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Orosio e le monografie sallustiane

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Academic year: 2021

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KOINΩNIA

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Comitatoscientifico:

Franco Amarelli (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Francesco Arcaria (Università degli Studi di Catania) – Bruno Bureau (Université de Lyon 3) – Jean-Michel Carrié (École des Hautes Études en Sciences Sociales, Paris) – Francesco Paolo Casavola (Università degli Studi di Napoli Federico II, Presidente emerito della Corte Costituzionale) – Donato Antonio Centola (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Fabrizio Conca (Università degli Studi di Milano) – Chiara Corbo (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Jean-Pierre Coriat (Université Panthéon-Assas Paris II) – Lellia Cracco Ruggini (Università degli Studi di Torino, Accademia dei Lincei) – Ugo Criscuolo (Università degli Studi di Napoli Federico II, Direttore) – Giovanni Cupaiuolo (Università degli Studi di Messina) – Lucio De Giovanni (Università degli Studi di Napoli Federico II, Presidente dell’Associazione Internazionale di Studi Tardoantichi, Condirettore) – Lietta De Salvo (Università degli Studi di Messina) – Emilio Germino (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) – Andrea Giardina (Scuola Normale Superiore di Pisa, Accademia dei Lincei) – Mario Lamagna (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Renzo Lambertini (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia) – Orazio Licandro (Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro) – Detlef Liebs (Albert-Ludwigs-Universität, Freiburg i. Br.) – Juan Antonio López Férez (Universidad Nacional de Educación a Distancia, Madrid) – Arnaldo Marcone (Università degli Studi Roma Tre) – Giulio Massimilla (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Giuseppina Matino (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Daniela Milo (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Claudio Moreschini (Università degli Studi di Pisa) – Antonio V. Nazzaro (Università degli Studi di Napoli Federico II, Accademia dei Lincei) – Christian Nicolas (Université de Lyon 3) – Lidia Palumbo (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Laurent Pernot (Université de Strasbourg) – Stefano Pittaluga (Università degli Studi di Genova) – Giovanni Polara (Università degli Studi di Napoli Federico II, Condirettore) – Salvatore Puliatti (Università degli Studi di Parma) – Marcello Rotili (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) – Helmut Seng (Goethe Universität, Frankfurt am Main) – A. J. Boudewijn Sirks (University of Oxford) – Marisa Squillante (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Luigi Tartaglia (Università degli Studi di Napoli L’Orientale) – Domenico Vera (Università degli Studi di Parma) – Nigel G. Wilson (University of Oxford).

Comitatoeditoriale: Maria Consiglia Alvino – Maria Vittoria Bramante – Valentina Caruso –

Maria Carmen De Vita – Loredana Di Pinto – Alessio Guasco – Assunta Iovine – Giulia Marconi – Grazia Maria Masselli – Giovanna Daniela Merola – Valerio Minale – Cristiano Minuto – Giuseppe Nardiello – Giuseppina Maria Oliviero Niglio – Francesco Pelliccio – Antonella Prenner – Antonio Stefano Sembiante.

Referee. Prima della pubblicazione, tutti i saggi sono sottoposti a peer review obbligatoria da parte di due referee. Il referaggio è a doppio anonimato. Il giudizio del referee potrà essere a) positivo, b) positivo con indicazione di modifiche, c) negativo. In caso di due referaggi nettamente contrastanti, il testo verrà inviato ad un terzo referee.

Reg. Trib. Napoli n. 2595 del 22 ottobre 1975 - A. Tuccillo, Responsabile ISSN 0393-2230 © 2017 SATURA EDITRICE S.R.L. Via Giacinto Gigante, 204 - 80128 Napoli

tel. 0815788625 sito web: www.saturaeditrice.it

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Orosio e le monografie sallustiane

Nella stesura della sua storia universale, dalle origini agli anni a lui con-temporanei (gli avvenimenti più recenti si riferiscono al 416), Paolo Orosio ha modo di misurarsi con i temi trattati nelle monografie sallustiane, nell’ordine la guerra contro Giugurta e la congiura di Catilina.

Prima di esaminare le relazioni del testo delle Historiae adversus paganos1 con quello di Sallustio, è opportuno considerare come la storia monografica in-teragisse con il programma storiografico di Orosio2 e in che misura fosse da que-sti utilizzata.

Il progetto dello storico cristiano, secondo l’invito ricevuto anche da Ago-stino che egli aveva raggiunto in Africa nel 4153, è quello di reinterpretare tutta la storia passata in una nuova sintesi che si opponesse decisamente alla precedente visione pagana e togliesse ogni fondamento all’idea della infelicità del presente a causa della fede in Cristo4. A tal fine Orosio annuncia i contenuti che, come

ave-1 Per il testo di Orosio seguo l’edizione con commento di Lippold: Orosio, Le storie

con-tro i pagani, vol. I (Libri I-IV); vol. II (Libri V-VII), a cura di A. Lippold, trad. di G. Chiarini,

Fondazione Lorenzo Valla, 1976.

2 Per il progetto orosiano di costruzione di una storia universale, si veda F. Fabbrini,

Pa-olo Orosio. Uno storico, Roma 1979, pp. 293 ss.; in prospettiva più ampia, cfr. B. Luiselli,

«Indi-rizzo universale e indirizzi nazionali nella storiografia latino-cristiana dei secc. V-VIII», in La

storiografia ecclesiastica nella tarda antichità. Atti del convegno tenuto a Erice (3-8 XII 1978),

Messina 1980, pp. 508-533; B. Luiselli, La formazione della cultura europea occidentale, Roma 2003, pp. 172-178.

3 Sulle vicende della composizione delle Historiae e sul praeceptum di Agostino discute ampiamente E. Corsini, Introduzione alle “Storie” di Orosio, Torino 1968, pp. 9-51; allo studio-so si deve anche una attenta valutazione dei rapporti tra Agostino e Orosio e, studio-soprattutto, del raffronto tra il De civitate Dei e le Historiae (pp. 193-215). Per il praeceptum di Agostino, cfr. anche Fabbrini, op. cit., pp. 70-77, e, in particolare, per un più ampio inquadramento, P. Van Nuffelen, Orosius and the Rhetoric of History, Oxford 2012, pp. 31-44.

4 Oros., hist. 1, prol. 9 Praeceperas mihi, uti adversus vaniloquam pravitatem eorum, qui

alieni a civitate Dei ex locorum agrestium compitis et pagis pagani vocantur sive gentiles quia ter-rena sapiunt, qui cum futura non quaerant, praeterita autem aut obliviscantur aut nesciant, prae-sentia tamen tempora veluti malis extra solitum infestatissima ob hoc solum quod creditur Chri-stus et colitur Deus, idola autem minus coluntur, infamant. Orosio contribuisce all’affer-

mazione di una nuova vulgata storiografica, che in chiave cristiana reinterpreta il passato in netta opposizione alla vulgata esistente, cfr. L. Canfora, Totalità e selezione nella storiografia

classica, Bari 1972, pp. 138-142; Van Nuffelen, op. cit., pp. 156-169, efficacemente dimostra

come Orosio costruisca la storia contemporanea come un panegirico di Dio. Importante sulla concezione provvidenziale delle Historiae la citata monografia di Corsini (in particolare pp. 85

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va raccomandato Agostino, egli andrà a ricavare da tutte le storie del passato di cui dispone (hist. 1, prol. 10):

praeceperas ergo, ut ex omnibus qui haberi ad praesens possunt historiarum atque annalium fastis, quaecumque aut bellis gravia aut corrupta morbis aut fame tristia aut terrarum motibus terribilia aut inundationibus aquarum insolita aut eruptionibus ignium metuenda aut ictibus fulminum plagisque grandinum saeva vel etiam parricidiis flagitiisque misera per transacta retro saecula repperissem, or-dinato breviter voluminis textu explicarem5.

Tra i contenuti elencati appartengono alla dimensione politico-morale solo il primo e l’ultimo della serie (bellis gravia ... parricidiis flagitiisque misera), giac-ché gli altri eventi sono catastrofi naturali, che dimostrano l’infelicità del passato.

I criteri cui si ispira questa storia universale sono essenzialmente due: la

brevitas, pertinente ai contenuti e alla stessa forma espressiva, e l’ordine

narrati-vo e compositinarrati-vo, anche nel rispetto della successione cronologica dei fatti

(ordi-nato breviter voluminis textu). La prospettiva del tempo, essenziale alla

costruzio-ne narrativa del testo delle Historiae adversus paganos, è confermata dalla scelta delle parole che Orosio compie per designare le opere storiche alle quali attinge-re: ex omnibus … historiarum atque annalium fastis. A mio avviso non è tanto si-gnificativa la distinzione tra historiae e annales, che se pure ancora percepita rin-via verosimilmente alla spiegazione offerta da Gellio nelle Noctes Atticae (5, 18)6, e sintetizzata efficacemente da Servio nel commento a Aen. 1, 373 (ANNALES

in-ter historiam et annales hoc inin-terest: historia est eorum temporum quae vel vidimus vel videre potuimus, dicta ἀπὸ τοῦ ἱστορεῖν, id est videre; annales vero sunt eorum temporum, quae aetas nostra non novit. Unde Livius ex annalibus et historia con-stat. Haec tamen confunduntur licenter, ut hoc loco pro ‘historia’ inquit ‘annales’),

quanto piuttosto la presenza di fastis, termine che va attentamente valutato e

in-ss.); sul metodo e sui rapporti con la tradizione storiografica latina, utili considerazioni in B. Lacroix, Orose et ses idées, Montréal-Paris 1965, pp. 29-69, e Fabbrini, op. cit., pp. 152 ss. Cfr. anche, su questi temi, S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, II, 2, Roma-Bari 1966, pp. 310-329; M. Cesa, «Le historiae adversus paganos di Orosio nel contesto della storiografia tardoan-tica», in F. E. Consolino (a cura di), Forme letterarie nella produzione latina di IV-V secolo. Con

uno sguardo a Bisanzio, Roma 2003, pp. 19-31.

5 L’importanza programmatica del prologo al primo libro delle Historiae è approfondita da Corsini, op. cit., pp. 53-71.

6 Gell. 5, 18, 1 “Historiam” ab “annalibus” quidam differre eo putant, quod, cum

utrum-que sit rerum gestarum narratio, earum tamen proprie rerum sit “historia”, quibus rebus gerendis interfuerit is, qui narret. È questo il contesto nel quale Gellio sull’argomento cita i due ben noti

frammenti di Sempronio Asellione (fr. 1-2), sui quali si veda ora il commento di T. J. Cornell (ed.), Roman Historians, vol. III Commentary, Oxford University Press 2013, pp. 277-261.

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terpretato nella sua complessa sfera di senso7 e nella sua incidenza semantica contestuale.

Utile punto di partenza può essere senz’altro la definizione di Paolo Festo (p. 87): fastorum libri appellantur, in quibus totius anni fit descriptio. Fasti enim

dies festi sunt; e in questi libri (dall’impostazione calendariale per segnare i giorni

‘fasti’ e ‘nefasti’) sono annotati i nomi dei consoli e talora degli altri magistrati eponimi8. In senso lato fasti viene spesso usato con il valore di ‘cronaca’, ‘memo-rie del passato’9, quasi sinonimo di ‘annali’, come sembra avvenire anche in Oro-sio (hist. 1, prol. 10), dove il termine accostato ad annales ne accentua la dimen-sione di rigorosa sequenza temporale, quasi una storia scandita in forma calen-dariale10. Pur nella vicinanza concettuale alla forma annalistica, è evidente che nel contesto proemiale orosiano fasti condiziona anche l’altra tipologia di opere, le historiae. Lo storico è interessato a una riscrittura di tutti gli avvenimenti del passato, di cui siano stati protagonisti i diversi popoli dell’orbe terrestre, in una prospettiva di totale rifondazione e rinnovamento del tempo, rispondente alla nuova ideologia cristiana.

La brevitas invocata nell’annuncio proemiale, e continuamente richiamata nel corso dell’opera11, è pertanto un criterio di selezione degli argomenti e, in-sieme, una misura narrativa e espressiva, che non implica una forma diversa da quella annalistica, che generalmente non ammette deroghe rispetto all’asse tem-porale.

Pertanto, nelle Historiae adversus paganos, le formule incipitarie di tran- sizione narrativa rilevano, più che il cambio di argomento, il trascorrere degli anni e hanno come punto di riferimento Roma: prima della fondazione (1, 4, 1

Ante annos urbis conditae MCCC; 1, 9, 1 Anno DCCCX ante urbem conditam) o

dopo la fondazione (3, 12, 1 Anno ab urbe condita CCCC), quando spesso sono 7 Cfr. ThlL. VI 325-328.

8 Cfr, Isid., orig. 6, 8, 8 fastorum libri sunt, in quibus reges vel consules scribuntur. 9 Significativi esempi soprattutto in Orazio e in Seneca, cfr. ThlL. VI 328, pp. 57 ss. 10 Occorre valutare, al riguardo, anche l’incidenza delle cronache alle quali Orosio pote-va guardare, cfr. A. Polichetti, Le ‘historiae’ di Orosio e la ‘storiografia ecclesiastica’ occidentale

(311-417 d.C.), Napoli 2000; G. Zecchini, «Latin Historiography: Jerome, Orosius, and the

Western Chronicles», in G. Marasco (ed.), Greek and Roman Historiography in Late Antiquity:

Fourth tho Sixth Century A. D., Leiden 2003, pp. 317-345; Van Nuffelen, op. cit., pp. 103-114.

11 Basti citare, per restare al primo libro, hist. 1, 1, 7; 1, 2, 12; 1, 2, 51; 1, 2, 106; 1, 12, 1-2; 1, 19, 3. Il concetto di brevitas espressiva è ribadito da Orosio alla fine dell’opera, quando nel congedarsi dal lettore riassume i concetti fondamentali su cui ha costruito la sua storia (a partire dall’invito di Agostino): Explicui adiuvante Christo secundum praeceptum tuum,

beatis-sime pater Augustine, ab initio mundi usque in praesentem diem, hoc est per annos quinque milia sescentos decem et octo, cupiditates et punitiones hominum peccatorum, conflictationes saeculi et iudicia Dei quam brevissime et quam simplicissime potui, Christianis tamen temporibus propter praesentem magis Christi gratiam ab illa incredulitatis confusione discretis (hist. 7, 43, 19).

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nominati anche i consoli, come avviene nei fasti (4, 7, 1 Anno ab Urbe condita

CCCCLXXXIII id est Appio Claudio Q. Fabio consulibus; 4, 21, 1 Anno ab Urbe condita DC L. Licinio Lucullo A. Postumio Albino consulibus).

L’accostamento concettuale e contestuale annales/fasti trova un riscontro importante nell’Epistula ad familiares 5, 12 di Cicerone, la famosa lettera a Lucio Lucceio. L’Arpinate ha appreso che l’amico, impegnato in un’opera storica della quale ha appena terminato la composizione della guerra sociale e del conflitto ci-vile tra mariani e sillani, ha intenzione di proseguire la narrazione per giungere anche agli avvenimenti di cui egli stesso è stato protagonista. Chiede, perciò, a Lucceio di anticipare la trattazione degli anni che comprendono il suo consolato, la congiura di Catilina, il ritorno dall’esilio (64-57 a.C.) in un’opera mono- grafica, inserita all’interno della sua storia continua, sull’esempio di Callistene, Timeo e Polibio, che isolarono singoli episodi nelle loro storie generali. Tra le ar-gomentazioni che usa a sostegno della sua richiesta c’è anche quella della scarsa attrazione che esercita la narrazione dei fatti in ordine cronologico, quasi simile alla sequenza dei giorni in un libro di fasti, in un calendario, laddove le comples-se vicende di cui è protagonista un uomo eccezionale conquistano e coinvolgono il lettore (fam. 5, 12, 5):

etenim ordo ipse annalium mediocriter nos retinet quasi enumeratione fasto-rum; at viri saepe excellentis ancipites variique casus habent admirationem, expec-tationem, laetitiam, molestiam, spem, timorem; si vero exitu notabili concluduntur, expletur animus iucundissima lectionis voluptate12.

Orosio non ha le preoccupazioni e gli interessi di Cicerone; al contrario, il suo progetto di storia universale (a questo punto è quasi indifferente la defini-zione di historiae o di annales) si qualifica e si organizza lungo l’asse ordinato del tempo che è proprio dei fasti. Per questo, l’affermazione proemiale di hist. 1,

prol. 10 ordinato breviter voluminis textu explicarem viene in più circostanze

chia-rita e approfondita con un esplicito riferimento all’ordine temporale (ordo) degli avvenimenti. In polemica con gli storici pagani Orosio, sempre nel primo libro, rivendica la maggiore compiutezza della sua narrazione dei fatti, nello stesso or-dine in cui si sono svolti (hist. 1, 3, 6):

12 Cfr. A. J. Woodman, Rhetoric in Cassical Historiography, London-Sydney-Portland 1988, pp. 70-75; R. Nicolai, La storiografia nell’educazione antica, Pisa 1992, pp. 164-176; A. De Vivo, «Le leggi e l’uso della storia nella riflessione di Cicerone», in Paideia 55, 2000, pp. 191-194; Marco Tullio Cicerone, Lettere ai familiari, a cura di A. Cavarzere. Introduzione di E. Narducci. Traduzioni e note di F. Boldrer, V. Cannata, A. Cavarzere, C. Leveghi, G. Prugni, A. Russo, vol. I, Milano 2007, pp. 474-476, n. 103. Dell’importanza della lettera a Lucceio per la riflessione sulla monografia storica e delle sue relazioni con le scelte sallustiane discute L. Can-fora, Storici della rivoluzione romana, Bari 1974, pp. 50-59.

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tantum ut, si qua gentiles historici de nostris aliquo ordine contigerunt, haec plenius cum ceteris ipso quo incurrerint ordine proferantur13.

Il concetto di ordo, un obiettivo e un valore del racconto14, va interpretato in relazione alla totalità degli avvenimenti e dei luoghi di una storia del mondo, che privilegia la continuità del tempo rispetto allo svolgimento del singolo even-to, come si evince da un contesto del terzo libro, laddove da Filippo di Macedo-nia passa alla vicende di Roma (hist. 3, 15, 1):

Sufficerent ista ad exemplum miseriarum insinuata memoriae nostrae gesta per Philippum, etiamsi Alexander ei non successisset in regnum. Cuius bella immo sub cuius bellis mundi mala ordine sequentia suspendo paulisper, ut in hoc loco pro convenientia temporum Romana subiciam15.

Orosio, d’altra parte, è ben consapevole dei rischi che corre nell’adottare i criteri della brevitas e dell’ordo, relativamente alla selezione dei fatti e alla necessi-tà di concentrarli in un racconto sintetico, che voglia disporli nella sequenza temporale in cui si sono svolti nella loro totalità. Nella prefazione del terzo libro egli sottolinea come sia difficile scegliere nella gran quantità degli avvenimenti del passato quelli da mettere in salvo e conciliare l’esigenza di una esposizione breve, che non risulti oscura per il lettore (hist. 3, praef. 3)16:

Sed ego cum utrumque vitandum sciam, utrumque faciam ut quocumque modo alterutra temperentur, si nec multa praetermissa nec multum constricta videantur17.

13 Questi concetti Orosio ribadisce anche successivamente, cfr. hist. 1, 21, 20; 2, 3, 9 (Quae modo a me plenius ab ipso Urbis exordio, revolutis per ordinem historiis, proferentur); 4,

praef. 11 (Quod evidentius ipsis in memoriam revolutis praeteritorum cladibus adprobabo Pyrrhi bello in primis, sicut ordo est, prodito); 5, 2, 8 (Quod clarius promptiusque ipsis veterum gestis per ordinem explicitis aperietur).

14 L’importanza dell’ordo, in chiave retorica, a proposito della narratio è affermata da Cicerone in de or. 2, 239: erit perspicua narratio si ordine temporum conservato narrabitur.

15 Solo a partire da hist. 5, 4, 15 Orosio decide di privilegiare la storia di Roma, che è di-ventata storia universale: At ego non modo nunc, verum etiam saepe intertexere Orientis illa

inextricabilia bella poteram, quae raro umquam nisi sceleribus aut incipiunt aut terminantur; sed Romanorum, cum quibus nobis actio est, tanta sunt, ut iure fastidiantur aliena.

16 Oros., hist. 3, praef. 2-3 Praeterea ex hac ipsa de qua queror abundantia angustia oritur

mihi et concludit me sollicitudo nodosior. Si enim aliqua studio brevitatis omitto, putabuntur aut mihi nunc defuisse aut in illo tunc tempore non fuisse; si vero significare cuncta nec exprimere stu-dens conpendiosa brevitate succingo, obscura faciam et ita apud plerosque erunt dicta, ut nec dicta videantur: maxime cum e contrario nos vim rerum, non imaginem commendare curemus; brevitas autem atque obscuritas, immo ut est semper obscura brevitas, etsi cognoscendi imaginem praefert, aufert tamen intellegendi vigorem.

17 La rilevanza retorica di questo discorso sui pericoli della brevitas è colta da Van Nuffe-len, op. cit., pp. 132-137 (ma è importante sull’incidenza della retorica nelle Historiae tutta la discussione svolta alle pp. 115 ss.).

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Più avanti, nello stesso terzo libro, a proposito delle tante guerre scoppiate in Grecia dopo il 404 a.C. per responsabilità degli Spartani, Orosio deve consta-tare che nell’inseguire quell’intreccio inestricabile di avvenimenti quanto più è stato fedele all’ordine temporale della narrazione, tanto più ha scritto disordina-tamente (hist. 3, 2, 9):

Contexui indigestae historiae inextricabilem cratem atque incertos bellorum orbes huc et illuc lymphatico furore gestorum verbis e vestigio secutus inplicui, quo-niam tanto, ut video, inordinatius scripsi, quanto magis ordinem custodivi.

Eppure egli non riesce a vedere con quale altro criterio di enumerazione, di ordine, di metodo si sarebbe potuto fare meglio, dal momento che quelle popo-lazioni patirono più la confusione delle guerre che le guerre stesse (hist. 3, 2, 10):

Improba dominandi Lacedaemoniorum cupiditas quantis populis, qualibus urbibus, quibus provinciis cuiusmodi odiorum motus, quantas causas certaminum suscitarit, quis vel numero vel ordine vel ratione disponat? Cum ipsi quoque non plus adflicti bellis quam bellorum confusione referantur.

È evidente che Orosio ha operato scelte storiografiche ben meditate per un’opera storica, che nell’àmbito di quella selezione che è propria di ogni rico-struzione del passato e di una sintesi espositiva indispensabile ha l’ambizione di essere una nuova storia totale e universale, che scandisca l’ordine stesso del tem-po (nel binomio fasti/ordo)18. Il punto di vista è profondamente differente dal- l’idea di monografia espressa da Cicerone nell’epistola a Lucceio e, soprattutto, dal progetto sallustiano di storia monografica, che si è realizzato con il Bellum

Catilinae e con il Bellum Iugurthinum. È perciò interessante verificare l’uso che

Orosio ha fatto dei due testi di Sallustio19 per la trattazione di due avvenimenti che conservavano memoria di quei contenuti ricercati dallo storico: guerre

peri-18 Orosio aveva anche un modello come Floro, che scrive una storia di Roma per argo-menti e non in ordine temporale.

19 L’interesse di Orosio per Sallustio è testimoniato anche dall’attenzione che presta a una vicenda biografica dello storico, che, schierato con Cesare, prese parte alle prime opera-zioni della guerra civile (hist. 6, 15, 8): Basilus et Sallustius cum singulis legionibus, quibus

praee-rant, similiter et Antonius, Hortensius quoque ab infimo mari cum classe concurrens, omnesque pariter adversus Octavium et Libonem profecti et victi sunt. Cfr. R. Syme, Sallustio, ed. it. a cura

di E. Pasoli, trad. di S. Galli, Brescia 1968, p. 51; A. La Penna, Sallustio e la “rivoluzione”

roma-na, Milano 1968, p. 476. Il luogo di Orosio è riportato tra le testimonianze antiche relative a

Sallustio da A. Kurfess (ed.), C. Sallusti Crispi Catilina Iugurtha Fragmenta ampliora, Leipzig 1957, p. XXIV. Sulla partecipazione di Sallustio a questa fase della guerra civile tra Cesare e Pompeo non ci sono altri riscontri e ciò induce Lippold, nel suo commento (II, p. 454), a sol-levare dubbi sulla possibilità che quel Sallustius sia lo storico.

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colose, delitti e scelleratezze infami (hist. 1, prol. 10 aut bellis gravia ... vel etiam

parricidiis flagitiisque misera)20.

Ovviamente nella sequenza temporale della storia di Roma incontriamo per prima la guerra che i Romani condussero contro Giugurta, il re della Numidia (111-105 a.C.). Dopo il solito incipit, costituito dalla datazione dell’anno rispetto alla fondazione della città e dall’indicazione dei consoli, Orosio offre la notizia del-la dichiarazione di guerra (hist. 5, 15, 1: Anno ab urbe condita DCXXXV P. Scipione

Nasica et L. Calpurnio Bestia consulibus Iugurthae Numidarum regi bellum consensu populi Romani senatus indixit). Quindi, afferma che si limiterà a sintetizzare

bre-vemente i fatti riguardanti Giugurta, giacchè, per la ricchezza e l’eccellenza degli scrittori che hanno trattato l’argomento, tutti i lettori hanno sufficienti informa-zioni circa la natura mutevole e intollerabile del re numida e delle sue imprese, condotte con l’inganno e insieme con strenuo valore (hist. 5, 15, 2):

Sed ego de Iugurtha ordinis tantum loco et causa commemorationis breviter perstrinxerim, quia ut de natura eius varia atque intolerabili ita et de rebus tam do-lose quam strenue gestis propter opimam scriptorum luculentiam satis sufficiens apud omnes notitia est.

In questa dichiarazione dello storico ricorrono molti dei concetti impor-tanti del suo programma: la necessità di sintetizzare i fatti, la brevitas, e insieme l’esigenza di completezza, che lo induce a rispettare l’ordine della narrazione (l’ordo) e a non trascurare un argomento, in questo caso un personaggio, ben noto grazie alla qualità degli storici che ne hanno parlato. Proprio quest’ultima considerazione colpisce: la figura di Giugurta non è legata solo alla monografia di Sallustio, ma a una pluralità di storici eccellenti, splendidi (luculentia è un so-stantivo raro e forse tardo, dall’aggettivo luculentus). Orosio allude, per quelli che sono i testi a noi tràditi, innanzitutto a Livio, che come leggiamo nelle

Perio-chae trattava della guerra giugurtina in un’ampia parte del libro 62 (perioch. 62,

2; 4-5), nell’intero libro 64, nella parte iniziale del 65 (perioch. 65, 1), nell’intero libro 66; nel libro 67 infine è ricordato il trionfo di Mario, nel quale è trascinato Giugurta con i figli, insieme ai quali sarà poi ucciso (perioch. 67, 4). Se escludia-mo la breve trattazione di Velleio Patercolo (2, 11-12, 1)21, la cui conoscenza da

20 L’uso del termine flagitium è propriamente sallustiano ed è parola chiave nella descri-zione di Catilina, con la quale ritorna al tema della congiura e del suo protagonista dopo aver concluso l’archeologia: B. C. 14, 1 omnium flagitiorum atque facinorum circum se tamquam

sti-patorum catervas habebat; 14, 2 quo flagitium aut facinus redimeret; 14, 3 (qui è da sottolineare

anche il riferimento ai parricidae) praeterea omnes undique parricidae... postremo omnes quos

flagitium ... exagitabat.

21 Cfr. A. De Vivo, «Il Bellum Iugurthinum di Velleio Patercolo», in A. De Vivo - R. Per-relli (a cura di), Il miglior fabbro. Studi offerti a Giovanni Polara, Amsterdam 2014, pp. 95-107.

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parte di Orosio è difficile ipotizzare, possiamo verosimilmente ritenere che egli alludesse, oltre a Sallustio e a Livio, all’Epitome di Floro (1, 36) e al Breviarium di Eutropio (4, 26-27).

Dopo queste premesse, lo storico presenta la sua sintesi della guerra contro Giugurta ed è forse sorprendente, relativamente alle misure solite adottate, l’ampiezza del testo (hist. 5, 15, 3-19):

3. Igitur Iugurtha, Micipsae Numidarum regis adoptivus heresque inter

natu-rales eius filios factus, primum coheredes suos, id est Hiempsalem occidit, Adherba-lem bello victum Africa expulit. 4. Calpurnium deinde consuAdherba-lem adversum se mis-sum pecunia corrupit atque ad turpissimas condiciones pacis adduxit. 5. Praeterea cum Romam ipse venisset, omnibus pecunia aut corruptis aut adtemptatis seditiones dissensionesque permiscuit; quam cum egrederetur infami satis notavit elogio dicens: «o urbem venalem et mature perituram, si emptorem invenerit!». 6. Insequenti an-no A. Postumium, Postumii consulis fratrem, quem is quadraginta milium armato-rum exercitui praefecerat, apud Calamam urbem thesauris regiis conditis inhiantem bello oppressit cuique victo ignominiosissimum foedus exegit. Universam paene Africam a Romanis deficientem regno suo iunxit. 7. Postea tamen Metelli consulis integritate et disciplina coercitus, duobus etiam proeliis victus vidit praesente se et vastari Numidiam suam et non posse defendi: a quo ad deditionem coactus trecen-tos obsides dedit, frumentum atque alios commeatus persoluturum sese spopondit, tria milia amplius perfugarum reddidit. 8. Exim cum incertus in pace improbos non cohiberet excursus, C. Marii consulis non minore paene, quam ipse praeditus erat, astutia Romanisque viribus fractus est, maxime postquam Marius urbem Capsam, ab Hercule Phoenice ut ferunt conditam, regiis tunc thesauris confertissimam dolo circumvenit et cepit. 9. Diffidens deinde propriis rebus et viribus Iugurtha societa-tem cum Boccho Maurorum rege fecit, cuius equitatu in immensum auctus Maria-num exercitum creberrimis incursionibus fatigavit. 10. Postremo apud Cirtam, ur-bem antiquam, Masinissae regiam, adversum Romanos expugnationem eius paran-tes sexaginta milibus equitum instructus occurrit. 11. Numquam ulla Romano mili-ti tumultuosior pugna et terribilior fuit, adeo ut discursu et fremitu circumcursan-tium et impetencircumcursan-tium equitum suscitatus pulvis caelum subtexuerit, diem ademerit noctemque obduxerit, tantus autem telorum nimbus ingruerit, ut nulla pars corporis ab ictu tuta esset, quippe quibus et visus ad prospiciendum impedimento caliginis et expeditio ad cavendum compressione multitudinis deerat. 12. Nec laborabat eques Maurus ac Numida, ut bene conlocatum hostem opportuno teli impetu rimaretur, sed potius in incertum pila mittebant certi quod vulnera incerta non essent. Ita coac-ti in unum Romani pedites densabantur. Intercapedinem tancoac-ti periculi nox interve-niens dedit. 13. Eadem postera die et belli et periculi facies: erumpere in hostem quamvis stricto miles gladio non valebat, eminus enim iaculis repellebatur; fugere non poterant, undique enim velocior ad persequendum eques incluserat. 14. Iam

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tertia dies et nullum undecumque suffragium, dira undique mortis facies obicieba-tur: tandem Marius consul forti desperatione spei viam fecit, universo simul agmine prorupit e vallo campoque sese simul et proelio dedit. 15. Et cum iterum circumfusi hostes non solum agminis extrema laniarent, verum etiam media excussis procul telis caederent turbatosque Romanos insuper etiam aestus solis, intolerantia sitis, mor-tis circumstantia usque ad extremum desperationis defetigaret, subito notum illud Romanorum adversus Afros tempestatum imbriumque suffragium caelo missum in-speratae saluti fuit. 16. Siquidem repentina pluvia sitientibus Romanis et aestuantibus refrigerium potumque praebuit, porro autem Numidis hastilia telorum, quae manu intorquere sine ammentis solent, lubrica ac per hoc inutilia reddidit; 17. scuta etiam, quae elephanti corio extento atque durato habilia et tuta gestabant – cuius ea natura est, ut acceptum imbrem tamquam spongia ebibat ac per hoc intractabile repentino pondere fiat – quia circumferri non poterant, defendere nequiverunt. Ita ex insperato conturbatis destitutisque Mauris ac Numidis Bocchus ac Iugurtha fugerunt. 18. Post hoc nonaginta milia armatorum novissimo bello ab isdem regibus obiecta; haec quo-que usquo-que ad internecionem Romanis vincentibus caesa referuntur. Ex eo Bocchus spem belli abiciens, pacem petivit atque in pretium pacis Iugurtham dolo captum ca-tenisque obrutum per Sullam legatum misit ad Marium. 19. Qui in triumpho ante currum cum duobus filiis suis actus et mox in carcere strangulatus est.

Il racconto di Orosio, che pure era stato introdotto da un’indicazione cro-nologica puntuale (hist. 5, 15, 1), che resterà l’unica di tutta la narrazione degli anni 111-105 a.C. (104 se si considera il trionfo di inizio d’anno di Mario), ri-nuncia alla cadenza annalistica programmaticamente dichiarata, ed è costruito lungo l’asse tematico dell’argomento, in chiave monografica, come già era avve-nuto in due storici come Floro e Eutropio22, laddove Livio manteneva la struttu-ra annalistica e distribuiva secondo l’ordo tempostruttu-rale i fatti della guerstruttu-ra giugurti-na nella esposizione dei relativi anni23.

22 Cfr. Flor. 1, 36, 1-18; Eutr. 4, 26-27, 1-2, 4.

23 In un’altra occasione, esplicitamente, Orosio annuncia di abbandonare l’ordo annali-stico, per seguire la compiutezza del tema: si tratta delle campagne di Cesare nelle province galliche, a lui attribuite per un quinquennio, che è narrato nella sua interezza. Come per il

Bel-lum Iugurthinum di Sallustio, il modello principale della tradizione storiografica (i Commenta-rii de bello Gallico) condiziona la scelta di Orosio, che pure nella scia di una parte della

tradi-zione manoscritta attribuisce i Commentarii a Svetonio (ma su ciò cfr. Fabbrini, op. cit., pp. 101-104): Anno ab Urbe condita DCXCIII C. Caesare et L. Bibulo consulibus lege Vatinia Caesari

tres provinciae cum legionibus septem in quinquennium datae Gallia Transalpina et Cisalpina et Illyricus; Galliam Comatam postea senatus adiecit. Hanc historiam Svetonius Tranquillus plenis-sime explicuit, cuius nos conpetentes portiunculas decerpsimus (hist. 6, 7, 1-2). Rinvio a Lippold

(II, pp. 447-448), che discute della singolare attribuzione del De bello Gallico a Svetonio e se-gnala almeno altri due casi (non il bellum Iugurthinum) nei quali Orosio adotta la struttura monografica.

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Sembra verosimile che l’importanza del modello sallustiano nella diacronia del genere letterario abbia forzato le scelte orosiane e abbia imposto la sua trac-cia, ma non può sfuggire che la costruzione del testo delle Historiae adversus

pa-ganos, pur adeguandosi alla tripartizione storico-narrativa del Bellum Iugurthi-num, rispetti equilibri ben diversi. In Sallustio la prima parte introduce Giugurta

e presenta la situazione africana e la disastrosa condotta della nobiltà romana (capp. 5, 4-40), la seconda sezione vede l’arrivo in Africa di Metello e la svolta che egli imprime alle operazioni di guerra contro Giugurta (capp. 43-83), l’ultima sezione va dal ritorno di Mario in Africa fino alla sconfitta di Giugurta, con il suo alleato Bocco, che, per il tramite di Silla, lo consegna a Mario (capp. 84-114).

Orosio dedica tre paragrafi (5, 15, 3-6) all’archeologia africana, allo scontro con Roma fino alla venuta di Giugurta nell’Urbe e all’umiliazione da lui inferta nelle operazioni africane ad Aulo Postumio Albino; un solo paragrafo (5, 15, 7), introdotto da un generico nesso temporale (postea), alle fasi della guerra condot-te da Mecondot-tello; una condot-terza lunga sezione (5, 15, 8-19), anche questa introdotta dal generico exim, all’ultima parte della guerra, gestita dal console Mario, che vede la sconfitta definitiva di Giugurta e il tradimento di Bocco, che consegna a Silla il principe numida, trasportato a Roma per sfilare nel corteo trionfale di Mario ed essere poi strangolato in carcere. La narrazione è qui dominata dallo scontro che si svolge, in due tempi (5, 15, 10-17; 5, 15, 18), nei pressi di Cirta, a differenza di quanto si legge in Sallustio (B. I. 97-101), che colloca a Cirta solo la battaglia fi-nale. Orosio carica i toni epici, con una exaggeratio che punta sui numeri delle forze in campo: sessantamila cavalieri romani si apprestano ad espugnare Cirta (5, 15,10), novantamila gli uomini schierati da Giugurta e Bocco nella battaglia de-cisiva, uccisi tutti dai Romani (5, 15, 18 Post hoc nonaginta milia armatorum

no-vissimo bello ab isdem regibus obiecta; haec quoque usque ad internecionem Roma-nis vincentibus caesa referuntur)24; e parte dalla affermazione incredibile che mai il soldato romano avesse affrontato una battaglia più tumultuosa e più terribile, al punto che la polvere sollevata dai cavalieri nemici oscurò il giorno e fece calare le 24 In altra occasione, a proposito delle divergenze tra gli storici sul numero dei Macedo-ni morti nella guerra contro Roma, Orosio (hist. 4, 20, 6-9) osserva che le cifre incredibili rife-rite obbediscono unicamente a intenti di propaganda, incuranti di ogni verità, e così conclude:

Ita lucidissime patet, quia simili impudentia mentiendi, qua occisorum hostium numero adiicitur, sociorum quoque amissorum damna minuuntur vel etiam omnino reticentur (hist. 4, 20, 9). È

in-teressante, inoltre, l’affermazione di Orosio, che rinuncia a trattare la durezza degli scontri tra il re dei Daci e gli eserciti di Domiziano, ricordando che Tacito non aveva riferito il numero dei caduti, secondo una consuetudine propria di Sallustio e di altri storici: Nam quanta fuerint

Diurpanei Dacorum regis cum Fusco duce proelia quantaeque Romanorum clades, longo textu evolverem, nisi Cornelius Tacitus, qui hanc historiam diligentissime contexuit, de reticendo inter-fectorum numero et Sallustium Crispum et alios auctores quamplurimos sanxisse et se ipsum idem potissimum elegisse dixisset. Domitianus tamen pravissima elatus iactantia, sub nomine superato-rum hostium de extinctis legionibus triumphavit (hist. 7, 10, 4).

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tenebre (5, 15, 11). Il pathos epico è amplificato anche da un’allusione all’ultima notte di Troia, quando l’esercito romano si trova a essere chiuso senza vie d’uscita: Iam tertia dies et nullum undecumque suffragium, dira undique mortis

fa-cies obiciebatur (5, 15, 14); la descrizione rinvia a Aen. 2, 368-369 Crudelis ubique

/ luctus, ubique pavor et plurima mortis imago, un luogo virgiliano che Orosio ha direttamente citato a hist. 2, 5, 1025. Va anche rilevato, a mio avviso, che la pre-senza di Virgilio segna l’intero contesto, giacché i versi dell’Eneide giungono al culmine di uno dei momenti più drammatici dell’ultima battaglia di Troia, quando un manipolo di giovani troiani si raccoglie intorno ad Enea e sembra riaccendersi a quella speranza, che l’eroe paradossalmente ridimensiona e ali-menta con una delle sententiae virgiliane più famose: Una salus victis nullam

spe-rare salutem (Aen. 2, 354). Anche in Orosio, la situazione si gioca tra

disperazio-ne e speranza, perché è Mario che con la forza della disperaziodisperazio-ne rompe l’assedio e apre una via alla speranza, portando fuori in campo aperto i suoi uomini pron-ti a combattere (hist. 5, 15, 14 tandem Marius consul forpron-ti desperapron-tione spei viam

fecit, universo simul agmine prorupit e vallo campoque sese simul et proelio dedit).

La distanza indiscutibile da Sallustio non impedisce, tuttavia, a Orosio di citare l’apostrofe che Giugurta pronuncia nell’abbandonare Roma in B. I. 35, 10 (‘Urbem venalem et mature perituram, si emptorem invenerit’), in hist. 5, 15, 5 ‘o

urbem … invenerit’26, ma questa apostrofe è entrata anche nella tradizione livia-na, come si legge in Periochae 64, 2 (‘O urbem venalem et cito perituram, si

empto-rem invenerit’)27, con l’occorrenza dell’avverbio cito in luogo del sallustiano

ma-ture28. È importante notare che l’apostrofe di B. I. 35, 10 ricorre anche in Agosti-no (epist. 138, 16 longe antequam Christi Agosti-nomen eluxisset in terris, dictum est: O

urbem venalem, et mature perituram, si emptorem invenerit!), che cita

ampiamen-te dal Bellum Catilinae e dalle Historiae (in particolare i proemi e i discorsi), ma presenta solo due citazioni dal Bellum Iugurthinum, forse di seconda mano29. 25 La reminiscenza virgiliana, non annotata nell’edizione di Orosio di K. Zangemeister in CSEL V 1882, è segnalata da A. Bartalucci, «Lingua e stile in Paolo Orosio», in Studi Classici

e Orientali 25, 1976, p. 252.

26 La citazione di Orosio si apre con l’interiezione o, che compare anche in alcuni testi-moni sallustiani, come il codice Parisinus lat. 16025 (A) di IX secolo, cfr. C. Sallusti Crispi,

Catilina, Iugurtha, Historiarum fragmenta selecta, Appendix Sallustiana, recognovit brevique

adnotatione critica instruxit L. D. Reynolds, Oxonii 1991, p. 85.

27 Floro allude all’apostrofe pronunciata da Giugurta, quando il re numida incatenato rivede la città nel corteo trionfale di Mario: Sed ille quoque, quamvis victus ac vinctus, vidit

ur-bem, quam venalem et quandoque perituram, si habuisset emptorem, frustra cecinerat. Iam, ut venalis fuisset, habuit emptorem; cum illum evaserit, certum erit non esse perituram (1, 36, 18).

28 Cfr. P. Jal (ed.), Abrégés des livres de l’Histoire romaine de Tite Live. Tome XXXIV 1 «Periochae» transmises par les manuscrits (Periochae 1-69), Paris 1984, p. 139.

29 Cfr. L. Canfora, Studi di storia della storiografia romana, Bari 1993, p. 83; il capitolo «Per una storia del “corpus” sallustiano» (pp. 75-96) era già apparso con il titolo «Per una

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sto-Non è azzardato ipotizzare che la biblioteca di Agostino corrispondesse a quella di Orosio, che perciò doveva avere poca dimestichezza con questa monografia.

Ci si chiede perciò quale possa essere la fonte di Orosio per la descrizione della battaglia di Cirta. La maggior parte dei critici propende per la tradizione li-viana, ma al riguardo le Periochae non forniscono alcun indizio. Syme30 ipotizza che in questo caso Orosio dipenda direttamente da Livio o da una sintesi più ampia delle Periochae, e che Livio abbia utilizzato Valerio Anziate, come spesso accade quando riporta poco credibili calcoli numerici.

Resta il fatto che il testo della guerra giugurtina di Orosio risulta fortemen-te disuguale per lo spazio enorme dedicato alla battaglia di Cirta e la dimensione epica ad essa attribuita: un omaggio forse all’Africa di Agostino dove ha compo-sto le sue Hicompo-storiae?

E veniamo ora all’altra monografia sallustiana, il Bellum Catilinae. Orosio ne tratta a proposito dei fatti dell’anno 62 a.C. (hist. 6, 6, 1 Anno ab Urbe condita

DCLXXXVIIII M. Tullio Cicerone et C. Antonius consulibus ...). Dopo aver

espo-sto alcuni avvenimenti di cui fu protagonista Pompeo, giunge alla congiura (hist. 6, 6, 5-6):

5. Interea coniuratio Catilinae adversus patriam per eosdem dies in Urbe habita

et prodita, in Etruria vero civili bello extincta est; Romae conscii coniurationis occisi sunt. 6. Sed hanc historiam agente Cicerone et describente Sallustio satis omnibus notam nunc a nobis breviter fuisse perstrictam sat est.

Il breve testo presenta evidenti affinità linguistiche e concettuali con la trat-tazione della guerra contro Giugurta: a breviter perstrinxerim ... satis sufficiens

apud omnes notitia est di hist. 5, 15, 2 corrisponde satis omnibus notam nunc a nobis breviter perstrictam sat est31 in hist. 6, 6, 6. Se tuttavia per la giugurtina si tratta di un contesto introduttivo, per la catilinaria le stesse parole valgono come conclusione di una più che sintetica informazione, nella quale non si accenna neanche esplicitamente alla morte di Catilina. Non sfugga, d’altra parte, che l’archetipo monografico, comunque operante per Giugurta nel relativamente

ria del canone degli storici: il caso del “corpus” sallustiano», in A. Giardina (a cura di), Società

romana e impero tardoantico, vol. IV: Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura,

Ro-ma-Bari 1986, pp. 3-18; 207-210. Si veda anche M. Cagnetta, «Il Sallustio di Agostino», in

Quaderni di Storia 22, 1985, pp. 151-160.

30 Syme, op. cit., pp. 174-175.

31 Il verbo perstringere nel senso di ‘sintetizzare’, a hist. 5, 15, 2 e 6, 6, 6 ancora più accen-tuato dall’avverbio breviter, ricorre anche a hist. 7, 2, 1 (Principio secundi libelli cum tempora

Romanae conditionis stili tenore perstringerem ...). L’uso del verbo in unione con breviter è

atte-stato, ad esempio, in Cicerone (Verr. 4, 105; Amic. 46; con celeriter in Phil. 2, 47), in Seneca (ben. 7, 14, 1), in Plinio il giovane (pan. 25, 1).

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ampio racconto, non lascia traccia a proposito della congiura, che nel pieno ri-spetto dell’ordo temporale è collocata nell’anno in cui si è svolta insieme agli av-venimenti coevi. La circostanza è marcata palesemente dal fatto che Orosio rife-risce tra gli avvenimenti dell’anno 73 a.C. una delle più orribili nefandezze di Ca-tilina, la relazione sessuale delittuosa con la vestale Fabia, sorellastra di Terenzia moglie di Cicerone: Eodem anno apud Romam Catilina incesti accusatus, quod

cum Fabia virgine Vestali commisisse arguebatur, Catuli gratia fultus evasit (hist. 6,

3, 1). Sallustio ne parla nel Bellum Catilinae per ricostruire i comportamenti criminali del protagonista della congiura fin dall’adolescenza: Iam primum

adu-lescens Catilina multa nefanda stupra fecerat, cum virgine nobili, cum sacerdote Ve-stae, alia huiusce modi contra ius fasque (B. C. 15, 1).

La differenza più importante tra i due contesti è, tuttavia, il riferimento preciso a Sallustio come lo storico che ha raccontato la storia della congiura di Catilina (hist. 6, 6, 6 Sed hanc historiam ... describente Sallustio). E qui la scelta di

historia allude verosimilmente a una storia monografica, al di fuori degli schemi

annalistici, come historia è la trattazione, nel capitolo immediatamente succes- sivo, delle campagne di Cesare in Gallia, i Commentarii, erroneamente attribuiti a Svetonio (hist. 6, 7, 2 Hanc historiam Svetonius Tranquillus plenissime explicuit). A proposito della guerra giugurtina Orosio ha parlato genericamente di ricchez-za e qualità degli scrittori che hanno trattato il tema (hist. 5, 15, 2 propter

opi-mam scriptorum luculentiam), gli stessi scrittori a lui noti che con Sallustio hanno

anche raccontato la congiura di Catilina (Livio, Floro, Eutropio)32, ma la storia della congiura è per tutti definitivamente legata alla monografia sallustiana, uni-co archetipo della memoria uni-collettiva. E uni-così in un progetto di storia universale, condizionato dall’esigenza di brevità al fine di salvare la totalità dei fatti degni di essere tramandati, Orosio può fare riferimento a quel testo limitandosi a poche informazioni essenziali.

Una strategia narrativa così congegnata ha, a ben considerare, due soli im-portanti precedenti nel primo libro delle Historiae. A proposito della guerra di Troia (hist. 1, 17, 1-2), Orosio ricorda che ne ha trattato il famoso poeta Omero nel suo splendido poema (l’Iliade) e, perciò, non è suo compito descrivere per

ordinem avvenimenti troppo lunghi per la sua opera e a tutti ben noti:

At vero ante Urbem conditam CCCCXXX anno raptus Helenae, coniuratio Graecorum et concursus mille navium, dehinc decennis obsidio ac postremo famo-sum Troiae excidium praedicatur. In quo bello per decem annos cruentissime gesto quas nationes quantosque populos idem turbo involverit atque adflixerit, Homerus poeta in primis clarus luculentissimo carmine palam fecit, nec per ordinem nunc re-texere nostrum est, quia et operi longum et omnibus notum videtur.

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Ancora più interessante è quanto Orosio dichiara a proposito delle vicende di cui fu protagonista Enea, dopo che profugo da Troia giunge in Italia (hist. 1, 18, 1):

Paucis praeterea annis intervenientibus, Aeneae Troia profugi adventus in Ita-liam quae arma commoverit, qualia per triennium bella exciverit, quantos populos inplicuerit odio excidioque adflixerit, ludi litterarii disciplina nostrae quoque me-moriae inustum est.

Questi avvenimenti sono impressi in modo indelebile33 nella memoria di tutti perché li hanno appresi a scuola, grazie all’insegnamento dell’Eneide, il cui proemio Orosio allusivamente richiama (Aen. 1, 1-5 Arma virumque cano, Troiae

qui primus ab oris / Italiam fato profugus Lavinaque venit / litora, multum ille et terris iactatus et alto / vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram, / multa quo-que et bello passus ...).

Orosio ha compiuto una scelta precisa, ha solo brevemente accennato ai fatti narrati nell’Eneide, nella certezza che quel testo è a tutti noto, giacché Virgi-lio è un autore dell’insegnamento scolastico34. Questa stessa certezza può averla solo per Sallustio, lo storico che rientra nel canone degli autori latini classici stu-diati a scuola nella tarda antichità, come testimonia la quadriga degli Exempla di Arusiano Messio (GLK VII 449 ss.), costituita da Virgilio, Sallustio, Terenzio e Cicerone35. E il corpus sallustiano, che circolava tra IV e V secolo, privilegiava – come già rilevato – Historiae e Bellum Catilinae, peraltro in un continuum

tem-33 Orosio usa in senso metaforico il verbo inuro (inustum est), che significa propriamen-te ‘imprimere a fuoco’, ‘marchiare’, con una immagine che ricorre soprattutto in Cicerone, cfr., ad es., dom. 92 inustum nefariis mentibus bonorum odium.

34 Corsini, op. cit., p. 197, ritiene che Orosio dipende manifestamente da Agostino, civ. 1, 3, che a proposito di Virgilio ricorda: apud Vergilium, quem propterea parvuli legunt, ut

vide-licet poeta magnus omniumque praeclarissimus atque optimus teneris ebibitus animis non facile oblivione possit aboleri. Al riguardo si veda anche il commento di Lippold (I, pp. 387-388).

35 Nicolai, op. cit., p. 336, oltre a richiamare gli Exempla elocutionum ex Vergilio Sallustio

Terentio Cicerone digesta per litteras di Arusiano Messio, ricorda anche la tetrade di storici

ro-mani (Livio, Sallustio, Tacito e Pompeo Trogo) che in hist. aug. 26, 2, sono considerati

histori-cae eloquentiae ... auctores; degli storici inseriti nel canone delle scuole di retorica discute anche

P. I. Schmidt, «Zu den Epochen der spätantiken lateinischen Historiographie» in Philologus 132, 1988, pp. 86-100. Sempre utile per l’insegnamento nelle scuole romane H.-I. Marrou,

Storia dell’educazione nell’antichità, trad. it., Roma 1978 (ed. or. 1950), pp. 367-368, e al

ri-guardo si veda anche Fabbrini, op. cit., pp. 94-96. La diffusione di Sallustio è attestata, d’altra parte, anche dalla circostanza che il numero di papiri superstiti dello storico è inferiore solo a quello di Virgilio e di Cicerone (cfr. Centro di Studi Papirologici dell’Università del Salento,

Corpus dei papiri storici greci e latini. Parte B, Storici latini, 1. Autori noti, vol. 2 Caius Sallu-stius Crispus, a cura di R. Funari, Pisa-Roma 2008).

(17)

porale secondo la testimonianza di Ausonio nel programma di letture indirizzato al nipote (Liber protrepticus ad nepotem Ausonium, vv. 61-65)36.

Un’ultima osservazione, a proposito dell’inizio del sesto libro delle

Histo-riae adversus paganos, che comprende la breve sintesi della congiura di Catilina.

Orosio apre il libro con la considerazione che gli uomini, aspirando alla saggez-za, comprendono che al godimento del corpo si debba preferire l’aspetto razio-nale della mente, la cui guida li conduce alla conoscenza di Dio (hist. 6, 1, 1):

Omnes homines cuiuslibet vel sectae vel vitae vel patriae ita semper ad pro-spectum prudentiae naturali bono eriguntur, ut oblectamento corporis rationale mentis etsi non actu praeferant, iudicio tamen praeferendum sciant. Quae mens, ra-tione duce inlustrata, in medio virtutum, quibus genuino favore, quamvis vitiis in-clinetur, adsurgit, scientiam Dei quasi arcem prospicit.

La contrapposizione nell’uomo tra corpo e mente razionale, corpus e

animus, apre il Bellum Catilinae (1, 1-2):

Omnis homines, qui sese student praestare ceteris animalibus, summa ope niti decet, ne vitam silentio transeant veluti pecora, quae natura prona atque ventri oboedientia finxit. Sed nostra omnis vis in animo et corpore sita est: animi imperio, corporis servitio magis utimur; alterum nobis cum dis, alterum cum beluis commu-ne est37.

L’animo razionale è ciò che accomuna, per Sallustio, gli uomini agli dèi, e per Orosio li conduce alla conoscenza di Dio: Omnes homines, le parole incipita-rie del sesto libro delle Historiae, in un contesto concettualmente affine, riprodu-cono quelle della monografia di Sallustio. È questo l’omaggio, che nelle forme dell’allusione Orosio ha voluto tributare allo storico esemplare del genere, la cui conoscenza condivideva con i suoi lettori.

ABSTRACT. Historiae adversus paganos, written by Orosius, are a universal

hi-story which is about the bellum Iugurthinum (5, 15, 1-19) and the bellum

Catili-36 Cfr. Canfora, Studi di storia della storiografia romana, cit., pp. 81 ss., che discute anche dei problemi testuali ed esegetici dei versi di Ausonio.

37 Van Nuffelen, op. cit., p. 42, ricorda che il contrasto tra animus e corpus è centrale an-che nei capitoli iniziali (1-2) del Bellum Iugurthinum. Vorrei qui osservare an-che per questo con-trasto Sallustio, che non fa uso frequente della metafora (cfr. La Penna, op. cit., pp. 366 ss.), usa una metafora tratta dalla conflittualità dei rapporti fra padroni e schiavi in B. C. 1, 2 animi

imperio, corporis servitio magis utimur, un’altra derivata dal mondo della guerra in B. I. 1, 3 dux atque imperator vitae mortalium animus est. Un’immagine analoga ricorre in Orosio 6, 1, 1 Quae mens, ratione duce inlustrata. .., e potrebbe trattarsi di un’allusione sallustiana.

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nae (6, 6, 5-6). The two episodes of the Historiae have clear relationships with the

Sallust’s monographs, but the bellum Iugurthinum is dependent also on Livian historiography and the bellum Catilinae is a brief summary, because Sallustian monograph was a well known text of the school education.

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