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Tempo di Mercurio e tempo di Vulcano. Riflessioni calviniane sullo "scriver breve"

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Academic year: 2021

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ABSTRACT

Elisabetta Bacchereti, Tempo di Mercurio e tempo di Vulcano. Calvino e lo “scriver

breve”, in AA.VV., Tipologia della narrazione breve, Roma, Vecchiarelli, 2004, ISBN

88-8247-147-0, pp. 139-147.

Tutta la produzione narrativa calviniana è percorsa dalla tensione tra ‘forma breve’ e ‘forma lunga’ del narrare, di fatto mai pienamente risolta nella prassi, fino ad essere delegittimata, nella riflessione teorica dallo scrittore ligure, la vulgata separatezza tra short story e novel, bollata come mistificazione del mercato librario. Il desiderio di chiarire, a sé prima che agli altri, l’identità di una scrittura sospesa tra narrar lungo e breve, innesca la messa a punto di un’autoesegetica teoria delle forme e del tempo del racconto, soprattutto nelle Lezioni americane intitolate alla Rapidità e alla Molteplicità. In Rapidità Calvino eleva ad icona della propria scrittura l’ossimoro del motto latino Festina lente, alludendo alla presenza simultanea della mobilità con la saldezza, della leggerezza aerea con la terrestre solidità, della fantasia e dell’immaginazione con la razionalità, personificate nelle figure mitologiche di Mercurio e Vulcano: il volo e il martello, la leggerezza e la fatica, la fantasia e la perizia artigiana, l’inventività metamorfica e la operosità costruttiva, la variabilità e la regola, il disordine e la simmetria, la frammentazione e la “cornice”. Dal sovrapporsi di tempi diversi (quello di Mercurio o della rapida immediatezza intuitiva e quello di Vulcano o della paziente perizia artigiana) nascono nella fucina della prosa calviniana Le città invisibili, Il

Castello dei destini incrociati e Se una notte d’inverno…, ‘ipertesti’ che sposano, rispettivamente, lo

scriver breve, la serialità dei segmenti descrittivi o avventurosi, le «microstorie» di incipit di romanzi possibili, con la tensione costruttiva e centripeta di una cornice.

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