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Ruolo della RM nella valutazione di evolutività del coinvolgimento polmonare da Sclerodermia

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Ruolo della RM nella valutazione di evolutività del

coinvolgimento polmonare da Sclerodermia

Candidato Relatore

Niccolò Alberto Ferrari Prof. Emanuele Neri

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Indice

1 INTRODUZIONE ... 4 1.1 Epidemiologia ... 5 1.2 Eziologia e patogenesi ... 6 1.3 Coinvolgimento d'organo ... 8 1.4 Coinvolgimento Polmonare ... 13

1.4.1 Diagnostica della patologia polmonare ... 15

2 SCOPO ... 22 3 Materiali e Metodi ... 23 4 Risultati ... 28 5 Discussione... 43 6 Conclusioni... 49 7 Ringraziamenti ... 50 8 Bibliografia... 51

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1 INTRODUZIONE

La sclerosi sistemica è una patologia cronica autoimmune già nota ai tempi di Ippocrate ma descritta per la prima volta nel 1753 dal medico italiano Carlo Curzio nella sua monografia intitolata “discussioni anatomico pratiche di un raro e stravagante morbo cutaneo in una donna, felicemente curato in questo Ospedale degli Incurabili”. Sebbene la cute sia l’organo più colpito, tuttavia il processo fibrotico caratteristico della malattia può colpire anche gli altri organi.

La patologia è infatti suddivisa in varie forme in base all’estensione del coinvolgimento d’organo.

Dal punto di vista istologico la malattia è caratterizzata da:

 Flogosi cronica,

 Microangiopatia diffusa

 fibrosi interstiziale e perivasale progressiva 1

Tali alterazioni determinano l’aspetto caratteristico della malattia che è rappresentato dall’indurimento dei tessuti. Un termine infatti che molto spesso viene utilizzato nella pratica clinica al posto di sclerosi sistemica, è sclerodermia, dal greco skleros (duro) e derma (pelle). Il termine sebbene indichi le caratteristiche salienti della malattia non è tuttavia corretto data la diffusione sistemica del processo patologico.

La malattia è variamente classificata in base all’estensione del coinvolgimento d’organo in 3 sottoclassi: Sclerosi cutanea diffusa, Sclerosi cutanea limitata, Sclerosi sine sclerodermia.

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Ad oggi non esistono terapie “disease modifying” e il trattamento si basa su terapie sintomatiche. Pertanto è fondamentale riconoscere precocemente i segni di estensione della malattia.

1.1 Epidemiologia

La sclerosi sistemica è una malattia rara. La sua incidenza è stimata tra i 4 e i 20 nuovi casi per 1.000.000 abitanti/anno; mentre la prevalenza varia tra i 30 e 450 casi per 1.000.000/abitanti; in Italia sono quindi circa 25.000 le persone colpite dalla malattia.

Il picco di incidenza della comparsa dei sintomi è tra la terza e quinta decade di vita. La malattia ha una netta prevalenza nel sesso femminile (F:M = 3:1) e questa differenza si accentua in età fertile, quando l'incidenza nel sesso femminile rispetto al sesso maschile raggiunge un rapporto superiore o uguale a 8:1.

La malattia è inoltre associata ad un incremento della mortalità, pari a 1,5-7,2 volte quello della popolazione generale. La variabilità è determinata dal diverso coinvolgimento d’organo nei sottotipi clinici. La mortalità maggiore è legata all’interessamento polmonare. Tuttavia, fortunatamente, il coinvolgimento viscerale è presente solo in una piccola percentuale di pazienti, infatti nell’80% dei casi la malattia si manifesta solo come forma cutanea.

Tra le connettiviti sistemiche è la terza patologia in ordine di frequenza dopo la sindrome di Sjögren e il lupus eritematoso sistemico (quarta se si considera come connettivite anche l'artrite reumatoide). In alcuni casi i pazienti affetti da sclerodermia sviluppano anche un'altra patologie autoimmune: sindrome di Sjögren, tiroidite di Hashimoto o cirrosi biliare primitiva.

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La sclerodermia non è in senso stretto una patologia ereditaria poiché non sono state riscontrate mutazioni genetiche che determinano lo sviluppo della malattia, tuttavia non è raro trovare nei familiari dei soggetti affetti una elevata incidenza di malattie autoimmuni. Ciò sta ad indicare che la predisposizione individuale dipende comunque da un substrato genetico.

1.2 Eziologia e patogenesi

Ad oggi la causa della sclerosi sistemica non è nota anche se vi sono varie ipotesi; le reazioni autoimmuni, la microangiopatia e l'accumulo di collagene sono tutti fattori che contribuiscono al danno d'organo. Vediamo alcune delle ipotesi più accreditate:

 Un'ipotesi è che linfociti T CD4+ reattivi ad un antigene non identificato si accumulino nella cute rilasciando citochine che attivano le cellule infiammatorie e i fibroblasti2. Varie citochine prodotte da questi linfociti T (ad es. TGF e Il-13) stimolano la trascrizione dei geni del collagene e di altre proteine della matrice extracellulare da parte dei fibroblasti. Ci sono inoltre segni di inattivazione inappropriata dell'immunità umorale e la presenza di vari autoanticorpi ha valore diagnostico e prognostico. Tutti i pazienti sono ANA-positivi e gli ANA riconoscono vari antigeni nucleari. Due tipi di ANA mostrano un'associazione forte con la sclerosi sistemica. L'autoanticorpo anti-DNA topoisomerasi I (anti-Scl 70) è altamente specifico. La sua presenza è rilevabile nel 30-70% dei pazienti con malattia diffusa (la variabilità dipende dal gruppo etnico analizzato e dal test utilizzato). I pazienti con questo anticorpo hanno un maggior rischio di sviluppare fibrosi polmonare e vasculopatia periferica. L'altro è un anticorpo anticentromero, meno frequente del primo e si ritrova soprattutto nella sclerosi cutanea limitata; raramente i due anticorpi coesistono nello stesso paziente.

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 La microangiopatia è sempre presente nelle fasi precoci della sclerosi sistemica e potrebbe essere la lesione iniziale. La proliferazione intimale delle arterie digitali è evidente nel 100% dei pazienti; è comune anche la dilatazione capillare con permeabilizzazione e distruzione dei vasi. Le cause della microangiopatia sono però ignote; potrebbe essere l'evento scatenante o una conseguenza della flogosi cronica, in cui i mediatori rilasciati dalle cellule infiammatorie danneggiano l'endotelio del microcircolo. L'induzione ripetuta di danno endoteliale e contemporanea aggregazione piastrinica causano il rilascio di fattori piastrinici (ad es. PDGF, TGF) che inducono la fibrosi periavventiziale. Alla fine, l'obliterazione diffusa del microcircolo causa ischemia e sclerosi cicatriziale.

 La caratteristica fibrosi progressiva potrebbe essere dovuta a molteplici meccanismi, quali l'azione di citochine fibrogenetiche prodotte dall'infiltrato leucocitario, l'ipersensibilità e l'iperattività dei fibroblasti in risposta alle citochine e la cicatrizzazione conseguente all'ischemia causata dalle lesioni vascolari. Coerentemente con questa ipotesi, è stata riscontrata un'associazione della sclerosi sistemica con un polimorfismo del gene che trascrive per il fattore di crescita del connettivo3. Anche modelli murini di sindrome di Marfan, causata da mutazioni del gene della fibrillina-1, presentano caratteristiche comuni alla sclerosi sistemica4, conferendo un ulteriore indizio che le anomalie del connettivo potrebbero contribuire alla malattia.

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1.3 Coinvolgimento d'organo

La Sclerosi Sistemica colpisce caratteristicamente la cute, ma sono frequentemente interessati anche l'apparato gastroenterico, i reni, il cuore, i muscoli ed i polmoni.

La Sclerosi Sistemica è classificata in tre tipologie in base al coinvolgimento cutaneo:

 Sclerosi cutanea diffusa (dcSSc):coinvolgimento cutaneo diffuso fin dall’esordio associato a precoce interessamento viscerale,

 Sclerosi cutanea limitata (lcSSc): interessamento iniziale solo delle dita, avambraccia e volto, con tardivo interessamento viscerale. Tale quadro presenta un andamento relativamente benigno.

 Sclerosi sine scleroderma.

Manifestazioni d'organo

Cute e vasi: la maggior parte dei pazienti presenta una scleroatrofia cutanea diffusa, che

inizia generalmente a livello delle dita e nelle regioni distali degli arti superiori e si estende prossimalmente a braccia, spalla, collo e viso. Nel derma si ha un aumento marcato del collagene denso e l'epidermide si assottiglia, con perdita delle rughe, atrofia degli annessi cutanei e ialinizzazione arteriolare e dei capillari dermici. Negli stadi avanzati, le dita assumono un aspetto affusolato ad artiglio, con limitazione dei movimenti articolari e il volto diventa una maschera contratta. L'ischemia causa ulcere cutanee e atrofia delle falangi distali. A volte le punte delle dita vanno incontro ad amputazione.

Il fenomeno di Raynaud, un vasospasmo episodico delle arterie ed arteriole delle estremità, è quasi sempre presente e precede gli altri sintomi nel 70% dei casi.

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Fino al 2013 i criteri classificativi utilizzati erano quelli risalenti al 1980 proposti dall'ACR; questi erano stati sviluppati usando pazienti con malattia di lungo corso quindi come conseguenza i pazienti con malattia agli stadi iniziali spesso non venivano riconosciuti5.

Nel 2013 grazie ad una collaborazione tra l'American college of rheumatology (ACR) e l'European league against rheumatism sono stati rivisti e migliorati i criteri per la diagnosi di Ssc.

In assenza di un test diagnostico sono stati proposti una serie di criteri classificativi6 con lo scopo di dare una definizione uniforme per distinguere i soggetti affetti da quelli non affetti. I criteri classificativi non sono sinonimo di criteri diagnostici ma spesso rispecchiano la lista di criteri usati per la diagnosi. Proprio per sopperire alla bassa sensibilità dei vecchi criteri e grazie alla miglior conoscenza della malattia sono stati rivalutati i criteri da utilizzare per la diagnosi. L'obiettivo era quello di sviluppare criteri che avessero alcune caratteristiche importanti:

 Comprendere un ampio spettro di pazienti con Ssc includendo sia quelli negli stadi precoci sia quelli negli stadi tardivi.

 Includere manifestazioni vascolari, immunologiche e fibrotiche.

 Facili da usare nella pratica clinica quotidiana

Dopo varie sperimentazioni sono stati identificati 9 criteri, a cui assegnare uno specifico punteggio, fino a raggiungere uno score massimo di 19. I pazienti con score maggiore o uguale a 9 sono considerati aventi la malattia (Tab.1); il primo criterio cioè “ispessimento della cute delle dita ad entrambe le mani che si estende prossimalmente alle articolazioni

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metacarpofalangee” è da solo sufficiente per definire il paziente come portatore di malattia (infatti ad esso vengono assegnati 9 punti).

Rispetto ai criteri del 1980 abbiamo un netto miglioramento della sensibilità e specificità che sono passate da valori di 75% e 72% rispettivamente a valori di 91% e 92%.

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La malattia può assumere, in alcuni casi, un andamento rapido e talvolta drammatico, mentre nella maggior parte dei casi ha un decorso più lento e spesso anche relativamente benigno. Mentre alcuni aspetti della malattia sono scarsamente controllabili e non del tutto prevenibili, alcune complicanze sono meglio trattabili quando individuate tempestivamente. Il riconoscimento della malattia nelle sue fasi iniziali, prima cioè che siano evidenti le complicanze più severe, permette pertanto di impostare un adeguato programma di monitoraggio clinico-terapeutico che migliora notevolmente la prognosi della malattia.

Attualmente sono disponibili diversi strumenti che consentono di effettuare una diagnosi assai precoce di malattia o “Early Scleroderma”.

Il primo elemento da considerare è la presenza di un fenomeno di Raynaud che costituisce il primo sintomo e l’elemento cardine per porre la diagnosi di Early Scleroderma. La capillaroscopia periungueale e/o il dosaggio degli autoanticorpi specifici sono gli accertamenti che consentono di arrivare alla diagnosi definitiva.

La capillaroscopia periungueale è un esame non invasivo, di breve durata (circa 15’), eseguito tramite videocapillaroscopio a sonda ottica, che consente di visualizzare la microcircolazione a livello della plica cutanea delle unghie delle mani. In presenza di un fenomeno di Raynaud sclerodermico, i capillari periungueali mostrano alterazioni tipiche, che mostrano la presenza di una marcata sofferenza vascolare e sono indicative dei tipici processi di danno endoteliale della malattia. Le alterazioni capillaroscopiche a livello delle mani sono pertanto la spia di un processo di danno vascolare più generalizzato e pertanto indicative della presenza di una malattia sistemica.

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Il secondo passo è quello di effettuare accertamenti ematochimici ed esami strumentali per evidenziare la presenza anche subclinica di un coinvolgimento d’organo che porrebbero l’indicazione ad utilizzare farmaci dedicati.

Apparato digerente: è coinvolto nel 90% dei casi circa. L'atrofia e la sclerosi progressiva

della tonaca muscolare, che viene sostituita da tessuto fibroso, possono colpire qualsiasi tratto dell'intestino ma sono più gravi nell'esofago. I due terzi inferiori dell'esofago spesso sviluppano una rigidità che rende l’esofago simile ad un tubo di gomma. La disfunzione associata dello sfintere esofageo inferiore causa il reflusso gastroesofageo e le sue complicanze: la mataplasia di Barrett e la stenosi. La perdita dei villi e microvilli del tenue è la base anatomopatologica della sindrome da malassorbimento a volte osservata.

Per quanto riguarda il tratto gastrointestinale l’esame che storicamente è sempre stato eseguito per la diagnosi della patologia è l’Rx dell’esofago con mezzo di contrasto: esso mostra la tipica dilatazione e rallentamento della motilità esofagea. Oggi disponiamo di nuovi test in grado di valutare il tratto gastroenterico: alcuni test non invasivi quali il test al lattulosio per la valutazione del tempo di transito intestinale e il test all’idrogeno per valutare la sovracrescita batterica consentono in maniera rapida e precisa una valutazione della motilità viscerale e di determinare la presenza di una flora intestinale anomala. Utile è anche la gastroscopia (meno comunemente la manometria-Ph metria esofagea) per evidenziare la presenza di un reflusso gastro-esofageo od alterazioni della motilità esofagea.

Apparato muscoloscheletrico: la sinovite, associata a ipertrofia e iperplasia dei tessuti

molli sinoviali, è frequente negli stadi precoci e nella malattia avanzata può portare alla fibrosi. Questi fenomeni patologici sono simili a quelli dell'artrite reumatoide, ma la distruzione articolare è rara nella sclerosi sistemica.

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Reni: il rene è colpito nei due terzi dei casi; le lesioni più gravi sono a carico dei vasi.

L'ipertensione è presente nel 30% dei pazienti e nel 20% dei casi ha un decorso molto rapido e infausto (ipertensione maligna).

Cuore: Per studiare il cuore sono disponibili diversi esami diagnostici tra i quali i più

semplici, meno costosi e non invasivi sono: l’EcoCardioDoppler, l’elettrocardiogramma di base (ECG), l’ECG con registrazione delle 24 h del ritmo cardiaco (ECG secondo Holter) ed il test da sforzo. Alcuni di questi esami sono estremamente informativi e capaci di individuare alcune alterazioni cardiache in fase precoce ed andrebbero effettuati anche in pazienti asintomatici. Altri esami più complessi da effettuarsi in casi selezionati includono la scintigrafia miocardica, RM cardiaca, eventuali studi elettrofisiologici.

1.4 Coinvolgimento Polmonare

I polmoni sono colpiti in oltre il 50% dei casi da ipertensione polmonare e fibrosi interstiziale. La fibrosi polmonare genericamente può essere definita come la sostituzione del normale tessuto polmonare con tessuto cicatriziale non atto al normale scambio di gas fra ambiente ed organismo. Non tutti i pazienti sclerodermici sviluppano la fibrosi polmonare (altresì definita interstiziopatia) nel corso della propria malattia. Nei soggetti con positività per anticorpi anti-centromero (ACA) tale complicanza è difficilmente osservabile, o se presente si sviluppa in maniera poco aggressiva; mentre è più facilmente osservabile nei soggetti con anticorpi nucleo a pattern nucleolare o con anticorpi anti-topoisomerasi I (Scl70). La forma diffusa di malattia e la rapida progressione fibrotica della cute, sono altri due elementi associati allo sviluppo di fibrosi polmonare, specie nei primi anni di malattia.

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La fibrosi polmonare porta ad una perdita della capacità del polmone di espandersi correttamente in relazione alla perdita di elasticità ed ad una ridotta capacità di scambiare ossigeno e anidride carbonica. La sintomatologia clinica legata alla fibrosi polmonare non è specifica e si caratterizza principalmente per la presenza di mancanza di fiato (dispnea) nell’effettuare gli sforzi fisici; la severità del sintomo è dipendente dall’estensione del coinvolgimento polmonare.

Il vasospasmo polmonare, secondario alla disfunzione endoteliale, è ritenuto un fattore importante nella patogenesi dell'ipertensione polmonare.

La malattia polmonare interstiziale è la principale causa di morte nei pazienti con Sclerosi Sistemica, dovuta a fibrosi polmonare con o senza ipertensione polmonare (grazie ai progressi nel trattamento delle crisi renali).

La malattia polmonare interstiziale e l'ipertensione polmonare sono responsabili insieme del 60% delle morti correlate a Sclerosi Sistemica7.

Più del 80% dei pazienti manifesta una malattia cutanea localizzata ma nel 20% dei casi troviamo un diffuso e severo coinvolgimento cutaneo, polmonare, cardiaco e gastrointestinale. In particolare i pazienti con malattia polmonare interstiziale e polmonare vascolare possono presentare una severa sintomatologia dovuta alla fisiopatologia restrittiva del polmone; la dispnea è spesso un sintomo sottovalutato ma genera nei pazienti una notevole sofferenza e un peggioramento dello stato di benessere8.

Le condizioni cliniche possono essere peggiorate dal coinvolgimento cardiaco con disfunzione del cuore destro causata da ipertensione polmonare, fibrosi miocardica e interessamento pericardico9.

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1.4.1 Diagnostica della patologia polmonare

Per quanto riguarda la valutazione clinica strumentale del coinvolgimento polmonare il principale strumento sono le prove di funzionalità respiratoria (PRF) con determinazione della diffusione polmonare del monossido di carbonio (DLCO).

Gli accertamenti diagnostici utilizzati per valutare l’impegno interstiziale nei pazienti sclerodermici sono: la TC ad alta risoluzione (HRCT), la spirometria completa con valutazione della diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (PFR+DLCO), talora integrate dall’esecuzione di broncoscopia con analisi del liquido di lavaggio bronco alveolare o altre indagini più complesse (ad es PET o biopsia polmonare).

La spirometria consente una valutazione delle conseguenze funzionali della fibrosi polmonare, quali la perdita di capacità di diffusione da parte dei gas (tramite la DLCO) e/o la riduzione di “elasticità” e di volume polmonare (tramite l’FVC e/o la TLC). La riduzione nel tempo dei valori spirometrici è la conseguenza più temuta della fibrosi polmonare a cui segue inevitabilmente la comparsa delle manifestazioni cliniche. La spirometria completa deve essere effettuata periodicamente in tutti i malati sclerodermici, anche in coloro con le fasi più precoci di malattia, al fine di individuare precocemente alterazioni polmonari ed instaurare un adeguato programma terapeutico.

Lo studio della DLCO misura la capacità di diffusione dei gas: il paziente respira attraverso un boccaglio connesso allo spirometro. Dopo alcuni respiri tranquilli e senza mai staccarsi dal boccaglio, il paziente viene invitato ad espirare velocemente svuotando completamente il suo polmone. Segue un’inspirazione profonda durante la quale il paziente inala un gas costituito da aria miscelata ad una bassissima percentuale di CO (0.3%) e metano (0.3%) e trattiene il respiro per 10 secondi al termine dei quali espira velocemente.

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La differenza di concentrazione di CO tra inspirato ed espirato è funzione di quanto gas passa dagli alveoli ai capillari: più è alta questa differenza e più alta è la capacità del polmone di assorbire il CO. Il metano viene utilizzato come gas che non diffondendo nei capillari indica in quanto spazio alveolare il CO si è distribuito. Il test prevede l’uso del CO piuttosto dell’O2 per il semplice fatto che il CO non è contenuto nel sangue diversamente dall’ossigeno, e pertanto permette la misura non invasiva della diffusione in base alla semplice differenza tra concentrazione inspirata ed espirata10.

La capacità vitale forzata (FVC) è il volume di aria che può essere espirato con uno sforzo massimale, dopo che il paziente ha eseguito una piena ispirazione, misurata in litri.

L'imaging ha il ruolo di investigare il coinvolgimento polmonare, di valutare la risposta al trattamento e di escludere altre condizioni patologiche come l'ipertensione polmonare e anomalie cardiache.

L' RX del torace ha una bassa sensibilità nel valutare il coinvolgimento polmonare in quanto, i pazienti con sintomatologia polmonare e precoce coinvolgimento del polmone, spesso presentano RX torace normale.

La tecnica gold-standard per valutare il coinvolgimento polmonare nei pazienti con Sclerosi Sistemica è la High-resolution Computed Tomography (HRCT)11.

Il pattern HRCT osservato nei pazienti con SSc è quello di una polmonite interstiziale e nella maggior parte dei casi quello una polmonite interstiziale non specifica (NSIP) (Fig.1) La NSIP è caratterizzata, all’HRCT, da numerose aree di aumentata densità (Ground Glass) diffuse bilateralmente, associate ad ispessimento dei setti inter ed intralobulari (reticolazione) con distribuzione prevalente ai campi medio-inferiori perilobulari e

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risparmio sub-pleurico. Può essere presente l’honey combing nella fase fibrotica ma in percentuale minore rispetto al GG.

È anche possibile osservare un pattern di polmonite interstiziale usuale (UIP) (Fig.2) caratterizzata da honey combing associata ad ispessimento dei setti inter ed intralobulari, bronchiectasie da trazione e prevalente distribuzione sub-pleurica ai campi medio-inferiori12,13.

La TC prevede l’uso di radiazioni ionizzanti e sebbene negli ultimi anni le strategie per ridurre le dosi siano migliorate14 rimangono sempre elevate.

Inoltre i pazienti sono prevalentemente donne giovani e necessitano di ripetere l'esame frequentemente per il decorso cronico della malattia.

Figure 1. NSIP pattern Figure 2. UIP pattern

La Risonanza Magnetica (RM) è una tecnica di imaging che non utilizza radiazioni ionizzanti quindi potrebbe essere utilizzata per valutare rilievi morfologici e funzionali nelle malattie del parenchima polmonare (nel nostro caso malattia sclerodermica

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polmonare) in particolar modo nelle donne in età fertile, nei giovani e per effettuare controlli nel follow-up15.

La Risonanza Magnetica (RM) è una tecnica valida nella valutazione delle malattie del cuore, mediastino, pleura e torace soprattutto grazie ad alcune caratteristiche come la possibilità di distinguere i diversi tessuti tra loro, la presenza di immagini multiplanari e la capacità di rilevare il flusso sanguigno16.

L'utilizzo della RM nella malattia polmonare trova però alcune limitazioni dovute a tre ragioni principali:

 bassa densità protonica del tessuto polmonare,

 rapido decadimento della magnetizzazione trasversale dovuta a numerose interfacce tra aria e tessuto

 numerosi artefatti dovuti ai movimenti respiratori, vascolari e cardiaci17.

Al momento le indicazioni all'utilizzo della RM nel polmone sono limitate ed includono: stadiazione del tumore polmonare18, malattie vascolari polmonari19, anomalie congenite (es. fibrosi cistica)20 o l'impiego in soggetti che non possono essere esposti a radiazioni (soggetti immunodepressi e bambini)21.

E’ stato dimostrato che la sensibilità della risonanza è paragonabile alla TC nel riconoscere infiltrati e noduli polmonari e talora più sensibile nell’individuare l’embolia polmonare, in particolare utilizzando la sequenza steady-state free precession (SSFP)22. La RM gradient-echo tridimensionale (3D-GRE) invece è necessaria per studiare le masse aspecifiche , le lesioni solide e il versamento pleurico23.

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D’altra parte invece le alterazioni polmonari legate alle malattie interstiziali e all’enfisema polmonare sono talmente minime che spesso non sono evidenziabili con la capacità protonica della RM. Tuttavia stanno recentemente emergendo dei dati sul possibile utilizzo di questa tecnica diagnostica anche in tali patologie.

Le anomalie interstiziali determinano un incremento di segnale e si presentano come bande curvilinee, noduli o reticolato e possono associarsi a vari gradi di distorsioni del parenchima.

La sequenza T1-pesata VIBE offre una miglior risoluzione spaziale ed in particolare l’acquisizione con soppressione di grasso è raccomandata per aumentare il segnale delle regioni sub pleuriche alterate rispetto alla parete muscolare e al normale parenchima24.

La tecnica di mappatura in T1 è stata usata per valutare i segnali caratteristici nella fibrosi del parenchima polmonare presenti in differenti momenti (prima e dopo somministrazione di Gadolinio) e per investigare i cambiamenti fibrotici precoci25.

Il tempo di rilassamento è influenzato dalle proprietà fisiche dei tessuti; i fattori che influenzano il valore in T1 sono principalmente:

 la molecola nella quale sono contenuti gli atomi di idrogeno,

 la presenza di gadolinio che riduce il valore di T1.

La mappatura in T1 è stata usata per valutare la fibrosi miocardica e sembra permettere una più precisa quantificazione delle aree di infarto miocardico26,27.

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Sequenze STIR

L’Inversion Recovery (IR) è una tecnica utilizzata in numerose sequenze, che hanno in comune la caratteristica di utilizzare all’interno della sequenza una fase di preparazione della magnetizzazione, durante la quale si può selezionare il particolare tipo di contrasto che si intende conferire alle immagini.

Un impulso di inversione a 180°, prima di uno o più impulsi di eccitazione, permette un forte contrasto in TI. Questo contrasto in TI si aggiunge al contrasto del tessuto determinato dalla sequenza di impulsi vera e propria. In teoria, da un impulso di inversione non si ottiene alcuna magnetizzazione trasversale. L'impulso a 180° inverte la magnetizzazione longitudinale convertendola da positiva a negativa. Una volta invertita, la magnetizzazione negativa inizia a recuperare, dapprima verso lo zero, poi verso il suo valore positivo di equilibrio. La velocità con la quale la magnetizzazione longitudinale recupera è determinata dal suo TI ; cioè la velocità di recupero a seguito di un impulso di inversione a 180° è data da 1/T1. Nel corso di questo recupero, viene trasmesso un impulso radio di eccitazione che genera una magnetizzazione trasversale. La quantità di magnetizzazione trasversale dipende dalla quantità di magnetizzazione longitudinale che ha recuperato dopo l'impulso di inversione. Il tempo tra gli impulsi di inversione e di eccitazione è definito come il tempo di inversione (TI).

Il tessuto adiposo, trascorsi circa 150 ms dall’impulso di inversione a 180°, annulla la sua magnetizzazione longitudinale (è il momento di passaggio per lo zero durante il suo recupero verso il valore positivo iniziale). Questo è appunto il valore di tempo di inversione scelto per le sequenze Short Tau Inversion Recovery (STIR, sequenze IR a breve tempo d’inversione), nelle quali i tessuti grassi presentano un segnale scarso o nullo. Questa tecnica ha lo svantaggio di abbattere anche i segnali dei tessuti con tempi di

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rilassamento longitudinali prossimi a quelli dei tessuti lipidici, e l’entità dell’abbattimento è proporzionale alla vicinanza temporale tra il T1 dei tessuti a quello del grasso. Le sequenze IR presentano, quindi, il vantaggio di ottenere un elevato contrasto tra tessuti aventi differenti tempi di rilassamento T1. Il principale svantaggio è dato dal più elevato tempo di acquisizione dovuto all’inserimento della fase di preparazione della magnetizzazione di durata TI.

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2 SCOPO

Lo scopo di questo studio è quello di analizzare il ruolo della RM nella valutazione dell'interessamento interstiziale polmonare nei pazienti con SSc anche in relazione alla progressione del quadro clinico.

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3 Materiali e Metodi

Popolazione:

Sono stati selezionati retrospettivamente 37 pazienti affetti da sclerosi sistemica, seguiti presso il Dipartimento di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera di Careggi, che tra Maggio 2011 a Giugno 2012 hanno eseguito una HRCT per lo studio del coinvolgimento polmonare ed una RM cardiaca. Sono stati esclusi dallo studio 7 pazienti perchè mostravano alterazioni TC alle basi polmonari, le quali non erano incluse nelle immagini della RM

I pazienti erano divisi in 27 donne e 3 uomini; tra i 21-74 anni con l'età media di 46,06 anni (Tab.2).

Tab. 2. Inquadramento della popolazione

Età media 46,06 Sesso F/M 90%F; 10%M Fumatori/Non fumatori 23,3%/76,6% Positività anticorpi Scl70 43,30% Forme limitate 90% Forme diffuse 10% Metodica TC:

La TC ad alta risoluzione è stata eseguita da tutti i pazienti presso il Dipartimento di Radiologia dell'Azienda Ospedaliera Pisana. L’acquisizione è stata con un protocollo standard con scansioni di spessore di 1,0 mm a intervalli di 1 cm di tutto il polmone durante inspirazione in posizione prona e con tecnica spirale in posizione supina.

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Due radiologi (uno con 30 e l’altro con 5 anni di esperienza in radiologia toracica) hanno analizzato in cieco le immagini e hanno quantificato le alterazioni polmonari sulla base dello score “Scleroderma lung study”. Si tratta di uno score semi-quantitativo (0= assente, 1=1-25%, 2=26-50%, 3=51-75% ; 4= > 75%) che valuta le 4 categorie delle alterazioni parenchimali polmonari: 1.vetro smerigliato, 2.fibrosi con ispessimento reticolare, 3.bronchiectasie, 4. Bronchiectasie e honeycombing (Tab. 3).

Lo score è stato effettuato in 3 zone in ciascun polmone (superiore: dall’apice all’arco dell’aorta; medio: dall’arco aortico alle vene polmonari inferiori; inferiore: dalle vene polmonari inferiori al diaframma).

Tab. 3. Score semi-quantitativo

Metodica RM:

La RM cardiaca, 1,5 Tesla (SIGNA Excite HDxT, General Electric Medical, Waukesha, WI, USA) , è stata effettuata presso la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio, lo stesso giorno dell’esecuzione della TC. Sono state eseguite delle scansioni assiali arbitrariamente scelte a 3 livelli: superiore (apice-arco aortico); medio (arco aortico-vene polmonari

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inferiori); inferiore (vene polmonari-diaframma). E’ stato utilizzato il seguente protocollo: posizione supina, ECG-gating e apnea.

 Axial Triple-IR T2 (STIR); TR circa 2000 msec; TE 82 msec;

 FoV 38 cm; TI 180 msec; spessore 8 mm con un intervallo variabile che dipende dalla dimensione della zona del polmone (15 -20 cm); 224 x 224; Nex 1; Asset 2; tempo di acquisizione di 8 sec per sezione.

 T1 Map -MCine-IR (Modified Cine-IR) Spoiled Gradient Echo Sequences con TR 3 ms; TE 1.1 ms; FA° 8 spessore 8 mm con intervallo variabile in relazione alla zona del polmone considerata (15 -20 cm); 192 x 192; tempo di acquisizione circa 8 sec per sezione.

 MCine-IR sequenze sono state ripetute a 5, 10, 15 minuti dopo la somministrazione di Gadolinio (Fig. 3).

.

(26)

26

Le immagini sono state analizzate con un software che permette di estrarre una o più regioni di interesse (ROI) all’interno dell’immagine in particolari Tempi di Inversione (TI) (Fig.4). Questo permette di riportare le ROI in tutte le serie TI.

Le curve di intensità del segnale/TI sono calcolate usando il segnale di intensità all’intenro della ROI per ogni valore TI.

La sequenza MCine-IR usata nello studio comincia ad acquisire subito dopo l'impulso di inversione, quando lo stato di equilibrio non è ancora ripristinato. Per questo motivo le prime immagini vengono sistematicamente escluse dall'analisi, in quanto presenteranno con buona probabilità degli artefatti.

Il punto di inversione T0 può essere corretto manualmente dall'operatore, il quale può anche eliminare le immagini con artefatti. Quindi otteniamo il valore T1 in relazione alla ROI presa in considerazione.

(27)

27

I pazienti sono stati seguiti durante il follow up presso il Dipartimento di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera di Careggi. In base all’evoluzione clinica dell’impegno polmonare sono stati suddivisi in due gruppi: pazienti peggiorati e pazienti non peggiorati. Per dividere i pazienti nei suddetti gruppi è stata utilizzata la riduzione della DLCO di almeno il 15% e il peggioramento del quadro clinico valutato dal reumatologo di riferimento.

(28)

28

4 Risultati

Delle 37 HRCT esaminate 17 sono risultate normali e 20 hanno evidenziato alterazioni interstiziali del polmone:

 5 Ground Glass (GG),

 7 Ground Glass e Reticolazione (GG+ RET),  8 Reticolazione (RET).

I 30 pazienti rimanenti sono stati classificati, sulla base della TC e RM, in tre gruppi:

 Gruppo 1: pazienti con TC e RM entrambe prive di alterazioni (10 pazienti); a questo gruppo di pazienti appartengono 60 delle 135 ROI analizzate.

 Gruppo 2: pazienti con TC normale e RM con segnali alterati (7 pazienti); caratterizzati dalla presenza di 32 ROI

 Gruppo 3: pazienti con TC e RM entrambe con segnali alterati (13 pazienti); in questo gruppo le ROI analizzate sono 43 e sono divise in 16 ground glass, 19 ground glass e reticolazione ed infine 8 solo reticolazione.

Nelle seguenti tabelle (Tab.3-4) sono riportate le intensità di segnale misurate nelle ROI nelle sequenze STIR e T1 prima e dopo la somministrazione del contrasto a 5, 10, 15 minuti.

I valori della STIR e T1 pre e post contrasto a 5, 10, 15 minuti ottenuti nel Gruppo 1 sono riportati nella tabella (Tab. 4). Le ROI sono state selezionate in maniera casuale nel parenchima polmonare normale.

(29)

29

Tab. 4. Gruppo 1

N ROI

Min

Max

Media

Deviazione

standard

STIR

60

20

53

35,11

8,01

T0

60

0

0

0

0

T5

60

0

0

0

0

T10

60

0

0

0

0

T15

60

0

0

0

0

Validità

60

I valori della STIR e T1 pre e post contrasto a 5, 10, 15 minuti ottenuti nel Gruppo 2 sono riportati nella tabella (Tab. 5). Le ROI sono state selezionate manualmente sulla base dei segnali alterati visibili alla RM.

Tab. 5. Gruppo 2

N ROI

Min

Max

Media

Deviazione

standard

STIR

32

31

407

86,71

65,39

T0

30

0

1499

555,84

440,58

T5

32

122

340

214,03

63,21

T10

32

112

385

234,88

76,71

T15

30

105

407

250,33

86,65

Validità

30

(30)

30

I valori della STIR e T1 pre e post contrasto a 5, 10, 15 minuti ottenuti nel Gruppo 3a (GG), 3b (GG + RET) e 3c (RET) sono riportati rispettivamente nelle tabelle 5a, 5b e 5c.

Le misure riportate nella tabella 6a sono state ottenute selezionando manualmente le ROI corrispondenti alle aree di vetro smerigliato (GG) visibili alla scansione TC (Tab.6a).

Tab. 6a. Gruppo 3a (GG)

N ROI

Min

Max

Media

Deviazione

standard

STIR

16

70

198

123,13

41

T0

16

0

840

635,56

202,45

T5

16

0

196

150,5

47,9

T10

16

0

250

179,19

56,79

T15

15

0

284

207,33

68,24

Validità

15

Le misure riportate nella tabella 5b sono state ottenute selezionando manualmente le ROI corrispondenti alle aree di vetro smerigliato (GG) e reticoli (RET) visibili alla scansione TC (Tab.6b).

Tab. 6b. Gruppo 3b (GG + RET).

N ROI

Min

Max

Media

Deviazione

standard

STIR

19

61

231

144,44

39,02

T0

19

649

901

760,56

72,89

T5

19

114

223

161,56

32,93

T10

19

128

292

189,89

39,05

T15

15

160

353

231,8

46,59

Validità

15

(31)

31

Le misure riportate nella tabella 5c sono state ottenute selezionando manualmente le ROI corrispondenti alle aree di reticolazione (RET) visibili alla scansione TC (Tab.6c).

Tab. 6c. Gruppo 3c (RET)

N ROI

Min

Max

Media

Deviazione

standard

STIR

8

64

239

124,38

60,26

T0

8

718

890

778,25

68,38

T5

8

135

182

169,38

14,65

T10

8

156

221

204

21,71

T15

8

181

314

255

37,43

Validità

8

Considerando come standard di riferimento la TC abbiamo assunto che il Gruppo 1 (TC e RM normali) rappresenta i pazienti senza alterazioni interstiziali e che le alterazioni di segnale alla RM valutate nel Gruppo 2 (TC normale e RM alterata) siano riferibili ad aree di stasi gravitazionale (“dependent area”).

Pertanto abbiamo concluso che le zone polmonari che presentavano alterazioni di segnale sia alla TC che alla RM (Gruppo 3) rappresentino il coinvolgimento interstiziale della sclerodermia e quindi le aree patologiche.

Le analisi statistiche mostrano che i valori STIR sono significativamente differenti tra il Gruppo 1 ed i Gruppi 2 e 3, e sono anche differenti tra il Gruppo 2 e il Gruppo 3 (p <

(32)

32

I valori di STIR e T1 non hanno mostrato differenze statisticamente significative all’interno dei 3 sottogruppi del Gruppo; pertanto non è stato possibile identificare dei valori che distinguessero i vari pattern patologici (GG; GG+RET; RET) (Fig. 5).

Fig.5 Valori STIR nelle zone di tessuto normale, nelle aree di stasi gravitazionale e nelle

zone patologiche.

Anche tutti i valori T1 prima e dopo contrasto (5,10 e 15) sono differenti tra il Gruppo 1 e i Gruppi2 e 3 ed anche tra il Gruppo 2 ed il Gruppo 3 (p < 0,0001) (Fig.6). Anche in questo caso la differenza tra i diversi pattern patologici non è risultata statisticamente significativa.

(33)

33

Fig. 6a. Valori T1 prima del contrasto nelle zone di tessuto normale, nelle aree di stasi

(34)

34

Fig. 6b. Valori T1 post contrasto (5 min) nelle zone di tessuto normale, nelle aree di stasi

(35)

35

Fig. 6c. Valori T1 post contrasto (10 min) nelle zone di tessuto normale, nelle aree di stasi

(36)

36

Fig. 6d. Valori T1 post contrasto (15 min) nelle zone di tessuto normale, nelle aree di stasi

gravitazionale e nelle zone patologiche.

I valori medi in T1, prima e dopo la somministrazione di Gadolinio, sono simili nelle aree di stasi gravitazionale e nelle zone di tessuto polmonare patologiche (GG +/- RET) (Fig. 7).

(37)

37

(38)

38

Fig.7b. Valori medi T1 nelle zone di tessuto polmonare patologiche prima e dopo somministrazione di Gadolinio.

Inoltre i pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi sulla base del peggioramento funzionale polmonare. I criteri adottati per definire la progressione sono stati:

 Le prove di funzionalità respiratoria ed in particolare lo studio della diffusione alveolo-capillare (DLCO) con riduzione di almeno il 15% del valore iniziale,

 la valutazione clinica da parte del reumatologo di riferimento.

Le caratteristiche dei due gruppi ottenuti sono riportate di seguito e semplificate nella tabella (Tab.7):

(39)

39

 Gruppo A: 20 pazienti non peggiorati dei quali 9 provenienti dal Gruppo 1, 5 provenienti dal Gruppo 2 e infine 6 appartenenti al Gruppo 3. In totale le aree di interesse (ROI) analizzate in questo gruppo erano 93.

 Gruppo B: 10 pazienti con peggioramento dei quali 1 proveniente dal Gruppo 1, 2 dal Gruppo 2 e 7 dal Gruppo 3. In questo caso le aree di interesse analizzate erano 42.

Tab.7

N Pazienti Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 N ROI

Gruppo A 20 9 5 6 93

Gruppo B 10 1 2 7 42

L'analisi statistica è stata effettuata per confrontare i valori medi delle 93 aree con quelli delle 41 aree dei pazienti con peggioramento polmonare, valutandole in ogni sequenza (STIR, T1 prima e dopo contrasto).

Come riportato in tabella (Tab.8) i valori medi di tutte le sequenze RM analizzate sono risultati significativamente diversi nei due gruppi, ed in particolare i valori del Gruppo B sono risultati quasi doppi rispetto al Gruppo A.

(40)

40

Tab. 8. Confronto dei valori medi delle aree polmonari tra i pazienti del Gruppo A e B

Peggioramento N aree Media Deviazione std. Errore std. p STIR 0 1 93 42 61 116 42 72 4 11 < 0,0001 <0,0001 T0 0 1 93 42 283 525 405 335 42 52 0,0001 0,0001 T5 0 1 93 42 80 149 102 77 11 12 <0,0001 <0,0001 T10 0 1 93 42 90 173 114 93 12 14 <0,0001 <0,0001 T15 0 1 93 42 97 193 128 108 14 17 <0,0001 <0,0001

Dopo aver identificato per ogni singolo paziente il valore medio di STIR delle aree misurate, abbiamo confrontato la media di questi valori nei pazienti peggiorati con quella dei pazienti non peggiorati (Tab 9).

(41)

41

Tab. 9. Confronto delle medie dei valori medi di ogni paziente tra il Gruppo A e B.

Peggioramento N paz Media Deviazione std. Errore std. p MeanSTIR 0 1 20 10 66 125 37 46 8 15 0,0001 0,0003

Come si può vedere dai risultati riportati, anche in questo caso il valore medio di STIR nei pazienti peggiorati è risultato circa il doppio rispetto a quello dei pazienti non peggiorati e la differenza è risultata statisticamente significativa.

Infine è stata eseguita l'analisi delle aree patologiche (GG, RET, GG + RET) per singoli pattern nei due gruppi (Tab. 10) ed i valori ottenuti nei due gruppi non hanno mostrato differenze statisticamente significative.

(42)

42

Tab 10. Confronto della media delle aree patologiche (GG, RET, GG + RET) tra i gruppi

A e B

Peggioramento N aree Media Deviazione std. Errore std. p STIR 0 1 18 24 120 142 40 46 9 9 0,128 0,121 T0 0 1 18 24 756 686 70 183 17 37 0,133 0,097 T5 0 1 18 24 149 166 36 39 8 8 0,124 0,114 T10 0 1 18 24 178 196 41 46 10 9 0,191 0,184 T15 0 1 14 24 220 231 58 57 15 12 0,573 0,576

(43)

43

5 Discussione

La TC è il gold standard per valutare il coinvolgimento polmonare nella sclerodermia, in particolar modo nel valutare quantitativamente e qualitativamente il quadro interstiziale.

La RM ha una minore risoluzione spaziale ma presenta due vantaggi principali: è priva di radiazioni ionizzanti ed ha la possibilità di combinare i dati morfologici con quelli funzionali.

Al momento le indicazioni all'utilizzo della RM nel polmone sono limitate ed includono: stadiazione del tumore polmonare18, malattie vascolari polmonari19, anomalie congenite (es. fibrosi cistica)20 o l'impiego in soggetti che non possono essere esposti a radiazioni (come donne in gravidanza, soggetti immunodepressi e bambini)21

Grazie ai miglioramenti tecnologici sono emerse tecniche che hanno aperto la strada ad un possibile utilizzo della RM nello studio del parenchima polmonare.

Alcune tecniche di RM sono state utilizzate, nei pazienti con malattia del connettivo, per valutare le complicanze polmonari come: la malattia interstiziale polmonare (ILD), emorragie alveolari e ipertensione polmonare.

La Velocity-encoded RM associata alla RM-cardiaca ha la potenzialità di sostituire le metodica tradizionale nella valutazione della severità dell'ipertensione polmonare28

La 3D time resolved contrast enhanced RM angiografia e la 3D CE perfusion MR con ultra-short echo time sono state introdotte per valutare la macro e microcircolazione polmonare29.

(44)

44

La valutazione con RM della ventilazione polmonare è stata proposta fin dal 2002 da Muller et al.30. Oggi l'avvento di tecniche funzionali, quale la RM che utilizza l'O2 puro come mezzo di contrasto inalatorio è considerata la tecnica più adatta da applicare nei pazienti con malattia del connettivo31.

Sulla base della letteratura preesistente il nostro studio ha analizzato il ruolo della RM nella valutazione del coinvolgimento polmonare nei pazienti con diagnosi di Sclerosi Sistemica.

Il lavoro si basa su una analisi retrospettiva di pazienti con diagnosi di SSc che si sono sottoposti ad indagine TC e RM nel medesimo giorno. Abbiamo utilizzato la TC come gold standard per riconoscere le aree patologiche nelle sequenze STIR e T1 prima e dopo contrasto nella RM.

Due radiologi (uno con 30 e l’altro con 5 anni di esperienza in radiologia toracica) hanno analizzato in cieco le immagini TC e hanno quantificato le alterazioni polmonari sulla base dello score “Scleroderma lung study”

Utilizzando quindi la TC come guida/gold standard per identificare le aree con alterazioni parenchimali siamo riusciti a dimostrare una differenza statisticamente significativa dei valori STIR e T1 nelle aree negative, aree di stasi gravitazionale e nelle aree patologiche. Le aree negative si caratterizzano per l'assenza di segnale sia alla TC che alla RM mentre le aree di stasi gravitazionale non erano evidenti alla TC ma risultavano evidenti alla RM. Questo è dovuto al fatto che le RM sono state effettuate in posizione supina mentre le TC sia in posizione prona che supina; quindi retrospettivamente siamo riusciti ad identificarle come aree di stasi gravitazionale (caratterizzate da accumulo di liquido).

(45)

45

La RM è stata eseguita in inspirazione completa, comportando una riduzione della densità protonica all'interno delle ROI con conseguente caduta del rapporto segnale-rumore nel polmone normale.

Abbiamo dimostrato che, prima della somministrazione di Gadolinio, i valori T1 nelle aree patologiche erano nettamente superiori rispetto alle aree di parenchima normali, Tali

risultati appaiono in accordo con i dati di Mirsadraee S. et al25 che hanno analizzato le

caratteristiche in T1 del pattern interstiziale in soggetti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF).

La differenza dei valori T1 tra le aree patologiche e quelle sane può essere spiegata dalla differente densità protonica e dai cambiamenti nella composizione del tessuto, probabilmente dovuta ad una più alta percentuale di acqua contenuta nelle aree di infiammazione oppure all'incremento della frazione macromolecolare nelle aree fibrotiche.

Mirsadraee et al.25hanno anche dimostrato che, sebbene le differenze tra le aree fibrotiche e quelle normali nei soggetti con IPF possono essere identificate con sequenza T1 senza mdc, la somministrazione di gadolinio è necessaria per identificare le iniziali variazioni di tessuto in senso fibrotico. Infatti, dopo la somministrazione di gadolinio, nelle aree fibrotiche l'accorciamento del tempo di rilassamento T1 continua anche dopo 20 minuti, a differenza del parenchima normale dove non si osservano più variazioni di intensità di segnale già dopo circa 10 minuti dalla somministrazione. In accordo con questi dati anche nel nostro studio le aree patologiche, dopo somministrazione di gadolinio, hanno un accorciamento del tempo di rilassamento T1 calcolato fino a 15 minuti, a differenza delle aree di parenchima normale.

(46)

46

Un discorso a parte va fatto relativamente alle aree di stasi gravitazionale, dove invece si osserva una riduzione del mdc ancora più lenta rispetto alle aree patologiche; infatti queste ultime mostravano una riduzione maggiore del mdc a 5 e 10 minuti. Tale reperto è probabilmente spiegabile con l’incrementata vascolarizzazione delle aree patologiche per il processo infiammatorio dell’interstizio.

Al momento in letteratura vi sono pochi studi riguardanti l'utilizzo della sequenza STIR, nella valutazione del parenchima polmonare. In realtà lavori molto recenti hanno valutato l'utilizzo delle sequenze pesate T2 con soppressione del grasso (Fast spinecho, multi-echo single shot, Ultra-short echo times) per identificare la malattia interstiziale polmonare e distinguere i possibili pattern. Come dimostrato da Yi et al.32 la sequenza T2 triple inversion black blood TSE riesce a distinguere le lesioni predominanti infiammatorie o fibrotiche all'interno dei due pattern di malattia interstiziale.

Pinal-Fernandez et al.33 hanno confermato la validità della sequenza T2 (ultrafast SE) nel riconoscere e classificare l'estensione della ILD in pazienti con SSc.

Nel nostro studio i valori STIR delle aree patologiche si sono rivelati significativamente più elevati rispetto a quelli delle aree normali in accordo con Buzan et al.34.

Inoltre le aree interstiziali patologiche presentavano valori di intensità di segnale più elevati delle aree di stasi gravitazionale, in possibile relazione alla presenza di una maggior percentuale di acqua presente nelle aree infiammate.

In disaccordo con Pinal-Fernandez et al.33 non siamo riusciti ad ottenere valori STIR significativamente diversi nelle aree patologiche che permettessero di distinguere i differenti pattern interstiziali; questo probabilmente è dovuto numerosità del campione non sufficiente in quanto avevamo 16 GG, 19 GG + RET, 8 RET.

(47)

47

Le aree di stasi gravitazionale avevano valori STIR più alti rispetto alle aree morfologiche normali probabilmente per l'aumento della densità protonica dovuta alla compressione esercitata dalle regioni anteriori sul tessuto polmonare elastico posteriore e/o per l'incremento del volume sanguigno per effetto gravitazionale.

Dopo aver dimostrato la validità delle due sequenze STIR e T1 nella identificazione delle aree patologiche, il lavoro si è focalizzato sulla possibilità di valutare la progressione del coinvolgimento polmonare in relazione ai valori della RM. I pazienti sono stati seguiti durante il follow up ed in base alle prove respiratorie funzionali ed alla valutazione del reumatologo di riferimento, sono stati divisi in due gruppi: pazienti con peggioramento della funzionalità polmonare e pazienti senza peggioramento.

Abbiamo quindi calcolato la media dei valori STIR e T1 delle aree appartenenti ai due gruppi (93 per i pazienti stabili e 42 per i peggiorati). La media sia dei valori STIR che T1 prima e dopo contrasto ha mostrato valori significativamente differenti nei due gruppi di pazienti; questo dimostra una correlazione tra i valori della RM e la progressione della malattia in accordo con Ohno et al.35 i quali hanno dimostrato come i valori medi di T2 nei soggetti normali e in quelli con malattia interstiziale polmonare siano risultati significativamente differenti e come abbiano mostrato una correlazione diretta con %VC, %DLCO e con la severità della malattia basata sulla TC.

Sulla base dei risultati ottenuti, la RM polmonare potrebbe essere utilizzata per identificare il coinvolgimento polmonare nei pazienti con SSc e valutare la sua evoluzione nel tempo. Anche se rimane da validare in un maggior numero di pazienti, per analizzare il ruolo nel distinguere gli specifici pattern interstiziali (GG +/- RET).

(48)

48

Questo studio ha dei limiti:

 la RM è stata effettuate in posizione supina e questo ha comportato la presenza delle aree da stasi gravitazionale ed una non corretta concordanza con la TC,

 in alcuni pazienti i reperti TC si trovavano ai campi inferiori del polmone e quindi questi non sono stati inclusi nelle immagini di risonanza,

(49)

49

6 Conclusioni

Il nostro studio ha dimostrato che la RM del polmone nei pazienti con Sclerodermia identifica le alterazioni polmonari della malattia (reticolazione e ground-glass) con valori di STIR e T1 pre e post contrasto significativamente diversi dal parenchima normale e dalle aree di stasi gravitazionale.

Inoltre i pazienti con valori di STIR e T1 significativamente maggiori hanno avuto una progressione clinica peggiore, pertanto l’utilizzo di questa metodica potrebbe essere utilizzata come esame di secondo livello nei pz con sclerodermia durante il follow up, permettendo una riduzione della quantità di radiazioni ionizzanti.

(50)

50

7 Ringraziamenti

A questo punto i ringraziamenti sono doverosi poiché tutte le persone che verranno citate sono state fondamentali per lo sviluppo e la realizzazione di questo lavoro.

Ringrazio il Prof. Emanuele Neri per avermi aiutato a trovare un argomento interessante e per avermi guidato durante tutto il periodo con i suoi preziosi consigli. Ringrazio il Dott. Fabio Falaschi per avermi accolto nel suo reparto e per la disponibilità dimostrata in ogni occasione. Ringrazio la Dott.ssa Chiara Romei per avermi seguito in ogni istante con pazienza e professionalità trasmettendomi la grande passione che dimostra per questa professione. Ringrazio la Dott.ssa Luna Gargani e il Dott. Daniele De Marchi, della Fondazione Gabriele Monasterio, per la preziosissima collaborazione e le ore di lavoro dedicate alla realizzazione di questo lavoro.

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51

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