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Sviluppo di sensori voltammetrici enantioselettivi

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

(ordinamento D.M. 270/04)

in Chimica e Tecnologie Sostenibili

Tesi di Laurea

Sviluppo di sensori voltammetrici

enantioselettivi

Relatore

Ch. Prof. Salvatore Daniele

Laureanda

Giulia Lunardi

Matricola 826798

Anno Accademico

2014/2015

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INDICE

1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI………1

1.1. I polimeri conduttori……….1

1.2. Elettrochimica dei polimeri conduttori………7

1.2.1. Meccanismo generale………...7

1.2.2. Carica-scarica dei polimeri conduttori……….10

1.2.3. Fattori che influenzano il processo di elettropolimerizzazione………..11

1.3. Chiralità in polimeri conduttori………..13

1.3.1. Un approccio innovativo: chiralità intrinseca in strutture bi-eteroaromatiche atropisometriche………..16

1.3.2. BT2T4: il precursore dei polimeri intrinsecamente chirali……….17

1.4. Scopo della tesi……….19

2. TECNICHE ELETTROANALITICHE IMPIEGATE……….20

2.1. Diffusione………20

2.2. Diffusione ad un elettrodo piano………21

2.3. Diffusione ad un microelettrodo a disco………22

2.4. Voltammetria a scansione lineare e ciclica………..24

3. PARTE SPERIMENTALE………..28

3.1. Reagenti……….…………28

3.2. Strumentazione……….…………28

3.3. Elettrodi……….………….29

3.4. Preparazione dei microelettrodi a disco………..29

3.5. Determinazione del raggio elettrodico effettivo dei microelettrodi………….30

3.6. Sintesi di BT2T4 e separazione enantiomerica………..31

3.7. Studio voltammetrico della reattività chimica dei monomeri intrinsecamente chirali………32

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4. RISULTATI E DISCUSSIONE………34 4.1. Comportamento di BT2T4 su elettrodi convenzionali……….34

4.1.1. Caratterizzazione voltammetrica dei monomeri con elettrodi

convenzionali di oro………34 4.1.2. Prove di riconoscimento enantiomerico con elettrodi convenzionali

modificati………40

4.2. Comportamento di BT2T4 su microelettrodi………46 4.2.1. Caratterizzazione voltammetrica dei monomeri con microelettrodi di oro………..46 4.2.2. Prove di riconoscimento enantiomerico con microelettrodi

modificati………53 4.2.3. Caratterizzazione voltammetrica e prove di enantioselezione senza

elettrolita di supporto………55

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1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI

1.1. I polimeri conduttori

Il processo su cui si basa questo lavoro di tesi, ossia la polimerizzazione elettroossidativa di molecole composte da tiofeni coniugati, è essenziale per produrre polimeri conduttori per diverse applicazioni, dall’ambito energetico (fotovoltaico) a quello sensoristico. Le proprietà di questi polimeri sono state accuratamente modulate per tali fini.

In generale, i polimeri conduttori sono impiegati come dispositivi polimerici luminescenti [1-4] in display e diodi organici luminosi [5], oltre ad esser utilizzati in emettitori elettrofosforescenti [6]. Altre applicazioni recenti includono la preparazione di batterie polimero/ossido [7] e la preparazione di supercondensatori redox [8,9] e superconduttori [10]. Il polipirrolo conduttivo viene impiegato per il meccanismo di ion

gate membrane per il rilascio di farmaci anionici [11] e come scambiatore ionico

elettrochimico per la depurazione delle acque [12].

Dagli anni ’80, i polimeri conduttori hanno trovato impiego anche in ambito analitico, in particolare per sensori chimici [13,14] e per biosensori e immunosensori enzimatici [15,16]. Di più recente sviluppo sono i polimeri per l’estrazione in fase solida (SPE), per l’analisi elettrochimica in stripping e per la cromatografia.

In particolare, nel campo della sensoristica elettrochimica, dalla fine degli anni ’80 si utilizzano chemiresistors con film polimerici conduttori che interagiscono con diversi gas, anche organici. L’interazione con gas elettrofilici attrae elettroni della fase polimerica, con conseguente aumento della conducibilità, mentre i gas nucleofilici tendono ad incrementare la resistenza del polimero. Le molecole organiche adsorbite possono influenzare il processo di trasferimento di carica e, come farebbe il solvente, formare irregolarità sulla struttura polimerica. Il polipirrolo, nonostante presenti bassa sensibilità e reversibilità incompleta, viene utilizzato con ammina gassosa [17,18] ed etanolo [19]. La polianilina, invece, è preferita per questo tipo di sensori [20], in quanto si può modulare la selettività del polimero controllando con acidi deboli il grado di drogaggio dei film polimerici. Questi permettono il controllo dello stato finale di ossidazione del polimero e l'inserimento di cluster metallici nei film. Array di sensori con polimeri conduttori sono impiegati per discriminare i gas da una miscela nei settori più diversi, dai materiali plastici [21] all’agroalimentare [22,23].

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Elettrodi con polimeri conduttori sono usati anche per lo studio amperometrico di analiti in soluzione. La possibilità di modificare la selettività dei polimeri, variando i controioni incorporati al polimero in fase di crescita, permette di utilizzare questo tipo di sensori per lo studio di analiti inorganici e biologici [24,25]. Ad esempio, elettrodi di platino sono stati modificati con polipirrolo per la determinazione degli aminoacidi mediante amperometria pulsata integrata [26], mentre è stato utilizzato il poli(1,8-diaminonaftalene) per la quantificazione di nitriti e nitrati in acqua [27]. Con opportune tecniche voltammetriche, gli elettrodi modificati hanno permesso anche determinazioni multicomponente [28,29].

Un importante settore di applicazione dei CP è quello degli elettrodi potenziometrici ionoselettivi (ISE), a partire dallo sviluppo di sensori di pH con poli(4-4’diamminodifeniletere) [30]. Le proprietà di scambio ionico di polimeri opportunamente drogati possono essere utilizzate per il rilevamento diretto di un dato ione in soluzione. Sono stati sviluppati principalmente elettrodi di pH con polimeri conduttori su diverse tipologie di superficie elettrodica [31,32]. Con opportune variazioni sui parametri di deposizione del film polimerico è possibile modulare il comportamento del polimero conduttore anche nei confronti di cationi metallici, come il calcio [33], o di anioni, ad esempio il cloruro [34]. Recentemente sono stati sviluppati elettrodi potenziometrici ionoselettivi ponendo membrane di PVC contenente uno ionoforo sulla superficie elettroattiva formata con polimeri conduttori [35].

I polimeri organici conduttori (CP) sono stati ampiamente studiati negli ultimi quarant’anni per le loro numerose applicazioni tecnologiche, ma i primi esempi di questi materiali risalgono al XIX secolo. Nel 1862 Henry Letherby, studiando l’ossidazione anodica dell’anilina in una soluzione di acido solforico, notò il passaggio dalla forma ridotta, incolore, a quella ossidata, blu scuro, insolubile in acqua [36].

Polimeri conduttori conductively filled sono stati utilizzati dal 1930 per prevenire l’effetto corona. L’impiego di questi materiali era favorito per la loro facilità di lavorazione, la buona stabilità ambientale e le numerose proprietà elettriche. Tuttavia, essendo sistemi multifase, presentavano scarsa omogeneità e riproducibilità. Era

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necessario un attento controllo della qualità di dispersione per ottenere polimeri conduttori omogenei [37].

La scoperta dei complessi a trasferimento di carica (CT) negli anni ‘50 [38] spinsero la ricerca verso polimeri conduttori CT. La conducibilità in complessi CT deriva da uno scambio elettronico tra una frazione donatrice di elettroni e un’altra parte accettrice, e quindi è strettamente correlato alla struttura cristallina del complesso. Tuttavia, i materiali risultanti sono spesso fragili e, quindi, inutilizzabili. Per superare questo problema, si è cercato di legare le diverse componenti dei complessi CT su catene polimeriche, per produrre polimeri a trasferimento di carica utilizzabili.

Lo sviluppo dei moderni polimeri conduttivi è iniziato nel 1977, quando gli scienziati americani Heeger e MacDiarmid e il loro collega giapponese Shirakawa scoprirono che catene di poliacetilene (PA) dopato con ioduro avevano proprietà simili ai metalli, utilizzando film color rame che portavano ad un incremento della conducibilità di 10 ordini di grandezza [39,40]. Il poliacetilene è considerato l’archetipo dei polimeri conduttori e la scoperta delle sue proprietà conduttive ha rappresentato un notevole passo in avanti in ambito chimico e della chimica dei materiali, tanto che Heeger, MacDiarmid e Shirakawa vinsero il premio Nobel per la Chimica nel 2000. Queste proprietà insolite per un materiale organico hanno incentivato la ricerca di nuove applicazioni, come batterie e dispositivi elettronici. Tuttavia, il poliacetilene non era abbastanza stabile e poteva essere facilmente distrutto tramite degradazione ossidativa. Perciò, sono stati sintetizzati numerosi altri polimeri conduttivi con proprietà simili al poliacetilene, come il polipropilene (PP), il polifenilenevinilene, il polipirrolo (PPy), il politiofene (PTh) e la polianilina (PANI) (Figura 1.1.) [41].

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Figura 1.1. Esempi di polimeri conduttori: 1) poliacetilene (PA), 2) polipirrolo (PPy), politiofene (PTh); 3)

poli-p-fenilene (PPP); 4) polianilina (PANI); 5) policarbazolo; 6) poliazulene; 7) poli(isotionaftalene); 8) poli(ditienotiofene); 9)poli(ditienilbenzene); 10) poli(etilenedioxitiofene) (PEDOT); 11) poli(3-alchiltiofene); 12) poli(fenilenevinilene)

(PPV); 13) poli(tienilenevinilene); 14) poli(bipirrolo), poli(bitiofene).

Affinché un polimero sia conduttore deve essere verificata almeno una delle seguenti condizioni:

 Una struttura coniugata con legami singoli e doppi alternati oppure segmenti coniugati accoppiati ad atomi con struttura orbitalica π che garantiscano la sovrapposizione tra orbitali (ad esempio N, S). Infatti, come i metalli devono la loro elevata conducibilità al libero movimento degli elettroni attraverso la loro struttura, così i polimeri, per essere conduttivi, devono avere non solo trasportatori di carica, ma anche un sistema orbitalico che permetta a questi trasportatori di carica di muoversi. La struttura coniugata permette una sovrapposizione continua degli orbitali π lungo il polimero.

Il doping process. Poiché la maggior parte dei polimeri organici non hanno trasportatori di carica intrinseci, bisogna operare una parziale ossidazione

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doping) della catena polimerica con accettori di elettroni (ad esempio I2, AsF5),

oppure una parziale riduzione (n-doping) con donatori elettronici (ad esempio Na, K). Grazie a questo metodo di drogaggio vengono introdotti dei difetti di carica (polarone, bipolarone, solitone), che fungono da trasportatori di carica. La teoria delle bande può risultare utile per spiegare le variazioni che intervengono nelle strutture elettroniche, in seguito al drogaggio sui polimeri.

Secondo la teoria delle bande [42], le proprietà elettriche dei direct gap inorganic

semiconductors sono determinate dalla loro struttura elettronica. Gli elettroni si

muovono tra stati energetici discreti chiamati bande. Per analogia, gli orbitali di legame e di antilegame π dei materiali con elettroni π in orbitali ibridizzati sp2, e quindi i polieni,

generano bande energetiche completamente occupate (banda π) o vuote (banda π*). La banda occupata a maggiore energia è detta banda di valenza, mentre la banda vuota ad energia inferiore è la banda di conduzione. Si definisce la differenza energetica tra queste due bande come banda proibita. Gli elettroni devono avere energie definite per occupare una data banda e servirà ulteriore energia perché si muovano dalla banda di valenza a quella di conduzione.

Affinché siano elettricamente conduttive, le bande devono essere occupate parzialmente. Infatti, come mostrato in Figura, l’elevata conducibilità dei metalli è dovuta alla presenza di bande energetiche parzialmente occupate (Figura 1.2.a). Invece, le bande energetiche di isolanti e semiconduttori sono completamente occupate o vuote. Ad esempio, i più comuni polimeri hanno banda di valenza occupata e banda di conduzione vuota, separate tra loro da un elevato gap energetico (Figura 1.2.b). A differenza dei normali polimeri, i polimeri coniugati hanno bande proibite strette (Figura 1.2.c), così i processi di drogaggio possono cambiare la struttura delle bande per eliminazione di elettroni dalla banda di valenza (p-doping) o addizione di elettroni alla banda di conduzione (n-doping).

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Figura 1.2. Gap energetico: a) nei metalli, b) negli isolanti, c) nei semiconduttori.

In un polimero conduttore, quando un elettrone viene aggiunto nella banda di conduzione o rimosso da quella di valenza (Figura 1.3.a), si ha una banda parzialmente occupata e si forma, rispettivamente, un anione o un catione, genericamente chiamati polarone [43,44] (Figura 1.3.b). La formazione dei polaroni, caratterizzati da spin (1/2) e carica (1e-), induce ad una variazione del gap energetico, con spostamento degli stati

all’interno della banda proibita.

L’ulteriore addizione o rimozione di elettrone sulla catena polimerica porta alla formazione di un bipolarone (spin nullo), per dimerizzazione di due polaroni, con conseguente diminuzione dell’energia totale (Figura 1.3.c).

Nei polimeri coniugati con stato fondamentale degenere, e quindi con due forme di risonanza (ad esempio il transpoliacetilene), i bipolaroni possono abbassare ancor più l’energia totale dissociandosi in due solitoni, privi di spin, con gap energetico dimezzato (Figura 1.3.d). I solitoni non si formano nei polimeri coniugati con stati fondamentali non degeneri, come il polipirrolo, il politiofene e la polialanina.

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Figura 1.3. Formazione di un polarone, un bipolarone e una coppia di solitoni per drogaggio di una catena di

transpoliacetilene.

Il numero di polaroni, bipolaroni e/o solitoni aumenta col livello di drogaggio. Ad elevati gradi di doping, polaroni, bipolaroni o solitoni localizzati vicino a singoli ioni di dopante possono sovrapporsi, formando così nuove bande di energia o persino far sovrapporre le bande di valenza e di conduzione, permettendo il flusso di elettroni.

Esistono diversi tipi di drogaggio, tra cui quello elettrochimico. Nel drogaggio elettrochimico si fornisce la carica necessaria attraverso l’applicazione di un potenziale su di un elettrodo, positivo o negativo. Rispetto al drogaggio chimico, quello elettrochimico presenta diversi vantaggi. In primo luogo, si può regolare con precisione il grado di drogaggio controllando il passaggio di corrente. Inoltre, il drogaggio risulta molto reversibile. Infine, p- e n-doping sono possibili anche con specie droganti che non possono essere introdotte con le convenzionali vie chimiche.

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1.2. Elettrochimica dei polimeri conduttori

1.2.1. Meccanismo generale

La polimerizzazione di un polimero conduttore può avvenire per via elettrochimica partendo da un appropriato monomero.

In genere, i polimeri conduttori vengono prodotti mediante voltammetria ciclica per ossidazione del corrispondente monomero in un opportuno intervallo di potenziale. Un tipico esempio di elettropolimerizzazione è rappresentato in Figura 1.4., dove è riportato lo schema relativo all’ottenimento di un polimero conduttivo partendo dal monomero tiofenico [45].

Figura 1.4. Meccanismo di elettropolimerizzazione di un monomero tiofenico.

Questo processo prevede la formazione di cationi radicalici, che possono reagire tra loro o con il monomero di partenza. Si ha una sequenza di reazioni di coupling e la conseguente formazione del film polimerico necessita una parziale ossidazione reversibile delle crescenti specie coniugate. È importante notare che, siccome il polimero è più lungo del monomero, e quindi la sua coniugazione è più estesa, la sua ossidazione avviene a potenziali minori rispetto il monomero, perciò il processo di formazione del polimero e il suo drogaggio avvengono simultaneamente. L’equazione di reazione completa del processo è:

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La polimerizzazione stessa sono utilizzati (2n+2) elettroni, mentre i restanti nx elettroni sono impiegati per il processo di drogaggio. In genere, x è compreso tra 0.07 e 0.6, e ciò significa che ogni terza o quarta subunità monomerica è carica al termine della polimerizzazione.

Si possono forzare livelli più elevati di drogaggio applicando un potenziale più positivo, ma ciò potrebbe provocare una sovraossidazione dei tiofeni e, di conseguenza, la perdita delle proprietà chimico-fisiche e meccaniche del film polimerico.

In dettaglio, quindi, il meccanismo prevede l’ossidazione del monomero in posizione α, che genera un catione radicalico, che si accoppia ad un altro formando un σ-dimero con carica doppia. L’eliminazione di due protoni e il conseguente ritorno ad un sistema aromatico (driving force della reazione di eliminazione) generano un dimero neutro. Poiché è più coniugato del monomero, il polimero viene immediatamente ossidato e il catione accoppia nuovamente, e così via. Il meccanismo è essenzialmente una sorta di reazione di propagazione con una serie di step E(CCE)n, in cui E è un processo

elettrochimico e C una chemical follow-up reaction.

Inizialmente si ha una dimerizzazione di ioni radicali dei monomeri di partenza, ma la tendenza degli oligomeri carichi a reagire con il catione radicalico del monomero diminuisce in funzione della lunghezza della catena oligomerica. Ciò è dovuto a:

 Le costanti di velocità del coupling tra cationi radicalici. La costante di velocità della dimerizzazione dei cationi monomerici, anche a basse concentrazioni di monomero, è molto più elevata rispetto a quella del coupling di oligomeri;

 La costante di velocità dell’eliminazione dei protoni dai σ-dimeri intermedi. Come conseguenza della minore acidità di questi dimeri (funzione della loro lunghezza per l’effetto stabilizzante degli oligomeri con grande coniugazione) la velocità di eliminazione è minore per gli intermedi più lunghi.

Per quanto riguarda gli intermedi che si formano nel processo di elettropolimerizzazione, è stato ipotizzato che i cationi radicalici del monomero di partenza e gli intermedi oligomerici siano coinvolti nella reazione di oligomerizzazione e che accoppino tra di loro [46].

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L’ottenimento del polimero conduttore sulla superficie elettrodica è rappresentato in Figura 1.5., dov’è riportato il quadro voltammetrico relativo all’ossidazione del tiofene in un liquido ionico.

Figura 1.5. Nucleation loop del tiofene, 3x10-3M, v=0.1 V s-1, voltammetria ciclica in [HMIM][PF

3(C2F5)3].

Nella scansione anodica è visibile un picco di ossidazione ad un potenziale di 1.7 V. cicli successivi mostrano l’ottenimento di un picco a potenziali meno positivi che cresce all’aumentare del numero di cicli.

Un aspetto peculiare della formazione di un polimero riguarda il cosiddetto nucleation

loop [47]. Questo fenomeno si osserva in genere nella scansione di ritorno del primo

ciclo voltammetrico di un’elettropolimerizzazione e rappresenta l’inizio del processo di nucleazione del corrispondente polimero.

Questa fenomenologia è identica a quanto si osserva nella formazione di fasi inorganiche solide su elettrodi di materiale diverso, come nel caso della formazione di film metallici su elettrodi di grafite e grafite vetrosa [48].

In conclusione, l’elettropolimerizzazione prevede tre diverse fasi:

 Ossidazione del monomero sull’elettrodo e la formazione di oligomeri solubili nello strato di diffusione, anche da dimerizzazioni successive;

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 Produzione di lunghe catene con formazione di un solido e sistemi cross-linked.

1.2.2. Carica-scarica dei polimeri conduttori

Come accennato in precedenza, il drogaggio corrisponde ad un processo di ossidazione/riduzione, e gli ioni dell’elettrolita di supporto garantiscono l’elettroneutralità del film. La voltammetria ciclica è un utile strumento per monitorare questo fenomeno.

Nel caso di un semplice processo monoelettronico, il voltammogramma reversibile registrato per un film sottile di polimero dovrebbe risultare simmetrico, con scansione anodica e catodica speculari e potenziali di picco e livelli di corrente identici (Figura 1.6.).

Figura 1.6. Voltammogramma ciclico teorico per un film sottile con un centro redox.

La corrente nel caso reversibile è quindi:

𝑖 =𝑛2𝐹2𝐴𝛤𝑇𝜈 𝑒𝑥𝑝𝜃 𝑅𝑇(1+𝑒𝑥𝑝𝜃)2 (1.2) dove: 𝜃 =𝑛𝐹 𝑅𝑇(𝐸 − 𝐸 0) (1.3)

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Aumentando lo spessore del film, il responso voltammetrico non è più simmetrico e tende ad avere un andamento asimmetrico, con la corrente I proporzionale a v1/2, come

si vede in Figura 1.7.

Figura 1.7. Voltammogramma ciclico dell’ossidazione di poli(4,4’-dimetossi-bitiofene) in CH2Cl2/0.1 M TBAPF6, T=273

K, v=0.2 Vs-1.

Caratteristica peculiare della voltammetria del polimero conduttore è l’elevato incremento di corrente a potenziali più positivi nella fase iniziale della nascita dell’onda anodica, seguita da un plateau. In scansione inversa si osserva, invece, la presenza di un picco catodico spostato a potenziali relativamente meno positivi, che precede un plateau di corrente di tipo capacitivo.

Il numero degli stati redox accessibili aumenta con la lunghezza della catena del sistema, e ciò può portare alla sovrapposizione degli stati redox in un range di potenziale elevato per catene molto lunghe.

1.2.3. Fattori che influenzano il processo di elettropolimerizzazione

Variazioni dei parametri sperimentali (temperatura, potenziale, natura elettrodica, concentrazione del monomero), ma anche la tecnica di preparazione, comportano rilevanti cambiamenti sulle caratteristiche chimico-fisiche del polimero.

L’elettrosintesi di un polimero conduttore può aver luogo per via potenziodinamica, potenziostatica e galvanostatica.

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La polimerizzazione potenziodinamica (voltammetria ciclica) è maggiormente utilizzata. Essa è caratterizzata da un cambiamento regolare nel tempo del potenziale elettrodico durante la deposizione del polimero sulla superficie dell’elettrodo. Il film polimerico che si forma, seguendo il cambiamento di potenziale, passa dal suo stato neutro (isolante) a quello dopato (conduttore), collegato ad uno scambio continuo di elettrolita e solvente attraverso il polimero appena depositato. I polimeri conduttori prodotti con la tecnica potenziodinamica sono in genere neutri alla fine della scansione di potenziale, mentre utilizzando la polimerizzazione potenziostatica o galvanostatica si ottengono polimeri dopati.

È da mettere in evidenza, tuttavia, che di norma il polimero ottenuto per via potenziodinamica risulta più irregolare rispetto a quello sintetizzato con gli altri metodi, a causa dell’ingresso/uscita del solvente e degli ioni, che creano espansioni di volume e difetti strutturali. Comunque, la qualità del film dipende soprattutto dal sistema monomerico, e dunque è bene testare qual è la tecnica migliore per ciascun monomero. La qualità del polimero dipende anche dalle condizioni sperimentali impiegate. L’imfluenza di alcuni parametri sulle caratteristiche dei polimeri è descritta nei seguenti punti.

Potenziale e corrente. La scelta dei valori di potenziale e corrente determina la lunghezza della catena polimerica e la sua struttura. Potenziali di ossidazione elevati o alte correnti portano ad intermedi molto carichi e reattivi e, di conseguenza, a difetti e alla formazione di materiali cross-linked. Viceversa, a bassi potenziali gli intermedi sono debolmente carichi e la polimerizzazione si ferma ad oligomeri.

Temperatura. A bassa temperatura sono favoriti i sistemi a catena corta e ben ordinati, con alte conducibilità.

Solvente ed elettrolita di supporto. I solventi più polari minimizzano le repulsioni coulombiane durante il coupling cationico, ma essi devono essere caratterizzati da bassa nucleofilicità. L’acqua può esser utilizzata per processi di elettropolimerizzazione, ma solo per produrre polimeri i cui monomeri sono caratterizzati da bassi potenziali di ossidazione, per evitare reazioni di scarica del solvente.

Anche il tipo e le dimensioni degli ioni di elettrolita, le proprietà di carica/scarica e la morfologia influenzano la conducibilità dei polimeri conduttori generati.

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Di recente sono stati utilizzati liquidi ionici per la sintesi e l’uso dei polimeri conduttori, che fungono sia da solvente sia da elettrolita di supporto. Tra i vantaggi dei liquidi ionici si ha la loro scarsa nucleofilicità.

1.3. Chiralità in polimeri conduttori

L’introduzione di centri chirali in polimeri organici coniugati con proprietà eletttroconduttive è stata considerata per raggiungere diversi obiettivi:

 L’assemblaggio di catene spontaneamente ordinate [49,50];

Le applicazioni per second order nonlinear optical susceptibilities, a causa della mancanza di un centro di simmetria di questi materiali [51];

 La discriminazione tra antipodi, ma è necessario avere sensori progettati per l’identificazione di analiti chirali, in particolare di origine biologica [52-54]. Di norma la chiralità viene introdotta nella struttura coniugata del polimero con opportuni leganti chirali, mentre più raramente si utilizzano miscele di materiali elettroattivi e composti chirali enantiopuri [55,56]. Molti dei sostituenti chirali impiegati sono stati scelti dalla grande varietà di sostanze chirali naturali, come gli zuccheri [57] e gli aminoacidi [58]. Altri, invece, sono stati studiati e sintetizzati per applicazioni specifiche. Tutti questi sostituenti chirali sono comunque caratterizzati da un carbonio come stereocentro.

Le proprietà di enantiodiscriminazione fornite dai sostituenti chirali al polimero dipendono dai gruppi funzionali presenti, dalla loro densità e distanza dalla catena elettroconduttiva e dalla natura del legante.

Per fare un esempio, si considera la sintesi di un polimero tiofenico [59] ottenuto con la classica via sintetica di tipo chimico, in cui l’ossidazione del monomero è indotta da FeCl3. Il processo di polimerizzazione è random, con conseguente perdita della chiralità supramolecolare globale (poly 1 in Figura 1.8.).

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Figura 1.8. Vie sintetiche per ottenere il polimero random (poly 1) e quello regioregolare (poly 2).

Una polimerizzazione regioregolare è invece garantita con sintesi più raffinate e costose (poly 2 in Figura 1.8.), ma che permettono di ottenere macroscopicamente materiali chirali.

Un altro approccio che evidenzia l’influenza dell’assenza di regioregolarità nella crescita del polimero è la sintesi di monomeri di monomeri con simmetria C2 con due

stereocentri identici [60], come si osserva in Figura 1.9.:

Figura 1.9. Un esempio di monomero chirale con simmetria C2.

In questo caso, sia per via chimica, sia per via elettrochimica, si ottiene un polimero regolare, ma, nel contempo, la chiralità dei materiali sintetizzati dipende dallo stato di

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aggregazione delle catene polimeriche e può esser facilmente persa cambiando le condizioni esterne [61].

Ad esempio, è stato esaminato il politiofene in Figura 1.10.:

Figura 1.10. Politiofene regioregolare otticamente attivo.

La chiralità di questo tipo di polimeri dipende dallo stato di aggregazione delle catene polimeriche e l’attività ottica osservata è dovuta ad interazioni intramolecolari tra catene, principalmente quelle aventi geometria planare (Figura 1.11.):

Figura 1.11. Helical packing delle catene tiofeniche principalmente planari.

La chiralità si perde completamente, però, cambiando la polarità del sistema (diminuendo la percentuale di MeOH) e aumentando la temperatura.

In alternativa, per introdurre la chiralità nel sistema polimerico si possono usare fonti chirali esterne:

 Controioni chirali [62];

 Biopolimeri come supporti templanti [63];

Imprinting molecolare con templanti chirali, che implica material overoxidation [64].

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1.3.1. Un approccio innovativo: chiralità intrinseca in strutture bi-eteroaromatiche atropisometriche

Una strategia rivoluzionaria rispetto quelle già descritte prevede l’utilizzo di polimeri elettroattivi con chiralità dovuta ad una torsione interna nelle unità della catena polimerica, i cosiddetti monomeri intrinsecamente chirali, piuttosto che alla presenza di stereocentri esterni alla sequenza α-coniugata. Particolare attenzione è stata prestata a monomeri chirali tiofenici e pirrolici [65], la cui formula generale è rappresentata in Figura 1.12.

Figura 1.12. Struttura generale dei monomeri intrinsecamente chirali.

Questi polieterocicli vengono sintetizzati per ossidazione chimica o elettrochimica dei monomeri in Figura.

Il sistema coniugato di questi polimeri, responsabile delle proprietà ottiche ed elettrochimiche, influenza anche la chiralità della molecola. Perciò, le peculiarità chiroottiche e di enantioriconoscimento di questi materiali sono strettamente correlate a quelle chimiche.

Per la progettazione molecolare di questi composti sono state seguite queste linee guida:

 La chiralità è dovuta ad una torsione interna della struttura coniugata;

 La torsione della catena è data da opportuni sostituenti sulla struttura bi-eteroaromatica atropisometrica;

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 L’unità stereogenica deve collegare le due porzioni 2-(5,2’-bitienili);

 Il nodo della distorsione [66] (indicato in Figura con •) è sul legame interanulare, senza comunque intaccare la coniugazione della molecola. Inoltre, la struttura tridimensionale del monomero, identificabile anche nella forma polimerica, amplifica le prestazioni elettro-ottiche dei semiconduttori organici [67];

 la simmetria C2 di queste molecole rende omotopiche le posizioni α del tiofene

coinvolte nel coupling ossidativo, assicurando così la completa regioregolarità dei prodotti. Da ogni step della polimerizzazione si ottiene sempre un prodotto con simmetria C2.

Questo approccio innovativo ha portato alla creazione di una nuova famiglia di molecole intrinsecamente chirali aventi come struttura bi-eteroaromatica centrare un bis-benzotiofene (Figura 1.13.a), un bis-indolo (Figura 1.13.b) o un bi-(2,2’-dimetiltiofene) (Figura 1.13.c).

Figura 1.13. Esempi di molecole intrinsecamente chirali con: a) bis-benzotiofene, b) bis-indolo, c)

bi-(2,2’-dimetiltiofene).

Da questa figura si può facilmente dedurre che l’atropisomerismo generato dalla distorsione attorno al nodo aumenta a causa delle interazioni tra gli atomi di H degli anelli benzenici e tiofenici (a) o delle interazioni tra gruppi metilici e tiofenici (b,c).

1.3.2. BT2T4: il precursore dei polimeri intrinsecamente chirali

Il precursore di questo tipo di polimeri conduttori è il 2,2’-bis(2,2’-bitiofen-5-il)-3,3’-bi-1-benzotiofene, noto con l’acronimo BT2T4 (Figura 1.14.), studiato per esser impiegato

(23)

18

formare copolimeri utilizzando monomeri con gruppi funzionali idonei per il campo sensoristico, ma non per polimerizzazioni [68].

S S S S S S S S S S S S (R)-(-)-

(S)-(+)-Figura 1.14. Struttura degli enantiomeri del BT2T4.

I film polimerici che si ottengono mostrano eccellenti proprietà meccaniche, da cui risultano anche ottime prestazioni in termini di linear concentration range, limite di rilevabilità e selettività.

BT2T4 è composto da un’unità base bitiofenica e da due porzioni uguali

approssimativamente planari, che permettono una coniugazione efficiente. Inoltre, presenta caratteristiche singolari:

 Intrinseco carattere tridimensionale: sostituenti ingombranti in entrambe le posizioni orto degli anelli biarilici inducono la formazione di un nodo centrale tra le due porzioni molecolari, controllando la barriera del processo di enantiomerizzazione;

 Intrinseca regioregolarità nella polimerizzazione: la polimerizzazione può avvenire solo su due siti, molto distanti tra loro, simmetrici e facilmente accessibili. Le due posizioni α sono omotopiche, così sono garantite regioregolarità e chiralità del polimero durante l’elettrodeposizione;

 Intrinseca dissimmetria: sebbene non abbia alcun centro stereogenico, la molecola risulta chirale, avendo un asse di simmetria C2.

La barriera di racemizzazione risulta di circa 50-65 kcal/mol, energia sufficiente per garantire la separazione di enantiomeri stabili di BT2T4.

(24)

19

1.4. Scopo della tesi

Sulla base delle considerazioni fatte nella parte introduttiva e delle informazioni disponibili in letteratura sull’elettrosintesi di polimeri conduttori con chiralità intrinseca, è utile verificare la possibilità di utilizzare diversi tipi di sistemi elettrodici al fine di progettare sensori miniaturizzati per la determinazione di analiti chirali in matrici sintetiche e reali.

Lo scopo primario di questa tesi è stato, pertanto, verificare la possibilità di adottare procedure di elettropolimerizzazione per l’ottenimento di microelettrodi con superficie modificata con polimeri chirali.

La tesi, in particolare, è stata rivolta a verificare se le metodologie riportate per gli elettrodi convenzionali possono essere direttamente utilizzate con i microelettrodi. Infatti, il diverso regime di trasporto di massa che si instaura alla superficie elettrodica può dar luogo a processi di elettropolimerizzazione che non portano a risultati simili. Inoltre, le due classi di elettrodi modificati possono anche rispondere diversamente, in termini di segnali voltammetrici, quando vengono impiegati per l’analisi di analiti chirali. Nella tesi, quindi, verranno confrontati i risultati che si ottengono su elettrodi convenzionali e su microelettrodi, per stabilire un protocollo ottimale di elettropolimerizzazione su microelettrodi e valutarne le risposte in soluzioni contenenti analiti test con caratteristiche chirali.

(25)

20

2. TECNICHE ELETTROANALITICHE IMPIEGATE

Per meglio comprendere la discussione dei dati sperimentali presentati in seguito, è opportuno riportare brevemente alcuni aspetti teorici riguardo sia il trasporto di massa che è alla base dei processi elettrodici, sia la natura e i tipi di responsi aspettati dalle tecniche elettroanalitiche impiegate.

2.1. Diffusione

Le tecniche elettroanalitiche che verranno presentate sono effettuate in regime di trasporto di massa controllato soltanto dalla diffusione. Quindi, l’unico fenomeno che garantisce il trasporto di massa controllato della specie redox tra il bulk della soluzione e la superficie attiva dell’elettrodo è il gradiente di concentrazione dovuto all’applicazione di un potenziale opportuno all’elettrodo lavorante. In questo modo, risolvendo le equazioni di diffusione, si ottiene il flusso di materia che, combinato con la legge di Faraday, permette di stabilire la corrente che fluisce alla superficie dell’elettrodo [69].

Le condizioni sperimentali che consentono di realizzare un trasporto di massa diffusivo di una specie elettroattiva prevedono l’uso di elettrodi stazionari, in soluzione ferma e contenente quantità relativamente elevate di elettrolita di supporto [69].

In condizioni di trasporto di massa governato solo dalla diffusione, i profili di concentrazione, e quindi di corrente, in funzione del tempo dipendono dalla geometria dell’elettrodo [69]. In Figura 2.1 sono riportate le linee di flusso associate alla geometria elettrodica che sarà presa in considerazione in questa tesi.

Figura 2.15. Linee di flusso ad un elettrodo a disco convenzionale (A) e ad un microelettrodo a disco (B).

(26)

21

Per elettrodi a disco di dimensioni convenzionali, cioè quelli con raggio maggiore di 0.1 mm [70], valgono le condizioni di diffusione lineare semi-infinita che si realizzano teoricamente ad un elettrodo piano infinito; per questi elettrodi, infatti, vengono trascurati gli “effetti di bordo”. In questo modo, il flusso dipende solo dalla direzione perpendicolare alla superficie elettrodica (vedi Figura 2.1.A).

Diminuendo le dimensioni dell’elettrodo (Figura 2.1.B), gli “effetti di bordo”, non essendo più trascurabili, richiedono, per la loro quantificazione, equazioni del flusso più complesse e polidimensionali. Questo è il caso dei microelettrodi, cioè gli elettrodi il cui raggio è minore di 50 µm [69].

2.2. Diffusione ad un elettrodo piano

Si consideri la seguente reazione elettrodica reversibile:

Ox+ne- Red (2.1)

Si assume, inoltre, che all’elettrodo venga applicato un impulso di potenziale istantaneo sufficientemente negativo per cui la concentrazione di Ox alla superficie dell’elettrodo sia uguale a zero [69].

La variazione della concentrazione della specie Ox in funzione del tempo è data dalla seconda legge di Fick in una dimensione [69]:

𝜕𝐶𝑜𝑥(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑡 = 𝐷𝑜𝑥

𝜕2𝐶𝑜𝑥(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑥2 (2.2)

dove Dox è il coefficiente di diffusione della specie elettroattiva presente inizialmente in

soluzione, x è la distanza dalla superficie elettrodica nella direzione perpendicolare ad essa.

La corrente faradica sarà data dalla combinazione del flusso, definito dalla prima legge di Fick, con la legge di Faraday [69]:

𝑖(𝑡)

𝑛𝐹𝐴= 𝐷𝑜𝑥[

𝜕𝐶𝑜𝑥(𝑥, 𝑡)

(27)

22

dove F è la costante di Faraday, i(t) è la corrente istantanea, n è il numero di elettroni scambiati, A è l’area dell’elettrodo e con x=0 si indica la distanza corrispondente alla superficie dell’elettrodo.

Risolvendo le equazioni di Fick con le opportune condizioni al contorno si ottiene l’equazione di Cottrell [69]:

𝑖(𝑡) =𝑛𝐹𝐴𝐷𝑜𝑥

1/2

𝐶𝑜𝑥

𝜋1/2𝑡1/2 (2.4)

dove t è il tempo e gli altri simboli hanno il loro consueto significato.

Un tipico profilo corrente-tempo, normalizzato per la quantità nFAC, ad un elettrodo piano è riportato in Figura 2.2. (con linea continua).

Figura 2.2: Responso corrente-tempo per un esperienza cronoamperometrica su elettrodi di diverse geometrie.

Linea continua: elettrodo piano (r≥0.1mm); linea tratteggiata: microelettrodo a disco (r≤25µm)

2.3. Diffusione ad un microelettrodo a disco

L’espressione del profilo di concentrazione in funzione del tempo per un microelettrodo a disco si ottiene dalla risoluzione della seconda legge di Fick in coordinate cilindriche [69]: 𝜕𝐶𝑜𝑥 𝜕𝑡 = 𝐷𝑜𝑥[ 𝜕2𝐶𝑜𝑥 𝜕𝑟2 + 1 𝑟∙ 𝜕𝐶𝑜𝑥 𝜕𝑟 + 𝜕2𝐶𝑜𝑥 𝜕𝑧2 ] (2.5)

(28)

23

dove r è la distanza dal centro del disco e z è la distanza presa perpendicolarmente alla superficie elettrodica (Figura 2.3.).

Figura 16.3. Il disco rappresenta la superficie elettroattiva con il sistema di riferimento adottato.

La soluzione di questa equazione differenziale è molto complessa ed esistono soluzioni numeriche approssimate che rappresentano in modo sufficientemente accurato il profilo corrente/tempo [71]. In particolare:

lim 𝑡→0𝑓(𝜏) = lim𝑡→0 𝑖(𝜏) 4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟= √ 𝜋 4𝜏+ 𝜋 4− 3𝜋𝜏 210 + ⋯ (2.6) lim 𝑡→∞𝑓(𝜏) = lim𝑡→∞ 𝑖(𝜏) 4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟 = 1 + √ 16 𝜋3𝜏+ ⋯ (2.7) dove 𝜏 = 𝐷𝑜𝑥𝑡/𝑟2.

Si dimostra che per 𝑡 → 0 le equazioni (2.6) e (2.7) si riducono a quella di Cottrell, che corrisponde al contributo transiente della corrente totale:

𝑖(𝑡) =𝑛𝐹𝐴𝐷𝑜𝑥

1/2

𝐶𝑜𝑥𝑏

𝜋1/2𝑡1/2 (2.8)

Per 𝑡 → ∞, le equazioni si riducono alla seguente equazione:

𝑖𝑏= 4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟 (2.9)

X

Y Z

(29)

24

da dove si evince che la corrente non dipende più dal tempo e quindi assume valori di stato stazionario.

In Figura 2.2. (con linea tratteggiata) è illustrato il profilo corrente-tempo normalizzato ad un microelettrodo, che si differenzia da quello osservato con elettrodi convenzionali per il raggiungimento di uno stato stazionario.

Da un punto di vista pratico, i microelettrodi permettono di avere una transizione completa da condizioni dipendenti dal tempo a condizioni di stato stazionario in tempi ragionevolmente brevi [72].

L’utilizzo di elettrodi di dimensioni microscopiche può portare diversi vantaggi rispetto gli elettrodi convenzionali solitamente usati con i metodi elettrochimici dinamici [73]. Questi vantaggi sono:

La drastica diminuzione della caduta ohmica, iR, dovuta alle piccole correnti di elettrolisi;

 Un aumento della velocità di trasporto di massa da e all’elettrodo, dovuta alla maggiore influenza degli effetti di bordo, che consentono di ottenere, in tempi brevi, profili di concentrazione indipendenti dal tempo, cioè di stato stazionario;

 Capacità del doppio strato elettrico ridotta, essendo proporzionale all’area elettrodica; questo permette un miglioramento della risoluzione temporale del responso voltammetrico e di aumentare significativamente il rapporto segnale/rumore (corrente faradica/corrente capacitiva)

 La possibilità di utilizzare solventi scarsamente conducibili nelle misure voltammetriche; si possono impiegare, ad esempio, solventi organici poco polari e con basse concentrazioni di elettrolita di supporto [74]

2.4. Voltammetria a scansione lineare e ciclica

Tra le tecniche più impiegate in ambito elettrochimico si hanno quelle con variazione di potenziale in funzione del tempo, ossia le tecniche voltammetriche.

Nelle tecniche di voltammetria a scansione lineare (LSV), il potenziale, viene fatto variare nel tempo ad una velocità costante v, partendo da un potenziale iniziale Ei, a cui non ha

luogo il processo elettrodico, fino un potenziale finale Ef, al quale il processo decorre in

(30)

25

Figura 2.3. Variazione lineare del potenziale in voltammetria a scansione lineare.

Il potenziale applicato all’elettrodo lavorante risulta essere, pertanto, una funzione dipendente dal tempo secondo la seguente legge:

𝐸(𝑡) = 𝐸𝑖± 𝑣𝑡 (2.10)

Nella voltammetria ciclica (CV) il potenziale, come nel caso della LSV, varia linearmente dal valore iniziale Ei al valore finale Ef; a quest’ultimo il potenziale viene invertito e fatto

variare fino al valore iniziale Ei (Figura 2.4.).

Figura 2.4. Segnale di eccitazione triangolare in voltammetria ciclica.

I responsi che si ottengono con queste tecniche sono diagrammi in cui la corrente è registrata in funzione del potenziale applicato all’elettrodo lavorante e sono detti voltammogrammi. 0 0.2 0.4 0.6 0 10 20 30 40 50 60 70 E ( V ) t (s) 0 0.2 0.4 0.6 0 20 40 60 80 100 120 E ( V ) t (s)

(31)

26

Per la LSV e la CV, il responso dipende dal tipo di elettrodo [69].

Per un elettrodo convenzionale, i voltammogrammi hanno la forma come quella mostrata in Figura 2.5.

Figura 2.5. Voltammogramma ciclico ottenuto con un elettrodo piano convenzionale.

In figura sono evidenziati i parametri più importanti: i potenziali di picco catodico (Epc) e

anodico (Epa) e le correnti di picco catodico (ipc) e anodico (ipa). Lo studio di questi

parametri al variare della velocità di scansione permette di verificare la reversibilità del processo elettrodico.

La corrente di picco per un processo diffusivo e reversibile per un elettrodo planare è data dall’equazione di Randles-Sevcik:

𝑖𝑝= 2.688 ∙ 105𝑛3/2𝐴𝐷0 1/2

𝐶0∗𝑣1/2 (2.11)

con A l’area, D0 il coefficiente di diffusione, C0* la concentrazione in mol/cm3 e v la

velocità di scansione.

Anche per i microelettrodi si possono scrivere le equazioni dei profili corrente/potenziale, tuttavia per i microelettrodi a disco possono essere utilizzati solo metodi numerici per ottenere tali equazioni. Un’equazione approssimata per descrivere la corrente massima in funzione della velocità di scansione per microelettrodi a disco è [75]:

𝑖

4𝑛𝐹𝑐𝐷𝑟= 0.34 exp(−0.66𝑝) + 0.66 − 0.13 exp (−

11

(32)

27

in cui p è un parametro adimensionale così definito:

𝑝 = (𝑛𝐹𝑟2𝑣

𝑅𝑇𝐷0)

1/2

(2.13)

mentre gli altri simboli hanno il loro consueto significato.

Per i microelettrodi, si possono avere due condizioni limite, a seconda che si operi a velocità elevate o basse. In particolare, si ottiene un diagramma simile a quello dell’elettrodo convenzionale se si opera a velocità di scansione elevate. Per basse velocità di scansione, invece, il profilo corrente-potenziale risulta come quello mostrato in Figura 2.6., caratterizzato dal fatto che sia nella scansione diretta, sia in quella inversa, si ottengono forme sigmoidali che si sovrappongono, indice del raggiungimento di uno stato stazionario.

Figura 2.6. Voltammogramma ciclico ottenuto con un microelettrodo a disco.

L’eventuale presenza di isteresi tra le due curve è dovuta ad un parziale contributo di diffusione planare alla superficie elettrodica [72].

-5 -4 -3 -2 -1 0 -500 -400 -300 -200 -100 0 100 200 I E

(33)

28

3. PARTE SPERIMENTALE

3.1. Reagenti

Tutti i reagenti impiegati per questo lavoro di tesi sono di grado analitico.

Sono stati utilizzati come solventi per preparare i campioni acqua ultrapura Milli-G (Millipore) e acetonitrile (Sigma-Aldrich) ridistillato per eliminare eventuali tracce di acqua.

H2SO4, Ru(NH3)Cl6, KCl, utilizzati per la caratterizzazione degli elettrodi, sono stati forniti

da Carlo Erba e dalla Sigma-Aldrich.

Per i test di enantioriconoscimento, è stato utilizzato come elettrolita di supporto TBAPF6 (Sigma-Aldrich), mentre come probe chirali sono stati impiegati gli enantiomeri

di N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina (Sigma-Aldrich), preliminarmente purificati in colonna per evitare la comparsa di un picco in ossidazione, che avrebbe inficiato la misura.

Il 2,2’-bis-(2,2’-bitiofene-5-il)-3,3’-bi-1-benzotiofene (BT2T4) è stato gentilmente fornito

dal gruppo di ricerca della prof.ssa P.R. Mussini, del dipartimento di Chimica dell’Università di Milano.

3.2. Strumentazione

Le misure voltammetriche sono state eseguite utilizzando un potenziostato/galvanostato EG&G PAR modello 263 (interfacciato ad un computer Hyunday, gestito da software M270 EG&G PAR) ed un potenziostato CH Instruments modello 920C (interfacciato ad un computer Fujitsu, gestito da software CHI920C). I microelettrodi sono stati controllati preventivamente con un microscopio ottico Wild Heerbrugg.

Per le misure voltammetriche sono state utilizzate celle elettrochimiche nella configurazione a tre elettrodi: lavorante, riferimento e controelettrodo (Figura 3.1.).

(34)

29

Figura 3.1. Minicella nella configurazione a tre elettrodi utilizzata in questo lavoro di tesi, con elettrodo lavorante

(WE), elettrodo di riferimento (RE) e controelettrodo (CE).

Le celle di misura sono state posizionate in una gabbia di Faraday di alluminio, collegata a terra per evitare le interferenze di campi elettrici esterni.

I contatti elettrici sono stati effettuati con cavi schermati.

3.3. Elettrodi

Come elettrodi lavoranti sono stati impiegati elettrodi convenzionali commerciali di Au di diametro di 2 mm e i microelettrodi, la cui preparazione è descritta nel paragrafo 3.4. In tutte le misure è stato usato come elettrodo di riferimento un elettrodo ad Ag/AgCl, saturo di KCl. Come controelettrodo, invece, è stata utilizzata una spirale di platino.

3.4. Preparazione dei microelettrodi a disco

Per preparare i microelettrodi utilizzati in questo lavoro di tesi è stato incluso un filo di Au di diametro nominale di 25 μm in un capillare di vetro fondendo una delle estremità con un laser puller. Si è sfruttata l’estremità aperta del microelettrodo per eseguire una saldatura a indio del filo d’oro con uno di rame. Infine l’elettrodo è stato sigillato con colla commerciale. È stata verificata la chiusura del capillare sul filo d’oro, l’assenza di bolle nel punto di fusione e l’integrità del contatto elettrico mediante microscopio ottico. Infine, la superficie attiva del sensore è stata lucidata meccanicamente con carta

WE

RE

CE

(35)

30

abrasiva di granulometria via via decrescente e successivamente con polvere di allumina di granulometria 0.3 μm.

In Figura 3.2. è riportato uno schema della procedura seguita per la preparazione dei microelettrodi a disco.

Figura 3.2. Schema della procedura di ottenimento dei microelettrodi di Au a disco.

In Figura 3.3. è mostrata la foto di un tipico microelettrodo d’oro impiegato nelle misure voltammetriche.

Figura 3.3. Microelettrodo di Au impiegato.

3.5. Determinazione del raggio elettrodico effettivo dei microelettrodi

Per determinare il raggio elettrodico effettivo della superficie attiva sono state registrate voltammetrie cicliche in riduzione tra 0.1 e -0.4 V, a basse velocità di scansione (5-50 mV/s), in una soluzione acquosa di Ru(NH3)6Cl3 1 mM in KCl 0.1 M come elettrolita

inserimento filo di Au chiusura capillare lappatura inserimento filo di In saldatura con In

(36)

31

di supporto. Conoscendo i valori di corrente limite di diffusione così ottenuti, tramite l’equazione:

𝑖𝑏= 4𝑛𝐹𝐷𝑜𝑥𝐶𝑜𝑥𝑏 𝑟 (3.2)

è stato confermato il raggio elettrodico nominale, con concentrazione e coefficiente di diffusione di Ru(NH3)6Cl3 (7∙10-6 cm2s-1) [76] noti.

3.6. Sintesi di BT2T4 e separazione enatiomerica

Il 2,2’-bis-(2,2’-bitiofene-5-il)-3,3’-bi-1-benzotiofene (acronimo: BT2T4), rappresentato in

Figura 3.4., è il precursore dei polimeri conduttori intrinsecamente chirali. Le proprietà strutturali di questa molecola sono state descritte nel capitolo introduttivo.

S S S S S S S S S S S S (R)-(-)-

(S)-(+)-Figura 3.4. Struttura degli enantiomeri di BT2T4.

Si noti che il legame 3,3’ delle unità tiofeniche interne svolge il ruolo essenziale di garantire la connessione elettronica tra le due metà della molecola e, al tempo stesso, prevenire il processo di racemizzazione.

BT2T4 può esser sintetizzato facilmente come racemato [77] secondo lo schema in Figura

3.5.:

(37)

32

Gli enantiomeri così ottenuti sono stati separati con HPLC con fase stazionaria chirale [77]. I tempi di eluizione dei due enantiomeri è dell’ordine dei minuti (Figura 3.6.):

Figura 3.6. Risoluzione analitica tramite HPLC del racemato di BT2T4 e controllo della purezza degli enantiomeri

isolati.

3.7. Studio voltammetrico della reattività chimica dei monomeri intrinsecamente chirali

Per lo studio voltammetrico della reattività dei monomeri tiofenici intrinsecamente chirali [65,78,79] sono state preparate soluzioni raceme o enantiopure di BT2T4 5∙10-4 M

in acetonitrile, utilizzando come elettrolita di supporto tetrabutilammonio esafluorofosfato, TBAPF6, 0.1 M.

È stata utilizzata una cella di piccole dimensioni, contenete circa 3 mL, nella configurazione a tre elettrodi. L’elettrodo di riferimento, un elettrodo ad Ag/AgCl saturo di KCl, è stato posto in un setto contenente la stessa soluzione in analisi, per evitare la contaminazione con acqua.

(38)

33

Sono stati poi ottimizzate le condizioni per ottenere un deposito oligomerico di BT2T4

sulla superficie dei microelettrodi, così da avere un film idoneo per le prove di enantioriconoscimento.

3.8. Test di enantioriconoscimento con film di oligomeri tiofenici

L’enantioselettività dei microsensori è stata provata con una cella nelle stessa configurazione del paragrafo precedente, utilizzando elettrodi modificati con depositi enantiopuri di BT2T4.

Le soluzioni testate contenevano come probe N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina enantiopura o racema (Figura 3.7.), disciolta in acenotrilile in concentrazione 5∙10-4 M.

Eventualmente si aggiungeva 0.1 M di TBAPF6 come elettrolita di supporto. Il film

depositato era rigenerato ciclando il potenziale in una soluzione priva di probe.

(39)

34

4. RISULTATI E DISCUSSIONE

4.1. Comportamento di BT2T4 su elettrodi convenzionali

4.1.1. Caratterizzazione voltammetrica dei monomeri con elettrodi convenzionali di oro

In questa parte della tesi verrà descritto il comportamento voltammetrico dei monomeri di BT2T4, per poter avere un quadro di confronto con le misure che poi saranno eseguite

utilizzando i microelettrodi di Au.

In Figura 4.1.a è riportato un tipico voltammogramma ciclico ottenuto in una soluzione contenente 5∙10-4 M di BT

2T4 in forma racemica in AcCN, contenente 0.1 M di TBAPF6.

Figura 4.18. Voltammogrammi ciclici registrati a 200 mV/s in soluzioni di BT2T4: a) racemica, b) enantiomero R, c)

enantiomero S. -200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl -200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12 14 16 I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl -200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12 14 16 I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl 1A 2A 1C 2C a) b) c)

(40)

35

Il quadro voltammetrico nella scansione anodica mostra picchi molto vicini tra di loro a potenziali 1.15 V e 1.3 V contro Ag/AgCl. Nella scansione inversa, si osservano due processi catodici poco definiti, legati a prodotti formati alla superficie dell’elettrodo nella scansione di andata.

Il picco 1A è legato all’ossidazione del monomero di BT2T4 in corrispondenza di un gruppo

tiofenico, per dar luogo alla formazione del radicalcatione con meccanismo. Il picco 2A è

probabilmente dovuto all’ossidazione di specie formate alla superficie dell’elettrodo successivamente al primo processo elettrodico. Questo processo non è stato ulteriormente indagato, in quanto la sua apparizione netta rispetto al primo picco dipendeva da molteplici fattori e, soprattutto, all’anidricità dell’acetonitrile impiegato.

Un quadro voltammetrico simile si ottiene anche eseguendo misure di voltammetria

ciclica in soluzioni contenenti i singoli enantiomeri (Figura 4.1.b e 4.1.c), in cui i potenziali dei processi anodici e catodici risultano entro l’errore sperimentale di ±10 mV e in qualche caso, come mostrato in fig, dove il picco non si vede distinto e i due picchi si sovrapponevano per i motivi indicati in precedenza.

Al fine di verificare la natura del processo di ossidazione sono state eseguite misure di voltammetria ciclica a diversa velocità di scansione.

Figura 4.2. Voltammogrammi ciclici registrati in soluzione di BT2T4 racemico a diverse velocità di scansione e

correlazione tra corrente di picco anodico e v1/2.

-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 20mV/s 50mV/s 100mV/s 200mV/s I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl 1A 2A 1C 2C 2 4 6 8 10 12 14 16 4 6 8 10 12 14 16 18 20 y=1.22886x+0.69194 R2 =0.99997 I (  A) v1/2 [(mV/s)1/2]

(41)

36

La Figura 4.2. mostra una serie di voltammogrammi nell’intervallo di velocità di scansione compreso tra 20 e 200 mV/s. Dalla figura si osserva che all’aumentare della velocità il quadro voltammetrico non subisce variazioni sensibili, eccetto un decremento di corrente relativo al picco 2A rispetto al picco 1A.

L’analisi della corrente del picco 1A in funzione della velocità di scansione dimostra che

essa varia linearmente con v1/2, che indica il decorrere di un processo controllato dalla

diffusione (vedi inserto in Figura 4.2).

La circostanza che il picco 2A diminuisce all’aumentare della velocità di scansione

suggerisce che la specie elettroattiva coinvolta in questo processo è direttamente legata al processo elettrodico che ha luogo al picco 1A. Questo comportamento può essere

attribuito all’ossidazione del prodotto generato in una reazione di coupling, secondo lo schema in Figura 1.4.

Queste reazioni sono alla base della formazione di oligomeri e polimeri che possono depositarsi alla superficie dell’elettrodo. Infatti i picchi catodici che si osservano nella scansione inversa possono essere attribuiti ai prodotti della reazione elettrodica adsorbiti sulla superficie dell’elettrodo.

Al fine di verificare se i processi di elettroossidazione di gruppi tiofenici possano condurre alla formazione di oligomeri e polimeri alla superficie dell’elettrodo, la scansione di potenziale è stata eseguita per più cicli nell’intervallo di potenziale tra 0 e 1.4 V.

(42)

37

Figura 4.3. Scansione voltammetrica ripetuta per 40 cicli a 200 mV/s in una soluzione del monomero di S-BT2T4.

In Figura 4.3. è mostrata una serie di voltammogrammi ripetuti per 40 cicli a 200 mV/s. I cicli ripetuti portano a sostanziali modifiche al quadro voltammetrico.

Il picco anodico 1A tende a diminuire all’aumentare del numero di cicli, fino a sovrapporsi

al secondo picco. Analogamente, anche i principali picchi catodici osservati nel primo ciclo (picchi 1C e 2C) diminuiscono.

La diminuzione di questi ultimi picchi porta alla formazione di nuovi picchi, sia in ossidazione, sia in riduzione, che aumentano all’aumentare del numero di cicli. In particolare, si osservano due picchi anodici a circa 0.77 V (picco 4A) e 1.17 V (picco 5A) e

un picco catodico a 0.65 V (picco 4C).

Il picco 5A, pertanto, indica la formazione di specie oligomeriche e polimeriche

conduttive sulla superficie dell’elettrodo. Infatti, il picco 5A, ha luogo a potenziali meno

positivi rispetto al picco 1A, corrispondente all’ossidazione del monomero. Ciò è indice

della coniugazione dei doppi legami nella formazione di oligomeri [80].

I picchi 4A e 4C, invece, sono assegnabili alla formazione di dimeri e trimeri del

monomero di BT2T4 [79], secondo le strutture riportate in Figura 4.4.

-200 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl 1A 5A 3A 4A 1C 2C 4C

(43)

38

.

Figura 4.4. a) Struttura planare del dimero (2) e del trimero (3) di BT2T4; b) Strutture tridimensionali di (R,R)-2 e

(R,R,R)-3.

Misure di voltammetria ciclica ripetute nell’intervallo di potenziale compreso tra 0 e 1.4 V a velocità di scansione inferiori (50 e 100 mV/s) portavano a voltammogrammi del tutto simili. Tuttavia, dal punto di vista della stabilità del deposito formato (vedi paragrafi successivi), l’elettrodeposizione eseguita a 200 mV/s forniva dei migliori risultati.

Al fine di verificare che la procedura adottata porti alla formazione del polimero sulla superficie elettrodica, l’elettrodo, dopo la modifica, veniva analizzato al SEM.

(44)

39

Figura 4.5. a) Immagine SEM dell’elettrodo convenzionale modificato con il monomero S, con dettaglio della

superficie; b) spettro EDX della superficie elettrodica modificata.

In Figura 4.5. sono mostrate tipiche immagini SEM ottenute sull’elettrodo modificato e il responso EDX su punti della superficie.

La figura indica la formazione di uno strato di materiale contenente carbonio sufficientemente uniforme, mentre le analisi EDX rivelano la presenza di carbonio, oro (dovuto alla sottostante superficie metallica) e un intenso picco di fluoro, legato verosimilmente alla presenza sulla superficie dell’elettrodo di cristalli dell’elettrolita di supporto.

La presenza del polimero è invece individuata dall’analisi della distribuzione elementare sulla superficie elettrodica. Come mostrato in Figura 4.6, oltre alla presenza di Au e C, è

a)

(45)

40

chiaramente evidente anche quella dello zolfo, che può esser dovuto solo alla presenza del polimero.

Figura 4.6. Analisi elementare eseguita con EDX della superficie elettrodica modificata, considerando: a) oro (verde),

b) carbonio (blu), c) zolfo (rosso), d) un confronto dei tre elementi.

La Figura 4.6.d permette di confrontare l’insieme degli elementi presenti sulla superficie dell’elettrodo.

Questi risultati pertanto confermano che la procedura adottata risulta utile per la formazione del polimero che, sulla base delle caratteristiche del monomero, dovrebbe presentare proprietà chirali.

La procedura descritta finora è stata adottata per depositare sia il polimero originato dall’enantiomero R sia quello S.

4.1.2. Prove di riconoscimento enantiomerico con elettrodi convenzionali modificati

Come menzionato in precedenza, uno degli scopi principali in questo lavoro di tesi è stato quello di preparare superfici chirali in grado di distinguere due enantiomeri di un

a) b) c)

(46)

41

analita chirale al fine di utilizzarli come sensori chirali. In tal senso, per raggiugere risultati positivi, oltre che la preparazione di superfici elettrodiche riproducibili in dimensioni, forma, morfologia e spessore, è necessario individuare molecole elettroattive chirali che possano interagire selettivamente col film polimerico, considerando il potenziale redox e l’impedimento sterico degli analiti, nonché il livello di doping/undoping del polimero. Pertanto, al fine di verificare la capacità enantioselettiva del polimero ottenuto con BT2T4, sono state eseguite misure in

soluzioni contenenti forme enantiomeriche di N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina, con struttura mostrata in Figura 4.7.

Figura 4.7. Enantiomero R e enantiomero S della N,N-dimetil-1-ferroceniletilammina.

Misure preliminari sono state eseguite sui due enantiomeri di questa molecola utilizzando l’elettrodo di Au nudo, per verificarne il comportamento voltammetrico. In Figura 4.8. sono mostrati i tipici voltammogrammi ciclici ottenuti a diverse velocità di scansione, comprese tra 20 e 500 mV/s, con i due enantiomeri separati e con la miscela racemica.

(47)

42

Figura 4.8. Voltammogrammi ciclici registrati a diverse velocità di scansione, e relativi andamenti Ip vs v1/2, in

soluzioni di: a) probe R, b) probe S, c) probe racemo.

0 100 200 300 400 500 600 -10 -5 0 5 10 15 R 20 mV/s 50 mV/s 100 mV/s 200 mV/s 500 mV/s I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl 0 100 200 300 400 500 600 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 35 S 20 mV/s 50 mV/s 100 mV/s 200 mV/s 500 mV/s I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl 0 100 200 300 400 500 600 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 25 racemo 20 mV/s 50 mV/s 100 mV/s 200 mV/s 500 mV/s I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8 10 12 14 16 Enantiomero R y=0.67562x+0.43658 R2 =0.99944 Ip (  A) v1/2 [(mV/s)1/2 ] 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 Enantiomero S y=1.29098x+2.41273 R2 =0.99972 Ip (  A) v1/2 [(mV/s)1/2 ] 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 Miscela racema y=0.89515x+1.20804 R2 =0.99968 Ip (  A) v1/2 [(mV/s)1/2 ] a) b) c)

(48)

43

Dalla figura si osserva che il quadro voltammetrico è sostanzalmente identico per i due enantiomeri e che anche in miscela racemica essi danno luogo ad un singolo picco, così indicando, come aspettato, che con elettrodi di Au nudi non è possibile distinguere i due enantiomeri.

L’analisi dei voltammogrammi in funzione della velocità di scansione forniva i dati raccolti in Tabella 4.1. e negli inserti della Figura 4.8., che confermano il decorso di processi diffusivi e sostanzialmente reversibili. La differenza tra potenziale anodico e catodico maggiore di circa 60 mV, aspettata a 25°C, è attribuibile ad una caduca ohmica in soluzione, non avendo eseguito nessuna correzione per evitare l’effetto di quest’ultimo fenomeno. Probe v (mV/s) Epa (mV) Epc (mV) ∆Ep (mV) Enantiomero R 20 432.6 359.1 73.5 50 428.2 359.8 68.4 100 432 356.9 75.1 200 436.9 347.8 89.1 500 461.2 328.6 132.6 Enantiomero S 20 413.7 344.9 68.8 50 413.2 342.9 70.3 100 415.7 338.5 77.2 200 424.9 329.6 95.3 500 448.1 307.5 140.6 Miscela racema 20 428.7 357.5 71.2 50 429.6 358.1 71.5 100 432.3 355 77.3 200 439 347.9 91.1 500 464.2 325.7 138.5

Tabella 4.1. Valori di potenziale di picco anodico e catodico e relativa differenza in corrispondenza a diverse velocità

di scansione e in diverse soluzioni di probe.

L’analisi delle correnti di picco in funzione delle velocità di scansione evidenzia un apparente anomalia, in quanto, a parità di concentrazione delle due forme enantiomeriche, la specie S presenta correnti più elevate rispetto a R. questa circostanza può esser attribuita ad un diverso grado di purezza tra i due enantiomeri, dovuto al fatto, come anticipato, che i prodotti commerciali venivano purificati utilizzando un metodo

(49)

44

cromatografico su resine chirali. Questa procedura può portare ad un grado di purezza diverso, che per l’enantiomero R risulta meno efficace.

Misure analoghe sono state condotte sull’elettrodo modificato con la ferroceniletilammina chirale.

Figura 4.9. Voltammetria ciclica registrata a 50 mV/s con un elettrodo convenzionale con deposito di S-BT2T4 in una

soluzione di probe racemica.

In Figura 4.9. è mostrato, ad esempio, il quadro voltammetrico registrato con un elettrodo modificato col polimero di S-BT2T4 in una soluzione contenente la miscela

racemica di ferroceniletilammina.

Dalla figura si osserva che il voltammogramma presenta due picchi, sia in ossidazione, sia in riduzione, il secondo dei quali meno visibile. La differenza tra i due potenziali è di circa 120 mV, evidenziando una buona selettività del polimero nei confronti delle due forme enantiomeriche di ferroceniletilammina. Poiché il polimero utilizzato per questa misura era la forma S e l’interazione con l’enantiomero S del probe dovrebbe essere favorita, si può dedurre che il primo picco è associabile alla S-ferroceniletilammina, mentre il secondo all’enantiomero R. Tale supposizione giustifica la più bassa intensità di corrente relativa al sistema di ossidazione più anodico.

-100 0 100 200 300 400 500 600 700 800 -4 -2 0 2 4 6 I (  A) E (mV) vs Ag/AgCl

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