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La struttura finanziaria della società a responsabilità limitata

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Academic year: 2021

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La struttura finanziaria della società

a responsabilità limitata

The financial structure of Italian

private Limited Liability Company

Niccolò Abriani

ABSTRACT: La recente disciplina societaria italiana (d.l. 24 aprile 2017, n. 50) ha esteso a tutte le PME la possibilità di emettere categorie di quote e altri stru-menti finanziari e di sollecitare il pubblico ad investire in tali strustru-menti, tramite portali on line, inizialmente introdotta per le sole società dei settori innovativi. La novità è particolarmente rilevante per le società a responsabilità limitata, per le quali è oggi possibile prevedere statutariamente categorie di quote fornite di diritti diversi, offrirle al pubblico e pianificare operazioni sulle proprie parteci-pazioni in attuazione di piani di incentivazione rivolti a dipendenti o ammini-stratori. Dopo aver delineato l’evoluzione del sistema normativo, lo scritto si concentra sulle ricadute sistematiche, con particolare riguardo al governo socie-tario di una impresa quale la società a responsabilità limitata, ancora fortemente basata sul ruolo dei soci.

PAROLE CHIAVE: Piccole e medie imprese (PMI) – Start up – Società a responsa-bilità limitata – Crowdfunding – Categorie di quote – Strumenti finanziari par-tecipativi – Diritti particolari – Corporate governance.

ABSTRACT: The latest reform of Italian company law (Decree Law. No 50/2017) has extended to all SMEs the possibility of both issuing classes of shares and other financial instruments and making public offers. These new rules are par-ticularly relevant for the SMEs incorporated in the form of “società a re-sponsabilità limitata” (Italian private limited liability company) because, under the previous framework, private companies were not allowed to issue statutory classes of shares, nor to make public offering of shares or to buy back their own shares in order to implement incentive plans regarding employees or directors. After the analysis of the regulatory framework’s evolution, the study focuses on

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the systemic effects of the examined reform. For these purposes, particular ref-erence is made to the peculiarities of the traditional Italian corporate governance system, centred on a type of company that is private and still strongly equity-based.

KEYWORDS: Small and medium enterprises (SMEs) – Start up – Private limited liability company – Crowdfunding – Classes of shares – Financial instruments – Special rights – Corporate governance.

SOMMARIO:1.Premessa. Dieci anni della Rivista del Diritto Societario e tre lustri della “nuo-va” società a responsabilità limitata. – 2. L’evoluzione del quadro normativo: dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 al d.l. 24 aprile 2017, n. 50. – 3. Tra Ovidio e Mary Shelley: una metamorfosi del tipo? – 4. Il ricorso al mercato dei capitali: capitale di rischio, capitale di debito e strumenti finanziari partecipativi nella “nuovissima s.r.l.”. – 5. Diritti particolari di singoli soci e categorie di quote dotate di diritti diversi: dai golden boys alle golden shares. – 6. Categorie di quote e diritto di voto. – 7. Portata delle nuove disposizioni e ricadute sugli assetti organizzativi. Sulla convergenza (virtuosa) della riforma della disci-plina delle crisi d’impresa. – 8. Gli assetti adeguati della s.r.l. “emittente digitale” tra se-curity law e corporate law (cenni e rinvio). – 9. Quasi una conclusione.

1. Premessa. Dieci anni della Rivista del Diritto Societario e tre lustri della

“nuova” società a responsabilità limitata

Questo nostro convegno celebra, nella splendida cornice siracusana, i primi die-ci anni della Rivista del diritto sodie-cietario esattamente a tre lustri di distanza dalla riforma organica del diritto societario introdotta con la legge n. 6 del 2003: una ri-forma epocale che, dalla nostra prospettiva (soggettiva), ha rappresentato una straordinaria fucina di comuni riflessioni che hanno contribuito a rinsaldare i rap-porti tra noi (allora) giovani studiosi, favorendo – e, per alcuni versi, sollecitando – l’iniziativa di proporre alla comunità scientifica una nuova rivista dal taglio inno-vativo; ma che, da un angolo visuale più ampio (e oggettivo), ha indubbiamente avuto nella società a responsabilità limitata uno dei suoi principali protagonisti.

Il tema si presta inoltre a valorizzare quell’apertura europea e quell’approccio comparatistico che ha connotato, sin dalla sua genesi, la Rivista: le più recenti linee evolutive della società a responsabilità limitata italiana segnalano infatti diversi elementi di analogia rispetto alle parallele vicende del tipo sociale nei principali ordinamenti europei. Le inedite sperimentazioni avviate dapprima per favorire le

start up e le altre imprese operanti in settori innovativi, ed estese da ultimo a tutte

le piccole e medie imprese per favorirne la crescita, sembrano infatti confermare quella straordinaria duttilità che connota l’istituto sin dalle sue origini, contribuen-do in misura significativa alla sua affermazione come tipo societario di gran lunga

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più utilizzato per l’esercizio collettivo di attività imprenditoriali.

Tale caratteristica, presente anche negli ordinamenti, come quello spagnolo, do-ve la forma societaria si è evoluta secondo un percorso storico tracciato prima dagli operatori e poi dai giureconsulti e dalle decisioni delle corti, per essere solo da ul-timo recepito a livello legislativo, risulta ulteriormente accentuata nei paesi nei quali la società a responsabilità limitata si presenta sin dalla sua genesi come un “creatura artificiale”, elaborata dal legislatore e da questi offerta, per così dire, “dall’alto” alle sperimentazioni della prassi [1].

L’intervento “manipolatorio” del legislatore trova un suo momento di emersio-ne esemplare emersio-nella riforma del 2003 che, come noto, teemersio-neva conto del crescente successo di questa forma societaria, ma al contempo cercava di rispondere alla sfi-da della competizione regolatoria derivante sfi-dalla giurisprudenza comunitaria in tema di libertà di stabilimento, che, partendo dal Caso Centros, si era andata conso-lidando proprio a cavallo del nuovo millennio.

Come si legge nella Relazione illustrativa alla riforma (§ 11), la nuova discipli-na «muove nella direzione di udiscipli-na integrale revisione di tale modello societario» e «intende offrire agli operatori economici uno strumento caratterizzato da una signi-ficativa ed accentuata elasticità e che, imperniato fondamentalmente su una consi-derazione delle persone dei soci e dei loro rapporti personali, si volge a soddisfare esigenze particolarmente presenti nell’ambito del settore delle piccole e medie im-prese»; sicché «la società a responsabilità limitata cessa di presentarsi come una piccola società per azioni ed abbandona la tradizione del nostro ordinamento che ne faceva risalire il più immediato antecedente storico alla anonima per quote. Essa si caratterizza invece come una società personale la quale perciò, pur godendo del beneficio della responsabilità limitata (…), può essere sottratta alle rigidità di di-sciplina richieste per le società per azioni».

In tal modo la s.r.l. si emancipa orgogliosamente dal modello azionario e ab-bandona la casa materna della s.p.a. dotandosi di un complesso di norme autonome e distinte da quelle proprie del modello azionario. E come un’adolescente ribelle, porta l’immaginazione al potere: alla proclamata centralità dei soci corrisponde in-fatti la centralità del contratto quale strumento di negoziazione, di mediazione e di gestione delle dinamiche endo-societarie. Nel nuovo scenario normativo le relazio-ni fiduciarie interpersonali possono trovare la loro consacrazione in regole statuta-rie che la legge consente di ritagliare con abilità sartoriale sulle esigenze dei singoli

[1] Per un’accurata ricostruzione del percorso evolutivo della società a responsabilità limitata dalla sua genesi sino ai più recenti approdi normativi, si v. M. STELLA RICHTER jr., “Antecedenti e vicende del-la società a responsabilità limitata”, in DOLMETTA-PRESTI (a cura di), S.r.l. Commentario dedicato a G.B.

Portale (Milano, 2011), 1 ss. E sul processo di progressiva “destrutturazione” di tale tipo societario nella legislazione più recente, v. DOLMETTA, Sul “tipo” S.r.l., ibidem, 25 ss.

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portatori di capitale di rischio; con l’ulteriore corollario che gran parte delle previ-sioni sino a ieri erano relegate in ambito parasociale possono ora assurgere a regole statutarie, assumendo un’efficacia reale e svincolandosi dai limiti temporali che connotano i patti parasociali.

La disciplina legale si offre agli operatori come una sorta di legge quadro (o “legge cornice”), destinata ad essere integrata – e suscettibile di essere in larga mi-sura derogata – dai soci ai quali si riconosce il ruolo di “legislatore concorrente del-la propria società” [2].

I principi guida del nuovo modello e della disciplina, legale e statutaria, a esso dedicata sono dunque la flessibilità e l’adattabilità alle esigenze degli operatori. Flessibilità e adattabilità che trovavano peraltro la loro giustificazione sul piano si-stematico nella configurazione della s.r.l. come tipo strutturalmente e necessaria-mente “chiuso” (o “privato”, per usare le categorie d’Oltremanica, ma anche del diritto belga, ad esempio). La stessa riforma aveva infatti cura, da un lato, di ribadi-re il divieto di incorporaribadi-re le quote di partecipazione in azioni e, dall’altro, di con-sacrare il divieto assoluto di fare ricorso al mercato primario. La norma cardine, autentico piedistallo su cui poggia l’edificazione della nuova s.r.l., è il primo com-ma dell’art. 2468 c.c., ove si statuisce che “le partecipazioni dei soci non possono

essere rappresentate da azioni”, “né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari”.

Veniva dunque preclusa ogni forma di sollecitazione, diretta o indiretta, al mer-cato del pubblico risparmio, conservando al contempo la circolazione della quota della s.r.l. entro un ambito e a un circuito selezionato e privato: in uno scenario nel quale ogni socio possa considerarsi faber fortunae suae, o, se si vuole, kantiana-mente maggiorenne (per non dire “maggiorenne e vaccinato”); in quanto tale, non necessita di una “eterotutela paternalistica” del legislatore, essendo considerato in grado di negoziare la propria posizione all’interno della compagine sociale, anche con riferimento ai diritti posti a tutela delle minoranze.

Il divieto di incorporare le quote in azioni non soltanto era coerente a queste premesse – posto che la rappresentazione in titoli di credito cartacei o dematerializ-zati è funzionale alla creazione di un mercato secondario che è precluso alla s.r.l. – ma valeva anche ad escludere la possibilità di segmentare il capitale in quanta (par-tecipazioni-tipo) di uguale valore, con la conseguenza che il socio della s.r.l. dove-va considerarsi titolare di una sola (e unica) partecipazione, in luogo della pluralità di partecipazioni-tipo (le azioni), che connota tipologicamente la posizione dell’a-zionista.

[2] Sul punto v. per tutti ZANARONE, “La società a responsabilità limitata nel cammino della

rifor-ma”, in AA.VV., Governo dell’impresa e mercato delle regole. Scritti giuridici per Guido Rossi (Milano, 2002), I, 119.

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Di qui la tesi, largamente diffusa in dottrina, secondo la quale la s.r.l. non pote-va emettere categorie di quote standardizzate, in quanto la standardizzazione delle partecipazioni è connessa a una interazione con il mercato, in funzione della collo-cazione di un prodotto presso una classe di investitori: interazione e collocollo-cazione sino a ieri precluse alla impresa organizzata in forma di s.r.l. Non vi erano dunque

golden shares, ma soltanto golden boys o girls (più o meno agées): non esistendo

quote e categorie di quote, non potevano esistere diritti di categoria, ma soltanto diritti speciali attribuiti ad personam (o ad ens, se si trattava di persona giuridica), attraverso i quali la partecipazione viene confezionata con tecnica sartoriale, vestita sul singolo socio, sulle sue esigenze; e addirittura è una partecipazione le cui carat-teristiche specifiche muoiono con il socio, nel senso che quando un socio esce dalla compagine sociale, il diritto particolare a lui riconosciuto, è destinato ad estinguersi.

Sotto questo profilo la riforma del 2003 confermava ed anzi accentuava il tradi-zionale rapporto di proporzionalità inversa sussistente tra il grado di apertura al mercato della forma giuridica dell’impresa, da un lato, e l’autonomia statutaria nel ridefinirne l’organizzazione, dall’altro; e ciò anche con riguardo alla società per azioni, dove si introduce la distinzione tra s.p.a. aperte e s.p.a. chiuse, riconoscendo a queste ultime maggiori spazi di intervento statutario rispetto alle imprese aziona-rie che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

2. L’evoluzione del quadro normativo: dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 al d.l. 24

aprile 2017, n. 50

Il quadro sistematico ora sommariamente riepilogato, lungi dal costituire un ap-prodo finale, è stato dapprima derogato e quindi radicalmente sovvertito dalle ri-forme intercorse negli ultimi anni.

È una rivoluzione che passa dalla finestra della innovazione e, ancora una volta, conferma la natura “artificiale” della società a responsabilità limitata, la sua natura cangiante, di strumento bon à tout faire, che consente ora al legislatore di sperimen-tarne nuovi utilizzi per far fronte alla grave crisi che dal 2008, partendo dagli Stati Uniti, ha proiettato il suo cono d’ombra sul nostro Continente; e che in alcuni paesi, come il nostro, ha avuto – e, purtroppo, sta ancora avendo – riflessi più duraturi.

L’obiettivo è quello di favorire il rilancio degli investimenti produttivi, partendo dai settori più promettenti per i loro margini di sviluppo, le start-up innovative, che fanno il loro ingresso sulla scena del diritto italiano nel 2012: si tratta degli art. 25 e seguenti del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (significativamente battezzato come “Decreto Crescita 2.0”).

In questa prospettiva viene introdotta una disciplina speciale e transitoria con agevolazioni di diritto societario, fiscale, del lavoro finalizzate a:

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– favorire la provvista di mezzi propri e di risorse esterne; – ridurre i costi del lavoro dipendente e gli oneri fiscali; – escludere gli obblighi di ricapitalizzazione;

– “esorcizzare” la prospettiva del fallimento nella fase iniziale di lancio dell’ini-ziativa economica.

Si tratta di agevolazioni di varia natura a cui si accompagna una inedita libertà di sollecitazione del pubblico risparmio con emissione e offerta delle quote di par-tecipazione e di altri strumenti finanziari di quasi capitale.

Il riferimento normativo, con riguardo al tema della relazione, è rappresentato dall’art. 26 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, il quale:

a) consente la creazione di «categorie di quote fornite di diritti diversi», il cui

contenuto l’atto costitutivo può, «nei limiti imposti dalla legge», «liberamente de-terminare (…) anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, commi secondo e terzo, del codice civile»;

b) prevede che, in espressa deroga all’art. 2468, 1º comma, c.c., «le quote di

partecipazione in PMI costituite in forma di s.r.l. (…) possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari anche attraverso i portali per la raccolta di capitali» (portali previsti dall’art. 30 dello stesso decreto e dall’art. 50-quinquies T.u.f. e definiti dall’art. 1 dello stesso T.u.f. come «una piattaforma on-line che ab-bia come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle start-up innovative, comprese le start-up a vocazione sociale»).

c) supera il divieto assoluto di operazioni sulle proprie partecipazioni, stabilito

nell’art. 2474 c.c., legittimando le ipotesi in cui l’operazione sia compiuta «in at-tuazione di piani di incentivazione», con assegnazione di quote a dipendenti, colla-boratori, amministratori o prestatori d’opera e servizi, ma senza riproporre (né ope-rare un espresso richiamo a) i limiti oggettivi-patrimoniali di cui alla disciplina del-la s.p.a.;

d) infine, consente l’emissione e l’offerta al pubblico di strumenti finanziari

par-tecipativi.

Si tratta non di semplici deroghe, ma di un’autentica rivoluzione rispetto alla di-sciplina del tipo quale delineato dal codice civile, la cui portata era peraltro ini-zialmente relegata a questa ristretta platea di società innovative nell’oggetto; e la cui applicazione restava circoscritta alla fase, appunto, di start-up, individuata nel quadriennio dalla costituzione della società.

Nel 2015, all’approssimarsi dei primi quattro anni dall’entrata in vigore di quel-le disposizioni, il quel-legislatore interviene nuovamente con il d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con modificazioni con la legge 24 marzo 2015, n. 33, in materia di misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti (c.d. “Investment

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start-up innovative sono estese a tutte le PMI innovative, e dunque a tutte le

picco-le e medie imprese che operano nel campo dell’innovazione, conservando, anche oltre la fase di start-up una forte connotazione e concentrazione sull’innovazione tecnologica.

Da una disciplina d’incentivazione transitoria si passa così a regole destinate a permanere nel tempo, ma pur sempre di carattere speciale, in quanto espressione di un peculiare favor del legislatore verso le imprese operanti in settori innovativi, considerata a più alto valore aggiunto prospettico e, come tali, meritevoli di essere agevolate nel reperimento dei capitali a basso costo anche nel percorso evolutivo che segue alla fase di start-up. L’innovazione tecnologica, sino a tanto che rimane nell’alveo della piccola e media impresa, può pertanto assumere la più snella veste formale di una s.r.l. “a trazione anteriore”, che, per un verso, si propone sul merca-to con una struttura finanziaria avvicinabile alla s.p.a., ma al contempo conserva i vantaggi della disciplina del tipo non azionario, in punto di snellezza, flessibilità e autonomia [3].

L’ultimo passaggio di questa evoluzione della s.r.l. italiana è rappresentato dal d.l. 24 aprile 2017, n. 50 («Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi si-smici e misure per lo sviluppo»), il quale contiene una disposizione, l’art. 57, che, sotto la rubrica «Attrazione per gli investimenti», dispone al 1° comma: «All’articolo 26, commi 2, 5 e 6, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, con-vertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, le parole “start-up innovative” e “start-“start-up innovativa”, ovunque ricorrano, sono sostituite dalla seguente: “PMI”».

[3] Sulla disciplina delle start-up e delle PMI innovative, v. per tuttiMALTONI-SPADA, “L’impresa

start up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, Riv. not., 2013, 579 ss.; MARASÀ,

“Considerazioni sulle nuove s.r.l.: s.r.l. semplificate, s.r.l. ordinarie e start up innovative prima e dopo la l. n. 99/2013 di conversione del d. l. n. 76/2013”, Società, 2013, 1095 ss.; CAGNASSO, “Note in

te-ma di start up innovative, riduzione del capitale e stato di crisi (dalla “nuova” alla “nuovissite-ma” s.r.l.)”, Nuovo dir. soc., 2014, 5, 9 ss.; COSSU, “Nuovi modelli di s.r.l. nella legislazione italiana recente”, Ban-ca, borsa, tit. cred., 2015, 448 ss.; CIAN, “Società start-up innovative e PMI innovative”, Giur. comm.,

2015, I, 969 ss.; SPERANZIN,“S.r.l. piccole-medie imprese tra autonomia statutaria e ibridazione dei

tipi (con particolare riferimento alle partecipazioni prive del diritto di voto)”, Riv. soc., 2018, 335 ss.; GUACCERO, “La start up innovativa in forma di società a responsabilità limitata: raccolta del capitale

di rischio ed equity crowdfunding”, in DI CATALDO-MELI (a cura di), Impresa e mercato. Studi dedicati a

Mario Libertini (Milano, 2015), 245 ss.; LA SALA, “Start-up innovative: fattispecie e costituzione in

forma di s.r.l.”, Riv. soc., 2017, 1118 ss.; BENAZZO, “La s.r.l. start up innovativa”, Nuove leggi civ.

comm., 2014, 101 ss.; ID., voce “Start up e P.M.I. innovative”, in Dig. disc. priv., sez. comm. Agg.

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3. Tra Ovidio e Mary Shelley: una metamorfosi del tipo?

In questo 2018, anno in cui si celebra (oltre al decennale della nostra Rivista, anche) il bicentenario dalla pubblicazione di Frankenstein, si può dunque constata-re che le “manipolazioni genetiche” del tipo s.r.l., introdotte in via sperimentale per agevolare la nascita delle società operanti nei settori innovativi [4], sono oggi este-se a tutte le PMI organizzate in forma di società a responsabilità limitata. Catego-ria, quest’ultima, nel cui ambito sarebbero riconducibili – secondo l’opinione pre-valente – le s.r.l. che non raggiungano le soglie indicate dalla Raccomandazione 2003/361/CE, avendo meno di 250 dipendenti, un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo inferiore a 43 milioni di euro. In definitiva, la stragrande maggioranza, anzi la quasi totalità delle società a respon-sabilità limitata esistenti, posto che le s.r.l. che presentino congiuntamente i ricor-dati parametri patrimoniali e di dipendenti si contano sulle dita di una mano (nell’esperienza di chi parla, della mano di un falegname distratto).

Con riguardo a quasi tutte le società a responsabilità limitata è pertanto possibi-le: i) prevedere statutariamente categorie di quote fornite di diritti diversi libera-mente determinabili; ii) fare delle loro quote, a tal fine opportunalibera-mente standardiz-zate, l’oggetto di una offerta al pubblico attraverso i portali per la raccolta di capi-tali; iii) pianificare operazioni sulle proprie partecipazioni, purché in attuazione di piani di incentivazione, destinati all’assegnazione di quote a dipendenti, collabora-tori, amministratori o prestatori d’opera e servizi.

Le previsioni e limitazioni tuttora dettate sul punto dal codice civile vedono per-tanto relegato il proprio residuo (e quanto mai angusto) spazio applicativo alla se-lezionata “riserva” delle rarissime società a responsabilità limitata che trascendono le soglie indicate dalla definizione europea della piccola e media impresa.

In tale prospettiva si iscrive sintonicamente il d.lgs. 3 agosto 2017, n. 129

(“At-tuazione della direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2016/1034/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2016, e di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE n. 648/2012, così come modificato dal regolamento UE 2016/1033 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2016, c.d. MIFID II”), il quale completa il mutato contesto normativo,

ope-rando, tra l’altro, una riformulazione dell’art. 100-ter TUF, ove viene ora ribadito che «in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, primo comma, del codice civile, le quote di partecipazione in piccole e medie imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti

[4] Di “compulsiva manipolazione genetica del tipo s.r.l.” parla BENAZZO, voce “Start up e PMI

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finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali, nei limiti previsti dal presente decreto» (così il nuovo comma 1-bis TUF).

Entrambi gli interventi normativi infine estendono a tutte le PMI costituite in forma di s.r.l. il sistema di gestione accentrata e dematerializzata di sottoscrizione e alienazione delle quote rappresentative del capitale di piccole e medie imprese, già introdotto per le PMI innovative dall’art. 4, 10° comma, d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, con legge 24 marzo 2015, n. 33, «in alternativa a quanto stabilito dall’art. 2470, se-condo comma, del codice civile e dall’art. 36, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni» [5].

Il d.l. n. 50 e il d.lgs. n. 129/2017 segnano dunque l’approdo della singolare pa-rabola normativa della società a responsabilità limitata italiana da i) «piccola socie-tà per azioni senza azioni» (nel codice del 1942), a ii) sociesocie-tà che, dopo la riforma del 2003, in quanto imperativamente chiusa nella struttura finanziaria, si stagliava come la più duttile tra le forme giuridiche dotate di personalità giuridica (al punto da avvicinarsi ad una “società di persone a responsabilità limitata”), sino iii) al-l’attuale scenario normativo, caratterizzato dalla compresenza di una perdurante autonomia statutaria e di una inedita possibilità di ricorso al mercato dei capitali di rischio, estesa anche al di fuori del settore innovativo, mediante la sollecita-zione all’investimento in quote serializzate sussunte nella nosollecita-zione di valore mo-biliare [6].

[5] Per un primo inquadramento del nuovo scenario normativo, v. BENAZZO, voce “Start up e

P.M.I. innovative” (supra, n. 3), 470 ss.; ID., “Categorie di quote, diritti di voto e governance della

‘nuovissima’ s.r.l.: quale ruolo e quale spazio per la disciplina azionaria nella s.r.l.-PMI aperta?”, Riv. soc., 2018 (supra, n. 3), 1441 ss.; CIAN, “S.r.l. PMI, s.r.l., s.p.a.: schemi argomentativi per una

ricostru-zione del sistema”, Riv. soc., 2018, 818 ss.; CAGNASSO, “Il socio di s.r.l. privo del diritto di voto.

Qual-che riflessione in tema di proprietà e controllo nell’ambito delle società P.M.I.”, Nuovo dir. soc., 2018, 915 ss.; DE ANGELIS, “La s.r.l. cent’anni dopo, una società à la carte”, Società, 2018, 684 ss.; DESANA,

L’impresa fra tradizioni e innovazione (Torino, 2018), 166 ss.; GUIZZARDI, “L’impresa “start up

innovati-va” costituita in forma di s.r.l.”, Giur. comm., 2016, I, 549 ss.; ABRIANI, Struttura finanziaria, assetti pro-prietari e assetti organizzativi della società a responsabilità limitata P.M.I. “Que reste-t-il della s.r.l.?”, Relazione presentata al IX Convegno Annuale dell’Associazione Orizzonti del Diritto Commerciale, Roma, 23-24 febbraio 2018; ID., “La novísima SRL-PYME italiana. Nuevos medios de financiación de

las pymes y su repercusión sobre el Derecho de sociedades”, Revista de derecho de sociedades, 2018, 55 ss.

[6] E v. infra alla nt. 12 e testo corrispondente. Sulla struttura finanziaria delle PMI innovative, v., oltre agli autori citati alle note precedenti,VISENTINI, “Appunti sulle nuove regole per il finanziamento

delle P.M.I. e start up innovative”, in RISPOLI FARINA-SCIARRONE ALIBRANDI-TONELLI (a cura di), Regole e mercato (Torino, 2017), II, 274 ss.; DE LUCA, “Crowdfunding e quote dematerializzate di s.r.l.? Prime

considerazioni”, Nuove leggi civ. comm., 2016, 1 ss.; FRAGONARA, “Strumenti di ricorso al capitale di

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4. Il ricorso al mercato dei capitali: capitale di rischio, capitale di debito e

stru-menti finanziari partecipativi nella “nuovissima s.r.l.”

Nel nuovo contesto normativo l’apertura alla sollecitazione pubblica nell’inve-stimento in quote di capitale di rischio, non è più dunque appannaggio esclusivo delle imprese innovative in forma di s.r.l., configurandosi piuttosto come uno stru-mento generale di raccolta di mezzi propri, al quale possono fare ricorso tutte le s.r.l. PMI per rafforzare la propria capitalizzazione [7].

Su un piano diverso si collocano gli strumenti di raccolta del capitale di debito, da un lato, e gli strumenti finanziari partecipativi, dall’altro.

Per i primi anche nel nuovo contesto normativo sembrano conservare una per-durante portata prescrittiva le previsioni di cui all’art. 2483, che consentono di sol-lecitare la sottoscrizione di titoli di debito soltanto in via indiretta, tramite «investi-tori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali», chiamati, «in caso di successiva circolazione dei titoli di debito», a rispondere «del-la solvenza del«del-la società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima».

Se i titoli di debito, pur entro tali limiti, costituiscono uno strumento al quale possono ricorrere tutte le s.r.l. (siano esse grandi o PMI, innovative o meno), per contro alle sole s.r.l. innovative è consentita l’emissione di «strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci ai sensi degli articoli 2479 e 2479-bis c.c.»: il 7° comma dell’art. 26 del d.l. n. 179/2012 non è stato infatti oggetto di modifica ad opera dell’art. 57 del d.l. n. 50/2017 e continua pertanto prevedere che soltanto l’atto costitutivo delle società a responsabilità innovative (e degli incubatori) «di cui all’art. 25, 2° com-ma» possa prevedere l’emissione di tali titoli, «a seguito dell’apporto da parte di soci o di terzi anche di opera o servizi».

Il nuovo contesto normativo ripropone dunque agli interpreti il duplice interro-gativo: i) se i limiti dettati per l’emissione dei titoli di debito siano o meno destinati ad estendersi agli strumenti finanziari partecipativi emessi da una s.r.l.; ii) se, a tal fine, occorra distinguere a seconda che si tratti di strumenti di raccolta del ca-pitale di debito o di rafforzamento dei mezzi propri della società emittente (quasi capitale).

[7] Sul fenomeno di progressiva “finanziarizzazione” della s.r.l. v. ANNUNZIATA, PMI, quotazione, Crowdfunding, Relazione tenuta al Convegno I modelli di impresa societaria fra tradizione e innovazio-ne innovazio-nel contesto europeo, Courmayeur, 18-19 settembre 2015; DE ANGELIS (supra, n. 5), 286 ss.; B E-NAZZO, “Categorie di quote” (supra, n. 5), 1441 ss., per il quale il tipo s.r.l. è divenuto ormai

“strumen-to bon à “strumen-tout faire”, in piena e aperta regulatory competition sul mercato dei capitali, con il modello azionario”. E v. ora anche gli spunti di VELLA, Le società aperte: oltre il TUF? Per una discussione,

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Al riguardo, sembra in effetti doversi distinguere a seconda della natura, di de-bito o di patrimonio netto, dello strumento finanziario concretamente emesso. In tale prospettiva, si può ragionevolmente sostenere che:

a) i limiti dettati dall’art. 2483 c.c. per l’emissione dei titoli di debito sono

de-stinati a trovare applicazione anche nei confronti degli strumenti finanziari parteci-pativi che non determinino un rafforzamento patrimoniale della società, configu-randosi come uno strumento di raccolta di capitale di debito in ragione del diritto di rimborso accordato ai loro titolari (ed eventualmente del diritto a una remunerazio-ne non collegata agli utili della società emittente);

b) gli strumenti finanziari partecipativi con diritto di rimborso, di cui al punto a): b1) in quanto soggetti ai limiti di cui all’art. 2483 c.c., possono essere emessi da

tutte le s.r.l. (anche non innovative e anche non PMI), purché non siano dotati an-che di diritti amministrativi (in tal caso, peraltro, non distinguendosi dai “normali” titoli di debito qualora l’apporto sia in denaro);

b2) possono essere dotati anche di diritti amministrativi, ferma restando

l’esclusione del diritto di voto, unicamente nelle s.r.l. innovative il cui atto costitu-tivo è richiamato dal settimo comma dell’art. 26 del d.l. n. 179/2012 (ferma restan-do l’esclusione del diritto di voto);

b3) in ogni caso, non possono da queste ultime essere offerti al pubblico tramite

portali on-line (c.d. equity crowdfunding: e v. delibera Consob, 24 febbraio 2016, n. 19520, contenente l’aggiornamento del Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali on-line adottato con delibera n. 18592 del 26 giugno 2013 e la più recente delibera Consob, n. 20264 del 17 gennaio 2018);

c) gli strumenti finanziari partecipativi senza diritto di rimborso, emessi a fronte

di apporti destinati a rafforzare il patrimonio netto della società, e dunque alla for-mazione di un’apposita riserva, possono essere emessi dalle s.r.l. innovative e pos-sono da queste soltanto essere offerti direttamente sul mercato, senza soggiacere ai limiti di cui all’art. 2483 c.c.;

d) gli strumenti finanziari di cui al punto c), proprio in quanto strumenti volti a

rafforzare i mezzi propri della società (e dunque di raccolta di “capitale di rischio” in senso lato), possono essere offerti al pubblico tramite portali on-line.

Sotto quest’ultimo profilo, è interessante osservare come le società innovative che ricorrono all’equity crowdfunding siano sempre legittimate a raccogliere sul

web, tramite portali autorizzati, qualunque forma di “capitale di rischio”, ivi inclusi

apporti ‘fuori capitale’, emessi a fronte di strumenti finanziari partecipativi, come consentito anche in altri ordinamenti (e il ricorso a questo strumento costituisce, al momento, l’ipotesi tipica di sollecitazione all’investimento in queste società in altri ordinamenti, come quello tedesco). Per contro nelle altre PMI, l’offerta di strumen-ti finanziari presuppone l’assunzione della forma azionaria, consentendosi alle s.r.l. di raccogliere soltanto capitale in senso proprio, mediante l’offerta sui portali di

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quote rappresentative di partecipazioni sociali, secondo quella che rimane l’ipotesi “socialmente tipica” in Italia (ad oggi, anche per le società innovative) [8].

Per altro verso, l’apertura dei portali autorizzati a tutte le PMI è destinato a raf-forzare la prevalenza della società a responsabilità limitata quale tipo societario elettivamente vocato all’equity crowdfunding, accentuando ulteriormente lo squili-brio già oggi presente sui portali on-line italiani, dove si registra un rapporto di set-te s.r.l per ogni s.p.a. nelle PMI innovative (che sale addirittura a diciannove a uno nelle start up innovative) [9].

5. Diritti particolari di singoli soci e categorie di quote dotate di diritti diversi:

dai golden boys alle golden shares

Le novità più rilevanti sul piano sistematico riguardano le quote di partecipazione rappresentative del capitale sociale. Su tale piano l’evoluzione normativa sopra de-scritta è destinata ad avere importanti riflessi sugli assetti proprietari e organizzativi delle società a responsabilità limitata che, in quanto PMI, traducano “in atto” le po-tenzialità ora accordate dal legislatore e non si limitino a conservarle “in potenza”.

Particolarmente significativi appaiono i corollari della espressa legittimazione normativa della tecnica della diversificazione delle posizioni dei soci tramite “dirit-ti diversi” obiet“dirit-tiva“dirit-ti in quote serializzate, che presenta intui“dirit-tive – e cospicue – dif-ferenze rispetto al meccanismo dei “diritti particolari” accordabili ad personam, ai sensi dell’art. 2468 c.c. [10].

La differenza è qualitativa, prima ancora che qualitativa. Se già in passato si era autorevolmente sostenuta la possibilità di procedere in via statutaria a una categoriz-zazione dei diritti particolari in termini non soltanto singolari, ma anche colletti-vi [11], l’attribuzione di tali prerogative rimaneva comunque confinata in una

dimen-[8] VISENTINI (supra, n. 6), 274 ss.; FRAGONARA (supra, n. 6), 61 ss.; DENTAMARO, “Le offerte

condot-te esclusivamencondot-te sul portale e gli strumenti a diretta tucondot-tela dell’investimento non professionale”, Riv. dir. impr., 2017, 539 ss.

[9] E v. ora SESTITO, La rilevanza economica delle PMI nell’attuale sistema economico, Relazione

tenuta al convegno Società a responsabilità limitata, piccola e media impresa mercati finanziari: un mondo nuovo, Courmayeur, 14-15 settembre 2018; LAMANDINI-RAMOS MUNOZ, La disciplina

l’equity crowdfunding nella prospettiva dell’emittente e del diritto societario: verso il sub.tipo del-l’emittente digitale, per il decennale della Rivista del Diritto Societario, Siracusa, 16-17 marzo 2018, pubblicata in questo stesso fascicolo.

[10] Le riflessioni qui svolte sono state in parte anticipate in ABRIANI, “Struttura finanziaria, assetti proprietari e assetti organizzativi della società a responsabilità limitata P.M.I.”, in corso di pubblicazio-ne sulla Rivista ODC e riprese in La novísima SRL-PYME italiana (supra, n. 5).

[11] MALTONI-SPADA (supra, n. 3) 589 ss.; BENAZZO,“La s.r.l. start up innovativa” (supra, n. 3), 11;

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sione eminentemente soggettiva; laddove la nuova disciplina consente, per contro, una loro incorporazione in quote standardizzate, superando ogni dubbio in ordine al trasferimento della relativa titolarità quale corollario della circolazione di tali quote.

Le posizioni endosocietarie risultano dunque, in tutte le s.r.l. PMI, suscettibili:

a) di essere diversificate non solo più soggettivamente, ma anche

oggettivamen-te, tramite partecipazioni serializzaoggettivamen-te, a loro volta articolabili secondo il paradigma di derivazione azionaria della categoria (di quote dotate di “diritti diversi”);

b) di essere offerte al pubblico risparmio, con una sollecitazione diretta e

ano-nima di quote trasferibili in base a un regime di circolazione basato su gestione ac-centrata e scritturazioni sostitutive, che ha indotto a prospettare la sussunzione del-le stesse nella nozione di valore mobiliare (e di strumento finanziario: e v. gli artt. 1, comma 1-bis, e 100-ter TUF) [12].

Queste novità impongono agli interpreti di riconsiderare in una più ampia pro-spettiva alcuni temi già emersi con riferimento alle start up e alle PMI innovative, tra i quali fanno spicco:

i) la possibile coesistenza di “diritti particolari” riconosciuti ad personam e

“di-ritti diversi” obiettivati in quote serializzate;

ii) la portata dei “diritti diversi” attribuibili alle quote di s.r.l.; iii) i perduranti “limiti previsti dalla legge” all’autonomia statutaria;

iv) il regime della modifica dei diritti diversi e della tutela degli interessi di

clas-se dei portatori di quote della medesima categoria.

quote come segmenti omogenei, che possa trarsi dal precetto contenuto nell’art. 2648”. E v. anche OSSERVATORIO SUL DIRITTO SOCIETARIO DEL CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI FIRENZE,PISTOIA E

PRATO, Orientamento n. 38/2014, in www.consiglionotarilefirenze.it; CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO –

COMMISSIONE SOCIETÀ, Massima n. 171 – Nozione di categorie di quote di s.r.l. PMI, in

www.consiglionotarilemilano.it. Sulla idoneità dei diritti particolari a circolare unitamente alla parteci-pazione del socio cui erano attribuiti v. CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO –COMMISSIONE SOCIETÀ,Massima

n. 39 Diritti particolari dei soci nella s.r.l. Si noti che anche gli autori che prima del d.l. N. 50/2017 riconoscevano – anche nelle s.r.l. “di diritto comune” (non innovative – la possibilità di emettere cate-gorie di partecipazioni con connotati simili alle catecate-gorie di azioni, ritenevano preclusa una loro stan-dardizzazione oggettiva: per tutti NOTARI, “Diritti ‘particolari’ dei soci e categorie ‘speciali’ di parteci-pazioni”, A.G.E., 2003, 325 ss.

[12] Nel senso che “il modello documentale delineato dall’art. 100-ter appare (…) assai simile a quello su cui si basa la circolazione degli strumenti finanziari immessi nei sistemi di gestione accentrata, di cui agli artt. 83-bis ss. t.u.f., e i meccanismi propri di annotazione del primo molto vicini alle opera-zioni di giro tipiche del secondo”, si esprimeCIAN, “Registro delle imprese ed altri strumenti pubblicita-ri”, in IBBA-DEMURO (a cura di), Il registro delle imprese a vent’anni dalla sua attuazione (Torino, 2017),

313 ss. In argomento v. anche CAGNASSO, “Imprese innovative e nuove fonti di finanziamento”, Giur.

it., 2016, 2297 ss.; DE LUCA (supra, n. 6), 3. Per una riconsiderazione della qualificazione delle quote

di s.r.l. PMI e della categoria di società “aperta” in riferimento alla stessa, v. ora DENTAMARO, “Apertura

della s.r.l. PMI tra divieto di rappresentazione delle quote ex art. 2468, primo comma, c.c. e tutela dell’investitore”, in corso di pubblicazione negli Studi in onore di Oreste Cagnasso, Torino, 2019.

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Con riferimento a tali profili, sembra potersi rilevare, in termini generali:

i) che non sembra esservi ostacolo all’utilizzo congiunto dei due strumenti di

differenziazione delle posizioni dei soci, con conseguente compresenza, da un lato, di soci imprenditori, connotati dal tradizionale status socii delineato dal codice ci-vile per i membri della s.r.l., arricchito da eventuali diritti particolari ex art. 2468 c.c.; e, dall’altro, di soci investitori, titolari di partecipazioni serializzate, che attri-buiscono diritti diversi in proporzione al numero di quote possedute e indipenden-temente dall’identità del socio;

ii) nonostante la formulazione letterale della legge ricorra alla medesima

locu-zione (“diritti diversi”) utilizzata dal codice civile (come si evince dal confronto tra gli artt. 2348, 2° comma e 26, 2° comma), con riferimento ai diritti riconoscibili statutariamente alle quote delle s.r.l. PMI, l’autonomia statutaria sembra poter in-tervenire entro spazi più ampi rispetto a quanto consentito alle categorie azionarie (ad es., in punto di voto plurimo e di limitazione o comunque graduazione del dirit-to di opzione; e sull’attribuzione del diritdirit-to di opzione anche a strumenti finanziari partecipativi, siano essi o meno convertibili v. infra);

iii) gli ampi spazi riconosciuti all’autonomia statutaria in punto di categorie di

quote sembrano destinati ad influenzare, sul piano sistematico, l’interpretazione dei “diritti particolari” attribuibili ad personam ai singoli soci, ex art. 2468, 3° comma, c.c., offrendo un ulteriore – e probabilmente decisivo – argomento a sostegno della lettura estensiva già oggi prevalente in dottrina e nella prassi notarile [13].

iv) permangono alcuni limiti all’autonomia statutaria, tra i quali fanno spicco il

divieto di portata general del patto leonino (artt. 2247 e 2265 c.c.), nonché, con ri-ferimento al tipo s.r.l., i divieti di introdurre limitazioni al diritto di recesso, al veri-ficarsi di una delle cause inderogabili previste dalla legge, e al diritto di opzione, in caso di ricostituzione del capitale conseguente ad azzeramento per perdite [14];

v) quanto alle eventuali modificazioni statutarie in pregiudizio dei diritti diversi

non sembra poter trovare applicazione la regola dettata dall’art. 2468 c.c., che ri-chiede per ogni variazione dei diritti particolari il consenso unanime di tutti i soci (anche diversi dai titolari di tali prerogative); resta pertanto demandata all’auto-nomia statutaria l’individuazione del meccanismo più efficiente di tutela degli inte-ressi di classe dei portatori di quote della medesima categoria, attendibilmente

[13]E v. CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO –COMMISSIONE SOCIETÀ,Massima n. 174 e già la Massima n.

138 nonché COMITATO INTERREGIONALE DEI CONSIGLI NOTARILI DELLE TRE VENEZIE, Massima I.N.3 e

Massi-ma I.I.34 ove si legittima, tra l’altro, l’attribuzione ai soci di s.r.l. di diritti particolari che non comporti-no “necessariamente un vantaggio o un privilegio per il socio che ne è titolare” e suscettibili di “consi-stere in un ‘diritto diverso’, nel significato di ‘regola diversa’ da quella derivante dal contratto sociale secondo il modello legale”.

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visabile in una estensione della regola dettata in tema di assemblee speciali dall’art. 2376 c.c., nella quale potrebbe attendibilmente ravvisarsi in via interpretativa la re-gola di default applicabile in assenza di previsioni del contratto sociale.

6. Categorie di quote e diritto di voto

Una trattazione a parte merita la possibilità di creare categorie di quote differen-ziate sotto il profilo del diritto di voto. Al riguardo va infatti considerato, in via preliminare, che l’art. 57 del d.l. n. 50/2017 non richiama espressamente, tra le di-sposizioni destinate ad essere estese a tutte le s.r.l. PMI, il 3° comma dell’art. 26, il quale prevede che «l’atto costitutivo delle società di cui al 2° comma, anche in de-roga all’art. 2479, comma 5, del codice civile» possa creare «categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o che attribuiscono al socio diritti di voto in misura non proporzionale alla partecipazione da questi detenuta ovvero diritti di voto limi-tati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative» [15].

Se è vero che il 3° comma dell’art. 26 presenta una portata e una formulazione letterale diverse rispetto al secondo comma, è altrettanto vero che opera nel suo in-ciso iniziale un richiamo a quest’ultimo quanto al suo presupposto applicativo.

Il soggetto della preposizione resta dunque l’atto costitutivo della società di cui

al comma 2, sicché è in tale ambito che l’autonomia statutaria risulta legittimata –

oggi nelle s.r.l. PMI, come ieri nelle s.r.l. innovative – ad intervenire, introducendo quote senza voto, a voto limitato o comunque non proporzionale alla misura della partecipazione.

Pare dunque ragionevole ritenere che non si sia inteso richiamare espressamente anche il terzo comma, in quanto la sua estensione era già implicita nel richiamo operato dalla legge al secondo comma dell’art. 26. Le relative clausole parrebbero pertanto legittimate in tutte le s.r.l. PMI, e non soltanto nelle start up e nelle PMI innovative, superandosi i dubbi di compatibilità con la regola enunciata dal penul-timo comma dell’art. 2479, ai sensi del quale «ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni previste dal presente articolo ed il suo voto vale in misura proporzio-nale alla sua partecipazione»: disposizione, quest’ultima, la cui portata non sembra comunque enfatizzabile in termini tali da escludere la possibilità di intervenire sta-tutariamente sul diritto di voto (e v. infatti, in termini generali, e dunque con riguardo anche alle s.r.l. non PMI, la Massima n. 138 del Consiglio notarile di Milano).

Del resto, anche in assenza del terzo comma, la possibilità di intervenire sul

[15] Sul punto v. CAGNASSO, “Il socio di s.r.l. privo del diritto di voto. Qualche riflessione in tema

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ritto di voto nella configurazione delle categorie di quote risulterebbe già legittima-ta dal principio di atipicità delle categorie enunciato dal secondo comma per tutte le s.r.l. PMI, ove, come ricordato, si ammette la creazione di «categorie di quote fornite di diritti diversi», consentendo la libera determinazione del loro contenuto «anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, commi secondo e terzo, del codi-ce civile legittimazione».

Operata tale premessa, occorre esaminare se vi siano i presupposti per una tra-sposizione alle s.r.l. PMI strutturate per quote delle regole poste al riguardo dalla corrispondente disciplina azionaria; e, in particolare, del limite del triplo posto al multiplo del voto e della necessità che almeno metà del capitale sia rappresentato da partecipazioni a voto pieno o multiplo [16].

La prospettiva di un’integrazione analogica del regime delle PMI in forma di so-cietà a responsabilità limitata con quello delle soso-cietà per azioni sembra peraltro da affrontare con grande cautela, innanzi tutto alla luce della ricordata possibile compre-senza di diritti particolari e categorie di quote. In termini generali sembra potersi suggerire una linea interpretativa che muova dalla distinzione tra regole che coinvol-gono unicamente le posizioni dei soci e i rispettivi rapporti, da un lato, e, dall’altro, regole poste a tutela di interessi dei creditori sociali o che comunque trascendono le posizioni dei componenti della compagine sociale, come i limiti alle operazioni sulle proprie partecipazioni e all’assistenza finanziaria, di cui agli artt. 2357 ss. c.c. [17].

L’ipotesi che si intende proporre è che soltanto per le prime sussistano i presup-posti per un’applicazione analogica alle s.r.l. PMI delle prescrizioni imperative det-tate in tema di s.p.a., laddove per le seconde saranno i soci a valutare se e in quale misura risulti opportuno un loro recepimento nell’atto costitutivo della società.

Sotto altro versante, ben si potrà attingere alla elaborazione e alla prassi

[16] Per tale prospettiva interpretativa v. BENAZZO, voce (supra, n. 5) e CAGNASSO (supra, n. 15).

Sul rapporto tra tipi e modelli v. per tuttiMONTALENTI, “Il diritto societario dai "tipi" ai "modelli"”, Giur.

comm., 2016, I, 420 ss.; e v. ora DENTAMARO (supra, n. 12). Per l’opinione favorevole all’applicazione analogica del limite quantitativo, di cui all’art. 2351, 2° comma, c.c., alle s.r.l. organizzate corporativa-mente v. MALTONI-SPADA (supra, n. 3), 594, COSSU (supra, n. 3) 1721. In generale, sulla legittimità di

quote senza diritto di voto, anche al di fuori delle PMI e alla luce dell’ampio grado di autonomia statu-taria riconosciuta dall’art. 2468, 2° comma, c.c., v. BIANCHI-FELLER, “Commento all’art. 2468”, in M AR-CHETTI-BIANCHI-GHEZZI-NOTARI (diretto da), Commentario alla riforma delle società (Milano, 2008), 324 ss. [17] A quest’ultimo riguardo va peraltro ricordato che la disciplina azionaria già prevede una di-sciplina di favore delle operazioni di assistenza finanziaria diretta a favorire il work for equity, limitan-dosi a richiedere che l’importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite non possa «eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio rego-larmente approvato, tenuto conto anche dell’eventuale acquisto di proprie azioni ai sensi dell’articolo 2357»: così il penultimo comma dell’art. 2358 c.c., per il quale, salvo il limite ora richiamato e l’im-posizione della posta correttiva nello stato patrimoniale, «le disposizioni del presente articolo non si applicano alle operazioni effettuate per favorire l’acquisto di azioni da parte di dipendenti della socie-tà o di quelli di sociesocie-tà controllanti o controllate».

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tiva relativa società azionarie per la configurazione delle categorie di quote: si pen-si, a titolo esemplificativo, alla emissione di quote riscattande [18] o ancora di quo-te a voto (totalmenquo-te o limitatamenquo-te) condizionato, che potranno essere offerquo-te ai soci di natura finanziaria in modo tale da riservare loro un diritto, rispettivamente, al riscatto o al riacquisto del diritto di voto in caso di mancato rispetto di un deter-minato piano economico o comunque al mancato raggiungimento dei risultati ivi previsti; mentre, specularmente, in caso di conseguimento di tali risultati, si potrà prevedere, oltre alla perdurante privazione (o limitazione) del diritto di voto, anche un diritto di riscatto in capo ai soci imprenditori.

7. Portata delle nuove disposizioni e ricadute sugli assetti organizzativi. Sulla

convergenza (virtuosa) della riforma della disciplina delle crisi d’impresa

Uno dei profili di maggiore interesse è rappresentato dai riflessi che la nuova struttura proprietaria e finanziaria è suscettibile di produrre sull’assetto amministrati-vo delle s.r.l. PMI. Innanzi tutto, sul versante delle funzioni inerenti all’amministra-zione della s.r.l. e sulla configuraall’amministra-zione del relativo organo. Con riferimento a tale primo profilo, meritano di essere riconsiderati: a) da un lato, il tema delle categorie di quote incorporanti il diritto di nominare un certo numero di amministratori; b) dal-l’altro, le ragioni per le quali non è invece consentita l’attribuzione del diritto di nomi-na di componenti degli organi sociali ai portatori di strumenti finomi-nanziari partecipativi.

Un secondo ordine di problemi, che riguarda invece le sole s.r.l. innovative è

c1) se sia possibile attribuire ai portatori di strumenti finanziari diritti di voto; c2)

se tali attribuzioni siano suscettibili (e in quale misura) di interferire sulle decisioni dei soci di cui agli artt. 2479 e 2479-bis c.c. ovvero sulle decisioni dell’organo ge-storio; e, infine c3) quali diritti amministrativi diversi dal voto siano attribuibili agli strumenti finanziari partecipativi emessi dalle s.r.l. innovative.

In quest’ultimo ambito si iscrive la questione relativa al riconoscimento agli strumenti finanziari partecipativi del diritto di conversione in quote di partecipa-zione, del diritto di opzione su future emissioni di quote di partecipazione e del di-ritto di esprimere il gradimento ex art. 2469 c.c. al trasferimento delle

partecipazio-[18] Sulle quali si v. OSSERVATORIO SUL DIRITTO SOCIETARIO DEL CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI R IU-NITI DI FIRENZE,PISTOIA E PRATO, Orientamento n. 67-2018, per il quale “Lo statuto di una società per azioni può legittimamente creare categorie di azioni che incorporano il diritto ad ottenere il loro acqui-sto ad opera di altri soggetti (c.d. azioni riscattande”). Ai fini della validità delle azioni riscattande non trovano applicazione i limiti previsti per la diversa categoria tipica delle azioni riscattabili (art. 2437-sexies c.c.); lo statuto potrà pertanto prevedere criteri di determinazione del prezzo di vendita più pena-lizzanti e termini di pagamento meno favorevoli rispetto a quelli indicati per la liquidazione della quota del socio receduto, ai sensi degli artt. 2437-ter e 2437-quater c.c.”.

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ni sociali (segnatamente con riferimento alle eventuali partecipazioni non obiettiva-te in quoobiettiva-te e alle parobiettiva-tecipazioni dotaobiettiva-te di diritti particolari). Si tratta di piani sui quali la disciplina della s.r.l., per un verso, non soggiace ai vincoli di derivazione eurocomunitaria in punto di riconoscimento selettivo del diritto di opzione ai soli soci e, per altro verso, sembra accordare più ampi margini di intervento all’autono-mia statutaria in punto di attribuzione del diritto di esprimere il gradimento: il rife-rimento è all’art. 2469, 2° comma, che consente: «l’atto costitutivo preveda l’intra-sferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di or-gani sociali, di soci o di terzi» (laddove l’art. 2355 bis, 2° comma, in tema di s.p.a. permette di subordinare il trasferimento delle azioni soltanto “al mero gradimento di organi sociali o di altri soci”).

La trattazione viene quindi a transitare sul versante dei diritti e delle funzioni di controllo. In tale ambito viene a riproporsi il problema della legittimità di una diver-sificazione statutaria dei diritti di controllo di cui all’art. 2476, comma 2, c.c., dei ti-tolari delle quote delle s.r.l. PMI; e, più in generale, della possibile regolamentazione (e derogabilità) statutaria di tale disciplina nelle società a responsabilità limitata.

L’ipotesi interpretativa che si propone in questa sede è che occorra preliminar-mente distinguere in relazione alla presenza nella compagine sociale di soci con partecipazioni tradizionali, dotati dei diritti di controllo previsti dalla legge, nel qual caso le quote potranno essere liberamente disciplinati in sede statutaria i diritti attribuibili alle quote serializzate.

Qualora si intenda intervenire anche sui diritti di controllo dei soci “tradizionali”, oppure qualora non vi sia la compresenza delle due posizioni (essendo l’intero capi-tale suddiviso in quote obiettivate), occorre considerare se vi sia un organo di con-trollo obbligatorio (o anche facoltativo, ma comunque dotato dei requisiti e dei poteri propri dell’organo di controllo delle società azionarie), con il duplice corollario che:

a) in assenza di un organo di controllo dotato dei requisiti sopra indicati, il

limi-te alla disponibilità del diritto in esame sembra doversi ravvisare nel nucleo di di-ritti di informazione e controllo che la legge attribuisce “in ogni caso” al socio ac-comandante della società in accomandita semplice, costituito dal «diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di con-trollarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società» (art. 2320, ult. comma, c.c.);

b) in presenza di un organo di controllo, l’autonomia statutaria potrà intervenire

più incisivamente nella configurazione tanto dei diritti delle categorie di quote, quanto delle posizioni individuali dei soci, avendo come limite massimo inderoga-bile il diritto di consultazione dei libri sociali di cui all’art. 2422 c.c., unitamente al diritto di informazione in sede assembleare, nei termini in cui è accordato agli azionisti, ma con una sensibilmente dilatazione derivante dalle maggiori competen-ze dei soci di s.r.l. (art. 2479 c.c.).

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Anche alla luce di tale ricostruzione vanno considerati i significativi impatti – e gli effetti “correttivi” – che sulla materia in esame produrranno le novità prefigura-te dalla riforma delle crisi d’impresa. In particolare, dalle indicazioni già puntual-mente contenute nella legge delega n. 155/2017 con riguardo all’esplicito ricono-scimento della legittimazione dei creditori sociali all’esercizio dell’azione di re-sponsabilità nei confronti degli organi di amministrazione e controllo, alla reintro-duzione del procedimento di controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. e soprattutto alle nuove soglie al cui superamento è imposta la nomina dell’organo di controllo (o di un revisore legale dei conti).

A quest’ultimo riguardo, merita di essere sottolineato che il parametro di riferi-mento prospettato dal legislatore delegante corrispondeva ai limiti dimensionali pre-visti a livello europeo per la “microimpresa” (due milioni di attivo patrimoniale o di fatturato o dieci dipendenti), sicché tutte le società a responsabilità limitata non mi-croimprese avrebbero dovuto nominare un organo di controllo (o un revisore ester-no). Il successivo “ritocco” della norma, che ha raddoppiato le soglie di riferimento (portandole a quattro milioni di attivo patrimoniale o di fatturato e a venti dipendenti), ha comunque conservato la rilevanza autonoma di ciascuno di questi parametri [19].

[19] In particolare il fatturato, che rappresenterà il più rilevante (e il meno “manovrabile”) tra tali parametri. Come noto, le soglie al di sopra delle quali la s.r.l. deve procedere alla nomina dell’organo di controllo o del revisore sono state oggetto di una serie di riscritture negli ultimi anni, culminate nell’art. 379 del d.lgs. n. 14/2019 e nell’art. 2-bis della legge 14 giugno 2019, n. 55, di conversione del d.l. 18 aprile 2019, n. 32. Con la prima norma il legislatore delegato, con fedele trasposizione della già analitica disposizione contenuta nella lett. g) dell’art. 14 della legge delega n. 155/2017, aveva inserito un nuovo 3° comma dell’art. 2477 c.c., che imponeva la nomina dell’organo di controllo monocratico (o del revisore), oltre che nelle ricordate ipotesi “qualitative” di cui al (reso ora autonomo) secondo comma, anche nella s.r.l. che risulti avere «superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’eser-cizio: 10 unità». Senonché, a distanza di poche settimane dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della nuova disposizione (avvenuta il 14 febbraio 2019), e con anticipo rispetto alla vigenza degli obblighi di nomina imposti dalle nuove soglie (vincolanti decorsi nove mesi dalla entrata in vigore del-l’articolo e dunque al 16 dicembre del 2019), il nostro legislatore – assecondando le sollecitazioni delle associazioni di categoria delle piccole imprese – ha provveduto a un’ulteriore revisione, con un ritocco questa volta al rialzo dei parametri. L’art. 2-bis della legge 14 giugno 2019, n. 55, di conver-sione del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, riconduce infatti nuovamente nell’alveo unitario del secondo comma i presupposti che rendono obbligatoria la nomina dell’organo di controllo o del revisore, consegnandoci la versione in vigore al momento di pubblicazione di questa relazione, nei termini che seguono: «La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro; 3) di-pendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità».

Merita di essere sottolineato che l’art. 2-bis della legge 14 giugno 2019, n. 55, non presente nella versione originaria e introdotto in sede di conversione del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, modifica

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Oltre alla ridefinizione delle soglie di obbligatorietà dell’organo di controllo, la legge delega di riforma delle crisi d’impresa contiene altre disposizioni rilevanti ai fini delle riflessioni in esame: il riferimento è alla consacrazione della legittimazio-ne dei creditori sociali a esercitare l’aziolegittimazio-ne di responsabilità di cui all’art. 2394 e alla reintroduzione dell’istituto del controllo giudiziario di cui all’art. 2409, per il quale non soltanto viene reintrodotta la legittimazione anche dei soci titolari della percentuale di cui al primo comma della norma, ma si potrebbero finanche prefigu-rare i presupposti per un dimezzamento della quota legittimante (e finanche il rico-noscimento della concorrente legittimazione anche al pubblico ministero) in tutte le società PMI che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e presentino anche i requisiti dimensionali minimi richiesti per la categoria delle s.p.a. aperte.

Ma ancora più rilevante è la previsione di cui alla lett. b) dell’art. 14 della legge delega, ove si contempla il duplice dovere dell’imprenditore e degli organi sociali:

i) di istituire assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché

ii) di attivarsi per l’adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti

dal-l’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Si tratta di principi di corretta gestione imprenditoriale, significativamente collo-cata nell’art. 2086 c.c., e dunque all’interno dei principi dettati dal codice civile sull’impresa in generale. Più precisamente, gli artt. 375 e 377 del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14: i) da un lato, introducono nell’art. 2086 – intitolato “Gestione

dell’im-presa” e non più “Direzione e gerarchia dell’imdell’im-presa” – un secondo comma, ai sensi

del quale: «L’imprenditore, che operi in forma individuale, societaria o in qualunque altra veste, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabi-le adeguato alla natura e alcontabi-le dimensioni dell’impresa» (e ciò «anche in funzione del-la rilevazione tempestiva deldel-la crisi dell’impresa e deldel-la perdita deldel-la continuità aziendale», nonché «di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale»); ii) dall’altro, modificano gli articoli in tema di ammini-strazione delle società personali (art. 2257 c.c.), azionarie (art. 2380-bis c.c.) e a re-sponsabilità limitata (art. 2475 c.c.), prevedendo che «la gestione dell’impresa si

mente l’art. 2477 c.c. e non l’art. 379 del d.lgs. n. 14/2019. Tale circostanza potrebbe giustificare il dubbio se la moratoria di nove mesi prevista dal terzo comma dell’articolo 379 del d.lgs. n. 14/2019 si debba intendere ancora operante o meno, con il corollario, in questo secondo caso, dell’immediata vigenza dei nuovi parametri (e conseguente rischio, in caso di omissione, di una nomina d’ufficio). Sembra tuttavia preferibile la prima opzione interpretativa, in quanto più rispondente al favor sotteso a quest’ultimo intervento legislativo e alla stessa struttura della norma che, nel consentire la proroga di nove mesi fa rinvio al 1° comma dell’art. 379, il quale interviene sull’art. 2477, così come novellato dallo stesso d.lgs. n. 14/2019 e ora riscritto dalla legge 14 giugno 2019, n. 55.

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svolge nel rispetto della disposizione di cui all’art. 2086, secondo comma [e dunque sulla base di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”], e spetta esclusivamente agli amministratori» [20].

Le regole ora richiamate assumono una rilevanza sistematica che trascende la fase patologica della crisi (com’è reso esplicito dal quanto mai opportuno “an-che”) [21] e sembrano destinate a trovare applicazione elettiva nell’ambito delle società a responsabilità limitata, assumendo una maggior pregnanza per le s.r.l. che facciano ricorso al mercato del capitale di rischio.

8. Gli assetti adeguati della s.r.l. “emittente digitale” tra security law e corporate

law (cenni e rinvio)

Alla luce di questa virtuosa convergenza tra le regole introdotte per le s.r.l. PMI, da un lato, e la nuova disciplina del codice civile, come riscritta a seguito del d.lgs. n. 14/2019, dall’altro, pare innegabile che la società a responsabilità limitata emit-tente titoli destinati alla sollecitazione del risparmio sui portali on-line debba dotar-si di assetti adeguati. E ciò anche alla luce i) da un lato, della disciplina della pre-stazione dei servizi di investimento, con particolare riguardo alle regole sulla

rac-[20] Tra i primi commenti a queste nuove disposizioni si segnalano CAGNASSO, “Il diritto

socie-tario della crisi tra passato e futuro”, Giur. comm., 2017, I, 38; DI CATALDO-S. ROSSI, “Nuove regole

generali per l’impresa nel nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza”, in questa Rivista, 2018, I, 745 ss.; ; STANGHELLINI, “Il codice della crisi di impresa: una primissima lettura (con qualche critica)”,

Corriere giuridico, 2019, 449 ss; ABRIANI-A. ROSSI, “Nuova disciplina della crisi d’impresa e

modifi-cazioni del codice civile: prime letture”, Società, 2019, 398 ss.; CALVOSA, “Gestione dell’impresa e

della società alla luce dei nuovi artt. 2086 e 2475 c.c.”, ibidem, 2019, 800 ss.; ATLANTE-MALTONI

-RUOTOLO, “Il nuovo art. 2475 c.c.. Prima lettura”, Riv. not., 2019, 1; SPOLIDORO, “Note critiche

sul-la «gestione dell’impresa» nel nuovo art. 2086 c.c. (con una postilsul-la sul ruolo dei soci)”, Riv. soc., 2019, 253 ss.; BENAZZO, “Il Codice della crisi d’impresa e l’organizzazione dell’imprenditore ai fini dell’allerta: diritto societario della crisi o crisi del diritto societario?”, ibidem, 303 ss.; RESCIO, “Brevi

note sulla “gestione esclusiva dell’impresa” da parte degli amministratori di s.r.l.: distribuzione del potere decisionale e doveri gestori”, ilSocietario.it, 16 luglio 2019; MONTALENTI, Gestione dell’im-presa, assetti organizzativi e procedure di allerta, in La Nuova disciplina delle procedure concorsua-le. In ricordo di Michele Sandulli (Torino, 2019), 483 ss.; ARATO, “Corretta amministrazione e

ade-guatezza degli assetti organizzativi: ruoli e prerogative di amministratori, sindaci e revisori”, ibidem, 77 ss.; RICCARDELLI, “Il sistema di amministrazione nelle s.r.l. dopo il codice della crisi e

dell’in-solvenza”, Nuovo dir. soc., 2019, 989 ss.; MAGLIULO, “I poteri degli amministratori di società a

re-sponsabilità limitata a seguito del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, Riv. not., 2019, 295 ss.; G.A. TRIMARCHI, “Codice della crisi: riflessioni sulle prime norme”, Notariato, 2019, 115 ss. E v. anche la Circolare ASSONIME, Le nuove regole societarie sull’emersione anticipata della crisi d’impresa e gli strumenti di allerta, circ. n. 19 del 2 agosto 2019.

[21] E v. i puntuali rilievi di CAGNASSO (supra, n. 20), 38 e di FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e

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