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Una guerra italiana combattuta a Parigi: Bontempelli, “900” e i suoi avversari

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Academic year: 2021

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Anno 34, 2019 / Fascicolo 2 / p. 86-99 - www.rivista-incontri.nl – http://doi.org/10.18352/incontri.10317 © The author(s) - Content is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 Unported License - Publisher: Werkgroep Italië Studies, supported by Utrecht University Library Open Access Journals

Una guerra italiana combattuta a Parigi

Bontempelli, 900 e i suoi avversari

Rosario Gennaro

900 tra Roma e Parigi

Nel periodo fra le due guerre mondiali Parigi viene considerata la capitale mondiale della cultura, delle arti, della letteratura, poiché lì risiede la più alta facoltà di legittimare autori, movimenti, opere, tendenze.1 Parigi è, di conseguenza, meta

ambitissima dagli intellettuali di tutto il mondo, nonché di quanti provenienti da altri campi (per esempio la politica) puntano a interagire con loro e a sfruttarne l’autorità. I contatti e la notorietà nella capitale francese possono creare le necessarie premesse alla legittimazione internazionale. Ma può questa fruttare anche in ambito più strettamente nazionale, accrescere in patria la notorietà, l’influenza e il successo di chi l’ottiene? Può questo suscitare le reazioni, a posteriori o preventive, da parte degli avversari? E cosa accade se la legittimazione parigina è cercata da autori legati al fascismo, alle sue filiere, alle sue istituzioni, e alla sua politica culturale?

Per il periodo da noi preso in considerazione, la più chiara risposta a tali domande viene della rivista italiana di lingua francese denominata 900. Cahiers d’Italie et

d’Europe, diretta dallo scrittore modernista (e ancor prima futurista) Massimo

Bontempelli, edita dalla casa editrice La Voce, sotto la guida di Curzio Malaparte, scrittore e critico letterario. Il comitato di redazione è internazionale. Lo compongono scrittori per la maggior parte “modernisti”, francesi o di altra nazionalità, di stanza a Parigi (Pierre Mac Orlan, Ramon Gómez de la Serna, Georg Kaiser, James Joyce). Della stessa tipologia sono anche gli scrittori che pubblicano nella rivista (i membri del comitato di redazione e altri, come Georges Ribemont-Dessaignes, Il’ja Erenburg, Philippe Soupault, Franz Hellens, Léon-Paul Fargue, André Malraux, Fernand Divoire, Ivan Goll, Nino Frank, Alberto Cecchi, Bruno Barilli).

In questo articolo descriveremo la posta, i fini e le strategie dei conflitti nati intorno alla rivista. Bontempelli puntava a creare un'ampia base di contatti e notorietà nella capitale francese, in modo da creare le condizioni per la legittimazione letteraria internazionale. La casa editrice di 900 era peraltro sotto il controllo del fascismo. Il regime promuoveva una politica di “espansione culturale” tesa ad aumentare l'influenza internazionale dell’Italia attraverso il prestigio e la diffusione della sua cultura nel mondo. Questa politica non poteva dunque prescindere da Parigi, in quanto capitale mondiale della cultura e crocevia degli scambi culturali internazionali. Bontempelli era un intellettuale dichiaratamente fascista, parte delle filiere dell’“espansione culturale”, in contatto con riviste e intellettuali che le compongono.

900 non poteva tuttavia adottare un linguaggio apertamente imperialista o nazionalista

1 Cfr. P. Casanova, La république mondiale des lettres, Paris, Seuil, 1999; A. Boschetti (sous la direction de), L’espace culturel transnational, Paris, Nouveau Monde Editions, 2010.

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onde non contrariare i collaboratori parigini. Nemmeno poteva però omettere del tutto i riferimenti al fascismo, pena il “taglio dei viveri” alla rivista. Gli avversari italiani denunciarono questa contraddizione e in Bontempelli combatterono un temibile competitore, sia come mediatore tra l’Italia e la Francia, sia come interlocutore privilegiato della politica culturale del fascismo. Le dispute intorno alla rivista 900 riguardavano così Parigi, ma coinvolgevano soprattutto giocatori e interessi della scena letteraria italiana.

La politica culturale del fascismo, avviata negli anni in cui nasce 900, porta alla nascita di note e importanti istituzioni come l’Enciclopedia Italiana e l’Accademia d’Italia, investite per statuto della salvaguardia e dell’incremento della cultura nazionale sia in patria che fuori.2 Funzioni simili hanno la Società Dante Alighieri,

l’Istituto Nazionale Fascista di Cultura, la Società Italica, numerosi altri istituti di cooperazione intellettuale, molti dei quali diretti o creati da Giovanni Gentile e Amedeo Giannini, alto funzionario del Ministero degli Affari Esteri, capo dell’Ufficio Stampa. Il risvolto internazionale di questa politica è denominato imperialismo spirituale o espansione culturale all’estero. Questa consiste nel far uso della cultura per tutelare e accrescere il prestigio internazionale dell’Italia e del fascismo. Così ne parla lo stesso Mussolini:

Quale è dunque il vostro compito, il compito di coloro che creano? Bisogna che tutti gli scrittori italiani siano all’interno e soprattutto all’estero i portatori del nuovo tipo di civiltà italiana. Spetta agli scrittori di fare quello che si può chiamare “imperialismo spirituale” nel teatro, nel libro, con la conferenza. Far conoscere l’Italia non soltanto in ciò che essa ha di grande nel passato.3

C’è un collegamento fra la rivista 900 e l’espansione culturale promossa dal regime? Molti e rilevanti indizi paiono darne conferma. Il primo è il programma della rivista, nata per esportare la cultura italiana. Non però a semplice titolo informativo, ma per mettere in competizione (per il primato internazionale) la cultura italiana e le culture straniere:

La rivista […] ha l’intenzione: - 1) di segnalar bene la parte che l’Italia ha (contro l’opinione comune) nella formazione di un’atmosfera poetica nuova; […] 2) di […] buttare […] audacemente in gara i giovanissimi valori italiani con i men giovani valori delle altre nazioni. – 3) di ottenere che sieno essi valori italiani, esportandosi e penetrando, a premere sugli stranieri e informarli di sé […].4

2 Cfr. M. Ferrarotto, L’Accademia d’Italia. Intellettuali e potere durante il fascismo, Napoli, Liguori, 1977, p. 20; G. Turi, Il mecenate, il filosofo e il gesuita. L’“Enciclopedia italiana” specchio della nazione, Bologna, Il Mulino, 2002, p. 42.

3 Cfr. ‘La missione degli scrittori italiani nel discorso di Mussolini alla Società degli Autori’, in: La Tribuna, 2 luglio 1926, p. 3. Sull’espansione culturale o imperialismo spirituale, cfr. F. Cavarocchi, Avanguardie

dello spirito. Il fascismo e la propaganda culturale all’estero, Roma, Carocci, 2010; B. Garzarelli,

‘Parleremo al mondo intero’. La propaganda del fascismo all’estero, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004; R. Gennaro, ‘Il “Manifesto degli intellettuali fascisti” e l’espansione culturale all’estero. La versione francese e due nuove liste di firmatari’, in: Nuova Storia Contemporanea XVII, 1 (2013), pp. 79-95. L’espansione culturale non impedì, in epoca fascista, l’importazione di cultura straniera in Italia, che conobbe anzi un forte incremento, almeno per ciò che riguarda la narrativa. Cfr. F. Billiani, Culture

nazionali e narrazioni straniere. Italia, 1903-1943, Firenze, Le Lettere, 2007.

4 M. Bontempelli, ‘Perché “900” sarà scritto in francese’, in: Il Tevere, 18 maggio 1926, p. 3. “Informarli” potrebbe non avere solo il senso di “metterli al corrente”, ma anche quello, più letterario, di “plasmarli”, “dar loro forma”, dunque più in linea col proposito di porre la cultura straniera sotto l’influsso dell’italiana. ‘Sieno’ è effettivamente scritto con la “e”.

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L’esportazione è auspicata nel segno della novità e della competizione tra le nazioni, in linea col fermo proposito fascista di dare lustro internazionale alla patria, in gara con le altre culture, perseguendo la supremazia culturale. Il secondo indizio di prossimità al regime è il consiglio di amministrazione della casa editrice, pieno di esponenti di spicco del mondo fascista, tra cui Giuseppe Bottai, Italo Balbo, Roberto Forges Davanzati e Renato Ricci.5 Poi ci sono gli agganci del direttore Massimo

Bontempelli, legato agli ambienti della cultura fascista e dell’imperialismo spirituale. Bontempelli conosce il più noto artefice di questa politica, Franco Ciarlantini, esponente assai noto e influente della cultura fascista, tanto da meritare l’attenzione, sia pure avversa, di Benedetto Croce. Ciarlantini ha una rivista, denominata Augustea, espressamente dedita all’imperialismo culturale, di cui pure Massimo Bontempelli è un collaboratore.6 Bontempelli è poi in contatto con Arnaldo Mussolini, fratello di Benito

e ha accesso al capo del governo, che appoggia il progetto novecentista, stando almeno a un trafiletto fatto apparire sui giornali.7

Le dispute sul francese e la traduzione

Il sostegno del capo del governo serve anche a tener testa agli attacchi di un gruppo di scrittori “strapaesani” (Mino Maccari, Ardengo Soffici, Leo Longanesi) e riviste avverse (L’Italiano e Il Selvaggio), provenienti in buona parte dall’esperienza del “ritorno all’ordine” rappresentato dalla rivista La Ronda. I principali temi del contendere sono la modernità, la tradizione e l’uso del francese.

Vediamo le diverse posizioni dei più illustri esponenti dei due campi. Sia Ardengo Soffici, da una parte, che Massimo Bontempelli, dal lato opposto, si professano non europeisti. Così Bontempelli:

Si sappia subito che il titolo completo è: “900. CAHIERS D’ITALIE ET D’EUROPE”. Questo potrebbe essere bastante per calmare i timori di chi, in buona o in mala fede, vede in questo annunziato uso del francese un tradimento, o almeno un atto di “europeismo” nel deprecato senso rollandiano della parola.8

Si tratta di favorire un forte commercio delle idee in Europa, al fine di rifondare profondamente la cultura europea e veder trionfare in essa i più autentici valori

5 Cfr. Il Torcibudella, ‘Il “900” e i Soviet’, in: L’Italiano, 20 dicembre 1927, p. 1, ora in G. Ungaretti,

Lettere a Giuseppe Raimondi (1918-1966), a cura di E. Conti, Bologna, Patron, 2004, pp. 145-146.

Nell'articolo (il cui vero autore è il poeta Giuseppe Ungaretti, cfr. Ivi, p. 21), La Voce è definita ‘la più fascista delle case editrici’. Balbo era sottosegretario all’economia; Bottai sottosegretario al Ministero delle Corporazioni e direttore di Critica Fascista; Ricci sottosegretario all’Istruzione, capo dell’Opera Nazionale Balilla, membro del direttivo del Partito Nazionale Fascista; la stessa funzione rivestiva Roberto Forges Davanzati, anche direttore del quotidiano La Tribuna. Cfr. G. Pardini, Curzio Malaparte. Biografia

politica, Milano-Trento, 1998, p. 191 e R. De Felice, Mussolini il fascista. L’organizzazione dello stato fascista (1925-1929), Torino, Einaudi, 1995, p. 57.

6 Cfr. R. Gennaro, ‘L’imperialismo spirituale e gli esordi della rivista Augustea’, in: Incontri. Rivista

Europea di Studi Italiani, 27, 2 (2012), pp. 42-50. Cfr. anche F. Ciarlantini, L’imperialismo spirituale,

Milano, Alpes, 1925. Per la polemica con Benedetto Croce, cfr. Ivi, pp. 159-164.

7 Cfr. ‘Massimo Bontempelli ricevuto dall’on. Mussolini’, in: La Fiera Letteraria, 12 settembre 1926, p. 1: ‘Ieri S.E. Mussolini […] ha ricevuto a Palazzo Chigi in udienza lo scrittore Massimo Bontempelli, direttore della rivista “900” […]. Il Duce ha voluto conoscere particolarmente gli scopi che la rivista si propone, i nomi dei collaboratori italiani e stranieri, nonché le vicende polemiche che hanno seguito l’annunzio della nuova pubblicazione […]. S.E. Mussolini ha ascoltato con grande attenzione e interesse la minuta esposizione di Bontempelli ed ha dichiarato che approva tutte le direttive di “900”’.

8 M. Bontempelli, ‘Perché “900” sarà scritto in francese’, cit. “Rollandiano” è un aggettivo che si riferisce allo scrittore francese Romain Rolland (1866-1944), noto per posizioni pacifiste, europeiste, cosmopolite e antinazionaliste.

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italiani. Nulla a che vedere dunque con un’idea integrata e unitaria di cultura europea, fatta di componenti con pari dignità. Vi è piuttosto l’idea di una partita fra culture per cui l’Italia ha interesse a conoscere le altre nazioni onde meglio superarle sul terreno dell’intellettualità.

Per Ardengo Soffici, d’altro canto, l’europeismo è uno degli “ismi” contemporanei da combattere con maggiore vigore:

Europeismo vuol dire oggi democrazia, liberalismo, parlamentarismo, plutocrazia, massoneria, giudaismo, protestantismo, tedeschismo, americanismo, intellettualismo ipocrita ed immorale.9

Per Bontempelli, tuttavia, la cultura italiana deve misurarsi con la cultura europea. Deve farlo, come già si è ricordato, sul terreno di un radicale rinnovamento. Deve conoscere la cultura straniera per rafforzarsi, farsi apprezzare da questa al fine di esercitare la propria influenza e stabilire la propria superiorità. Di qui un atteggiamento radicalmente favorevole alla traduzione e il ricorso alla lingua straniera. Bontempelli afferma cioè che il francese, grande lingua di cultura internazionale, molto più nota all’estero dell’italiano, è necessario ad aumentare la desiderata propagazione della cultura italiana esportata, anche al fine di “imporre” la cultura italiana in tutto il mondo. Indica inoltre nella traducibilità un parametro essenziale del valore letterario:

Ad altri il compito di imporre la lingua italiana a tutto il mondo della cultura; ma sarà un lento lavoro. Spero che tra dieci anni “900” potrà essere scritto in italiano. Per ora, se lo scrivessi in italiano lo leggerebbero 1000 italiani e 50 stranieri; in francese, lo leggeranno ugualmente quei 1000 italiani più 5000 stranieri, secondo il computo infallibile che abbiamo fatto Suckert e io quando abbiamo preso la risoluzione che ha destato tante apprensioni

.

Basterebbe: ma c’è anche un’altra ragione. Uno dei caratteri che credo necessario fomentare nella letteratura moderna, è l’immaginazione inventiva, la facoltà di creare miti, favole, personaggi, così vivi da mantenere il solido della loro vita anche tradotti, anche rinarrati in altre forme. Una delle riprove del valore d’un’opera novecentista sarà la sua traducibilità.10

Il ricorso alla lingua francese e l’articolato discorso con cui questo è spiegato hanno un ruolo cruciale nella strategia portata avanti da Massimo Bontempelli. L’impiego della lingua letteraria internazionale porta la rivista nella capitale mondiale della cultura. L’uso del francese permette di imbarcare o raggiungere buona parte del modernismo internazionale di stanza a Parigi; ha anche un senso in rapporto al proposito di espansione culturale con cui Bontempelli presenta la sua rivista ai referenti politici italiani. Questo pone l’idea di traduzione al centro di spinte tanto forti quanto contradditorie. Da una parte una logica strettamente letteraria che punta al successo attraverso Parigi e alla stretta collaborazione con i suoi ambienti più noti e accreditati. Dall’altra il forte condizionamento posto in atto dal nascente totalitarismo fascista, incline a considerare la cultura, le idee, la stessa letteratura come strumento di conquista e propaganda sia in patria che all’estero.

9 ‘Lettera di Ardengo Soffici’, in: Il Tevere, 7 settembre 1926, p. 3.

10 M. Bontempelli, ‘Perché “900” sarà scritto in francese’, cit. A riprova di quanto sia cruciale per Bontempelli, lo stesso concetto è espresso in una lettera a Nino Frank del 1926, in C. Alvaro, M. Bontempelli, N. Frank, Lettere a “900”, a cura di M. Mascia Galateria, Roma, Bulzoni, 1985, p. 106: ‘Nella giustificazione preliminare spiegherò […] che per noi il criterio d’un’opera d’arte è d’essere traducibile e raccontabile: e che perciò rinunciamo al vantaggio che ci può dare lo scrivere nella nostra lingua, e ci presentiamo tradotti: così otteniamo anche maggiore diffusione’.

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Per Ardengo Soffici, esponente illustre del fronte strapaesano, la ‘vera’ cultura italiana è, invece che per Massimo Bontempelli, prettamente tradizionale, non moderna, e può essere diffusa nel mondo solo nella lingua del sì. Non c’è cultura italiana, se non in italiano. Tradurre la cultura nazionale equivale dunque grosso modo a tradirla. Il resto sono solo ‘porcherie’. Tesi sorprendenti se si considerano i noti trascorsi avanguardistici (ma non più d’attualità) dello scrittore, già promotore della cultura italiana in lingua francese attraverso una rivista, La Vraie Italie, dedita a questo scopo:

Funzione dell’Italia nuova è combattere in tutti i campi queste porcherie e le altre moltissime che ad esse sono concomitanti per riaffermare e rialzare i valori di tutt’altro genere, e precisamente i valori nostri fondamentali e tradizionali.

Massima gloria del Fascismo politico è stata appunto quella di opporsi coscientemente al corso di tale europeismo: di abbattere ad uno ad uno tutti gli idoli, col fine dichiarato e imprescindibile d’imporre al mondo una civiltà ben più alta ed umana: la civiltà fascista, cioè la civiltà italiana in tutta la sua purezza e luminosità.11

Il linguaggio è […] il tesoro più prezioso di un popolo: è […] l’espressione più profonda e genuina della sua anima, del suo essere nazionale […]. Quello scrittore che per essere meglio inteso dagli stranieri impoverisse la propria lingua, o peggio ancora, adottasse i caratteri propri del genio linguistico di un altro popolo per fare una letteratura d’esportazione, equivarrebbe esattamente a colui il quale per trovare più facile accesso in una società forestiera barattasse la propria nazionalità. Del resto nessuna opera letteraria ha il minimo valore ove non vi sia rispecchiato il carattere della lingua in cui è scritta e in tutta la sua purezza e ricchezza. Gli scrittori italiani moderni (intendo da Dante a Carducci per non parlare di contemporanei ancora

sub judice) sono i più grandi del mondo appunto perché hanno sempre obbedito a questa legge

ferrea. Per questo sono anche i più difficilmente traducibili.12

In materia di traduzione, la conclusione di Soffici è dunque esattamente agli antipodi di quella di Bontempelli. Bontempelli ritiene che più un testo è traducibile, più il suo valore letterario è elevato. Per Soffici, invece, è vero precisamente il contrario. L’opera d’arte italiana traducibile è quella che non è italiana, che è fatta di pensiero internazionalistico, ebraico, liberal-bolscevico, decadente, eccetera, e la cui forma o il cui linguaggio è volapük o esperanto.13

Meno lontane sono le premesse di fondo per cui il problema della traduzione è posto. Sia per Soffici che per Bontempelli si tratta di definire la vera identità italiana, forme, strumenti e mete della sua supremazia. Più aperta alla modernità secondo 900, più incline alla tradizione per gli strapaesani, nella sostanza però avversa a uno spirito europeo come entità che inglobi e superi le singole nazionalità. L’identità italiana deve al contrario poter competere e imporsi sulle altre. Questo è l’agognato fine ultimo indicato dai contendenti in Italia.

Diverso è però il profilo indicato per la cultura italiana, moderno per gli uni, tradizionale per gli altri. Diverse le modalità e strategie di penetrazione all’estero: la lingua straniera (dunque la traduzione) secondo i novecentisti; solo l’italiano (dunque il divieto di traduzione) secondo i selvaggi. Pur essendo dagli uni preconizzata e dagli

11 ‘Lettera di Ardengo Soffici’, in: Il Tevere, 7 settembre 1926, p. 1. 12 Ibidem.

13 ‘Obiezioni di Soffici’, in: Ivi, 8 giugno 1926, p. 3. Soffici aveva animato una rivista di lingua francese, denominata La vraie Italie, il cui scopo era promuovere all’estero la cultura italiana. Cfr. E. Bellini, ‘Politica e cultura nella “Vraie Italie”’, in: Id., Studi su Ardengo Soffici, Milano, Vita e Pensiero, 1987, pp. 113-151.

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altri nettamente rifiutata, la traduzione è prevalentemente presa in considerazione quale strumento di esportazione, non di importazione culturale, in sintonia con la politica di espansione culturale all’estero posta in essere dal fascismo.

Nascondimenti, ambiguità, sottintesi

Dietro queste argomentazioni (e le contraddizioni dal lato di Soffici) risiedono del resto, a ben vedere, motivazioni ben più prosaiche e competitive. Bontempelli ambisce l’appoggio logistico del regime per farsi conoscere a Parigi e porre così le basi di una legittimazione nel grande centro della repubblica mondiale delle lettere. I condizionamenti di carattere politico (l’appoggio di Mussolini, i vincoli sui nomi da mettere negli organi direttivi) hanno l’aria di essere, ai suoi occhi, solo un impaccio necessario e contingente, un prezzo temporaneo da pagare in vista di una più grande autonomia futura, da conquistare e difendere col successo letterario della rivista: Domani vedo il Presidente: anche qui andremo incontro a un’incognita; cioè le dichiarazioni che mi farà, e che saranno pubblicate, se saranno tali da stroncare tutta la campagna nemica all’interno – potranno all’estero far credere alle panzane delle “riviste di propaganda fascista in francese”. […] Volevo mettere nel prospetto […] il tuo nome come secrétaire de rédaction

pour la France. Ma allora occorreva che mettessi anche Alvaro per l’Italia. Ora, se è ormai

accettatissimo che io faccia scrivere Alvaro, e gli faccia pubblicare il romanzo alla “Alpes” ecc., ̶ la qualifica ufficiale nella rivista darebbe occasione a nuove lotte, sgradevoli soprattutto per lui: perciò non ne ho messo nessuno (e a lui nemmeno ho parlato della cosa). Vi metterò cominciando dal 2° o 3° numero ̶ quando il successo di pubblico della rivista mi avrà permesso di infischiarmi di queste minchionerie.14

Gli avversari, senza agganci nella capitale francese (compreso Ardengo Soffici, ora sprovvisto dei legami tenuti in passato con l’avanguardia) temono invece di farsi pure sfilare, in Italia, lo sperato ruolo di referenti della politica culturale del regime.15

Massimo Bontempelli e il suo fronte hanno, a prima vista, un vantaggio non da poco: una quantità di aiuti e collaborazioni più larga e incisiva. Il problema è però che la loro rete è troppo eterogenea. Ciò pone la rivista in una condizione di ‘doppio legame’16 che lascia pochissimo spazio di manovra e rischia, in fin dei conti, di

scontentare tutti: Bontempelli non può troppo mostrare il risvolto nazionalista e politico della rivista (l’imperialismo spirituale) per non perdere i preziosi collaboratori francesi (particolarmente attenti all’autonomia letteraria e fortemente contrari al nazionalismo, specie in ambito modernista e avanguardista).17 Ma neanche può troppo

evitare di farlo senza privarsi dell’appoggio, indispensabile, del regime fascista e della sua politica culturale. Tutto ciò non può che avere precise conseguenze sul discorso elaborato dalla rivista, sottoposto a vincoli contrari ma egualmente forti, provenienti uno da Roma e l’altro da Parigi. L’esempio più lampante di tali costrizioni è costituito

14 C. Alvaro, M. Bontempelli, N. Frank, Lettere a “900”, cit., pp. 111-112.

15 Su Soffici e la Francia, cfr. almeno M. Richter, La formazione francese di Ardengo Soffici: 1900-1914, Milano, Vita e Pensiero, 1970.

16 Sintagma mutuato dal campo della psicologia, per cui cfr. P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson,

Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi,

Roma, Astrolabio, 1971.

17 Cfr. P. Casanova, La république mondiale des lettres, cit., p. 125: ‘L’impératif catégorique de l’autonomie, c’est l’opposition déclarée au principe du nationalisme littéraire, c’est-à-dire la lutte contre l’intrusion politique dans l’univers littéraire. […] En France notamment, le volume de capital accumulé est tel, la domination littéraire qui s’exerce sur l’ensemble de l’Europe à partir du XVIII siècle est si peu contestée et contestable, que l’espace littéraire français devient le plus autonome, c’est-à-dire le plus libre à l’égard des instances politico-nationales’. Sull’avanguardia, cfr. G. Sapiro, ‘Forms of politicisation in the French Literary Field’, in: Theory and Society, 32 (2003), pp. 633-652.

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dal più famoso passo della Justification, il pezzo che apre (con un titolo invero assai difensivo, forse riflesso delle polemiche in corso) il primo numero della rivista e ne espone il programma.

Aujourd’hui, avant que l’art ne reprenne le sens du monde extérieur et de la magie, la politique retrouve celui de la puissance et du contingent, qu’elle avait perdu le long de la route démocratisante du dix-neuvième siècle. À l’heure actuelle, il y a en Europe deux tombeaux de la démocratie du dix-neuvième. L’un est à Rome, l’autre à Moscou. À Moscou le tombeau est gardé par des fauves mystérieux qui grattent le sol. À Rome par des patrouilles de jeunes faucons qui, à force de regarder le soleil, finiront peut-être par influencer son cours.

Nous les nouveaux, nous sommes assoiffés d’universel, et nous nous méfions de toute internationale. C’est pour cela que, dans l’instant même où nous nous efforçons d’être des européens, nous nous sentons éperdument romains.18

Questo brano dà non pochi grattacapi a Bontempelli e lo costringe a qualche giravolta verbale. Il fascismo non può essere nominato a chiare lettere, perché i collaboratori parigini non gradirebbero. Non può però venir meno del tutto, pena la fine degli appoggi, indispensabili, dall’Italia. Restano allora i falchi (volatili prossimi all’aquila, che è tra i più noti simboli del movimento di Mussolini), di cui viene evidenziata la giovinezza (altro grande mito fondatore del regime). Fa da contraltare il riferimento a Mosca, volto forse a blandire quanti, a Parigi, per esempio in ambito surrealista, avevano simpatie o attenzioni per la rivoluzione comunista.19 A Parigi, Nino Frank fiuta

il pericolo e chiede con ansia al direttore Bontempelli di cambiare, ma il direttore ha le mani legate e più di tanto non può fare:

È necessario che qui non possano dirti: ‘ecco, avevamo ragione, è proprio un organo di propaganda fascista’. Perché, come conseguenza, avresti un putiferio e le dimissioni di Joyce, Mac Orlan, ecc. […]

Insomma attento. Se il 1° n. va, 900 diventa la rivista più importante di oggi. Perciò

attento.20

Ora mi metto subito a studiare qualche attenuazione al passo che mi indichi nelle

Giustificazioni. Ma troppo non posso fare. Poiché se sono riuscito a vincere per il momento le

ire nazionaliste (italiane) che imperversarono contro 900, fu appunto nonostante quella

Giustificazione e specialmente quelle dichiarazioni politiche. Se uscissi senza, o troppo

castrandole, avrebbero ragione di gridare che li ho traditi, e immediatamente riuscirebbero a tagliare i viveri al giornale. […] Ed è meglio correre qualche rischio da parte dei nazionalisti francesi che avere la certezza di essere troncati qui. Dove la lotta è soltanto sopita apparentemente, ma non sospesa. […] Vedi come è difficile la situazione.21

Non c’è allora posto per modifiche sostanziali. Il discorso rimane vago, quasi privo di significato, ma è il solo modo per farlo passare:

18 M. Bontempelli, ‘Justification’, in: 900, 1, cahier d’automne, 1926, pp. 11-12. Sulla tormentata gestazione di questo brano, cfr. C. Alvaro, M. Bontempelli, N. Frank, Lettere a “900”, cit., pp. 111-116 e 222, 224, 229.

19 Questo scrive Nino Frank a Massimo Bontempelli il 10 settembre 1926: ‘Quell’accenno alla Russia ci

salva. Osservavo la reazione di Soupault. M’ha detto: se avesse parlato solo di Roma non mi sarebbe

andata: ma così è ottima’. Cfr. Ivi, p. 222. Per la storia del surrealismo, cfr. N. Bandier, Sociologie du

surréalisme, Paris, La Dispute, 1999. Sul dibattito circa l’adesione al partito comunista, cfr. Archives du surréalisme. Adhérer au Parti communiste? Septembre - décembre 1926, présenté et annoté par M.

Bonnet, Paris, Gallimard, 1992.

20 C. Alvaro, M. Bontempelli, N. Frank, Lettere a “900”, cit., p. 218. Lettera di Nino Frank a Massimo Bontempelli del 1 settembre 1926.

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Mi sono stillato il cervello per le modificazioni. Ma non ho fatto che la seguente: in luogo di ‘des loups faméliques qui grattent le sol’ ‘des fauves mystérieux qui frappent sur le sol’ (non capisco che vuol dire ma va bene). […] Qualunque altra modificazione mi metterebbe in situazione di slealtà verso coloro che l’hanno letta così, e per questo mi hanno appoggiato. Come ti ho detto, correrei il rischio di non poter fare il num. 2. […] Fai dunque la correzione dei fauves mysterieux qui frappent e tira via che non c’è papà.22

Se il riferimento al fascismo non può essere omesso, le diramazioni parigine della rivista impongono che venga sfumato, vestito di eufemismi e bilanciato da pari riferimento alla rivoluzione sovietica, che del resto non mancava di destare simpatie in Italia, anche nell’area della cultura fascista.23

Altri sconfinamenti tra politica e cultura

Analoghi processi di mascheramento subisce un altro testo di Bontempelli apparso su

900. Nello stesso numero d’esordio, il saggio intitolato La mare aux grenouilles ha per

tema il ruolo italiano e mediterraneo nella crescita della cultura europea. Bontempelli parla della ‘reprise méditerranéenne’, la ‘mission du siècle vingtième’ per cui l’Italia deve adoperarsi:

La mission réservée au vingtième siècle est une reprise méditerranéenne. Sur les bords de la mare aux grenouilles on sent mûrir un travail profond qui préparera une nouvelle oscillation de la civilisation de ces bords vers les cercles les plus lointains. Il est urgent que l’Italie, après un long repos qui a semblé épuisement ou mort, se prépare à cette tâche en se mettant rapidement et consciencieusement au courant de tout ce qui s’est développé et a achevé sa maturité particulière dans le restant de l’Europe.24

Conoscere l’Europa per un salto in avanti. Conoscere le altre nazioni per mettersi al passo con esse. Ma quale rango spetta all’Italia? Inferiore, pari o superiore rispetto alle altre nazioni? Vano cercare, in 900 una risposta chiara, gli accenni a una rinascita (dell’Italia) non palesano con chiarezza missioni imperiali. Pare persino di riscontrare la sottolineatura di un ritardo culturale dell’Italia, non il primato che una missione imperiale presuppone. Il testo non ha del resto marcati riferimenti alla politica e mantiene un profilo marcatamente culturale, persino erudito per i riferimenti, a dire il vero un po’ forzati, a Paul Valéry e a Platone.

Da Platone, Bontempelli ricava il sintagma che dà il titolo al saggio, tratto da un brano del Fedone così riportato:

Ici se place merveilleusement une citation de Platon. Elle est dans le Phédon: ‘Je crois que la terre est très vaste et que nous qui vivons entre l’Asie Mineure et les Colonnes d’Hercule, nous n’habitons qu’une faible partie, étant tous rassemblés autour de la Méditerranée comme des grenouilles autour d’un étang; et qu’il y a ailleurs d’autres peuples nombreux et différents qui habitent de nombreuses contrées semblables à celle-ci’. En songeant que ces paroles ont été écrites par Platon, nous comprenons que le sentiment d’étroitesse, le désir de mouvement, les velléités d’expansion qui sont en elles, ne sont pas une inquiétude aventureuse d’ulyssides,

22 Ivi, p. 113. Stessa lettera della precedente citazione.

23 L’accostamento di Roma e Mosca fu anzi un ‘topos abbastanza frequentato’ dalla cultura fascista, per esempio da Benito Mussolini, Curzio Malaparte e Giuseppe Bottai. Cfr. P.G. Zunino, L’ideologia del

fascismo. Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 332-344.

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mais qu’elles prévoient et prédisposent l’extension de la civilisation méditerranéenne au restant du globe.25

Il brano di Platone non ha affatto la valenza con cui Bontempelli lo usa, nulla c’è, nel

Fedone, che faccia pensare all’“espansione” della cultura mediterranea. Lo stesso vale

per i riferimenti a Paul Valéry collocati nella parte introduttiva del saggio.26 Per quanto

forzati, questi riferimenti conferiscono un carattere più erudito al testo e nascondono meglio i sottintesi politici. Questi emergono però in tutta evidenza nella versione italiana dell’articolo, pubblicata un anno prima della nascita di 900. Qui si legge un messaggio assai più esplicito in riferimento alla politica e più chiaramente nazionalistico:

Col 1922 comincia una grande era antiromantica.

Parlo dell’Italia perché la nuova storia anche questa volta comincia qui, e di qua porgerà al rimanente d’Europa gli schemi da sviluppare.

Perché oggi uno schema capace di svolgersi deve avere il mondo intero come suo campo di sviluppo e di attuazione. Perciò, se l’Italia è consapevole della sua missione, deve rendersi conto che il suo primo e più preciso dovere è quello di “europeizzarsi” al possibile.27

L’Italia deve europeizzarsi al fine di assumere la guida culturale del continente. L’arte e il pensiero devono completare l’opera che la politica (il fascismo) ha appena avviato, proprio nell’anno della presa del potere. Questo non è scritto però in 900. Figura nella prima parte (assente in francese) della versione italiana, uscita nel primo numero di

Augustea di Franco Ciarlantini, la rivista e l’intellettuale più impegnati, come scritto

sopra, nell’espansione culturale all’estero.

Il doppio e contrastante legame di Roma e Parigi, la necessità di accreditarsi, con un solo discorso, in un modo da una parte e nel modo opposto dall’altra, lascia dunque uno spazio ridotto di manovra e costringe all’ambiguità.28 Su questa si

concentrano allora alcuni dei principali avversari italiani di Bontempelli, il poeta Giuseppe Ungaretti e Curzio Malaparte.

Ungaretti è il principale mediatore letterario tra l’Italia e la Francia. L’iniziativa di Bontempelli può mettere in discussione questa posizione. Ungaretti ha dunque interesse a ostacolare l’avversario e prende pubblicamente la parola per chiedersi come mai noti letterati comunisti parigini (o residenti a Parigi) collaborino con una

25 Ivi, p. 177. Per la versione italiana, cfr. Platone, Fedone, prefazione, saggio introduttivo, traduzione, note, apparati a cura di G. Reale, Milano, Bompiani, 2000, p. 263. ‘Mi sono persuaso […] che […] la terra è qualcosa di straordinariamente grande, e noi abitiamo in una piccola parte che va dal fiume Fasi alle Colonne di Eracle, stando intorno alle rive del mare come rane o formiche intorno a uno stagno. E ci sono molti altri uomini che abitano altrove, in molte altre regioni simili di questa’.

26 Bontempelli cita P. Valéry, ‘Caractères de l’esprit européen’, in: Revue Universelle, 15 juillet 1924, ora, con modifiche, ‘Note (ou l’Européen)’, in Œuvres, Paris, Gallimard, pp. 1000-1014. Secondo Valéry, l’Europa detiene il più gran numero dei primati e delle realizzazioni umane. Un apporto fondamentale alla civiltà europea viene dai popoli del Mediterraneo. La civiltà europea è partita alla conquista del mondo (‘elle part à la conquête des terres’, p. 1005). Le tre colonne dello spirito europeo sono il pensiero greco, il cristianesimo, la romanità. Il discorso di Valéry è però solo rivolto al passato: non prefigura e non auspica alcuna “ripresa” mediterranea.

27 M. Bontempelli, ‘Lo stagno dei ranocchi’, in: Augustea, 21 dicembre 1925, p. 8.

28 Il doppio legame con Roma e Parigi può dunque essere tra le cause principali di almeno una delle tante ambiguità (quella tra nazionalismo e internazionalismo) della rivista, opportunamente e assai bene evidenziate da A. Saccone, Massimo Bontempelli e il mito del “900”, Napoli, Liguori, 1979, p. 134: ‘In questo progetto la combinazione ambigua ma ben controllata tra le numerose antitetiche tensioni (spontaneità creatrice e fatalità del mito; naturalezza dell’ispirazione e funzionalità del mestiere; avanguardia e classicismo; italianità e internazionalismo; anonimato primordiale e anonimato standardizzato) viene spinta quasi al limite della divaricazione’.

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rivista che in Italia ha fama di essere organo di propaganda fascista. Egli usa, così facendo, argomenti politici per combattere una battaglia che è solo letteraria: Bontempelli, che è anche buontempone ma non sa fare il buon tempo, come si vede, manda alle gazzette che a fianco di lui reggerà le sorti della futura rivista italo-francese Philippe Soupault. Qui, ancora, non vorremmo sbagliare. Il 900 dovrà essere la ‘rassegna dell’imperialismo fascista’. E come c’entra allora Soupault, che notoriamente è comunista? Uomo di sicuro ingegno, si può dire che è merito suo se da qualche parte si parla di Isidore Ducasse, Conte de Lautréamont, il poeta più singolare che, insieme a Rimbaud, abbia avuto la Francia nell’ultimo secolo. Ma che c’entra Saupault, comunista, nel 900? Aspettiamo di impararlo. […] Insomma, pare che Bontempelli, detto ‘el Massim’, dal giorno che abbandonò la redazione del Mondo abbia perduta la testa del tutto. Va dicendo, fra l’altro ch’egli ha ‘vissuto realmente in carne ed ossa la rivoluzione fascista’. Occorrerà domandarne al senatore Albertini che, a quei tempi, gli pagava assai care le sue brutte novelle.29

Argomenti politici per fini letterari (anche difendendo il valore letterario degli autori citati): non una cultura fascistizzata sta a cuore a Ungaretti, bensì la difesa del monopolio dei rapporti letterari con la Francia, detenuti in base al forte legame con Paulhan, la NRF e Commerce.30

Il nemico “interno”

Un discorso a parte merita poi Curzio Malaparte. Malaparte è il direttore de La Voce, casa editrice di 900. Tuttavia, invece di appoggiare il progetto novecentista, non perde occasione per metterlo in difficoltà, ostentando un nazionalismo tanto provocatorio quanto lesivo della reputazione della rivista a Parigi.

Un’intervista di Curzio Malaparte, pubblicata in Italia, ma resa nota anche in Francia, contiene toni troppo scopertamente nazionalisti, fascisti e antifrancesi: - Che carattere avrà la nuova “Voce”? - Evidentemente avrà un carattere fascista [...]. L’italiano è letto poco in Italia […] ed è parlato pochissimo fuori d’Italia. […] Perciò, in attesa che l’italiano sostituisca il francese e l’inglese come lingue imperiali, o che l’interesse degli stranieri nei nostri riguardi aumenti a tal punto da obbligarli a tradurre nella lingua loro le manifestazioni più significative del nostro nuovo spirito artistico, occorre che ci facciamo conoscere con i nostri mezzi, cioè traducendoci da noi stessi. Compito della rivista “900” sarà quindi di presentare agli stranieri, tradotti in una lingua accessibile ai due terzi delle classi colte di tutto il mondo, i saggi migliori e inediti della moderna letteratura italiana: di preferenza quelli che meglio rappresentano lo spirito dei tempi nuovi.31

Malaparte annuncia anche ‘esperimenti di traduzione’, stravaganti quanto urticanti (agli occhi dei francesi), includendo anche autori che non appartengono alla schiera dei novecentisti, bensì al novero dei più fieri avversari (Soffici, Cardarelli):

È vero quello che si dice, che nel “900” farete dei curiosi esperimenti di italianizzazione della lingua francese? È vero fino ad un certo punto. Ci limiteremo a dimostrare, pubblicando brani di magnifica prosa francese del ‘500 e della prima metà del ‘600 (per esempio Rabelais e Montaigne, per non parlare di tutti gli altri scrittori dello stesso periodo) che la lingua letteraria di Francia si è formata pedissequamente su quella italiana, fino a sembrare una traduzione piena di italianismi. Credo che l’orgoglio sciovinista dei moderni letterari parigini non ce ne

29 Il Torcibudella (Giuseppe Ungaretti), ‘Le disgrazie di Bontempelli’, in L’Italiano, 15-30 luglio 1926, p. 2, ora in G. Ungaretti, Lettere a Giuseppe Raimondi, cit., pp. 134-135.

30 Cfr. E. Conti, ‘Ungaretti mediatore culturale di “Commerce”’, in: Intersezioni, XII (2002), pp. 89-107. 31 A. Frateili, ‘Il programma della rivista “900” e le direttive editoriali della nuova “Voce”’, in: La Fiera

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sarà grato. Aggiungo che ci dedicheremo a un altro genere, interessantissimo, di esperimenti: tradurremo, cioè, alcuni brani dei più significativi scrittori nostri, quali Baldini, Emilio Cecchi, Cardarelli, Soffici, Bontempelli, Linati, Viani, Solari, Barilli, eccetera, in una lingua francese piena di italianismi messi di proposito, per dimostrare che della lingua francese moderna si può fare, con poche espressioni italiane, ottimi saggi della magnifica prosa classica francese ‘italianisante’ del Cinquecento. E anche di questo credo che la presunzione parigina non ci sarà grata.32

Bontempelli considera queste dichiarazioni (alla stregua di altri) un agguato di Malaparte ai suoi danni, dettato dall’invidia e dal fatto di non avere abbastanza presa sulla rivista di cui è editore.33 Se davvero è (come sembra) un sabotaggio, l’iniziativa

di Malaparte non manca il bersaglio, visto il subbuglio che ne deriva in Francia.34 Di qui

la rettifica di Bontempelli, pubblicata pochi giorni dopo nel medesimo giornale: ‘Leggo nella Fiera Letteraria di ieri una intervista da Roma, ove si parla di una rivista in preparazione, intitolata “900”. Ma la rivista descritta, sia nello spirito, sia negli atteggiamenti, sia nei nomi, appare ben diversa da quella che con lo stesso titolo avevo annunciata e di cui inizierò la pubblicazione il prossimo settembre. Si tratta dunque certamente di un’altra rivista’.35 Non mancano manifestazioni di sconcerto, anche

ironico, che portano a vedere in 900 una rivista dal doppio volto, pirandelliana, ‘così è se vi pare’.

La conseguenza del dissidio con Malaparte è che questi si sfila dal progetto novecentista, ufficializzando la contrapposizione terminologica (Strapaese contro Stracittà) che di lì in poi servirà a denominare i novecentisti e i loro oppositori.36

La fine

Il sospetto che 900 porti avanti scientemente finalità politiche dietro parvenze letterarie finisce d’altro canto per far breccia sulla scena parigina e risuona con infuocata durezza nelle pagine di una rivista di area surrealista:

Nous ne doutons pas un instant qu’il s’agisse là d’une revue alimentée par les fonds de l’État, soutenue par les banques fascistes, dans un but pur et simple de propagande panitalienne. Mais que dire alors de ceux qui prêtent les mains à cette propagande? Malgré le tarif de leur collaboration, ils sont achetés à bien bon marché, et je me demande en particulier ce que Georg Kayser peut bien faire là. Que dire alors de Philippe Soupault […]. Ils ne pensent qu’à l’or. Ils sont vendus et toujours encore à vendre. Pour cela tous les moyens sont bons jusqu’aux revues littéraires, qui cachent des fins politiques, et dans tous les pays ces intrigants cupides trouvent et reconnaissent leurs semblables qui, pour quelques sous, les aideront toujours.37 32 Ibidem.

33 Cfr. il memoriale recapitato da Massimo Bontempelli a Nino Frank, in C. Alvaro, M. Bontempelli, N. Frank, Lettere a “900”, cit., p. 143.

34 Cfr. Ivi, p. XIII e 212. Sugli echi e le reazioni francesi relative a 900, cfr. A.M. Mandich, Una rivista

italiana in lingua francese. Il 900 di Bontempelli (1926-1929), Pisa, Libreria Goliardica, 1983.

35 ‘Bontempelli e il 900’, in: La Fiera Letteraria, 5 agosto 1926, p. 1. Subito sotto una nota redazionale precisa con umorismo: ‘Di riviste se ne sono pensate e fatte e rifatte d’ogni specie. Ma la rivista “due in una”, “ciascuno a suo modo”, “così è se vi pare”, vale a dire una rivista che vivesse la doppia e plurima personalità pirandelliana, non esisteva ancora. […] Il 900 di cui ha parlato Curzio Malaparte ̶ che dovrà esserne l’editore ̶ […] è lo stesso 900 concepito da Bontempelli? Dove sta la finzione, dove la realtà?’. 36 Cfr. C. Malaparte, ‘Strapaese et Stracittà’, in La Fiera Letteraria, 10 ottobre 1927, poi in Il Selvaggio, 10 novembre 1927: ‘Da qualche tempo è in uso tra i letterati, e, più, fra coloro che scrivono di letteratura senza farne, ingegnarsi a dividere il campo delle lettere nostrane in due grandi poderi. Dei quali a uno han messo nome Strapaese, e all’altro, per naturale contrario, Stracittà’. Strapaese aveva già adottato questa denominazione. I “novecentisti” non erano mai stati definiti Stracittà e non hanno mai avallato questa denominazione divenuta di lì in poi abituale.

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Senza contare l’articolata presa di posizione di Erenburg, che pur pubblicando in 900, tiene a dissociarsi preventivamente da ogni eventuale finalità politica perseguita dalla rivista.38

Polemiche tanto accese non aiutarono il cammino della rivista. Non vi è però la prova per dire che tali difficoltà, per quanto grandi, siano state davvero fatali al progetto novecentista. Si sa solo che dopo quattro numeri la rivista cambiò editore (Sapientia invece della Voce), comitato di redazione (solo italiano), collaboratori (solo italiani), lingua (solo l’italiano). La testimonianza (purtroppo non verificabile) di Nino Frank, coordinatore della redazione francese di 900 ci dice che il regime (non meglio identificato) punì, con il divieto di pubblicare in francese, l’apparizione, nel fascicolo numero 3, di una novella ritenuta offensiva del fascismo.39 Resta il fatto che l’editore

di 900 nuotava in pessime acque (fallì di lì a poco) ed è probabile che i numeri effettivamente previsti fossero comunque sin dall’inizio solo quattro.40

Certo è però che la rivista è al centro di lotte simbolicamente assai cruente, anche a causa del suo profilo assai ambivalente. 900 si serve da una parte dell’espansionismo culturale per cercare legittimità letteraria a Parigi. Usa dall’altra i contatti che ha a Parigi per svolgere un ruolo nell’espansionismo culturale fascista. Dimostra che la corsa alla legittimazione letteraria attraverso Parigi ha corso anche in Italia, ma è anche partecipe degli orientamenti espansionistici della politica culturale del regime. Difficile stabilire se Bontempelli usi la politica a fini letterari o la letteratura a fini politici. Certo è che punta sul successo letterario parigino per aumentare il suo prestigio (letterario) in Italia e farne anche uno scudo contro impedimenti, costrizioni e cautele imposte dalla politica (eloquenti a riguardo le considerazioni esposte a Frank sull’orientamento politico dei collaboratori italiani). Ma è altrettanto plausibile che usi il proprio patrimonio (considerevole) di contatti letterari internazionali per accreditarsi agli occhi del regime. Resta il fatto che molti avversari avvertono questo gioco doppio alla stregua di una minaccia: in quanto mediatori letterari (Ungaretti) fra l’Italia e la Francia, ma ancora più spesso come competitori interni e interlocutori del regime in fatto di politica culturale (Soffici, Il

Selvaggio, L’Italiano, lo stesso Curzio Malaparte in quanto direttore della casa editrice

della rivista). 900 non ha dunque solo una dimensione internazionale, ma è il frutto di lotte, condizionamenti, strategie, fini che partono da Roma e non dall’estero. Vero è che Parigi è della contesa e condiziona fino nella scrittura la postura dei litiganti. Rimane però solo una delle scene della contesa, dove recitano attori secondari. L’altro (e forse il principale) centro del conflitto è Roma e i suoi maggiori protagonisti italiani. Scrittori e intellettuali che cercano legittimità letteraria, ma insieme flirtano con il fascismo e prendono posizione rispetto a una politica intellettuale basata sull’espansione all’estero attraverso la cultura.

Quest’espansione, del resto, non ebbe luogo affatto. Le statistiche relative alle traduzioni mostrano una netta asimmetria tra il dibattito appena illustrato e le tendenze del mercato editoriale. Mentre si discettava se chiudere le frontiere o

38 Il russo ottenne che 900 stesso precisasse, nel terzo numero a p. 6, che egli non era da ritenersi ‘engagé par la Justification […] ni par aucune autre manifestation de caractère politique qui pourrait avoir lieu dans 900’.

39 Cfr. N. Frank, ‘Les Italiens et le réel’, in: Mercure de France, 1er octobre 1953, p. 346.

40 Un inserto de La Fiera Letteraria del 12 dicembre 1926, afferma: ‘I quattro fascicoli del 900 saranno messi in vendita al prezzo di L. 10 ciascuno’. Sulla crisi e la chiusura della casa società editrice La Voce, cfr. E. Decleva, ‘Un panorama in evoluzione’, in G. Turi (a cura di), Storia dell’editoria nell’Italia

contemporanea, Firenze, Giunti, 1997, p. 287; N. Tranfaglia, A. Vittoria, Storia degli editori italiani,

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esportare la cultura, di tradurre o meno la lingua italiana, il mercato editoriale si sviluppava in tutt’altra direzione: per tutta la durata del regime l’Italia è stato il paese europeo con il più alto numero di volumi stranieri tradotti. Mentre bassa è rimasta l’esportazione di opere italiane all’estero, sia in traduzione che in italiano, come addirittura pretendevano esponenti tra i più influenti nel dibattito sull’esportazione culturale italiana.41 Segno di quanto velleitaria fosse questa politica espansiva basata

sulla cultura, componente forse tra le più imperfette dell’imperfetto totalitarismo fascista.42

Parole chiave

Traduzione, fascismo, modernismo, tradizione, nazionalismo

Rosario Gennaro è docente di cultura italiana all’Università di Anversa. Si è laureato

all’Università di Firenze. È stato borsista di ricerca all’Università Cattolica di Lovanio, dove ha conseguito il dottorato, e al Collège de France. Ha pubblicato in riviste tra cui

La Rassegna della Letteratura Italiana, Revue des Etudes Italiennes, Italianistica, Revue de Littérature Comparée, Studi Italiani, Forum Italicum. I suoi studi riguardano

principalmente Ungaretti, Bontempelli, il futurismo, le relazioni letterarie internazionali, le interazioni fra politica e cultura in epoca fascista.

Universiteit Antwerpen Faculteit Letteren Stadscampus - R.222 Prinsstraat 13 2000 Antwerpen (Belgio) [email protected]

S

UMMARY

An Italian war fought in Paris

Bontempelli, 900 and its opponents

900, directed by Massimo Bontempelli, was a French language journal published in Italy

from 1926 to 1928. It had an international editing committee. This included exponents of Parisian “modernism”. Bontempelli wished to use the journal as a means to create a broad base of contacts in the French capital to create the conditions for his international literary legitimation. The journal’s publishing company was under Fascist control since Mussolini’s regime was promoting a policy referred to as “cultural expansion”. The aim of this policy was to increase the international influence of Italy via the spread of its culture. Since the French capital was the centre of international culture, Paris became an important destination of this “cultural expansion”. Bontempelli became an integral part of this policy, as he was in touch with the intellectuals and journals forming a part of it. 900 was therefore proposed as a journal created to spread Italian culture to Paris. However, it could not openly adopt the use of imperialist or nationalist language in order not to upset the collaborators in Paris. The Italian adversaries profited from this contradiction to fight Bontempelli and accused him of playing a double game in the eyes of Italian and French supporters. The disputes around the journal 900 thus concerned the relationship with Paris, but also involved above all players and motivations of the Italian literary scene.

41 Cfr. C. Rundle, Publishing Translations in Fascist Italy, Oxford-Bern-Berlin-Bruxelles-Frankfurt am Main- New York-Wien, Peter Lang, 2010.

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