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KANT - il cartografo della conoscenza umana. Parte seconda: la Critica della ragion pura

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(1)

Immanuel Kant

Il cartografo della conoscenza

umana. Parte seconda: la critica

(2)

La natura della scienza

• Domandarsi quale sia la natura della scienza significa

per Kant interrogarsi sul tipo di giudizi che sono propri di

questa disciplina. I giudizi sono le proposizioni che

determinano una legge scientifica (per esempio i principi

della fisica), sono in sostanza delle affermazioni che

descrivono in modo universale e necessario l’andamento

delle cose: ci dicono come stanno le cose e come esse

funzionano.

• Perché i giudizi propri della scienza sono affidabili?

Come

è

possibile

elaborare

giudizi

affidabili

sull’andamento del mondo? Qual è il confine entro il

quale l’intelletto umano si deve situare per avere la

ragionevole certezza di non sbagliare? Ecco le domande

fondamentali della Critica della ragion pura.

(3)

I giudizi in generale

Le affermazioni che noi possiamo fare circa

la realtà sono i giudizi. I giudizi in

generale – di cui quelli scientifici sono solo

una porzione - possono essere di tre tipi:

• Giudizi analitici a priori

• Giudizi sintetici a posteriori

• Giudizi sintetici a priori

(4)

I giudizi analitici a priori

• Sono affermazioni in cui il predicato è ricavabile da un’analisi del soggetto, un analisi che avviene a priori, cioè prima di qualsiasi nostra esperienza (del contatto con gli oggetti di cui si parla). Oggi tali giudizi si chiamerebbero “tautologie”: frasi che “dicono la stessa cosa” di quanto è già contenuto implicitamente nel soggetto della frase stessa.

Es. (mio) Tutti gli scapoli non sono sposati Scapoli = soggetto

Il “non essere sposati” si predica del soggetto “scapoli”. Tuttavia già il concetto di scapolo significa “non sposato”.

L’affermazione dunque risulta essere di una verità incontrovertibile fondata in modo certo sul principio di non contraddizione, Tuttavia ha il difetto di non aggiungere niente alle nostre conoscenze.

(5)

Giudizi sintetici a posteriori

• I giudizi sintetici “uniscono” (sintetizzano) un soggetto e un

predicato sulla base della nostra esperienza. In questo

modo si aggiungono conoscenze.

• Es. (mio) il vestito è rosso

Nel soggetto – vestito – non è contenuto il concetto di rosso

(predicato). Per capire che il vestito è rosso devo averlo

visto, cioè devo averne avuto esperienza (potrebbe in linea

di massima essere di tutti i colori). La mia conoscenza del

vestito è dunque aumentata dalla mia esperienza.

Il guaio è che la mia esperienza non è garantita. Pensiamo

infatti ad un daltonico che guardi lo stesso vestito che sto

guardando io: direbbe sicuramente qualcosa di diverso. Può

la pura esperienza sensibile dire chi tra me e il daltonico ha

ragione? No, ci vuole qualcos’altro, ci vuole la scienza, che

però è fondata su giudizi di diversa natura.

(6)

I giudizi sintetici a priori

• I giudizi sintetici a priori non sono fondati

sull’esperienza, non derivano da essa la

loro validità e, purtuttavia, aumentano la

nostra conoscenza, cioè aggiungono nel

predicato qualcosa che non è contenuto

nel soggetto. Essi in sostanza sono a

priori – prima dell’esperienza – ma sintetici

– cioè in grado di “unire” qualcosa di più al

soggetto.

(7)

I giudizi della matematica

• Sintetici a priori sono i giudizi della matematica:

per esempio (Kant) 7+5=12.

Qui il nel soggetto (7+5) non è contenuto immediatamente

il predicato (12), infatti, dice Kant, per raggiungere

questa somma bisogna contare cioè bisogna

effettivamente aggiungere nel risultato una nozione in

più che prima non si aveva, e ciò è particolarmente

visibile nei numeri grandi. Dunque, malgrado Leibniz, e

molti dopo di lui, abbiano considerato tali giudizi analitici,

essi appaiono a Kant sintetici. La loro sintesi tuttavia è a

priori, cioè a prescindere da qualsiasi esperienza

sensibile di cose numerate.

(8)

I giudizi della geometria

Sono sintetici a priori giudizi della geometria:

per esempio (Kant)

“La retta è la linea più breve fra due punti”.

Qui nel concetto di retta non è contenuta un caratteristica

“quantitativa (“più breve”) ma solo una nozione

qualitativa (la retta è una linea dritta, infatti quest’ultimo

sarebbe un giudizio analitico). Dunque “più breve”

aggiunge qualcosa alla nozione di retta, e rende il

giudizio sintetico. Esso è a priori perché, se è vero che

possiamo mostrarlo attraverso un disegno, non abbiamo

bisogno per forza di un’esperienza per determinarlo.

(9)

I giudizi della fisica

• Sono sintetici a priori i giudizi della fisica.

Per esempio (Kant)

“In tutti i cambiamenti del mondo la quantità

di materia rimane invariata”

Nel concetto di materia è contenuto quello di

estensione nello spazio, non quello di

persistenza. Dunque il giudizio è sintetico.

(10)

Il fondamento dei giudizi sintetici a

priori

Abbiamo visto che il fondamento dei giudizi

analitici a priori è il principio di non

contraddizione; quello dei giudizi sintetici a

posteriori è l’esperienza. Ora ci si chiede quale

sia il fondamento dei giudizi sintetici a priori, cioè

in base a quale elemento essi possano pretendere

di essere validi. Con le parole di Kant ci si chiede

quindi: “Qual è l’incognita X su cui si appoggia

l’intelletto quando crede di trovare fuori dal

concetto A (soggetto) un predicato B ad esso

estraneo e che, ciò malgrado, stima con esso

congiunto?”

(11)

Il fondamento dei giudizi sintetici a

priori è nel soggetto conoscente

Ebbene la risposta di Kant è che il fondamento è nel

soggetto, cioè nelle strutture conoscitive della mente

umana che coglie gli oggetti. Quando io conosco

qualcosa posso stabilire delle leggi applicando delle nozioni

all’oggetto che io ho già nella mia mente, posso “vestire”

l’oggetto con dei capi che io già posseggo, in modo che non

è la mia facoltà conoscitiva che si regola sull’oggetto ma è

l’oggetto che si regola sulla mia facoltà conoscitiva. Quindi

tutte le leggi che noi costruiamo relativamente agli oggetti

della natura sono fondate su alcune categorie che

appartengono al nostro modo di intuirli e di pensarli. Per

esempio lo spazio e il tempo, la nozione di causa ed

effetto, di quantità e qualità etc. Queste non sono

proprietà degli oggetti ma sono modi con cui noi li cogliamo

sensibilmente e li pensiamo.

(12)

Per esempio

Nel giudizio sintetico a priori 7+5=12, il concetto di 12 è

aggiunto alla nozione di 7 e di 5 in base alla mia capacità di

contare, cioè di aggiungere quantità a quantità. Nel giudizio la

retta è la linea più breve fra due punti io aggiungo la nozione

“più breve” alla retta in base ad concetto quantitativo che

ancora posseggo già prima. Lo stesso si può applicare a tutti i

giudizi della scienza e della geometria, anche di tipo diverso,

per esempio: “dato un punto A esterno ad una retta r esiste

una e una sola retta r

1

passante per A e parallela ad r” (quinto

postulato di Euclide). L’esistenza di una e una sola retta

passante per A e parallela a r non è implicita all’idea di un

punto esterno ad una retta R, eppure si deduce a priori, senza

bisogna di estrarla da una concreta situazione empirica.

(13)

Rivoluzione copernicana

Quando Kant stabilisce che i principi che fondano i giudizi

sintetici a priori sono nel soggetto e che “noi delle cose non

conosciamo a priori se non quello che noi stessi vi

mettiamo”, compie una vera e propria rivoluzione

copernicana in ambito filosofico.

Egli cioè ribalta completamente i termini del problema

gnoseologico così come era stato inteso fino a lui. Che

cosa sostiene in fondo? Che se prima la conoscenza

consisteva nel cercare di capire quali fossero le proprietà

dell’oggetto conosciuto, adattando la nostra mente a

queste proprietà, cercandole nell’oggetto, modulando la

nostra opinione su quanto si scorgeva nell’oggetto, ora è

l’oggetto che per essere conosciuto si deve adattare al

nostro modo di conoscerlo.

(14)

Rivoluzione copernicana 2

È come nel confezionamento di un vestito: se

prima il sarto doveva modificare un paio di

pantaloni sulla misura della “panza” del suo

cliente, ora è come se il sarto avesse già un

vestito e il cliente dovesse ingrassare o dimagrire

per stare dentro la misura dei pantaloni già

posseduti dal sarto. Questo, fuor di metafora,

significa che, nella concezione kantiana, non è più

il soggetto che deve adattarsi all’oggetto ma

l’oggetto alle facoltà conoscitive del soggetto.

(15)

Rivoluzione copernicana 3

Se teniamo conto di quanto detto, la locuzione “rivoluzione

copernicana”

diviene

perfettamente

comprensibile.

Copernico in ambito astronomico aveva detto che non è il

sole a girare attorno alla terra, ma la terra attorno al

sole, Kant in ambito gnoseologico dice che non è più il

soggetto a “girare attorno” all’oggetto, ma l’oggetto al

soggetto. E’ ovvio che questo è un cambiamento di

prospettiva che non dice di un avvenimento reale: non è

che con Kant l’uomo cambia il modo di conoscere le cose,

ma bensì è suggerita una nuova teoria che spiega come

l’uomo ha sempre conosciuto le cose quando ha espresso

giudizi veri e validi universalmente su di esse.

(16)

La nozione di fenomeno

Tutto ciò è già implicito nella riflessione contenuta

nella Dissertazione del 1770, in cui si stabilisce che gli

oggetti sono conosciuti in quanto fenomeni che

appaiono a dei soggetti che li conoscono. Grazie

alla possibilità ricettive del soggetto, agli occhiali che il

soggetto possiede, egli vede gli oggetti in un modo

piuttosto che in un altro, nello specifico attraverso le

forme di spazio e tempo, che sono appunto forme

soggettive che “inquadrano” gli oggetti percepiti

appunto in uno spazio e in un tempo. Questi ultimi non

sono proprietà degli oggetti, ma del soggetto che li

conosce.

(17)

Le forme che noi possediamo

Ora, s’è visto che noi possediamo già delle forme

in cui inquadriamo la realtà degli oggetti intorno a

noi – ossia dei fenomeni con cui entriamo in

contatto - e che ci permettono di stabilire qualcosa

di questi oggetti in modo universalmente valido,

giacché tali forme sono possedute dalla mente

umana in quanto tale, e pertanto da tutti gli

uomini. Tali forme sono a priori cioè non

provengono dall’esperienza, ma la rendono

possibile come condizioni già presenti in noi

affinché possiamo avere una qualsiasi esperienza.

(18)

Intuizione e pensiero

Le forme a priori sono di due tipi. Esse ci consentono di intuire gli oggetti, cioè di coglierli sensibilmente (cfr la Dissertazione del 1770) ma anche di

pensarli, cioè di elaborare dei giudizi sulla base delle intuizioni che ne

abbiamo avuto. In sostanza la conoscenza procede per gradi:

Prima dobbiamo percepire con i sensi un oggetto. Ma quando

percepiamo con i sensi un oggetto, noi immediatamente lo inseriamo nelle forme a priori di spazio e tempo. Non è possibile cogliere il tavolo, un prato, un altro uomo senza già vederli in uno spazio e in un tempo. Non appena mi trovo di fronte ad un oggetto, io ho la precisa sensazione che tale oggetto occupa uno spazio e che lo percepisco ora. Questo è un modo di

intuire la cosa e avviene prima di ogni affermazione che posso formulare

sull’oggetto in questione.

Poi possiamo dire qualcosa circa l’oggetto che abbiamo percepito:

diciamo che è X o Y, leggero o pesante, bianco o verde, grande o piccolo, che possiede determinate caratteristiche, che si muove ad una certa velocità, che se lo gettiamo dalla finestra cade, che non è un altro oggetto, che appartiene ad una classe di oggetti ad esso simili etc. Tutti questi giudizi sono modi di pensare l’oggetto.

(19)

Estetica trascendentale e logica

trascendentale

• Quando Kant nella Critica della ragion pura parla del

modo con cui noi intuiamo gli oggetti, lo fa nella sezione

dell’opera chiamata

ESTETICA TRASCENDENTALE: estetica viene da

aisthesis = sensazione, e allude al fatto che si parla di

una dottrina che riguarda il modo con cui noi percepiamo

gli oggetti con i nostri cinque sensi.

• Quando il nostro filosofo tratta del modo di pensarli lo fa

nella sezione chiamata

LOGICA TRASCENDENTALE: logica viene da logos =

pensiero e allude alla trattazione di tutto ciò che riguarda

il nostro pensiero.

(20)

Perché “trascendentale”?

Kant dice:“Chiamo trascendentale ogni conoscenza che

si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di

conoscere gli oggetti in quanto essa deve essere a

priori”.

Trascendentale è quindi tutto ciò che riguarda il

soggetto e le sue forme a priori, cioè le strutture

universali di cui egli si serve per conoscere la realtà e,

più in generale, per entrare in una qualche relazione

intellettuale con essa.

Ciò che è trascendentale si contrappone a ciò che è

empirico, ossia a tutto quanto appartiene ai singoli

uomini come caratteristica del loro essere particolare,

legato alla loro individualità e corporeità.

(21)

Trascendentale e trascendente

“Trascendentale”

non

va

confuso

con

“trascendente”.

Trascendente è un termine tipicamente metafisico

e indica ciò che trascende la nostra realtà, che

sta fuori dal mondo e ne rappresenta, nella

speculazione

filosofica

e

teologica,

il

fondamento ultimo (per esempio il Dio biblico, o

il mondo delle idee platoniche). Il termine

“trascendente” si contrappone al termine

“immanente”: ciò che è trascendente va oltre la

realtà, ciò che è immanente “sta dentro”,

appartiene a questo mondo.

(22)

Estetica trascendentale

Abbiamo visto che gli oggetti prima ci devono essere dati

(in un’intuizione sensibile) e poi possono essere pensati.

L’estetica trascendentale si occupa appunto del modo in

cui gli oggetti ci sono dati ai sensi.

•Essi ci sono dati nella SENSAZIONE, cioè l’azione che

l’oggetto produce sui sensi del soggetto modificandolo

•Ciò è reso possibile dal fatto che l’uomo possiede una

SENSIBILITÀ, cioè una capacità di ricevere sensazioni.

•Quando un oggetto entra in contatto con i sensi, grazie

alla sensibilità umana si produce un’INTUIZIONE cioè una

prima forma di conoscenza immediata dell’oggetto in

quanto fenomeno.

(23)

Materia e forma nell’intuizione

• Nell’intuizione del fenomeno vi è una

materia, cioè la modificazione materiale prodotta

dall’oggetto nei nostri sensi

• e una

forma, in cui il soggetto, grazie alle sue strutture a

priori, organizza i singoli dati sensoriali, e li

colloca nello spazio e nel tempo (tali strutture

infatti vengono chiamate forme a priori

dell’intuizione sensibile). Esse sono pure, cioè

sono come dei vasi vuoti che accolgono la

materia della sensazione e la sistemano

spazialmente e temporalmente.

(24)

Spazio e tempo

Lo spazio è per Kant è il modo cui deve sottostare la rappresentazione degli oggetti esterni. Ogni oggetto esterno a noi deve essere rappresentato come collocato in uno spazio. Così tutte le cose che noi cogliamo con i sensi ci appaiono le une accanto alle altre nel loro spazio.

Il tempo, dice Kant, è la forma del senso interno. Per senso interno si intende ciò che ci permette di cogliere i nostri stati interiori, quello che succede dentro di noi, laddove il termine “succede” ci introduce proprio al fatto che noi cogliamo i nostri stati interiori come gli uni successivi agli altri.

Tuttavia, siccome le cose esterne vengono comunque interiorizzate nel momento in cui le percepiamo e ce le rappresentiamo interiormente, esse si dispongono parimenti in una successione temporale. Così anche lo spazio ci è dato interiormente nel tempo, in modo che il tempo si configura come “l’intuizione pura di tutti i fenomeni”, la forma fondamentale attraverso cui noi percepiamo tutto ciò che è possibile percepire.

(25)

Dall’estetica alla logica

Nell’estetica trascendentale Kant ha stabilito quali siano le forme a priori dell’intuizione cioè come gli oggetti ci siano dati spazialmente e temporalmente, in modo che i dati sensoriali non siano più dati sparsi, ma già con una loro iniziale unità. Infatti spazio e tempo ci permettono di cogliere non una semplice collezione di linee rette, curve, punti, masse, e le loro caratteristiche come se fossero elementi sparpagliati e senza un nesso (ci capiterebbe infatti così se le nostre sensazioni non avessero una “forma”) ma elementi che stanno in un dato ordine spaziale e in una data successione temporale.

Ora bisogna capire come i fenomeni che ci sono dati nella sensazione vengano pensati, cioè bisogna esplicitare come noi stabiliamo dei nessi tra i suddetti elementi e delle leggi che governano i fenomeni che, pensando, noi impariamo a distinguere e a conoscere. Questo è il compito della logica trascendentale.

(26)

Logica formale e trascendentale

• La logica che studia Kant essere la scienza con cui noi cerchiamo di

capire come funziona la nostra conoscenza della realtà. Questa conoscenza inizia inevitabilmente con le intuizioni sensibili. Da queste non si può prescindere. Ogni nostro concetto parte dall’intuizione di un oggetto. Essa gli fornisce il materiale con cui pensare. Pensare qui non è altro che “gestire” il materiale fornito dall’intuizione. Che cosa potrebbe pensare una persona, infatti, se non avesse “niente” da pensare? Per questo Kant dice che concetti senza le intuizioni

sarebbero vuoti.

• Pertanto la logica di Kant studia il pensiero, ma non solo il suo modo di collegare i concetti (come in Aristotele), secondo alcuni principi esclusivamente formali (non contraddizione, terzo escluso etc.), ma il suo modo di “capire”, cioè di “concepire” le cose, di comprendere effettivamente la realtà, anche se qui si parla di una realtà qualsiasi, cioè non di una singola cosa empirica, non del contenuto di un singolo pensiero che è rivolto ad una singola cosa, ma di come il pensiero in generale pensa la realtà in generale, di qualsiasi natura essa sia. Per tale motivo la logica è qui definita trascendentale.

(27)

L’analitica trascendentale

La logica trascendentale è divisa in due parti:

analitica e dialettica.

•La prima descrive e deduce le categorie in base

alle quali noi pensiamo la realtà (vedremo or ora

quale sia il significato del termine “categoria”).

•La seconda ci introduce a quel modo di pensare

tipico della metafisica, in cui l’intelletto umano

trascende i suoi limiti e incorre in alcuni errori

necessari, cioè applica le sue strutture conoscitive

a oggetti di cui non vi è alcuna intuizione sensibile.

(28)

L’intelletto e la sua funzione

sintetica 1

Chi pensa? L’intelletto umano che ha delle

strutture a priori, cioè dei suoi propri modi di

funzionare. Queste strutture sono i concetti.

Essi ci permettono di unificare il molteplice

dell’intuizione spazio temporale e di generare

così una sintesi (= unione). Questa

sintesi-unione è un pensiero che ci permette di dire

qualcosa di qualcos’altro (X è Y) cioè di unire

un dato predicato ad un dato soggetto.

(29)

L’intelletto e la sua funzione

sintetica 2

In

sostanza accade che le intuizioni ci forniscono

ancora un materiale grezzo, una serie molteplici di

dati. Questi dati vanno unificati altrimenti non si

saprebbe mai che cosa effettivamente conosciamo

(“Le intuizioni senza concetti sono infatti cieche”,

dice Kant). Che cosa ci permette di dire che x, y, z

costituiscono una cosa che esiste fuori di noi? Il fatto

che noi abbiamo la capacità di unire x, y, z stabilendo

dei nessi tra questi dati in modo che assieme ci si

presentino con le caratteristica di una cosa che esiste.

Questa funzione unificatrice (sintetica) è propria

dell’intelletto umano.

(30)

Concetti empirici e…

I concetti, come le intuizioni possono essere puri o empirici. “Sono empirici quando contengano una sensazione (che suppone la presenza reale dell’oggetto) […]. La sensazione si può dire materia della conoscenza sensibile” (Critica della ragion pura, parte II, introduzione). Cosa significa questa considerazione kantiana? Significa che sia per quanto riguarda la sensibilità che intuisce le cose esterne, sia per quanto riguarda il pensiero che le pensa, noi abbiamo a priori delle “scatole vuote” che attendono di essere riempite da oggetti, dati, notizie provenienti dal mondo fenomenico. Le intuizioni sensibili possiedono lo

spazio-tempo, il pensiero possiede alcuni concetti. Ebbene se lo

spazio-tempo e i concetti, con le loro diverse funzioni (rispettivamente apprendere-intuire la realtà e pensarla), sono “riempiti” dai dati dell’oggetto, cioè si applicano all’oggetto, essi sono da considerarsi empirici. L’intuizione sensibile con lo spazio-tempo, sarà riempita dai dati materiali dell’oggetto forniti dalla sensazione; il concetto mentale sarà riempito dai dati dell’intuizione sensibile già spazializzati e temporalizzati, e si appresterà a pensarlo esercitando la sua funzione sintetica e conoscendo l’oggetto in modo completo.

(31)

…concetti puri

Le intuizioni sono pure quando si considerano nel loro essere a priori, prima di ogni esperienza e pronti a entrare in azione e ad applicarsi all’esperienza (cioè spazio e tempo, le forme pure a priori della sensibilità). Allo stesso modo sono puri quegli strumenti rappresentativi e concettuali, i concetti, “quando alla rappresentazione non sia mescolata alcuna sensazione”.

“Quindi un’intuizione pura contiene unicamente la forma in cui qualcosa è intuito, e un concetto puro solo la forma del pensiero di un oggetto in generale” (Critica della ragion pura, II parte, introduzione).

Se la forma dell’intuizione è lo spazio-tempo; quella del pensiero è il concetto puro, che Kant chiama “categoria”, cioè il personale software mentale di ciascuno che, operando sui dati dell’intuizione, li unifica, li comprende e formula giudizi, cioè affermazioni con un certo significato.

(32)

Concetti puri 2

Questi programmi o, come dice Kant concetti puri, o ancor meglio

categorie non hanno ancora un immediato corrispettivo

nell’esperienza sensibile, ma permettono di stabilire delle connessioni profonde e delle leggi fra i diversi dati della mia intuizione. Mi permettono di dire, cioè, che – per esempio - l’oggetto della mia esperienza procede da un altro oggetto (causa) oppure che è realmente esistente e non solo immaginato (esistenza), che è una sostanza che permane al variare delle caratteristiche accidentali, che deve essere così e non può essere altrimenti (necessità). In definitiva i concetti puri mi permettono di fare affermazioni logicamente valide sulla realtà e infine di stabilire delle leggi valide universalmente su tutto ciò che è oggetto della mia intuizione sensibile.

(33)

Le categorie come leggi della

mente

I concetti puri sono chiamati da Kant “categorie”. Esse sono

leggi della mente, non degli enti, cioè strutture a priori,

meccanismi mentali che ci permettono di fare determinate

operazioni e che si applicano ai dati della sensibilità, non

proprietà delle cose sensibili. Quindi, per esempio, tra due

oggetti – due palle da biliardo in movimento – non si dà la

realtà assoluta (noumeno) di una palla che sia causa del

movimento di un’altra, si dà invece una mente che, avendo

l’intuizione dello scontro tra le due palle, stabilisce, attraverso

la categoria di causa che già possiede a priori dentro di sé,

che l’una è causa del movimento dell’altra (comprendendo

secondo la nozione di causa la relazione tra i due fenomeni

che appaiono alle sue facoltà conoscitive).

(34)

La deduzione delle categorie

Quali e quante sono le categorie? Pensare per Kant è elaborare

dei giudizi, delle valutazioni sulla realtà. Vi sono diversi tipi di

giudizi: è diverso dire

•X è Y (es. “il cielo è nuvoloso”)

•oppure se accade X accade anche Y (es. “se accade che il cielo

è nuvoloso, accade anche che non si vede il sole”).

Ebbene Kant raduna in classi i diversi tipi di giudizi possibili e

assegna ad ogni classe una specifica categoria, perché è

proprio grazie ad una categoria che possiamo elaborare un

giudizio, una valutazione sulla realtà. Se infatti non avessimo

dentro di noi la funzione di unificare i dati delle intuizioni propri di

quella categoria, non potremmo nemmeno formulare il giudizio

(se non avessimo dentro di noi la funzione di causa, non

potremmo dire che il movimento di una palla da biliardo genera,

cioè è causa, del movimento di un’altra).

(35)

Forme di pensiero

Quindi

Kant

dice

“Poiché

pensare è giudicare vi saranno

tante forme di pensiero quanti

sono i modi del giudizio”. Essi

sono dodici, come nella tabella

seguente.

(36)

Tavola dei giudizi e delle categorie

giudizi

categorie

Universali (tutti gli A sono b) Totalità --- quantità Particolari (alcuni A sono B) Pluralità --- quantità Singolari (questo A è B) Unità --- quantità Affermativi (A è B) Realtà --- qualità Negativi (A non è B) Negazione --- qualità Infinito (A è non B cioè le infinite cose

che non sono A sono B) Limitazione --- qualità

Categorici (A è B) Inerenza e sussitenza (accidente e sostanza) --- relazione

Ipotetici (se A, allora B) Causalità e dipendenza (causa ed effetto) --- relazione Disgiuntivi (A è B oppure C) Reciprocità (azione reciproca tra

agente e paziente) - relazione Problematici (A può essere B) Possibilità-impossibilità - modalità Assertori (è reale che A è B) Esistenza-inesistenza --- modalità Apodittici (è necessario che A sia B) Necessità-contingenza - modalità

(37)

Esempi 1

1)Tutti gli uomini sono mortali;

2) Qualche uomo è mortale

3) Socrate (cioè questo uomo) è mortale

Questi giudizi sono determinati dal carattere della proposizione: universale, particolare, singolare (tutti, alcuni, questo) e dicono a quanti oggetti si rivolge il giudizio;

4) L’anima è mortale 5) l’anima non è mortale

6) l’anima è non mortale (“l’anima fa parte delle infinite cose che restano quando io ho sottratto interamente il mortale” - CdRpu, parte II, cap. 9). Questi giudizi qualitativi ci dicono se una certa qualità è affermata o negata

(38)

Esempi 2

7) C’è una giustizia perfetta.

8) Se c’è una giustizia perfetta, allora chi persevera nel male sarà punito. 9) Il mondo esiste o per opera del cieco caso, o per interna necessità, o per

causa esterna.

Questi giudizi determinano l’esistenza di qualcosa e la relazione che una cosa, esistendo, intrattiene con le altre cose (qualcosa esiste, qualcosa dipende da qualcos’altro, qualcosa è incompatibile con qualcosa’altro). 10) Può piovere.

11) Piove.

12) Deve piovere.

Questi giudizi ci dicono come (il modo) è un certo oggetto, se è solo possibile, se è reale, o se è necessario che sia, cioè se il suo accadere/essere è

(39)

Come deve essere un oggetto per

essere un oggetto?

• La dottrina delle categorie risponde a questa domanda:

“Nelle categorie si ritrovano i caratteri generali che ciascun

oggetto deve possedere per essere conosciuto appunto

come oggetto: deve essere unità di un molteplice (le sue

varie caratteristiche) e quindi porsi come totalità; deve

essere qualificato nel suo limite come ciò che possiede

determinati attributi e ne esclude altri; deve essere

considerato come una sostanza nei suoi rapporti causali e

di relazione reciproche con altre sostanze; deve essere

considerato come possibile, o effettivamente esistente o

necessario. Perciò la funzione sintetica dell’intelletto non è

solo un atto formale della mente, ma è il processo mentale

attraverso cui si costituisce l’oggetto come oggetto di

conoscenza” (E. Occhipinti, Uomini e idee,

Einaudi-Mondadori Education, Milano, 2010, p. 634).

(40)

L’io penso

• Le categorie vanno applicate al materiale delle intuizioni. Abbiamo sempre dato per scontato che il soggetto conoscente ha delle intuizioni e applica delle categorie, ma in effetti non è cosa poi così scontata, cioè richiede una specifica facoltà. Infatti le intuizioni sarebbero sparse e scompagnate senza le categorie, ma anche senza un soggetto a cui tutte si riferissero. Cioè: quando conosco un oggetto io devo sapere che tutto ciò che percepisco è una MIA percezione, tutte le intuizioni si riferiscono all’oggetto, ma anche ad un soggetto che è colui che sta conoscendo. Quindi ad ogni intuizione e ad ogni pensiero di deve accompagnare la rappresentazione di un Io che sta percependo e pensando e che permane lo stesso in ogni intuizione e pensiero. Questo è l’IO PENSO. Si tratta di una funzione, cioè della capacità di unire e riferire ad un soggetto tutto ciò che si conosce. Non è quindi una sostanza (l’anima o la coscienza), ma un meccanismo della mente che svolge un determinato compito.

(41)

L’unità sintetica dell’appercezione

• L’Io penso è per Kant l’unità sintetica dell’appercezione, cioè è quella rappresentazione mentale che sa in ogni atto conoscitivo che è un soggetto che percepisce. “Appercezione” in Leibniz era quella percezione di una percezione che caratterizzava le monadi spirituali, cioè quel “sapere di sé” che non era solo un percepire, ma un percepire di percepire. Come quando noi non solo vediamo qualcosa che ci sta di fronte (lo percepiamo), ma sappiamo che lo stiamo vedendo (percepiamo che stiamo percependo l’oggetto che ci sta di fronte). Allo stesso modo l’io penso rende consapevole il soggetto che tutto ciò che percepisce è lui stesso che lo sta percependo, e che dunque tutti gli oggetti conosciuti sono conosciuti da un medesimo (unico, unitario) soggetto. Quest’ultimo opera lui la sintesi di tutti i dati percettivi, li mette assieme attraverso le forme a priori dell’intuizione e le categorie, ed è quindi il protagonista di tutto ciò che riguarda la conoscenza.

(42)

Come le categorie si applicano all’oggetto:

la sussunzione del molteplice

• Ora Kant nella sezione chiamata “analitica dei principi”

esamina il modo in cui le categorie di applicano ai

fenomeni, per permetterci di fare delle affermazioni

universalmente valide su di essi, cioè delle affermazioni

scientifiche.

• L’applicazione delle categorie ai fenomeni e descritta da

Kant come una SUSSUNZIONE del molteplice

dell’intuizione sotto categorie.

• Sussunzione= atto del prendere sotto, prendere dentro.

E’ come se le categorie “risucchiassero” dentro di sé tutti

i dati dell’intuizione e dessero loro un forma, un ordine, in

modo appunto da poter affermare qualcosa di sensato e

valido su questi dati.

(43)

Lo schematismo trascendentale

• Che cosa permette, come è possibile tale

sussunzione? Proviamo a descrivere il

processo partendo dalle categorie.

Prendiamone ad esempio quattro di esse

• Sostanza

• Causa effetto

• Azione reciproca

• Realtà

(44)

Lo schematismo trascendentale 2

• Come può essere pensata la sostanza? Come una permanenza nel tempo. Ciò che permane nel tempo al di là del mutare dei diversi accidenti (cioè delle qualità che non sono fondamentali per distinguere un oggetto da un altro e per dire esattamente che cosa sia quell’oggetto) è la sostanza di un oggetto. Per esempio A sostanza Kant non è determinata dal suo essere alto o basso, biondo o moro, ricco o povero, ignorante o colto. Infatti se Kant da ignorante diventa colto, possiamo dire che è Kant ad esserlo diventato, cioè è lo stesso Kant ad essere passato da uno stato ad un altro. La sostanza Kant è rimasta la stessa e sono mutate alcune sue caratteristiche. Ora se noi non potessimo capire che in ciò che muta c’è qualcosa che permane e che mi permette di dire che è quello stesso qualcosa che ha assunto via via caratteri diversi, non potrei capire nulla della natura. Bene per capire che c’è una sostanza Kant, devo avere l’idea di una permanenza nel tempo.

(45)

Lo schematismo trascendentale 3

• La causa come può essere pensata? C’è causa dove c’è qualcosa che provoca qualcos’altro, e questo “qualcos’altro” (l’effetto) viene dopo. Bene, se io non avessi l’idea di una successione nel tempo, non potrei mai formarmi il concetto di causa.

• Come può essere pensata l’azione reciproca? Quando due oggetti si influenzano reciprocamente (cfr. terzo principio della dinamica) non posso capire l’azione che uno fa sull’altro e che nello stesso tempo il secondo esercita sul primo, senza avere l’idea di una simultaneità nel tempo.

• E la realtà come può essere pensata? Ciò che è reale è ciò che esiste effettivamente in un dato tempo. Nulla di reale può essere fuori dal tempo che gli è stato assegnato. Se Carlo magno è stato reale, ha vissuto tra VIII e IX sec., se Napoleone è stato reale, ha vissuto tra XVIII e XIX secolo, se la mia Opel corsa è reale, è qui, e la uso nel 2011. Dunque la categoria di realtà non può essere pensata senza l’idea di esistenza in un determinato tempo.

(46)

Lo schematismo trascendentale 4

Ebbene queste idee: permanenza nel tempo, successione nel

tempo, simultaneità nel tempo, esistenza in un determinato tempo, sono SCHEMI (nel senso di figure, immagini

paradigmatiche) con cui una specifica facoltà dell’intelletto,

l’immaginazione produttiva,

l’immaginazione produttiva,

crea dei modelli per applicare le categorie ai dati dell’intuizione. Essi permettono alle categorie di funzionare concretamente sui dati dell’intuizione, perché l’intuizione nel tempo sia pensata attraverso dei concetti che abbiano alla loro base il tempo stesso. Infatti le intuizioni colgono i dati sensoriali attraverso la forme a priori di spazio tempo, in cui, come si è già visto, la seconda, il tempo, ha rilevanza fondamentale. Gli schemi hanno quindi la proprietà di “temporalizzare” le categorie, cioè di tradurle in idee che siano simili al modo in cui noi intuiamo la realtà, così da rendere omogenea la categoria con l’intuizione e garantirne la piena applicabilità.

(47)

esempio

• E’ come se io avessi solo degli euro per pagare una

merce americana. Dovrei tradurre il costo della

merce (espresso in dollari) nella corrispondente

moneta europea. Quindi mi servirebbe avere l’idea

di quale sia il valore di cambio (a quanti dollari

corrisponde un euro). Ora in Kant l’uomo ha a

disposizione solo euro (categorie) per capire dati

espressi in dollari (intuizioni temporali) e ha bisogno

di un valore di cambio (una rappresentazione

intermedia tra intuizioni e categorie, lo schema), per

poter comprare la merce (cioè conoscere oggetti

intuiti attraverso le categorie).

(48)

Dopo gli schemi: il funzionamento

delle categorie

• Gli schemi permettono l’uso legittimo delle

categorie, cioè quell’uso che le applica ai

fenomeni,

sussumendo

il

molteplice

dell’intuizione sensibile entro un concetto.

• Ma in che modo le categorie funzionano nella

loro applicazione una volta che il suo

funzionamento

sia

stato

consentito

dall’immaginazione produttiva che elabora gli

schemi?

(49)

I principi puri dell’intelletto o regole

dell’uso oggettivo delle categorie

• Essi sono giudizi assolutamente superiori che

l’intelletto formula in base agli schemi

trascendentali a priori. I principi sono asserzioni

fondamentali sulla realtà, pronunciabili prima di

ogni esperienza possibile: essi rappresentano

l’ultimo livello della costituzione dell’esperienza

della teoria trascendentale e costituiscono la

vetta costruttiva della critica della ragion

teoretica” (O. Hoeffe, Immanuel Kant, Il Mulino,

Bologna, 2010, p. 125).

(50)

Che cosa sono i principi puri

dell’intelletto

• Insomma, ora nella Critica della ragion pura abbiamo

1)Forme a priori dell’intuizione, e categorie dell’intelletto

2) Schemi trascendentali che consentono alle categorie di

essere applicate all’intuizione.

Che cosa manca? Manca l’esibizione di come

effettivamente attraverso le categorie noi andiamo a

costruire una scienza della natura, cioè dei giudizi

sintetici a priori che concretamente ci guidano nella

lettura scientifica di ciò che avviene attorno a noi.

Insomma mancano quelle regole generali che, sulla base

delle categorie enunciano a priori i modi in cui noi

siamo obbligatoriamente chiamati ad interpretare i

fenomeni, se vogliamo fare scienza e non altro.

(51)

Legge e ordine

• I principi puri dell’intelletto ci danno il concreto ordine

dell’uno accanto all’altro (spazio) e dell’uno dopo l’altro

(tempo) con cui noi uniamo in un concetto il molteplice

dell’intuizione sensibile. Nell’intuizione i dati sensoriali

sono l’uno accanto all’altro e l’uno dopo l’altro, ma come,

secondo quali leggi i fenomeni si collocano nello spazio

e nel tempo? Quali sono le relazioni dinamiche

universalmente valide tra gli elementi dell’esperienza

(cfr. E. Cassirer, Vita e dottrina di Kant, La Nuova Italia,

Firenze, 1994, pp. 209-210)? Quali sono le leggi

fondamentali che presiedono all’ordine dei nostri dati

d’esperienza, così come viene delineato dalle categorie?

(52)

Categorie e principi

Per ogni gruppo di categorie vi sono alcune regole

dell’ordine tra i dati d’esperienza, cioè alcuni principi

che vengono così indicati da Kant.

1) Quantità – assiomi dell’intuizione

2) Qualità – anticipazioni della percezione

3) Relazione – analogie dell’esperienza

4) Modalità – postulati del pensiero empirico

(notiamo che intuizione, percezione, esperienza e pensiero

empirico in generale, sono tutte tappe della

conoscenza che procede dall’intuizione e arriva a

formulare un pensiero empirico generale)

(53)

Principi matematici e dinamici

• Assiomi e anticipazioni sono principi matematici, cioè

dimostrano l’imprescindibilità della matematica nella

costruzione di una scienza della natura; analogia e

postulati vanno oltre la matematica, ed elaborano una

dottrina del rapporto, tra loro e con il soggetto

conoscente, delle cose e degli oggetti naturali. I primi ci

danno gli oggetti nella loro identità di corpi naturali, i

secondi gli oggetti così come si comportano nel sistema

della natura, nel mondo naturale che regolato da quelle

leggi che gli uomini individuano a priori, cioè grazie al

loro pensiero.

(54)

Assiomi dell’intuizione

• Gli assiomi dell’intuizione complessivamente ci dicono che

tutte le intuizioni sono quantità estensive. Non esiste alcun

oggetto in natura che io non colga come un corpo esteso

nello spazio che non possa misurare quantitativamente

sommando nel tempo le sue parti. Io tra le mie intuizioni

colgo sempre qualcosa di omogeneo a qualcos’altro. Per

esempio le pagine del mio libro sono omogenee alle altre

pagine. Tutte assieme formano l’oggetto “libro” che si

distingue dall’oggetto tavolo disomogeneo rispetto al libro. In

base a questa intuizione di omogeneità io posso misurare

matematicamente lo spazio occupato dal libro sul tavolo, e

in generale la grandezza del libro, il suo peso etc., quindi

farmene un concetto scientifico. Questo vale per tutti gli

oggetti, quando i dati che mi provengono da loro sono

sussunti sotto le categorie della corrispondenti alla quantità.

(55)

Anticipazioni della percezione

• Esse complessivamente ci dicono che “in tutti i fenomeni il reale

che è oggetto della sensazione ha una quantità intensiva cioè un grado”. Quantità intensiva significa che io posso misurare l’intensità delle mie percezioni soggettive. Distinguendo nella sensazione di freddo diversi gradi di freddo io posso misurare diverse temperature. Quindi dall’affermazione generica “fa freddo” io posso giungere all’affermazione scientifica “ci sono 7 gradi centigradi in un dato ambiente”. Così è per le variazioni della velocità di un corpo, o dei suoi colori. Le anticipazioni ci permettono di quantificare aspetti qualitativi della realtà sul presupposto che tutti i mutamenti in natura avvengano in modo continuo (natura non facit saltus) giacché proprio la continuità del mutamento in uno stesso corpo è indice che si tratti proprio di quel corpo che muta e non dell’accostamento di due corpi diversi.

(56)

Analogie dell’esperienza

• Le analogie sono le proporzioni (secondo il

modo di intendere il termine analogia in voga

all’epoca di Kant) cioè il modo in cui i singoli

fenomeni stanno in rapporto fra loro nello spazio

e nel tempo. L’analogia è dunque una

proporzione tra le percezioni dei fenomeni, ossia

il rapporto delle percezioni fra loro. Si tratta qui

di nozioni che ci permettono di formulare vere e

proprie leggi naturali e dunque di concepire nella

sua completezza una scienza.

(57)

Permanenza, successione

simultaneità

Nel fascio di percezioni che noi abbiamo, a priori sempre rinveniamo:

• 1) qualcosa di mutevole in rapporto a qualcosa di permanente (permanenza nel tempo). Quest’ultima chiamiamo SOSTANZA, mentre ciò che muta sono gli ACCIDENTI. Ciò permette di formulare importantissime leggi fisiche come la prima legge newtoniana della meccanica, secondo cui in tutti i mutamenti della natura corporea la quantità di materia rimane invariata.

• 2) qualcosa di successivo rispetto a qualcosa di antecedente, cioè un effetto rispetto ad una causa (successione nel tempo). Ogni mutamento è la rappresentazione di una successione di fenomeni che non può essere arbitraria. Se piove e poi mi bagno, non può funzionare al contrario, giacché l’evento antecedente non è considerato, nella scienza della natura, un semplice “prima”, ma un “perché”.

• 3) qualcosa di reciproco tra due fenomeni in cui il primo è causa, ma interagendo con il secondo, ne risulta anche l’effetto, a motivo di un’azione che i due fenomeni producono reciprocamente su loro stessi (simultaneità). La legge di gravitazione è un tipico esempio di questa azione reciproca, per cui le masse dei corpi si influenzano reciprocamente e la loro posizione nello spazio è determinata da tale reciproca influenza.

(58)

I postulati del pensiero empirico

• Oramai l’oggetto è costituito grazie ai principi matematici. Le relazione tra gli

oggetti si possono individuare grazie alle analogie dell’esperienza. Che cosa manca? Manca la possibilità, una volta che si devono indagare dei fenomeni, di stabilire se essi siano possibili, reali, o necessari. Si tratta del modo in cui gli oggetti si determinano alla luce delle nostre facoltà conoscitive, cioè appunto della capacità che io ho di dire se gli oggetti che sto pensando sono solo possibili, senza essere qui ed ora; se sono effettivamente esistenti di fronte a me; oppure se, una volta dichiarata l’esistenza io devo dire che non può essere altrimenti.

Gli oggetti possibili sono in accordo con le condizioni formali dell’esperienza, cioè sono posti sotto le forme a priori di spazio tempo e pensati in concetti. Gli oggetti reali sono in accordo anche con le condizioni

materiali della conoscenza, cioè di essi vi è una sensazione, ne colgo

l’aspetto materiale e individuale con i miei sensi (è qui, presente in carne e ossa). Ciò che è necessario è un fatto reale che io scopro in accordo con le

condizioni universali dell’esperienza e dunque con le leggi naturali della

scienza, cioè insomma è dato come conseguenza di una legge universale, dunque non può essere altrimenti.

(59)

Verso la dialettica trascendentale

• A conclusione dell’analitica dei principi, Kant ricorda che

l’intelletto che conosce la realtà, lo fa solamente in rapporto a fenomeni intuiti o intuibili sensibilmente. Forme a priori dell’intuizione e categorie danno forma e ordine ai fenomeni cioè permettono di comprenderli scientificamente e universalmente senza dover far ricorso all’esperienza (infatti essi sono nel soggetto). Tuttavia essi obbligatoriamente si applicano al mondo sensibile, da cui deriva tutto il materiale della conoscenza. L’intelletto non può conoscere le intelligenze angeliche, perché di esse non vi è alcuna intuizione: può conoscere solo fenomeni, cioè oggetti con cui ha intrattenuto rapporti tramite i sensi e di cui ci spiega come essi appaiono universalmente alla nostra facoltà di conoscenza a priori. I noumeni - le cose come sono in sé, o

gli oggetti solamente pensabili - rimangono fuori da ogni

(60)

La dialettica trascendentale

• Quando l’intelletto tenta di andare oltre l’esperienza

sensibile cade in una serie di errori necessari perché

applica le proprie categorie a oggetti di cui non vi è alcuna

intuizione sensibile. Dunque le categorie rimangono senza

il materiale sensibile su cui lavorare. Ergo i concetti

elaborati in questo frangente rimangono vuoti e privi di

qualsiasi valore conoscitivo.

• Lo studio di questo abbaglio dell’intelletto viene da Kant

chiamato dialettica perché le affermazioni che qui si

generano hanno la parvenza della verità e, secondo lui,

gli antichi chiamavano dialettica “l’arte sofistica di dare alla

propria ignoranza, e addirittura alle proprie deliberate

illusioni, l’aspetto della verità”. Perciò la logica dialettica è

da Kant individuata come appunto una logica della

(61)

Naturale tendenza all’errore

dialettico

• L’intelletto, quando oltrepassa i suoi limiti, si chiama ragione e i concetti da esso coniati sono idee di ragione, le quali appunto non hanno alcun contenuto intuitivo.

• La ragione è una facoltà umana specifica perché vi è nell’uomo la naturale tendenza ad oltrepassare i limiti dell’uso legittimo dell’intelletto. Infatti nell’uomo è naturale la voglia di giungere ai fondamenti ultimi assoluti della realtà.

• Per esempio nella ricerca delle cause egli vorrà trovare la causa prima e incondizionata di tutto il reale, solo che di questa causa prima non vi è traccia nel mondo sensibile, poiché in esso le cause sono in una serie infinita e concatenata in modo che tutto si condiziona reciprocamente. Il concetto di una causa prima fondamentale quindi non ha alcun corrispettivo oggettivo, e quindi è vuoto. Di qui l’infinita possibilità di argomentare su tale concetto – o idea di ragione – senza giungere mai ad un accordo perché manca il criterio di verità scientifico nell’intuizione sensibile.

(62)

Le idee di ragione e la loro

deduzione

• Come le categorie dell’intelletto sono

dedotte dai giudizi, le idee di ragione sono

dedotte dai sillogismi. I giudizi sono

affermazioni circa la realtà che noi

intuiamo sensibilmente, i sillogismi sono

invece ragionamenti che sulla base della

sola non contraddittorietà, piano piano

intendono

arrivare

a

conclusioni

incondizionate che non sono controllabili

scientificamente.

(63)

Sillogismi categorici e idea di

anima

• I sillogismi categorici: tutti gli X sono Y tutti gli Y sono Z tutti gli X sono Z

Essi mettono in relazione le rappresentazioni in modo da definirne la sostanza rispetto agli accidenti. Quando io dico “Tutti gli X sono Y” sto definendo una relazione tra X sostanza e Y accidente. Ora in tale relazione, la dialettica ricerca attraverso una serie concatenata di ragionamenti una sostanza assoluta, il soggetto, che è a fondamento di tutte le predicazioni e che non può essere a sua volta predicato. Cioè quell’X assoluto che in modo aristotelico è alla base di tutte ciò che si può dire. Tale soggetto sarà l’anima, ossia una sostanza individuale che costituisce l’essenza del soggetto conoscente è la cui esistenza è incondizionata, cioè non è sensibile, e che tuttavia è il fondamento della vita sensibile e di tutti gli atti conoscitivi degli uomini.

(64)

Sillogismi ipotetici e idea di mondo

• Il modello dei sillogismi ipotetici è il seguente:

se A è B

e B è C

allora A è C

Qui le prime due premesse sono formulate in modo

ipotetico, evidenziando il fatto che se io le pongo ne

discende necessariamente la conclusione. Così la

conclusione appare in modo particolarmente evidente

come causata dalla posizione delle premesse. I

sillogismi ipotetici ricercano una totalità di fenomeni dai

quali discenderebbero tutte le manifestazioni particolari

della realtà, cioè un mondo, un universo considerato in

sé, che sarebbe l’edificio nel quale tutti i fenomeni della

realtà abitano.

(65)

I sillogismi disgiuntivi e l’idea di Dio

• Il modello del sillogismo disgiuntivo è il seguente: o Alfa o Beta

ma Alfa

dunque non Beta.

Anche qui bisogna porre attenzione sul tipo di relazione che il sillogismo istituisce fra i suoi elementi. Tale sillogismo mette in relazione Alfa e Beta in modo che la presenza o la mancanza dell’uno genera la mancanza o la presenza dell’altro. Così essi appaiono in un rapporto di reciprocità, cioè si influenzano a vicenda. Ora tale sillogismo può esser considerato un modello che cerca in una catena di ragionamenti il fondamento incondizionato di tutti i fenomeni che sono in relazione tra loro, tolto il quale non esiste più nessuna relazione perché non vi sono più fenomeni. Questo fondamento è l’idea di Dio.

(66)

Idea psicologica, cosmologica

teologica

Le idee di ragione, che hanno caratterizzato tutta la metafisica

fino a Kant e sulla cui base i metafisici come Wolff avevano

suddiviso la filosofia, sono quindi cosi classificabili:

• Idea psicologica di anima: idea di un soggetto sostanziale

fondamento di tutte le predicazioni. Essa dà luogo alla

disciplina metafisica chiamata psicologia razionale

• Idea cosmologica di mondo: idea di una totalità di fenomeni

da cui tutti i particolari discenderebbero. Essa dà luogo alla

disciplina metafisica chiamata cosmologia razionale

• Idea teologica di Dio: idea di un fondamento assoluto e

trascendente di tutta la realtà (è questa l’idea più alta e

comprensiva, che Kant chiama ideale della ragione). Essa

dà luogo alla disciplina metafisica chiamata teologia

(67)

La confutazione della psicologia

razionale

• La psicologia razionale è caratterizzata da un ragionamento errato che fa dell’io-penso una sostanza e non una funzione. L’idea che

esista un’anima allo stesso modo di come esistono le altre sostanze

(gli alberi, i sassi i monti, gli uomini in carne ed ossa etc.), la quale coinciderebbe con il soggetto pensante, è data dal fatto che si pensa la condizione di tutti i pensieri, cioè quella funzione conoscitiva, quel meccanismo mentale che permette di unificare tutte le rappresentazioni e attribuirle ad un medesimo soggetto, come se fosse una cosa esistente fra le altre. Ma l’ Io penso non è un oggetto di conoscenza, bensì un modo di funzionare della conoscenza. Esso spiega come le categorie possano essere applicate ad un oggetto, non è un oggetto conosciuto attraverso le categorie. Dunque non si può attribuirgli dei predicati come si attribuiscono predicati alle cose conosciute, cioè in base ad una sintesi a priori, infatti esso è la condizione della sintesi a priori. E’ come se io dicessi che il motore di un auto gira allo stesso modo in cui girano le ruote: no il motore è la condizione affinché le ruote girino ma non gira lui stesso.

(68)

Confutazione della cosmologia

razionale

• L’idea di mondo considera i fenomeni come un

intero, un tutto metafisico, come un’unità

incondizionata. Tuttavia noi dei fenomeni abbiamo

una percezione discreta e non totale, nel senso che

noi cogliamo sempre relazioni tra le varie parti del

mondo e mai il mondo nella sua totalità. Di qui gli

errori in cui cade la ragione e che in questo caso

consistono in affermazioni antinomiche, ossia nel

caratterizzare il mondo con attributi di volta in volta

opposti (es. il mondo è finito e il mondo è infinito) tra

i quali, non essendovi un’intuizione che dirima la

controversia, è impossibile decidersi.

(69)

Le antinomie della ragione

• Vi è una coppia di

affermazioni

antinomiche per ogni

gruppo di categorie:

Gruppo di

categorie

tesi

antitesi

quantità Il mondo ha un inizio ed è limitato nello spazio

Il mondo non ha un inizio nel tempo, né limiti nello spazio, ma rispetto ad essi è infinito

qualità Ogni sostanza composta che si trova nel mondo consta di parti semplici ed esiste solo il semplice e ciò che ne è composto Nessuna cosa consta di parti semplici e nel mondo non vi è niente di semplice

relazione Vi è nel mondo una causalità libera, oltre a quella regolata da leggi

Non c’è nessuna libertà e tutto nel mondo accade secondo le leggi di natura

modalità Nel mondo vi è qualcosa che, o come sua parte, o come sua causa, è assolutamente necessario

Non c’è un essere necessario né nel mondo, né fuori dal mondo come sua causa

(70)

Antinomie matematiche e

dinamiche

• Le prime due antinomie, relative a quantità e qualità, e rispondono a domande circa la determinazione “fissa” (matematica) dell’oggetto-mondo, le seconde implicano un movimento (dinamico) logico che dagli effetti risale alle cause del mondo.

• Le tesi sono in generale più popolari, hanno un vantaggio pratico e giovano all’etica e alla religione, le antitesi hanno un interesse più speculativo e scientifico.

• Le tesi sono tipiche del razionalismo dogmatico, le antitesi sono tipiche dell’empirismo.

• Nelle antinomie matematiche ciascuna affermazione se riferita ai fenomeni è falsa, infatti il mondo non è né finito né infinito, ma la sua conoscenza è discreta e procede da fenomeno a fenomeno senza mai raggiungere la totalità.

• Nelle antinomie dinamiche ciascuna affermazione potrebbe essere vera senza ciò malgrado entrare in contraddizione con l’altra, perché l’antitesi si riferisce all’ambito dell’esperienza e la tesi all’ambito noumenico. Per esempio è vero nell’esperienza che tutto procede secondo cause, mentre è vero per il noumeno che deve esistere una causa incondizionata cioè libera.

(71)

Confutazione della teologia

razionale

• Come detto, l’idea teologica è l’idea di Dio come

incondizionato supremo e condizione di tutte le

cose. In quanto tale egli è originario, perfetto e

trascendente. Il problema, dall’inizio della storia

della metafisica è dimostrarne l’esistenza,

poiché di questo ente non vi è intuizione. Ma

proprio per quest’ultimo motivo tutti i tentativi di

dimostrazione falliscono. Kant ne ritrova

sinteticamente di tra tipi: la prova ontologica a a

priori, la prova cosmologica e la prova fisico

teologica a posteriori.

(72)

La prova ontologica

• Tale prova risale a S. Anselmo e dice che dal concetto di Dio

come ente perfettissimo (ciò di cui non si può pensare un

essere maggiore, dice Anselmo) ne deduce l’esistenza,

poiché se l’esistenza è una perfezione e Dio è perfettissimo,

non può non possedere la perfezione dell’esistere. Per Kant,

da un punto di vista trascendentale, una simile deduzione è

illegittima. Infatti mentre la deduzione che fa Anselmo

partendo dal concetto di Dio è analitica (in Dio è già

contenuto il predicato dell’esistenza), in realtà il predicato

dell’esistenza implica un giudizio sintetico a priori, come si è

visto a proposito delle categorie (cfr. appunto la categoria

“esistenza” nel gruppo della modalità). I giudizi sintetici a

priori si formulano solo in base ad un’intuizione sensibile

secondo le forme a priori di spazio e tempo. MA dell’oggetto

Dio non vi è alcuna intuizione. Quindi di Dio non si può

affermare l’esistenza (né a rigore la non esistenza).

(73)

La prova cosmologica

• Tale prova dice: “Se qualcosa esiste, come si

verifica nell’esperienza quotidiana, deve anche

esistere un essere assolutamente necessario”

come sua causa prima. Nondimeno anche qui il

concetto di causa si applica solo ai fenomeni

intuiti sensibilmente. Inoltre una volta che io

sono risalito a Dio come alla causa

incondizionato di tutto ciò che è contingente,

devo ancora dimostrare che tale causa esiste

effettivamente. Ma questo è impossibile per

quanto detto a proposito della prova ontologica.

(74)

La prova fisico teologica

La prova fisico teologica risale dall’ordine, varietà

e bellezza del mondo a Dio come a colui che ha

pianificato l’universo e lo ha pensato così come

è. Questa prova a rigore dimostra che Dio è un

architetto del mondo, cioè è uno che non tanto

lo ha creato, quanto lo ha “messo assieme” e

ordinato così come oggi ci appare. Per

dimostrare che Dio è non solo architetto, ma

creatore del mondo e che tutto è a lui

sottoposto, bisogna ricorrere prima alla prova

cosmologica e poi a quella ontologica, con tutti i

problemi che prima si sono visti.

(75)

Le idee di ragione: una illusorietà

non inutile

• Le idee di ragione sono dunque il prodotto di

una logica della parvenza. Hanno solo l’aspetto

della verità, ma la loro verità è in realtà

indimostrabile, e tutte le dimostrazioni tentate

finora mostrano un qualche errore. Pertanto a

prima vista sarebbero da scartare come un

semplice errore. Il pensiero di Kant non va in

questa direzione. Infatti, riflettendo sulla naturale

tendenza dell’intelletto ad oltrepassare i limiti

dell’esperienza, Kant giunge a dire che

evidentemente tale tendenza, oltre a produrre

errori, deve avere un ruolo nella conoscenza.

(76)

Il ruolo delle idee di ragione

• Il ruolo delle idee è quello di stimolare l’intelletto a procedere verso una conoscenza sempre più approfondita del reale facendo baluginare un fine in realtà irraggiungibile, quello di una sua completa esplicazione. “Mediante le idee i concetti e gli enunciati empirici vengono orientati in vista della completezza. L’orientamento ha due direzioni opposte: la massima unità di un tutto coerente secondo leggi necessarie, e la massima estensione rispetto alla molteplicità degli oggetti” (Hoeffe, cit., p. 172). In sostanza l’intelletto umano si comporta COME SE esistesse una sostanza semplice, immutabile e identica (l’anima), COME SE esistesse una totalità dei fenomeni naturali (il mondo) e COME SE esistesse un ente assoluto origine di tutte le cose (Dio). Così facendo è condotto a procedere sempre innanzi nella conoscenza della natura, la quale, a patto che ci si renda conto che non si possono assumere come veri i risultati dei sillogismi dialettici, ne risulta beneficiata e ampliata.

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