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Mappe, percezione dello spazio e complessità. Alcune riflessioni

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Academic year: 2021

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22 July 2021

AperTO - Archivio Istituzionale Open Access dell'Università di Torino

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Mappe, percezione dello spazio e complessità. Alcune riflessioni

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Edizioni dell'Orso

This is the author's manuscript

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Portatori di cultura

costruttori di memorie

a cura di

Laura Bonato

Edizioni dell'Orso Alessandria

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o 2009

Copyright by Edizioni dell'Orso s.r.l.

viaRattazzt, 4J I5I00Alessandria tel. 0131 .252349 fax 0131.257561 e-mail: info@ediorso. it

http ://www. ediorso. it

Realizzazione grafica a cura di Francesca Cattina

E t'ietuta la riproduzione, anclrc pat':iale, non autorizzata, con quolsiasi nte:zo efetftuta, ('otilpresa la Jotocopia, anche a uso interno e didattico. L'illecito sarà penalnrente perse-gihile u norma dell'art. 171 della Legge n. 633 de|22.04.1941

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Indice

\f aria Rita Rossa

Presentazione - Il territorio come consapevolezza p. VII

Laura Bonato

Introduzione - Portatori e imprenditori di cultura

per uno lettura 'a memoria'del territorio I

Gian Luigi Bravo 'Cultura'e

problemi attuali 3l

G i u l i a F a s s i o

La Mappa del ksoro: patrimonio culturale e Parish Maps 43 Ilaria Testa

Econtusei e mappe di comunilà: luoghi, persone, legomi 59 Cristina Grasseni

Mappe per la comunità, moppe per I'econruseo.

Mappare la Valtaleggio 63

Emanuela Renzetti

Nel Parco, di mappa in mappa 83

Valentina Porcellana

Mappe, percezione dello spazio e complessità. Alcune riflessioni 101 Maria Teresa Mara Francese

Immi grazione, spaz i, m emo rie :

una Parish Map su indicazione di immigrati dalla Calabria I 15 Annalisa Di Nuzzo

Il Centro storico di Napoli: itinerari e turisnro.

Invisibilità, spettacolarizzazione, logorctrnento 125

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Mappe, percezione

dello spazio

e complessità.

Alcune riflessioni

Valentina Porcellana

<<L'occhio percoffe le forme creando per sé delle mappe, le quali, a loro vol-ta, danno vita a modelli in perenne autogenerazione e trasformazione morfologi-ca> (Appiano, 7996, p. XII). Il concetto di mappa, che qui venà analizzato ínre-lazione alle mappe percettive come strumento d'indagine della complessità, sta dunque anche alla base del processo percettivo neurofisiologico: la catena dei processi percettivi parte dall'oggetto, stimola i ricettori degli organi di senso, conduce gli impulsi lungo le vie neurali fino alle zone corticali dove viene com-pletata I'elaborazione percettiva. Il senso della vista, dunque, ci dà immediata conoscenza di cio che ci circonda, costruisce una mappa dello spazio, combina in modo continuo la memoria personale con gli stimoli esterni. La vista non è un senso istintivo: il riconoscimento avviene grazie alle esperienze passate e all'ap-prendimento. Dopo che gli occhi hanno convertito gli stimoli luminosi in infor-mazioni neurali, il cervello codifica le inforinfor-mazioni per ricostruire I'immagtne che gli occhi hanno acquisito. L'interpretazione di queste informazioni porta aila creazione di rappresentazioni della realtà esterna. L'immagine che giunge al cer-vello, inoltre, deve essere ulteriormente elaborata, dato che viene acquisita bidi-mensionale e deve essere adattata alla tridimensionalità. L'interpretazione delle informazioni è dunque un complesso processo mentale che riorganizza e codifi-ca i dati sensoriali per fornire un'immagine il piu possibile funzionale del rnon-do esterno. La vista permette alla nostra mente di ricevere e trattenere un elevato numero di dati che, immagazzinari nei depositi mnestici, costituiscono la base delle immagini mentali. Questo tipo di memoria perrnette di ricordare persone e riconoscere luoghi. I1 processo immaginativo è in qualche modo simile al pro-cesso percettivo, ma profondamente legato all'attività del ricordo.

Dalla realtà, attraverso la percezione e l'interpretazione, si giunge alla rap-presentazione. Il passaggio porta la realtà ad acquisire valore simbolico; le cono-scenze, le emozioni, le intenzioni, il vissuto individuale mutano la realtà oggetti-va in realtà percepita. La percezione ha il potere di trasformare la realtà in im-magine: è la 'proiezione interiore'a restituire l'immagine della realtà. Tutto cio che circonda l'individuo stimola la sua percezione e i dati, elaborati, vengono ulteriormente trasformati da fattori soggettivi e culturali. Ma quella esterna non è I'unica realtà a stimolare l'uomo: la realtà interiore affiora, attraverso I'imma-ginario, in simboli, immagini, sogni: <occhio e pensiero sono quindi nella stessa

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t02 Portatori di cultura e costruttori di memorie

misura creatori di forme> (Appiano, 1996, p. 4). I sensi inviano informazioni al-la mente che le traduce in immagini, le quali sono quindi 'pensare figurato'. L'immagine non è dunque semplice rappresentazione, ma risultato del processo comunicativo che lega I'individuo alla realtà che lo circonda.

La Gestaltpsychologie mette in evidenza come I'atto percettivo, in particola-re quello visivo, rappparticola-resenta un'operazione assai complessa che non puo ricon-dursi alla semplice sommatoria dei singoli dati sensoriali acquisiti , rna anzi evi-denzia come cisia un'attifudine ad organizzare le sensazioni elementari in forme emergenti da uno sfondo che, per vari motivi e in un dato momento, risultano per il soggetto particolarmente pregnanti (Galimberti, 1992). Il risultato di que-sta attitudine è la percezione di una figura viva e dai contorni precisi, che spicca su uno sfondo indifferenziato. Non è possibile distinguere una figura senza uno sfondo. Una gestalt esiste nel momento in cui si evidenzia dallo sfondo. La rela-zione della figura con il suo sfondo è ciò che chiamiamo'significato': se questa relazione è tenue o non esiste o non siamo in grado di riconoscerla e capirla, c'è assenza di significato (Polster e Polster, 1986). Gli psicologi della forma riten-gono che il soggetto che percepisce non è un 'bersaglio'passivo del bombarda-mento sensoriale proveniente dal suo ambiente ma, grazie ad un processo per-cettivo unitario, tende a strutturare e a dare ordine alle proprie percezioni. Non sarebbero infatti gli stimoli elementari ad essere colti dall'organismo che perce-pisce, ma le 'configurazioni unitarie': secondo i princìpi della Gestah, la perce-zione di una configuraperce-zione non può ridursi alla semplice sorruÌla degli stimoli percepiti, in quanto il tutto è diverso dalla somma delle singole parti. Così, se la configurazione unitaria è scomposta in parti o interrotta o deficitaria, il soggetto tende comunque a vedere un insieme unitario o ad agire al fine di completare cio che manca (Koffa, 1970).

Per la Gestalt il campo è composto da zone che diventano figure, e hanno valore oggettuale, e da zone che fungono da sfondo. La relazione tra le diverse zone costruisce il campo visivo, che è, contemporaneamente, un campo di for-ze.I fattori che rendono possibili le configurazioni sono la vicinanza, la somi-glianza, la chiusura, la continuità di direzione, la pregnanza, I'esperienza. In base a queste configurazioni ottiche, fondamento della costruzione delle mappe percettive che qui vogliamo indagare, I'individuo percepisce gli oggetti che compongono lo spazio sia come elementi separati, sia come elemento struttura-to e coerente. Questa prospettiva è stata ttilizzata da Kevin Lynch per il suo fondamentale studio sulla percezione dello spazio urbano (Lynch, 1964). Le va-rie linee dí forza,l'organizzazione dal centro, il rapporto reciproco tra i singoli elementi agenti nel campo visivo creano equilibrio e stabilità o, al contrario, sbilanciamento e confusione. L'area del campo che ha maggiori possibilità di emergere come figura è quella che ha caratteristiche di grandezza (un'arca dr minori dimensioni ha maggiori possibilità di comparire come figura rispetto a quella più grande che le farà da sfondo), di convessità (i margini convessi chiu-dono al loro interno la forma), di direzione (sono più facilmente riconoscibili come fisure le forme con orientamento verticale o orizzontale). E l'individuo

che s dosse rappf trave (Kap primi ment e p o r si rid e l a della scon( N, I ' u o n SENSC

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Mappe, percezione dello spazio e complessità. Alcune riflessioni 1 0 3

che sceglie la gerarchia degli elementi, stabilendo figura e sfondo, ma (para-dossalmente questa selezione è avvenuta ancor prima di sapere cio che la figura rappresenta. Proprio questa selezione permette I'ulteriore analisi dettagliata, at-traverso la quale il soggetto saprà ciò che la figura effettivamente rappresenta) (Kapferer, 1982). Secondo Kapferer, il contesto crea un'aspettativa che giunge prima dell'identificazione della struttura globale. Il riconoscimento degli ele-menti avviene attraverso la memoria che influenza il contesto, crea I'aspettativa e porta alla sintesi percettiva. Nelle mappe percettive, dunque, l'immagine non si riduce ai soli stimoli del quotidiano, ma <1'uomo proietta la propria memoria e la propria immaginazione nel tempo. Appaiono così nelle rappresentazioni della maggior parte delle persone [...] proprietà proiettive temporali che chiari-scono la percezione della durata> (Bailly, 1996).

Nel suo studio sulla comunicazione visiva, Ave Appiano sottolinea con'ìe I'uomo sia al centro della costruzione del mondo: <le forme della realtà hanno senso solamente in quanto si trasformano in forme mentali> (Appiano, 1996, p. XI). Dall'inizio della sua storia, I'uomo cerca di rappresentare la nafura attraver-so segni grafici e iconografici che connettano la realtà esperita con quella inte-riore. L'uomo, infatti, manifesta una doppia esigenza: da un lato rappresentare le forme della realtà esterna a scopo comunicativo, rifuale, documentario, decorati-vo; dall'altro rappresentare la realtà soggettiva, interiore, per dare forma ai pro-dotti dell'immaginazione. Il processo immaginativo, come quello percettivo, e legato all'attività del ricordare. Inoltre, le informazioni sensoriali sono profon-damente modificate dai modelli culturali: ogni cultura ha i propri 'schenii per-cettivi' che fanno percepire in modo differente distanza, altezza, colore, odore, mmore... Un'importante distinzione da fare è quella tra sensazione e percezio-ne. Le sensazioni sono esperienze mentali risultato della stimolazione degli or-gani di sensol spesso queste esperienze interne non specificano la realtà esterna, sono semplicemente 'sottoprodotti'degli organi di senso. La percezione non di-pende da queste sensazioni: essa si basa sull'estrazione di informazioni sull'am-biente. Ci sono quindi due tipi di immagini mentali: uno basato su informazioni percettive immagazzinate e I'altro su sensazioni rinforzate. La nostra conoscen-za del mondo esterno, dunque, è basata su informazioni accumulate e conservate che specificano I'ordinamento spaziale degli oggetti, le loro proprietà e la possi-bilità di rivivere le nostre sensazioni senza tenere conto del mondo esterno. Sa-persi muovere nello spazio e saper rappresentare questa esperienza graficamente all'interno di mappe presuppongono una elaborata memorizzazione di particola-ri e di sequenze. L'atto di disegnare, nel caso specifico una mappa, prevede, inoltre, che si converta nuovamente il dato tridimensionale in un dato bidimesio-nale. Nella mappa, poi, verrebbero inseriti soltanto elementi fortemente simboli-ci,utilizzati come veicoli di conoscenze complesse che presuppongono un tessu-to di saperi condivisi.

Il disegno della mappa riproduce graficamente l'operazione mentale di astra-zione e di traduastra-zione simbolica dello spazio percepito. Il risultato è un prodotto culturale non sempre semplice da interpretare.

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104 Portatori di cultura e costruttori di memorie

Ma a che cosa serve la mappa? Attraverso la rappresentazione dello spazio, che è riorganizzazione dell'esperienza, si ricompone la complessità dell'uomo. La descrizione e la narrazione riordinano cio che appare opaco o confuso, sve-lando relazioni e nessi sottintesi e contribuendo a decifrare la realtà.

Nessun individuo ha un'esperienza direffa e concreta della totalità degli ele-menti che compongono il proprio habitat. Egli deve quindi compiere uno sforzo cognitivo per ricomporre il quadro generale della realtà che lo circonda. Gli in-put sensoriali, che si uniscono a quelli cognitivi per formare la mappa completa, diminuiscono all'aumentare delle dimensioni dello spazio da analizzare (Bian-chi e Perussia, 1986). Fintantoché la realtà e la mappa coincidono nella sua men-te, I'individuo è in grado di orientarsi e di creare relazioni funzionali tra gli ele-menti che lo circondano. Ma I'individuo deve possedere un grado di adattabilità tale da accettare i cambiamenti della realtà rapidamente e senza ansietà. Per creare un rapporto armonioso con lo spazio I'uomo deve abituarsi ad un doppio esercizio: smontare la complessità in dettagli per potersi orientare e creare per-corsi possibili, e quindi rimontare la complessità per cogliere I'essenza dello spazio che egli stesso ha contribuito a costruire. Questo esercizio attenua il ri-schio di disorientamento. Nel suo saggio Perdersi. L'uomo senza ambiente, Franco La Cecla distingue due significati che attribuisce al concetto di orienta-mento. Per un verso, I'orientamento è la <capacità dr organízzare il proprio am-biente circostante, di annodare una trama generale di riferimento all'interno del-la quale una persona puo agire o su cui può 'agganciare'la propria conoscenza>; per un altro verso I'orientamento è la <capacità di seguire le indicazioni, leggere una mappa, consultare una bussola, essendo in grado, cioè di adattarsi ad un si-stema di coordinate preesistenti per trovare un luogo o per giungere ad una me-ta> (La Cecla, 1988, p, 43). Soltanto ai paesaggi familiari si attribuisce un signi-ficato e soltanto per essi si è in grado di realizzare una descrizione dettagliata: (è proprio perché l'uomo ha costantemente bisogno di vedersi garantito un preciso ordine nel proprio spazio vitale, e quindi di orientarsi fra gli elementi che lo compongono che il rapporto con la natura è sempre regolato da modelli valutati-vi e di comportamento che sono derivati dalla cultura>> (Sibilla, 1995, p. 82). Parlare di appartenenza ad un luogo significa legare, con una serie di implicazio-ni sociali, culturali, emotive, I'uomo all'ambiente: (questo possesso è assicurato dalla condivisione di una mappa mentale stesa sul luogo, mappa a cui ognuno contribuisce, mantenendola, confermandola o modificandola in qualcosa. Que-sto sistema di definizione dello spazio contiene in sé il modo e le motivazioni collettive dell'insediamento. Se viene spazzafo via, la cultura del gruppo non sa dove ritrovarsi> (La Cecla, 1988, p. 33).

La modernizzione ha cambiato la percezione dello spazio, delle distanze e il rapporto con lo spazio-tempo. La città postmoderna che Jameson chiama 'alie-na' è quella in cui neanche I'abitante riesce a tracciare la mappa, in cui non si riesce ad orientarsi, quella che pare non offrire punti di riferimento. Quella che de Martino chiama <<angoscia territoriale> è la sofferenza dí chi non ha più pun-ti di riferimento legapun-ti alla propria terra, è la paura della perdita della propria

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-Mappe, percezione dello spazio e complessità. Alcune riflessioni 1 0 5

identità. Succede ai migranti, agli abitanti delle città postindustriali, agli abitan-ti delle campagne che vedono mutare il paesaggio della loro vita e del loro la-voro. Gli abitanti non hanno voce in capitolo nella pianificazione degli spazi che devono abitare; sono utenti dello spazio, ma non lo possono trasformare. Pare che, nei contesti urbani contemporanei, <l'unico spazio che i residenti hanno il permesso di organizzare sia la disposizione dei mobili della propria ca-s a > ( L a C e c l a , 1 9 8 8 , p . 3 7 ) r .

Attraverso la mappa e i suoi simboli è possibile fare emergere quegli attributi ritenuti indispensabili per sentire 'proprio' uno spazio. Un luogo ha una propria identità ed è riconosciuto se riveste un significato particolare per un individuo o per un gruppo di individui. L'identificazione di un luogo awiene tramite i cin-que sensi, tramite la memoria e la facoltà mentale e linguistica di dare un nome e di segnare confini. Nominare i luoghi, attribuire loro un nome preciso, è un'atti-vità di orientamento, crea continuità e separazione. Non solo i toponimi ufficiali sono portatori di identità; i luoghi hanno anche 'soprannomi'che formano una mappa lega:ta alla vita degli abitanti di quel territorio, abitanti che, essi stessi, portano soprannomi, a volte legati alla terra. In un continuo scambio tra uomo e ambiente, <abbracciando una prospettiva prettamente antropologica si puo os-servare che le relazioni che legano I'uomo al proprio ambiente hanno un caratte-re selettivo. Lo spazio è luogo dove si sviluppa un gioco intricato di intecaratte-ressi, scelte, percezioni, valenze simboliche, rinvii, corrispondenze oppure opposizio-ni tra i molteplici fattori che compongono la natura e la cultura, tra I'uomo e la società a cui appartiene> (Sibil7a, 1995, p. 15).

Quando lo spazio viene rappresentato graficamente, I'individuo ne trae nuo-va consapevolezza. La letteratura di psicologia sociale indica che il disegno fa-vorisce alcune funzioni psichiche, dal controllo motorio alla capacità mnemoni-ca, all'attività percettiva. Alcuni parlano addirittura del valore catartico dell'atti-vità grafica: la presa di coscienza porta alla liberazione dai conflitti latenti. Chi disegna inoltre trasmette informazioni di se che non sono altrimenti comunicabi-li, poiché la sfera della conoscenze e quella delle emozioni si sovrappongono. Ai dati percettivi e intellettivi che riguardano I'oggetto si collegano dati emotivi e affettivi. Il disegno diventa così un importante strumento di comunicazione e di conoscenza. Attraverso la produzione grafica non solo si disegna, ma si ridise-gna se stessi e il mondo circostante e ciò consente all'esecutore di dettare le re-gole, decidere I'organizzazione dello spazio, avere il pieno controllo della situa-zione, essere protagonista del proprio spazio vitale. La strutturazione che ogni

I In reaìtà, la creatività dell'uomo e il suo bisogno di disegnare intorno a se spazi familiari trasformano anche i cosiddetti 'non luoghi'in spazi fortemente simbolici: la cabina del te-lefono dove i giovani torinesi de1la buona società ('i cabinotti') si ritrovano diventa un punto di riferimento per gli appartenenti al gnlppo; gli orti che fioriscono lungo le rive del fiume e nelle periferie urbane sono un segno della riappropriazione di spazi liminali; i graffrti che colorano sottopassaggi, muri di cemento armato, vagoni ferroviari sono l'e-spressione del desiderio di co-costruzione della vita collettiva.

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1 0 6 Portatori di cultura e costruttori di memorie

soggetto dà al proprio disegno nasce dall'esigenza di equilibrare il mondo inte-riore con I'ambiente esterno.

Molti sono i metodi e le tecniche per mezzo dei quali è possibile disegnare una mappa dello spazio vissuto. Si puo partire da una base topografica 'reale', con carte topografiche tradizionali o aeree, oppure da un foglio bianco. Sulla carta possono essere inseriti luoghi fisici, elementi naturali e antropici, ma pos-sono anche essere trascritte tradizioni orali, toponimi, proverbi e tutti quegli ele-menti della cultura immateriale che possono raccontare la storia del luogo e che si possono riportare sulla mappa. Il disegno di una mappa individuale impegna il soggetto in un'analisi attenta di cio che lo circonda e richiede abilità manuali e mentali di astrazione e rappresentazione.

Nella realizzazione di una nÌappa comunitaria, il processo di negoziazione dei saperi condivisi rende il processo ancora più lungo e complesso. Già nel 1975 Donata Francescato sottolineava alcuni limiti della mappa come strumento di indagine di realtà complesse come quelle urbane: <per prima cosa, si possono riprodurre su una mappa solo i linearnenti fisici, per es. strade, fiumi, piazze. mentre non si possono registrare i sentimenti di una persona nei confronti del-I'atmosfera culturale, del traffico e di altre componenti non collocabili spazial-mente nel suo schema di cinà. In secondo luogo sappiamo [...] che la correlazio-ne tra risposte riprodotte sulla carta topografica e I'intervista fatta alla stessa persona è, in alcuni casi, piuttosto scarsa, ma che esiste una notevole somiglian-za tra mappe e interviste riassuntive tra i soggetti. Le carte topografiche o mappe tendono a presentare una soglia più elevata: in essi i vari elementi vengono rap-presentati con frequenzamínore di quanto non siano menzionati nelle interviste. Gli elementi che appaiono con le frequenze piu basse nelle interviste tendono a non comparire per nulla nei disegni. Terzo, Lynch scoprì che i disegni tendono a sottolineare percorsi e ad escludere altre parti che sono difficili da disegnare. In-fine [...] risulta che molti individui appartenenti ai ceti inferiori o in età avanza-ta si rifiutino di disegnare mappe (piante della città) anche quando accettano di farsi intervistare)) (Francescato, 197 5, pp. 35-36).

Molte sono le discipline scientifiche che utilizzano le mappe percettive come strumento metodologico, a partire dalla geografia e dalla psicoiogia. Sul concet-to di cognitive mapping grava, però, I'ambiguità tra processo e prodotconcet-to: per mappa cognitiva, infatti, si intendono sia i processi mnemonici e cognitivi appli-cati allo spazio, sia i prodotti di questi processi, come le mappe disegnate. Attra-verso gli stimoli l'uomo e I'ambiente entrano in relazione e l'uorno ricava infor-mazioni utili alla creazione di mappe spaziali che gli servono per I'orientamen-to. L'analisi dei prodotti grafici realizzati per esplicitare questa esperienza e tesa a individuare le caratteristiche ricorrenti nelle mappe e i criteri di selezione ad esse sottesi per poter decodificare gli elementi che compongono la relazione uo-mo-ambiente.

Per analizzare le mappe percettive disegnate da singoli individui, Rob Kit-chin identifica alcune variabili che possono incidere sttlla realizzazione grafica: distanza topografica, struttura complessa dell'ambiente, familiarità con i luoghi. condizione socioeconomica dell'individuo, livello di percezione e di aspettatira

personr sonaliti Dur Applel dai suo elemen corsi, e tra loro P e r di bam am Phi 1987). n o s o l o l e d i t i 1 su una struite una lin, del luo Dalla I c o s ì c o ( i n a l t c zione c propric U n i cato e I città di suddivi chiusa r corsi; lt alcuni 1 mappe senza c E n o n s rano pa raccolta Venezia pita nel minuti, mappa, 2 I l camp coinvoltc città. ven

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ondo inte-disegnare i c a ' r e a l e ' , r n c o . S u l l a : i . m a p o s -quegli ele-uogo e che rnrpegna il manuali e goziazione , o . Già nel ' s t r u m e n t o sl possono n1t. plazze, rtionti del-' i l i spazial- correlazio-a l l correlazio-a s t e s s correlazio-a sorliglian-:le o mappe ' n g o n o r a p -- ' l n t e r v t s t e . " ' t c n d o n o a : tendono a , c g n a r e . I n -.'ia avanza-l c c e t t a n o d i : i t i r e c o m e S u l c o n c e t -trdt'rltOl P€I : r r t r r i a p p l i r a t c . A t t r a -:car a infor- ìl'lL-ntanlen-: g n z a è t e s a . ' i e z i o n e a d . u i o n e u o : . R o b K i t -,nc' graflca. - . : i r l u o g h i . .ìipL'ltati\ i.l I

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Mappe, percezione dello spazio e complessità. Alcune riflessìoni 107 personale, età e genere del soggetto, fattori psicologici (bisogni, emozioni, per-sonalità, sicurezza di sé), modalità soggettive di problem solving.

Durante la sua esperienza di ricerca a Ciudad Guayana in Venezuela, Donald Appleyard mette a punto una classificazione tipologica delle mappe disegnate dai suoi informatori. Esse sono distinte in mappe 'sequenziali', caratferizzate da elementi sequenziali corrispondenti a un tracciato piu o meno completo di per-corsi, e in mappe 'spaziali', costruite a partire da elementi spaziali legati o meno tra loro.

Per analizzare la rappresentazione verbale e grafica di un percorso da parte di bambini, Egle Becchi e Marco Mazzoleni applicano il concetto di Deixis am Phantasma, proposto da Karl Bùhler in linguistica (Becchi e Mazzoleni,

1987). Le mappe vengono così suddivise in categorie: le mappe di tipo F han-no solo I'indicazione del punto di partenza e d'arrivo collegati tra loro. Quel-le di tipo T contengono partenza, arrivo e elementi di percorso, ma allineaîi su una linea orizzontale o sul bordo del foglio. Le mappe di tipo S sono co-struite come una sequenza di elementi e punti di riferimento allineati lungo una linea curva che riproduce il movimento. Le mappe di tipo A sono disegni del luogo in pianta, con veduta dall'alto e elementi di riferimento in evidenza. Dalla F alla A i disegni diventano sempre più complessi. Le mappe disegnate, così come le indicazioni topografiche verbali, si basano su riferimenti deittici (in alto/in basso; destra/sinistra; dietro/avanti) che si riferiscono <alla proie-zione che parlante e ascoltatore fanno del percorso dell'immagine tattile del proprio corpo).

Un altro tipo di classificazione delle mappe è quello proposto da Lucio Mar-cato e Marco Sambin nella loro ricerca sulla percezione della planimetria della città di Yenezia (Marcato e Sambin, 1986). Anche in questo caso le mappe sono suddivise in categorie. Il tipo A raggruppa mappe carctlerizzate dalla forma chiusa e ben delimitata. Le mappe di tipo B contengono solo indicazioni di per-corsi; le mappe di tipo C contengono forme parziali nelle quali sono sviluppati alcuni percorsi, ma senza la costruzione di schemi chiari e margini definiti; le mappe di tipo D contengono solo elementi di riferimento sotto forma di punti senza che questi siano connessi in un insieme coerente; infine, le mappe di tipo E non sono rappresentazioniplanimetriche, ma figgre bidimesionali che raffigu-rano paesaggi e luoghi particolari. Lo studio di Marcato e Sambin è basato sulla raccolta e sull'analisi di cento mappe realizzate da abitanti e da frequentatori di Yenezia2. Lo scopo della ricerca è ricavare dai disegni come la città viene perce-pita nella sua organizzazione spaziale da diverse categorie di persone. Ogni due minuti, agli informatori veniva cambiata la matita con la quale disegnavano la mappa, così da potere controllare la successione delle azioni grafiche. Questa

2 Il campione e stato suddiviso in base a età, tempo di residenza in città, attività svolta e ha coinvolto venti casalinghe, venti pensionati e venti studenti di scuola media residenti in città, venti studenti universitari non residenti e venti turisti in visita alla laguna.

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tecnica ha anche lo scopo di verificare l'ipotesi per la quale i dettagli più signifi-cativi vengono disegnati in minor tempo e con maggiore chiarezza. L'ipotesi è che una forma ben strutturata venga elaborata in modo centripeto. Le mappe di tipo A, considerate le più complete, sono state costruite graficamente con questa modalità, tracciando la forma della mappa nei primi due minutidi tempo. In me-dia, le mappe sono state disegnate in sei minuti. Messe a confronto con le mappe di verifica disegnate da informatori abitanti o frequentatori di Bassano del Grap-pa, quelle di Venezia appaiono più precise e leggibili. Sulle mappe veneziane, i punti di riferimento sono stati segnati nei primi minuti di esecuzione; a seguire vengono individuati i luoghi significativi e infine vengono inseriti gli 'aggiusta-menti di percorso'.

Anche Kevin Lynch, analizzando le immagini mentali dei cittadini di Boston, Jersey City e Los Angeles, fa riferimento alla sequenza in cui vengono disegnate le mappe, distinguendo tra mappe in cui I'immagine si sviluppa a partire da un punto e da linee principali che si ramificano successivamente; mappe in cui I'immagine è costruita a partire dal delineamento di un contorno, riempito poi verso il centro; mappe in cui la costruzione del reticolo dei percorsi è la base per la successiva aggiunta di dettagli; mappe in cui I'impostazione di base è data dalla definizione di zone adiacenti, successivamente connesse e dettagliate al lo-ro interno; infine mappe il cui fulclo-ro è un centlo-ro, un luogo specifico e ben detta-gliato. Lynch descrive in questi termini le mappe disegnate dai suoi informatori: ((per quanto distorta. vi compariva sempre un forte elemento di invarianza topo-logica rispetto alla realtà. Era come se la pianta fosse disegnata su un foglio di gomma inhnitamente flessibile: le direzioni erano curvate, le distanze stirate o compresse, forme ampie erano così alterate rispetto alla loro accurata proiezione in scala da essere a prima vista irriconoscibili. Ma la sequenza era nonnaimente corretta; raramente la pianta veniva stracciata e rimessa insieme in un altro ordi-ne. Questa continuità è indispensabile perché l'immagine raggiunga una qualche validità> (Lynch, 1964,p. 100). Un'ulteriore classificazione proposta dall'urba-nista statunitense suddivide le mappe in statiche (o gerarchiche) e continue. Nel-le mappe statiche Nel-le immagini sono organizzate parfendo dal generale per arriva-re al particolaarriva-re; in quelle continue, l'immagine sembra costruita in modo dina-mico, quasi in sequenza temporale, legata all'esperienza di movimento all'inter-no dello spazio. Chi coall'inter-nosce meall'inter-no la città si basa su un'immagine topografica di essa, chi la conosce più profondamente fa riferimento a elementi particolari del paesaggio. L'abitudine al passaggio, oltre che quella data dal vivere in un luogo, porta ad una maggiore lcchezza di dettagli. La mente, sottolinea Lynch, pare colpita dalla dimensione delle strade, dalla forma delle piazze e attribuisce alle caratteristiche morfologiche valenza simboliche. Lynch sostiene che dove i percorsi principali non possiedono una forte identità, l'intera immagine della città va in crisi, causando negli individui difficoltà di orientamento, sia nella realtà, sia nella memoria.

Susan L. Golbeck, nel suo saggio sulla cognizione spaziale, suddivide le ca-ratteristiche spaziali in due categorie: le caca-ratteristiche strutturali sono di tipo

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Mappe, percezione dello spazio e complessità. Alcune riflessioni 109 sico e sono costituite da elementi oggettivi quali strade, muri, edifici; quelle or-ganizzative riguardano le relazioni spaziali tra i vari elementi che compongono il quadro ambientale (Golbeck, 1985). Giovanna Axia propone un'ulteriore di-stinzione tra le caratteristiche strutturali orizzontali (strade, marciapiedi, strisce pedonali) su cui fisicamente si transita e caratteristiche laterali che segnano i margini delpercorso (Axia, 1986).

Molti elementi possono essere utili per I'orientamento nello spazio; alcuni sono rilevanti per proprie caratteristiche morfologiche, altri sono rilevanti perché investiti di significato dagli individui e dalle collettività. La cono-scenza di uno spazio, I'attribuzione di una funzione e di un nome elevano e l e m e n t i a p p a r e n t e m e n t e i n s i g n i f i c a n t i a l r u o l o di punti di riferimento. Ittelson rileva cinque livelli di reazione al contatto con un nuovo ambiente: l ' i m p r e s s i o n e a f f e t t i v a determina le successive r e l a z i o n i c o n I ' a m b i e n t e . Questo genere di impatto ha conseguenze indelebili e segna lo spazio anche quando la familiarità subentra all'estraneità; la fase di orientamento prevede c h e u n n u o v o a m b i e n t e v e n g a 'i s p e z i o n a t o ' d a l s o g g e t t o c h e c o l l o c a p e r s o n e e oggetti in una propria mappa mentale; attraverso la cafegorizzazione l'indi-v i d u o , c h e d e l'indi-v e o r i e n t a r s i n e l l o s p a z i o , c r e a c a t e g o r i e c o n c e t t u a l i e n t r o l e quali inserisce i dati oggettuali che poi fonde con le proprie aspettative e i propri scopi; l'analisi sistematica delle relazioni interne all'ambiente porta all'identificazione delle sequenze prevedibili di avvenimenti; la manipolazio-ne prevede che I'individuo non sia passivo manipolazio-nell'ambiente, ma lo modifichi a s e c o n d a d e i p r o p r i s c o p i .

Una delle difficoltà legate all'analisi delle mappe percettive, soprattutto di quelle realízzate da singoli individui, sta nel fatto che, come sottolinea Geor-ges Vignaux, non esiste un sistema naturale e universale di lettura dello spa-zio,ma <<una serie di sistemiche traducono le strategie di adattamento e di ap-propriazione specifiche in relazione con le caratteristiche dell'ambiente e I'or-ganizzazìone sociale>> (Vignaux, 1994). Un altro aspetto problematico e rap-presentato dall'emergere, attraverso le mappe, dei valori di cui gli individui sono portatori: <proprio per I'assenza di una teoria sufficientemente condivisa in campo scientifico> - scrive Carlo Tullio-Altan - <e della conseguente loro inspiegabilità, sono confinati nella dimensione degli affetti, delle emozioni, dei sentimenti e relegati per questo in quel generico contenitore di problemi mal posti e insoluti, che viene chiamato l'irrazionale> (Tullio-Altan, 1995, p.

ll). I simboli, su cui si fondano le mappe, e i valori di cui i simboli sono por-tatori sono alla base della vita culturale umana; i simboli, inoltre, sono legati al bisogno di sicurezza insito nell'uomo e che vede nel legame con lo spazio vissuto il luogo privilegiato in cui il bisogno e placato. Attraverso le mappe viene esplicitato il 'pensiero spaziale'che consente, attraverso I'analisi, di co-gliere il processo di creazione simbolica attraverso cui I'uomo costruisce il proprio mondo. Ogni elemento simbolìco può diventare 'boa di salvataggio' a cui ancorarsi per non farsi travolgere dalla complessità, per non perdersi e per non perdere il controllo di sé.

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Figura n. 2 - Sketch Map of Boston, 1955, Kevin Lynch Papers

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