenendo valida l’ipotesi della presenza di 3 gruppi proposta nel metodo grafico si è quindi proceduto realizzando le 12 simulazioni precedentemente elencate e alla loro comparazione. Le principali variabili che contribuiscono alla forma di una FDC sono: -precipitazioni; -variabilità delle caratteristiche del suolo;

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7.2.1 SIM_PCCNV VS SIM_PVCNC Le prime simulazioni comparate sono state quindi Sim_pccnv, Sim_pvcnc e Sim_all. Per entrambe queste simulazioni si ricorda che è stata esclusa la presenza di neve e che nella prima è stata esclusa la variabilità spaziale delle piogge, mentre per la seconda la variabilità spaziale delle caratteristiche del suolo (spessore, porosità, e coperture). Figure 20 FDC derivanti da tre diverse simulazioni: Sim_all, Sim_pccnv, Sim_pvcnc Il grafico in alto a sinistra è relativo alla simulazione a pioggia variabile, quello in alto a destra alla simulazione con CN costante e quello sotto è relativi alla simulazione realistica. Per comprendere i risultati risultano necessari due confronti: 1- Osservando le differenze tra i due grafici in alto e quello riportante la simulazione realistica si nota come in entrambi i casi ci sia una tendenza delle curve a comprimersi nei in un unico gruppo

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2- Comparando invece i due grafici in alto si osserva come la variabilità tra le curve sia minore quando viene imposto il CN costante, ovvero nel grafico in alto a destra. Se ne deduce che la suddivisione in 3 cluster è fortemente influenzata dalla variabilità spaziale di piogge e caratteristiche del suolo. In particolare la forte diminuzione della variabilità delle curve con l’imposizione di suolo costante in tutta l’area di studio ci mostra come le caratteristiche del suolo e la sua copertura influenzino la forma delle FDCs. Come quest’ultimo fattore influenzi le FDC è investigabile realizzando simulazioni in cui si elimina la variabilità spaziale delle precipitazioni e del suolo imponendo per ogni simulazione valori di CN differenti. I valori di CN imposti sono: CN40, CN50, CN60, CN70, CN80, CN90, CN100. 7.2.2 Simulazioni di massima semplificazione Queste simulazioni sono quelle di maggior semplificazione della realtà che consentono diverse osservazioni. Innanzitutto si può verificare come varia la risposta di un bacino idrografico al variare del suo valore di CN. Figure 21 Variazione della forma della curva di durata relativa ad un'unica sezione al variare del valore di CN. Il grafico precedente mostra le curve di durata relative ad una sezione di chiusura e ricavate con i diversi valori di CN. Il comportamento di queste curve ci spiega l’influenza delle caratteristiche del suolo sulla trasformazione degli afflussi in deflussi. Al diminuire del valor di CN si osserva: - Diminuzione delle de volume d’acqua transitante per la sezione, ovvero dell’area sottesa alla curva; - Aumento della pendenza nelle basse durate.

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Queste variazioni sono particolarmente ampie passando da CN 100 a CN90, ciò significa che un bacino interamente impermeabile trasforma completamente ogni evento di precipitazione in deflusso, aumentando quindi il numero di giorni caratterizzati da portate elevate. La permeabilità del suolo non solo rallenta questo processo riducendo il numero di giorni con portate elevate ma, combinato con i fenomeni di evaporazione, riduce sensibilmente il volume d’acqua defluente. Al diminuire dei tempi di risposta del bacino, ovvero aumenta la sua velocità nel trasformare afflussi in deflussi, si ha quindi una diminuzione della pendenza della curva. Per cui bacini di alta montagna dovrebbero presentare curve che decrescono lentamente per basse durate. Il grafico seguente mostra quanto appena osservato in un confronto tra 2 sezioni differenti: Figure 22 Variazione delle forma della FDC al variare del valore di CN osservata comparando due diverse sezioni. La curva in nero si riferisce alla sezione di Candoglia situata sul fiume Toce ai piedi delle alpi e con CN medio pari a 93. La curva in rosso si riferisce alla sezione di Cassine sugli appennini, CN medio 66. L’area delle due sezioni è di circa 1600 km2. Entrambe le curve derivano dalla simulazione “Liquid World”, in questo modo si esclude il contributo dei ghiacciai sulla sezione di Candoglia. Oltre al confronto della variazione del comportamento di un bacino al variare dei valori di CN si sono confrontate le diverse simulazioni nel complesso pe poter estendere quanto riscontrato precedentemente a livello più generale.

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Il grafico seguente mostra tutte le curve generate dai due casi estremi a confronto: Figure 23 Confronto tra due diverse simulazioni Sim_pccn100, Sim_pccn40. Le curve rosse sono quelle relative alla simulazione con CN100 mentre quelle verdi si riferiscono a CN40. Osservando questo grafico si nota come la variabilità tra le curve sia inferiore per quelle derivanti da Sim_pccn100. Questa è infatti la simulazione di un mondo estremamente semplificato dove ci si attende un comportamento simile se non uguale da parte dei bacini che lo compongono. La variabilità residua dovrebbe teoricamente derivare dalle caratteristiche morfologiche del bacino drenante sotteso alle sezioni. Questa relazione non è spiegabile tramite un ulteriore simulazione in quanto richiederebbe un alterazione del DEM (Digital Elevation Model) e quindi dell’area di studio. Si è quindi proceduto cercando una relazione tra la pendenza delle curve e la pendenza dei bacini, definendo la pendenza delle curve come: (QRS HTUVV =QRS (HTU)) WW (7.1) Ovvero la pendenza calcolata tra le portate corrispondenti alla durata 1 (Q1) e la durata 100 (Q100) considerandole in forma logaritmica. Ponendo i valori trovati sulle ascisse e i rispettivi valori di pendenza media dei bacini sulle ordinate si ottiene quindi il seguente grafico:

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Dal quale è possibile concludere che i dati di pendenza media di bacino non sono in relazione con le pendenze delle curve. Lo stesso risultato viene ottenuto cercando relazioni tra la pendenza delle curve e la lunghezza dell’asta principale o la sua pendenza. Il rumore residuo è evidentemente da attribuire a una più complessa causa difficilmente spiegabile tramite l’utilizzo di una semplice regressione lineare tra parametri. 7.3 DEFINIZIONE DEL METODO AUTOAFFINE In questo lavoro si propone una nuova metodologia per la derivazione di curve di portata medie normalizzate rispetto alla portata massima in bacini non strumentati. Caratteristica principale di questo nuovo metodo è la regionalizzazione dei bacini sulla base della loro estensione spaziale. Le variabili geomorfologiche (come la tipologia di suolo e la pendenza del bacino) e climatiche non vengono considerate, permettendo quindi la definizione di un modello estremamente semplice. Tale risultato è possibile tramite l’applicazione di un modello basato sul concetto di AUTO-AFFINITÀ statistica che, opportunamente tarato o calibrato, permette dunque di considerare unicamente la superficie (km2) di un bacino e di ignorare la variabilità spaziale delle sue caratteristiche. Si procede quindi definendo la forma del generico campo aleatorio espresso dall’equazione (6.14) e quindi della funzione di scala f(D,A) è necessario studiarne il comportamento fisico ai suoi estremi:

- Per D = 1 Q = QD1 dove, per come è strutturata la FDC, QD0 rappresenta max(Q)

- Per D =365 Q = QD365 dove QD1 rappresenta la portata minima, min(Q).

- Per A à 0 Q à 0

- Per A à ¥ Q à Qmax Portata relativa a tutta l’area di studio.

Ne consegue che la funzione di scala assume la seguente forma: 𝑄 𝐷, 𝐴 = 𝐴JA𝐶X 1 + v(!=X) A &B =Z (7.2) dove: c1 = costante moltiplicativa b = esponente di scala positivo v = fattore di normalizzazione espresso in [kma/D-b] È dimostrato che gli esponenti contenuti nell’equazione (7.2) sono in relazione tra loro (Barabási & Harry, 1995). Infatti, per D>>A si può riscrivere la precedente equazione come: 𝑄(𝐷, 𝐴) ≈ 𝐷=<Z (7.3)

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la quale, associata con la seguente relazioni di potenza 𝐷<𝐴=; = 𝑐𝑜𝑠𝑡 𝑄𝑎IJA = 𝑐𝑜𝑠𝑡 (7.4) diviene: 𝑄 ∝ 𝐴JA 𝑄 ∝ 𝐷=<Z (7.5) valendo la proprietà di invarianza di scala per cui 𝐷 ∝ 𝐴' si può scrivere: 𝑄 ∝ 𝐴JA 𝑄 ∝ 𝐴='<Z (7.6)

Dal sistema (7.6) si deduce facilmente che: >< = −𝑧𝑏𝛽 Sapendo ora che a=b*z si ottiene infine: 𝛽 = −;<> Imponendo infine D = 1 nella formula (7.2) si ottiene

𝑄 𝐷, 𝐴 ≈ 𝐴JA𝐶X (7.7)

considerando il concetto di mono-frattalità per cui 𝑞 1 =H(&)&` , si ottiene: 𝛼

𝑏 = 𝑚 𝐶X = 𝑞(1)

(7.8)

dove q(1) rappresenta la portata generata da un bacino avente superficie unitaria.

Alla luce delle relazioni tra esponenti appena viste si può riscrivere la relazione di auto-affinità come: 𝑄 𝐷, 𝐴 = 𝐴b𝐶 X 1 + v(!=X) A &B =`B (7.9)

La i-esima portata normalizzata rispetto alla massima diventa quindi il rapporto tra QDi (con i>1) e

la portata QD1 ovvero: 𝑟6 = HT"(!,&) HTU(&) = 1 + v (!=X)A &B =`B (7.10)

L’equazione precedente rappresenta l’equazione del fattore di riduzione delle portate rispetto alla portata massima.

(41)

La determinazione della curva di portata media necessita di un ulteriore accorgimento. La variabile in questo caso non è più la variabile aleatoria Q(D,A) ma il suo momento del primo ordine, ovvero il valore atteso E[Q(D,A)]. La relazione 𝑄 l;𝐷, l<𝐴 ≈ l>𝑄(𝐷, 𝐴) (7.11) In condizioni di indipendenza dell’esponente di scala 𝛼 dal livello di probabilità di Q(D,A), questa relazione esprime auto-affinità statistica semplice. In caso contrario si avrebbe un il caso generico di affinità statistica multiscalata, per cui varrebbe 𝜉 𝑞 = 𝛼e∗ 𝑞, ovvero a non sarebbe costante ma dipendente dal tempo di ritorno. Burlando & Rosso (ROSSO, BRATH, BURLANDO, DE MICHELE, & MANCINI, 1996), propongono una forma della funzione aq valida considerando Q approssimabile da una variabile log-normale , del tipo: 𝛼e= 2𝛼X− 𝛼g + 𝑞(𝛼g+ 𝛼X) (7.12) essendo noi interessati al momento di primo ordine, si pone q=1 ottenendo dall’equazione precedente un’identità. Si deduce quindi che il momento primo, a1 è indipendente dal livello di probabilità anche nel caso più generale multiscala. Riscrivendo la relazione per il q-esimo momento: 𝐸[𝑄e l;𝐷, l<𝐴 ] ≈ lk(e)𝐸[𝑄e 𝐷, 𝐴 ] (7.13) Assumendo condizioni di auto-affinità semplice, la relazione tra l’esponente 𝜉 𝑞 e 𝛼 viene espressa tramite un una semplice relazione lineare del tipo: 𝜉 𝑞 = 𝛼 ∗ 𝑞 (7.14) Da cui si ottiene: 𝑄 𝐷, 𝐴 = 𝐴b𝐶 X 1 + v(!=X) A &B =`B (7.15) Il fattore di riduzione diviene quindi: 𝑟 = HT"(!,&) HTU(&) = 1 + v (!=X)A &B =`B (7.16) dove 𝑄 = 𝐸[𝑄 𝐷, 𝐴 ]. L’equazione (7.16) del fattore di riduzione permette quindi di ricostruire la curva di durata attesa normalizzata rispetto la portata massima tramite la conoscenza dell’area del bacino sotteso alla sezione di interesse e dei parametri v, m, a, b.

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7.3.1 LA DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI Per tutte le simulazioni, con la sola esclusione della simulazione Sim_GL, si sono quindi calcolati i valori dei quattro parametri applicando la seguente metodologia: 1) Determinazione del coefficiente m: La determinazione di questo coefficiente avviene tramite la regressione lineare applicata al caso particolare della formula di auto affinità in cui D=1, ovvero quando si verifica la portata 𝑄b;l. All’equazione 𝑄 𝐷, 𝐴 = 𝐴b𝐶 X 1 + v(!=X) A &B =`B si impone quindi D=1 ottenendo 𝑄 𝐴 = 𝐴b𝐶 X (7.17)

dove 𝑄 (A) rappresenta la portata massima giornaliere osservata.

2) Determinazione dei coefficienti a, b e v:

noto il coefficiente m è quindi possibile determinare i restanti coefficiente tramite prove iterative condotte come segue:

- Si fissa arbitrariamente un valore v;

- Utilizzando i dati di portata osservati normalizzati rispetto alla portata massima, e l’espressione del fattore di riduzione:

𝑟 =HT"(!,&) HTU(&) = 1 + v (!=X)A &B =`B (7.18) si ricavano tramite regressione i valori di a,b per ognuna delle 67 sezioni.

- Modificando il valore v si osserva se l’adattamento della funzione ai dati migliora, sulla base di questo dato si stabilisce come variare ulteriormente v.

In questo modo si ottengono 67 coppie di a,b per ognuna delle simulazioni FEST considerate. Questi due parametri sono di particolare importanza data la loro relazione stretta con l’esponente di scala z: a = b ∗ z à 𝑧 = ; < (7.19) La loro analisi risulta quindi di particolare importanza per comprendere come il modello di auto-affinità possa essere regionalizzabile.

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7.3.2 Applicazione del metodo auto-affine alla simulazione Sim_pccn100 I primi risultati analizzati sono quelli ottenuti dalla simulazione Sim_pccn100 in quanto, data la sua semplicità, ci si attende che contengano poco rumore. Lo scatterplot delle 67 coppie di a, b mostra infatti una forte relazione tra i due parametri, come mostrato in figura: Figure 25 Correlazione dei parametri a,b. Si osserva un comportamento fortemente lineare dei due coefficienti. In rosso è riportata la retta di regressione e in alto la sua espressione analitica. Si osserva inoltre che i due parametri assumono valori variabili in intervalli ristretti. Il parametro “a” varia in un intervallo di ampiezza 1.2, mentre ‘intervallo del parametro “b” è di ampiezza unitaria. La palese correlazione dei parametri a, b e la ristrettezza dei loro rispettivi intervalli di variabilità mostra la possibilità di fissare una coppia valida per tutte le stazione in esame e quindi di adottare un unico cluster. Tuttavia un esame di sensitività della curva alle variazioni dei due parametri mostra come, modificando i valori assunti dai due parametri, la forma della curva vari notevolmente. Di seguito il grafico riportante i risultati dell’analisi: Figure 26 Variazione della curva al variare dei parametri a, b.

Riferimenti

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