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Valutazione del rischio litogeno in pazienti con iperparatiroidismo primario asintomatico

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

“VALUTAZIONE DEL RISCHIO LITOGENO IN PAZIENTI CON

IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO ASINTOMATICO”

RELATORI

Prof. Claudio Marcocci

Dott.ssa Filomena Cetani

CANDIDATO

Marina Di Giulio

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Alla mia famiglia,

per ogni passo del mio percorso

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~ 2 ~

Sommario

RIASSUNTO ...4

1. INTRODUZIONE ...5

2. IPERPARATIROIDISMO ...8

3. IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO (IP) ...9

3.1. Epidemiologia ...9

3.2. Fisiopatologia ed eziologia ... 10

3.3. Anatomia patologica ... 13

3.4. Segni e sintomi ... 15

3.5. Diagnosi ... 18

4. IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO ASINTOMATICO (IPA): DIAGNOSI, STORIA NATURALE E NUOVE LINEE GUIDA ... 23 4.1. Diagnosi ... 23 4.2. Storia naturale ... 26 4.2.1. Coinvolgimento osseo ... 27 4.2.2. Interessamento renale ... 27 4.3. Gestione clinica ... 30 4.3.1. Terapia chirurgica ... 30 4.3.2. Terapia medica ... 33 4.3.3. Monitoraggio ... 34

5. SCOPI DELLA TESI ... 36

6. MATERIALI E METODI ... 37

6.1. Pazienti ... 37

6.2. Analisi biochimiche e strumentali ... 37

6.3. Analisi statistica ... 41

7. RISULTATI... 42

7.1. Valutazione del rischio litogeno (stone risk profile) ... 42

7.2. Confronti tra gruppi di pazienti in base alla calciuria ... 43

7.3. Stone formers e non stone formers: caratteristiche e differenze... 47

(4)

~ 3 ~

8. DISCUSSIONE ... 53

8.1. Ipercalciuria e stone risk profile: il nuovo criterio chirurgico delle linee guida ... 53

8.2. Fattori di rischio per la nefrolitiasi: stone formers e non stone formers a confronto ... 56

9. CONCLUSIONI ... 60

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~ 4 ~

RIASSUNTO

La nefrolitiasi è una delle complicanze maggiori dell’Iperparatiroidismo Primario. Sebbene la prevalenza dei calcoli renali sia notevolmente ridotta negli ultimi 20 anni, indagini di screening mostrano un’alta prevalenza di ipercalciuria, microlitiasi e riduzione della funzione renale, alla quale è associato un incremento di morbilità e mortalità. Di qui l’importanza di una diagnosi precoce nei soggetti a rischio e l’indicazione delle più recenti linee guida all’intervento di paratiroidectomia nei soggetti con ipercalciuria e parametri biochimici indicativi di rischio litogeno nelle urine, con calcoli renali e riduzione della filtrazione glomerulare.

L’obiettivo primario del nostro studio prospettico è stato quello di determinare il profilo di rischio litogeno nei pazienti con Iperparatiroidismo Primario Asintomatico attraverso una valutazione urinaria completa dal punto di vista biochimico associata alla valutazione ecografica renale. A tal fine abbiamo consecutivamente arruolato 102 pazienti con Iperparatiroidismo Primario Asintomatico e li abbiamo suddivisi in due gruppi in base alla calciuria (considerando come cut-off il valore di 400mg/24h). Abbiamo poi fatto un confronto tra stone formers e non stone formers. Da entrambi i confronti abbiamo ottenuto differenze statisticamente significative tra i gruppi, che hanno confermato il maggior rischio di complicanze renali nei pazienti con ipercalciuria ed aumentato profilo di rischio litogeno, sottolineando l’importanza dei nuovi criteri chirurgici renali inseriti nelle recenti linee guida del 4° International Workshop.

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~ 5 ~

1. INTRODUZIONE

Il controllo ormonale del complesso meccanismo di omeostasi del metabolismo fosfo-calcico si realizza principalmente attraverso la secrezione di paratormone da parte delle cellule principali delle ghiandole paratiroidi. (Fig.1)

Figura 1. A sinistra: 4 ghiandole paratiroidi, situate sulla faccia posteriore della tiroide. A destra: istologia delle paratiroidi. Adattata da: www.Google.com (immagini)

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~ 6 ~

La secrezione di paratormone (84 aa, PM 9000) è inversamente proporzionale alla concentrazione plasmatica del calcio, secondo una curva sigmoidea: la secrezione massima è raggiunta per concentrazioni plasmatiche di calcio inferiori a 7 mg/dl (v.n. 8.2-10.2 mg/dl), mentre diminuisce per aumenti della concentrazione di calcio fino a 11 mg/dl; oltre questo valore si mantiene una secrezione basale di paratormone, che non può essere soppressa da aumenti ulteriori del calcio. Dunque il rilascio del paratormone è finemente regolato dai livelli ematici di calcio ionizzato (libero), il quale agisce attivando le cellule principali delle paratiroidi tramite uno specifico recettore a sette domini transmembrana, denominato recettore del calcio (CaSR), legato a proteina G, che accoppia variazioni della concentrazione del calcio extracellulare, anche modeste, a variazioni della concentrazione del calcio intracellulare, che a sua volta controlla direttamente il rilascio dell’ormone.1,2 (Fig. 2)

(8)

~ 7 ~

Il paratormone ha molteplici bersagli nell’organismo: agisce in maniera diretta sul tessuto osseo e sul rene, e in maniera indiretta sull’intestino, attraverso la mediazione della 1,25(OH)2D. Tutte le azioni dell’ormone si attuano attraverso il legame di questo a un recettore glicoproteico complesso situato sulla membrana delle cellule bersaglio. Il risultato complessivo è un incremento del calcio plasmatico e un decremento del fosfato. In particolare, nell’osso il paratormone attiva gli osteoclasti, con liberazione sia di calcio che di fosfato e idrolisi enzimatica della matrice organica. Nel rene il paratormone aumenta il riassorbimento del calcio nel braccio ascendente dell’ansa di Henle e nei tubuli distali e inibisce il riassorbimento di fosfato a livello del tubulo prossimale; tale effetto fosfaturico permette l’eliminazione del fosfato proveniente dai processi di riassorbimento ossei, indotti sempre dal paratormone. Infine, ancora a livello renale, il paratormone stimola la sintesi di 1-25-(OH)2 colecalciferolo, che rappresenta la forma attiva della vitamina D e aumenta il riassorbimento intestinale di calcio.3 (Fig. 3)

Figura 3: Attività del paratormone sui suoi organi bersaglio. Adattata da: www.Google.com (immagini)

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~ 8 ~

2. IPERPARATIROIDISMO

La secrezione eccessiva e parzialmente incontrollata di PTH viene definita iperparatiroidismo.4 Questo quadro configura una alterazione del metabolismo fosfo-calcico che può essere primaria o secondaria. Nel caso di iperproduzione autonoma di paratormone, dovuta alla alterazione del normale feedback da parte del calcio sierico, si parla di iperparatiroidismo primario (IP).

L’iperparatiroidismo secondario, invece, è legato alla risposta reattiva ad una grave ipocalcemia, instauratasi in genere in corso di insufficienza renale, di deficit di vitamina D, di alterata risposta al paratormone a livello recettoriale: si ha in tal caso un difetto dell’omeostasi minerale che porta ad un aumento compensatorio della funzione e delle dimensioni delle paratiroidi. Talvolta, dopo stimolazione compensatoria prolungata, una ghiandola iperplastica diviene autonoma: questa condizione è definita iperparatiroidismo terziario.5

(10)

~ 9 ~

3. IPERPARATIROIDISMO PRIMARIO (IP)

3.1. Epidemiologia

L’ IP è una condizione caratterizzata da ipercalcemia associata ad una eccessiva o inappropriata secrezione di PTH. Nel 1934 Fuller-Albright descriveva i primi 17 casi di quella che veniva allora definita la malattia di “calcoli, ossa e dolore addominale” (stone, bone and abdominal groan), facendo riferimento ai principali sintomi dell’IP. Da allora la fisionomia di questa malattia è cambiata profondamente e, con l’introduzione del dosaggio routinario della calcemia, è stato possibile eseguire una diagnosi sempre più precoce della malattia, fino ad identificare tutti i casi “asintomatici” di IP. Proprio a causa di questa variazione dell’aspetto clinico dell’IP, l’incidenza della malattia ha subito una drastica impennata negli anni ’70 fino a 50 casi per 100.000 all’anno.6

Nonostante l’aumento dell’incidenza registrato dalla fine degli anni ’70 ad oggi, di recente è stata segnalata in alcuni Paesi una tendenza inversa, probabilmente da attribuire alla maggiore attenzione alla spesa sanitaria, che ha richiesto l’esecuzione più mirata del dosaggio della calcemia, con conseguente riduzione nell’individuazione delle forme asintomatiche della malattia.

L’ attuale prevalenza di IP nella popolazione generale di circa 3-4 casi su 1000, con un aumento a 21 su 1000 nelle donne tra i 55 e i 75 anni. La patologia è, infatti, riscontrata più frequentemente nelle donne, con un rapporto F:M di 3:1. L’età più colpita è quella successiva alla sesta decade di vita, sebbene si riconoscano anche forme giovanili.7,8

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~ 10 ~

L’IP può essere distinto in sporadico e familiare. L’IP sporadico rappresenta il 90% di tutti i casi, mentre nel restante 10% dei casi l’IP si presenta nell’ambito di alcune sindromi familiari, quali la sindrome delle Neoplasie Endocrine Multiple tipo 1, 2A (MEN1, MEN2A) e, recentemente, MEN4 (sindrome autosomica recessiva causata da mutazioni del gene CDKN1B, che si manifesta più comunemente con adenomi paratiroidei ed ipofisari9), la sindrome dell’IP associato al tumore della mandibola (HPT-JT), l’iperparatiroidismo primario familiare isolato (FIHP). Nelle forme familiari l’età di insorgenza è più precoce rispetto alla forma sporadica, con una media di 25-30 anni.10 Attualmente all’interno dell’IP si distingue una nuova entità, definita IP normocalcemico (IPN): per porre la diagnosi di IPN è necessaria la contemporanea presenza di livelli di calcio ionizzato e quantomeno di calcio totale corretto per albumina (attraverso una apposita formula matematica) ripetutamente normali, in presenza di PTH persistentemente elevato, una volta escluse accuratamente tutte le cause di Iperparatiroidismo secondario. La prevalenza di questa nuova entità, secondo un recente studio condotto in un piccolo paese del sud Italia è circa 0,4%.11

3.2. Fisiopatologia ed eziologia

La perdita del controllo omeostatico sulla produzione di paratormone è responsabile di un aumento dell’ attività secretoria da parte delle cellule paratiroidee o di un aumento della loro proliferazione, meccanismi alla base dell’instaurarsi della malattia.

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~ 11 ~

Nonostante i numerosi sforzi della letteratura, l’eziologia dell’ IP non è ancora stata definita con certezza; in alcuni pazienti l’anamnesi è positiva per irradiazioni del collo durante l’infanzia, esposizione ad incidenti nucleari o terapie di lunga durata con sali di litio, ma la maggioranza degli studi si sono concentrati sulla comparsa di mutazioni genetiche che avviano la tumorigenesi paratiroidea.

Alla base dell’iperparatiroidismo primario sporadico c’è, nella maggior parte dei casi (circa 80-85%), un adenoma benigno, mentre un carcinoma paratiroideo si riscontra in meno di un caso su 100. Nel 10-15% la causa è un’iperplasia delle ghiandole paratiroidi. Quest’ultima condizione può essere riscontrata sporadicamente oppure come parte delle manifestazioni di alcune sindromi familiari, quali MEN1 (Multiple Endocrine Neoplasia), MEN2A, HPT-JT (hyperparathyroidism jaw tumor syndrome), FIHP (familial isolated primary hyperparathyroidism), FHH (Familial Hypocalciuric Hypercalcemia) e NSHPT (Severe Neonatal Hyperparathyroidism), nelle quali è più frequente l’interessamento multighiandolare, sincrono o asincrono. (Fig. 4)

(13)

~ 12 ~

Nell’ iperplasia delle paratiroidi, le cellule, aumentate di numero, mantengono la loro normale sensibilità all’azione inibitoria del calcio, pertanto ciascuna di esse produce una normale quantità di paratormone, diversamente da quanto accade nell’adenoma, le cui cellule mostrano una ridotta sensibilità ai livelli sierici di calcio. Che si tratti di iperplasia o di adenoma, l’aumento della secrezione del paratormone è responsabile dell’ipercalcemia.12

Nella maggior parte (70-80%) delle sindromi MEN1 sono state descritte mutazioni inattivanti dell’oncosopressore MEN1, mentre in alcuni dei casi MEN1 negativi, sono state descritte mutazioni di nuovi geni (CDKN1B, AIP). La sindrome MEN2A è legata a mutazioni del gene RET, mentre la sindrome HPT-JT si associa a mutazioni del gene CDC73/HRPT2, codificante per la proteina parafibromina. La FIHP è una condizione geneticamente disomogenea: nel 25% dei casi è dovuta a mutazioni di MEN1, nel 7% dei casi di HRPT2, nel 4% dei casi a mutazioni del gene che codifica per il recettore del calcio (CASR), mentre nella restante percentuale, a mutazioni di geni ancora da chiarire. Recentemente l’IP è stato identificato all’interno della nuova sindrome MEN4, la cui eziopatogenesi è legata a mutazioni del gene CDKN1B, un gene oncosoppressore che codifica per la p27, una proteina regolatrice del ciclo cellulare.

La comprensione dell’eziopatogenesi delle forme familiari, ha contribuito a delineare la patogenesi delle forme sporadiche di IP. L’adenoma sporadico ha un’origine monoclonale: sono stati identificati alcuni geni coinvolti nelle forme sporadiche di IP, quali l’oncogene PRAD1 (20-40%), MEN1 (10-20%) e più raramente CDC73/HRPT2, AIP, CDKN1B.10

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~ 13 ~ 3.3. Anatomia patologica

L'adenoma ha un’origine clonale ed è dovuto ad una mutazione oncogenica di una singola cellula progenitrice. Come sopra descritto, recentemente sono stati identificati alcuni geni che sarebbero capaci di modulare la crescita delle paratiroidi, le cui mutazioni renderebbero capaci le cellule tumorali di una crescita incontrollata.

La sede tipica dell'adenoma è a livello della regione retro-tiroidea, sede eutopica delle ghiandole; in rari casi l’adenoma può essere in sedi ectopica (intra-tiroidea, mediastino superiore, timo e, occasionalmente, spazio retroesofageo, sottomucosa dell'esofago e faringe). Da un punto di vista macroscopico l’adenoma si presenta come una lesione brunastra capsulata e ben circoscritta con all'interno aree di degenerazione cistica ed emorragiche. Il peso varia da 300 mg a diversi grammi. Microscopicamente si presenta composto da cellule paratiroidee principali (adenoma a cellule principali o a cellule chiare), arrangiate con una rete capillare, tipica dei tumori endocrini. Più raramente l’adenoma può essere costituito da cellule ossifile (adenoma a cellule ossifile).13,14

L'adenoma atipico è una condizione rara che, dal punto di vista morfologico, si situa a metà tra l'adenoma benigno ed il carcinoma. Da alcuni studi è emerso che il fenotipo p27(+), bcl2(+), Ki-67(–) e mdm(+) è presente nel 76% degli adenomi tipici e nel 29% degli adenomi atipici, mentre non lo si riscontra nei carcinomi. L’adenoma atipico è costituito da cellule piccole, compatte, uniformi e con nuclei neri, irregolari o multinucleate (cellule atipiche). La diagnosi è data dalla presenza di almeno due tra le seguenti caratteristiche: a) invasione incompleta della capsula, b) bande fibrose, c) crescita trabecolare, d)

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~ 14 ~

attività mitotica >1/10 HPF, e) assenza di segni inequivocabili di invasione vascolare o capsulare. Questi tumori possono avere una localizzazione intratiroidea, che può rendere la diagnosi più difficoltosa, oppure trovarsi adesi alla tiroide o ai tessuti molli circostanti. Dopo escissione chirurgica la prognosi è benigna.

Pertanto, i casi diagnosticati all’istologia come adenomi atipici possono essere differenziati dai carcinomi solo sulla base del follow-up clinico.15

L’iperplasia, con interessamento diffuso delle paratiroidi, si ha in circa 12-15 % dei casi. Essa rappresenta la lesione istologica tipica della MEN1, MEN 2A e dell’iperparatiroidismo familiare isolato. Macroscopicamente tutte le paratiroidi risultano di dimensioni aumentate, anche se non in egual misura; in alcuni casi una ghiandola può essere più ingrandita rispetto alle altre così da simulare un adenoma. Il peso delle 4 paratiroidi iperplastiche può variare da 150 mg a 20 grammi, anche se di solito è di 1-3 grammi. Microscopicamente si rileva una iperplasia delle cellule paratiroidee principali con rare cellule ossifile; vi può essere anche una forma nodulare e pseudoadenomatosa nella quale le cellule principali con rare cellule ossifile sono circoscritte da tessuto prevalentemente stromale.

Il carcinoma, molto raro, è spesso una lesione piuttosto grande (peso medio: 12 grammi), caratterizzata da cellule tumorali separate da bande fibrose, presenza di figure mitotiche, con una caratteristica invasione capsulare e dei vasi sanguigni. Queste caratteristiche istologiche non sono sempre facili da definire, e pertanto la diagnosi differenziale con l’adenoma atipico può essere difficoltosa. L’aumento dell’attività mitotica può essere valutato mediante espressione di una proteina

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~ 15 ~

nucleare detta Ki67. Possono essere di aiuto altre indagini molecolari ed immunoistochimiche. La perdita di espressione della parafibromina rappresenta una caratteristica comune (70-80%), ma non esclusiva, del carcinoma paratiroideo.13,14(Fig. 5)

Figura 5. Istologia delle paratiroidi. a) Adenoma. b) Adenoma atipico. c) Iperplasia. d) Carcinoma. Immagini adattate da www.Google.com (immagini)

3.4. Segni e sintomi

A partire dagli anni ’70 il fenotipo clinico predominante in alcuni Paesi (Stati Uniti ed Europa Occidentale) è stato quello dell’iperparatiroidismo primario asintomatico. Tuttavia, il termine “asintomatico” non è del tutto appropriato, considerate le possibili

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~ 16 ~

manifestazioni aspecifiche della malattia; inoltre, un’attenta valutazione clinico-strumentale può evidenziare quadri di compromissione silente degli organi bersaglio.16

Le caratteristiche specifiche dell’IP asintomatico, sul quale è focalizzato questo lavoro di tesi, verranno discusse nel capitolo ad esso dedicato.

Per iperparatiroidismo sintomatico si intende, invece, il quadro di malattia che presenta segni e sintomi legati all’ipercalcemia (stipsi, anoressia, nausea e vomito, dolore addominale e ileo) e al danno scheletrico e/o renale. Inoltre, aumenti (anche modesti) dei livelli sierici di calcio possono determinare debolezza, affaticabilità e sintomi neuropsichiatrici, quali stato ansioso e disfunzioni cognitive.

Data l’azione catabolica che il paratormone esplica sull’osso, il coinvolgimento scheletrico è presente nella maggior parte dei pazienti con iperparatiroidismo primario sintomatico. Studi morfometrici mostrano un aumentato riassorbimento osseo ed un assottigliamento della corticale, mentre l’architettura dell’osso trabecolare risulta conservata. Caratteristica è la riduzione della densità minerale ossea a livello del terzo distale del radio. È stato documentato un aumentato rischio di fratture da fragilità nei pazienti con iperparatiroidismo primario, sia nelle sedi distali che a livello vertebrale. A differenza di quanto accadeva fino agli anni ’70, attualmente non si riscontra, se non negli stadi avanzati di malattia, il quadro di osteite fibroso-cistica, caratterizzato dal riassorbimento subperiostale delle falangi distali, dall’aspetto radiologico del cranio “sale e pepe”, dalle cisti ossee e da tumori bruni.

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~ 17 ~

Il rene è un altro organo bersaglio dell’ iperparatiroidismo primario, il quale rappresenta la seconda causa più comune di litiasi renale, dopo quella idiopatica. È stata, infatti, segnalata l’associazione tra la litiasi renale da iperparatiroidismo primario ed un polimorfismo specifico del recettore del calcio.

I sintomi neuromuscolari (astenia, affaticabilità, lieve calo del tono dell’umore) sono, nella maggior parte dei casi, sfumati. In molti pazienti affetti da questa malattia sono state riscontrate alterazioni metaboliche (dislipidemia, iperglicemia, insulino-resistenza) e cardiovascolari (ipertensione arteriosa, rigidità delle valvole cardiache e disfunzione endoteliale) che, tuttavia, non possono essere attribuite con certezza all’iperparatiroidismo. Rispetto alla popolazione generale, non è presente un rischio maggiore di sviluppare ulcera peptica o pancreatite.

Nel caso in cui l’IPTP sia causato da un carcinoma, la presentazione clinica della malattia può essere dominata dal quadro di ipercalcemia grave con astenia, affaticabilità, nausea, vomito, poliuria, polidipsia, perdita di peso fino ad anoressia, dolore osseo, fratture, coliche renali dovute alla nefrolitiasi e nefrocalcinosi.4,12

Infine, negli ultimi 10 anni è emersa un’ulteriore presentazione clinica dell’iperparatiroidismo primario: quella normocalcemica. Di questa variante, però, sono ancora pochi i dati riguardanti epidemiologia, evoluzione e trattamento.16

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~ 18 ~ 3.5. Diagnosi

La diagnosi si basa sul riscontro di ipercalcemia associata a valori di PTH elevati o inappropriatamente normali. Poiché l’albumina lega circa il 45% del calcio circolante, è importante eseguire la correzione per l’albuminemia al fine di interpretare correttamente i valori della calcemia; infatti uno stato di ipoalbuminemia, condizione frequente nei soggetti anziani e/o affetti da malattie croniche, determinerebbe una sottostima del valore della calcemia. La formula utilizzata per tale correzione è:

Calcio corretto per l’ albumina= calcemia totale (mg/dL) + 0,8 x [4 albumina sierica (g/dL)]

Un PTH elevato a fronte di una normale calcemia corretta per l’albumina richiede la misurazione del calcio ionizzato, che risulta essere meno attendibile se il pH del campione di sangue viene alterato. Il dosaggio del PTH, con saggi di seconda o terza generazione, permette di distinguere le forme di ipercalcemia “PTH dipendente”, in cui l’ormone è aumentato, dalle forme “PTH indipendente”, in cui i livelli di PTH sono bassi o indosabili.17 (Tabella 1)

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~ 19 ~ IPERCALCEMIA PTH-DIPENDENTE IPERCALCEMIA PTH-INDIPENDENTE -Iperparatiroidismo primario -Secrezione ectopica di PTH -Terapia con litio

-Ipercalcemia ipocalciurica familiare

-Iperparatiroidismo terziario (uremia)

-Associate a tumori maligni:

metastasi osteolitiche,

paraneoplastica

-Vitamina D dipendenti:

intossicazione, produzione ectopica (granulomi, linfomi)

-Endocrinopatie: ipertiroidismo, insufficienza surrenalica

-Aumentato turn-over osseo:

osteite deformante

-Sindrome “latte-alcali” -Insufficienza renale cronica

Tabella 1. Diagnosi differenziale delle forme di ipercalcemia

La diagnosi differenziale dell’ipercalcemia include l’utilizzo di alcuni farmaci quali l’idroclorotiazide ed i sali di litio e l’ipercalcemia ipocalciurica familiare. Per escludere quest’ultima si valuta il rapporto tra la clearance del calcio e quella della creatinina (CaCrCR): valori inferiori a 0.02, associati ad ipercalcemia e livelli di PTH normali o moderatamente elevati, sono suggestivi di ipercalcemia ipocalciurica familiare. Altre condizioni che possono essere associate ad un basso CaCrCR sono l’iperparatiroidismo primario associato ad insufficienza renale e il deficit grave di vitamina D o di calcio.

Il riscontro di elevati livelli di PTH in concomitanza di normali valori di calcemia, vitamina D ed eGFR supportano la diagnosi di

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~ 20 ~

iperparatiroidismo primario normocalcemico, una volta escluso l’iperparatiroidismo secondario.18

Il carcinoma delle paratiroidi è caratterizzato da valori di calcemia superiori di 3-4 mg/dl rispetto al limite superiore della norma (v.n. 10.2 mg/dl), di livelli di paratormone da 3 a 10 volte superiori alla norma (v.n. 15-75 pg/ml) e di fosfatasi alcalina ossea francamente aumentata. La valutazione biochimica dovrebbe includere, inoltre, la misurazione dei livelli di fosfato sierico (generalmente bassi), della 25OH-vitamina D (frequentemente ridotti al di sotto dei normali 30 ng/ml), dei marker di turnover osseo (Fosfatasi Alcalina Ossea ed Osteocalcina, il cui aumento indica severità del coinvolgimento scheletrico) e della calciuria nelle 24 ore (che, se superiore a 400 mg/die, dovrebbe essere accompagnata da un’analisi completa del rischio litogeno), oltre ai test di funzionalità renale.

Nei pazienti giovani con storia familiare di iperparatiroidismo, così come in quelli con malattia multighiandolare o carcinoma delle paratiroidi, può essere opportuno eseguire test genetici per la ricerca delle mutazioni caratteristiche delle sindromi familiari associate ad iperparatiroidismo.

È necessario effettuare un esame di imaging per evidenziare eventuali calcoli renali o nefrocalcinosi, mentre per lo studio del coinvolgimento osseo ci si avvale della DEXA ai distretti vertebrale, femorale e radiale.12

L’ecografia e la scintigrafia costituiscono indagini di primo livello di localizzazione pre-operatoria della lesione paratiroidea, ma non hanno valore diagnostico in quanto la loro negatività non esclude

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~ 21 ~

l’iperparatiroidismo. L’ecografia, eseguita da un operatore esperto, permette di visualizzare gli adenomi paratiroidei come delle strutture ipoecogene rispetto al tessuto tiroideo circostante, di forma rotonda od ovale, ben delimitate e contenenti, talvolta, cisti o calcificazioni. L’ecografia non permette di visualizzare le paratiroidi normali, né gli adenomi localizzati in sede extracervicale; in questi casi si ricorre alla scintigrafia con tecnezio-sestamibi, il quale si localizza nelle cellule degli adenomi paratiroidei ricche di mitocondri, ma anche in altri tessuti, tra cui quello tiroideo. Il wash-out più lento del tessuto paratiroideo permette di distinguere gli adenomi dalla tiroide circostante. Altra possibilità per operare questa distinzione è quella di usare la tecnica di sottrazione con doppio tracciante, uno per la tiroide (99mTc-pertecnetato o 123I) ed uno captato sia dalla tiroide che dalle paratiroidi (99mTc-sestamibi). Il limite della scarsa precisione topografica può essere superato eseguendo l’esame scintigrafico con la tecnica SPECT (Single-proton emission computed tomography), da solo o combinato con una TC a bassa dose. La risonanza magnetica con Gadolinio è utilizzata soltanto in casi particolari, come in corso di gravidanza, per la minor dose di radiazioni rispetto alla tomografia computerizzata.18 (Fig.6)

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~ 22 ~

Figura 6. Tecniche diagnostiche utilizzate nell’inquadramento dei pazienti con iperparatiroidismo primario. a) Aspetto ecografico di un calcolo renale. b) Osteoporosi evidenziata dalla densitometria ossea dei distretti lombare e femorale. c) Adenomi paratiroidei all’ecografia del collo. d) adenoma delle paratiroidi alla scintigrafia. Immagini adattate da www.Google.com (immagini)

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~ 23 ~

4. IPERPARATIROIDISMO

PRIMARIO

ASINTOMATICO (IPA): DIAGNOSI, STORIA

NATURALE E NUOVE LINEE GUIDA

La forma asintomatica dell’iperparatiroidismo primario è di frequente riscontro nella pratica clinica. Si tratta di pazienti in cui mancano segni e sintomi tipicamente associati all’ipercalcemia e all’eccesso di paratormone.

Diversamente dalla forma sintomatica, nella quale c’è indicazione alla paratiroidectomia, in alcuni pazienti asintomatici l’intervento chirurgico può non essere necessario. La chirurgia rimane comunque un’opzione da considerare, rappresentando l’unica terapia definitiva per l’ IPA.19

4.1. Diagnosi

Per la valutazione diagnostica dell’IPA ci si avvale di metodi di dosaggio del paratormone di seconda o terza generazione, che danno risultati più accurati rispetto a quelli di prima generazione. L’accuratezza diagnostica, in termini di sensibilità e specificità, è migliore nei pazienti con normali livelli di vitamina D, essendo quest’ultima un regolatore fisiologico della secrezione del paratormone. I livelli sierici di 25(OH)D dovrebbero essere mantenuti al di sopra dei 20 ng/ml; livelli inferiori sono associati a più alte concentrazioni di paratormone, fosfatasi alcalina e marcatori di turnover osseo, al rilievo di adenomi di maggiori dimensioni e alla riduzione della densità minerale ossea di femore (collo) e radio (terzo distale).

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~ 24 ~

Per la variante normocalcemica la diagnosi di basa sul riscontro, in diverse occasioni nell’arco di 3-6 mesi, di elevati livelli di paratormone associati a valori normali di calcio totale e ionizzato. È, inoltre, importante escludere che l’aumento del paratormone sia secondario ad altri disordini, quali il deficit di vitamina D, le malattie renali croniche, l’ipercalciuria, le sindromi da malassorbimento o l’utilizzo di alcuni farmaci (tiazidi, bisfosfonati, denosumab, litio). I livelli sierici del calcio devono essere monitorati nel tempo, in quanto la forma normocalcemica può evolvere verso quella ipercalcemica.

Nei pazienti con ipercalcemia associata a valori di paratormone alti o ai limiti superiori della norma l’IPA entra in diagnosi differenziale con la ipercalcemia ipocalciurica familiare (IIF). In questi casi la valutazione del paratormone associata a quella della calciuria può non essere dirimente: il 20% dei pazienti con IIF presenta valori elevati di paratormone e nel 20% dei casi la calciuria è soltanto di poco ridotta. In questi soggetti sono indicati test genetici per individuare le mutazioni dei geni CASR (per la IIF1), GNA11 (per la IIF2) e AP2S1 (per la IIF3). Nei pazienti in cui l’ IPA è la diagnosi più probabile, i test genetici sono indicati soltanto qualora vi sia un alto rischio di presenza di mutazioni. In più del 10% dei casi si riscontrano mutazioni in uno tra 11 geni che sono stati individuati come responsabili delle forme sindromiche di IP. (Tabella 2)

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~ 25 ~

SINDROME GENE/PROTEINA

MEN1 Menina

MEN2 e MEN3 RET

MEN4 CDKN1B

IP-JT Parafibromina

IP familiare isolato Menina, parafibromina, CASR, CDKN1A, CDKN2B, CDKN2C

IP neonatale severo CASR

IIF1 CASR

IIF2 GNA11

IIF3 AP2S1

IP non sindromico PTH

Tabella 2. Forme sindromiche di IP e geni associati.

Sia le forme sindromiche che quelle non sindromiche di IP possono manifestarsi come ereditarie o sporadiche. Distinguere i casi sporadici da quelli ereditari può essere difficoltoso per via dell’assenza di una storia familiare chiara o per l’insorgenza di una mutazione de novo, che determina un più alto rischio di sviluppare IP nella prole del paziente. L’esecuzione dei test genetici, dunque, può essere utile per confermare la diagnosi in modo che venga eseguito lo screening per eventuali neoplasie associate e per migliorare l’appropriatezza delle scelte terapeutiche; inoltre permette di individuare, tra i familiari del paziente, i portatori asintomatici della mutazione (che verranno sottoposti a indagini per l’individuazione ed il trattamento precoce di tumori) e quelli che, invece, non sono portatori della mutazione (che potranno, così, essere tranquillizzati).20

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~ 26 ~ 4.2. Storia naturale

I primi dati sulla la storia clinica naturale del IPA sono stati elaborati nel 1999 attraverso un follow-up a lungo termine. Indici biochimici ed ossei di malattia risultavano stabili nella maggior parte dei pazienti con IPA, ma circa il 25% di essi presentava un peggioramento dell’ipercalcemia, dell’ipercalciuria ed una riduzione della massa ossea. Diverso era il quadro clinico dei pazienti sottoposti a paratiroidectomia (PTx), nei quali si otteneva la normalizzazione degli indici biochimici e un miglioramento della massa ossea.21 Sulla base di queste nuove informazioni venivano proposte le indicazioni alla PTx del Workshop del 2002, successivamente aggiornate (come di seguito riportato). Dal 2002 in poi sono stati pubblicati numerosi lavori incentrati sulla valutazione degli indici biochimici e densitometrici dei pazienti con IPA, come quello condotto da Rao et al. nel 2004 22, quelli condotti nel 2007 da Bollerslev et al. 23 e da Ambrogini et al. 24 e lo studio effettuato alla Columbia University a partire dal 1984 e della durata di 15 anni, pubblicato nel 2008 25. Tali studi hanno valutato la progressione o meno di malattia mettendo a confronto i gruppi di pazienti sottoposti a PTx con quelli mantenuti in osservazione.

I risultati di questi studi hanno portato alla stesura delle linee guida del 2008 26. Successivamente, tra il 3° ed il 4° Workshop, non sono stati rilevati nuovi elementi riguardo alla storia naturale della malattia, tranne il riconoscimento della forma normocalcemica.

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~ 27 ~

4.2.1. Coinvolgimento osseo

In pazienti con IPA il rischio di frattura è aumentato sia a livello dell’osso trabecolare che corticale, sebbene l’osso corticale sia quello maggiormente colpito, soprattutto a livello del 3° distale del radio. Viene valutato routinariamente con la DXA, che però fornisce informazioni incomplete sull’osso trabecolare. Per questo motivo sono stati resi disponibili nuovi strumenti: la valutazione della frattura vertebrale (vertebral fracture assessment, VFA) in alternativa a radiografia convenzionale/TC/RMN, lo score trabecolare (trabecular bone score, TBS) e la tomografia computerizzata periferica ad elevata risoluzione (High resolution peripheral quantitative computed tomography, HRpQTC). Il TBS, avvalendosi di un software applicabile ai dispositivi DXA, fornisce una misura diretta della microarchitettura dell’osso e del rischio di frattura. Attraverso HRpQTC si riesce a differenziare osso trabecolare e corticale, nonché ad ottenere una misura volumetrica.19

4.2.2. Interessamento renale

Le cellule renali rappresentano un bersaglio dell’ attività biologica del paratormone, che regola l’escrezione renale di calcio e fosfato. Il parenchima renale, la pelvi renale e l’uretere possono essere sede di formazione di calcoli, dando luogo, rispettivamente, ai quadri di nefrocalcinosi, nefrolitiasi e ureterolitiasi.

Con l’aumento della frequenza della forma asintomatica dell’iperparatiroidismo rispetto alla forma sintomatica, i calcoli renali e

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~ 28 ~

le loro complicanze (infezioni del tratto urinario, idronefrosi, insufficienza renale) sono diventati rari, con un declino della prevalenza dal 40-60% al 10-20% negli ultimi 20 anni. Tuttavia, indagini di screening mostrano un’alta prevalenza di ipercalciuria, microlitiasi e riduzione della funzione renale, alla quale è associato un incremento della morbilità e mortalità. Di qui l’importanza di una diagnosi precoce nei soggetti a rischio e l’indicazione all’intervento di paratiroidectomia nei soggetti con ipercalciuria o paramentri biochimici indicativi di rischio litogeno nelle urine, con calcoli renali e riduzione della filtrazione glomerulare.27

Fisiologicamente il calcio viene assorbito dall’intestino, depositato a livello scheletrico e filtrato dai glomeruli renali, per poi essere in gran parte riassorbito dai tubuli renali. Nell’iperparatiroidismo primario, a causa dell’effetto del paratormone sugli osteoclasti, si ha un maggior riassorbimento di calcio dalle ossa, con conseguente sovraccarico renale. A questo contribuisce l’aumentato assorbimento di calcio a livello enterico, dovuto all’azione attivante del paratormone sull’enzima 1-α-idrossilasi, che a sua volta incrementa i livelli di vitamina D attivata.28

Ne consegue che il principale fattore di rischio per la precipitazione di cristalli nei tubuli renali è l’ipercalciuria, con il probabile contributo di diversi altri fattori: l’aumento dell’ escrezione renale di fosfato, ossalato, potassio, magnesio e sodio, la riduzione della concentrazione di citrato nelle urine e la proteinuria. Pertanto le ultime linee guida suggeriscono di calcolare, attraverso la raccolta delle urine delle 24 ore, il rischio litogeno nei pazienti con iperparatiroidismo primario.

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~ 29 ~

La paratiroidectomia, con conseguente abbassamento dei livelli sierici di calcio, determina una minore ricorrenza di calcoli renali sintomatici, sebbene l’ipercalciuria persista nel 40% dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico. Al contrario, l’ipercalciuria sembra essere ridotta nei pazienti che assumono Cinacalcet, diuretici tiazidici e vitamina D. L’iperparatiroidismo primario è stato riconosciuto come un fattore di rischio per la riduzione della funzione renale, in quanto ad esso sono spesso associati l’età avanzata (il picco di incidenza è, infatti, tra i 50 ed i 70 anni), la deidratazione secondaria alla diuresi osmotica indotta dall’ipercalcemia, calcoli e cisti renali, danno endoteliale e fibrosi conseguenti ai costanti livelli elevati di paratormone, insulino-resistenza, obesità ed ipertensione arteriosa. Indici di danno renale sono l’albuminuria e le anomalie nel sedimento urinario, nella concentrazione di elettroliti e nella struttura renale, valutata attraverso indagini di imaging o attraverso biopsia.

Da ciò deriva l’indicazione a trattare chirurgicamente i pazienti con calcolosi sintomatica e quelli asintomatici con eGFR inferiore a 60mL/min/1,73 m2, per evitare che vi sia un ulteriore declino della funzionalità renale. Nei pazienti asintomatici con normale funzione renale è opportuno eseguire comunque un’accurata valutazione del coinvolgimento renale.

Nei casi in cui non sia possibile intervenire chirurgicamente, la gestione clinica dell’iperparatiroidismo primario prevede anche il trattamento dei concomitanti fattori di rischio per danno renale cronico, quali ipertensione arteriosa, obesità e diabete.27

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~ 30 ~ 4.3. Gestione clinica

Come precedentemente affermato, l’unica terapia curativa per l’IPA è quella chirurgica. I pazienti che non soddisfano i criteri chirurgici contenuti nelle recenti linee guida, quelli che hanno controindicazioni mediche e coloro che non intendono sottoporsi all’intervento possono entrare in programmi di follow-up. Inoltre vanno considerati i diversi approcci farmacologici attualmente disponibili, che hanno come obiettivo il trattamento dell’ipercalcemia o la ridotta massa ossea, ma i cui effettivi benefici necessitano di ulteriori valutazioni.19

4.3.1. Terapia chirurgica

Nel 4° International Workshop sono state definite le nuove raccomandazioni per la chirurgia nell’IPA:

❖ Calcemia al di sopra di 1mg/dl (>0.25 mM/l) rispetto al limite alto del range di normalità

❖ Apparato scheletrico:

A) Densità minerale ossea: T score ≤ -2.5 per le donne peri- o post-menopausa e per gli uomini con età superiore o uguale a 50 anni. Z score ≤ -2.5 per la popolazione di età inferiore ai 50 anni, sia maschile che femminile. Questi valori di cut-off sono riferibili a qualunque sito scheletrico (vertebrale, femorale, radiale)

B) Frattura vertebrale individuata attraverso Rx o VFA, anche in mancanza di documentazione precedente.

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~ 31 ~ ❖ Apparato renale

A) Clearance della creatinina <60 ml/min

B) Ipercalciuria e rischio litogeno aumentato (se è presente un’ipercalciuria (> 400 mg/24h), è opportuno considerare una valutazione urinaria più completa del profilo litogeno) C) Nefrolitiasi o nefrocalcinosi (per la calcolosi renale è raccomendata una valutazione strumentale con ecografia, Rx o TC

❖ Età inferiore ai 50 anni19

Una volta posta l’indicazione alla chirurgia, il paziente dovrebbe essere affidato ad un’equipe chirurgica esperta, che sceglierà il più appropriato tra i vari approcci chirurgici possibili.

L’intervento tradizionale è rappresentato dalla esplorazione cervicale bilaterale in anestesia generale, ma il ricorso alla chirurgia mini-invasiva sta diventando sempre più frequente, grazie al miglioramento delle tecniche di localizzazione pre-operatoria. Tra queste, le più frequentemente utilizzate sono l’ecografia del collo e la SPECT con 99mTc-sestamibi, in quanto raramente sono necessarie indagini invasive nei pazienti asintomatici.

Gli approcci mini-invasivi, eseguiti attraverso piccole incisioni in anestesia locale, sono riservati ai pazienti con un singolo adenoma ben localizzabile e mirano alla sua rimozione con il minor trauma tissutale possibile. A tal fine i chirurghi possono avvalersi di tecniche “open” o endoscopiche (che consentono una buona visualizzazione operatoria nonostante l’incisione ridotta), con i vantaggi di minimizzare il rischio di lesioni nervose, evitare l’anestesia generale e ridurre i costi legati all’intervento. Inoltre, il dosaggio intraoperatorio del paratormone

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~ 32 ~

permette di confermare l’adeguatezza della resezione. In caso contrario, indicativo di possibile persistenza di malattia, si procederà all’esplorazione cervicale e alla resezione del tessuto paratiroideo iper-secernente.

Quando la localizzazione pre-operatoria non è chiara, è necessario ricorrere all’intervento tradizionale, così come in caso di iperplasia multighiandolare indotta da farmaci o di concomitante patologia tiroidea. Inoltre, l’esplorazione cervicale bilaterale è indicata nei pazienti con IP familiare, nei quali sono generalmente coinvolte più ghiandole e, di conseguenza, il rischio di persistenza o recidiva è più elevato. Per questo motivo tutti i pazienti candidati alla paratiroidectomia devono essere sottoposti ad un’accurata valutazione pre-intervento, mirata ad individuare un’eventuale storia familiare di IP e ad eseguire test genetici qualora vi sia il sospetto clinico di ereditarietà. Bisogna, inoltre, tener presente che dal 5 al 10% di casi apparentemente sporadici si rivelano essere familiari.

Per quanto riguarda le complicanze dell’intervento, il tasso di mortalità è inferiore al 4% ed è perlopiù attribuito a patologie concomitanti, soprattutto nei pazienti più anziani. In meno dell’1% dei casi si verifica una lesione del nervo ricorrente. Al contrario, è piuttosto frequente il riscontro di moderata ipocalcemia, trattabile con supplementazione orale di calcio. Quando severa, l’ipocalcemia sintomatica può prolungare i tempi di degenza. I pazienti con fosfatasi alcalina ossea aumentata hanno una maggiore probabilità di sviluppare la cosiddetta sindrome dell’osso affamato, sebbene questa sia infrequente nell’ IPA. Molto rare sono le complicanze legate all’incisione, quali infezioni o ematomi cervicali.29

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~ 33 ~

4.3.2. Terapia medica

La terapia medica è indicata nei pazienti che rientrano nei criteri chirurgici ma che non possono essere sottoposti all’intervento per motivi clinici (comorbilità, controindicazioni, precedente cervicotomia bianca) o per loro volontà.

Poiché i livelli di vitamina D influenzano l’espressione clinica della malattia, in tutti i pazienti non sottoposti a chirurgia si somministra 25(OH)D in quantità modeste fino a raggiungere livelli sierici di almeno 20 ng/ml (50 nmol/L), preferibilmente superiori a 30 ng/ml, poiché è stato dimostrato come sia possibile ottenere un’ulteriore riduzione dei livelli di paratormone mantenendo un livello soglia di vitamina D più elevato.

Non sono attualmente disponibili precise indicazioni dietetiche, ma l’introito di calcio dovrebbe essere pari a quello consigliato per tutti: una sua riduzione potrebbe diminuire l’escrezione urinaria di calcio ed il rischio di litiasi renale, ma potrebbe altresì incrementare ulteriormente i livelli di paratormone.

Nei pazienti con IPA e osteoporosi che non vengono sottoposti a paratiroidectomia è indicato l’uso dei bisfosfonati, tra i quali il più utilizzato è l’alendronato. Questo farmaco determina un aumento della densità minerale ossea (soprattutto a livello della colonna vertebrale e del bacino) ed una riduzione dei marcatori di turn-over osseo, sebbene non induca cambiamenti nei livelli della calcemia, del paratormone e della calciuria. Sugli altri bisfosfonati, quali pamidronato, risedronato, ibandronato ed acido zoledronico, sono attualmente disponibili pochi dati.

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~ 34 ~

Al contrario, sono stati fatti molti studi sul Cinacalcet, un calciomimetico utilizzabile nei pazienti che, avendo livelli di calcemia superiori ad 1 mg/dl rispetto al limite alto dei valori normali, presenterebbero l’indicazione alla paratiroidectomia, ma nei quali l’intervento non è eseguibile. Da tali studi è emersa la capacità del Cinacalcet di ridurre i livelli di paratormone e di stabilizzare la calcemia su valori normali, benché pare che non ci siano effetti sulla densità minerale ossea, se non nei soggetti trattati contemporaneamente con i bisfosfonati. Si tratta, dunque, di un farmaco efficace e sicuro, sebbene siano stati riscontrati in alcuni pazienti effetti indesiderati quali artralgie, mialgie, diarrea, disturbi delle vie aeree superiori e nausea (in ordine decrescente di frequenza).

Nelle donne in post-menopausa può essere utile l’impiego di una terapia sostitutiva estrogenica, che si è dimostrata valida nel migliorare la massa ossea, senza però avere alcun effetto sul paratormone o sulla calcemia. L’appropriatezza dell’utilizzo degli estrogeni va valutata nelle singole pazienti, facendo un rapporto tra i rischi ed i benefici connessi a questo tipo di terapia.30

4.3.3. Monitoraggio

Per i pazienti che rientrano nei criteri chirurgici, ma che non si sottopongono all’intervento (per i motivi precedentemente visti) e quelli che non presentano indicazioni alla paratiroidectomia, le linee guida suggeriscono di eseguire nel tempo un monitoraggio mirato a cogliere tempestivamente l’eventuale peggioramento della malattia. I

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~ 35 ~

controlli prevedono il dosaggio annuale della calcemia, la valutazione ossea ogni 1-2 anni e quella renale annualmente.

Nello specifico, la valutazione scheletrica deve essere eseguita con indagine DXA, con l’eventuale aggiunta di una Rx o VFA della colonna vertebrale per valutare la comparsa di una frattura, nel caso in cui la clinica lo suggerisca (ad esempio in caso di riduzione della statura o di dolore alla colonna).

Per la valutazione renale ci si avvale del eGFR e della creatinina. In caso di sospetta litiasi renale, si aggiunge lo studio del profilo litogeno attraverso la raccolta delle urine delle 24 ore e quello strumentale renale con ecografia, Rx o TC.19

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~ 36 ~

5. SCOPI DELLA TESI

L’obiettivo primario dello studio è stato la determinazione del profilo di rischio litogeno nei pazienti con Iperparatiroidismo Primario Asintomatico attraverso una valutazione urinaria completa dal punto di vista biochimico associata alla valutazione ecografica renale. L’ipotesi alla base di questo obiettivo è che lo studio accurato del profilo renale, della presenza di nefrocalcinosi e nefrolitiasi asintomatiche, consenta di identificare una coorte di pazienti con Iperparatiroidismo Primario a “maggior rischio”, come suggerito dalle recenti linee guida del 4° International Workshop. Associato alla valutazione del profilo di rischio litogeno, poiché le linee guida prevedono che esso venga determinato nei casi in cui la calciuria sia superiore a 400 mg/24 ore, è stato fatto un confronto tra i pazienti con calciuria superiore a questo valore soglia e quelli con calciuria inferiore.

Gli obiettivi secondari sono stati la ricerca di differenze tra stone

formers e non stone formers ed il confronto tra le vecchie e le nuove

linee guida sulle indicazioni chirurgiche nei pazienti affetti da Iperparatiroidismo Primario Asintomatico.

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~ 37 ~

6. MATERIALI E METODI

6.1. Pazienti

Abbiamo condotto uno studio prospettico monocentrico ad un braccio su di una popolazione di pazienti con IPA, identificata nel periodo compreso tra ottobre 2016 e giugno 2017. In questo lasso di tempo sono stati valutati presso l’U.O. di Endocrinologia 2 129 pazienti consecutivi con IP ( 103 donne, 26 uomini). Di questi sono stati esaminati tutti i pazienti asintomatici (102, di cui 81 donne e 21 uomini), considerando come sintomatici coloro che hanno coliche renali e/o fratture da fragilità.

Al momento della diagnosi sono stati raccolti dati anamnestici, antropometrici, biochimici e densitometrici, che sono stati poi utilizzati per le analisi.

6.2. Analisi biochimiche e strumentali

I pazienti sono stati valutati eseguendo, al momento della diagnosi e dell’arruolamento:

❖ Valutazione biochimica metabolismo fosfo-calcico: calcemia, calcemia corretta per albuminemia, fosforemia, magnesemia, calcio ionizzato (Ca++), PTH, 25OH-vitamina D, S-CTX, osteocalcina, B-ALP

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~ 38 ~

❖ Valutazione urinaria: calciuria 24h, creatininuria 24h, Cl Ca/Cl Cr, fosfaturia 24h, ossaluria 24h, urocosuria 24h, citraturia 24h, sodiuria 24h, pH delle urine

❖ Calcolo del rischio litogeno attraverso i parametri (calcio, magnesio, sodio, potassio, ossalato, citrato, fosfato, cloro, acido urico, volume urinario, pH urinario) richiesti da apposito software informatico, che consente di valutare il grado di saturazione urinaria, elaborando un profilo diagnostico di rischio litogeno.

❖ Ecografia renale mirata

❖ Densitometria ossea radiale (1/3 distale), vertebrale (L1-L4) e femorale (totale e collo del femore) con metodica DXA

Il percorso diagnostico del paziente con Iperparatirodismo Primario Asintomatico (la visita, l’esame obiettivo, la raccolta del consenso informato e l’arruolamento, l’interpretazione degli esami biochimici e strumentali) è stato seguito dall’indirizzamento al programma terapeutico secondo routine e secondo i criteri stabiliti dalle linee guida del 4° International Workshop.

I pazienti che presentavano i criteri chirurgici sono stati inviati alla paratiroidectomia, eseguita presso l’ U.O. di Endocrinochirugia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, centro di terzo livello. I pazienti che non presentavano i criteri chirurgici ed i pazienti che, pur presentandoli, non sono stati sottoposti a paratiroidectomia per rifiuto/comorbilità, sono stati inseriti in un programma di osservazione, secondo il quale sono stati o verranno rivalutati dopo 6 mesi e dopo un anno.

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~ 39 ~

I dosaggi ormonali sono stati effettuati c/o il Laboratorio certificato di Endocrinologia con kit standard, da campioni di sangue periferico dei pazienti.

La DXA è stata effettuata con macchinario Hologic per i tre siti vertebrale, femorale e radiale.

L’identificazione pre-chirurgica delle lesioni paratiroidee è stata effettuata con indagine ecografica del collo ed avvalorata o confermata da indagine scintigrafica con tecnezio-sestamibi.

Il calcolo del rischio litogeno è stato effettuato tramite LithoRisk, un software che consente di calcolare il profilo di rischio di calcolosi renale del singolo soggetto e di averne una visualizzazione sotto forma di grafico. Lo sviluppo di questo programma è stato fondato sul modello patogenetico secondo il quale la formazione dei calcoli renali dipende dallo sbilanciamento tra lo stato di saturazione urinaria dei sali litogeni ed il potenziale inibitorio. La rappresentazione grafica riporta, per ciascun parametro di rischio, il riferimento ai valori di normalità ampiamente accettati in letteratura.31 (Fig. 7)

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~ 40 ~

Fig 7. Pannello superiore: schermata di inserimento dei dati nel software Lithorisk. I valori inseriti corrispondono agli effettivi valori medi calcolati nel nostro gruppo di pazienti. Pannello inferiore: rappresentazione grafica del profilo di rischio litogeno.

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~ 41 ~ 6.3. Analisi statistica

Le variabili normali sono state descritte come media ± deviazione standard e quelle non normali come mediana e range interquartile. Il confronto tra le variabili normali continue è stato effettuato con il t-test per campioni indipendenti. È stato utilizzato il test del Chi-quadrato con correzione di Bonferroni per effettuare i confronti tra variabili qualitative.

Sono stati effettuati dei test di potenza per valutare la numerosità campionaria; la potenza relativa ai test delle variabili significative è risultata sempre superiore a 0,8 facendo emergere una sufficiente numerosità dei campioni. Per le analisi è stato utilizzato il software biometrico SPSS Statistics versione 17.0.1, Chicago, Illinois, USA.

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~ 42 ~

7. RISULTATI

Nello studio sono stati presi in analisi i 102 pazienti asintomatici. Di questi abbiamo considerato quelli che presentavano almeno una delle indicazioni renali alla chirurgia, che erano le seguenti:

A) Clearance della creatinina <60 ml/min

B) Calciuria > 400 mg/24h e rischio litogeno aumentato C) Nefrolitiasi o nefrocalcinosi

La clearance della creatinina è risultata essere < 60 ml/min soltanto in 5 (4,9%) pazienti.

La calciuria > 400 mg/24h era presente in 33 (32.3%) soggetti. In questo gruppo di pazienti abbiamo eseguito una valutazione del profilo di rischio litogeno (di seguito illustrata).

Novantasei di 102 pazienti hanno eseguito indagini di imaging mirate allo studio renale. Diciannove (18.3%) di essi presentavano litiasi renale all’ecografia o alla TC. In particolare, al momento della diagnosi, 8 pazienti avevano nefrolitiasi, 1 presentava nefrocalcinosi e 10 avevano microlitiasi.

7.1. Valutazione del rischio litogeno (stone risk profile)

La definizione del cosiddetto “stone risk profile” comprende una serie di caratteristiche urinarie: uricuria aumentata (> 500 mg/24h), magnesiuria ridotta (< 60 mg/24h), ossaluria aumentata (> 0.3

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~ 43 ~

mmol/24h), citraturia ridotta (< 640 mg/24h). A questi si aggiungono gli indici di saturazione aumentati (CaOX > 4, CaHPO4 > 2 e βAU > 1). Nel nostro gruppo di pazienti si rilevavano le seguenti caratteristiche:

- L’ uricuria risultava > 500 mg/24h in 43 (42.1%) pazienti - La magnesuria risultava < 60 mg/24h in 22 (21.6%) pazienti - L’ossaluria era > 0.3 mmol/24h n 42 (41.2%) pazienti

- La citraturia era < 640 mg/24h in 50 (49%) pazienti

Inserendo, dunque, i parametri urinari nel software per il calcolo del rischio litogeno, sono stati estrapolati gli indici di saturazione (operazione che è stata possibile in 78 pazienti). I risultati sono stati i seguenti:

- Il CaOX era > 4 in 64 (62.7%) pazienti - Il CaHPO4 era > 2 in 2 (2%) pazienti - Il βAU era > 1 (1%) in 21 casi

7.2. Confronti tra gruppi di pazienti in base alla calciuria

Poiché le linee guida prevedono che il profilo di rischio litogeno venga valutato nei casi in cui la calciuria sia > a 400 mg/24h, abbiamo misurato gli stessi parametri nel gruppo dei 33 pazienti con calciuria aumentata.

Il parametro più frequentemente alterato era la citraturia, risultata < 640 mg/24h in 18 (54.5%) pazienti. L’uricuria era > 500 mg/24h in 17 (51.5%) casi. Meno frequente era l’ossaluria > 0.3 mmol/24h,

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~ 44 ~

riscontrata in 8 (24.2%) soggetti, mentre la magnesiuria era < 60 mg/24h soltanto in 3 (9%) pazienti.

Nei soggetti con calciuria aumentata è stato utilizzato il LithoRisk, da cui è risultato che 25 pazienti avevano un CaOX > 4, così come il CaHPO4 > 2, mentre soltanto in 8 casi il βAU era > 1.

È stato, quindi, eseguito un confronto tra i pazienti con calciuria > 400 mg/24h e quelli con la calciuria inferiore a questo valore soglia, prendendo in considerazione tutti i parametri che sono stati misurati nel corso della valutazione, sia quelli ematochimici che quelli urinari . Tra i primi, l’unica differenza significativa che è stata trovata è nell’osteocalcina: la media dei valori nei pazienti con calciuria normale è di 32,01 ng/dl (deviazione standard 34,15), mentre nei pazienti con calciuria aumentata il valore medio di osteocalcina è di 49,36 ng/dl (deviazione standard 40,97).

Tra i parametri urinari sono, invece, state trovate svariate differenze significative, riassunte nella tabella alla pagina seguente (ove possibile è stata calcolata la media di due misurazioni):

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~ 45 ~ Calciuria > 400 mg/24h Calciuria < 400 mg/24h Media ± Deviazione std Sign. (a due code) Media ± Deviazione std Sign. (a due code) Calciuria (mg/24h) 528,71 ± 107,88 0,000 247,27 ± 89,22 0,000 Sodiuria (mEq/24h) 163,79 ± 55,53 0,001 126,12 ± 51,07 0,002 Fosfaturia (mg/24h) 909,50 ± 270,48 0,001 709,09 ± 257,75 0,001 Cloruria (mEq/24h) 158,91 ± 61,66 0,001 118,33 ± 51,10 0,003 Magnesiuria (mg/24h) 123,39 ± 48,66 0,000 84,80 ± 32,74 0,000 Ossaluria (mmol/24h) 0,255 ± 0,18 0,036 0,349 ± 0,21 0,028 Clearance Creatinina 125,94 ± 40,27 0,000 98,75 ± 30,17 0,001

Per rendere l’interpretazione della precedente tabella più chiara, si riportano quelli che sono i valori di riferimento, per ciascun parametro, del nostro laboratorio:

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~ 46 ~

Parametro Range di normalità

Calciuria 24h 100 - 321 mg/24h Sodiuria 24h 40 - 220 mEq/24h Fosfaturia 24h 400 - 1300 mg/24h Cloruria 24h 110 - 250 mEq/24h Magnesiuria 24h 60 - 210 mg/24h Ossaluria 24h 0,04 - 0,32 mmol/24h Clearance della creatinina 71 - 151 ml/min

È stato, inoltre, visto che la media dei valori della clearance della creatinina è significativamente maggiore nei pazienti con calciuria > 400 mg/24h rispetto agli altri. Nello specifico, nei primi la media risulta essere di 125,94 (deviazione standard 40,27), nei secondi è di 98,75 (deviazione standard 30,17).

Per quanto riguarda, poi, gli indici di saturazione calcolati attraverso il LithoRisk, soltanto uno di essi si è dimostrato differente in maniera significativa nei due gruppi di pazienti messi a confronto: il CaHPO4. La media dei valori nei pazienti con calciuria > 400 mg/24h è di 5,93 (deviazione standard 6,43) mentre nei pazienti con calciuria < 400 mg/24h equivale a 2,12 (deviazione standard 2,70). Per il CaOx ed il βAU non sono state trovate differenze significative tra i due gruppi. La prevalenza della calciuria > 400 mg/24h non si è dimostrata significativamente differente nei due sessi. I pazienti con calciuria > 400 mg/24h hanno mostrato una maggiore prevalenza di nefrolitiasi rispetto a quelli con calciuria < 400 mg/24h (P = 0,013 ).

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~ 47 ~

Al contrario, la sua associazione con la nefrocalcinosi e la microlitiasi non è risultata statisticamente significativa (P= 0,6 e P = 0,1 rispettivamente) rispetto ai pazienti con calciuria <400 mg/24h.

7.3. Stone formers e non stone formers: caratteristiche e differenze

Sonoconsiderati stone formers quei soggetti che presentano almeno una caratteristica tra:

- Clearance Clearance della creatinina <60 ml/min - Calciuria > 400 mg/24h e stone risk profile - Nefrolitiasi e/o nefrocalcinosi

Confrontandoli con il gruppo dei non stone formers sono emerse alcune differenze statisticamente significative, riportate in tabella:

STONE FORMERS NON STONE

FORMERS Media ± Deviazione std Sign. (a 2 code) Media ± Deviazione std Sign. (a 2 code) CaHPO4 5,54 ± 6,38 0,002 2,22 ± 2,74 0,009 PTH (pg/ml) 97,11 ± 56,29 0,011 67,52 ± 54,04 0,012 Calciuria (mg/24h) 438,79 ± 186,45 0,000 281,43 ± 118,56 0,000 Magnesiuria (mg/24h) 112,61 ± 55,59 0,006 88,92 ± 30,56 0,022 Osteocalcina (ng/ml) 49,98 ± 44,20 0,013 30,87 ± 31,05 0,025

(49)

~ 48 ~

Inoltre è stato visto che gli stone formers tendono ad avere con maggiore frequenza la calcemia superiore di almeno 1 mg/dl rispetto al range di normalità.

Per quanto riguarda gli indici di saturazione urinaria, negli stone formers c’è una prevalenza maggiore di CaOx > 4 e CaHPO4 > 2 rispetto ai non stone formers, mentre non c’è una differenza statisticamente significativa per il βAU.

Tra i due gruppi confrontati non sono state trovate diversificazioni in base all’età, né differenze nei parametri ossei, in termini di densità minerale ossea (BMD) e T-score/Z-score (per soggetti di età, rispettivamente, > 50 e < 50 anni).

7.4. Indicazioni chirurgiche: vecchie e nuove linee guida

Nel corso degli anni le linee guida per la gestione chirurgica dell’ IPA sono state modificate, soprattutto per quanto riguarda le indicazioni renali. (Tabella 3)

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~ 49 ~

Tabella 3. Confronto tra le diverse linee guida per la chirurgia

dell’Iperparatiroidismo Primario Asintomatico (IPA) prodotte nel tempo *

Calcio sierico (sopra il limite superiore della norma) 1-1.6 mg/dl 1 mg/dl 1 mg/dl 1 mg/dl Scheletro - BMD con DXA: Z score <-2.0 (sito non specificato) - BMD con DXA: T score <2.5 ad ogni sito** - BMD con DXA: T score <2.5 ad ogni sito** - Precedenti fratture da fragilità*** - BMD con DXA: T score <2.5 a livello della colonna lombare, del femore (totale o collo) o del terzo distale del radio** - Fratture da fragilità evidenziate tramite RX, TC, RM, VFA Rene - eGFR <30% del normale - Calciuria 24h >400 mg/giorno - eGFR <30% del normale - Calciuria 24h >400 mg/giorno - eGFR <60 cc/min - Calciuria 24h non richiesta - Clearance della creatinina <60 cc/min - Calciuria 24h >400 mg/giorno ed aumentato rischio di litiasi renale**** (profilo biochimico litogeno) - Presenza di nefrolitiasi o nefrocalcinosi con RX, TC, ecografia

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~ 50 ~

* La chirurgia (PTx) è indicata nei pazienti che hanno almeno 1 criterio tra quelli elencati

** Nelle donne in premenopausa e negli uomini con meno di 50 anni è indicato utilizzare lo Z score invece del T score

*** In presenza di una storia di frattura da fragilità si dovrebbe automaticamente considerare il paziente come una candidato alla chirurgica

**** La maggior parte dei medici concorda nel valutare prima la calciuria delle 24 ore. Se elevata [>400 mg/die ( >10 mmol/l] dovrebbe essere valutato il profilo litogeno. Se ci sono dati alterati vi è il criterio chirurgico.

Adattata da Bilezikian et al. JCEM 2014 19

Confrontando le indicazioni chirurgiche renali delle linee guida attuali (2013) con quelle precedenti (2008) abbiamo visto un aumento del numero di pazienti indirizzati alla paratiroidectomia.

Secondo le linee guida del 2008 avrebbero avuto l’indicazione chirurgica renale soltanto 5 pazienti, ovvero quelli con la clearance della creatinina inferiore a 60 ml/min.

A questi 5 sono stati aggiunti, seguendo le più recenti linee guida, quelli che avevano imaging positivo per litiasi renale/nefrocalcinosi e coloro che presentavano calciuria > 400 mg/24h e aumentato stone risk profile. In particolare:

• 8 pazienti con nefrolitiasi • 1 paziente con nefrocalcinosi • 10 pazienti con microlitiasi

• 25 pazienti con aumentato stone risk profile, ovvero: - 3 pazienti avevano la magnesiuria < 60 mg/24h

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~ 51 ~

- 18 presentavano citraturia < 640 mg/24h - In 8 soggetti l’ossaluria era > 0,3 mmol/24h - In 17 l’uricuria era > 500 mg/24h

- 25 pazienti avevano un CaOx > 4 - 25 avevano un CaHPO4 >2

- 8 presentavano un βAU >1

Dei 25 pazienti con stone risk profile aumentato, 5 avevano già sviluppato nefrolitiasi e 4 microlitiasi, mentre in nessuno di essi è stata trovata nefrocalcinosi.

Tenendo conto delle sovrapposizioni tra i vari parametri, è risultato che, secondo le nuove linee guida, 36 pazienti in totale avevano l’indicazione chirurgica renale. Questi 36 soggetti costituiscono il gruppo dei cosiddetti stone formers, che è stato confrontato con il gruppo dei non stone formers (come esposto nel precedente paragrafo). Dei 36 stone formers 26 sono stati sottoposti a paratiroidectomia (PTx). I rimanenti 10 al momento non sono stati operati per svariati motivi [(età troppo giovane (n=1) o troppo avanzata (n=1) , sindromi familiari (n=1) e comorbilità (n=1) o per volontà del paziente di procrastinare l’intervento (n=6)] e sono stati inseriti in un programma di osservazione.

Tra i non stone formers, 34 dei 66 totali sono andati incontro a PTx secondo gli altri criteri chirurgici, invariati tra le linee guida del 2008 e 2014.

Considerando il gruppo complessivo dei 102 pazienti asintomatici, le altre indicazioni chirurgiche riscontrate sono state le seguenti:

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- 26 pazienti avevano una calcemia superiore al range di normalità di almeno 1 mg/dl

- 31 pazienti dei 102 totali avevano un’età < 50 anni [5 avevano una riduzione della massa ossea - con uno Z-score <-2,5 - in almeno uno dei tre siti studiati con la densitometria ossea (colonna vertebrale, femore, radio)] - Il numero dei soggetti con riduzione della massa ossea sale

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~ 53 ~

8. DISCUSSIONE

Il rene è uno dei principali organi bersaglio dell’iperparatiroidismo primario. La calcolosi renale e la nefrocalcinosi sono le complicanze maggiori di questa malattia, sebbene la loro frequenza si sia ridotta dall’ 80% (percentuale indicata nei primi studi) al 7-20% (negli studi più recenti).18 La prevalenza di nefrolitiasi che abbiamo riscontrato nel nostro gruppo di pazienti asintomatici è stata del 18,3%.

La patogenesi della nefrolitiasi è multifattoriale e non è completamente spiegata solo dai livelli della escrezione renale di calcio. D’altra parte, una valutazione completa dei parametri urinari che predispongono alla litiasi renale ed una valutazione strumentale dei reni (ecografia renale, Rx e TC), per determinare se la nefrocalcinosi o la litiasi renale asintomatica è presente o meno, potrebbe identificare un gruppo di pazienti con un rischio più elevato. Sulla base di queste considerazioni, le recenti linee guida hanno inserito una valutazione renale più accurata ed in particolare la valutazione del rischio litogeno nei pazienti con iperparatiroidismo primario asintomatico.

8.1. Ipercalciuria e stone risk profile: il nuovo criterio chirurgico delle linee guida

Le recenti linee guida del 4° International Workshop hanno visto l’introduzione di un’indicazione chirurgica renale non presente nella versione del 2008 (3° International Workshop): calciuria >400 mg/24h ed aumentato rischio di litiasi renale, valutato in base al profilo

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