UNIVERSITA’ DI PISA
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e
Chirurgia
Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia
TITOLO DELLA TESI
L’ecoendoscopia nella diagnosi delle lesioni cistiche del pancreas:
esperienza di un centro di riferimento
Relatore
Chiar.mo Prof Santino Marchi
Correlatore Candidato
Dr Mario Marini Giulia Fiorilli
INDICE PAG
Introduzione 3
Il pancreas: cenni di anatomia e fisiologia 5
Ecoendoscopia: razionale d’uso 6
Approccio clinico alle lesioni cistiche pancreatiche 7
Tipologie di lesioni cistiche pancreatiche: le lesioni neoplastiche - cistoadenoma sieroso 11
- cistoadenoma mucinoso 14
- IPMN 16
le lesioni non neoplastiche Pseudocisti 19
Ruolo dell’imaging 23
EUS e lesioni cistiche pancreatiche 24
- EUS-FNA 24
- Ruolo della biochimica e dei marker 26
- Il ruolo di “string sign” 29
Consensus guidelines: il management delle LCP 30
Studio clinico Introduzione 33 Materiali e metodi 33 Risultati 35 Discussione 41 Conclusioni 45 Bibliografia 46
INTRODUZIONE
Le lesioni cistiche pancreatiche (LCP) sono sempre più frequentemente diagnosticate con le metodiche di Imaging, grazie al progressivo miglioramento della tecnologia e al crescente uso delle stesse. E’ stato stimato che dall’1 al 19% delle indagini radiologiche eseguite per altre ragioni determinino una diagnosi incidentale di lesione cistica pancreatica.
Il percorso diagnostico delle LCP è spesso difficoltoso, in quanto tali lesioni coprono un ampio spettro di comportamento che va da forme francamente benigne fino a lesioni maligne e dotate di potenzialità metastatiche.
Le lesioni cistiche del pancreas vengono suddivise in forme neoplastiche e non neoplastiche: di quest’ultime le pseudocisti rappresentano da sole l’80%. Tra le forme neoplastiche, bisogna distinguere le lesioni mucinose da quelle non mucinose: questa è la prima grande differenziazione che diventa importante ai fini del trattamento e del successivo follow-up. Nello specifico, le forme mucinose comprendenti il cistoadenoma mucinoso e gli IPMN sono le forme a potenziale maligno, e necessitano pertanto di follow-up ravvicinati e talvolta di una chirurgia precoce. Le forme non mucinose, comprendenti essenzialmente i cistoadenomi sierosi, presentano al contrario un rischio di evoluzione maligna molto basso necessitando quindi nella maggior parte dei casi di regolare follow-up.
Le metodiche di Imaging tradizionale (US, TC e RM) non presentano la sufficiente specificità e sensibilità per valutare il rischio di evoluzione maligna della lesione.
Negli ultimi anni l’ecoendoscopia (EUS, Endoscopic UltraSonography) ha iniziato a giocare un ruolo fondamentale nella diagnosi differenziale delle lesioni cistiche pancreatiche, non solo fornendo informazioni relative alle caratteristiche morfologiche della lesione, ma offrendo anche la possibilità di eseguire agoaspirato (FNA, Fine Needle Aspiration) per esame citologico.
EUS ha mostrato da sola di avere una sensibilità del 71% e una specificità del 30% nell’identificare lesioni cistiche che necessitano di resezione chirurgica. Tale percentuale sale rispettivamente al 97% e al 100% combinando EUS con FNA. FNA permette infatti di prelevare liquido cistico pancreatico per analisi di marcatori tumorali (CEA), enzimi pancreatici (amilasi) ed esame citologico. CEA nello specifico è il marker utilizzato per la differenziazione delle forme mucinose da quelle non mucinose.
Scopo del nostro studio è quello di analizzare in maniera retrospettiva la casistica relativa al biennio 2015-2016 dei pazienti afferenti all’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia operativa delle Scotte di Siena, sottoposti ad esame ecoendoscopico in seguito a riscontro di lesione cistica pancreatica.
IL PANCREAS: CENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA
Il pancreas (dal greco πάγκρεας, pànkreas, composto di παν-, pan-, «tutto» e κρέας, krèas, «carne») è una grossa ghiandola retroperitoneale di forma allungata, accolta nella concavità del duodeno nella sua porzione mediale, mentre con la sua porzione laterale si spinge fino all’ilo della milza.
E’ deputato alla secrezione endocrina ed esocrina.
Il parenchima pancreatico è suddiviso in 4 porzioni che prendono il nome di testa, istmo, corpo e coda cui si deve aggiungere il processo uncinato che presenta una differente origine embriologica rispetto alle altre parti. Misura circa 12-15 cm dalla testa alla coda in età adulta, è largo circa 4 cm e spesso 2 cm.
Possiede due dotti, quello accessorio o di Santorini e quello principale o di Wirsung, che sboccano nel duodeno rispettivamente nella papilla minore e in quella maggiore, il cui compito principale è quello di immettere nell’intestino il succo pancreatico.
Come accennato, la secrezione esocrina del pancreas, fondamentale per la digestione del cibo ingerito, viene svolta da piccole strutture note come acini ghiandolari, il cui secreto si riversa nell’intestino attraverso il dotto di Wirsung.
La secrezione endocrina è a carico, invece, delle cellule endocrine raggruppate nelle isole di Langerhans. Più precisamente, le cellule endocrine si suddividono in cellule alfa, deputate alla secrezione di glucagone (ormone iperglicemizzante), le beta che secernono insulina (ipoglicemizzante); le cellule F (o cellule PP) sono molto rare , spesso quasi tutte raggruppate in una signola zona periferica e secernono il polipeptide pancreatico (PP); le cellule epsilon ε sono rarissime e secernono grelina. Le delta, infine, secernono ormone somatostatina responsabile del controllo sulle attività delle cellule alfa e beta.
ECOENDOSCOPIA: RAZIONALE D’USO
L’ecoendoscopia (EUS – Endoscopic UltraSonography) è una tecnica diagnostica che abbina all’utilità del metodo endoscopico il vantaggio di una visione ecografica, fornendo importanti informazioni sia sullo stato dei vari strati della parete intestinale che degli organi attigui.
L’ecoendoscopia pancreatica si è rivelata negli ultimi anni una metodica diagnostica indispensabile per lo studio del pancreas non solo dal punto di vista morfologico, ma anche diagnostico mediante esecuzione di agoaspirato (FNA, Fine Needle Aspiration) sulle lesioni che sono oggetto di studio.
L’esame si svolge mediante introduzione per via orale di un ecoendoscopio (radiale o convex) della consistenza flessibile e del diametro di circa 13 mm. Lo strumento è dotato sull’estremità superiore di una piccolissima sonda ecografica che emettendo ultrasuoni in grado di riprodurre sullo schermo immagini ecografiche dettagliate.
L’ideatore dell’ecoendoscopia, Eugene Di Magno, gastroenterologo della Mayo Clinic di Rochester (USA) nel 1980 mise a punto questa metodica con lo scopo di effettuare una più accurata ecografia del pancreas, ponendo la sonda ecografica nello stomaco e nel duodeno in modo che si venisse a trovare il più vicino possibile all’organo da studiare. Da oltre 20 anni, inoltre, è diventato imprescindibile valore aggiunto alla metodica la possibilità di effettuare una diagnosi sulle lesioni sospette sottoponendole ad agoaspirazione EUS guidata (EUS-FNA) (31).
Normalmente, durante l’esame ecoendoscopico il paziente viene sottoposto a sedoanalgesia, tramite somministrazione di farmaci che provocano sonnolenza e non fanno avvertire il dolore.
APPROCCIO CLINICO ALLE LESIONI CISTICHE
PANCREATICHE
L’autorevole Pancreatology (rivista ufficiale dell'Associazione Internazionale di Pancreatologia, AIP) ha recentemente pubblicato una review sulle lesioni cistiche del pancreas definendole “A Diagnostic and Management Dilemma”(1): il termine dilemma (dal greco antico “δίλημμα = proposizione
doppia” cioè un problema che offre un’alternativa tra due o più soluzioni, nessuna delle quali si rivela in pratica accettabile), rende l’idea di quanto l’argomento sia controverso (2).
Negli ultimi anni si è assistito a un netto incremento delle diagnosi di lesioni cistiche pancreatiche (LCP) grazie al miglioramento delle tecniche di Imaging nonchè al crescente uso delle stesse. Negli Stati Uniti l’incidenza di lesioni cistiche del pancreas è stato stimato dal 3 al 15%. Dall’1 al 19% delle metodiche di Imaging, eseguite per altre ragioni, producono una diagnosi incidentale di LCP (4).
E’ interessante citare un lavoro di Spinelli et al che nella loro review di 24.039 immagini TC e RM, hanno identificato una prevalenza di lesioni cistiche pancreatiche del 1.2% (3). Analogo lavoro, ma solo su RM, di De Jong et al che riportano una prevalenza di cisti pancreatiche del 2.4% (5).
Nonostante rimanga sconosciuta l’esatta prevalenza nella popolazione, si stima che sia circa il 2% negli adulti oltre i 40 anni. L’incidenza aumenta con l’età e arriva al 10% nei pazienti oltre gli 80 anni.
Le lesioni cistiche pancreatiche presentano un ampio spettro di presentazione, variando da forme assolutamente benigne (pseudocisti, cistoadenomi sierosi ecc) fino alla degenerazione necrotica di tumori solidi.
cistiche pancreatiche, come il cistoadenoma sieroso, il cistoadenoma mucinoso e il tumore intraduttale papillare mucinoso (IPMN), il riscontro di formazione cistica del pancreas veniva spesso etichettato come “pseudocisti” o “pancreatite cronica” seppur in assenza di eventi clinici che ne sostenessero la diagnosi. Già nel 1830 il clinico Becourt Pj nella sua “Recherches sur le
pacncreas: ses functions et ses alterations organique” (44) sentenziò
affermando che “NOT HOLES ARE PSEUDOCYSTS”.
Attualmente disponiamo di conoscenze e strumenti che ci aiutano a chiarire il quadro, tuttavia nella pratica quotidiana si assiste frequentemente ad una sovrapposizione di caratteristiche morfologiche che ci porta a una diagnosi probabilistica (2).
In considerazione del potenziale maligno di alcune lesioni cistiche pancreatiche, il loro riscontro incidentale deve essere considerato con attenzione. E' stato infatti visto che l'Hazard ratio per mortalità nei pazienti con età inferiore ai 65 anni è maggiore rispetto a quelli senza cisti pancreatiche (1.40 VS 0.97).
La maggior parte delle lesioni cistiche sono asintomatiche. Alcune possono esordire con una pancreatite (soprattutto le forme IPMN), dolore addominale, nausea, vomito e ittero. Altri sintomi di presentazione possono essere perdita di peso, steatorrea, anoressia, recente insorgenza o peggioramento di diabete, ittero ostruttivo, massa palpabile.
La WHO nel 2000 ha redatto la classificazione delle lesioni cistiche pancreatiche in base al tipo di epitelio (classificazione istologica):
Classificazione delle lesioni secondo WHO : tabella 1
Come si evince dalla tabella, le LCP vengono suddivide in forme non neoplastiche e forme neoplastiche: queste ultime sono considerate lesioni premaligne.
In generale, le forme non neoplastiche rendono conto di circa l'80% delle lesioni cistiche, e sono per massima parte rappresentate da pseudocisti.
Per quanto riguarda le lesioni neoplastiche, si distinguono forme mucinose (cistoadenoma mucinoso MCN e le neoplasia mucinose papillari intraduttali IPMN nelle sue varianti) e forme non mucinose, rappresentate per massima parte dal cistoadenoma sieroso.
La differenziazione tra forme mucinose e non mucinose appare indispensabile per quanto riguarda il trattamento e il follow-up. MCN e IPMN presentano
potenziale maligno già al momento della diagnosi con rischio di malignità che varia dall’11 al 38% per i MCN (10) , dal 6.3% al 46.5% per BD-IPMN (11) e dal 35.7% al 100% per MD-IPMN (12).
A causa del loro elevato rischio di evoluzione maligna, quindi, le lesioni mucinose richiedono follow-up ravvicinati o interventi resettivi precoci. E’ considerato inesistente o comunque basso, invece, il rischio di degenerazione maligna per le lesioni non mucinose quali il cistoadenoma sieroso: i pazienti che ne sono affetti, se asintomatici, vengono indirizzati a follow-up (13).
MUCINOSE
NEOPLASTICHE
LESIONI CISTICHE NON MUCINOSE PANCREATICHE
NON NEOPLASTICHE
LCP NEOPLASTICHE
Le neoplasie cistiche pancreatiche PCNs vengono distinte in forme mucinose e non mucinose.
Tra le forme non mucinose rientrano il cistoadenoma sieroso, le neoplasie solide pseudopapillari, la neoplasia cistica neuroendocrina e la neoplasia cistica a cellule acinari.
Il cistoadenoma sieroso rappresenta, tra le varianti non mucinose, la forma di più frequente riscontro e sarà dunque oggetto della dissertazione e dello studio seguente.
CISTOADENOMA SIEROSO
Il cistoadenoma sieroso (SCA) rende conto di circa l’1% di tutte le neoplasie esocrine del pancreas, e del 30% di tutte le neoplasie cistiche pancreatiche (28).
Dal punto di vista morfologico queste lesioni si caratterizzano per un aspetto microcistico: si tratta solitamente di un insieme di piccole cisti (mediamente > 6) di dimensioni tra i 2-3 mm, separate da sottili setti che appaiono ipervascolarizzati al Color Doppler. Tale aspetto caratteristico si riscontra in circa l’85% di tutti i cistoadenomi sierosi. La presenza di una cicatrice stellata, a volte calcifica, al centro della lesione è caratteristica specifica di questo tipo di lesione ma appare visibile all’EUS solo in circa il 10% dei casi. La cicatrice centrale è composta da tessuto ialino acellulare e qualche grappolo di piccole cisti.
Sono più frequentemente riscontrati nelle donne. La loro localizzazione tipica nel pancreas è a livello del corpo - coda. Non si osserva comunicazione con il dotto di Wirsung.
Il contorno appare solitamente lobulato e questa può essere l’unica caratteristica utile nella diagnosi differenziale dei cistoadenomi sierosi
realmente uniloculari (senza componente microcistica) che sono circa il 10% del totale.
Talvolta si può riscontrare un aspetto “pseudosolido” dovuto alla presenza di multiple e millimetriche cisti addossate le une alle altre: in questo l’ecoendoscopia, confrontata con le metodiche di Imaging, può identificare meglio tale aspetto distinguendolo da una lesione realmente solida.
La maggior parte dei pazienti risulta asintomatica. Talvolta si assiste a un esordio con dolore addominale, massa palpabile, anoressia, ittero, affaticamento o perdita di peso.
Sebbene abbiano natura benigna, queste lesioni tendono ad accrescersi, seppur lentamente, raggiungendo talvolta grosse dimensioni.
Sono note 4 varianti di cistoadenoma sieroso: il cistoadenoma macrocistico sieroso, l'adenoma sieroso solido, il cistoadenoma sieroso associato a VHL (sindrome di von Hippel-Lindau) e la neoplasia mista sierosa neuroendocrina. Circa il 90% delle sindromi di von Hippel-Lindau (malattia a carattere ereditario molto rara, caratterizzata dall'associazione di diverse forme di neoplasia), sviluppa un cistoadenoma sieroso, e il 70 % dei cistoadenomi presenta una mutazione del gene VHL (27).
All'imaging TC e RM, il cistoadenoma sieroso può presentare il classico aspetto microcistico o talvolta il meno comune aspetto oligocistico. Il riscontro di cicatrice fibrosa centrale, che si verifica in circa il 30 % di tutti i cistoadenomi sierosi, è considerato patognomonico. In alcuni casi, le piccole cisti e la componente fibrotica densa potrebbero far apparire la lesione solida alla TC. Qualora la lesione presenti pattern oligocistico risulterà difficile differenziarla da un cistoadenoma mucinoso alla TC o RM a causa delle loro somiglianze morfologiche. Un cistoadenoma sieroso oligocistico dovrebbe essere sospettato in caso di riscontro di una lesione uniloculare cistica con margini lobulati senza enhacement di parete, situata a livello della testa pancreatica.
Alle immagini RM, le sequenze T1 mostrano la componente fluida con intensità di segnale inferiore rispetto alla matrice fibrosa. Con le sequenze T2 il fluido diventa brillante.
L'ecoendoscopia mette in evidenza l'aspetto micropolicistico e i sottili setti. Talvolta l’ecoendoscopia morfologica non è sufficiente a porre diagnosi e bisogna ricorrere ad agoaspirato per una precisa diagnosi di natura, e in considerazione della loro natura benigna il raggiungimento di una diagnosi di natura diventa essenziale per instaurare un management di tipo conservativo. La resa diagnostica dell’esame citologico di un cistoadenoma sieroso è spesso scarsa: la resa cellulare correla con la natura della lesione. Il cistoadenoma sieroso è una lesione cistica con bassa percentuale di cellule epitelali in relazione alle dimensioni della massa, e queste caratteristiche si accentuano ulteriormente nei casi di SCA oligocistico. Se presente, si può osservare un singolo strato di cellule cubiche con citoplasma non mucinoso chiaro (29). In ragione della natura vascolare del cistoadenoma sieroso, l'agoaspirato della lesione potrebbe anche essere ematico o contenere macrofagi carichi di emosiderina. La concentrazione di CEA è bassa.
La prognosi dei pazienti affetti da cistoadenoma sieroso è ottima, e anche nei casi in cui si è assistito a evoluzione maligna in cistoadenocarcinoma la resezione chirurgica ha consentito lunghi tassi di sopravvivenza. Le indicazioni a intervento sono rappresentate dall'evidenza di una sintomatologia clinica ingravescente, la dimensione maggiore a 4 cm e l'incertezza sulla natura della lesione cistica. Nonostante non sia stata dimostrata correlazione tra l'aumento delle dimensioni e la malignità, le lesioni più grandi crescono a velocità maggiore e sono quelle che più frequentemente causano sintomi.
CISTOADENOMA MUCINOSO
Il cistoadenoma mucinoso (MCN) si localizza nel 90-95% dei casi a livello del corpo-coda del pancreas. La lesione può essere uniloculare ma più tipicamente presenta un aspetto multiloculare macrocistico per la presenza di setti che delimitano pochi loculi (di solito < 6) di dimensioni superiori a 1-2 cm (aspetto “cisti dentro cisti”).
Presentano contorni regolarmente tondeggianti, una parete visibile > 2 mm, e non mostrano comunicazione visibile con il dotto di Wirsung.
Le lesioni contengono mucina densa o una miscela di mucina e materiale necrotico-emorragico.
Le lesioni mucinose di diametro > 4 cm, con ispessimento di parete o setti intracistici, noduli murali o componente solida, dilatazione del dotto di Wirsung e calcificazioni di parete (a guscio d’uovo) sono state associate a maggior rischio di degenerazione maligna.
I cistoadenomi mucinosi sono caratterizzati dalla presenza di stroma ovarian-like e sono più frequenti nelle donne, con un picco di incidenza nella 5^ decade. Quasi tutti i MCN sono circondati da uno strato spesso di cellule fusiformi contenenti recettori per il progesterone e per gli estrogeni. Il tessuto ovarian-like simula un amartoma ovarico e talvolta un sarcoma. La possibile derivazione della componente stromale dei cistoadenomi mucinosi da tessuto ovarico è supportato dai dati morfologici e dalla tendenza a sottoporsi a processi di luteinizzazione. E' stato ipotizzato che stroma ovarico ectopico incorporato nel pancreas durante l'embriogenesi potrebbe rilasciare ormoni e fattori di crescita, determinando proliferazione dell'epitelio circostante e la formazione di tumori cistici.
Dal punto di vista dell'imaging, alla TC i MCN appaiono come grandi cisti con setti sottili; i setti possono essere meglio evidenziati con la somministrazione di contrasto ev. Le calcificazioni sono spesso localizzate alla periferia della lesione, in contrasto con ciò che si riscontra nel
cistoadenoma sieroso ove si evidenzia la presenza di cicatrice centrale stellata. Alla RM, appaiono brillanti nelle sequenze T2, mentre nelle sequenze T1 si evidenziano meglio i setti e le pareti. In presenza di calcificazioni periferiche, pareti spesse e setti ispessiti bisogna sospettare una forma maligna. In uno studio con 53 pazienti con MCN, la presenza delle 3 caratteristiche suddette risultava predittiva di malignità.
Alla EUS i MCN si presentano come cavità con setti interni e pareti sottili. Raramente si apprezza comunicazione con il Wirsung. Le dimensioni aumentate, le irregolarità della parete cistica e gli ispessimenti, nonchè lesioni solide interne aggettanti e masse solide adiacenti rappresentano reperti suggestivi di malignità.
I livelli di CEA del liquido cistico sono elevati a causa della secrezione da parte dell'epitelio mucinoso.
Le attuali linee guida sostengono che tutti i MCN dovrebbero essere asportati, in assenza di controindicazioni. Per i cistoadenomi mucinosi di grandezza < 4 cm, senza noduli murali, è raccomandata la resezione laparoscopica con risparmio di sezioni di parenchima; in alternativa si procede con pancreasectomia distale con risparmio della milza.
I cistoadenomi mucinosi non invasivi non richiedono sorveglianza dopo la resezione. Per le forme con associato carcinoma invasivo, la prognosi dipende dall'estensione della componente invasiva, lo stadio del tumore e la resecabilità. Nelle forme con componente invasiva il tasso di sopravvivenza a 2 e 5 anni è rispettivamente del 67% e del 50 %. Per i pazienti non candidabili a chirurgia o che la rifiutano un'alternativa potrebbe essere rappresentata dall'ablazione della cisti EUS guidata.
Circa il 30 % dei pazienti sono asintomatici. Se sintomatici possono lamentare dolore addominale, massa palpabile, perdita di peso, anoressia, astenia o ittero. In alcuni casi si può osservare un esordio con una pancreatite.
se la lunghezza di tale processo resta sconosciuta (30).
Al pari degli IPMN, anche i cistoadenomi mucinosi sono classificati in base al grado di displasia: forme con dispasia di basso o medio grado, forme con displasia di alto grado e forme con carcinoma invasivo associato.
IPMN (Neoplasie mucinose papillari intraduttali)
Le neoplasie mucinose intraduttali papillari (IPMN) furono descritte per la prima volta nel 1982 e dall’essere considerate lesioni rare, rappresentano attualmente il 20-30 % delle neoplasie pancreatiche sottoposte a resezione chirurgica. Sono più comuni nel sesso maschile, con un picco d’incidenza intorno ai 64 anni di età (32).
Sono caratterizzate dalla proliferazione di cellule intraduttali con secrezione di abbondanti quantità di muco, che causano dilatazione diffusa o segmentaria del dotto pancreatico principale e/o dei dotti secondari. Per tale motivo gli IPMN rientrano nella categoria delle lesioni cistiche pancreatiche mucinose. Sono localizzate più frequentemente a livello della testa e del processo uncinato del pancreas.
Vengono distinte in forme del dotto principale (MD-IPMN, main duct- IPMN) in cui la dilatazione interessa il dotto pancreatico principale con coinvolgimento diffuso o segmentario, e IPMN dei dotti periferici (BD-IPMN, branch duct - IPMN), in cui la dilatazione interessa i dotti pancreatici secondari, con un coinvolgimento che può essere uni o multifocale. Esistono infine gli IPMN di tipo misto (mixed-type IPMN) in cui la dilatazione coinvolge dotto principale e dotti secondari.
MD-IPMN entrano in diagnosi differenziale con le forme di pancreatite cronica con dilatazione del dotto di Wirsung.
IPMN dei dotti secondari (BD – IPMN) entrano in diagnosi differenziale con le altre lesioni cistiche pancreatiche, in quanto talvolta le lesioni sono formate
da un unico dotto pancreatico secondario ectasico, e possono quindi presentarsi come lesioni uniloculari impossibili da distinguere rispetto alle altre lesioni cistiche pancreatiche facendo riferimento solo all’aspetto morfologico.
In questo caso l’identificazione di una comunicazione con il dotto di Wirsung è considerata diagnostica.
L’aspetto tipico dei BD-IPMN è quello di una lesione multiloculata con aspetto a “grappolo d’uva” dovuto a multiple dilatazioni di dotti pancreatici secondari dilatati dalla mucina. Questo risulta dirimente nella diagnosi differenziale con le altre forme mucinose, che presentano aspetto di “cisti dentro cisti”, mentre i BD-IPMN presentano caratteristiche di “cisti accanto cisti”. Spesso i contorni dei BD-IPMN sono irregolari.
Nel 30% dei casi gli IPMN si presentano multifocali e questo è un aspetto molto specifico, pertanto da ricercare accuratamente per poter porre diagnosi differenziale.
La presenza di noduli murali, masse pericistiche e dilatazione del Wirsung sono da valutare accuratamente in quanto associate a rischio di malignità. E’ stata dimostrata una sequenza carcinogenetica per cui le cellule coinvolte possono da iperplastiche trasformarsi in displastiche, con displasia dapprima lieve e poi grave fino ad arrivare alla trasformazione neoplastica vera e propria (carcinoma invasivo). Più precisamente, nelle forme MD-IPMN la degenerazione carcinomatosa è osservata nel 35-100% (mediamente intorno al 65%), mentre nelle forme periferiche BD-IPMN la percentuale di trasformazione varia dal 8% al 44% (mediamente intorno al 25%) (33).
Una recente consensus di radiologi ha stabilito che l’esame di prima scelta per la valutazione e follow up di MD-IPMN è la RM associata alla colangiopancreatografia (34). La risonanza può fornire una stima accurata del diametro del Wirsung, escludendo altre cause di dilatazione ed evidenziando la presenza di setti, noduli murali, eventuale comunicazione con il dotto
principale.
Inoltre la risonanza ha il vantaggio rispetto alla TC, in corso di follow-up, di evitare l’esposizione ripetuta a radiazioni.
Il ruolo di EUS per la valutazione di IPMN sia forma MD che variante BD si è modificato nel tempo soprattutto sulla base di nuovi studi che hanno evidenziato come il valore e l’interpretazione della determinazione della concentrazione intracistica di CEA sia complesso e non sempre utile: la sua utilizzazione andrebbe infatti riservata a pazienti in cui tale informazione aggiuntiva ha un impatto significativo sulle decisioni terapeutiche (35). Nel caso di una reperto RM di lesione altamente suggestiva per BD - IPMN, l’esecuzione di agoaspirato dovrebbe essere riservata a pazienti con cisti di diametro > 3 cm senza noduli murali e da eseguirsi in centri di riferimento. L’agoaspirato diventa in questi casi dirimente anche per identificare eventuale presenza di displasia grave.
Per quanto riguarda il trattamento, tutti i pazienti con MD-IPMN che non presentino controindicazioni all’intervento dovrebbero essere indirizzati a resezione chirurgica. Il tipo di resezione va calibrato in base alla localizzazione e all’estensione dell’interessamento del dotto di Wirsung. Nel caso di IPMN con dilatazione diffusa coinvolgente l’intera ghiandola, la pancreasectomia totale con linfoadenectomia è considerato l’intervento chirurgico di prima scelta. Nei pazienti con patologia limitata ad alcune porzioni del Wirsung l’approccio sarà quello di limitare il più possibile la quantità di parenchima pancreatico asportato.
Per quanto riguarda i BD-IPMN la frequenza media di malignità si aggira intorno al 25 %, con una frequenza di carcinomi invasivi del 18%. Dal momento che queste lesioni sono più frequenti in anziani e con tasso di evoluzione maligna basso (2-3%), la resezione chirurgica va attentamente ponderata riservandola a pazienti che presentino criteri di rischio indicativi di evoluzione maligna. In generale, i fattori indicativi di progressione più
importanti sono la presenza di noduli murali e la presenza di atipie cellulari, per cui pazienti con BD IPMN di diametro > 3cm senza questi segni possono essere seguiti nel tempo soprattutto se di età avanzata.
La forma mixed type di IPMN è comparabile, come potenziale di malignità, alla forma MD - IPMN.
LCP NON NEOPLASTICHE
PSEUDOCISTI
Le pseudocisti pancreatiche sono raccolte fluide infiammatorie associate alla pancreatite e rendono conto dell’ 80% di tutte le lesioni cistiche pancreatiche non neoplastiche. Rappresentano una delle complicanze più frequenti, prevalentemente in uomini adulti, di una pancreatite acuta di origine alcolica, biliare o talvolta traumatica.
Il termine pseudocisti fa riferimento al fatto che la lesione si presenta senza rivestimento epiteliale proprio, e quindi non è una vera cisti. La pseudocisti, inoltre, si distingue da una raccolta fluida peripancreatica per lo sviluppo di una parete ben definita composta da tessuto di granulazione o fibroso.
Sono necessarie almeno 4 settimane dall’episodio acuto di pancreatite per la formazione di una pseudocisti; in assenza di un episodio precedente di pancreatite acuta, la pseudocisti può insorgere lo stesso in maniera insidiosa in pazienti con storia di pancreatite cronica.
La loro dimensione varia da pochi cm fino a oltre i 20 cm; sono solitamente uniche, di forma rotonda o ovale, ma alcune possono presentare profilo irregolare e aspetto multiloculare. Dal punto di vista del contenuto interno, sono solitamente sterili e ricche di enzimi pancreatici.
Alcune pseudocisti, originate da grandi o piccole rotture del dotto pancreatico principale, persistono nel tempo a causa del costante rifornimento di secrezioni pancreatiche.
Solitamente danno segno della loro presenza in maniera sfumata. Se sintomatiche, possono provocare dolore addominale ricorrente, senso di sazietà precoce, nausea e vomito. Talvolta, in caso di pseudocisti di grandi dimensioni, la massa può essere palpabile. Inoltre, qualora la lesione determini compressione gastrica, si può assistere a calo ponderale dovuto sia al minore introito di cibo che alla cattiva digestione.
In circa il 10% dei pazienti si assiste a comparsa di ittero provocato da compressione del dotto biliare da parte della pseudocisti stessa o del parenchima pancreatico infiammato.
La raccolta all’interno della pseudocisti è per sua natura sterile: la comparsa di febbre deve sempre sollevare il sospetto di un’infezione latente della pseudocisti stessa.
Per quanto riguarda la diagnosi, le pseudocisti devono essere sospettate sulla base della storia clinica del paziente, ma talvolta può risultare più difficile in pazienti asintomatici o con storia di pancreatite cronica.
Normalmente, l’ecografia tradizionale transaddominale è la metodica di scelta: le pseudocisti appaiono come strutture anaecoiche con rinforzo acustico periferico. La TC, ovviamente, presenta una sensibilità maggiore (dal 90 al 100%). Sebbene le pseudocisti siano solitamente uniloculari, talvolta la presenza di aree fibrose può causare la comparsa di multipli setti. La stessa cavità, ripetiamo, potrebbe contenere anche sangue, detriti o infezioni. Quindi in alcuni casi risulta complicato distinguere tra pseudocisti e lesioni cistiche mucinose senza l’analisi del liquido cistico.
E’ stato visto che la RM non aggiunge informazioni rispetto alla TC.
L’ecoendoscopia è la metodica più utile per distinguere le pseudocisti dalle altre lesioni cistiche pancreatiche. Con EUS le pseudocisti appaiono anecoiche, piene di liquido, adiacenti al tratto gastrointestinale superiore e al pancreas. Le raccolte fluide che si creano precocemente in corso di pancreatite non saranno circondate da parete, mentre le pseudocisti
risulteranno circondate da un bordo iperecogeno, spesso. Qualora la parete presenti calcificazioni, tale reperto risulterà più indicativo di cistoadenoma mucinoso piuttosto che di pseudocisti.
Tramite EUS-FNA vi è la possibilità di distinguere tra pseudocisti e lesioni cistiche neoplastiche in oltre il 90% dei casi. L’esame citologico evidenzia la presenza di detriti di degenerazione, cellule infiammatorie e istiociti.
L’esame dei marker biochimici evidenzia un’elevata concentrazione di amilasi nel liquido, predittivo di una comunicazione con il Wirsung e ciò contribuisce a confermare la diagnosi di pseudocisti. I livelli di CEA sono relativamente bassi e questo permette diagnosi differenziale con le forme mucinose.
Le pseudocisti di piccole dimensioni (< 4cm) tendono ad avere una risoluzione spontanea, spesso attraverso drenaggio nel tratto gastrointestinale o nel dotto pancreatico. Cisti di dimensioni maggiori sono più frequentemente sintomatiche o possono causare complicanze, quali infezioni, sanguinamento, ritardato svuotamento gastrico da compressione o ostruzione sulle vie biliari. Negli anni si sono affermate diverse metodiche per procedere al drenaggio di una pseudocisti. Il drenaggio percutaneo, posizionato sotto guida TC/US, permette la raccolta del liquido in un sistema esterno, ma è associato a un elevato rischio di infezioni e crea notevole disagio al paziente. Il drenaggio chirurgico prevede la creazione di un’anastomosi tra la cavità della pseudocisti e lo stomaco o l’intestino tenue: con tale metodica il tasso di successo della procedura è alto ma si tratta di una tecnica invasiva con alti tassi di complicanze, da riservarsi quindi a pazienti selezionati in cui sono fallite le altre metodiche.
Attualmente il metodo più comunemente utilizzato è il drenaggio endoscopico, che si può attuare mediante due tecniche. Una prevede un approccio transpapillare con ERCP, utilizzato quando la pseudocisti comunica con il Wirsung, di solito nella testa del pancreas. L’altra si basa su un
approccio transgastrico o duodenale, si utilizza quando la pseudocisti risulta direttamente adiacente alla parete gastroduodenale, e prevede il posizionamento di cateteri o stent transmurali. Se non è visibile un rigonfiamento evidente di parete, EUS permette di identificare la lesione, determinandone dimensione, posizione e spessore della parete della pseudocisti.
Lo spessore di parete cistica > 1 cm o la presenza di vasi interposti rappresentano controindicazioni relative per il drenaggio endoscopico.
L’approccio endoscopico ha dimostrato grande utilità anche per il drenaggio di pseudocisti infette: il drenaggio endoscopico di tessuto pancreatico necrotico attraverso la creazione di una cisto-gastrostomia o duodenostomia è possibile utilizzando una dilatazione con palloncino e creando un tramite fistoloso.
In generale è stato visto che il tasso di complicanze del drenaggio endoscopico eseguito in elezione è del 13%, con tasso di successo oltre il 90% e una recidiva inferiore al 10%.
RUOLO DELL’IMAGING
Le metodiche di imaging quali TC e RM hanno prodotto negli ultimi anni un incremento della diagnosi di lesioni cistiche del pancreas.
La diagnosi di lesioni cistiche pancreatiche dovrebbe attuarsi mediante imaging radiologico e l’analisi del liquido cistico, ottenuta tramite EUS-FNA. Tutti i pazienti con lesioni cistiche pancreatiche dovrebbero essere sottoposti a una RM di buona qualità. E’ stato visto infatti che la RM è la metodica più accurata per la diagnosi di cisti maligne e mucinose (76-91% e 80% rispettivamente) mentre ha un’accuratezza di circa il 50% nel diagnosticare lo specifico tipo di lesione cistica. Inoltre è stato visto che la RM è superiore alla TC per valutare l’eventuale coinvolgimento del dotto pancreatico principale (14).
In alternativa alla RM la TC rappresenta ancora in molte parti del mondo la metodica predominante per la caratterizzazione delle lesioni cistiche.
Per i cistoadenomi sierosi la TC multistrato consente di riconoscere con accuratezza la tipica componente microcistica con piccole lacune liquide separate da sottili setti convergenti verso una cicatrice stellata centrale, spesso calcifica.
I referti ottenuti mediante RM o CT indirizzeranno la decisione di sottoporre poi il paziente a EUS-FNA, chirurgia o sorveglianza/follow up.
L’ecografia tradizionale transaddominale presenta numerose limitazioni nell’identificare lesioni cistiche pancreatiche, mentre la TC e la RM riescono a identificarle e caratterizzarle sono se sono presenti caratteristiche specifiche. In tutti i casi nessuna delle due metodiche presenta sufficiente specificità e sensibilità per valutare evoluzione maligna della lesione.
EUS E LESIONI CISTICHE PANCREATICHE
EUS permette di definire la localizzazione delle lesioni cistiche pancreatiche (LCP), le dimensioni, il contorno (regolare, lobulare, irregolare), la presenza di parete visibile, la locularità (uni-oligo-multiloculare), la struttura interna (microcistica, a grappolo), i noduli murali, l’ispessimento di parete e dei setti intracistici, i rapporti con il sistema duttale e la presenza e sede di calcificazioni.
L’accuratezza diagnostica dell’EUS morfologica nel caratterizzare le LCP varia dal 51 % al 90 % a seconda degli studi e questo è in parte dovuto, come hanno dimostrato alcuni lavori pubblicati, al cosiddetto “interobserver agreement” dell’EUS morfologica.
In generali i vantaggi di EUS rispetto alle altre metodiche consistono nella migliore valutazione della grandezza della lesione cistica, della presenza di setti interni, dei margini della lesione (lobulare o liscio), dello spessore di parete, dell’eventuale comunicazione con il dotto principale, del calibro del dotto.
EUS-FNA
EUS permette il campionamento di liquido cistico per cisti di dimensioni maggiori di 1 cm usando solitamente un ago da 22 o 25 G. L’obiettivo è quello di aspirare completamente la cisti determinandone il collasso e prelevare eventuali componenti solide al suo interno.
L’agoaspirato viene effettuato mediante passaggio attraverso la parete gastrointestinale, ed è quindi possibile che si verifichino complicanze quali sanguinamento, perforazione, infezione e possibile contaminazione peritoneale da parte di cellule cistiche pancreatiche neoplastiche. In realtà EUS-FNA è considerata una tecnica molto sicura, con una percentuale complessiva di eventi avversi che varia dallo 0 al 2.5%.
Le complicanze infettive (febbre, infezione della cisti stessa, batteriemia) che seguono la procedura EUS-FNA sono poco comuni, con un’incidenza che varia dallo 0 al 6% in numerosi studi (6). Il rischio di complicanze infettive si riduce ulteriormente allo 0-1.4% se alla procedura viene associata profilassi antibiotica (7). Anche se la profilassi antibiotica per ridurre il rischio di infezioni è raccomandata sia da ASGE (American Society of Gastrointestinal Endoscopy) che da ESGE (European Society of Gastrointestinal Endoscopy), ancora non vi è accordo sull’impostazione terapeutica e sulla somministrazione. Numerosi studi hanno dimostrato che l’uso di una singola dose iv antibiotica (ex ciprofolaxacina o piperacillina/tazobactam), rispetto alla somministrazione orale prolungata per diversi giorni, offre il vantaggio della semplicità della somministrazione nonché ampio spettro di azione (8). Il ceftriaxone è una cefalosporina semisintetica di terza generazione a lunga emivita. Può essere somministrata iv o intramuscolo, con un eccellente profilo di sicurezza, e ha ampio spettro di attività contro Gram positivi, Gram negativi aerobi e qualche batterio anaerobio. Per tale motivo un recente studio del 2017 ha dimostrato che la somministrazione di una singola dose iv di di ceftriazone è sicura, economica e previene efficacemente eventuali infezioni legate alla procedura EUS-FNA (9).
Il liquido cistico per la citologia di solito ha una bassa resa diagnostica (meno del 50% di sensibilità per le lesioni mucinose), e ciò è dovuto al fatto che la quota di cellule presente nel liquido cistico è molto basso. Nel caso in cui venga identificata la malignità ha un alto valore predittivo positivo e specificità del 90%.
La citologia ha il compito di identificare principalmente le cellule contenenti mucina (nel caso di IPMN e MCN), eventuale presenza di cellule maligne, cellule cuboidali ricche di glicogeno (in caso di cistoadenoma sieroso).
In uno studio recente (22), che ha preso in considerazione lo studio di 141 lesioni cistiche, la citologia è risultata diagnostica nel 58% dei pazienti, e
risultava avere alta specificità (96%) e bassa sensibilità (43%). Se paragonata a EUS morfologica e dosaggio di CEA, la citologia mostra essere la metodica più accurata, con una sensibilità del 38%, una specificità del 96% e un’accuratezza del 75%.
Recenti studi hanno evidenziato che la resa diagnostica della citologia potrebbe essere incrementata utilizzando aghi più grandi (19G), con metodica di citobrushing che, nella cisti di diametro superiore ai 2 cm, risulta più indicata nel prelevare cellule mucinose (23). E’ da segnalare, però, che tale metodica presenta il limite di creare un maggior numero di complicanze, quali sanguinamento e pancreatite, e necessita quindi di un training prolungato prima di essere inserito nella pratica clinica quotidiana.
RUOLO DELLA BIOCHIMICA E DEI MARKER
Oltre alla citologia, riveste particolare importanza l’identificazione di alcuni marker biochimici. CEA (antigene carcinoembrionario), utile per differenziare le forme mucinose da quelle non mucinose, presenta un’accuratezza diagnostica intorno al 80%.
La diagnostica sul fluido intracistico è stata oggetto di un recente studio della Mayo Clinic di Rochester, che ha mostrato una sensibilità, specificità ed accuratezza diagnostica di valori di CEA > 200 ng/ml rispettivamente del 60, 93 e 72% nella diagnosi di lesioni cistiche mucinose, mentre livelli di amilasi erano maggiori nelle pseudocisti che nelle lesioni non pseudocistiche (15). In generale bisogna tenere presente che gli elevati livelli di CEA nel liquido cistico pancreatico non possono, da soli, essere conclusivi per una forma di neoplasia mucinosa; se il dato viene combinato con la citologia esso fornisce informazioni aggiuntive a supporto di un’interpretazione di neoplasia mucinosa. La citologia (FNA) o la biopsia (FNB) restano, per il momento, le uniche metodiche per conferma di eventuale malignità (16).
ancora universalmente accettata come test diagnostico di routine. Nello specifico, un basso valore di CEA non esclude la natura mucinosa. Inoltre non distingue i cistoadenomi mucinosi dagli IPMN. Le più recenti linee guida raccomandano l’utilizzo di CEA in setting limitati nei quali il dosaggio del marker gioca un ruolo nell’intraprendere un eventuale setting chirurgico. In conclusione è stato identificato un cut-off di 192 ng/ml al di sopra del quale la lesione appare suggestiva per una forma mucinosa; è stato preso in considerazione tale livello perché rappresenta un valore di riferimento per numerosi studi e non mostra grosse differenze tra i vari laboratori. Di solito, per effettuare il dosaggio, sono richiesti da 0.2 a 1.0 ml di liquido cistico. Il dosaggio dei livelli di amilasi risulta particolarmente utile nell’identificazione delle pseudocisti che, a differenze delle forma neoplastiche, necessitano di follow-up o eventuale drenaggio endoscopico/chirurgico in caso di sintomatologia associata o complicanze quali infezione della stessa. I valori di amilasi, nel caso di una pseudocisti, saranno particolarmente alti, mentre risulteranno generalmente bassi nelle forme neoplastiche. E’ stato comunque osservato che tumori cistici di qualsiasi tipo potrebbero dimostrare livelli elevati di amilasi: ne consegue che l’efficacia del dosaggio delle amilasi nel liquido pancreatico è limitato, nonostante il riscontro di bassi livelli di amilasi appaia suggestivo per una forma neoplastica (19).
CA19.9, il marker sierologico più comunemente utilizzato per la diagnosi e follow-up di adenocarcinoma pancreatico, riveste ancora un ruolo marginale come marcatore di liquido pancreatico. Sono disponibili pochi dati al riguardo, ma alcuni studi hanno riconosciuto al CA19.9 una certa utilità nell’identificazione di forme di cistoadenocarcinoma pancreatico (20).
Altri marcatori tumorali in passato sono stati presi in considerazione, anche se nel 2004 uno studio prospettico multicentrico ha dimostrato che l’aggiunta di
numerosi marker oncologici (CEA, CA 72-4, CA125, CA19.9 e CA15-3) alla morfologia e alla citologia non aumenti l’accuratezza diagnostica (21). Al contrario, i livelli di CEA risultano da soli più accurati che la combinazione di numerosi test.
L’analisi del DNA nel liquido cistico pancreatico è avvenuta grazie a uno studio prospettico multicentrico ad opera di Khalid et al (24). In questo studio, la presenza di mutazione di KRAS nel liquido cistico risultava altamente specifico per le forme mucinose (96%), ma la sensibilità era bassa (45%). Negli USA, la mutazione di KRAS viene effettuata in concomitanza alla citologia, pertanto se viene riscontrata la mutazione, la diagnosi viene indirizzata verso forme mucinose. In assenza di una mutazione di KRAS, in considerazione della sua scarsa sensibilità, il marker più accurato per stabilire se la lesione è mucinosa diventa il CEA.
Per quanto riguardo lo studio di nuovi marcatori, recentemente è stato visto che le mutazioni dell’oncogene GNAS (guanine nucleotide binding protein
alpha stimulating activity polypeptide 1), già implicato nell’insorgenza di altri
tumori, sono implicate nella patogenesi di IPMN (25).
Un’ulteriore area di interesse è rappresentata dallo studio del ruolo di microRNA nello sviluppo e progressione di IPMN e MCN (26). MicroRNA sono piccole sequenze non codificanti di RNA (17-25 nucleotidi) che regolano l’espressione dei geni a livello post-trascrizionale. L’espressione alterata di molti microRNA è stata riscontrata nell’adenocarcinoma pancreatico.
Anche il dosaggio delle interleuchine IL1 e IL8 è risultato maggiore nelle forme di IPMN con displasia di alto grado o degenerato rispetto alle forme con displasia lieve o moderata.
In conclusione possiamo affermare che lo studio di nuovi marcatori sta diventando area d’interesse crescente. La disponibilità di biomarker si sta
espandendo rapidamente e ciò è reso possibile dallo sviluppo di tecnologie innovative. Per il momento CEA resta l’unico marker per distinguere le forme mucinose da quelle non mucinose, quando i suoi livelli sono > 192 ng/ml, anche se la sua sensibilità è solo del 73%.
IL RUOLO DI “STRING SIGN”
Il concetto dello “string sign” come misura indiretta e poco costosa della viscosità del liquido cistico è stato introdotto nel 2009 da Leung et al (36). Rappresenta un nuovo marker capace di identificare la viscosità del liquido cistico: questo test è stato determinato ponendo una goccia di liquido tra il pollice e l’indice e misurando la lunghezza massima dell’allungamento del tratto prima che si interrompa. Gli autori hanno concluso che uno “string sing” lungo ( > 3,5 mm) ha un alto valore predittivo per una lesione mucinosa. Inoltre, è stato calcolato che ogni aumento di 1 mm di lunghezza corrisponde a un aumento del rischio di essere una cisti mucinosa del 116 %. Come si evince, lo string sign rappresenta un test semplice che potrebbe aiutare a integrare la diagnosi differenziale tra le lesioni cistiche pancreatiche.
CONSENSUS GUIDELINES PER IL MANAGEMENT
DELLE LESIONI CISTICHE PANCREATICHE
Le linee guida internazionali sul management delle lesioni cistiche pancreatiche furono elaborate per la prima volta nel 2006 a Sendai dalla Società Internazionale di Pancreatologia, e in linea generale definiscono le lesioni cistiche mucinose (che presentano alcune caratteristiche particolari) come lesioni a maggior rischio di degenerazione maligna.
Secondo tali criteri la chirurgia era raccomandata in prima istanza per tutte le lesioni cistiche mucinose e per gli IPMN dei dotti principali. Inoltre, nel sospetto di BD-IPMN, la chirurgia era raccomandata nel caso in cui fossero presenti: noduli murali intracistici, una dilatazione concomitante del Wirsung, un diametro della cisti > 3cm, sintomi clinici associati, una citologia positiva a EUS-FNA. Anche se tale algoritmo dimostrava avere il 100% di sensibilità nell’identificare cisti con malignità, dall’altro lato presentava una specificità molto bassa (23-31%). Il risultato negli anni è stato quello di assistere a un netto incremento degli interventi chirurgici sul pancreas anche per lesioni francamente benigne.
Per tale motivo la revisione delle linee guida nel 2012 (Fukuoka) si prefiggeva l’obiettivo di aumentare la specificità senza compromettere la sensibilità nell’identificare le lesioni maligne. I criteri per la chirurgia diventavano: ittero ostruttivo, una componente solida enhancing associata alla cisti, un dotto di Wirsung dilatato > 10 mm. Per i pazienti che presentavano lesioni con caratteristiche “sospette” (le cosiddette “worrisome feature”) EUS diventava dirimente per indirizzare il paziente a chirurgia o follow up.
Anche se queste linee guida sono utili, non esiste attualmente un metodo accurato e affidabile per ottenere una diagnosi definitiva di lesione cistica pancreatica. La diagnosi preoperatoria per identificare il tipo di cisti resta incorretta nel 20-30 % dei casi, e le tecniche di Imaging quali TC e RMN
hanno una resa subottimale dovuta alla variabilità interosservatore.
Le linee guida di Fukuoka del 2012 per sospette lesioni tipo cistoadenomi mucinosi e IPMN raccomandano EUS per identificare qualsiasi delle seguenti caratteristiche cliniche o radiologiche “preoccupanti”:
- pancreatite
- dimensioni > 3 cm
- aumentato enhanced della parete della cisti - noduli
- dilatazione del wirsung 5-9 mm
- bruschi cambi del diametro del dotto di Wirsung con atrofia parenchimale a monte
- coinvolgimenti del dotto pancreatico principale - citologia sospetta o positiva
Nel 2014 l’Associazione Italiano per lo studio del Pancreas ha elaborato una Consensus Guidelines italiana relativa al management e alla sorveglianza delle lesioni cistiche pancreatiche.
E’ interessante notare che solo le lesioni cistiche sierose prevedono follow up annuale. Per le forme mucinose, invece, la sorveglianza appare modulata in base al tipo e alle dimensioni della lesione.
Il cistoadenoma mucinoso e MD-IPMN vanno, come da indicato anche dalle linee guida internazionali, a resezione chirurgica e non è previsto follow up specifico.
STUDIO CLINICO
INTRODUZIONE E SCOPO DELLO STUDIO
Negli ultimi anni l’ecoendoscopia (EUS) ha iniziato a giocare un ruolo fondamentale nella diagnosi differenziale delle lesioni cistiche pancreatiche (LCP), non solo fornendo informazioni relative alle caratteristiche morfologiche delle lesioni, ma offrendo anche la possibilità di eseguire agoaspirato (FNA) per esame citologico e dosaggio marker biochimici (CEA e amilasi).
Scopo del nostro studio è quello di analizzare in maniera retrospettiva la casistica relativa al biennio 2015-2016 dei pazienti afferenti all’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Operativa dell’Ospedale Le Scotte di Siena, sottoposti a esame ecoendoscopico in seguito a riscontro di lesione cistica pancreatica. Obiettivo dello studio è quello di valutare l’accuratezza diagnostica della EUS, il ruolo della citologia e l’utilità del dosaggio dei marker biochimici nella diagnosi delle lesioni cistiche pancreatiche.
Sono stati identificati i pazienti sottoposti a EUS-FNA in seguito a riscontro ad altra metodica (TC e RM) di lesione cistica pancreatica: sono state raccolte informazioni sia riguardo l’aspetto morfologico delle LCP che i dati forniti dall’esame citologico. Per alcune lesioni è stato possibile analizzare anche i marker biochimici tramite dosaggio CEA ed amilasi.
MATERIALI E METODI
Lo studio è stato condotto analizzando in maniera retrospettiva i dati relativi a 24 pazienti con diagnosi di lesione cistica pancreatica sottoposti a esame ecoendoscopico EUS presso l’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Operativa dell’Ospedale Le Scotte di Siena nel biennio 2015-16.
tipo di lesione cistica riscontrata (IPMN, cistoadenoma mucinoso, cistoadenoma sieroso, cisti semplici, pseudocisti) e loro caratteristiche morfologiche, tipologia di ago utilizzato per eseguire FNA, esame citologico, esame del liquido cistico con dosaggio amilasi e CEA, esame radiologico tradizionale (RM o TC) associato. La valutazione ecoendoscopica ha identificato localizzazione, dimensioni e morfologia della lesione. Dal punto di vista morfologico, sono state definite la forma, la uni/multilocularità, la presenza/assenza di materiale ecoico interno, setti, spessore di parete, noduli murali, calcificazioni, eventuale comunicazione con il dotto pancreatico principale e eventuale dilatazione del dotto pancreatico.
L’esame ecoendoscopico EUS è stato eseguito con videoecoendoscopio Pentax Convex. L’esame è stato eseguito in sedazione cosciente, utilizzando i farmaci comunemente utilizzati per la sedazione in endoscopia digestiva (meperidina, fentanil, midazolam con somministrazione endovenosa). I pazienti hanno previamente firmato consenso informato per sottoporsi all’esame. I parametri vitali sono stati monitorizzati per tutta la durata dell’esame.
L’agoaspirato è stato eseguito tramite aghi Cook da 19 G, 22 G e 25G (Echo-Tip; Wilson-Cook Medical Inc., Winston – Salem, NC, USA) per esame citologico e analisi del liquido cistico con dosaggio CEA e amilasi. L’analisi del liquido cistico con dosaggio amilasi e CEA è stata eseguita presso il Laboratorio di Patologia Clinica dell’Ospedale Le Scotte. La macchina utilizzata dal nostro laboratorio è stata la Cobas 8000 Roche.
La valutazione con Imaging ha analizzato: grandezza della cisti, localizzazione, numero, presenza di noduli murali, dilatazione del dotto pancreatico.
Sono stati esclusi dallo studio pazienti con lesione neoplastica pancreatica associata, in quanto abbiamo visto in casi selezionati che l’esame citologico sarebbe stato falsato dalla contaminazione di altre cellule.
RISULTATI
Nel biennio 2015-16 sono stati sottoposti ad esame econdoscopico presso la UO Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale Le Scotte di Siena un totale di 412 pazienti.
Di questi, 53 pazienti presentavano una lesione cistica pancreatica: 21 pazienti sono stati sottoposti a solo esame EUS (40%), mentre 32 pazienti (60%) sono stati sottoposti ad esecuzione di agoaspirato (EUS-FNA).
Dai 32 pazienti sottoposti a EUS-FNA abbiamo selezionato un sottogruppo di 24 pazienti, che saranno oggetto del nostro studio, di cui era disponibile confronto anche con metodica di Imaging (TC o RM).
EUS biennio 2015-16: 412 pazienti
lesione cistica pancreatica: 53 pazienti
EUS: 21 pazienti EUS-FNA: 32 pazienti
No imaging disponibile:
8 pazienti + Imaging disponibile (TC,RM): 24 pazienti
I 32 pazienti sottoposti a EUS-FNA per riscontro di lesione cistica pancreatica rappresentavano il 7.8% di tutti i casi sottoposti a EUS nel biennio indicato. 24 pazienti erano di sesso femminile, 8 pazienti di sesso maschile, con età media alla diagnosi di 71.2 anni.
Per quanto riguarda la provenienza, la maggior parte dei pazienti era di pertinenza della UO Gastroenterologia in regime di Day Hospital (23 pazienti), mentre i restanti pazienti provenivano dalla UO Chirurgia (5 pazienti) e dalla UO Oncologia medica (1 paziente); 3 pazienti risultavano di provenienza da altri ospedali di medesima area vasta.
L’agoaspirato è stato eseguito con aghi Cook per agoaspirato (EUS-FNA), utilizzando ago Cook 25 G per 13 pazienti, ago Cook 22 G per 10 pazienti, ago Cook 19 G per 4 pazienti. Per 5 pazienti non è stato possibile risalire alla tipologia di ago utilizzato.
Per 24 pazienti, oggetto del nostro studio, è stato possibile raccogliere dati relativi alle informazioni ecoendoscopiche, citologiche, imaging radiologico (TC, RMN o ecografia tradizionale), associando quando eseguito il dosaggio dei marker (CEA ed amilasi).
Le metodiche radiologiche di confronto sono state: 17 esami TC, 6 esami RM, 1 ecografia addominale.
Le caratteristiche dei pazienti e delle lesioni cistiche associate evidenziate ad esame EUS sono state raccolte nella seguente tabella:
Tabella n. 1 - Caratteristiche base dei pazienti
Maschio Femmina Testa Corpo Coda
11 71,8 1 10 3 7 1 31,4 3 75,3 - 3 - 3 - 40,0 4 62,0 1 3 1 2 1 23,3 4 78,0 - 4 2 2 - 31,0 13 74,6 5 8 2 5 0 20,5 4 69,3 1 3 - - - -4 76,3 3 1 1 3 - 18,3 2 80,5 - 2 - - - -3 72,3 1 2 1 2 - 22,7 Non mucinose Pseudo Cisti Cisti Semplici Mucinose MD - IPMN Localizzazione Dimensione (mm) Cistoadenoma Mucinoso BD - IPMN IPMN Mixed type
Sesso
Caratteristiche N° Età
(anni)
Cistoadenoma Sieroso
Come si evince dalla tabella, abbiamo suddiviso le lesioni dal punto di vista dell’EUS morfologica in forme non mucinose (11 pazienti) e forme mucinose (13 pz). Per queste ultime l’età media risultava lievemente maggiore (74.6 yr VS 71.8 yr). Per quanto riguarda il genere, il sesso femminile è risultato predominante in entrambi i gruppi (90 % per le forme non mucinose, 61 % per le forme mucinose).
La localizzazione nel parenchima pancreatico variava a seconda della tipologia di lesione.
Per le forme MD-IPMN e mixed-type IPMN non è stato possibile identificare la sede di lesione in quanto il coinvolgimento ha riguardato l’intera ghiandola pancreatica.
Infine per quanto riguarda le dimensioni, le pseudocisti sono risultate le lesioni più grandi con un diametro medio di 40 mm, mentre le dimensioni inferiori sono risultate a carico delle dilatazioni cistiche dei dotti secondari nei casi di BD-IPMN.
Abbiamo quindi analizzato i risultati dell’analisi citologica e li abbiamo confrontati con la EUS morfologica
Tabella n. 2 - Corrispondenza con Citologia
SI NO CEA AMILASI 11 71,8 6 5 3 75,3 3 - + + 4 62,0 2 2 + + 4 78,0 1 3 + 13 74,6 7 6 4 69,3 2 2 4 76,3 2 2 2 80,5 2 0 + 3 72,3 1 2 + Caratteristiche N° Età (anni) corrispondenza con citologico MD - IPMN Non mucinose Pseudo Cisti Cisti Semplici Cistoadenoma Sieroso Mucinose BD - IPMN IPMN Mixed type Cistoadenoma Mucinoso
Dosaggio markers
Come si evince dalla tabella, si è ottenuta una grossa discrepanza tra i dati morfologici e quelli citologici, con la sola eccezione delle lesioni pseudocistiche in cui si è ottenuto il 100% di concordanza. Al contrario, su 4 casi di cistoadenoma sieroso identificato alla EUS, il risultato è risultato discrepante in quanto non diagnostico in 3 casi (75%).
Analogo risultato per le forme mucinose, in cui abbiamo ottenuto concordanza con la citologia in 7 pazienti su 13, uniformemente distribuiti sulle varianti delle neoplasie mucinose.
In considerazione della discrepanza presentata tra i dati morfologici e quelli della citologia, abbiamo deciso di prendere in considerazione, quando eseguito, il risultato relativo al dosaggio su liquido pancreatico di marker oncologici (CEA) e enzimi pancreatici (amilasi), per verificare se i dati ottenuti dalla biochimica potessero supportare la diagnosi.
concordanza con l’esame citologico è avvenuta solo in 2 pazienti, nello specifico nel caso di una lesione pseudocistica con riscontro di valori elevati di amilasi , e una lesione con pattern da IPMN che ha mostrato incremento dei valori di CEA.
Abbiamo infine rivalutato le immagini ottenute da TC e RM, per valutare eventuale concordanza con esame EUS e citologico.
Tabella n. 3 - Corrispondenza con Imaging
SI NO 11 71,8 5 6 3 75,3 1 2 4 62,0 3 1 4 78,0 1 3 13 74,6 9 4 4 69,3 3 1 4 76,3 3 1 2 80,5 2 -3 72,3 1 2 Caratteristiche N° Età (anni) corrispondenza con imaging Non mucinose
IPMN Mixed type Cistoadenoma Mucinoso Mucinose MD - IPMN BD - IPMN Pseudo Cisti Cisti Semplici Cistoadenoma Sieroso
I dati raccolti evidenziano maggiore corrispondenza dell’Imaging con EUS e citologia per quanto riguarda le forme mucinose rispetto alle lesioni non
mucinose (69% VS 45%). Nello specifico, le lesioni che sono state maggiormente identificate sono stati gli IPMN, mentre maggiore discordanza si ha avuta nell’identificazione delle lesioni compatibili con cistoadenoma sieroso.
Inoltre le metodiche di Imaging hanno presentato limitazioni per quanto riguarda l’identificazioni di lesioni di dimensioni inferiori ai 20 mm
DISCUSSIONE
Il presente studio è volto a sottolineare il ruolo fondamentale che ha acquisito l’ecoendoscopia nello studio delle lesioni cistiche pancreatiche (LCP) grazie alla possibilità di ottenere tramite tecnica dedicata (EUS - FNA) campioni per valutazione citologica necessaria ai fini diagnostici.
Le manifestazioni cliniche delle LCP sono spesso atipiche: la diagnosi e il management di queste lesioni sono ancora oggetto di controversie. Molta enfasi è stata rivolta allo studio della dimensione e della forma delle lesioni, ma risulta indispensabile distinguere tra forme mucinose e non mucinose, e quindi tra maligne e benigne, per fornire al clinico gli strumenti per decidere quali di queste necessitino di approccio chirurgico piuttosto che di adeguato follow-up.
Inizialmente, l’inquadramento di pazienti affetti da lesione cistica pancreatica dovrebbe essere eseguita con tecnica radiologica dedicata, preferibilmente con RM di buona qualità (38).
Nel nostro studio i pazienti sono stati infatti valutati dopo esecuzione di tecnica radiologica (nello specifico 17 esami TC, 6 RM, 1 eco addome). Tra i nostri pazienti la TC addome è stato l’esame radiologico più utilizzato (70%),: tale dato risulta però casuale in quanto la metodica di imaging era stata richiesta per altri motivi e il riscontro di lesione cistica del pancreas risultava incidentale.
lesioni cistiche pancreatiche, identificandone localizzazione, dimensioni, forma, contorno, contenuto, presenza di setti interni, rapporti con il dotto pancreatico principale.
Confrontando i referti ecoendoscopici con i referti radiologici è emersa una maggiore accuratezza da parte dell’EUS nell’evidenziare i rapporti con il dotto pancreatico principale, le caratteristiche del fluido, la presenza di gettoni interni e la dilatazione dei dotti secondari nei casi di BD-IPMN. La TC e la RM, dall’altro lato, hanno evidenziato notevole accuratezza nell’evidenziare le dimensioni sia della lesione che delle eventuali dilatazioni associate. Quindi EUS si dimostra una tecnica superiore alla TC e alla RM per la caratterizzazione morfologica della lesione, soprattutto in relazione alla possibilità di identificare eventuali comunicazioni con il dotto di Wirsung e la presenza di componenti solide (41).
Rispetto alle metodiche di imaging EUS ha consentito, oltre alla valutazione ad alta risoluzione della morfologia della lesione cistica, aspirazione con ago sottile (FNA) di fluido per esame citologico ed analisi chimiche e molecolari. Tuttavia, si è evidenziato che non è sempre possibile riuscire ad ottenere campioni adeguati per lo studio della lesione.
Abbiamo ottenuto una concordanza tra analisi morfologica ecoendoscopica e citologica in 13 pazienti su 24, nello specifico per 6 lesioni non mucinose e 7 lesioni non mucinose. Le lesioni che hanno trovato concordanza al 100% tra EUS e citologico sono state le pseudocisti, mentre come si evince dalla tabella la maggiore discrepanza si è evidenziata con lesioni suggestive per cistoadenoma sieroso. Tale dato è supportato anche dalla letteratura: la diagnosi citologica di cistoadenoma sieroso è estremamente difficile e si basa sull’identificazione delle sue caratteristiche principali, quali la scarsa cellularità su sfondo prevalentemente chiaro, l’assenza di mucina extracellulare, frammenti di cellule cuboidali con assenza di necrosi, atipie e mitosi.
Uno studio del 2011 che ha preso in considerazione 128 pazienti sottoposti a EUS-FNA ha evidenziato come, nonostante la tecnica si dimostri adeguata, la diagnosi citologica e l’analisi del liquido cistico sono state ottenute rispettivamente nel 34% e 53% dei casi (37). Tali dati si discostano poco dalla nostra analisi in cui è stato possibile ottenere informazioni da analisi biochimica su liquido cistico in 9/24 pz (37%), e raggiungere una diagnosi citologica appropriata in 12/24 (50%).
In generale è possibile affermare che l’accuratezza diagnostica di EUS aumenta in maniera consistenza quando si associa FNA. La grande limitazione consiste però nel fatto che, se i dati relativi al campionamento di lesioni solide riportano valori di sensibilità e specificità di EUS-FNA rispettivamente al 91 % e 94%, il valore diagnostico di EUS-FNA per le LCP non è stato ancora stabilito, riportando range di sensibilità di EUS-FNA dal 22 % al 95% (42, 43).
L’analisi del liquido cistico, ottenuta mediante dosaggio di CEA ed amilasi, ha fornito risultati concordanti con la citologia solo nel caso di una pseudocisti, in cui ha mostrato valori di amilasi > 160.000. Interessante inoltre citare il caso di una donna di 69 anni, con diagnosi citologica di neoplasia cistica mucinosa, in cui il dosaggio di CEA è risultato 2.7, con valori di amilasi molto elevati (>500.000), evidenziando quindi notevole discrepanza.
Dobbiamo inoltre evidenziare che la metodica di dosaggio dei marker biochimici, per quanto accurata, è stata eseguita considerando il liquido pancreatico come liquido di altra provenienza (nel nostro laboratorio il dosaggio viene effettuato come liquido ascitico): ciò rappresenta un ulteriore limite a una metodica che mostra ancora molti aspetti poco chiari. Inoltre, come ha dimostrato uno studio, oltre alla limitazione legata all’adeguatezza del campione, la precisione della tecnica nel distinguere tra lesione mucinosa e non mucinosa è legata alla soglia scelta per l'interpretazione dei risultati delle analisi chimiche. Il valore di CEA risulta più attendibile come VPN,