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Dipartimento di medicina clinica e sperimentale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e
Chirurgia
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE INFERMIERISTICA ED OSTETRICA INVESTIRE NELL’ORGANIZZAZIONE E NELLA FORMAZIONE PER LA
GESTIONE DELLE LESIONI DA PRESSIONE
UN’ESPERIENZA AZIENDALE ORIENTATA AL PAZIENTE
RELATORI Dott.ssa Monica Scateni _____________________ CO-RELATORI Prof. Mario Petrini _____________________
Prof. Marco Romanelli _____________________ CANDIDATO
Dott.ssa Marilena Pradal
___________________________
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Indice
Introduzione 4
Capitolo 1: La responsabilità infermieristica 1.1 Aspetti generali 5
1.2 Le lesioni da pressione e concetti di responsabilità 5
1.3 Rilevanza deontologica e economica 6
Capitolo 2: Le lesioni da pressione e da dispositivi una realtà da affrontare 2.1 La cute 8
2.2 Il contesto Nazionale e Mondiale 9
2.3 Definizione e classificazione delle lesioni da pressione 10
2.4 La prevenzione dell’insorgenza delle lesioni da pressione nella pratica assistenziale 14
2.5 Definizione e classificazione delle lesioni da dispositivi 16
2.6 La prevenzione e il trattamento 18
2.7 Cenni sulle lesioni da pressione e da dispositivo nel neonato/bambino 19
Capitolo 3: il ruolo della dirigenza infermieristica nei cambiamenti assistenziali 3.1 Ruolo e funzioni del Dirigente Infermieristico 22
3.2 L’analisi organizzativa 22
3.3 La pianificazione 25
Capitolo 4: Strategie di intervento in Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana dalla teoria alla pratica 4.1 La formazione di base 27
4.1.1 Il progetto 27
4.2 Il problema della malnutrizione correlato alle lesioni da Pressione 30
4.2.1 Combattere la malnutrizione attraverso corsi di formazione aziendale 30
4.2.2I dati emersi 32
4.3Analisi del fenomeno 34
4.3.1Le indagini di prevalenza 34
4.3.2I dati emersi 37
4.4 Le lesioni da dispositivi nell’adulto e nel bambino 50
4.4.1 I dati emersi 54
3
4.4.3 Il percorso di miglioramento 57
4.4.4 Le lesioni da dispositivo nel neonato 59
4.4.5 I dati emersi a confronto 61
4.4.6 Il percorso di miglioramento 67
4.5 Le lesioni al tallone 70
4.5.1 I dati emersi a confronto 72
4.6 La Terapia a Pressione Negativa l’AOUP e il territorio 75
4.6.1 I dati emersi a confronto 76
4.6.2 I risultati ed i percorsi di miglioramento 79
4.7 L’informatizzazione come percorso di miglioramento 83
4.7.1 Il concetto di responsabilità e l’obbligo alla documentazione 83
4.7.2 La nascita del sistema Pleiade 84
4.7.3 I dati emersi a confronto 88
4.8 La consulenza infermieristica 92
4.8.1 Il progetto di consulenza infermieristica 92
4.8.2 L’infermiere esperto in wound care, l’esperienza dell’AOUP 96
4.8.3 Il progetto infermieristico in wound care 98
4.8.4 Primi risultati sulla consulenza e gli audit 102
4.8.5 Riepilogo attività del Wound Care 2011-2017 110
4.9 I progetti futuri 113
4.9.1 L’osservatorio 113
4.9.2 La simulazione in wound care 118
4.9.3 Le indagini di prevalenza e di incidenza 119
4.9.4 Il corso di Laura in Infermieristica 119
Capitolo 5: Discussione e conclusioni 120
Bibliografia 124
Ringraziamenti 126
4 A Massimo, il mio super cugino… e a te zio … perché le stelle adesso sono davvero più luminose.
Introduzione
Le Lesioni da Pressione sono da sempre argomento di discussione in ambito scientifico, data la loro enorme rilevanza sia da un punto di vista di impatto del paziente, che organizzativo, gestionale ed economico.
Per tale motivo l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP) mediante la Direzione Infermieristica e la UO Dermatologia ha voluto approfondire tale argomento, per verificare l’impatto reale di questa problematica e la conoscenza da parte del personale nella prevenzione e gestione.
Un primo approccio alla problematica è stata l’effettuazione dell’indagine di prevalenza nell’anno 2011 che ha posto in evidenza problematiche che non erano state prese in considerazioni e presenza di lesioni da pressioni in settori che non pensavamo, nonché l’assenza di qualsiasi strumento di orientamento per il professionista nella gestione di tale argomento.
I risultati della prima indagine sono stati la spinta per l’inizio di un percorso di sensibilizzazione teorico pratico per medici, infermieri e personale di supporto sulle Lesioni da Pressione (LdP) e sugli aspetti strettamente correlati quali quelli dietistici, fisioterapici e di responsabilità professionale.
Negli anni successivi sono state intraprese numerose azioni di miglioramento legate alla costruzione di strumenti procedurali per gli operatori e per i pazienti caregiver, oltre che strutturare dei percorsi ad hoc per quegli aspetti emersi come critici nelle indagini di prevalenza quali le lesioni da dispositivo e da tallone.
Infatti le altre indagini di prevalenza hanno confermato con un trend positivo di impatto, tutte le azioni di miglioramento che erano state promosse.
Un ulteriore impulso al miglioramento è stato quello di costruire strumenti di integrazione e formativi tra AOUP e territorio, nonché creare e implementare dei sistemi informatizzati di registrazione delle attività svolte.
Come ultimo punto di questo percorso si è studiata una nuova metodologia formativa, che oltrepassa il concetto di formazione in aula ma abbraccia il concetto di formazione on the job, infatti è stato individuato un infermiere esperto in wound care che in stretta collaborazione con il personale medico della UO Dermatologia effettua consulenza, audit e formazione direttamente all’interno dell’UO, ponendo così un percorso specifico di formazione sul caso.
Questa nuova metodologia iniziata alla fine dell’anno 2016 ha dato un forte riscontro positivo nella comunità professionale e ci sta dando l’opportunità di poter porre in essere sistemi di rilevazione del fenomeno ancora più efficaci, quali l’incidenza delle lesioni da pressione in tutte le degenze dell’AOUP.
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Capitolo 1 - La responsabilità infermieristica
1.1 Aspetti generali
Sulla base delle modifiche sociali, assistenziali e culturali inevitabilmente in questi anni la professione infermieristica ha subito molti cambiamenti e la normativa ha cercato di allinearsi alle profonde modifiche socio-culturali.
La responsabilità infermieristica è un concetto che da diversi anni è entrata in modo intrinseco nella professione grazie alla Legge 42/99 e all’abrogazione del “mansionario”.
Fino al D.P.R. n. 225/74 “il mansionario degli infermieri professionali” l’infermiere era legato a una sorta di elenco delle attività che poteva svolgere e ne rispondeva limitatamente alla corretta esecuzione e non al risultato finale della specifica attività. Con l’introduzione del D.M. n. 739/94 si ha la definizione del “Profilo professionale dell’infermiere”, infatti l’infermiere viene definito l’operatore sanitario che in
possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’Albo professionale è responsabile dell’assistenza generale infermieristica”.
La responsabilità assume in suo concetto globale con la Legge 42/99 nella quale si ha l’abrogazione del mansionario e viene definito il campo proprio di attività e di responsabilità della figura infermieristica.
Un’altra grande novità legislativa è la legge 251/2000 ove si sancisce nuovamente il concetto di responsabilità ma soprattutto di autonomia, come peraltro nel Codice Deontologico dell’infermiere 2009.
Tutte queste norme e l’evoluzione anche in ambito formativo universitario hanno comportato un grande cambiamento nello scenario professionale, ad oggi l’infermiere risponde a livello penale, civile, amministrativo (disciplinare, erariale) e deontologico del proprio agire quotidiano, che si è modificato in modo significativo passando da un’ottica di non autonomia e responsabilità in vigilando del medico ad una totale autonomia per il proprio ambito di competenza.
1.2 Le Lesioni da Pressione e concetti di responsabilità
Secondo quanto detto prima, emerge come all’esercizio della professione infermieristica sia intrinsecamente connessa la responsabilità dei propri atti.
Tali elementi non possono essere visti da soli, ma occorre verificare la sussistenza di un nesso eziologico tra il comportamento dell’infermiere e il pregiudizio subito dalla vita o dall’integrità fisica del paziente. Il nesso di casualità è essenziale poiché l’infermiere ha un’obbligazione di mezzi e non di risultato: infatti l’infermiere non può garantire che le lesioni da pressione non insorgano, ma deve garantire di aver erogato al paziente la migliore assistenza possibile sia in ambito di prevenzione che di gestione.
Nell’ambito delle lesioni da pressione, se si riesce a dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra l’erogazione dell’assistenza infermieristica e l’insorgenza di LdP, l’infermiere può essere chiamato a rispondere per un reato (lesioni personali, omicidio colposo, ecc).
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La responsabilità civile si ha qualora la condotta dell’infermiere, non concretizzandosi nell’ipotesi di reato, comporta effetti pregiudizievoli per la salute del paziente tali da determinare l’obbligo di provvedere al risarcimento del danno, come previsto dall’art. 2043 del C.C.
Per la responsabilità dell’operatore sanitario non è, d’altronde, necessario un contratto ma è sufficiente un contatto con il paziente. Questo è stato ribadito con la sentenza n. 19564 del 2004 dalla Corte di Cassazione che ha stabilito che, il rapporto professionale nasce anche in assenza di un vero e proprio contratto tra professionista e paziente, essendo sufficiente l’esistenza di un “contatto sociale” in quanto chi esercita la professione sanitaria ha precisi doveri di comportamento verso l’utenza. Detto questo si può affermare che l’infermiere che cagionerà, anche con la sola colpa, un danno ingiusto sarà tenuto ad un risarcimento.
Inoltre assume un aspetto di rilevante importanza a seguito delle ultime novità in ambito legislativo, anche il concetto di responsabilità disciplinare, che si identifica come quella forma di responsabilità che grava sul pubblico dipendente per la violazione di doveri di servizio.
Le sanzioni possono andare dal semplice rimprovero verbale, alla multa fino ad arrivare al licenziamento senza preavviso.
La comparsa delle lesioni da pressione possono ritenersi, talvolta, una sconfitta dell’assistenza infermieristica, a questo proposito il DPR del 14 gennaio del 1997 Ordinamento ed organizzazione dei servizi sanitari ed assistenziali, fa rientrare le LdP tra i 79 indicatori presenti per misurare l’efficacia e la qualità dei servizi erogati di una struttura sanitaria.
1.3 Rilevanza deontologica ed economica
Le lesioni da pressione sono un importante problema sanitario e sociale: causano sofferenza ed emarginazione, sottraggono dignità, assorbono risorse sanitarie e sono in buona parte evitabili con semplici gesti e interventi non troppo complessi.
Con l’abrogazione del mansionario e il nuovo Codice Deontologico (CD) del 2009, l’infermiere ha acquistato la piena autonomia per quelle che sono le sue attività e di conseguenza la completa responsabilità del suo operato. Ma se ciò vale a livello giuridico vale anche a livello deontologico.
L’infermiere sottoscrive quelle che sono le regole e disposizioni scritte nel codice deontologico e usa quest’ultimo come normativa di riferimento/orientamento per l’espletamento della sua professione.
Cagionare le lesioni da pressione per una gestione non corretta del paziente, significa andare contro a dei principi base della professione e del codice.
Le lesioni sono un argomento di studio in continua evoluzione e quelle causate da dispositivi medici sono invece un nuovo campo di studio. È quindi ovvio che l’infermiere ha il preciso dovere di tenersi aggiornato per quelle che sono le nuove conoscenze e tecnologie a disposizione, per poter fornire l’assistenza infermieristica più aggiornata possibile e non rimanere ancorato a preconcetti e credenze che sono stati smentiti dalla comunità scientifica, proprio come prevede l’art. 11 del CD.
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La prevenzione delle lesioni da pressione va anche inquadrata in un’ottica economica, come previsto dall’articolo 10: “L'infermiere contribuisce a rendere eque le scelte
allocative, anche attraverso l'uso ottimale delle risorse disponibili.”
Il numero limitato di studi italiani su quanto concerne l’impatto economico che hanno le LdP fanno si che questo sia un argomento difficile da trattare con dati alla mano. Secondo lo studio di Moore e collaboratori del 20121 è meno dispendioso in termini di
soldi e di tempo di lavoro infermieristico, il riposizionamento associato all’utilizzo di dispositivi antidecubito rispetto a dover trattare attraverso medicazioni avanzate, farmaci e tempo di lavoro infermieristico le lesioni già conclamate.
La prevenzione delle lesioni ridurrà, quindi l’impatto economico che si avrà nel trattarle. L’uso di tecnologie avanzate per la riparazione tissutale, i farmaci e medicazioni varie comportano un costo elevato che potrebbe essere ridotto attuando delle politiche preventive comuni per tutti gli infermieri.
1Zena Moore, Seamus Cowman and John Posnett. (2012). An economic analysis of repositioning for the prevention of
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Capitolo 2: Le lesioni da pressione e da dispositivi una realtà da
affrontare
2.1 La cute
La cute rappresenta l’organo più esteso e pesante del corpo umano, in un individuo adulto il rivestimento cutaneo si estende per una superficie di circa 1,5-2 m2 e presenta
un peso totale di 15 kg, con variazioni legate al sesso e allo sviluppo somatico individuale. Forma il rivestimento esterno di tutto il corpo compresi il meato acustico esterno e la superficie laterale della membrana timpanica. La cute continua poi con le mucose degli apparati respiratorio, digerente, urogenitale, con la congiuntiva e il rivestimento dei canalicoli lacrimali2.
La cute è formata da un epitelio pluristratificato altamente differenziato, l’epidermide, e da un’impalcatura connettivale ricca di strutture vasculo-nervose, il derma: quest’ultimo poggia su un tessuto adiposo organizzato in lobuli, l’ipoderma. Fanno parte della cute anche le strutture epiteliali e cornee, che nel loro insieme vengono chiamati annessi cutanei: l’unità pilo-sebacea, le ghiandole sudoripare e le unghie. Le caratteristiche cutanee sono differenti in una persona adulta, in un bambino, in un neonato a termine e in un neonato pretermine. (fig. 1)
Fig. 1 – Struttura della cute.
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Lo spessore della cute varia notevolmente secondo le zone corporee e in rapporto all’età, al sesso e allo stato nutrizionale. La sua struttura consiste in tre diversi tipologie di tessuto (dall’esterno verso l’interno): Epidermide, Derma e Ipoderma. La cute è dotata di specifiche funzioni, tutte di primaria importanza. Le principali sono: Funzione protettiva Funzione termoregolatoria Funzione secretiva Funzione neurosensoriale Funzione metabolica Funzione immunologica
(Fig. 2) Schema riassuntivo di struttura e funzioni della cute
2.2 Il contesto Nazionale e Mondiale
Gli anziani sono soggetti ad alto rischio per quanto riguarda la formazione di lesioni da pressione, la cui comparsa potrebbe portare ad ulteriori problematiche, quali dolore, rischio di infezioni ed aumento di mortalità. Negli USA le lesioni da pressione colpiscono dai 1,5-3 milioni di persone che nel 70% dei casi hanno più di 70 anni, comportando una spesa sanitaria di 5 miliardi di dollari all’anno3. Con
l’invecchiamento della popolazione e il cambiamento nei modelli di malattia, questo problema è destinato a crescere, a meno che non si adottino contromisure adeguate.
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Nei reparti per acuti l’incidenza di soggetti con lesioni da pressione può variare dallo 0,4 al 38%, nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) dal 2,2 al 23,9%, mentre nell’ambito dell’assistenza domiciliare dallo 0 al 17%4.
Ulteriori studi in ambito pediatrico mostrano che il fenomeno delle LdP tra i bambini è tutt’altro che trascurabile. La prevalenza di UdP in bambini ricoverati riportata dai vari studi varia dal 13,1 al 27,7% (Schlüer 2008, Groeneveld 2004), anche se per la maggior parte (76-85%) si tratta di UdP di categoria I (Groeneveld 2004, McLane 2004). Per quanto riguarda l’incidenza annua di nuove UdP, sono stati riportati valori oscillanti dal 4% fino al 18% tra i bambini ricoverati in pediatria intensiva (Díaz Alonso 2009, McLane 2004). Uno studio del 2009 condotto su bambini ricoverati di età compresa tra 0 e 11 anni ha identificato il 65% di loro come a rischio di sviluppare UdP (Schlüer 2009). Fino al 66% delle UdP in bambini riportate negli studi si sono sviluppate durante la permanenza in un setting clinico (McLane 2004)5.
Le LdP restano un problema comune in ambito ospedaliero, soprattutto nelle Terapie Intensive con circa la presenza di LdP nel 22%-49% dei pazienti ricoverati.6
2.3 Definizione e classificazione delle lesioni da pressione
Le LdP, sono alterazioni di determinate aree cutanee causate da pressione, frizione, trazione o da una combinazione di questi fattori. Le aree maggiormente colpite si trovano in corrispondenza delle prominenze ossee. Queste lesioni sono definite “da pressione” proprio perché una pressione eccessiva, più precisamente superiore ai 32 mmHg, prolungata e continuativa, è in grado di alterare la microcircolazione e comportare ischemia, quindi danno tissutale (fig. 3). Un paziente ospedalizzato assume per la maggior parte del tempo una posizione distesa a letto, questo porta a pressioni pari a 100-150 mmHg a livello del grande trocantere e 300 mmHg a livello della tuberosità ischiatica in posizione seduta; inoltre sono sufficienti due ore di pressione continuativa a 70 mmHg per portare a lesioni irreversibili.
4 Lyder CH. Pressure ulcer prevention and management. JAMA 2003
5Ulcere da pressione: prevenzione e trattamento. Regione toscana; Programma Nazionale per le Linee Guida, Istituto Superiore
di Sanità 2016 6
Berlowitz, D. (2014). Incidence and prevalence of pressure ulcers. In D. R. Thomas & G. A. Compton (eds.) Pressure ulcers in the aging population: A guide for clinicians (pp. 19–26). New York, NY: Springer.
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( Fig. 3) Eziologia
Cause: fattori sistemici
Età (modificazioni della cute); riduzione della motilità (malattie psichiatriche e neurologiche, sedazione farmacologica, dolore e fratture ossee); alimentazione e idratazione inadeguate; patologie arteriose e ipotensione;patologie croniche (diabete, insufficienza renale).
Cause: fattori locali
Pressione, attrito, forze di stiramento, aumento della temperatura a livello locale. Le ulcere da pressione sono soggette ad una classificazione eseguita tenendo conto di particolari criteri clinici nonché topografici e di stato. Prendendo in considerazione i criteri clinici, l’NPUAP/EPUAP/PPPIA, (National Pressure Ulcer Advisory Panel/ European Pressure UlcerAdvisory Panel/Pan Pacific Pressure InjuryAlliance) forniscono una classificazione del 2014 grazie alla quale possiamo notare come le lesioni siano divise in quattro stadi, ognuno con caratteristiche ben definite, più due ulteriori stadi.
CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONE DA PRESSIONE SECONDO L’NPUAP/EPUAP/PPPIA (fig. 4)7
(fig.4) I 4 Stadi delle lesioni da pressione
7 National Pressure Ulcer Advisory Panel, European Pressure Ulcer Advisory Panel, & Pan Pacific Pressure Injury Alliance.
(2014). Prevention and treatment of pressure ulcers: Quick reference guide. Retrieved from http://www.npuap.org/wp-content/uploads/2014/08/Updated-10-16-14-Quick-Reference-Guide-DIGITAL-NPUAP-EPUAP-PPPIA-16Oct2014.pdf
12 STADIO DESCRIZIONE I II III IV Lesioni non stadiabili Sospetto danno di tessuti profondi
Eritema non sbiancate. Cute integra con eritema non sbiancante in corrispondenza di una prominenza ossea. Nella cute di pelle scura lo sbiancamento potrebbe non essere osservabile. L’area può essere dolente, dura, molle, più calda o più fredda in confronto al tessuto adiacente.
Spessore parziale. Perdita di spessore parziale del derma che si presenta come un’ulcera aperta superficiale con un letto di ferita rosa. Può anche presentarsi come vescicola intatta o aperta/rotta ripiena di siero o di siero e sangue.
Perdita di cute a tutto spessore. Il tessuto adiposo sottocutaneo può essere visibile, ma l’osso, il tendine o il muscolo non sono esposti.
Perdita tissutale a tutto spessore. Perdita di tessuto a tutto spessore con esposizione di osso, tendine o muscolo. La profondità varia a seconda della regione anatomica.
Perdita di tessuto a spessore totale in cui la base dell'ulcera è coperta da tessuto devitalizzato (slough) (giallo, marrone chiaro, grigio, verde o marrone) e/o escara (marrone chiaro, marrone o nero) nel letto della ferita. Fino al momento in cui lo slough e/o l’escara non vengono rimossi per rendere visibile la base dell’ulcera, la vera profondità e pertanto la Categoria/Stadio non può essere determinata. L’escara stabile (asciutta, aderente, intatta senza eritema o fluttuanza) sui talloni serve come “copertura naturale (biologica) del corpo” e non deve essere rimossa. Perdita di tessuto a tutto spessore in cui l’effettiva profondità dell’ulcera è completamente nascosta da slough di colorito variabile e/o escara presenti sul letto della lesione. Se lo slough e/o l’escara non vengono rimossi per esporre la base dell’ulcera non è possibile stabilirne la profondità reale.
Area localizzata di color porpora o marrone-rossastro di cute integra, oppure vescica a contenuto ematico, secondaria al danno dei tessuti molli sottostanti dovuto a pressione e/o forze di stiramento. L’area potrebbe essere preceduta da tessuto che appare dolente, duro, molliccio, più caldo o più freddo rispetto al tessuto adiacente. Il danno dei tessuti profondi potrebbe essere difficile da individuare nelle persone di pelle scura. L’evoluzione potrebbe includere una sottile vescica su un letto di lesione di colore scuro. La lesione potrebbe evolvere ulteriormente ricoprendosi con un’escara sottile. L’evoluzione potrebbe esporre in tempi rapidi ulteriori strati di tessuto anche applicando un trattamento ottimale.
La classificazione topografica invece va a rapportare la posizione assunta dal soggetto alle sedi anatomiche nelle quali si formano le lesioni. La posizione infatti è un elemento fondamentale da tenere sotto controllo durante tutta la durata dell’assistenza al malato, parte che analizzeremo più approfonditamente quando tratteremo la prevenzione delle lesioni. Quindi possiamo ben capire che a seconda della posizione assunta dal malato determinate zone saranno più a rischio rispetto ad altre per ciò che riguarda l’insorgenza di lesioni da pressione.
La posizione supina (fig.5) espone ad un maggiore rischio la regione sacrale, le apofisi spinose vertebrali, la spina della scapola, la nuca ed i talloni.
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(Fig.5) - I punti maggiormente interessati dalla pressione quando il soggetto si trova in posizione supina
La posizione laterale (fig. 6) espone invece la regione trocanterica, la cresta iliaca, i malleoli, la parte esterna del piede, il padiglione auricolare, la spalla, il gomito ed il ginocchio.
(fig.6) - I punti maggiormente interessati dalla pressione quando il soggetto si trova in posizione laterale
La posizione prona (fig.7) vede maggiormente interessate la zona degli zigomi, il padiglione auricolare, le arcate costali, la spina iliaca antero-superiore e la regione temporale.
(fig. 7)- I punti maggiormente interessati dalla pressione quando il soggetto si trova in posizione prona
La posizione seduta (fig. 8) interessa maggiormente il gomito, il coccige, la regione ischiatica e le aree compresse dai bordi della sedia, dalle ciambelle o dai cuscini.
(fig. 8) - I punti maggiormente interessati dalla pressione quando il soggetto si trova in posizione seduta
La classificazione di stato, come dice il nome stesso, analizza tutti gli stati in cui può presentarsi una lesione. È importante ricordare la scala di Sessing:
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SCALA DI SESSING8
1.cute normale ma a rischio;
2.cute integra, ma iperpigmentata ed iperemia;
3.fondo e bordo dell'ulcera granuleggianti con presenza di modesto essudato; 4.tessuto di granulazione presente in limitata quantità, presenza di tessuto necrotico in zone limitate, essudato in quantità moderate;
5.escara necrotica, essudato abbondante e maleodorante, bordi ischemici; 6.essudato purulento, intenso odore, tessuto necrotico, sepsi;
7. ulteriore ulcerazione intorno all’ulcera primaria, essudato purulento, odore intenso, tessuto necrotico e sepsi;
Possiamo ben notare come questa scala ci permetta di fare una valutazione attenta della lesione prendendo in considerazione non solo lo stadio di quest’ultima ma anche parametri come il bordo, il fondo, l’odore, la presenza di essudato e l’escara necrotico secondo sette livelli di intensità.
La lotta alle lesioni da pressione dovrebbe essere sostenuta da programmi educativi che coinvolgano non solo il personale sanitario, ma anche le persone direttamente interessate ed i loro familiari. Dati a supporto dell’efficacia di questo tipo di intervento giungono dall’esperienza del programma “Pressure Ulcer Collaborative” della New Jersey Hospital Association che, dopo circa due anni dall’attivazione delle tecniche di prevenzione, ha ottenuto una riduzione dell’incidenza di nuove ulcere da pressione del 70%9.
2.4 La prevenzione dell’insorgenza delle lesioni da pressione nella pratica assistenziale
Abbiamo visto come l’insorgenza di lesioni da pressione sia influenzata da diversi fattori sistemici; questi necessitano di un percorso diagnostico-terapeutico appropriato. Tutti i pazienti con lesioni da pressione dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione psico-socio-cognitiva. In particolar modo dovrebbero essere analizzati lo stato affettivo, il supporto sociale, l’anamnesi farmacologica, la qualità degli strumenti di prevenzione per i pazienti a domicilio e la qualità della vita del paziente e quella del nucleo familiare; un’assistenza fornita quindi da un team multidisciplinare di specialisti10.
Il termine prevenzione indica un’azione diretta a impedire il verificarsi o il diffondersi di fatti non desiderati o dannosi. La prevenzione delle lesioni da pressione, basandosi su punti fondamentali, mira proprio a evitare che il paziente vada incontro a questo tipo di complicanze, che un gran numero di volte richiedono tempo e denaro per il raggiungimento di uno stato di guarigione.
8 Ferrel BA. The sessing scale for measurement of pressure ulcer healing. Adv Wound care 1997 9 Holmes A, Edelstein t. A pressure ulcer success story. Provider 2007
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La prevenzione si basa su:
1.valutazione del rischio: individuare i soggetti a rischio di sviluppare questo tipo di lesioni è di fondamentale importanza. Nell’arco degli anni sono state elaborate diverse scale di valutazione, ciò al fine di riconoscere prontamente le persone a rischio e mettere in atto le più idonee tecniche di prevenzione. La scala di Braden, è quella che attualmente viene utilizzata all’interno dell’AOUP e prende in considerazione diversi fattori: mobilità/attività, percezione sensoriale, umidità, frizione e scivolamento, nutrizione e perfusione tissutale/ossigenazione. A ciascuno di questi viene dato un punteggio che, se inferiore o uguale a 16 identifica un paziente a rischio, mentre un punteggio superiore a 16 indica un paziente a basso rischio. Tra le altre scale di valutazione ricordiamo quella di Norton, di Knoll e di Waterlow.
2.Un’alimentazione sana ed equilibrata, assumendo pasti leggeri; assumere molta acqua per mantenere la cute ben idratata. È fondamentale far assumere al soggetto a rischio il giusto quantitativo di minerali, proteine, vitamine e calorie, in quanto, la malnutrizione, incide sulla formazione delle lesioni. Se l’alimentazione si presenta inadeguata, si dovrebbero prendere in considerazione interventi come la nutrizione enterale o parenterale, sempre che ciò sia compatibile con le condizioni cliniche del soggetto.11 Le cause di malnutrizione nell’anziano possono essere suddivise in mediche e sociali. Le prime riguardano il fumo, l’alcolismo, la difficoltà nella salivazione, bronchiti croniche, enfisema, gastrectomia e cattiva dentizione. Le seconde invece riguardano l’incapacità di uscire, vivere soli, pasti irregolari, povertà e depressione. La valutazione dello stato nutrizionale richiede l’utilizzo di diversi metodi diagnostici. Le tecniche di valutazione possono essere suddivise in12: cliniche, bioumorali, antropometriche. Il ruolo degli infermieri nella gestione della nutrizione è divenuto sempre più importante, mostrandosi un contributo valido per il miglioramento dell’assistenza. Per la valutazione dello stato nutrizionale esistono diversi strumenti rintracciati attraverso una revisione della letteratura, si prende in considerazione il Malnutrition universal screening tool (Must) adottato all’interno dell’AOUP. È fondamentale una buona collaborazione e un’attenta valutazione multidimensionale e multidisciplinare tra infermieri, medici e dietisti.
3.Curare la cute: ispezionare regolarmente la cute; tenere conto di tutti i cambiamenti a livello cutaneo ed istruire il personale a eseguire una valutazione completa ricercando eventuali arrossamenti, edema, calore e durezza. Utilizzare prodotti emollienti per mantenere la cute ben idratata, in quanto la secchezza eccessiva è un fattore di rischio, ed utilizzare un prodotto barriera13.
4.Evitare l’umidità nei settori a rischio.
11 Wallace 1994, Meyer 1994, Gray 2001, Thomas 2001, Benati 2001, www.epuap.org
12 L. Bissoli, M. Zamboni, G. Sergi, E.ferrari, O.Bosello, Linee Guida per la valutazione della malnutrizione nell’anziano, Giorn Gerontol 2001
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5. Ridurre la compressione nelle zone a rischio grazie alla mobilizzazione del paziente. Il cambio posturale dovrebbe essere eseguito ogni 2 ore. Ai pazienti non più in grado di deambulare autonomamente dovrà essere garantita, dove possibile, la mobilizzazione in poltrona o carrozzina. Ai pazienti totalmente allettati dovrà essere garantita una mobilizzazione passiva.
6. Utilizzare i presidi antidecubito a disposizione per ridurre la compressione.
7. Una corretta igiene personale;ad esempio, anche i fattori ambientali sono importanti per la prevenzione: la scarsa umidità dell’aria (meno del 40%) e l’esposizione al freddo aumentano infatti il rischio di lesioni.14 La cute nella zona perineale deve essere tenuta sotto controllo per verificare l’eventuale presenza di dermatite conseguente a incontinenza, che si presenta con lesioni eritemato-desquamative o crostose con eventuale presenza di vescicole e/o di essudazione, accompagnate da prurito. Occorre quindi utilizzare ausili di continenza (per esempio condom) e passare alla cateterizzazione se altri metodi risultano inefficaci15. Dopo ogni evacuazione bisogna pulire subito la cute per evitare l’esposizione prolungata con urine e/o feci. È consigliato anche l’utilizzo di agenti topici che agiscano da barriera16. Le ulcere già presenti devono essere protette da feci e/o urine con
medicazioni impermeabili all’acqua.
8. Protezione dai fattori estrinseci: pressione, attrito e forze
9. Corretta medicazione della lesionee nei casi specifici applicazione della terapia a pressione negativa
2.5 Definizione e classificazione Lesioni causate da dispositivi medici
Esistono particolari tipi di ulcere da pressione causate dai dispositivi medici che sono meno conosciute da un punto di vista assistenziale, spesso sono localizzate alla cute o tessuto sottostante come conseguenza di un utilizzo non corretto di un Dispositivo
Medico (DM).17
Le categorie di pazienti più a rischio di sviluppare questo tipo di lesioni sono i pazienti delle aree critiche e i pazienti pediatrici.18
I DM sono quei presidi usati per il monitoraggio del paziente e per la somministrazione terapeutica quali cannule artero-venose, sondino naso-gastrico,
14 SNLG-Regioni–linea guida consiglio sanitario regionale regione toscana, Ulcere da pressione: prevenzione e trattamento, 2016 15 SNLG-Regioni–linea guida consiglio sanitario regionale regione toscana, Ulcere da pressione: prevenzione e trattamento, 2016 16 SNLG-Regioni–linea guida consiglio sanitario regionale regione toscana, Ulcere da pressione: prevenzione e trattamento, 2016 17 Joyce M Black, Janet E Cuddigan, Maralyn A Walko, L Alan Didier, Maria J Lander, Maureen R Kelpe (2010). Medical device related pressure ulcers in hospitalized patients. International Wound Journal, volume 7, issue 5, pages 358-365
18Apold J., Rydrych D. (2012). Preventing device-related pressure ulcers: using data to guide statewide change. Journal of Nursing Care Quality 27(1): 28-34.
17
dispositivo per l’ossigenoterapia (invasiva e non invasiva), catetere vescicale, dispositivi per monitorizzazione del paziente,etc.
Oltre ai dispositivi medici le lesioni possono originare anche dai loro sistemi di fissaggio/ancoraggio quali cerotti, elastici e lacci comunemente usati che possono irritare e lesionare la cute più sensibile nei pazienti critici (fig. 9).
(fig. 9) lesione da cerotto per ancoraggio SNG in adulto
Le Lesioni da pressione causate da dispositivi medici seguono una patogenesi simile alle lesioni da pressione, ma sono in stretta relazione al dispositivo medico o nel suo punto di emergenza, al suo posizionamento e al suo sistema di fissaggio/ancoraggio. Come per le lesioni classiche uno stato di polipatologia, che caratterizza i pazienti delle aree critiche, associato a una compromissione dello stato di coscienza comporterà una maggiore probabilità di sviluppare lesioni da pressione atipiche. Esistono dei fattori di rischio specifici per le LdP causate da DM:
I DM sono una componente essenziale per il trattamento del paziente e spesso hanno un sito di posizionamento unico (per esempio le cannule arteriose), che porta a un’impossibilità di rimozione o di rotazione del dispositivo stesso, creando una pressione costante sulla cute, la cute nel sito di emergenza o fissaggio del DM è più sensibile quando vi è una minore presenza di tessuto adiposo, al di sotto del DM si crea un microclima determinato da un’aumentata umidità della cute che facilita l’insorgenza della lesione, i sistemi di fissaggio utilizzati sono pochi e spesso inadatti, alcuni sistemi di fissaggio vanno a coprire l’emergenza del DM e della cute sottostante che quindi non è visibile nell’immediatezza, il mancato controllo del posizionamento dei dispositivi o delle loro prolunghe dopo la movimentazione del paziente
Le lesioni causate da DM sono facilmente riconoscibili perché mimano la forma del dispositivo che è causa della lesione e perché si sviluppano nelle zone adiacenti (fig. 10).
18 Fig. 10 - Impronta lasciata dal bracciale per la pressione sul braccio di un
paziente
Le alterazioni dello stato di coscienza e/o percezione dolorifica giocano un ruolo fondamentale perché limitano le possibilità del paziente di dichiarare il suo malessere.19
2.6 La prevenzione e il trattamento delle lesioni da dispositivo
La prevenzione delle lesioni da pressione causate da dispositivi medici è simile a quella per le lesioni da pressione. Secondo Black et al. 2010 la valutazione fatta con la scala di Braden non ha mostrato significative differenze tra i pazienti che hanno sviluppato LdP e quelle correlate ai DM.
È sicuramente fondamentale incrementare il livello di attenzione e di cautela nell’uso e posizionamento del DM20, seguendo delle indicazioni valide per tutti i dispositivi: valutare la cute attorno al dispositivo;
posizionare attentamente il dispositivo, senza sovrapposizioni, nel caso di più dispositivi nella stessa area corporea;
utilizzare presidi antidecubito che proteggano la pelle dal dispositivo; la medicazione applicata al presidio e/o alla cute deve essere adeguata;
il fissaggio deve essere idoneo, non troppo stretto e possibilmente alternatodi posizione;
accertarsi che i dispositivi o i mezzi di fissaggio non rimangano al disotto del paziente.
19Joyce M Black, Janet E Cuddigan, Maralyn A Walko, L Alan Didier, Maria J Lander, Maureen R Kelpe (2010). Medical device related pressure ulcers in hospitalized patients. International Wound Journal, volume 7, issue 5, pages 358-365.
20Jaul E. (2001). A prospective pilot study of Atypical pressure ulcer presentation in a skilled geriatric nursing unit. Ostomy Wound Managenent 57 (2): 49-54
19 2.7 Cenni sulle lesioni da pressione e da dispositivo nel neonato/bambino
Come per l’adulto anche il neonato/bambino può presentare lesioni da pressione e/o da dispositivi medici, legata alla fragilità di questa tipologia di questi piccoli pazienti e ai numerosi dispositivi intensivi utilizzati.
Ci sono alcuni dispositivi medici che possono produrre lesioni in particolare: 1.braccialetto identificativo
2.sng o ad inserzione orale
3.dispositivi ventilatori: mascherine e cannule NIV e HFVO, TET e relativi cuffie, lacci e medicazioni di fissaggio
4.dispositivi di monitoraggio: bracciale PA, sonda T° corporea, elettrodi ECG, elettrodi EEG, elettrodi pCO2
5.accessi vascolari: CVP, CVO, PICC
6.dispositivi adesivi come i sacchetti per la raccolta urine 7.medicazioni adesive di fissaggio
8.terapia con ipotermia terapeutica
9.prodotti ad uso topico come disinfettanti, solventi, alcol, ecc (fig. 10)
(fig. 10) Dispositivi medici ad uso neonatale correlati all’aumento del rischio di lesioni cutanee
Anche le lesioni da strappo (rimozione traumatica di presidi adesivi e cerotti), rappresentano un rischio costante nei neonati e nei bambini ospedalizzati poiché largamente utilizzati per fissare i presidi alla cute (fig. 11).
20
Un altro importante problema non legato alla pressione ma che può comportare numerose complicanze alla cute è la dermatite da incontinenza è un esantema puntiforme di colore rosso che interessa la zona perineale, causata da umidità cutanea, irritanti biochimici e un aumento del pH cutaneo. L’aumentato pH può riattivare gli enzimi fecali che portano ad attaccare parti dello strato corneo danneggiando così la funzione barriera della cute. I fattori aggravanti includono una scarsa cura della cute, presenza di microrganismi, anomalie delle vie urinarie, diarrea e l’uso di antibiotici ad ampio spettro.
Le lesioni da pressione nel neonato rappresentano un aspetto poco indagato poiché la popolazione pediatrica viene erroneamente ritenuta non a rischio o meno a rischio rispetto alla popolazione adulta. I dati sono molto dissimili tra loro in rapporto ai setting studiati, alle fasce d’età e al tipo di studio.
Alcuni studi indicano una prevalenza del 27 % nelle terapie intensive pediatriche e 23 % nelle terapie intensive neonatali21 e una prevalenza del 35% di cui l’80% ha una LdP di I grado (Schluer et al.,2012). L’insorgenza avviene entro le 48 ore dell'ingresso (Curley et al., 2003), di cui il 50% è attribuibile a dispositivi medici
(BaharestaniRatliff, 2007; Willock et al., 2005) (fig.13)
(fig. 13): lesione da pressione occipitale
La valutazione del rischio di sviluppare lesioni cutanee22 è una fase importante per la loro prevenzione, perché consente di individuare quali sono i soggetti a rischio.
In questa fase entrano in gioco le linee guida e le procedure, con lo scopo principale di uniformare i comportamenti degli operatori, di garantire una corretta prevenzione e tracciabilità delle valutazioni effettuate e degli eventuali trattamenti eseguiti.
La valutazione del rischio di lesioni della cute deve essere rivolta a tutti i neonati, con particolare attenzione ai nati gravemente pretermine (23-30 settimane), ai pazienti che richiedono supporto respiratorio tipo ncpap/biphasic e di tipo invasivo, ai pazienti con lesioni già presenti al momento della presa in carico o intercorse durante la degenza,
pazienti sottoposti a trattamento ipotermico e pazienti affetti da malattie neurologiche.
21Baharestani MM., Ratliff CR. Pressure ulcers in neonates and children: an NPUAP white tape. Advances in Skin & Wound
Care, 2007
22Skincare guidelines for babies in NICU 3.05. John Hunter Children’s Hospital, 2011; Risk Assessment & prevention of
21
La Neonatal Skin Risk Assessment Scale (NSRAS) risulta essere la scala maggiormente indicata per la valutazione dei pazienti in Terapia Intensiva Neonatalecon applicazione ogni 12 ore. E’una derivazione della scala di Braden e misura i sei parametri relativi ai neonati tra le 26 e le 40 settimane di età gestazionale.
Il punteggio è compreso tra 6 e 24 e, diversamente dalla scala di Braden, un basso punteggio indica un basso rischio di sviluppo di ulcere da pressione.
La prevenzione di questo tipo di lesioni si effettua attraverso la riduzione e la ridistribuzione della pressione:
1. Variare postura al neonato ogni 3 – 4 ore.
2. Usare dispositivi anti decubito (materassi in gel o schiuma,ecc…).
3. Proteggere la cute usando medicazioni barriera idrocolloidi o film su cui fissare i cerotti e/o i presidi potenzialmente a rischio
4. Verificare che i dispositivi medici e quelli anti decubito siano della giusta misura.
5. Verificare la tensione e il fissaggio del dispositivo. 6. Verificare la corretta posizione dei dispositivi medici
7. Evitare di creare punti di pressione fissi pianificando la rotazione dei vari dispositivi e variare la posizione dei sensori cutanei
8. Rimuovere i dispositivi ad intervalli regolari e verificare l’integrità cutanea 9. Registrare le ispezioni e le rotazioni nella documentazione infermieristica
Un aspetto da porre in evidenza è la sensibilizzazione da parte del personale sanitario alla rilevazione e gestione del dolore mediante la rilevazione a scadenze prestabilite con scale apposite e protocolli ad hoc.
22
Capitolo 3: Il ruolo della Dirigenza Infermieristica nei cambiamenti
assistenziali
3.1 Ruolo e funzioni del Dirigente Infermieristico
Il dirigente infermieristico è un professionista sanitario laureato magistrale che svolge il suo ruolo e le sue funzioni in virtù di una numerosa normativa a partire dal 1925 ad oggi, con la Legge 251/2000 che ne definisce l’autonomia.
Il dirigente infermieristico partecipa attivamente e si esprime all’interno del governo dell’azienda sanitaria contribuendo ai processi decisionali.
Mantiene costantemente i contatti con l’assistenza e riesce a definire in modo concreto le priorità di intervento sulla base della realtà aziendale e delle evidenze disponibili, in confronto ad ulteriori realtà nazionali ed internazionali.
Ha funzioni specifiche tipiche del ruolo ricoperto quali: la pianificazione, la gestione, l’organizzazione, la direzione, lo sviluppo delle risorse umane e la valutazione ed il controllo delle attività.
In Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana si è ritenuto di fondamentale importanza investire in tale tematica al fine di poter creare e promuovere un cambiamento su più fronti: formativo, metodologico ed organizzativo, per poter garantire le migliori prestazioni al paziente ed una gestione corretta sulla base delle migliori evidenze scientifiche.
Il Direttore Infermieristico avvalendosi delle sue strutture di riferimento, e dell’approvazione Direzionale può incentivare e favorire il cambiamento.
3.2 L’analisi organizzativa
Per poter promuovere qualsiasi tipo di cambiamento è necessario porre in essere un’analisi di tipo organizzativa il più possibile razionale ed efficiente, che ponga in essere interventi per la risoluzione dei problemi quotidiani nonché quelli volti al miglioramento delle condizioni operative.
La Direzione Infermieristica in stretta collaborazione con la UO Dermatologia, ha posto in essere un’analisi organizzativa a partire dall’anno 2011/2012 per cercare di identificare il fenomeno e mettere in evidenza eventuali problemi mettendo a confronto i rapporti di causa/effetto, finalizzati a comprenderne i motivi ed intervenire in modo costruttivo valorizzando le esperienze e le professionalità presenti in Azienda.
L’analisi sistemica è il fondamento teorico dell’analisi organizzativa, poiché agevola una visione globale e ordinata dei fenomeni e aiuta a cogliere i nessi esistenti fra gli elementi del sistema ed il sistema nel suo contesto.
23
Non è possibile risolvere alcun problema organizzativo se l’analisi è limitata ai singoli fattori determinanti, senza tenere conto delle connessioni e delle interdipendenze tra questi fattori
Sebbene ogni elemento sia collegato e influenzi tutti gli altri, in ogni sistema organizzativo esistono delle influenze critiche, dei rapporti che prevalgono sugli altri. Pertanto abbiamo voluto mostrare e rappresentare graficamente l’organizzazione che si vuole studiare (l’ospedale) come un cerchio con due aperture verso l’esterno, una a destra e una a sinistra, il cerchio separa il sistema dal resto della realtà che lo circonda, le due porte rappresentano una l’ingresso (fattori di entrata o input di sistema) e l’altra l’uscita (servizi erogati o output di sistema), ovvero i punti di contatto con l’esterno.23
La finalità di questa analisi è cercare di controllare ed influenzare al meglio i fattori di ingresso, amministrandoli e modificandoli adeguatamente all’interno del sistema, al fine di raggiungere gli scopi che la stessa organizzazione di prefigge.
Differentemente da un’analisi di sistema classica che vorrebbe analizzare una realtà organizzativa (l’ospedale, il dipartimento, il distretto ecc), noi abbiamo voluto analizzare un processo all’interno del Dipartimento Inf.co mediante questo strumento. (schema 1)
23 Strumenti di management per il coordinatore delle professioni sanitarie McGrawHill Annalisa Pennini -2013 Management
24
Dall’analisi posta è emerso che il progetto LdP è sicuramente un percorso complesso che necessita di due elementi fondamentali, la specializzazione nel settore e la necessità di coordinamento/integrazione.
Alcuni dei problemi emersi:
1) Gestione del medesimo problema in modi diversi tra UUOO e tra professionisti 2) Assenza di una analisi del fenomeno
3) Differenti visioni del problema da parte delle varie professioni che non si integrano tra loro
4) Scarsa conoscenza del problema da parte dei professionisti sia in termini di quantificazione del fenomeno che di gestione e prevenzione delle stesse
(schema 1) FATTORI DI INGRESSO DIREZIONE INF.CA PROCESSO: LE LDP SERVIZI IN USCITA Tempo Risorse economiche Ambienti fisici Tecnologia n. operatori Professionalità Stili di comportamento Contesto economico Valori sociali Legislazione normativa EBN
Variabili di contesto interno:
Individuali (motivazione al progetto, competenze nel settore, esperienza, bisogni del gruppo ecc)
Sociali (rapporti tra direzione inf.ca e dermatologia che definiremo nucleo operativo, strutture aziendali direzionali e non e nucleo operativo, professionisti, paziente ecc.)
Tecniche (disponibilità di strumentario, presidi ecc.) Istituzionali (azienda pubblica con rapporti estar)
Educazione socio-sanitaria Prevenzione Diagnosi Terapia Riabilitazione Sviluppo professionale Impatto su prevalenza e incidenza
Diminuzione del dolore
Diminuzione tempi di degenza
Struttura di base:
Dipartimenti, UUOO
Divisione Gerarchica nel progetto:Direz. Aziendale, Direzione inf.a, Dermatologia, UUOO
Funzioni: Direttiva, di programmazione, organizzativa, esecutiva
Ambiente fisico: presenza di locali, tecnologie e abilità Organico: medici, infermieri e OSS
Ripartizione risorse tecnologiche ed economiche: in ottica trasversale e di dipartimento
Meccanismi operativi:
Impostare, modificare e utilizzare criteri di decisione, valutazione e controllo, sistema informativo, metodologie di lavoro, utilizzo adeguato materiale tecnologico e congruo utilizzo risorse economiche
Processi sociali: saper individuare e analizzare comportamenti di accettazione, rifiuto, compensazione e leadership
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5) Necessità di creazione di strumenti per uniformare le attività basate su prove di efficaciae corretta applicazione delle stesse
6) Non applicazione degli strumenti presenti
7) Mancanza di una figura di coordinamento aziendale delle attività 8) Mancanza di un sistema informativo
9) Mancanza di momenti di integrazione e/o formazione interprofessionale 10)Scarsa formazione nel settore
11)Difficoltà nei rapporti con il territorio per scarsa comunicazione o mancanza di strumenti di integrazione
12)Sotto stima da parte dei professionisti del problema
13)Mancata conoscenza delle problematiche medico-legali legale alle LDP
14)Mancata conoscenza dell’utilizzo di strumenti (es. Terapia a pressione negativa) 15)Scarsa conoscenza delle medicazioni ordinabili e il loro uso
16)Sottovalutazione del problema delle lesioni da dispositivi
17)Scarsa conoscenza dell’importanza di individuare la malnutrizione in pazienti a rischio e degli strumenti da utilizzare
3.3 La pianificazione
Pianificare significa esplicitare in anticipo quello che un sistema organizzativo deve fare in un certo tempo, affinché tutte le azioni svolte nel periodo prefissato siano dirette a determinati obiettivi24.
La pianificazione in un processo direzionale è necessaria perché aiuta ad orientare verso i risultati che si intende ottenere, induce a guardare al di là dei bisogni immediati, favorisce il pensiero analitico e proattivo, favorisce la valutazione della qualità e pone le basi per lavorare in termini di efficienza.
Per pianificare sono state utilizzate delle tecniche di previsione nello specifico è stato utilizzato un piano di Gantt annuale, posto in essere al primo anno e aggiornato/modificato nell’anno successivo a seconda dei risultati raggiunti.
Il diagramma ha lo scopo di tenere sotto controllo tutte le attività che compongono una procedura complessa, che sarebbe difficile monitorare facendo affidamento solamente sulla propria memoria; tutte le attività che compongono un determinato processo vengono elencate in modo che se ne possa conoscere la durata prevista e la sequenza di svolgimento. L’importanza è scomporre ogni processo in una serie di attività semplici, delle quali sia possibile stabilire a priori la durata.
Al fine di controllare e gestire correttamente il fenomeno delle lesioni da pressione è stato strutturato un piano pluriennale e sei piani annuali congruenti tra loro sulla base dell’analisi organizzativa posta.
26
Mettere in atto un processo di cambiamento che possa avere la possibilità di migliorare le situazioni organizzative alle quali viene applicato, significa intraprendere un percorso più o meno lungo che tenta di incanalare tutte le risorse disponibili verso il raggiungimento di determinati obiettivi.
In questi anni dove è stato impostato un profondo cambiamento organizzativo e culturale, alla fine di ogni anno sono stati confrontati i risultati raggiunti con quelli previsti (sia in termine di rispetto dei tempi, che di impatto assistenziale) gli scostamenti dai tempi previsti e le relative motivazioni, il consumo di risorse rispetto a quello previsto e le cause di ogni scostamenti.
In ogni progetto che andremo ad analizzare di seguito in premessa saranno brevemente affrontati questi temi.
27
Capitolo 4: Strategie di intervento in Azienda Ospedaliero Universitaria
Pisana dalla teoria alla pratica
4.1 La formazione di base
Il primo progetto formativo promosso nel secondo trimestre del 2011 in AOUP sull'argomento delle LdP si è svolto all'interno del Dipartimento di Neuroscienze ed ha coinvolto un gruppo di lavoro infermieristico coordinato da infermieri esperti in wound care, rischio clinico e dietisti.
L’idea di promuovere un tale percorso è scaturita dalla necessità di diffondere le linee guida della Regione Toscana e quelle dell’EPUAP/NPUAP aggiornate ed emanate in quel periodo. Tuttavia prima di procedere alla strutturazione del programma formativo si è voluto porre un’analisi sulle effettive conoscenze del personale infermieristico su tale questione, il questionario (come sotto riportato) è stato somministrato a tappeto nella prima sede di formazione (dipartimento di neuroscienze) e a seguire in tutta l’azienda a mano a mano che si creavano nuovi percorsi formativi.
I dati emersi sono stati molto interessanti e ci hanno aiutato a creare un percorso modellato sulle singole realtà, è emerso infatti che mancavano le basi teoriche, che era assente un protocollo/una procedura che potesse orientare il professionista ed inoltre mancava la parte pratica sulla gestione concreta della lesione.
4.1.1 Il progetto formativo
Sulla base dei feedback riscontrati durante il primo percorso formativo la Direzione Inf.ca in stretta collaborazione con la UO Dermatologia, ha pianificato un percorso di due anni di formazione permanente di base rivolta al personale medico, infermieristico e di supporto partita ilprimo semestre del 2011 completandola alla fine dell'anno 2012.
Il programma formativo presentava una linea generale, che veniva adattata alle esigenze emerse nel questionario approfondendo un punto specifico piuttosto di un altro.
I professionisti coinvolti in qualità di docenti erano medici e infermieri esperti in Wound Care della UO Dermatologia e della Direzione inf.ca, fisioterapisti, dietisti, e rischio clinico vista la peculiarità dell’argomento infatti abbiamo deciso di fare delle simulate specifiche sia cliniche che di confronto.
Gli argomenti affrontati sono stati:
Concetti di responsabilità professionale, Presentazione risultati del questionario somministrato al personale infermieristico, Linee guida Regione Toscana/EPUAP e NPUAP, Presentazione studio di prevalenza anno 2011,Valutazione, prevenzione e trattamento infermieristico,Conoscenze di base sulle ulcere da pressione (Definizione, Eziologia, Stadiazione) Pazienti a rischio, La valutazione nutrizionale, la dieta iperproteica nel trattamento; (aspetti dietetici) secondo le Linee guida Regione Toscana, Valutazione, prevenzione e trattamento (aspetti infermieristici) e discussione casi clinici, Aspetti
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Introduttivi: La postura, gli ausili, la mobilizzazione del paziente (aspetti fisioterapici), La postura, gli ausili, la mobilizzazione del paziente (aspetti fisioterapici) secondo le LG della Regione Toscana, Rischio clinico e presentazione e revisione di casi clinici attraverso modulo M&M.
Dal secondo semestre del 2011 è stata aggiunta anche la procedura aziendale (PA 88) “Prevenzione e trattamento delle Ulcere da Pressione nell’adulto e nel bambino”.
I risultati del corso di formazione sono stati molto buoni sia in termini di partecipazione che di qualità percepita, sono stati formati circa 995 (in particolare sono stati formati sul problema 784 infermieri, 139 OSS, 72 medici) per un totale di 995 partecipanti, l’obbiettivo che volevamo raggiungere è stato quello di coinvolgere a tappeto tutte le UUOO, coinvolgendole a livello Dipartimentale.
Negli anni successivi sono stati proposti ulteriori percorsi di base trasversali a tutte le UUOO e numerosi altri percorsi di formazione avanzata, che saranno descritti più avanti. Come già detto un altro problema è stato quello dell’assenza di documento a supporto dell’attività assistenziale, pertanto si è costituito un gruppo di lavoro in parallelo al percorso formativo promosso nel primo semestre del 2011 che ha contribuito alla realizzazione di un protocollo di prevenzione e trattamento delle ulcere da pressione (LdP) nell'adulto e nel bambino (PA88), documento che ha visto la partecipazione di esperti in dermatologia, infermieristica, rischio clinico, wound care, dietistica, fisioterapia ad oggi già alla quarta revisione, approvato dalla direzione aziendale, dalla sez. qualità ed accreditamento dell'AOUP e diffuso nei professionisti di tutta l'Azienda.
Il documento contiene degli strumenti di registrazione fondamentali, creati appositamente per la corretta gestione delle LdP, una scheda di valutazione iniziale del paziente all'ingresso che va oltre l'individuazione del paziente a rischio e/o delle lesioni presenti, ma prende in considerazione anche il dolore, la terapia e le medicazioni nonché le successive rivalutazioni.
Sono inoltre presenti schede per il monitoraggio del cambio postura, l'indice di Braden per favorire l'individuazione dei pazienti a rischio, ed è stato costruito un regolo di dimensioni del taschino della divisa che possa consentire una veloce risposta ai quesiti quali dimensioni, tipologie di lesioni, medicazioni opportune ecc., stampato in formato lavabile e non usurabile diffuso a tutto il personale infermieristico, che a tutt'oggi lo utilizza come strumento per un veloce inquadramento.
Inoltre viste le difficoltà che sono state riscontrate a livello dei familiari/caregiver si è pensato di creare anche una brochure da consegnare all'utenza alla dimissione del paziente. (PA. 88 e relativi strumenti - Allegato 1 – sezione allegati).
Inoltre i pareri dei discenti che hanno partecipato al percorso formativo ha fatto nascere anche l’esigenza di uno strumento ad hoc per la rilevazione della malnutrizione Procedura Aziendale PA91 - La valutazione e la gestione del rischio nutrizionaledescritta nel paragrafo successivo.
29 Questionario sulle Ulcere da Pressione
(UdP)
1. Conosci la classificazione delle UdP? Si ( ) No ( ) ___________
2. L'eritema che va via alla digitopressione è da considerarsi un primo stadio di UdP? Si ( ) No ( ) ______________________________________________________ 3. Quali tipo di lesioni sono maggiormente presenti nella sua Unità Operativa? __________________________________________________________________
4. Con che frequenza son presenti pazienti con ulcere da pressione? Bassa - Media - Alta
5. Viene effettuata all'ammissione del paziente in reparto la valutazione del rischio di sviluppo di UdP e la sua rivalutazione settimanale? Si ( ) No ( )
6. Viene trascritta in cartella o su apposito modulo? Si ( ) No ( )
7. Se si, dove? __________________________________________________________ 8. Ritieni di avere conoscenze adeguate per poter trattare una UdP? Si ( ) No ( ) __________________________________________________________________
9. Vi sono problematiche oggettive nella prevenzione e nel trattamento delle UdP nel tuo reparto? Si ( ) No ( ) _____________________________________________ 10. Se si, quali? _________________________________________________________ 11. Ritieni sia opportuno procedere ad un corso per valutare i metodi piu idonei di prevenzione e di trattamento? Si ( ) No ( ) ___________________________
12. Ritieni sia opportuno approfondire altri tipi di argomento? Si ( ) No ( ) 13. Se si, quali? _________________________________________________________ Grazie per la collaborazione, La Direzione Infermieristica
30
4.2 Il problema della malnutrizione correlato alle Lesioni da Pressione
4.2.1 Combattere la malnutrizione attraverso corsi di formazione aziendaleIl problema della malnutrizione in ospedale è stato sollevato per la prima volta nel 1974 da un medico americano Charles Edwin Butterworth nell’articolo “The skeleton in the hospital closet” in cui per la prima volta si denunciava la frequenza e la gravità della malnutrizione per difetto in ospedale.
In un articolo del 1977 che si occupava dei pazienti chirurgici “Malnutrition in surgicalpatients. An unrecognizedproblem” pubblicato su Lancet possiamo leggere “…soltanto 17 dei 105 pazienti studiati sono stati pesatidurante il ricovero e 8 di essi appartenevano allo stesso reparto, soltanto 5 dei 105 pazienti studiati hanno avutouna registrazione della terapia nutrizionale effettuata etutti appartenevano alla stessa unità chirurgica”. Purtroppo dagli anni ’70 ad oggi poco è cambiato sia a livello internazionale che nazionale. Il National Institute for Healthresearch recentemente ha dichiarato che “Il numero di pazientimalnutriti al momentodella dimissioneospedaliera èaumentato dell’85% nelcorso degli ultimi 10 anni”.
Lo studio italiano PIMAI: Project Iatrogenic Malnutrition25 in Italy dimostra che:
la prevalenza di malnutrizione calorico–proteica (MCP) è allineata a quella delle maggiori rilevazioni europee e non è comunque trascurabile. Rispetto allo studio HOMIS, in 10 anni si sarebbe assistito ad un peggioramento della MCP del 60,7% (19,1 vs 30,7)il 51,7 % dei pazienti all’atto del ricovero necessiterebbe di un intervento nutrizionale.
Ma è coscienza comune di quanto poco diffuse siano le strutture specialistiche e di quanta indifferenza-diffidenza circonda ancora la disciplina della nutrizione clinica. Le complicanze legate alla malnutrizione sono le seguenti:
diminuzione del peso e dalla massa muscolare
incremento della comparsa delle LdP e ritardo della loro guarigione
aumento del rischio di infezioni prolungamento dei giorni di degenza maggior rischio di complicanze aumento dei costi di trattamento riduzione della qualità della vita aumento della mortalità
25Lucchin L. et al. A nationally representative survey of hospital malnutrition: the Italian PIMAI (Project: Iatrogenic M alnutrition in Italy) study Mediterranean Journal of Nutrition and Metabolism 2009, December; vol. 2, issue 3, pp 171-179
31
Vista la problematica, come abbiamo già descritto nel paragrafo precedente, l’argomento nutrizione e malnutrizione era già stato introdotto nei percorsi formativi di base (2011-2012) in linea alle direttive regionali (“Linee Guida: Ulcere da Pressione prevenzione e trattamento 2005 e Delibera della Giunta Regionale della Toscana n.135 del 2008 che annovera tra le buone pratiche regionali la “Prevenzione del rischio nutrizionale”).
Durante il percorso sono nati i seguenti documenti, Procedura Aziendale PA91 –“La
valutazione e la gestione del rischio nutrizionale” ed in virtù dei feedback da parte dei
professionisti si è ritenuto di fondamentale importanza creare un percorso ad hoc sulla nutrizione ad inizio del 2013, in quanto avevamo notato che tale argomento era considerato dagli stessi professionisti un gap formativo e che realmente non conoscevano tale problematica e gli strumenti da utilizzare, pertanto occorreva una formazione teorico-pratica specifica, tuttavia per verificare se questa nuova metodologia da adottare nell’agire quotidiano fosse riuscita ad entrare nella pratica assistenziale di tutti i giorni, abbiamo pensato di strutturare anche una valutazione d’impatto.
Nel 2013 sono stati reclutati 81 infermieri rappresentativi di altrettante unità operative/SOD (sulle oltre 110 dell’AOUP) ; hanno partecipato ad una giornata dedicata all’implementazione della Buona Pratica sul rischio nutrizionale, in cui i docenti previsti erano un dietista ed un infermiere; il corso di un'unica giornata era composto da una parte di lezioni frontali ed una parte di discussione di casi clinici in plenaria.
Al termine della giornata è stato somministrato un questionario con l’obiettivo di testare le conoscenze sul rischio nutrizionale e di valutare l’applicazione della Procedura Aziendale sulla Valutazione del rischio nutrizionale (PA91), il medesimo questionario si è somministrato a distanza di 6 mesi dalla fine dell’evento formativo agli stessi partecipanti ed i risultati di seguito riportati in una sintesi, hanno dimostrato l’efficacia del percorso.
Si cercherà di verificare se a distanza di più di due anni se viene applicata correttamente la PA 91, tale analisi verrà posta mediante una indagine a campione sulla corretta compilazione della cartella informatizzata, che darà dei risultati positivi (approfondimento paragrafo 4.6). Il questionario sopraccitato era composto da una prima parte in cui erano rilevati sesso, età, Unità Operativa di appartenenza e dalle seguenti domande:
32 4.2.2 I Dati emersi
I risultati dell’analisi dei questionari sono i seguenti: Conosci la PA91? 󠄸 Sì, 󠄸 No
All'interno della tua UO si applica la PA 91? 󠄸 Sì, 󠄸 No
Quale è lo strumento di screening utilizzato dalla PA91? 󠄸 MUST, 󠄸 BMI, 󠄸 MNA La tua UO è dotata di bilancia con statimetro? 󠄸 Sì, 󠄸 No
All'interno della tua UO quando rilevate il peso e l'altezza dei pazienti? 󠄸 All’ingresso, 󠄸 alla dimissione, 󠄸 settimanalmente, 󠄸 altro
Il peso e l'altezza dei pazienti sono: 󠄸 misurati, 󠄸 riferiti dal paziente, 󠄸 altro Che cosa valuta il BMI? 󠄸 il peso, 󠄸 l’altezza, 󠄸 non so
Secondo te lo stato nutrizionale può influire sull'insorgenza/guarigione delle UdP? 󠄸 Insorgenza, 󠄸 Guarigione, 󠄸 Entrambe, 󠄸 No
Un paziente obeso può essere malnutrito per difetto? 󠄸 Sì, 󠄸 No
Chi valuta lo stato nutrizionale del paziente all'interno della tua UO? 󠄸 Infermiere, 󠄸 Medici, 󠄸 OSS, 󠄸 Dietista, 󠄸 Nessuno
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A distanza di sei mesi tutti hanno risposto di conoscere al PA 91 ed il 78% dei partecipanti ha risposto di utilizzare la PA91 a fronte di un 59% iniziale.
Circa il 20% dei partecipanti ancora non sapeva ben identificare quale strumento di screening era utilizzato nella procedura e vi è stato un aumento della rilevazione del peso sia all’ingresso (dal 43% al 74%) che alla dimissione, ma la cosa importante è che è aumentata in modo significato l’abitudine a misurare il peso del paziente dal 49% al 69%.
Alla fine del percorso tutti sapevano che cosa era il BMI
E’ aumentata la consapevolezza, già alta, dell’importanza dello stato nutrizionale sulla prevenzione e trattamento delle Ulcere da Pressione (LdP) dall’85% al 95% (da sottolineare che erano stati eseguiti negli anni precedenti, corsi di formazione sulle LdP), inoltre l’infermiere ha ben capito che la valutazione dello stato nutrizionale è anche una sua responsabilità e deve essere rilevata per gli ambiti di competenza.
Quindi i corsi di formazione aziendale possono essere un ottimo strumento per combattere la malnutrizione in ospedale attraverso il raggiungimento di una maggior consapevolezza di come la rilevazione di alcuni semplici parametri possano aiutarci ad identificare i paziento a rischio di malnutrizione.
La collaborazione tra i diversi attori implicati nell’assistenza dei pazienti, in particolare infermieri, OSS, medici e dietisti è fondamentale per affrontare il problema correttamente. A supporto di quanto detto, dalle indagini di prevalenza è emerso un aumento della rilevazione dei dati antropometrici dei
pazienti, come descritto nel capitolo
successivo.
Inoltre durante l’analisi della corretta
compilazione della cartella Pleiade
(strumento descritto nel dettaglio nel
paragrafo 4.7), da parte del personale
infermieristico, si è dimostrato un
miglioramento del 5% nella compilazione
della MUST all’ammissione del paziente in reparto che presentava già un dato elevato (71%). Per quanto concerne la sezione “Introiti Alimentari” è possibile che la mancata compilazione fosse dovuta ad una incompatibilità con i casi considerati.