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Infezioni ematiche da Candida spp in Medicina Interna e Rianimazione: dall'analisi dei fattori di rischio all'elaborazione di uno score predittivo

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INDICE

1. PREFAZIONE ... 4

2. EPIDEMIOLOGIA ... 6

2.2. STUDI DI POPOLAZIONE ... 7

2.3. STUDI BASATI SUGLI OSPEDALI ... 7

2.3. ANALISI DI REPARTO ... 10

2.4. DISTRIBUZIONE DELLE SPECIE DI CANDIDA SPP. NELLA CANDIDEMIA ... 12

3. IMPATTO PROGNOSTICO ... 14

3.1. FATTORI PROGNOSTICI ... 15

4. MICROBIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA DI CANDIDA spp. ... 19

4.1. MICROBIOLOGIA ... 19

4.1.1. FATTORI DI VIRULENZA ... 20

4.1.2. BIOFILM ... 20

4.2. PATOGENESI DELLA CANDIDEMIA ... 22

5. FATTORI DI RISCHIO ... 25

5.1. FATTORI DI RISCHIO GENERALI ... 25

5.2. CARATTERISTICHE DI RISCHIO DELLE SPECIE NON-ALBICANS ... 26 5.2.1. CANDIDA GLABRATA ... 26 5.2.2. CANDIDA PARAPSILOSIS ... 27 5.2.3. CANDIDA TROPICALIS ... 28 5.2.4. CANDIDA KRUSEI ... 29 5.2.5. ALTRE SPECIE ... 29 6. DIAGNOSI ... 30

6.1. STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO ... 30

6.1.1. CANDIDA COLONIZATION INDEX ... 30

6.1.2. PREDICTION RULE DI OSTROSKY-ZEICHNER ... 31

6.1.3. CANDIDA SCORE ... 31

6.2. EMOCOLTURA ... 32

(3)

3

6.3.1. β-D-GLUCANO ... 34

6.3.2. ANTIGENE MANNANO E ANTICORPI ANTI-MANNANO ... 35

6.3.3. ANTICORPI VERSO IL TUBULO GERMINATIVO DI CANDIDA ... 36

6.4. PCR E TECNICHE BIOMOLECOLARI ... 37

6.5. RUOLO DELLA PROCALCITONINA ... 37

7. MANAGEMENT E TERAPIA ... 39

7.1. FARMACI PER IL TRATTAMENTO DELLA CANDIDEMIA ... 39

7.1.1. I POLIENI E L’AMFOTERICINA B ... 39 7.1.2. LA FLUCITOSINA ... 40 7.1.3. I TRIAZOLI ... 40 7.1.4. LE ECHINOCANDINE ... 42 7.2. PROFILASSI ... 43 7.3. TERAPIA EMPIRICA ... 44

7.4. TERAPIA PRE-EMPTIVE E PRE-SUMPTIVE ... 44

7.5. TERAPIA TARGETED ... 46

7.5.1. TERAPIA DI PRIMA LINEA ... 47

7.5.2. DURATA DELLA TERAPIA E “DOWN-STAGING” ... 49

7.5.3. GESTIONE CATETERI INTRAVASCOLARI ... 50

7.5.4. CANDIDIASI OCULARE ... 50

7.5.5. ENDOCARDITE DA CANDIDA spp. ... 51

8. SCOPO DELLA TESI ... 53

9. MATERIALI E METODI... 54

10. RISULTATI ... 58

11. DISCUSSIONE ... 69

12. CONCLUSIONI ... 78

(4)

4

1.

PREFAZIONE

La Candidemia è un’infezione fungina che sopraggiunge nel momento in cui lieviti della specie Candida entrano nel circolo ematico1.

È un'infezione opportunistica che si verifica solo in individui affetti da condizioni patologiche che determinano un ridotto o alterato livello di difese, o a causa della malattia stessa o della terapia a cui sono sottoposti. In quest’ultimo caso la Candidemia rappresenta una tipica infezione nosocomiale2.

L’incidenza della infezione ematica da Candida è in continuo aumento sin dagli anni ’80, ed oggi Candida spp. rappresenta uno tra i primi 5 patogeni responsabili di sepsi in ambiente ospedaliero, assieme a Staphilococcus spp., Enterobacteriaceae e Pseudomonas Aeruginosa3, 4.

Mentre fino alla fine del secolo scorso le infezioni ematiche nosocomiali da Candida interessavano prevalentemente pazienti immunocompromessi, oppure pazienti in condizioni critiche ricoverati nei reparti di Terapia Intensiva (UTI), negli ultimi anni un numero sempre maggiore di episodi di Candidemia è stato riscontrato tra i pazienti ricoverati nei reparti di Medicina Interna, arrivando a superare in alcuni studi il 50% dei casi ospedalieri 5-8.

Le infezioni ematiche da Candida sono gravate da percentuali estremamente elevate di mortalità, sia globale che attribuibile. Quest’ultima varia dal 5% al 71%, mentre la mortalità globale si mantiene sempre elevata, superando in alcuni studi anche l’80%8.

Paragonando questi dati con quelli relativi alle sepsi batteriche, che nel complesso mostrano valori di mortalità attribuibile che variano tra il 10% e il 50% circa, risulta subito chiara la gravità di tale condizione, e allo stesso tempo, la necessità di mettere in atto strategie terapeutiche che possano ridimensionare la problematica9.

(5)

5

Un ritardo nell’inizio della terapia antifungina, anche solo di 12 ore dalla positivizzazione dell’emocoltura, causa un drammatico aumento della mortalità per Candidemia10, 11.

È chiara, quindi, l’esigenza di individuare tra i pazienti febbrili e con altri sintomi di infezione sistemica, quelli ad elevato rischio di Candidemia, su cui sia ragionevole iniziare una terapia antimicotica in maniera empirica, cioè prima che l’emocoltura si sia positivizzata.

Mentre per i pazienti chirurgici e ricoverati nelle Terapie Intensive sono stati elaborati degli score predittivi che permettono questa stratificazione del rischio, ciò non è avvenuto nei pazienti delle Medicine Interne.

È quindi auspicabile che siano condotti studi che analizzino le caratteristiche cliniche e infettivologiche di quest’ultimo gruppo di pazienti.

(6)

6

2.

EPIDEMIOLOGIA

I dati epidemiologici sui pazienti affetti da Candidemia sono piuttosto eterogenei, probabilmente a causa delle caratteristiche cliniche della malattia stessa, della popolazione colpita e della mancanza di registri o statistiche ufficiali. Pertanto, specialmente per quanto riguarda l’Europa, ci si può affidare unicamente a singoli studi epidemiologici, che sono spesso di piccole dimensioni o condotti in specifici gruppi di pazienti o limitati a un solo paese. A questo fatto sono spesso ricondotte differenze statisticamente significative tra i risultati2.

La maggior parte dei dati epidemiologici sulle infezioni del circolo ematico da Candida derivano quindi da studi condotti in USA, come il SENTRY e l’Emerging Infections and the Epidemiology of Iowa Organisms12

.

I risultati di diverse surveys, condotte in diverse Nazioni, sono concordi nell’evidenziare come l’incidenza delle Candidemie sia in costante aumento, con una prevalenza crescente per le specie non-albicans13.

Questo trend temporale, iniziato dagli anni ’80 in associazione con lo scoppio dell’epidemia dell’HIV, è continuato fino ad oggi, non avendo risentito quindi del calo di mortalità da AIDS dovuto all’introduzione della terapia HAART. Questo è da ricondursi probabilmente ai contemporanei progressi della Medicina nel trattamento delle malattie degenerative, che ha portato ad un aumento dei tassi di sopravvivenza dei pazienti affetti da tali condizioni, con un aumento della popolazione a rischio di Candidemia. A ciò si è associata la maggiore esposizione di questi soggetti a ulteriori fattori di rischio, quali trattamenti antibiotici e immunosoppressivi, procedure invasive di Terapia Intensiva, come l’uso di cateteri, ventilazione meccanica2, 14.

Le patologie da Candida spp rappresentano attualmente la terza-quarta causa di sepsi nosocomiale negli USA e in gran parte dei Paesi sviluppati3, 4.

(7)

7

Il US National Nosocomial Infection Surveillance (NNIS) system ha raccolto dati provenienti da 790 UTI, coinvolgendo quasi 300 strutture ospedaliere. Nel periodo 1990-1999 Candida spp. è stata responsabile del 5-10% di tutte le setticemie: con un’incidenza di 4,6 casi su 10 000 ammissioni ospedaliere, si colloca al quarto posto dopo le sepsi da Stafilococchi coagulasi negative, Staphilococcus Aureus e Enterococchi3.

2.2.

STUDI

DI

POPOLAZIONE

Il primo report sull'incidenza della Candidemia basato sulla popolazione è del Center for Disease Control (CDC) negli anni 1992-93. In accordo a questo studio l'incidenza annuale di Candidemia era di 7,28/100,000 abitanti15.

In Finlandia si osserva un incremento dei tassi di incidenza di Candidemie da 1,7 casi/100 000 abitanti nel 1995 a 2,2 casi / 100 000 abitanti nel 199916.

In uno studio di Zilderberg et al. l'incidenza della Candidemia era aumentata dal 3,65 per 100,000 abitanti nel 2000 a 5,56 per 100,000 abitanti nel 2005, con una differenza statisticamente significativa17.

Nel tempo l'incidenza è ancora aumentata passando da valori di 13,3 a 26,2 casi per 100,000 abitanti ad Atlante e Baltimora, nel periodo che andava tra il 2008 e il 201118.

In Europa l'incidenza di Candidemia a livello di popolazione sembra essere più bassa rispetto a quello degli USA. Negli studi di sorveglianza nazionale eseguite nei periodi 2004-2009 e 2010-2011 l'incidenza media era di 8,6 (minimo 7,9, massimo 9,8) e 9,4 (minimo 8,82, massimo 10,05) casi per 100,000 abitanti19.

2.3.

STUDI

BASATI

SUGLI

OSPEDALI

La maggiore incidenza della Candidemia nella popolazione ospedaliera e in particolare in gruppi ad alto rischio piuttosto che nella popolazione generale, la frequente aspecificità dei sintomi, la gravità della patologia di base del paziente e la conseguente difficoltà della diagnosi di Candidemia sono tutti elementi che spiegano come i risultati ottenuti da studi retrospettivi sulla popolazione generale

(8)

8

possano essere di scarso interesse operativo mentre risultino più utili quelli derivati dall’osservazione di gruppi di pazienti e ospedali2

.

I dati di epidemiologia su base ospedaliera calcolano l'incidenza di casi per mille ricoveri o per giorni di ospedalizzazione; risulta pertanto più semplice comparare le incidenze tra loro.

Come negli studi di comunità, anche negli studi su base ospedaliera ci sono differenze regionali.

Negli Usa, durante il periodo 1996-2003, l'incidenza è stata di 1,9-2,4 Candidemie per 1000 ricoveri15.

Nei periodi 2008-2009 e poi 2009-2010, due studi multicentrici spagnoli hanno trovato incidenze pari a 1,09 e 0,92 per 1000 ricoveri, studiando ospedali di terzo livello20, 21.

In Italia vi è stato un incremento da 0,38 casi per 1000 ricoveri, nel periodo 1997-1999, a 1,19 casi per 1000 ricoveri nel 200922.

Il progetto CASTORE (Candida: STudio Osservazionale REtrospettivo) è stato condotto presso 20 centri italiani con l’intento di valutare l’incidenza di Candidemie in ambito ospedaliero nel periodo 2007-2008. Da esso emerge un incremento annuo dal 2007 al 2008 nella frequenza delle diagnosi di Candidemia del 20,2%13.

Due lavori svolti da Bassetti e coll. testimoniano l’andamento temporale appena esposto. Infatti una prima indagine pubblicata nel 2006, svolta retrospettivamente sui soli pazienti delle Terapie Intensive dell’ospedale di San Martino di Genova, documenta un tasso di incidenza di 1,25 episodi per 10 000 giorni-paziente all’anno nel 1999, mentre il valore sale a 3,06 per l’anno 200323.

(9)

9

Figura 1 - Tassi di incidenza per 10.000 giorni-paziente della Candidemia in Europa dal 1999 al

2003. Tratta da: Bassetti M, Righi E, Costa A, Fasce R, Molinari MP, Rosso R, et al. Epidemiological trends in nosocomial Candidemia in intensive care. BMC infectious diseases. 2006; 6: 21.

A distanza di quasi 10 anni, un secondo studio analogo pubblicato nel 2011, rileva un aumento progressivo da 1,18 nel 2008 a 2,37 episodi su 1000 ricoveri nel 2010. Il tasso di incidenza media per il biennio è di 1,73 episodi su 1000 ricoveri. Questi valori sono più alti rispetto a quelli riportati da altri paesi dell’emisfero nord, come gli USA (da 0,28 a 0,96 casi per 1000 ricoveri), Canada (0,45 casi su 1000 ricoveri), e alcuni paesi europei (da 0,20 a 1,09 casi su 1000 ricoveri) 24.

Le differenze tra i tassi di incidenza di Candidemia possono dipendere dall'area geografica e dalla combinazione di fattori demografici e nella rappresentatività dei campioni di popolazione presi in esame: la distribuzione per classi di età, per la maggiore incidenza della patologia nelle età estreme della vita, e alcune comorbidità, come malattie ematologiche, la chirurgia, soprattutto se addominale, il diabete, l'insufficienza renale. Differenze nella pratica dell’assistenza sanitaria,

(10)

10

per esempio riguardo all’uso di cateteri venosi centrali, possono incidere pesantemente sulle Candidemie.

Infine le procedure utilizzate per le emocolture, l’utilizzo degli antibiotici e l’epidemiologia delle antibiotico-resistenze nei vari paesi sono ulteriori variabili da prendere in considerazione24.

Anche la grandezza dell'ospedale può essere importante. Infatti, è stato osservato come i tassi di incidenza della Candidemia siano strettamente correlati con il numero di letti dell’ospedale: più grande esso è, maggiore è il numero di pazienti che richiede interventi diagnostici e terapeutici invasivi, associati quindi a un maggior rischio di infezioni da Candida2, 25, 26.

2.3.

ANALISI

DI

REPARTO

L’incidenza delle Candidemie varia in relazione al reparto ospedaliero e/o alla popolazione di pazienti considerata4.

I dati a disposizione riguardano soprattutto pazienti ricoverati nelle Unità di Terapia Intensiva (UTI) o in gruppi speciali come i malati ematologici e quelli sottoposti a trapianto di organo solido.

Le UTI sono considerate reparti nei quali il rischio è aumentato.

Lo studio multicentrico SENTRY, che coinvolgeva UTI in America e in Europa, ha mostrato che il 44,5% delle Candidemie avvengono nelle UTI27.

L’incidenza di casi per 1000 ricoveri è molto variabile nelle Unità di Terapia Intensiva, e dipende dalla tipologia di malato che ospitano; ad esempio, la prevalenza di pazienti chirurgici determina un aumento dell’incidenza. In generale essa varia da 0,5 a 6,7 casi per 1000 ricoveri28-32.

Nello studio multicentrico EPIC II, che valuta la prevalenza delle infezioni nelle Unità di Terapia Intensiva di 74 Paesi, effettuato nel 2007, l’incidenza globale di Candidemia nelle UTI risultava del 6,87 per 1000 ricoveri33.

Uno studio Italiano condotto in Puglia, riscontrava un’incidenza di 16,5 casi per 1000 ricoveri34.

Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dei casi di Candidemia nelle Medicine Interne.

(11)

11

In passato il fenomeno era molto meno rappresentato; infatti, Luzzati et al., nel periodo 1992-1997 nell’ospedale di Verona trovarono che solo il 6,5% dei casi di Candidemia si riscontrava nei reparti di Medicina35.

Invece Martin et al. nel 2005 avevano evidenziato come una percentuale importante delle Candidemie documentate a Lione, in Francia, nel periodo 1998-2001, si fosse verificata in pazienti ricoverati nei reparti di Medicina Interna36.

Horn et al. tra il 2004 e il 2008 negli USA, rilevarono che il 66% delle Candidemie avvenivano nelle Medicine Interne8.

Nello stesso periodo lo studio condotto da De Rosa e coll. in due ospedali italiani confermava come la percentuale maggiore (44%) dei casi di Candidemia si verificasse nei reparti di internistici, piuttosto che in quelli chirurgici o di Terapia Intensiva5.

Analoga distribuzione è stata riportata da Bassetti et al. all’ospedale San Martino di Genova nel triennio 2008-20106.

Lo studio italiano multicentrico CASTORE, svolto sul biennio 2007-2008, osserva come l’aumento dei casi di Candidemia, che emerge dalla casistica, sia stato più significativo nell’area medica piuttosto che in quella critica e chirurgica, che rimangono praticamente stabili13.

Figura 2 -Studio CASTORE: distribuzione dei casi di sepsi da Candida nelle macroaree Critica,

Chirurgica, Medica negli anni 2007 e 2008. Tratta da: Gesu GP, Lombardi G, CASTORE pig. PROGETTO CASTORE Candida: STudio Osservazionale REtrospettivo. Therapy Perspectives. 2010; 10.

(12)

12

2.4.

DISTRIBUZIONE

DELLE

SPECIE

DI

CANDIDA

SPP.

NELLA

CANDIDEMIA

Più del 90% delle infezioni invasive causate da Candida spp. sono attribuite a solo 5 specie: C. albicans, C. glabrata, C. parapsilosis, C. tropicalis e C. krusei; le restanti 11 specie costituiscono solo una piccola parte dei casi di Candidemia15.

Tra queste, globalmente, C. albicans è il principale patogeno isolato, ma l’epidemiologia locale può variare fortemente15, 22, 37

.

Si riscontrano infatti notevoli differenze nella distribuzione delle specie di Candida, sia dal punto di vista temporale, che geografico, e infine anche all’interno delle stesse strutture ospedaliere, secondo il reparto analizzato, della tipologia di paziente e dei fattori di rischio.

Nel corso degli ultimi due decenni, si è assistito a un cambiamento delle proporzioni delle specie di Candida isolate dai pazienti con Candidemia. L’incidenza dei casi da Candida albicans si è ridotta, mentre è aumentata quella delle specie non-albicans38.

Da una review basata su studi regionali, nazionali e mondiali emerge, in particolare, nel corso degli anni una riduzione dal 70% al 50% dei casi di Candidemia causati dalla specie albicans28.

Diversi studi di sorveglianza multicentrici condotti sia in Europa che negli USA, mostrano come, tra le varie specie non albicans, C. glabrata sarebbe la principale responsabile di questo incremento; ciò è stato evidenziato in particolare nel paziente anziano12, 37, 39.

Le cause di questo “shift” epidemiologico sono molteplici, ma le più rilevanti sono l’utilizzo sempre crescente di farmaci antifungini, specialmente il fluconazolo, soprattutto a scopo profilattico nei pazienti resi neutropenici dalle chemioterapie o in quelli da sottoporre a trapianto d’organo, e la sempre maggiore diffusione dei cateteri venosi centrali8, 15, 40-43.

Diversi autori italiani ed europei hanno inoltre evidenziato come la riduzione della percentuale di casi riconducibili alla specie albicans, sia avvenuta soprattutto nei reparti di Terapia Intensiva.23 Secondo lo studio CASTORE, nell’area chirurgica la riduzione è stata più modesta, mentre si è assistito addirittura ad un incremento delle infezioni da C. albicans in area medica.

(13)

13

L’aumento delle specie non-albicans è invece indipendente dalla macroarea interessata, ma è particolarmente evidente per l’area critica e per quella medica, e in misura minore per quella chirurgica4.

Dal punto di vista geografico C. albicans è la specie predominante nei paesi nordeuropei e in Svizzera, dove causa più del 60% delle Candidemie; nel resto dell’Europa e negli USA tale percentuale oscilla tra il 45% e il 58%; troviamo infine i valori più bassi in Asia e in Sud America dove raggiunge circa il 40%. Coerentemente con quest’ultimo dato, in Asia predominano le specie non albicans37.

I paesi dell'Europa meridionale, rispetto a quelli del nord, vedono quindi una minore prevalenza di C. albicans.

C. glabrata è la seconda specie isolata più frequentemente nella maggior parte dei paesi europei.43 In Italia si colloca al 3° posto dopo C. parapsilosis mentre in Spagna si ritrova al 4° posto, rappresentando una percentuale inferiore anche a C. tropicalis; quest’ultima rappresenta circa il 7% dei casi in tutta l’Unione Europea (UE)13, 43.

(14)

14

3.

IMPATTO

PROGNOSTICO

Nonostante la disponibilità di diversi e nuovi agenti antimicotici e l’ampio utilizzo di questi per la profilassi e il trattamento della Candidemia, questa resta la più frequente malattia fungina mortale ed è associata ad una ancora elevata mortalità, a ricoveri prolungati e ad un conseguente notevole aumento della spesa sanitaria2.

Il tasso di mortalità grezza per la Candidemia in molte analisi supera il 50%, potendo assumere valori compresi tra il 30% e l’81% nelle diverse casistiche; l’ampia variabilità riflette prevalentemente la gravità delle patologie sottostanti. La mortalità attribuibile, che è quella direttamente correlata alla Candidemia, presenta a sua volta valori che vanno dal 5% al 71%24, 40.

Diversi studi hanno dimostrato come la Candidemia sia associata a un aumento da 10 a 30 giorni della durata media della degenza ospedaliera, che si configura come il principale fattore responsabile dell’aumento della spesa sanitaria correlato a questa patologia15, 25, 44.

Gli studi condotti tra il 1996 e il 2009, dimostrano sostanzialmente una riduzione dei tassi di mortalità da Candidemia, probabilmente conseguenza dell’utilizzo sempre più diffuso di nuovi farmaci antifungini, introdotti in commercio agli inizi degli anni 2000, quali il voriconazolo e le echinocandine2. Nonostante ciò la mortalità per Candidemia rimane elevata, molto più alta di quello che ci aspetterebbe se fosse semplicemente in relazione alle patologie di base sottostanti44.

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Figura 3 - Tasso grezzo di mortalità per 100 000 individui per CI e Aspergillosi negli USA tra il

1991 e il 2003. Tratta da: Pfaller MA, Diekema DJ. Epidemiology of invasive candidiasis: a persistent public health problem. Clin Microbiol Rev. 2007; 20(1): 133-63.

In Italia un trend in diminuzione della mortalità per Candidemia emerge dal confronto di due studi osservazionali, svolti dal Bassetti e collaboratori a distanza di circa un quinquennio l’uno dall’altro.

Nel biennio 2008-2010 nell’ospedale di San Martino di Genova (Italia) viene condotta un’indagine retrospettiva che riporta un tasso di mortalità grezza a 30 giorni del 43,5 %24.

Nel 2004, invece, lo stesso autore descriveva un tasso di mortalità globale del 55% tra i casi di Candidemia in due ospedali universitari italiani, il San Martino di Genova e l’”Agostino Gemelli” a Roma45

.

3.1.

FATTORI

PROGNOSTICI

L’outcome del paziente con Candidemia è strettamente correlato allo stato di salute dell’ospite (gravità del quadro patologico di base), alle caratteristiche del germe patogeno responsabile (virulenza e suscettibilità) e alla terapia instaurata (tempistiche in relazione allo stadio dell’infezione, scelta del farmaco antifungino e dosi).39

o Fattori correlati allo stato di salute dell’ospite

È stato dimostrato come l’età sia un fattore importante: nei soggetti di età avanzata (maggiore di 60 o 70 anni a seconda degli studi) il tasso di mortalità è maggiore rispetto alle classi di pazienti più giovani46, 47.

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16

Numerosi studi hanno evidenziato l’importanza della gravità del quadro patologico di base del paziente, che può essere stimata con il punteggio dello score APACHE II, quanto meno nei soggetti ricoverati nelle Unità di Terapia Intensiva; un valore elevato di questo score, nel giorno del prelievo del campione per l’emocoltura, è un fattore predittivo indipendente di mortalità per i pazienti candidemici10, 11, 24, 45, 46.

I pazienti neoplastici hanno mostrato mediamente una prognosi peggiore rispetto a quelli con altre comorbidità47, 48.

o Fattori correlati alle caratteristiche del germe patogeno responsabile Sia la virulenza della specie di Candida responsabile, che la loro sensibilità agli agenti antifungini, influenzano l’outcome della Candidemia39

.

Numerosi studi, mostrano una mortalità maggiore per C. krusei, C. glabrata e C. tropicalis, con un outcome sfavorevole in più del 40% dei pazienti. Di solito, invece, C. parapsilosis è associata a una prognosi migliore12, 22, 24, 49.

La gravità delle infezioni causate da C. krusei, C. glabrata e C. tropicalis, è imputabile almeno in parte al fatto che insorgono tipicamente in pazienti con condizioni di base particolarmente critiche, che spesso rappresentano di per se stesse una minaccia alla sopravvivenza del soggetto43.

Inoltre C. glabrata è meno sensibile e C. krusei intrinsecamente resistente agli azoli; C. tropicalis invece, una volta entrata nell’organismo, appare dotata di particolare virulenza39.

L’infezione da parte di un ceppo di Candida produttore di biofilm è associata a una maggiore mortalità rispetto a quelle da ceppi non produttori50, 51 . Inoltre, la prognosi correla con l’entità della produzione del biofilm, risultando peggiore nelle forme da germi “high biofilm forming” piuttosto che in quelle “low biofilm forming”52.

La produzione di biofilm da parte del ceppo di Candida infettante rappresenta non solo un importante fattore di virulenza, ma anche un fattore prognostico sfavorevole, associandosi in maniera indipendente a un aumento della durata dell’ospedalizzazione e della mortalità, sia a breve che a lungo temine26, 27.

In accordo con quanto appena detto, Tumbarello et al., in uno studio retrospettivo che ha incluso tutti i pazienti maggiori di 18 anni con emocolture

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positive per Candida dal 2005 al 2007 all’ospedale dell’Università Cattolica di Roma, documenta come la mortalità grezza e attribuibile, la durata della degenza ospedaliera e il costo della terapia antifungina siano significativamente aumentati nei casi di Candidemia causati da ceppi produttori di biofilm. Tra questi pazienti, inoltre, l’outcome è significativamente migliore in quelli che hanno ricevuto una terapia con farmaci ad alta attività anti-biofilm “highly active antibiofilm (HAAB)”50

.

o Fattori correlati alla terapia

L’inadeguatezza della terapia antimicrobica è un fattore di rischio indipendente di mortalità ospedaliera nel corso di un infezione sistemica; la Candidemia rientra tra quelle infezioni che più frequentemente non ricevono un trattamento appropriato53.

Una terapia è da considerarsi inadeguata in caso di ritardo nella somministrazione, somministrazione di una dose inadeguata, utilizzo di un farmaco nei confronti del quale il microrganismo è resistente, o mancato trattamento15.

La mancata somministrazione di farmaci antifungini è associata a un maggior numero di decessi (Ibrahim 200, Ben-Abraham 2004)29, 30

Morrell et al hanno dimostrato che anche un ritardo di 12 ore può determinare un aumento di mortalità dal 20 al 50%, e che un ritardo di più di 48 o 72 ore comporta lo stesso significativo aumento di mortalità mostrato nelle esperienze di Bassetti e Hsu 6, 10, 54.In questi lavori è stato considerato come “starting point”, ossia come inizio del periodo per definire la tempestività della terapia, il momento in cui sono state prelevate le emocolture. Le emocolture sono state prelevate nel momento in cui il paziente presentava sintomi (ad esempio febbre non responsiva alla terapia antibiotica).

Considerando questo starting-point, 5 su 6 report hanno confermato l'impatto della terapia tempestiva sulla mortalità; solo nel lavoro di Kludze-Forson et al questo fenomeno non è stato confermato 10, 11.

Sono stati individuati inoltre potenziali fattori che correlano con la somministrazione di una terapia inadeguata: terapie antibiotiche precedentemente somministrate nell’ambito dello stesso ricovero, una maggiore permanenza in

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sede di CVC, bassi livelli di albumina sierica, e, in modo particolare, la presenza di agenti patogeni caratterizzati da pattern di resistenza agli antimicrobici53.

La mancata rimozione di eventuali cateteri è un fattore importante che influenza negativamente la prognosi35, 48.

Studiando nel particolare lo shock settico da Candida, Kollef et al. hanno di nuovo confermato come la terapia antifungina tempestiva sia associata a una riduzione della mortalità. Tale riduzione era influenzata anche dal controllo precoce della fonte della Candidemia, cioè, dove presente, dalla rimozione del CVC infetto. In questo caso Kollef ha scelto come starting point, per calcolare il periodo di inizio della terapia antifungina, l'inizio dello shock settico, che, però, può essere più tardivo rispetto al prelievo delle emocolture55.

Ulteriori dati da prendere in considerazione sono il tempo di positivizzazione dell’emocoltura e l’intervallo di tempo tra il ricovero e la data della prima emocoltura positiva.

Un’indagine effettuata nel 2013 da Nunes e colleghi ha osservato come tra i casi di Candidemia causati da C. albicans, i pazienti deceduti avessero un tempo di positivizzazione medio dell’emocoltura maggiore rispetto a quelli che erano sopravvissuti56.

Nello stesso anno, in Italia, il gruppo di ricerca guidato da F.C. De Rosa ha analizzato le differenze nell’outcome tra i pazienti con Early o Late Onset Candidemia (prima emocoltura positiva entro o oltre i primi 10 giorni di ricovero). È emerso come i pazienti EOC mostrassero un tasso grezzo di mortalità significativamente minore rispetto a quelli appartenenti al gruppo LOC; nel primo gruppo era molto più frequente riscontrare l’inadeguatezza del trattamento antifungino5.

(19)

19

4.

MICROBIOLOGIA

E

FISIOPATOLOGIA

DI

CANDIDA

SPP

.

4.1.

MICROBIOLOGIA

Candida è un lievito che esiste in natura prevalentemente in forma unicellulare; le cellule sono piccole (4-6 µm), di forma ovoidale, caratterizzate da una parete sottile e si riproducono per gemmazione. In vivo si ritrova spesso, a seconda della specie in esame, contemporaneamente in forma di lievito, ife e pseudoife 42.

Figura 4 - Lieviti (2-4 µm) e ife septate (15-30 µm) di C. albicans; Gram Stain 1000x. Tratta da:

Eggimann P, Garbino J, Pittet D. Epidemiology of Candida species infections in critically ill non-immunosuppressed patients. The Lancet Infectious Diseases. 2003; 3(11): 685-702.

Candida è un organismo ubiquitario. La maggior parte delle specie ha un importante reservoir umano e animale, ma essa è presente anche nell’ambiente, in particolare quello ospedaliero, inclusi cibi, piani di lavoro, pavimenti, strumentario, e sistemi di aria condizionata. Nell’uomo Candida è un normale componente della flora microbica di cute e membrane mucose del tratto gastrointestinale, genitourinario e respiratorio2, 40, 42.

(20)

20

Attualmente sono note più di 200 specie e solo il 10% è capace di dare infezioni nell’uomo, di cui fanno parte: C. albicans, C. glabrata, C. tropicalis, C. parapsilosis, C. krusei, C. guilliermondii, C. lusitaniae, C. dubliniensis, C. pelliculosa, C. kefyr, C. lipolytica, C. famata, C. incospicua, C. rugosa e C. norvegensis. Tra queste C. albicans è di gran lunga la più frequentemente isolata nell’essere umano, sia come patogeno che come normale saprofita40, 42

.

4.1.1. FATTORI DI VIRULENZA

Candida spp. possiede fattori di virulenza ben noti ma non ancora caratterizzati con precisione. I principali sono:

o Molecole di Superficie, che ne permettono l’adesione ad altre strutture (eg. cellule, matrice extracellulare, apparecchi protesici);

o Proteasi acide e fosfolipasi, coinvolte nei processi di penetrazione e danno delle membrane cellulari;

o “Switching” fenotipico, ossia la capacità in vitro di alcuni ceppi di Candida di mutare in modo reversibile e con elevata frequenza da un fenotipo dominante a uno recessivo, in base alle condizioni ambientali. A questo fenomeno sono associate l’aumentata secrezione di enzimi proteolitici e la produzione di ife, che, rispetto ai lieviti, sono caratterizzate da una maggiore capacità di penetrazione tissutale2, 40.

Tra le varie specie di Candida si distinguono 3 gruppi con potenziale patogenetico decrescente:

C. albicans e C. tropicalis;

C. glabrata, C. Lusitaniae , C. Kefyr;

C. parapsilosis, C. krusei, C. Guilliermondii39.

4.1.2. BIOFILM

La presenza di Candida nel circolo ematico è frequentemente associata alla presenza di biofilm su superfici artificiali di device medici come cateteri vascolari

(21)

21

e vescicali. Il dispositivo impiantato chirurgicamente più frequentemente infettato è il Catetere Venoso Centrale57, 58.

Il biofilm si crea nel momento in cui dei microrganismi vanno ad aderire su di una superficie, che può essere costituita da materiale inerte o biologico, producendo polimeri extracellulari che facilitano l’adesione e costituiscono una matrice strutturale59.

Nella sua forma matura è costituito da un denso e strutturato intreccio di strati costituito da lieviti, ife e pseudoife 60.

Figura 5 - Stadi di formazione di un biofilm da parte di Candida albicans sulla superficie di un

catetere in PVC. (a) Superficie del catetere su cui sono assorbite proteine dell’ospite “conditioning” (puntini neri) . (b) Iniziale adesione dei lieviti (in rosso). (c) Formazione di strati basali costituiti da microcolonie di lieviti, che ancorano alla superficie. (d) Completamento della formazione delle microcolonie con aggiunta dello strato più superficiale, prevalentemente ifale, e di materiale della matrice (in giallo), che circonda sia i lieviti (in rosso) che le ife (in verde). Tratto da: Douglas LJ. Candida Biofilm and their Role in Infections. TRENDS in Microbiology. 2003; 11(1): 30-6.

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22

Ciclicamente e in modo continuo avviene la dispersione/ distacco delle cellule dal biofilm, il loro passaggio nel circolo ematico fino al reimpianto su di una nuova superficie61.

Candida albicans produce in vitro quantità di biofilm maggiori rispetto alle specie non-albicans50.

D’altra parte, è stato osservato come le specie non-albicans, in particolare C. parapsilosis, ma anche C. tropicalis, in presenza di mezzi ad alta concentrazione di glucosio producono rapidamente biofilm50, 60.

Questo spiega la tendenza peculiare di C. parapsilosis a causare infezioni associata alla presenza di device medici, soprattutto in pazienti sottoposti a nutrizione parenterale totale62.

Le cellule che costituiscono il biofilm mostrano caratteristiche fenotipiche differenti da quelle planctoniche59.

Il biofilm prodotto da Candida spp. mostra una maggiore resistenza nei confronti della maggior parte dei farmaci antifungini, ad eccezione delle echinocandine e della formulazione lipidica dell’amfotericina B(AmpB).63 Esso inoltre protegge il microrganismo dalle difese dell’ospite64

.

Recenti studi hanno mostrato come le cellule circolanti derivate dal biofilm, siano caratterizzate da un maggior potenziale patogenetico rispetto alla loro controparte planctonica65. Ciò è confermato dal fatto che i ceppi di Candida con un’elevata produzione di biofilm mostrano una prognosi peggiore, sia in termini di sopravvivenza che di gravità dell’infezione rispetto a quelli con una scarsa o assente produzione52.

4.2.

PATOGENESI

DELLA

CANDIDEMIA

Un prerequisito fondamentale per lo sviluppo della Candidemia è la colonizzazione delle superfici mucocutanee. Essa avviene quando variazioni nell’ecologia della flora endogena favoriscono la sovraccrescita di Candida spp. sulla superficie cutanea o mucosa.

Ciò avviene tipicamente con l’utilizzo di agenti antimicrobici ad ampio spettro40, 42, 66-68.

(23)

23

È un evento che si verifica nella maggioranza dei casi in ospedale, e quindi la probabilità che avvenga aumenta con la durata della degenza40.

La colonizzazione delle superfici mucose del tratto gastrointestinale precede più dell’80% dei casi di Candidemia da C. albicans e C. glabrata, mentre C. tropicalis mostra una minore tendenza alla colonizzazione69.

Candida è un patogeno opportunista. Nel momento in cui c’è uno squilibrio tra la colonizzazione e i normali meccanismi di difesa dell’ospite, può superare le barriere dell’organismo e penetrare nel circolo ematico, nei tessuti più profondi, determinando una disseminazione multiorgano e talvolta una sepsi2, 67, 68.

La perdita dell’integrità delle normali barriere mucocutanee può essere alla base della penetrazione di Candida spp. attraverso la superficie colonizzata. Questo può avvenire in seguito all’utilizzo prolungato di device intravascolari, a causa di interventi chirurgici o traumi e in conseguenza di gravi mucositi come quelle associate a chemioterapia e radioterapia.

Nel tratto gastrointestinale se la colonizzazione è massiva il passaggio può avvenire anche per adsorbimento attraverso la parete di un gran numero di microorganismi42.

È possibile inoltre la trasmissione esogena di Candida spp., tipicamente nosocomiale. Essa è responsabile dell’aumento del rischio di Candidemia associato a device intravascolari e alla nutrizione parenterale totale; l’origine cutanea di una Candidemia associata a catetere è fortemente suggestiva di un’infezione da C. parapsilosis40

.

Una volta che il microrganismo è entrato in circolo una disfunzione del sistema immunitario, è necessaria affinché avvengano la disseminazione e la proliferazione nei tessuti profondi di Candida spp.42, 67, 68.

Tutte le componenti del sistema immunitario giocano un ruolo nel controllo delle infezioni da Candida; in particolare, la Candidemia è fortemente favorita dalla neutropenia e da importanti disfunzioni dei polimorfonucleati. Al contrario

(24)

24

deficit dell’immunità cellulomediata favoriscono le forme superficiali, come si verifica nell’AIDS42

(25)

25

5.

FATTORI

DI

RISCHIO

5.1.

FATTORI

DI

RISCHIO

GENERALI

I fattori di rischio per lo sviluppo di infezioni ematiche da Candida sono numerosi, e sono stati studiati principalmente nei pazienti oncologici, ematologici e in quelli ricoverati nelle Terapie Intensive.70

Essi possono essere divisi in due gruppi: fattori correlati all’ospite, tra cui i principali sono le patologie immunosoppressive, come neoplasie ematologiche e in generale tutte le cause di neutropenia, le fasce di età estrema e il deterioramento delle condizioni cliniche generali dovuto alla presenze di patologie sottostanti) e fattori correlati all’assistenza sanitaria, come la presenza di accessi vascolari, la nutrizione parenterale totale, gli interventi chirurgici precedenti o concomitanti terapie antibiotiche e la colonizzazione da parte di Candida spp. di uno o più siti corporei, in quanto la probabilità che si realizzi, e l’entità della stessa, correlano con la durata della degenza15, 4028, 29, 31, 42, 70.

Quando un paziente già a rischio per la presenza di tali condizioni cliniche entra in ospedale, si trova, durante la permanenza nella struttura sanitaria, esposto a ulteriori agenti e condizioni che incrementano la probabilità che Candida spp entri in circolo causando infezione15. Tale esposizione è spesso diretta conseguenza della particolare gravità del quadro clinico di base del paziente. È possibile perciò affermare che tra i primi e più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di una Candidemia sia la criticità del paziente14.

La Consensus Conference Italiana per il Management delle Candidiasi Invasive (ITALIC), ha stilato una lista dei principali fattori di rischio per lo sviluppo della Candidemia, emersi negli anni passati da numerosi studi presenti in letteratura14.

(26)

26

Tabella 1- Fattori di rischio per Candidemia1. Ricovero in un Unità di Terapia Intensiva Trapianto di organo solido

Malattia onco-ematologica e trapianto di cellule staminali, GVHD (Graft Versus Host Disease)

Recente chirurgia (soprattutto addominali, trauma e ustionati) Comorbosità multiple ed età avanzata

Terapie immunosoppressive

Insufficienza renale richiedente emodialisi Neutropenia

Colonizzazione multi-sito da Candida spp. Lunga durata dell’ospedalizzazione Pregressi episodi di infezione da Candida

Nutrizione parenterale totale e presenza di catetere venoso centrale Diabete Mellito

Precedente terapia antibiotica prolungata

Disfunzione d’organo acuta o cronica tale da richiedere cure intensive/procedure invasive (ventilazione meccanica, infusioni di elevati volumi di fluidi o di emoderivati etc.)

1

Adattato da: Scudeller L, Viscoli C, Menichetti F, del Bono V, Cristini F, Tascini C, et al. An Italian consensus for invasive candidiasis management (ITALIC). Infection. 2014; 42(2): 263-79

5.2.

CARATTERISTICHE

DI

RISCHIO

DELLE

SPECIE

NON-ALBICANS

5.2.1. CANDIDA GLABRATA

Le Candidemie causate dalla specie glabrata insorgono spesso in pazienti che sono stati precedentemente esposti al fluconazolo, sia a scopo terapeutico che profilattico.15, 71, 72 Rispetto alle altre principali specie di Candida, infatti, C. glabrata mostra una MIC 50% (Concentrazione Minima Inibente il 50% della crescita) per il fluconazolo nettamente più elevata43.

(27)

27

A differenza di quanto ritenuto in passato, questo non sembra essere né l’unico né il principale fattore di rischio associato a questo patogeno. Oltre ai fattori di rischio classici per Candidemia, in particolare, Lin et al. hanno evidenziato l’importanza dell’uso di piperacillina-tazobactam e vancomicina come fattore di rischio indipendente73.

5.2.2. CANDIDA PARAPSILOSIS C. parapsilosis è un patogeno esogeno.

Essa si trova più frequentemente sulla superficie cutanea, che può colonizzare in modo asintomatico, piuttosto che sulle superfici mucose.

C. parapsilosis è in grado di resistere nell’ambiente ospedaliero; può essere diffusa nell’ambiente nosocomiale tramite le mani del personale sanitario; infine è nota per la capacità di formare biofilm sui cateteri e su altri strumenti medici impiantabili15.

Sono stati evidenziati come fattori di rischio indipendenti per questo patogeno l’età neonatale, l’aver subito un intervento di trapianto d’organo o tessuto, la nutrizione parenterale totale e una precedente terapia antifungina, soprattutto con fluconazolo74.

In accordo con quanto appena indicato, le infezioni invasive da C. parapsilosis si associano frequentemente alla presenza di cateteri vascolari e alla nutrizione parenterale totale74-76. Inoltre è tipicamente causa di infezione nei bambini e nei neonati, soprattutto prematuri76, 77.

Negli ultimi anni si sta assistendo alla comparsa di infezioni invasive da C. parapsilosis anche in ambiente extraospedaliero, a causa dell’uso sempre più diffuso di cateteri intravascolari e di nutrizione parenterale totale anche nell’ambito dell’assistenza sanitaria domiciliare15

. In uno studio di sorveglianza sulla popolazione di due grandi città americane per un periodo di circa due anni, circa il 40% di tutte le Candidemie da C. parapsilosis era riscontrato in pazienti non ospedalizzati o ricoverati da meno di 24 ore78.

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Figura 6 - Percentuale di tutte le Candidemie causate dalle singole specie in esame nelle varie

fasce di età. Dati dall’Emerging Infections and Epidemiology of Iowa Organism Survey tra il 1998 e il 2001. Tratta da: Pfaller MA, Diekema DJ. Epidemiology of invasive candidiasis: a persistent public health problem. Clin Microbiol Rev. 2007; 20(1): 133-63.

5.2.3. CANDIDA TROPICALIS

L’invasione dell’organismo ospite da parte di C. tropicalis avviene sostanzialmente per via gastrointestinale; il patogeno tende infatti a sfruttare lesioni della parete avvenute durante la chirurgia addominale o la perdita dell’integrità della mucosa come nel caso di mucositi da chemioterapia; in assenza di tali lesioni, non è in grado di invadere l’organismo ospite67, 68

.

C. tropicalis è caratterizzata, però, rispetto ad altre specie, da una minore tendenza a colonizzare le superfici mucose, prerequisito fondamentale, come abbiamo già visto, per le Candidemie69.

La principale popolazione soggetta a infezioni ematiche da parte di C. tropicalis è generalmente da soggetti neutropenici, e pazienti con neoplasie ematologiche, in particolare se sono stati sottoposti a chirurgia o a chemioterapia con conseguenti mucositi come effetto collaterale79, 80.

Negli USA è stato riscontrato come la profilassi con fluconazolo riduca la frequenza di Candidemie da C. tropicalis; in accordo con ciò, è stato dimostrato come l’assenza di tale profilassi sia un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di tale infezione79, 80.

(29)

29 5.2.4. CANDIDA KRUSEI

C. krusei rimane una causa piuttosto rara di Candidemia, responsabile solo del 3-4% circa di tutti i casi, senza distinzione tra diversi tipi di studio né tra diverse regioni geografiche15, 37, 43.

Anche C. krusei causa più frequentemente infezione nei pazienti neutropenici, soprattutto ematologici15.

C. krusei è intrinsecamente resistente al fluconazolo43. Nonostante ciò, in modo analogo a quanto è stato già detto per C. glabrata, la profilassi a base di fluconazolo non sembra essere un fattore di rischio importante tanto quanto l’esposizione a terapie antibiotiche ad ampio spettro, come quelle con piperacillina-tazobactam e vancomicina73.

5.2.5. ALTRE SPECIE

Per quanto riguarda le altre specie di Candida, esse svolgono un ruolo quantitativamente minore nell’eziologia delle Candidemie. La loro importanza risiede nella loro capacità di causare focolai di infezione negli ambienti ospedalieri, sia perché comunque la loro incidenza appare in aumento, sia perché si dimostrano resistenti o comunque meno sensibili a uno o spesso a più di un farmaco antifungino15.

(30)

30

6.

DIAGNOSI

Secondo la Consensus Conference Italiana per il management delle Candidiasi Invasive (ITALIC), si distinguono 3 categorie diagnostiche per le Candidemie:

Candidemia certa evidenza culturale di Candida nel sangue;

Candidemia probabile presenza concomitante di patologie di base

predisponenti la Candidemia, fattori di rischio adeguati (vedi la stratificazione del rischio) con o senza segni di infezione attiva, con almeno un test antigenico positivo (per es. BDG, mannan/antimannan)

Candidemia possibile presenza concomitante di patologie di base

predisponenti la Candidemia, fattori di rischio adeguati (vedi la stratificazione del rischio), con segni di infezione attiva ma in assenza di qualsiasi conferma microbiologica14.

6.1.

STRATIFICAZIONE

DEL

RISCHIO

Nel tentativo di individuare precocemente i pazienti con Candidemia sono state proposte delle regole predittive (“prediction rules”) allo scopo di stimare il rischio di base per lo sviluppo della patologia.

6.1.1. CANDIDA COLONIZATION INDEX

Tra questi score, il primo sviluppato è il Colonization Index di Pittet et al. che si basa sul numero e sulla carica dei siti corporei colonizzati da Candida.

Ne esistono due versioni, la prima calcola il rapporto tra il numero di distinti siti corporei colonizzati da Candida e il numero totale dei siti testati (Candida Colonization Index, CCI).

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31

Successivamente lo stesso autore ha introdotto il cosiddetto “corrected-CCI” in cui il CCI è moltiplicato per il rapporto tra il numero di sedi con crescita ad alta densità e il numero totale di sedi colonizzate.

Tale score è stato pensato unicamente per i pazienti chirurgici, e non può prescindere dalla presenza di un laboratorio di microbiologia motivato, che riesca routinariamente a effettuare numerose colture per funghi, e che lo faccia per lo più in modo quantitativo.81

Uno score superiore o uguale a 0,4 rappresenta un fattore di rischio importante per la Candidemia, ma in molti scenari clinici sono preferiti altri metodi di stratificazione, a causa della loro maggiore semplicità di utilizzo14.

6.1.2. PREDICTION RULE DI OSTROSKY-ZEICHNER

In seguito, basandosi su di una popolazione di pazienti in Terapia Intensiva (ICU), Ostrosky-Zeichner et al, hanno proposto uno score che si basa sulla valutazione combinata della presenza di: 1) terapia antibiotica sistemica; 2) presenza di CVC; 3) più almeno due tra i seguenti fattori: alimentazione parenterale totale; dialisi; chirurgia maggiore; pancreatite; terapia steroidea; terapia immunosoppressiva.

Tale score ha un valore predittivo negativo (VPN) del 97%, ma, purtroppo, un valore predittivo positivo (VPP) solo del 10% 82, 83.

Inoltre tale score non considera la presenza di sintomi compatibili con un’infezione sistemica e tiene conto solo dei pazienti nelle UTI.

.

6.1.3. CANDIDA SCORE

Un’ulteriore “prediction rule” è quella sviluppata da un gruppo di rianimatori spagnoli e definita “Candida Score” (CS). Tale score si basa sulla presenza di colonizzazione da parte di Candida (1 punto), e quindi, rende necessario, anche in questo caso, inviare la ricerca di Candida su tampone rettale, orale, genitale e inguinale; la presenza di CVC (1 punto), la recente chirurgia addominale (1 punto) e la sepsi severa (2 punti).

Tiene conto, pertanto, delle condizioni cliniche del paziente.

Il CS è stato validato prima retrospettivamente e poi in modo prospettico. Nella prima indagine è stato osservato come uno score minore di 2,5 fosse indicativo di

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32

un basso rischio per il paziente; nel secondo lavoro, invece, un valore maggiore o uguale a 3 era associato a un rischio elevato.

Il Valore Predittivo Negativo (VPN) per valori dello score inferiori a 3 è molto elevato, ma il Valore Predittivo Positivo (VPP) per valori superiori a 3 è invece molto basso; pertanto, se un paziente ha uno score pari a 2, è molto improbabile che abbia la Candidemia, ma allo stesso tempo, l’utilizzo del CS per decidere se trattare o meno pazienti chirurgici, porta a un rapporto sfavorevole tra il numero di soggetti a cui somministro la terapia, e il numero di Candidemie che vado effettivamente a curare 84, 85.

Per ovviare a questa limitazione, gli stessi autori hanno associato al CS la determinazione del β-D-Glucano e del Candida albicans Germ Tube Antibody (CAGTA). Il primo è un antigene panfungino con altissimo VPN, quindi se risulta negativo è improbabile che ci sia un’infezione invasiva da Candida. Il secondo è un anticorpo contro il germ tube di Candida albicans, che è prodotto dal fungo in corso di infezioni invasive. L’associazione di positività al CAGTA, un test di BDG positivo con valori superiori a 80 pg/ml, e un Candida Score maggiore o uguale a 3, è altamente predittiva di Candidemia.

Purtroppo questi esami sierologici e queste valutazioni sono state studiate in pazienti con Candidiasi Addominale piuttosto che in quelli con Candidemia. Inoltre, il Candida Score è utile solo per una particolare categoria di pazienti, cioè quelli sottoposti di recente a chirurgia addominale86.

6.2.

EMOCOLTURA

L’emocoltura rimane la metodica gold-standard per la diagnosi di Candidemia. Il riscontro di una sola emocoltura positiva è infatti sufficiente per porre diagnosi di Candidemia.

Purtroppo essa è gravata da una bassa sensibilità e da un lungo tempo di positivizzazione (TTP).

Ciò ha reso necessaria la ricerca di strategie diagnostiche alternative87. Un’emocoltura negativa può essere dovuta, sia all’assenza di cellule di Candida vitali in circolo, come anche a concentrazioni insufficienti affinché

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33

queste siano poi rilevate nel campione raccolto, o infine a un rilascio intermittente o transitorio di cellule vitali nel flusso ematico.

Questo spiega come mai la metodica emocolturale sia caratterizzata da una sensibilità di solo il 50% nel diagnosticare le Candidemia. La sensibilità è ancora più bassa quando si considerano solo i casi in cui la Candidemia si associa all’infezione di organi profondi87.

La sensibilità delle emocolture è limitata dal fatto che le cellule di Candida vengono rapidamente eliminate dal circolo88.

Inoltre influiscono sulla sensibilità anche il meccanismo patogenetico e la specie di Candida coinvolta.

Le infezioni legate all’uso di cateteri venosi centrali portano a concentrazioni più elevate di Candida nel sangue, e quindi a una più facile rilevazione, rispetto a quelle derivate da altre fonti; quando l’accesso al circolo avviene attraverso la mucosa gastrointestinale, il filtro epatico contribuisce a ridurre la carica fungina nel circolo sistemico.

Così, Candida parapsilosis, le cui infezioni sono tipicamente legate alla presenza di cateteri intravascolari, è associata a concentrazioni ematiche più elevate rispetto a Candida albicans.

Invece Candida glabrata, che sfrutta usualmente il tratto gastrointestinale come porta d’ingresso al circolo, si trova di solito in concentrazioni più basse89-91.

Il tempo mediano di positivizzazione di un emocoltura è di 2-3 giorni, ma può arrivare anche a 8.

Sempre a causa delle diverse concentrazioni raggiunte nel sangue, C. parapsilosis e C. glabrata sono associate a tempi medi rispettivamente minori e maggiori rispetto a quelli di C. albicans.89, 91.

Le metodiche non culturali permettono di diagnosticare la Candidemia in tempi nettamente più rapidi87.

L’emocoltura inoltre non fornisce dati quantitativi, non essendo la concentrazione di Candida nei campioni delle prime emocolture positive in alcun modo correlata con l’outcome del paziente89, 92, 93

.

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34

condotto nel contesto di un più ampio studio di sorveglianza nazionale, ha cercato una correlazione tra il tempo di positivizzazione (Time To Positivity, TTP) dell’emocoltura e la fonte di origine dell’infezione.

Da questa indagine è risultato come un TTP di 30 ore rappresenti un cut-off sensibile ma non specifico per le Candidemie correlate all’uso di cateteri. Quindi un tempo di positivizzazione maggiore di 30 ore permette ragionevolmente di escludere il catetere come fonte dell’infezione94.

Recentemente è stato proposta la spettrometria di massa tramite la tecnica MALDI-TOF come metodica innovativa per la diagnosi di Candidemia sempre utilizzando il brodo delle emocolture95-98.

Questa metodica permette la diagnosi attraverso la rilevazione di specifiche proteine rilasciate dalle cellule microbiche.

La spettrometria di massa MALDI-TOF richiede tempi molto più brevi e offre un’accuratezza pari se non maggiore rispetto alle metodiche di isolamento convenzionali.

Nella maggior parte dei casi il risultato infatti viene raggiunto entro 24 ore dall’inizio del procedimento, con un tempo mediano di 16 ore99

.

6.3.

SIEROLOGIA

6.3.1. β-D-GLUCANO

Il β-D-Glucano è un componente della parete cellulare della maggior parte dei funghi, ma in particolare di Candida, Aspergillus e Pneumocystis, e può essere presente in circolo nel corso di infezioni fungine invasive anche se come marker non specifico100.

BDG è stato valutato in diverse popolazioni di pazienti, soprattutto di tipo onco-ematologico.

Recenti metanalisi ha dimostrato la sua validità come strumento diagnostico nelle micosi sistemiche; la sensibilità della metodica varia tra il 50 e l’85%, mentre la specificità è maggiore, con valori tra l’80% e il 99%100, 101

. Il suo contributo è maggiore quando è valutato in pazienti con un rischio pretest già elevato, e con una sindrome clinica compatibile.

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35

Il valore predittivo positivo è maggiore quando i pazienti non sono stati sottoposti a terapie o procedure in grado di causarne la presenza in circolo anche in assenza dell’infezioni fungine, come infusioni di albumina, immunoglobuline ed emodialisi.

I livelli circolanti non sono invece influenzati da eventuali trattamenti fungini sistemici empirici, neppure quando condotti per più di una settimana100.

L’utilizzo del β-D-Glucano nei pazienti ematologici permette di arrivare precocemente alla diagnosi, se non di anticiparla102, 103.

Posteraro e colleghi hanno valutato l’attendibilità del β-D-Glucano nella diagnosi di Candidemia sui pazienti delle ICU che mostravano un quadro clinico di sepsi.

L’indagine ha rilevato come valori maggiori di 80 pg/ml mostrino sensibilità e specificità di oltre il 90%, un valore predittivo positivo (VPP) del 75% e un valore predittivo negativo (VPN) del 98%.

L’associazione del BG con il Candida Score incrementa ulteriormente il VPN e la sensibilità, mentre riduce VPP e specificità.

I risultati inoltre anticipano di 1-3 giorni la prova microbiologica.

Gli autori dello studio sottolineano inoltre l’importanza di eseguire il test più volte la settimana, per esempio tre volte, per mantenere il vantaggio attribuibile alla metodica104.

Un lavoro del 2012 svolto negli USA da Jaijakul et al. ha descritto inoltre il ruolo del β-D-Glucano come predittore dell’outcome nei pazienti con Candidemia. Valori iniziali inferiori a 416 pg/ml, e il loro progressivo decremento nel corso del trattamento sono associati con il successo terapeutico105.

6.3.2. ANTIGENE MANNANO E ANTICORPI ANTI-MANNANO

Il Mannano è un componente fondamentale della parete cellulare della maggior parte delle specie di Candida chiamate in causa nel corso delle infezioni del circolo ematico106. La sua ricerca, nel siero o nel plasma, è quindi un test specifico per Candidemia.

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A causa della breve permanenza in circolo di livelli rilevabili di questo antigene è necessario che la ricerca sia effettuata frequentemente, due o tre volte a settimana, durante il periodo di rischio del paziente.

Gli anticorpi anti-mannano normalmente si sviluppano quando l’antigene mannano scompare dal circolo.

La ricerca combinata di antigene e anticorpi nei pazienti a rischio aumenta la sensibilità della metodica.

Anche in questo caso la maggior parte degli studi sono stati condotti su pazienti onco-ematologici107-110.

In particolare, il lavoro di Ellis et al. pubblicato nel 2009 mostra un elevato valore predittivo negativo della metodica, che permette quindi di escludere la diagnosi di Candidemia111.

Diversi studi svolti su pazienti delle ICU riportano per il test combinato antigene-anticorpo, valori di sensibilità e specificità tra l’80 e il 90% e maggiore del 90% rispettivamente.

Normalmente la positività del test precede i risultati delle emocolture da 2 fino a 15 giorni112, 113.

La sensibilità è maggiore per le infezioni da C. albicans, minore, in misura variabile a seconda degli studi, per le altre specie110, 112.

6.3.3. ANTICORPI VERSO IL TUBULO GERMINATIVO DI CANDIDA

Un gruppo di ricerca spagnolo ha sviluppato un test basato sull’utilizzo di un anticorpo contro la struttura del tubulo germinativo che le cellule di Candida albicans sviluppano quando crescono in cultura o invadono i tessuti dell’ospite (Candida albicans Germ Tube Antibody, CAGTA) (C. albicans IFA IgG, Vircell, Spain).

Il test mostra una sensibilità dell’87,1% e una specificità del 100% per l’identificazione di Candida albicans quando valutato direttamente sul campione raccolto per l’emocoltura, se confrontato con i risultati ottenuti su colonie fungine.

È un esame semplice da effettuare e che può essere facilmente inserito all’interno della routine dei laboratori di microbiologia114

(37)

37

Inoltre è stato visto come i pazienti positivi al CAGTA mostrino un outcome migliore rispetto a quelli con anticorpi negativi115, 116.

6.4.

PCR

E

TECNICHE

BIOMOLECOLARI

Tra le tecniche di diagnostica biomolecolare, la ricerca del DNA di Candida spp. tramite la tecnica PCR ha mostrato elevata sensibilità e specificità, e in particolare quest’ultima in tutti gli studi effettuati si è sempre mantenuta a livelli superiori al 90%. Alcuni accorgimenti tecnici, tra cui l’utilizzo di campioni di sangue intero piuttosto che di siero, possono essere messi in atto per implementare questa performance117.

La metodica PCR permette di diagnosticare precocemente la Candidemia, e di monitorare nel tempo la persistenza o la risoluzione dell’infezione.

Infatti la positività del test precede i segni clinici o il riscontro microbiologico di Candidemia di un periodo di tempo che può andare da 1 giorno a 4 settimane ed è stata vista permanere per 14 giorni nei pazienti che erano stati trattati con successo, e più a lungo ancora in quelli in cui il trattamento era fallito e che erano infine andati incontro al decesso118.

6.5.

RUOLO

DELLA

PROCALCITONINA

La procalcitonina sierica è un peptide di 116 aminoacidi; livelli elevati di questo peptide sono fortemente associati con infezioni batteriche sistemiche119.

La misurazione della PCT sierica si basa su di un rapido e banale test laboratoristico, che però è in grado di differenziare accuratamente tra infezioni batteriche sistemiche e stati infiammatori acuti non infettivi, a differenza della conta dei globuli bianchi e dei valori di Proteina C Reattiva120.

Al contrario, è improbabile riscontrare un alto livello di PCT in pazienti candidemici.

Un livello di procalcitonina maggiore di 5,5 ng/ml ha un valore predittivo negativo del 100% per la sepsi da Candida, e quindi permette di escludere questa diagnosi.

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La PCT permette quindi di differenziare con accuratezza tra sepsi fungina e batterica121.

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7.

MANAGEMENT

E

TERAPIA

7.1.

FARMACI

PER

IL

TRATTAMENTO

DELLA

CANDIDEMIA

I farmaci utilizzati nel trattamento della Candidemia appartengono a quattro grandi categorie:  Polieni;  Flucitosina;  Triazoli  Echinocandine. 7.1.1. I POLIENI E L’AMFOTERICINA B

I macrolidopolieni sono una classe di farmaci dal carattere amfotero.

Queste molecole si legano con l’ergosterolo presente nel doppio strato lipidico della parete della cellula fungina e a un’altra molecola di farmaco. Da ciò deriva la formazione di un canale idrofilo attraverso il quale avviene la fuoriuscita di ioni che causa la morte della cellula.

Sono quindi farmaci con attività fungicida.

L’amfotericina B è un poliene ottenuto dallo Streptomyces nodosus, ed oltre che su Candida spp., agisce su numerose altre specie fungine, essendo caratterizzato da un ampio spettro d’azione122

.

Tale molecola è scarsamente assorbita a livello del tratto gastrointestinale, e viene dunque somministrata per via endovenosa affinché raggiunga concentrazioni plasmatiche sufficientemente elevate123.

Essa è inoltre sostanzialmente insolubile nei mezzi acquosi. Per ovviare a questo problema è stata inizialmente sviluppata una formulazione in cui la

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molecola associata al desossicolato sodico, dà luogo a una sospensione colloidale (AmB-d).

Questa formulazione purtroppo è gravata da una elevata tossicità renale e da effetti collaterali peri-infusionali124.

In seguito sono state sviluppate le formulazioni lipidiche di amfotericina B: l’amfotericina B liposomiale (L-AmB), l’amfotericina B a complessi lipidici (ABLC) e l’amfotericina B colloidale a dispersione (ABCD). Questi composti, seppur caratterizzati da un costo maggiore, mostrano una rilevante riduzione della nefrotossicità, soprattutto per quanto riguarda la L-AmB, mantenendo la stessa efficacia della AmB-d. Purtroppo permangono invece gli eventi avversi correlati all’infusione125-131

.

Per quanto riguarda la posologia, il trattamento delle Candidemia richiede 0,5-0,7 mg/kg/die di AmB-d, arrivando fino a 1 mg/kg/die in caso di infezioni da C. krusei o glabrata, meno suscettibili. La formulazione liposomiale, invece, può essere somministrata ad un dosaggio di 3-5 mg/kg/die grazie alla sua maggiore tollerabilità132, 133.

7.1.2. LA FLUCITOSINA

La flucitosina è un analogo pirimidinico idrosolubile, che è convertito a 5-fluoro-uracile all’interno della cellula fungina.

È attiva contro tutte le specie di Candida, tranne C. krusei, ma deve essere utilizzata in associazione con amfotericina b o con i triazoli in quanto, se usata da sola, risulta spesso inefficace a causa della presenza di ceppi resistenti134.

Il composto mostra un’emivita relativamente breve (2,4-4,8 ore) ed è escreto per più del 90% immodificato nelle urine.

È somministrabile unicamente per via orale, a un dosaggio di 25 mg/kg 4 volte al giorno nei pazienti con normale funzionalità renale135.

7.1.3. I TRIAZOLI

I triazoli appartengono assieme agli imidazoli alla classe degli azoli, composti che agiscono inibendo un enzima p-450 dipendente responsabile della conversione del lanosterolo in ergosterolo. Questo porta alla deplezione del contenuto di

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ergosterolo nella parete fungina e a un concomitante accumulo dei suoi precursori, con conseguente perdita di fluidità della membrana cellulare e citolisi122.

I farmaci triazolici con a maggiore attività nei confronti di Candida spp. sono il fluconazolo, il voriconazolo, il posaconazolo e l’itraconazolo.

Seppur in misura minore rispetto agli imidazoli, anche questi molecole interagiscono in una certa misura con gli enzimi p-450 dipendenti dell’organismo umano, ed è quindi necessaria un attenta valutazione del regime farmacologico del paziente al momento dell’introduzione o della sospensione di uno di questi farmaci122, 136.

I triazoli sono attivi nei confronti della maggior parte delle specie di Candida, sebbene mostrino un’efficacia minore verso C. krusei e C. glabrata. Sembrano inoltre dotati di una certa attività antibatterica137, 138.

L’uso prolungato di azoli antifungini può comportare lo sviluppo di resistenza crociata139-142.

Il fluconazolo attualmente è utilizzato per il trattamento delle infezioni mucosali da Candida oltre che della Candidemia e della altre infezioni profonde, nell’ambito della quale la sua efficacia si è rivelata paragonabile a quella dell’amfotericina b desossicolato143-146

.

È ben assorbito per via orale, raggiungendo una biodisponibilità pari al 90% rispetto alla somministrazione endovenosa, e l’assorbimento non è influenzato dal ph gastrico, dall’assunzione di cibo o da stati patologici136

.

Raggiunge e mantiene elevate concentrazioni nei tessuti periferici, come a livello del sistema nervoso centrale e del corpo vitreo per cui ha un ruolo importante nella terapia delle infezioni oculari da Candida122, 136.

Nel trattamento della Candidemia si somministra un iniziale dose di carico di 800 mg (12 mg/kg), seguita da una dose di mantenimento di 400 mg al giorno, corrispondenti a 6 mg/kg/die.

Il voriconazolo è efficace nella terapia delle Candidiasi mucosali e profonde. Ha un ampio spettro d’azione essendo efficace anche su C. krusei e su ceppi fluconazolo-resistenti ma voriconazolo-sensibili di C. glabrata. È dotato inoltre di un’eccellente capacità di penetrazione nel sistema nervoso centrale e a livello del corpo vitreo147, 148.

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