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Jean-Jacques Rousseau, Œuvres complètes. Tome XX – 1776-1778. Les Rêveries du promeneur solitaire, cartes à jouer, a cura di Alain Grosrichard e François Jacob, Garnier, Paris, 2014, 908 pp.; Tanguy L’Aminot, Bibliographie mondiale des écrits sur Jean-Jac

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Jean-Jacques Rousseau, Œuvres complètes. Tome XX – 1776-1778. Les Rêveries du promeneur solitaire, cartes à jouer, a cura di Alain Grosrichard e François Jacob, Garnier, Paris, 2014, 908 pp.; Tanguy L’Aminot, Bibliographie mondiale des écrits sur Jean-Jacques Rousseau. XVIIIe-XXIe siècles, vol. IV: Confessions-Dialogues-Rêveries. Religion. Œuvres diverses, Slatkine, Genève, 2015, pp. 258.

Potrebbe sembrare paradossale che i volumi inaugurali di due importanti imprese editoriali riguardanti la figura di Jean-Jacques Rousseau – ossia la nuova edizione delle Œuvrès complètes, pubblicata sotto la direzione di Jacques Berchtold, François Jacob e Yannick Séité, e la Bibliographie mondiale della letteratura critica, redatta da Tanguy L’Aminot – siano dedicati alla sua ultima fatica letteraria, le incompiute Rêveries du promeneur solitaire. Questo apparente paradosso è in realtà frutto di una scelta precisa e non casuale, che conferma il valore sempre più centrale che il tormentato diario intimo del Ginevrino (a cui egli lavorò a partire dal 1776 sino a pochi giorni prima della morte, sopraggiunta il 2 luglio 1778) e, più in generale, i suoi scritti autobiografici, stanno assumendo all’interno di una letteratura critica già sterminata e in costante crescita.

Se la Bibliographie de la littérature française du XVIIIe siècle, redatta da Alexandre Cioranescu nel 1969 (Éditions du CNRS, Paris), riportava appena quindici indicazioni bibliografiche specifiche sulle Rêveries, il lavoro di Tanguy L’Aminot – che sarà composto nella sua integralità da una decina di volumi contenenti più di 40.000 segnalazioni – ne presenta circa quattrocento. Al di là dell’impressionante incremento quantitativo, ciò che risulta più interessante sottolineare è la trasformazione qualitativa del giudizio storiografico sulle Rêveries. Mentre il valore letterario dello scritto – che rappresenta una delle vette stilistiche della produzione settecentesca – non è mai stato messo in discussione, la sua valutazione filosofica è mutata radicalmente. È sufficiente sfogliare le pagine della Bibliographie di L’Aminot – in cui i contributi sono non solo classificati alfabeticamente per secolo, ma anche consultabili “trasversalmente” grazie agli indici tematici – per rendersi conto di come l’interesse per l’ultimo scritto rousseauiano, da esclusivamente letterario, si sia progressivamente ampliato al piano antropologico e a quello filosofico. Se già Henri Gouhier, nelle sue Méditations métaphysiques de Jean-Jacques Rousseau (Paris, Vrin, 1970, p. 85), aveva suggestivamente definito le dieci “passeggiate” una lunga «meditazione sull’io, sul mondo e su Dio», la critica più recente appare concorde nel considerare le Rêveries come l’espressione più matura della filosofia rousseauiana, cioè come un’opera intrinsecamente (e non solo tangenzialmente) filosofica, che può essere utilizzata come una chiave di lettura privilegiata per comprendere l’evoluzione “genealogica” del pensiero del suo autore.

Questa idea trova un’importante conferma nella nuova edizione delle Rêveries curata da Alain Grosrichard e François Jacob. I due curatori, come emerge già dalla lettura della quarta di copertina, si propongono infatti di smentire definitivamente il pregiudizio storiografico – almeno ancora in parte radicato nel dibattito italiano, caratterizzato in passato dalla fuorviante identificazione tra il pensiero filosofico e il pensiero politico di Jean-Jacques – che vedrebbe nelle Rêveries «un abbandono completo della meditazione filosofica», per mettere in luce come si tratti al contrario «del punto estremo di una ricerca filosofica» cominciata con i Discours e proseguita con l’Émile. Questa importante tesi è sorretta da un impressionante lavoro filologico e critico, che appare evidente già dalla notevole mole del volume, che consta di più di novecento pagine. La salda erudizione del lavoro non sconfina tuttavia mai nella pedanteria, come si può intuire dalla brillante Introduction di Grosrichard – professore emerito dell’Università di Ginevra e già direttore della Société Jean-Jacques Rousseau –, scritta, in modo piuttosto provocatorio per una pubblicazione accademica, sotto forma di dialogo letterario (pp. 21-76).

Fedeli ai principi della “critica genetica” teorizzati a partire dagli anni ’80 del Novecento dall’ITEM (Institut des Textes et Manuscript Modernes), Grosrichard e Jacob hanno scelto di pubblicare integralmente il materiale manoscritto conservato nella Biblioteca di Neuchâtel e, più nello specifico, nei manoscritti MsR 78 e MsR 79, che contengono rispettivamente le prime sette e le ultime tre promenades. Il risultato è una «edizione orizzontale» (123), che non fa distinzioni tra un primo e un secondo tipo di avantesto, e che non subordina né i materiali preparatori, né l’apparato al testo stesso. Questi principi di edizione – che sono i soli secondo i curatori in grado di dar conto di un testo definito da John Spink «une œuvre d’art en train de se créer» – si oppongono all’idea di “edizione verticale” (che punta cioè a riscostruire l’intero processo di scrittura per fornire una stesura “finale”) alla base delle più diffuse edizioni delle Rêveries: ci si limita qui a ricordare quella, canonica, curata da Marcel Raymond per la “Bibliothèque de la Pléiade” (Gallimard, Paris, 1959) e quella, ben più recente, pubblicata da Frédéric Eigeldinger per l’edizione del tricentenario delle

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Œuvres complètes (Slatkine, Genève, 2012). Nonostante gli aspetti più strettamente filologici del testo si rivelino utili per lo più allo specialista di Rousseau, tutti i lettori potranno apprezzare il notevole apparato che accompagna la riproduzione (sia anastatica, sia traslitterata) delle Cartes à jouer, particolarmente attento a mettere in luce il valore filosofico di questi abbozzi preparatori del testo. Gli spunti di riflessione proposti in tale direzione spaziano dal ruolo decisivo della memoria e dell’immaginazione all’influenza delle filosofie neo-stoiche, sino alla ripresa del giovanile progetto di una “morale sensitiva”. L’ampia sezione di Lettres et documents in appendice si rivela infine di particolare utilità per il lettore non avvezzo a frequentare la (poco maneggevole) Correspondance complète di Rousseau (Genève-Oxford, Voltaire Foundation, 1965-98, 52 voll.), consentendo ancor di più di apprezzare l’unità – ovviamente sui generis – del corpus rousseauiano. [M. Me.]

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