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"I TEMPI DI ATTESA IN PRONTO SOCCORSO CORRELANO CON IL RISCHIO TROMBOTICO"

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Ad Annalisa, che ha rivoluzionato la mia Vita

Poi a Indiana Jones Alessandro Innocenti Renzo Franco e Zia Tomma

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Indice

1. Introduzione……….pag. 3 2. Emostasi………pag. 7 3. Analisi funzionale del sistema coagulativo………pag. 16 4. Scopo della tesi………pag. 18 5. Materiali e Metodi………..pag. 18 5.1 Saggio della generazione di trombina……….pag. 24 5.1.1 Reagenti………pag. 24 5.1.2 Misurazione flurogenica automatizzata della generazione di

trombina……….pag. 25 5.2 Analisi Statistica………..pag. 27 6. Risultati………pag. 28 7. Discussione………...pag. 58 8. Conclusioni………...pag. 61 9. Bibliografia………...pag. 62

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1. Introduzione

L'attivazione incontrollata del sistema emocoagulativo all'interno dell'apparato vascolare costituisce la base patogenetica della malattia tromboembolica. Si tratta di un fenomeno multifattoriale che riconosce cause genetiche e cause acquisite, responsabili di condizioni primitive o

secondarie di ipercoagulabilità. Le condizioni congenite caratterizzano gli

stati di ipercoagulabilità dovuti a deficienza degli inibitori della coagulazione [1][2][4][5][6][7][8][9][11][12], mentre le condizioni acquisite caratterizzano le patologie vascolari e le condizioni determinanti una diminuizione del flusso sanguigno [9][10].

Nella pratica clinica, il rischio trombotico rappresenta il risultato di una predisposizione genetica e di fattori acquisiti interferenti e può essere classificato in congenito, acquisito e misto.

Lo stato di Ipercoagulabilità primaria, o congenita, dipende da difetti che causano una riduzione quantitativa e/o qualitativa dei meccanismi anticoagulanti o fibrinolitici, oppure dalla presenza di particolari varianti molecolari o polimorfismi di alcuni fattori della coagulazione.

Le cause di trombofilia primaria possono essere caratterizzate da: 1. Ridotto controllo dell’emostasi:

La regolazione del livello plasmatico dei fattori attivati della coagulazione è operata da vari inibitori fisiologici, il cui deficit può essere alla base dello stato di ipercoagulabilità. Questo deficit può riguardare:

- AT III (Antitrombina III) - Proteina C

- Proteina S

- Trombomodulina

2. Presenza di particolari varianti molecolari di alcuni fattori della coagulazione:

- Fattore V - Fattore II - Fattore VII - Disfibrogenemia

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- Deficit congenito del plasminogeno: rappresenta la più frequente alterazione del sistema fibrinolitico

- Eccessivi livelli plasmatici dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-1), si associano alla ridotta attività fibrinolitica e all’aumentato rischio trombotico.

Il sistema fibrinolitico rappresenta un importante meccanismo di controllo della coagulazione del sangue; quest’ultima, infatti, deve essere limitata nel tempo e finemente circoscritta alla sede di lesione. Un’alterazione a carico del sistema fibrinolitico comporta una perdita di tale controllo.

4. Iperomocisteinemia.

Numerosi studi clinici supportano l’iperomocisteinemia come fattore di rischio per infarto miocardico, ictus cerebrale, vascolopatia periferica e trombosi. Il deposito di omocisteina sulla parete vasale risulta lesivo sia mediante un’azione diretta sull’endotelio e sulla parete vascolare, sia attraverso un’azione sui fattori della coagulazione, sulle lipoproteine e sulle piastrine.

5. Mutazione MTHFR.

Gli stati trombofilici congeniti non subiscono solitamente variazioni nell’andamento clinico durante il periodo di vita del paziente. Tuttavia alcune condizioni acquisite come ad esempio l’invecchiamento, una condizione patologica, un grave stato di disidratazione o l’immobilità prolungata, possono aggravarne il quadro e scatenare la comparsa di eventi trombotici.

Lo stato di Ipercoagulabilità secondaria, o acquisita, rappresenta la conseguenza di condizioni patologiche (malattia acuta o cronica) o fisiologiche che alterano il sistema emostatico e quello fibrinolitico determinando l’attivazione della coagulazione. In questi casi, a differenza di quanto visto per le trombofilie primarie, i difetti sono multipli ed interessano multiple componenti del sistema emostatico. Dal punto di vista epidemiologico, le trombofilie secondarie sono più frequenti rispetto alle forme primarie.

Le condizioni potenzialmente responsabili di ipercoagulabilità acquisita possono essere rappresentate da:

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1. Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi: gli anticorpi anti-fosfolipidi sono autoanticorpi impropriamente diretti contro componenti del proprio organismo, in grado quindi di interferire con i suoi processi fisiologici. 2. Neoplasie

3. Uso di farmaci antitumorali (fluoro uracile, mitomicina) 4. Uso di estrogeni ed estro - progestinici

5. Iperomocisteinemia

6. Malattie mieloproliferative croniche: policitemia vera, trombocitemia essenziale, mielofibrosi idiopatica, leucemia mieloide cronica

7. Porpora trombotica trombocitopenica e sindrome emolitico- uremica 8. Emoglobinuria parossistica notturna

9. Piastrinopenia e trombosi da eparina

10. Infusione di concentrati di complessi protrombinici 11. Diabete mellito

12. Dislipidemie

13. Ipertensione arteriosa 14. Iperviscosità ematica

15. Presenza di protesi valvolari

16. Condizioni fisiologiche o parafisiologiche: - Periodo post-operatorio

- Gravidanza

- Immobilizzazione prolungata - Stato di disidratazione

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- Obesità, stato dismetabolico

Lo stato trombofilico acquisito costituisce una condizione di potenziale trombosi e conseguente danno ma non deve essere confuso con il fattore scatenante. Tali condizioni acquisite, infatti, possono rimanere asintomatiche qualora non sopraggiunga un fattore di rischio [3].

Durante le ore di attesa del paziente nel Dipartimento di Urgenza si possono creare condizioni predisponenti la trombosi o in grado di aggravare una pregressa condizione di ipercoagulabilità primaria o secondaria con conseguenti rischi anche gravi. Una valutazione accurata di tali rischi durante l’attesa del paziente in Pronto Soccorso e l’attuazione di procedure idonee a ridurne la loro pericolosità potenziale, permette certamente una riduzione della morbilità e della mortalità.

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2. Emostasi

L’emostasi consente una risposta al danno vascolare potente, rapida ed estremamente localizzata. Il processo si suddivide in due fasi, emostasi primaria ed emostasi secondaria, che si attivano quando traumi, interventi chirurgici o condizioni patologiche comportano la distruzione della superficie dell’endotelio vascolare con esposizione al sangue del tessuto connettivo sub-endoteliale.

L’emostasi primaria rappresenta il processo di formazione del tappo piastrinico a livello del sito interessato dalla lesione e si suddivide in tre distinte fasi: fase di adesione, fase di attivazione e fase di aggregazione piastrinica. Si verifica pochi secondi dopo il danno ed è di fondamentale importanza al fine di arrestare la perdita di sangue dai capillari, dalle piccole arterie e dalle venule

(Figura 2.1, Figura 2.2).

L’emostasi secondaria comprende una serie di reazioni, della durata di alcuni minuti, del sistema della coagulazione del plasma che avvengono in corrispondenza del sito di lesione e che culminano con la formazione della fibrina; i filamenti di fibrina prodotti rafforzano il tappo emostatico primario. Questo processo è particolarmente importante nei grandi vasi e previene emorragie nelle ore o giorni successivi al danno.

Per quanto descritti separatamente i processi di emostasi primaria e secondaria sono strettamente connessi tra loro; le piastrine attivate, ad esempio, concorrono ad accelerare il processo di coagulazione così come la trombina ad indurre attivazione piastrinica.

Il processo di emostasi primaria, come precedentemente accennato, richiede tre eventi principali: adesione, attivazione e aggregazione piastrinica. Pochi secondi dopo il danno, le piastrine aderiscono alle fibrille di collagene nel sub-endotelio vascolare ad almeno due recettori del collagene, la glicoproteina Ia/IIa, un membro della famiglia delle integrine, e la glicoproteina VI. La glicoproteina VI legante il collagene trasduce segnali che attivano le piastrine attraverso il recettore Fc (FcR). Come mostrato in Figura 1, l’interazione con il collagene è stabilizzata dal fattore di von Willebrand, una glicoproteina adesiva che consente alle piastrine di rimanere adese alla parete vasale nonostante le elevate forze laminari presenti all’interno del lume vascolare. Il fattore di von Willebrand svolge questa

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funzione formando un legame tra i recettori piastrinici situati sulla GpIb/XI e le fibrille di collagene. Le piastrine adese e attivate rilasciano quindi i costituenti dei granuli preformati e sintetizzano ex novo alcuni mediatori (Figura 2.2).

Figura 2.1 Le basi molecolari dell’adesione e dell’aggregazione piastrinica. L’adesione delle piastrine al subendotelio vascolare è facilitata dall’interazione di due recettori del collagene piastrinico, la GpIa/IIa e la GpVI, con il collagene del sub-endotelio. Il legame del collagene alla glicoproteina GpVI ne determina l’interazione con FcRγ, il quale è fosforilato e trasduce segnali di attivazione nelle proteine. L’adesione è stabilita e rafforzata dal fattore von Willebrand che forma un ponte tra le fibre di collagene e i recettori presenti sulla glicoproteina piastrinica Ib/IX (GpIb/IX). Analogamente, l’aggregazione piastrinica è mediata dal fibrinogeno che collega le piastrine adiacenti attraverso i recettori presenti sul complesso IIb/IIIa piastrina glicoproteina (GpIIb/IIIa, α1b/β3).

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Figura 2.2 Emostasi primaria. Il primo evento consiste nell’adesione piastrinica a cui segue l’attivazione piastrinica e la secrezione dei prodotti coinvolti nel processo di aggregazione e coagulazione. L’evento finale consiste nel legame delle proteine attivate al monostrato adeso nel processo di aggregazione piastrinica.

ADP: adenosina difosfato; PDGF: fattore di crescita derivato dalle piastrine; vWF: fattore di von Willebrand.

Come per altre cellule, l’attivazione e la secrezione di sostanze da parte delle piastrine sono regolate dal livello di nucleotidi ciclici, dall’afflusso di ioni calcio, dall’idrolisi dei fosfolipidi di membrana e dalla fosforilazione di specifiche proteine intracellulari.

Il legame di sostanze agoniste, come adrenalina, collagene o trombina, ai recettori di superficie delle piastrine attiva due enzimi di membrana: il fosfatidilinositolo e la fosfatidilcolina. Questi enzimi catalizzano il rilascio di acido arachidonico dai due principali fosfolipidi di membrana, fosfaditilinositolo e fosfaditilcolina. Inizialmente una piccola quantità di acido arachidonico è convertita in trombossano A2 (TXA2) che, a sua volta, può attivare la fosfolipasi C. La formazione di TXA2 dall’acido arachidonico è mediata dall’enzima ciclossigenasi.

Il meccanismo è finemente bilanciato e controlla la velocità e l’entità dell’attivazione piastrinica. Il TXA2, prodotto dall’acido arachidonico delle piastrine stimola l’attivazione e la secrezione piastrinica. Al contrario la prostaciclina, prodotta dall’acido arachidonico delle cellule endoteliali, inibisce l’attivazione piastrinica facendo aumentare i livelli di AMPciclico. Gli agenti potenzialmente attivatori delle piastrine si legano ad un recettore di superficie che dà inizio ad una cascata di eventi con funzioni di segnale. Le quattro principali classi di recettori sono:

1. Il complesso GpIIb/IX che si lega al fattore di von Willebrand

2. I recettori della famiglia delle integrine GpIIb/IIIa (che lega il fibrinogeno) e GpIa/IIa (che lega il collagene)

3. I recettori “a serpentina” che legano la trombina (PAR1) o il TXA2 4. GpIV/FcγRIIa che lega il collagene.

Il processo di attivazione induce all’interno delle piastrine un flusso di calcio al quale segue il rimodellamento del citoscheletro, la variazione della forma, la formazione di filopodi e il rilascio dei granuli.

Questi cambiamenti permettono alla piastrina di aderire ai substrati e di formare degli aggregati intravascolari, insieme alle glicoproteine piastriniche e della matrice, come collagene, vWF e fibrinogeno.

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In seguito all’attivazione le piastrine liberano nel plasma il contenuto dei loro granuli: l’endoglicosilasi, enzima che scinde l’eparina, viene liberato dai lisosomi; calcio, serotonina e ADP dai granuli densi; numerose proteine, fra cui il fattore di von Willebrand, la fibronectina, la fibrospondina, il fattore di crescita di derivazione piatrinica e una proteina neutralizzante l’eparina (fattore piastrinico IV) sono liberati dai granuli α. L’ADP liberato si lega a uno specifico recettore purinergico che, quando attivato, cambia la conformazione del complesso glicoproteina IIb/IIIa in modo che questo si leghi al fibrinogeno, favorendo l’aggregazione delle piastrine adiacenti e la formazione di un tappo emostatico. Il recettore purinergico specifico delle piastrine P2Y12 è il principale recettore di attivazione sulle piastrine. Il PDGF secreto stimola la proliferazione e la chemiotassi di fibroblasti e cellule muscolari lisce entro la parete vasale, favorendo i processi riparativi della lesione iniziale.

Non appena il trombo ematico primario si è formato, le proteine plasmatiche vengono attivate per iniziare l’emostasi secondaria.

Figura 2.3 Rappresentazione schematica di alcune delle più importanti reazioni della coagulazione. I precursori proteici o le proteine inattive sono indicati con i numeri romani, e le forme attive sono indicate con la lettera minuscola. Esistono due processi di attivazione indipendenti, il sistema di contatto (via intrinseca) e la via del fattore tissutale (via estrinseca). Le due vie convergono al punto di attivazione del fattore X e portano alla produzione di trombina, che converte il fibrinogeno in fibrina. Queste reazioni sono regolate da un’antitrombina, che forma complessi con tutte le proteasi della coagulazione ad eccezione del fattore VII, e dal sistema della proteina C, proteina S, che inattivano i fattori V e VIII.

HMWK, chininogeno ad elevato peso molecolare; PK, precallicreina; PL, fosfolipidi; TM, trombomodulina.

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Nella via classica della coagulazione sono state identificate quattro reazioni che culminano nella produzione di trombina, sufficiente per convertire una piccola quantità di fibrinogeno plasmatico in fibrina.

Nella reazione 1, via intrinseca della coagulazione, tre proteine plasmatiche, il fattore di Hageman (fattore XII), il chininogeno ad elevato peso molecolare (HMWK), e la precallicreina (PK), formano un complesso sul collagene sub-endoteliale del vaso. Il fattore XII, dopo il legame con HMWK, viene lentamente trasformato in una proteasi attiva (XIIa), che successivamente attiva la precallicreina in callicreina e il fattore XI in fattore XIa. La callicreina accelera la conversione del fattore XII in fattore XIIa, mentre il fattore XIa partecipa all’attivazione del fattore IX.

La reazione 2, via estrinseca della coagulazione, consiste del fattore VII e del fattore tissutale, una lipoproteina ubiquitaria presente a livello delle membrane cellulari ed esposta in seguito a lesione cellulare. Questa fase inizia quando le cellule che esprimono il fattore tissutale sono esposte al sangue a livello del sito di lesione; il fattore tissutale esposto agisce come recettore per il fattore VII. Una volta legati, il fattore VII si converte rapidamente a VIIa. Questo complesso VIIa-fattore tissutale (tenasi della via estrinseca) localizzato a livello del sito di lesione, catalizza due reazioni molto importanti: attiva il fattore X a Xa e il fattore IX a IXa. I fattori Xa e IXa, generati a livello delle cellule che presentano il fattore tissutale, hanno funzioni distinte:

1. Il fattore Xa, formato a livello delle cellule esponenti il fattore tissutale, interagisce con il fattore Va per formare un complesso protrombinasico (Xa-Va-fosfolipidi piastrinici) sufficiente a generare una piccola quantità catalitica di trombina in vicinanza di queste cellule. Per quanto questa non sia quantitativamente in grado di coagulare il fibrinogeno, è sufficiente per innescare il successivo burst di trombina. La piccola quantità di trombina così generata sulle cellule è in grado di attivare le piastrine, di attivare il fattore V, di attivare il fattore VIII e il fattore IX. L’attività del fattore Xa così generato, è limitata alle cellule che recano il complesso fattore VII-fattore tissutale.

2. Il fattore IX attivato dallo stesso complesso può diffondere senza essere inibito dal TFPI e inibito in misura molto minore dall’Antitrombina III.

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Con la via intrinseca e la via estrinseca della coagulazione esistono, quindi, due possibilità di attivazione del fattore X: l’attivazione da parte del complesso fattore tissutale-fattore VIIa oppure l’attivazione da parte del fattore IX e VIII assemblati a livello delle membrane fosfolipidiche cellulari insieme al fattore V. Di fatto, però, l’attivazione della cascata emocoagulativa in vivo [13] è iniziata dal complesso TF-fVII in grado di promuovere quantità nanomolari di trombina (IIa), per via dell’attivazione del fattore X, ma soprattutto, in maniera e in modo estremamente più efficace dal punto di vista della cinetica enzimatica, di attivare il fattore IX. Il fattore IX, in presenza di fattore VIII attivato, rappresenta un evento enzimatico straordinariamente efficace e funzionalmente adeguato all’attivazione del fattore X, nell’ordine di migliaia di volte superiore di quanto rilevabile sperimentalmente mediante l’attivazione diretta del fattore X da parte del fattore VIIa (Figura 2.4). Questo evento, identificabile come attività by-passante del fattore VIII, dà ragione del funzionamento attuale della cascata emocoagulativa e della sua straordinaria efficacia; consente, inoltre, di dedurre la fondamentale importanza del fattore IX e del fattore VIII nell’emostasi e nella patologia emorragica derivante dalla loro carenza (emofilia A e emofilia B).

Figura 2.4: L’attivazione della cascata emocoagulativa in vivo è estremamente più efficace dal punto di vista della cinetica enzimatica attraverso il sistema fattore IX-fattore VIII.

Nella reazione 3, il fattore IX è attivato da proteasi generate nelle due precedenti reazioni. In una delle due reazioni, si forma un complesso calcio-lipidi dipendente tra il fattore VIII, IX e X. All’interno di questo complesso,

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il fattore IX è prima convertito in IXa dal fattore XI generato nella via intrinseca (reazione 1). Successivamente il fattore X è attivato dal fattore IXa insieme al fattore VIII. In alternativa, sia il fattore IX che il fattore X possono essere attivati più direttamente dal fattore VIIa, generato attraverso la via estrinseca (reazione 2). L’attivazione del fattore IX e X costituisce un legame tra la via intrinseca ed estrinseca della coagulazione del sangue (Figura 2.3).

La reazione 4, lo step finale, converte la protrombina in trombina in presenza del fattore V, di calcio e fosfolipidi. Sebbene la conversione della protrombina possa avvenire su diverse superfici ricche di fosfolipidi naturali ed artificiali, essa procede più velocemente su superfici di piastrine attivate e cellule endoteliali. La trombina ricopre molte funzioni nell’omeostasi. Sebbene il ruolo principale della trombina sia quello di attivare la conversione del fibrinogeno in fibrina, essa attiva anche il fattore V, VIII e XIII e stimola l’aggregazione e la secrezione piastrinica. In seguito alla formazione dei fibrinopeptidi A e B dalle catene α e β del fibrinogeno, la molecola modificata, ora chiamata monomero di fibrina, polimerizza in un gel insolubile. Il polimero di fibrina è successivamente stabilizzato dal cross-linking delle catene individuali dal fattore XIIIa, una transglutaminasi plasmatica (Figura 2.3).

La lisi del coagulo e la riparazione del vaso inizia immediatamente dopo la formazione del tappo emostatico definitivo e, analogamente al sistema coagulativo, anche il sistema fibrinolitico agisce in maniera estremamente specifica e localizzata. I tre fattori potenziali del sistema fibrinolitico sono i frammenti del fattore di Hageman, l’attivatore del plasminogeno urinario (uPA) o urochinasi e l’attivatore del plasminogeno tissutale (tPA). I principali attivatori fisiologici, tPA e uPA, diffondono dalle cellule e convertono il plasminogeno, assorbito dal coagulo di fibrina, in plasmina (Figura 2.4). Successivamente la plasmina, clivando alcuni specifici legami della fibrina, dissembla la fibrina stessa degradandola in piccoli frammenti che vengono eliminati dai monociti e dai macrofagi. Si assicura così la guarigione e la pervietà dei vasi.

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Figura 2.4. Diagramma schematico del processo di fibrinolisi. L’attivatore del plasminogeno tissutale (tPA), prodotto dalle cellule endoteliali, entra nel coagulo di fibrina ed attiva il plasminogeno a plasmina. La fibrina è degradata in frammenti a basso peso molecolare, prodotti della degradazione di fibrina (FDPs). Sebbene la plasmina possa degradare il fibrinogeno, la reazione rimane localizzata poiché:

1. tPA ed alcune forme di uPA attivano il plasminogeno maggiormente quando viene assorbito al coagulo di fibrin.

2. nessuna plasmina che entra in circolo è rapidamente legata e neutralizzata dall’inibitore della plasmina α2.

3. cellule endoteliali rilasciano un inibitore del plasminogeno (PAI)1 che blocca l’azione del tPA.

Solo una piccola quantità di ciascuno di questi enzimi della coagulazione è convertito nella propria forma attiva. Come conseguenza, il tappo emostatico non si propaga lungo il sito del danno.

L’antitrombina, le proteine C e S, e il TFPI sono importanti inibitori del processo coagulativo. Questi inibitori hanno diversi meccanismi d’azione. L’antitrombina forma complessi con le serine proteasi presenti nei fattori della coagulazione, ad eccezione del fattore VII (Figura 2.3). La velocità di formazione del complesso è accelerata dalle eparine e dalle simil-eparine, molecole presenti sulla superficie delle cellule endoteliali. La proteina C è convertita in una proteasi attiva dalla trombina, dopo il suo legame con una proteina cellulare endoteliale chiamata trombomodulina. La proteina C

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attivata successivamente attiva i due cofattori plasmatici, il fattore V e il fattore VIII, attraverso un processo di proteolisi, che rallenta due reazioni cruciali della coagulazione. La proteina C può inoltre stimolare il rilascio di tPA dalle cellule endoteliali. La funzione inibitoria della proteina C è rafforzata dalla proteina S. Ridotti livelli di proteina C o S o di antitrombina, o forme non funzionali di tali molecole, determinano uno stato di ipercoagulabilità o di protrombosi.

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3. Analisi funzionale del sistema coagulativo

La funzionalità del sistema coagulativo del singolo paziente può essere esplorata attraverso alcune indagini di laboratorio.

Il tempo di tromboplastina parziale (PTT) viene eseguito su un campione di sangue unito a citrato. Il plasma viene separato e posto in una provetta in cui vengono aggiunti calcio, agenti attivanti come il caolino e un’emulsione di fosfolipidi.

Il caolino ha la funzione di produrre un’attivazione da contatto ottimale, i fosfolipidi (sostituti piastrinici) forniscono una superficie adatta per le interazioni enzima-substrato necessarie allo svolgimento delle reazioni coagulative e, infine, il calcio aggiunto rimpiazza il calcio chelato dal citrato. Il tempo impiegato per la formazione del coagulo di fibrina, in queste condizioni, rappresenta il tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT) e dipende dalla concentrazione di molti fattori: XII, IX, VIII, X, V, II, I, ma è più sensibile ai deficit di IX e VIII.

Il PTT è allungato quando la concentrazione di questi fattori (soprattutto IX e VIII) è inferiore al 25-30% del normale. Questo tempo è detto “parziale” perché misura la generazione della protrombinasi (tromboplastinogenesi) solo per la via intrinseca.

Può essere espresso in secondi o meglio, come rapporto tra PTT in esame e il PTT di un pool di plasmi normali (PTT ratio) [14][15].

Il tempo di protrombina (PT) o tempo di Quick, misura il tempo necessario alla formazione del coagulo di fibrina quando al plasma citratato del paziente si aggiungono tromboplastina tissutale (estratto tissutale contenente quantità significative di TF) e Ca++.

Il tempo di protrombina, quindi, non dipende solo dalla concentrazione di protrombina, ma anche, e in misura superiore, dalla concentrazione dei fattori VII, X, V e in parte del fibrinogeno.

Il PT è indipendente dalle piastrine, poiché la tromboplastina tissutale che si aggiunge, ricombinante o meno, contiene fosfolipidi. I valori di PT dipendono dal tipo di reagenti utilizzati e sono pertanto soggetti ad ampie variazioni tra laboratorio e laboratorio.

Per questo motivo il PT è stato standardizzato secondo il metodo INR (International Normalized Ratio) che mette in relazione la preparazione tromboplastinica utilizzata dallo specifico laboratorio con un reattivo standard.

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In questo modo l’attività di ogni preparazione tromboplastinica può essere espressa con un valore, denominato ISI (International Sensitivity Index), che la quantifica in relazione con la preparazione standard il cui ISI è posto uguale a 1.

Di conseguenza, il valore PT corretto per questo valore darà un INR normalizzato tra i diversi laboratori, indipendentemente dall’attività della preparazione tromboplastinica utilizzata.

Il calcolo dell’INR viene effettuato con la seguente formula [14][15]:

INR = [PT (paziente) / PT (media dei controlli)]*ISI (considerato come potenza).

Il tempo di trombina (TT) misura il tempo necessario alla formazione del coagulo di fibrina quando al plasma citratato del paziente si aggiunge trombina e Ca++.

Quindi il tempo dipende dalla concentrazione del fibrinogeno (FI) ed è

allungato nelle ipofibrinogenemie, nelle disfibrinogenemie,

nell’ipereparinemia e quando vi è un eccesso di fibrinopeptidi (che interferiscono con l’azione della trombina e con la polimerizzazione della fibrina).

Una condizione di deficit di fibrinogeno può essere distinta da una situazione in cui sia presente un inibitore aggiungendo una piccola quantità di plasma normale al plasma del paziente e ripetendo quindi la misurazione del TT [14][15].

Inoltre, tutti i fattori plasmatici che intervengono nell’emostasi possono essere dosati singolarmente con metodi funzionali, confrontandone l’attività con quella di plasmi naturalmente o artificialmente privi del fattore in esame. Aggiungendo al plasma del paziente un uguale volume di plasma normale, contenente il fattore di cui manca il paziente, si avrà la normalizzazione del PTT o del PT. Se nonostante tale aggiunta non si ha la normalizzazione, è indicativo della presenza di inibitori nel plasma del paziente, che andranno quindi a bloccare anche i fattori contenuti nel plasma normale [14][15].

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Lo scopo di questo studio consiste nel dimostrare che durante le ore di attesa in Pronto Soccorso il paziente sviluppa uno stato protrombotico favorito dalla condizione patologica basale e aggravato dalla disidratazione e dalla immobilitá e che questa tendenza trombotica é maggiore nei soggetti che non assumono alcuna terapia preventiva rispetto ai soggetti che assumono terapia antiaggregante rispetto ai soggetti che assumono terapia antitrombotica.

5. Materiali e Metodi

È stato esaminato un gruppo di pazienti afferenti al Dipartimento di Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana presso il presidio ospedaliero di Cisanello di Pisa da giugno 2012 a settembre 2013. Tale gruppo è composto da 85 pazienti scelti casualmente tra coloro che accedevano al triage.

Per ogni paziente sono stati valutati i seguenti parametri: 1) Sesso (F: 45, M: 40)

2) Codice di accesso alle cure

Indica il metodo di valutazione e selezione immediata usato per assegnare il grado di priorità per il trattamento quando si è in presenza di molti pazienti. Tali codici, in analogia con i criteri definiti dal decreto del Ministero della Sanità del 15 maggio 1992, sono articolati in quattro categorie e sono identificati con un colore:

• codice rosso: molto critico, pericolo di vita, priorità massima, accesso immediato alle cure;

• codice giallo: mediamente critico, presenza di rischio evolutivo, possibile pericolo di vita;

• codice verde: poco critico, assenza di rischi evolutivi, prestazioni differibili;

• codice bianco: non critico, pazienti non urgenti.

Dei complessivi 85 pazienti arruolati, l’ “INTERO CAMPIONE”, 29 hanno avuto accesso alle cure con prioritá di codice verde, 50 con codice giallo e 6 con codice rosso.

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Sono stati esclusi dallo studio i pazienti con accesso in codice bianco.

3) Terapia farmacologica assunta a domicilio e/o somministrata durante le ore di attesa nel Dipartimento di Urgenza.

I pazienti sono stati suddivisi in 3 distinti gruppi in base alla terapia farmacologica assunta (GRUPPO TERAPIA):

• Gruppo “nessuna terapia”, costituito da 30 soggetti (F: 13, U: 17),

pazienti che non assumevano alcuna terapia preventiva domiciliare e ai quali non é stata somministrata alcuna terapia antiaggregante né antitrombotica durante le ore di attesa in Pronto Soccorso,

• Gruppo “terapia antiaggregante”, composto da 25 soggetti (F: 11, U:

14): pazienti che assumevano terapia antiaggregante domiciliare e/o ai quali é stata somministrata la suddetta terapia durante l’attesa,

• Gruppo “terapia antitrombotica”, costituito da 30 soggetti (F: 18, U:

12): pazienti che assumevano terapia antitrombotica domiciliare e/o ai quali é stata somministrata terapia antitrombotica durante le ore di attesa.

Figura 5.1: Distribuzione dei pazienti nei tre distinti campioni del GRUPPO TERAPIA suddivisi in base alla terapia preventiva eventualmente assunta a domicilio o somministrata durante le ore di attesa in Pronto Soccorso. Tra parentesi è riportato il numero di pazienti di ciascun gruppo.

Durante la raccolta dei campioni, si è notata una maggiore percentuale di soggetti appartenenti al gruppo “nessuna terapia” ma si è deciso di ottenere

35%   30%   35%  

GRUPPO  TERAPIA  

NESSUNA  TERAPIA  (30  pz)   TERAPIA  ANTIAGGREGANTE   (25  pz)   TERAPIA  ANTITROMBOTICA   (30  pz)  

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un numero omogeneo di campioni per ciascun gruppo così da poter confrontare i singoli valori.

Sono stati esclusi i pazienti in trattamento domiciliare con anticoagulante orale.

Ciascun gruppo sopramenzionato è stato ulteriormente suddiviso in due distinti sottogruppi in base alla somministrazione o meno di terapia idratante durante l’attesa in Pronto Soccorso (GRUPPO IDRATAZIONE):

• Gruppo “pazienti non idratati”, costituito da 42 soggetti: pazienti che durante le ore di attesa non sono stati idratati,

• Gruppo “pazienti idratati”: 43 pazienti che durante le ore di attesa sono stati idratati con soluzioni idroelettrolitiche (soluzione fisiologica 0,9%, soluzione glucosata 5%).

Anche in questo caso, durante la raccolta dei campioni, si è notata una maggiore tendenza a non idratare i soggetti durante l’attesa nel Dipartimento di Urgenza ma si è deciso comunque di ottenere un numero omogeneo di campioni così da poter confrontare i singoli valori.

Figura 5.2: Distribuzione dei pazienti nei due distinti gruppi suddivisi in base alla terapia idratante somministrata durante le ore di attesa in Pronto Soccorso. Tra parentesi è riportato il numero di pazienti di ciascun gruppo.

49%   51%  

GRUPPO  IDRATAZIONE  

PAZIENTI  NON  IDRATATI  (42  pz)   PAZIENTI  IDRATATI  (43  pz)  

(21)

Si sono pertanto ottenuti i seguenti sottogruppi: 1. Gruppo nessuna terapia / nessuna idratazione 2. Gruppo nessuna terapia / idratazione

3. Gruppo terapia antiaggregante / nessuna idratazione 4. Gruppo terapia antiaggregante / idratazione

5. Gruppo terapia antitrombotica / nessuna idratazione 6. Gruppo terapia antitrombotica / idratazione

Figura 5.3: Distribuzione dei pazienti nei sei distinti sottogruppi suddivisi in base alla terapia preventiva eventualmente assunta a domicilio o somministrata durante le ore di attesa in Pronto Soccorso e alla terapia idratante eventualmente somministrata durante l’attesa. Tra parentesi è riportato il numero di pazienti di ciascun gruppo.

4) Tempo di attesa

Il tempo complessivo medio di attesa nel Dipartimento di Pronto Soccorso (intendendo per attesa il tempo necessario alla visita medica, allo svolgimento delle indagini laboratoristiche e strumentali e all’eventuale periodo di osservazione richiesto dal medico) è stato di 10,6 h.

I valori medi per ciascun gruppo sono stati i seguenti: • Gruppo “nessuna terapia”: 7,13 h

Sottogruppo “non idratati”: 5,15 h Sottogruppo “idratati”: 9,83 h NESSUNA  TERAPIA   (30  pz)   ANTIAGGREGANTE  TERAPIA   (25  pz)   TERAPIA   ANTITROMBOTICA   (30  pz)   16   11   15   14   14   15  

Numero  di  pazienti  nei  6  sottogruppi  

NON  IDRATATI   IDRATATI  

(22)

• Gruppo “terapia antiaggregante”: 12,02 h Sottogruppo “non idratati”: 10,59 h Sottogruppo “idratati”: 13,15 h

• Gruppo “terapia antitrombotica”: 12,86 h Sottogruppo “non idratati”: 12,14 h Sottogruppo “idratati”: 13,6 h.

Figura 5.4: Tempo di attesa medio in ore del GRUPPO TERAPIA nei tre distinti campioni “nessuna terapia”, “terapia antiaggregante”, “terapia antitrombotica”.

Figura 5.5: Tempo di attesa medio dei sottogruppi GRUPPO TERAPIA-GRUPPO IDRATAZIONE. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti con ore complessive di attesa

7,13   12,02  

12,86  

Confronto  tempo  di  attesa  (h)  del  

GRUPPO  TERAPIA  

TEMPO  DI  ATTESA  (h)  

NESSUNA  TERAPIA   TERAPIA  

ANTIAGGREGANTE   ANTITROMBOTICA  TERAPIA   5,15  

10,59   12,14  

9,38  

13,15   13,6  

Confronto  tempo  di  attesa  (h)  nei  

sottogruppi  IDRATAZIONE  

(23)

inferiori a 4 e si sono preferiti soggetti con necessità di un periodo di osservazione breve intensiva.

Durante le ore complessive di attesa in Pronto Soccorso i pazienti sono stati sottoposti ad anamnesi, ad esame obiettivo, a prelievo di sangue venoso e ad indagini strumentali con permanenza costante del paziente su una barella, impossibilitato ad alzarsi e a muoversi (movimenti limitati dalla presenza di barre laterali di sicurezza).

Dal gruppo di soggetti arruolati sono stati successivamente esclusi i pazienti autosufficienti e pertanto in grado di muoversi durante le ore di attesa nel Dipartimento, i pazienti epatopatici, i pazienti politraumatizzati e i pazienti con successivo ricovero presso una Unità di Terapia Intensiva.

5) Esami ematochimici

Ad ogni paziente è stato eseguito un prelievo di sangue venoso con dosaggio di Urea, Creatinina, PCR, Fibrinogeno, D-Dimero.

6) Thromboplastin Generation Tests

E’ stata eseguita analisi del trombogramma con misurazione fluorometrica della generazione di trombina e valutazione quantitativa di:

• Lag Time

• Peak

• Endogenous Thrombin Potential (ETP)

Ciascun parametro laboratoristico valutato - Etp, Lag-time, Peak, Urea, Creatinina, PCR, Fibrinogeno, D-dimero - è stato dosato dopo prelievo di

sangue al tempo zero (ad esempio Etp0), momento in cui il paziente ha fatto

il suo accesso al Pronto Soccorso dopo aver eseguito il triage, e dopo le

complessive ore di attesa nel Dipartimento di Urgenza (Etp1). Di ciascun

paramentro, quindi, sono stati ottenuti due valori rappresentativi di due distinti momenti.

Si è quindi calcolata la variazione che ciascun parametro ha subíto dopo l’attesa, ad esempio la differenza di Etp (diffEtp) è stata espressa dalla

differenza tra Etp1 e Etp0 (Etp1 - Etp0) e si è successivamente misurata la

variazione di tale parametro nel tempo, ad esempio la differenza di Etp (diffEtp) sviluppata dopo un’ora di attesa (Etp/h). Ciò ha consentito di esprimere la variazione che il parametro ha sviluppato dopo un’ora di attesa

(24)

così da poter confrontare valori di pazienti e gruppi con tempi di attesa diversi.

5.1 Saggio della generazione di trombina

Per lo studio della generazione di trombina, sono stati effettuati dei prelievi ematici, al momento dell’accesso al triage e dopo le ore di attesa. I campioni sono stati ottenuti mediante prelievo venoso, raccolti in provette standard Vacutest da 2,5 ml, contenenti soluzione tamponata di trisodio citrato 0,109 M e centifugati alla velocità di 2500 giri al minuto per 30 minuti, a temperatura ambiente.

In tal modo, dai 3/4 superiori del sovranatante ottenuto dopo la centrifugazione, è stato possibile prelevare il PPP (poor platelet plasma), che è stato raccolto in provette Eppendorf e congelato alla temperatura di −31,5◦C , entro due ore dal prelievo ematico.

5.1.1 Reagenti

I reagenti utilizzati per il saggio della generazione di trombina sono:

• PPP-reagent, contenente una mistura di fosfolipidi e fattore tissutale

ricombinante (rTF) della StagoTM, che in seguito a ricostituzione con acqua distillata viene impiegato come trigger della generazione di trombina. Dopo l’addizione di 20 µL di FluCa, la soluzione finale conterrà 5 pM di TF e 4 µM di fosfolipidi, e ciò rende possibile lo studio della generazione di trombina anche nel caso in cui il plasma contenga grandi quantità di anticoagulanti, come accade ad esempio durante la terapia eparinica;

• Fluo-Buffer della StagoTM , contenente HEPES (pH 7.35) e cloruro

di calcio (CaCl2), a 37◦C;

• Fluo-substrate, contenente il substrato fluorogenico

Z-Gly-Gly-Arg-AMC solubilizzato in DMSO (StagoTM). Esso, dopo il clivaggio da parte della trombina, rilascia la molecola fluorescente AMC (7-amino- 4-metilcoumarin), che viene rilevata mediante un set di filtri eccitabile a 390nm, ed a 460nm di emissione;

• Thrombin Calibrator, StagoTM. Dopo l’aggiunta di 1mL di acqua

distillata alla fiala, la soluzione può essere usata per l’esperimento.

Poco prima di ciascun esperimento veniva preparata una soluzione mescolando Fluo-substrate e Fluo-buffer a 37◦C, alla quale ci riferiremo

(25)

come FluCa, contenente 2.5 mM di substrato fluorogenico e 100 mM di CaCl2.

5.1.2 Misurazione fluorogenica automatizzata della generazione di trombina L’esperimento è stato condotto come descritto in seguito, tramite fluorometro (Fluoroskan Ascent Microplate Fluorometer, Thermoscientific) contenente una piastra a 96 pozzetti, equipaggiato di un set di filtri 390/460 (eccitazione/emissione) e di un dispenser.

Per ogni campione sono necessarie due rilevazioni, una dal pozzetto in cui ha luogo la generazione di trombina (TG well), l’altra dal pozzetto a cui viene aggiunto il calibratore (CL well), α2M-T (complesso α2 macroglobulina- trombina).

Un software dedicato effettua l’identificazione dei set di pozzetti, determina la durata dell’esperimento e la velocità del campionamento. Ad ogni pozzetto vengono aggiunti 80 µL di plasma (PPP); i TG wells vengono addizionati di 20 µL di soluzione tampone contenente delle molecole che fungono da innesco al processo di generazione di trombina. Nel caso in cui si utilizzi il PPP, l’innesco è rappresentato da rTF a concentrazione pari a 5 pM e da vescicole composte da fosfatidilserina / fosfatidilcolina / fosfatidiletanolammina in concentrazione pari a 24 µM, in soluzione tamponata con Hepes.

La piastra viene inserita nel fluorometro, alla temperatura stabile di 37◦C. Il dispenser dello strumento viene riempito con acqua distillata a 37◦C, svuotato, e successivamente riempito con soluzione FluCa, anch’essa a 37◦C, processo che prende il nome di avvinamento.

All’inizio dell’esperimento, lo strumento dispensa 20 µL di FluCa a ciascun pozzetto, registra la fluorescenza al tempo zero, agita i pozzetti per 10 secondi ed inizia il processo di rilevazione della fluorescenza, comparando i dati rilevati dai TG wells con quelli dei corrispondenti CL wells. In tal modo l’attività trombinica viene calcolata come funzione del tempo, comparando il segnale fluorescente dal campione in cui la generazione di trombina ha luogo con quello rilevato dal campione contenente una concentrazione nota e stabile di trombina, misurati in parallelo [16]. Il software dedicato combina i dati dei due esperimenti e mostra la concentrazione di trombina durante tutto l’esperimento, generando così il trombogramma (o curva di generazione della trombina), ed i parametri lag time (LT), time to peak thrombin (ttPeak),

(26)

peak thrombine (peak), endogenous thrombin potential (ETP) and start tail time (STT).

Tra questi parametri l’ETP è quello più interessante e dotato della maggiore sensibilità; diminuisce in seguito ad ogni stato che determini ipocoagulabilità ed aumenta in seguito ad ogni condizione che determini ipercoagulabilità.

L’ETP è definito come l’area sottesa dalla curva di generazione della trombina (figura 5.6).

Figura 5.6: Curva di generazione della trombina.

Tale area riflette la concentrazione di substrati che sono potenzialmente convertiti dalla trombina generata nell’esperimento.

Infatti, se si pensa che nella condizione dello sviluppo di un fenomeno trombotico, una serie di substrati naturali della trombina vengono da essa clivati, appare chiaro come la quantità di questi ci permette di stimare l’estensione della risposta trombotica. Se tali substrati non risultano esauriti alla fine del processo, allora possiamo affermare che la loro quantità è proporzionale al numero di molecole di trombina e al tempo in cui esse agiscono, ovvero all’area sottesa dalla curva di generazione della trombina. Di fatto, ciò implica una strettissima correlazione con lo stato del sistema emostatico così come esso è in vivo, e rende ragione dell’utilizzo dell’ETP come parametro fondamentale nello studio delle perturbazioni dell’equilibrio emostatico.

(27)

5.2 Analisi statistica

L’analisi statistica è stata condotta con il sistema Statistical Package for Social Science (SPSS) versione 21.0.

Per confrontare i livelli dei parametri ematici presi in considerazione nei tre distinti campioni appartenenti al GRUPPO TERAPIA, abbiamo utilizzato i test non parametrici di Kruskal-Wallis e di Mann-Whitney. Le variabili analizzate, infatti, non risultavano distribuite in modo gaussiano in base al test di Kolmogorov-Smirnov.

Per studiare la forza delle relazioni tra i parametri Etp, PCR e Fibrinogeno sull’intero campione di soggetti e sui diversi sottogruppi sono stati calcolati i coefficienti di correlazione di Spearman.

(28)

6. Risultati

I dati indicati nella tabella sottostante (Tab. 6.1) riguardano le medie relative alla variazione oraria di Urea, Creatinina, PCR, Fibrinogeno, Etp, Lag-Time e Peak nei tre gruppi di pazienti classificati in base alla terapia farmacologica preventiva eventualmente assunta a domicilio o somministrata durante le ore di attesa in Pronto Soccorso, appartenenti al GRUPPO TERAPIA, senza considerare per il momento i sottogruppi “non idratazione/idratazione”.

A lato le relative significatività statistiche.

(a) Nessuna Terapia (n=30)

media±DS, rango medio

(b) Terapia antiaggreg. (n=25)

media±DS, rango medio

(c) Terapia antitromb. (n=30)

media±DS, rango medio

differenze significative

(p<0.05)

ETP/ora 150.99±69.36, 64.57 81.02±15.32, 48.32 42.36±15.77, 17.00 a>b>c

Lag-time/ora 0.26±0.40, 41.00 0.22±0.13, 60.56 0.07±0.02, 30.37 b>a, b>c

Peak/ora 23.24±23.21, 52.27 7.69±5.30, 38.20 6.86±1.36, 37.73 a>b, a>c

PCR/ora 0.35±0.21, 58.18 0.25±0.05, 54.78 0.05±0.04, 18.00 c<a ,c<b

Fibrinogeno/ora 4.83±10.67, 57.67 -3.40±2.09, 22.72 0.65±0.69, 45.23 a>c>b

Urea/ora 1.15±2.02, 47.67 0.75±1.46, 45.00 0.37±0.98, 36.67 not sign.

Creatinina/ora 0.02±0.05, 43.58 0.01±0.03, 46.96 0.01±0.02, 39.12 not sign.

D-dimero/ora 0.04±0.01, 63.83 0.00±0.04, 34.16 0.00±0.04, 29.53 a>c, a>b

Tabella 6.1: Valori medi delle variazioni orarie nei tre gruppi di pazienti appartenenti al GRUPPO TERAPIA classificati in base alla terapia farmacologica preventiva eventualmente assunta a domicilio o somministrata durante le ore di attesa in Pronto Soccorso.

E’ possibile osservare che l’incremento medio orario di Urea (Urea/h) e Creatinina (Cr/h) nel gruppo “nessuna terapia” è maggiore rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica” e lo stesso vale per l’aumento medio orario di Urea e Creatinina nel gruppo “terapia antiaggregante” che è maggiore rispetto al gruppo “terapia antitrombotica”.

Non è stata osservata alcuna differenza statisticamente significativa nel confronto tra le medie di tali gruppi.

L’incremento medio orario di PCR (PCR/h) nel gruppo “nessuna terapia” è maggiore rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica” e lo stesso vale per l’aumento medio orario di PCR del “gruppo terapia antiaggregante” che è maggiore rispetto al gruppo “terapia antitrombotica”.

(29)

Nei confronti tra le medie è stata osservata una significatività statistica con p<0,05 tra il gruppo “nessuna terapia” e il gruppo “terapia antitrombotica” e tra il gruppo “terapia antiaggregante” e il gruppo “terapia antitrombotica”.

La variazione media oraria di Fibrinogeno (Fibrinogeno/h) nel gruppo “nessuna terapia” è maggiore rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica” ma, mentre nel gruppo “nessuna terapia” e gruppo “terapia antitrombotica” si osserva un incremento nel tempo della variazione del fibrinogeno, nel gruppo “terapia antiaggregante” si osserva un decremento nel tempo di tale variazione (-3,40), ovvero una diminuizione nel tempo del fibrinogeno.

Dal confronto delle medie si è osservata una significatività statistica (p<0,05) presente per ciascun confronto.

La variazione media oraria di D-dimero (D-dimero/h) nel gruppo “nessuna terapia” è maggiore rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica”.

Dal confronto delle medie si è osservata una significatività statistica (p<0,05) presente nel confronto tra “nessuna terapia” e “terapia antiaggregante” e tra “nessuna terapia” e “terapia antitrombotica”. Non è stata osservata significatività nel confronto tra “terapia antiaggregante” e “terapia antitrombotica”.

L’incremento medio orario di Etp (Etp/h) nel gruppo “nessuna terapia” è maggiore rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica” e lo stesso vale per l’aumento medio orario di Etp del gruppo “terapia antiaggregante” che è maggiore rispetto al gruppo “terapia antitrombotica”.

Per ogni confronto è stata osservata una significatività statistica con p<0,05. E’ possibile osservare che l’incremento medio orario di Lag-Time (Lag-time/h) e Peak (Peak/h) nel gruppo “nessuna terapia” è maggiore rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica” e lo stesso vale per l’aumento medio orario di Lag-Time e Peak nel gruppo “terapia antiaggregante” che è maggiore rispetto al gruppo “terapia antitrombotica”.

Per ogni confronto è stata osservata una differenza statisticamente significativa con p<0,05 ad eccezione del confronto tra la variazione media oraria di Lag-time nel gruppo “nessuna terapia” e nel gruppo “terapia

(30)

antitrombotica” e ad eccezione del confronto tra la variazione media oraria di Peak tra il gruppo “terapia antiaggregante” e il gruppo “terapia antitrombotica” dove non si è osservata alcuna differenza significativa.

Da questa prima parte di analisi è possibile dimostrare che l’incremento di Etp, espresso come variazione nel tempo (Etp/h), si realizza durante le ore di attesa in Pronto Soccorso in ciascun campione del GRUPPO TERAPIA (“nessuna terapia”, “terapia antiaggregante”, “terapia antitrombotica”) e che questo incremento è maggiore nel gruppo di pazienti che non assumono alcuna terapia preventiva domiciliare e ai quali non viene somministrata alcuna terapia durante le ore di attesa nel Dipartimento di Urgenza, rispetto ai pazienti che assumono o ai quali è somministrata tale terapia durante l’attesa.

Tale incremento di Etp è maggiore nei pazienti del gruppo “nessuna terapia” rispetto ai pazienti del gruppo “terapia antiaggregante” rispetto ai pazienti del gruppo “terapia antitrombotica.

In ogni singolo confronto tra le medie è stata dimostrata una significatività statistica con p<0,05.

Figura 6.1: Confronto tra le medie della variazione oraria di Etp (Etp/h) nei tre gruppi di terapia.

Per quanto riguarda la variazione oraria di PCR e Fibrinogeno in ciascun campione del GRUPPO TERAPIA (“nessuna terapia”, “terapia antiaggregante”, “terapia antitrombotica”), è possibile osservare che, durante

0   50   100   150   200  

Nessuna  Terapia   Terapia  

Antiaggregante   Antitrombotica  Terapia   150,99  

81,02  

42,36  

Etp/h  

Per ogni confronto P<0,05

GRUPPO TERAPIA

(31)

l’attesa, si verifica un incremento di tali parametri, espressione dell’aggravamento dello stato infiammatorio del paziente, e che questo incremento è maggiore nel gruppo di pazienti che non assumono alcuna terapia preventiva domiciliare e ai quali non viene somministrata alcuna terapia durante le ore di attesa nel Dipartimento di Urgenza, rispetto ai pazienti che assumono o ai quali è somministrata tale terapia durante l’attesa.

Tale incremento di PCR è maggiore nei pazienti del gruppo “nessuna terapia” rispetto ai pazienti del gruppo “terapia antiaggregante” rispetto ai pazienti del gruppo “terapia antitrombotica.

Nel confronto tra le medie è stata dimostrata una significatività statistica con p<0,05 eccetto che tra il gruppo “nessuna terapia” e il gruppo “terapia antiaggregante”.

Per quanto riguarda la variazione oraria di Fibrinogeno si osserva un incremento maggiore nel gruppo “nessuna terapia” rispetto al gruppo “terapia antitrombotica” e rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” dove invece si osserva un decremento nel tempo di tale parametro (-3,40).

Figura 6.2: Confronto tra le medie della variazione oraria di PCR (PCR/h) nei tre gruppi di terapia. Si

osserva una significatività statistica (p<0,05) presente nel confronto tra “nessuna terapia” e “terapia antitrombotica” e tra “terapia antiaggregante” e “terapia antitrombotica”.

0   0,05   0,1   0,15   0,2   0,25   0,3   0,35  

Nessuna  Terapia   Terapia  

Antiaggregante   Antitrombotica  Terapia   0,35  

0,25  

0,05  

PCR/h  

(32)

Figura 6.3: Confronto tra le medie della variazione oraria di Fibrinogeno (Fibrinogeno/h) nei tre gruppi di terapia.

La variazione media oraria di D-dimero (D-dimero/h) che si sviluppa durante l’attesa è maggiore nel gruppo “nessuna terapia” rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica”. Nel gruppo “terapia antiaggregante” e “terapia antitrombotica” la variazione oraria di D-dimero è addirittuta negativa (cioè il D-dimero nel tempo diminuisce).

Figura 6.4: Confronto tra le medie della variazione oraria di D-dimero (D-dimero/h) nei tre gruppi di terapia. Si osserva una significatività statistica (p<0,05) presente nel confronto tra “nessuna terapia” e

“terapia antiaggregante” e tra “nessuna terapia” e “terapia antitrombotica”.

La variazione media oraria di Lag-Time (Lag-time/h) e Peak (Peak/h) nel 4,83   0,65   -­‐0,06   0,94   1,94   2,94   3,94   4,94   5,94  

Nessuna  Terapia   Terapia  Antiaggregante   Terapia  Antitrombotica   Fibrinogeno/h  

Per ogni confronto P<0,05

GRUPPO TERAPIA

-­‐0,34   0,04   0   0   -­‐0,0004   0,0046   0,0096   0,0146   0,0196   0,0246   0,0296   0,0346   0,0396   0,0446  

Nessuna  terapia   Terapia  antiaggregante   Terapia  antitrombotica   D-­‐dimero/h  

(33)

gruppo “nessuna terapia” è maggiore rispetto al gruppo “terapia antiaggregante” e rispetto al gruppo “terapia antitrombotica” e lo stesso vale per l’aumento medio orario di Lag-Time e Peak nel gruppo “terapia antiaggregante” che è maggiore rispetto al gruppo “terapia antitrombotica”.

Figura 6.5: Confronto tra le medie della variazione oraria di Lag-time (Lag-time/h) nei tre gruppi di terapia.

Si osserva una significatività statistica (p<0,05) presente nel confronto tra “nessuna terapia” e “terapia antiaggregante” e tra “terapia antiaggregante” e “terapia antitrombotica”.

Figura 6.6: Confronto tra le medie della variazione oraria di Peak (Peak/h) nei tre gruppi di terapia. Per

ogni confronto è stata osservata una significatività statistica (p<0,05) eccetto che tra “terapia antiaggregante” e “terapia antitrombotica”.

I dati indicati nella tabella successiva (Tab. 6.2) riguardano le medie relative alle variazioni orarie di Urea, Creatinina, PCR, Fibrinogeno, Etp, Lag-Time e Peak all’interno dei due gruppi di pazienti classificati in base alla terapia idratante eventualmente somministrata durante le ore di attesa nel Dipartimento di Urgenza, “pazienti non idratati” e “pazienti idratati”, senza

0   0,1   0,2   0,3  

Nessuna  Terapia   Terapia  

Antiaggregante   Antitrombotica  Terapia   0,26   0,22   0,07   Lag-­‐time/h  

GRUPPO TERAPIA

0   5   10   15   20   25  

Nessuna  Terapia   Terapia  

Antiaggregante   Antitrombotica  Terapia   23,24  

7,69   6,86  

Peak/h  

(34)

considerare in questo caso la distinzione in base alla terapia farmacologica assunta.

Tabella 6.2: Valori medi delle variazioni orarie nei pazienti appartenenti all’ “INTERO CAMPIONE” suddivisi in base alla terapia idratante eventualmente somministrata durante l’attesa in Pronto Soccorso, indipendentemente dalla terapia farmacologica assunta.

All’interno dell’intero campione di pazienti, indipendentemente dalla terapia farmacologica antiaggregante/antitrombotica eventualmente somministrata durante l’attesa, è possibile osservare che nei “pazienti non idratati” la variazione media oraria di Urea (Urea/h) e Creatinina (Cr/h) è rappresentata da un incremento maggiore rispetto ai “pazienti idratati” dove peraltro si osserva un decremento della variazione media nel tempo per entrambi i parametri (Urea/h pz idratati: -0,65, Cr/h pazienti idratati: -0,02).

Dal confronto tra le medie è stata osservata una significatività statistica con p<0,01.

Tutto il campione Pazienti non idratati (n=42)

media±DS, rango medio

Pazienti idratati (n=43)

media±DS, rango medio

p ETP/ora 124.23±71.92, 54.07 60.67±129.17, 32.19 <.001 Lag-time/ora 0.17±0.17, 43.92 0.19±0.33, 42.10 .735 Peak/ora 17.30±18.21, 52.86 8.57±12.07, 33.37 <.001 PCR/ora 0.26±0.20, 49.89 0.17±0.15, 36.27 .011 Fibrinogeno/ora 1.74±8.31, 47.51 0.15±5.90, 38.59 .096 Urea/ora 2.20±0.80, 64.50 -0.65±041, 22.00 <.001 Creatinina/ora 0.05±0.03, 64.50 -0.02±0.01, 22.0 <.001 D-dimero/ora 0.02±0.03, 50.19 0.00±0.05, 35.98 .008

(35)

Figura 6.7: Variazione media oraria di Urea (Urea/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’intero campione di soggetti arruolati.

Figura 6.8: Variazione media oraria di Creatinina (Cr/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’intero gruppo di soggetti arruolati independentemente dalla terapia farmacologica assunta

Nell’intero gruppo di pazienti arruolati, l’incremento medio orario di PCR (PCR/h) e Fibrinogeno (Fibrinogeno/h) nei “pazienti non idratati” è maggiore rispetto ai “pazienti idratati”.

Dal confronto tra le medie della variazione oraria della PCR tra “pazienti non idratati” e “pazienti idratati” è stata osservata una significatività statistica (p<0,05) mentre per quanto riguarda la variazione oraria di fibrinogeno non si è osservata alcuna significatività (p= 0,09).

2,2   -­‐0,65   -­‐1   -­‐0,5   0   0,5   1   1,5   2   2,5  

Non  idratati   Idratati  

Urea/h "INTERO CAMPIONE"

Non  idratati   Idratati   p<0,01 0,05   -­‐0,02   -­‐0,03   -­‐0,02   -­‐0,01   0   0,01   0,02   0,03   0,04   0,05   0,06  

Non  idratati   Idratati  

Creatinina/h "INTERO CAMPIONE"

Non  idratati   Idratati   p<0,01

(36)

Figura 6.9: Variazione media oraria di PCR (PCR/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’intero gruppo di soggetti arruolati independentemente dalla terapia farmacologica assunta.

Figura 6.10: Variazione media oraria di Fibrinogeno (Fibrinogeno/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’intero gruppo di soggetti arruolati independentemente dalla terapia farmacologica assunta. Dal confronto tra le medie non si osserva una significatività statistica.

La variazione media oraria di D-dimero (D-dimero/h) nei “pazienti non idratati” è superiore rispetto ai “pazienti idratati” e dal confronto tra le medie è emersa una significatività statistica (p<0,01).

0,26   0,17   0   0,05   0,1   0,15   0,2   0,25   0,3  

Non  idratati   Idratati  

PCR/h "INTERO CAMPIONE"

Non  idratati   Idratati   p<0,01 1,74   0,15   0   0,5   1   1,5   2  

Non  idratati   Idratati  

Fibrinogeno/h "INTERO CAMPIONE"

Non  idratati   Idratati  

(37)

Figura 6.11: Variazione media oraria di D-dimero (D-dimero/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’intero gruppo di soggetti arruolati independentemente dalla terapia farmacologica assunta.

L’incremento medio orario di Etp (Etp/h) nei “pazienti non idratati” è maggiore rispetto ai “pazienti idratati”.

Dal confronto tra le medie è stata osservata una significatività statistica con p<0,01.

Figura 6.12: Variazione media oraria di Etp (Etp/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’ intero campione di soggetti arruolati.

0,02   0   0   0,005   0,01   0,015   0,02   0,025  

Non  idratati   Idratati  

D-dimero/h "INTERO CAMPIONE"

Non  idratati   Idratati   p<0,01 124,23   60,67   0   20   40   60   80   100   120   140  

Non  idratati   Idratati  

Etp/h "INTERO CAMPIONE"

Non  idratati   Idratati   p<0,01

(38)

L’incremento medio orario di Lag-time (Lag-time/h) è maggiore nei “pazienti idratati” rispetto ai pazienti “non idratati” senza che, dal confronto tra le medie, si sia osservata una significatività statistica.

Figura 6.13: Variazione media oraria di Lag-time (Lag-time/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’intero campione di soggetti arruolati. Dal confronto tra le medie non è stata

osservata alcuna differenza statisticamente significativa.

L’incremento medio orario di Peak (Peak/h) è maggiore nei “pazienti non idratati” rispetto ai “pazienti idratati”.

Dal confronto tra le medie è stata osservata una significatività statistica con p<0,01.

Figura 6.14: Variazione media oraria di Peak (Peak/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti all’intero campione di soggetti arruolati.

I dati indicati nelle successive tabelle (Tab. 6.3, Tab. 6.4, Tab. 6.5) 0,17   0,19   0,16   0,165   0,17   0,175   0,18   0,185   0,19   0,195  

Non  idratati   Idratati  

Lag-time/h "INTERO CAMPIONE

"  

Non  idratati   Idratati   17,3   8,57   0   5   10   15   20  

Non  idratati   Idratati  

Peak/h "INTERO CAMPIONE"

Non  idratati   Idratati   p<0,01

(39)

riguardano le medie relative alle variazioni orarie di Urea, Creatinina, PCR, Fibrinogeno, Etp, Lag-Time e Peak nei sottogruppi idratazione/non idratazione dei tre principali gruppi di campioni classificati in base alla terapia preventiva eventualmente assunta (Gruppo “nessuna terapia” – Tab. 6.3, Gruppo “terapia antiaggregante” - Tab. 6.4, Gruppo “terapia antitrombotica” - Tab. 6.5).

Gruppo  Nessuna  

Terapia   Pazienti  non  idratati  (n=16)                                                    media±DS,  rango  medio   media±DS,  rango  medio  Pazienti  idratati  (n=14)                                                                  p  

ETP/ora   206.48±42.05,  22.50   87.56±23.86,  7.50   <.001   Lag-­‐time/ora   0.19±0.23,  15.13   0.34±0.54,  15.93   .822   Peak/ora   30.28±24.27,  17.13   15.19±19.84,  13.64   .294   PCR/ora   0.41±0.22,  17.56   0.28±0.17,  13.14   .179   Fibrinogeno/ora   6.11±11.99,  19.09   3.36±9.14,  11.39   .015   Urea/ora   2.96±0.41,  22.50   -­‐0.92±0.46,  7.50   <.001   Creatinina/ora   0.06±0.03,  22.50   -­‐0.03±0.01,  7.50   <.001   D-­‐dimero/ora   0.03±0.02,  13.94   0.04±0.01,  17.29   .313  

Tabella 6.3: Valori medi delle variazioni orarie nei due gruppi di pazienti appartenenti al gruppo “nessuna terapia” classificati in base alla terapia idratante somministrata durante le ore di attesa in Pronto Soccorso. All’interno del gruppo “nessuna terapia” è possibile osservare che nei “pazienti non idratati” la variazione media oraria di Urea (Urea/h) e Creatinina (Cr/h) è rappresentata da un incremento maggiore rispetto ai “pazienti idratati” dove peraltro si osserva un decremento della variazione media nel tempo per entrambi i parametri (Urea/h pz idratati: -0,92, Cr/h pazienti idratati: -0,03).

Dal confronto tra le medie è stata osservata una significatività statistica con p<0,01 per entrambi i valori.

(40)

Figura 6.7: Variazione media oraria di Urea (Urea/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti al gruppo “nessuna terapia”.

Figura 6.8: Variazione media oraria di Creatinina (Cr/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti al gruppo “nessuna terapia”.

L’incremento medio orario di PCR (PCR/h) e Fibrinogeno (Fibrinogeno/h) nei “pazienti non idratati” è maggiore rispetto ai “pazienti idratati”.

Dal confronto tra le medie della variazione oraria della PCR tra “pazienti non idratati” e “idratati” non è stata osservata alcuna significatività statistica mentre per quanto riguarda il confronto tra la variazione oraria di fibrinogeno nei due gruppi si è osservata una significatività (p<0,05).

2,96   -­‐0,92   -­‐2   -­‐1   0   1   2   3   4  

Non  idratati   Idratati  

Urea/h  gruppo  "nessuna  terapia"  

Non  idratati   Idratati   p<0,01 0,06   -­‐0,03   -­‐0,04   -­‐0,03   -­‐0,02   -­‐0,01   0   0,01   0,02   0,03   0,04   0,05   0,06   0,07  

Non  idratati   Idratati  

Creatinina/h  gruppo  "nessuna  terapia"  

Non  idratati   Idratati   p<0,01

(41)

Figura 6.9: Variazione media oraria di PCR (PCR/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti al gruppo “nessuna terapia”. Non è stata osservata alcuna significatività statistica nel

confronto tra le medie.

Figura 6.10: Variazione media oraria di Fibrinogeno (Fibrinogeno/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti al gruppo “nessuna terapia”.

La variazione media oraria di D-dimero (D-dimero/h) nei “pazienti non idratati” è lievemente inferiore rispetto ai “pazienti idratati” e dal confronto tra le medie non è emersa alcuna significatività statistica.

0,41   0,28   0   0,1   0,2   0,3   0,4   0,5  

Non  idratati   Idratati  

PCR/h  gruppo  "nessuna  terapia"  

Non  idratati   Idratati   6,11   3,36   0   1   2   3   4   5   6   7  

Non  idratati   Idratati  

Fibrinogeno/h  gruppo  "nessuna  terapia"  

Non  idratati   Idratati   p<0,05

(42)

Figura 6.11: Variazione media oraria di D-dimero (D-dimero/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti al gruppo “nessuna terapia”. Dal confronto tra le medie non è emersa alcuna

significatività statistica.

L’incremento medio orario di Etp (Etp/h) nei “pazienti non idratati” è maggiore rispetto ai “pazienti idratati”.

Dal confronto tra le medie è stata osservata una significatività statistica con p<0,01.

Figura 6.12: Variazione media oraria di Etp (Etp/h) nei due gruppi di pazienti “non idratati” e “idratati” appartenenti al gruppo “nessuna terapia”.

L’incremento medio orario di Lag-time (Lag-time/h) è maggiore nei “pazienti idratati” rispetto ai pazienti “non idratati” senza che, dal confronto tra le medie, si sia osservata una significatività statistica.

0,03   0,04   0   0,01   0,02   0,03   0,04   0,05  

Non  idratati   Idratati  

D-­‐dimero/h  gruppo  "nessuna  terapia"  

Non  idratati   Idratati   206,48   87,56   0   50   100   150   200   250  

Non  idratati   Idratati  

Etp/h  gruppo  "nessuna  terapia"  

Non  idratati   Idratati   p<0,01

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