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Social media e mercato editoriale: il caso Wattpad.

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

“Marketing e Ricerche di Mercato”

SOCIAL MEDIA E MERCATO EDITORIALE:

IL CASO WATTPAD

Candidata: Relatore:

Costanza Chilleri Marco Enrico Luigi

Guidi

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3

INDICE

INTRODUZIONE………..…5

1. IL COPYRIGHT………...…..7

1.1 DEFINIZIONE DI COPYRIGHT………...….7

1.2 LA NASCITA DEL COPYTIGHT………..…8

1.2.1 IL COPYRIGHT IN ITALIA……….….11

1.3 DIFFERENZA TRA IL COPYRIGHT E IL DIRITTO D’AUTORE……....12

1.4 IL FONDAMENTO GIURIDICO ECONOMICO DEL COPYRIGHT…....12

1.4.1 DIRITTI PATRIMONIALI……….……13

1.4.2 DIRITTI MORALI……….…….14

1.5 LA DURATA DEI DIRITTI DI COPYRIGHT……….……15

1.6 COM’E’ ECONOMICAMENTE GIUSTIFICATO IL DIRITTO DI AUTORE………..…19

1.6.1 APPROPRIAZIONE INDIRETTA………...20

1.7 IL COPYRIGHT NEL DIGITALE………....21

1.7.1 UN MONDO SENZA COPYRIGHT?...23

1.7.2 IL COPYLEFT………....23

2. IL MERCATO EDITORIALE………...…..…27

2.1 EVULUZIONE DELL’EDITORIA………...………27

2.2 IL MERCATO EDITORIALE ITALIANO……….………..31

2.3 L’AVVENTO DELL’E-BOOK……….……….34

2.4 LE MAGGIORI CASE EDITRICI……….………38

2.4.1 GRUPPO MONDADORI……….……...39

2.4.2 MESSAGGERIE ITALIANE SPA……….…42

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2.6 L’EDITORIA A PAGAMENTO………46

2.7 SELF-PUBLISHING………..48

3. IL CASO WATTPAD………..53

3.1 COS’E’ WATTPAD?...53

3.2 COME FUNZIONA WATTPAD?...54

3.3 WATTYS……….…...57

3.4 WATTPAD STUDIOS……….…………..58

3.5 PUBBLICAZIONI……….……….59

3.6 UN’INDAGINE EMPIRICA SU WATTPAD……….……..62

3.6.1 ANALISI DEI RISULTATI……….…...63

CONCLUSIONI………...73

ALLEGATI………..……….76

BIBLIOGRAFIA………..84

SITOGRAFIA……….………..87

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5

INTRODUZIONE

Il presente lavoro ha come oggetto l’analisi del mercato editoriale e l’introduzione di nuove metodologie per l’editoria.

Lo studio parte dall’analisi del copyright, in quanto la funzione essenziale di esso è di incentivare l’attività inventiva e creativa. Di fatto, si cerca quindi di creare monopoli e privilegi in capo agli autori, per poterli incentivare a produrre nuove opere per il beneficio collettivo, dalle quali possano ricavare un guadagno.

Attualmente siamo in una situazione di instabilità del sistema tradizionale di difesa del copyright. Gli studiosi si stanno interrogando sulla sua conformità: alcuni di essi sostengono il sistema tradizionale, altri ne vorrebbero la diminuzione o addirittura l’abolizione.

Nel corso di questi ultimi anni, uno dei fenomeni che si è fatto strada per coesistere con il sistema tradizionale è il copyleft, cioè un nuovo modello in cui l’autore (o il detentore dei diritti sull’opera) decide di distribuire le sue creazioni in un sistema più libero rispetto a quello della normativa vigente. Un tipo particolare analizzato nell’elaborato è il Creative Commons.

Lo studio prosegue con un’analisi del mercato editoriale italiano, partendo dall’evoluzione dell’editoria fino ad una analisi del ruolo dell’editore nelle diverse tipologie di case editrici.

Il mercato d’editore, secondo gli studi effettuati dall’Associazione Italiana Editori nell’anno 2016, ha avuto una crescita del fatturato complessivo (2,561 miliardi di euro) del +1,2% rispetto all’anno precedente, anche se, a causa del confronto con il fatturato del 2011 (3,1 miliardi), non è stato sufficiente per dare fine alla “crisi”.

Il vero problema dell’editoria italiana è il calo progressivo dei lettori di libri. L’Italia infatti, a confronto con gli altri paesi, presenta una tra le percentuali più basse di lettori (circa il 40,5%) tra i paesi europei/sviluppati. Questo dato è il

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6

principale problema della crescita nazionale dell’editoria, causa della grande differenza con le editorie continentali con cui ci confrontiamo.

Le tipologie di case editrici presenti sul mercato che sono state analizzate sono le case editrici tradizionali, che vedono il ruolo dell’editore al centro, ovvero colui che identifica un prodotto come valido e cerca di averlo dentro il suo portafoglio per venderlo ed avere profitti; l'editoria a pagamento, in inglese chiamata Vanity

press, cioè il segmento del mercato editoriale in cui la pubblicazione di un libro è

pagata principalmente dall'autore, direttamente o tramite l'acquisto di un numero prefissato di copie; ed infine il self-publishing, ovvero una serie di tecniche e metodi che permettono all’autore di un’opera di pubblicarla in proprio, bypassando i tradizionali canali dell’editoria classica.

Nell’ultima parte dell’elaborato è stato infine esaminato il caso Wattpad, il quale si rivela essere il più grande social network al mondo di lettori e scrittori, con 65 milioni di visitatori mensili. La funzione della piattaforma è quella di permettere di pubblicare online le proprie opere e di farle leggere e commentare dagli altri utenti, tutto in modo completamente gratuito. Le informazioni ricevute per la stesura del caso sono tratte da un questionario online su un campione di 240 utenti. In particolare, l’attenzione è stata rivolta ai motivi che spingono a utilizzare la piattaforma e a che cosa gli utenti si aspettano da essa.

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7 Capitolo primo

1. IL COPYRIGHT

1.1 DEFINIZIONE DEL COPYRIGHT

Il diritto d’autore è un istituto giuridico che tutela le opere di carattere creativo attraverso il riconoscimento all’autore dell’opera di una serie di diritti, sia di tipo morale, che riguardano la tutela della personalità dell’autore, che patrimoniale, riguardanti l’utilizzo economico dell’opera creata.

La funzione principale del copyright è la protezione dalla pirateria, perché depreda l’autore del suo profitto.

Il copyright protegge quindi l’espressione di un’idea, non un’idea in sé per sé. Nel caso in cui un autore scriva un libro su un particolare argomento, il copyright protegge l’autore dalla copia totale o parziale del proprio lavoro, ma non può impedire ad altri autori di scrivere su quel determinato argomento.

L’art. 1 della Legge sul diritto d’Autore prevede che siano protette le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono a:

• letteratura; • musica;

• arti figurative; • architettura;

• teatro e cinematografia;

• programmi per elaborare che vengono trattati come opere letterarie; in qualunque modo o forma di espressione.

Il copyright è utilizzato per tutelare e proteggere gli autori; nell’Art 12 della legge a protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio si esplicita infatti questo concetto:

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8

Ha altresì il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l'opera in ogni forma e modo originale, o derivato, nei limiti fissati da questa legge, ed in particolare con l'esercizio dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti.

È considerata come prima pubblicazione la prima forma di esercizio del diritto di utilizzazione.”1

Il copyright risponde a due scopi conflittuali, da un lato fornisce incentivi ai creatori delle opere dall’altro toglie benessere ai consumatori.

Il simbolo ©, formato da una C chiusa in un cerchio, viene utilizzato per indicare la presenza di copyright riservati nelle opere intellettuali, fatta eccezione di registrazioni sonore.

Figura 1: Simbolo Copyright

L’uso di questo simbolo è coperto nella Convenzione universale sul diritto d’autore adottata a Ginevra nel 1952 e poi riveduta a Parigi nel 1971.

1.2 LA NASCITA DEL COPYRIGHT

Nella storia dell’umanità il copyright è un’invenzione relativamente recente. Nell’antichità i grandi scrittori non firmavano contratti per pubblicare le loro opere.

La struttura socioeconomica delle grandi civiltà classiche, permetteva agli intellettuali di vivere della loro arte grazie al “mecenatismo”, in sostanza essi dovevano riuscire a trovare dei “clienti” che permettessero loro di continuare a

1 Legge a protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio

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far arte dandogli vitto e alloggio. Inoltre, nell’antichità le opere letterarie venivano riprodotte in pochissime copie e per mezzo della copiatura manuale. Solo in epoca moderna, con l’avvento della stampa a livello industriale, la produzione in serie e la riduzione dei costi fissi di produzione, e grazie all’aumento dell’alfabetizzazione, il libro è divenuto un oggetto comune destinato alla diffusione di massa.

È in questa fase che inizia a definirsi la compagine soggettiva classica del diritto d’autore, nella quale vi sono l’autore (cui spetta l’ideazione dell’opera e la sua estrinsecazione), l’editore (cui spetta la trasformazione dell’opera in bene di mercato, la produzione industriale delle copie e la loro commercializzazione) e il fruitore dell’opera (cui spetta la chiusura di questa ideale catena, con l’acquisto e l’utilizzo degli esemplari dell’opera)2.

Fra questi soggetti (autore, editore e fruitore dell’opera) iniziarono a istaurarsi dei rapporti di natura giuridica; in quanto ogni soggetto doveva tutelare i propri interessi per non creare squilibri a favore di chi deteneva più potere economico. In Inghilterra nel 1709 grazie allo Statuto della Regina Anna fu introdotto per la prima volta il concetto moderno di copyright. Lo scopo di questo nuovo istituto giuridico era quello di fornire gli strumenti per apportare maggior chiarezza e certezza giuridica tra gli autori delle opere, gli stampatori e gli operatori della catena di distribuzione e vendita. Questo statuto determinava in via esclusiva all’autore i diritti della sua opera, in modo tale che essi potessero poi cederlo allo stampatore dietro compenso. Ciò significò per l’autore il potere di bloccare la diffusione delle sue opere. Gli editori incrementarono il loro profitto grazie alla cessione dietro compenso, essendo coloro che possedevano i mezzi industriali e commerciali per trasformare un manoscritto in un’opera letteraria destinata ai consumatori. D’altro canto, gli autori nonavevano i mezzi per poter diffondere le proprie opere senza accettare le condizioni dello stampatore, ed erano pertanto obbligati a cedere le opere agli editori per la loro stampa e diffusione. Il trattato

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garantiva allo stampatore di un’opera una protezione legale di 14 anni, allo scadere dei quali il diritto di copia passava all’autore che a sua volta poteva beneficiarne per i 14 anni successivi.

Per quanto riguarda l’America, nella Costituzione degli Stati Uniti d’America del 1787 fu inserito un riferimento esplicito alla tutela della proprietà intellettuale; segnando la prima volta in cui questa viene citata all’interno di una carta costituzionale.

L’art. 1, Sez. VIII, co. 8, della Costituzione americana recita infatti: «Il Congresso avrà il potere di promuovere il progresso della scienza e di arti utili, garantendo per periodi limitati agli autori e agli inventori il diritto esclusivo sui loro scritti e sulle loro scoperte».3

Dal testo emerge come la funzione principale del copyright dovrebbe essere quella di promuovere il progresso culturale, incentivando gli autori a creare opere e costituire dei monopoli circoscritti.

Anche l’idea di diritto d’autore nasce verso la fine del 1700 sull’onda delle innovazioni portate dalla Rivoluzione francese e con l’affermazione dei principi dell’illuminismo, che aumentarono l’attenzione per i diritti degli individui.

La prima legge sul diritto d’autore viene scritta nel 1791 in Francia ed è chiamata legge “Le Chapelier”.

Al centro del testo si trova la nozione di proprietà su un’opera letteraria, considerata la forma più sacra e personale di possesso: essa deriva infatti dalla fatica creativa dell’autore e si fonda al momento del compimento dell’atto di creazione originale, per poi passare alla sfera pubblica nel momento della distribuzione dell’opera.4

In seguito alla dominazione napoleonica questo modello viene esportato in gran parte dell’Europa continentale, principalmente in Italia e Germania.

3 Alipranti “Capire il copyright” 2014 Pp 42 4 www.autoreinnuce.wordpress.com

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11 1.2.1 IL COPYRIGHT IN ITALIA

Un primo decreto in materia di diritto d’autore è stato emanato in Italia nel 1799 dal governo rivoluzionario piemontese. Successivamente, dopo la restaurazione, i diversi Stati della penisola redassero diversi provvedimenti legislativi, ma poiché ci si trovava in un momento di frammentazione politica, i provvedimenti legislativi ebbero un limitato ambito applicativo. Di conseguenza la Toscana, lo Stato Sardo e l’Austria, nel 1840 stipularono una convenzione per una protezione comune del diritto d’autore. Il testo era formato da 29 articoli, di cui il primo parlava di proprietà e definiva l’autore come proprietario della sua opera nel caso in cui questa fosse stata pubblicata all’interno degli Stati aderenti alla convenzione. Dal sesto al decimo articolo, la trattazione si spostava sul tema della contraffazione che comportava il pagamento di una certa somma di denaro all’autore per il danno subito. Il problema della durata del diritto d’autore veniva invece illustrato negli articoli dal 18 al 24, dove si stabiliva che tale diritto valesse per tutta la vita dell’autore e oltre, fino a trent’anni dopo la sua morte. Dopo l’unificazione d’Italia nel 1865, venne emanata la prima vera legge italiana sul diritto d’autore (poi tradotta nel testo unico del 19 settembre 1881 n.1012), che rimase in vigore fino al 1925, quando fu sostituita da una nuova normativa. La legge 22 aprile 1941 n. 633 e relativo regolamento del 18 giugno 1942 n. 1369, argomentano più estesamente ed efficacemente la materia grazie anche ad alcune sue successive modifiche e integrazioni, tuttora in vigore. Disposizioni sul diritto d’autore si trovano nel nostro Codice Civile del 1942 agli articoli 2575-2583.5

Come abbiamo visto, il copyright si è sviluppato in modo differente nelle nazioni, però in un quadro generale ci ritroviamo in una situazione in cui i diversi Stati debbano tra di loro collaborare per poter avere meno discrepanze possibili in ambito legislativo. Nonostante ci siano leggi diverse all’interno di ogni stato, si sono infatti susseguiti negli anni alcuni trattati internazionali per omologare la

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disciplina ed avere una normativa sovranazionale per tutelare gli autori in tutti i diversi stati. Attualmente in vigore c’è la Convenzione di Berna.

1.3 DIFFERENZA TRA IL COPYRIGHT E IL DIRITTO

D’AUTORE

Nella terminologia comune spesso il termine copyright e diritto d’autore vengono utilizzati come sinonimi o come se l’uno fosse la traduzione letteraria dell’altro, sebbene in realtà presentino delle differenze sostanziali. In primo luogo, c’è una differenza semantica: “Copyright” significa letteralmente diritto di copia ed è riferito al diritto del distributore e produttore dell’opera, mentre “diritto d’autore” è un concetto diverso, che comprende sia i diritti morali che patrimoniali riconosciuti agli autori delle opere. In secondo luogo, c’è una differenza concettuale: nei paesi anglosassoni si parla di copyright in quanto viene messo al centro del diritto non l’autore ma il soggetto imprenditoriale; mentre nei paesi con influenze napoleoniche (Francia, Germania e Italia) è l’autore che detiene e mantiene il controllo dell’opera. Un’ulteriore differenza è che il copyright nei sistemi anglosassoni nasce con il deposito dell’opera all’Ufficio Copyright, invece il diritto d’autore si ottiene semplicemente con la creazione dell’opera senza che sia necessario alcun deposito formale.

Bisogna tuttavia sottolineare che le differenze tra i due modelli vanno sempre più a diminuire nel corso degli anni, grazie ad una serie di trattati internazionali. Detti trattati sono confluiti nella Convenzione di Berna – la cui ultima revisione è del 1971 – ad uniformare la tutela del diritto d’autore nei diversi paesi. Tra i due modelli è stato il sistema di copyright ad avere la meglio e diffondersi.

1.4

IL

FONDAMENTO

GIURIDICO-ECONOMICO

DEL

COPYRIGHT IN ITALIA

Come abbiamo visto, il diritto d’autore nasce in risposta a determinate esigenze di natura sociale ed economica. La funzione essenziale del diritto sulla proprietà intellettuale è di incentivare l’attività inventiva e creativa. Si cerca quindi di

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creare monopoli e privilegi in capo agli autori, per poter incentivarli a produrre sempre nuove opere per il beneficio collettivo, in modo che possano guadagnare grazie alla creazione di opere.

1.4.1 DIRITTI PATRIMONIALI

La legge riconosce all’autore dei diritti di tipo patrimoniale, cioè l’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti determinati dalla legge. La particolarità del diritto esclusivo sui beni immateriali (come sono le opere d’ingegno) è che l’uso dello stesso da parte di un soggetto non precluda l’utilizzo da parte degli altri soggetti. Se un autore inviasse il proprio lavoro a più case editrici ogni editore potrebbe pubblicarlo e produrlo, qualora non ci fosse il diritto esclusivo, semplicemente con la ricezione di esso; inoltre come già detto non c’è un limite naturale allo sfruttamento dei beni immateriali. L’autore tramite contratto può cedere il proprio diritto di esclusiva ad un altro soggetto, quest’ultimo diventa il nuovo titolare delle prerogative legate alla tutela e sfruttamento dell’opera, cioè solo esso può sfruttare quell’opera, e lo stesso autore dovrà rendere conto degli utilizzi delle sue opere al soggetto a cui ha ceduto l’esclusiva.

Nei contratti è il soggetto dotato di maggiore potere a dettare le regole; ad esempio un autore emergente dovrà adattarsi a quello che imporrà l’editore per pubblicare il proprio libro mentre un autore famoso potrà avanzare le proprie richieste all’editore, il quale sarà disposto ad accontentarlo per ottenere l’esclusiva del nuovo libro.

Il diritto di esclusiva può essere quindi definito come la base del sistema del diritto d’autore. Attraverso la cessione dei diritti esclusivi si forma l’intero tessuto dei rapporti contrattuali sull’utilizzo e lo sfruttamento economico dell’opera.

La trasmissione dei diritti di natura economica deve essere messa per iscritto, tramite contratto. È possibile fare contratti per:

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• cessione dei diritti: in questo tipo di contratto si trasferisce la titolarità dei diritti sull’opera e l’autore non potrà più esercitarli;

• licenza dei diritti: si trasferisce l’esercizio su alcuni o tutti i diritti patrimoniali, ma l’autore rimane titolare dei diritti dell’opera, quindi allo scadere dei termini del contratto, l’autore riprenderà i pieni diritti. La licenza più essere concessa anche a più soggetti.

.

1.4.2 I DIRITTI MORALI

La legge, oltre ai diritti di tipo patrimoniale, riconosce all’autore anche i diritti morali, definiti come diritti relativi alla sfera personale. La loro peculiarità è che essi sorgono in capo all’autore automaticamente con la creazione dell’opera e sono legati al rispetto e alla reputazione dell’autore, andando anche al di là della sua morte, dopo la quale vengono trasmessi agli eredi. La differenza tra i diritti patrimoniali e quelli morali è che i secondi sono inalienabili, ovvero non possono essere ceduti in nessuna forma. Possiamo definire quindi lo scopo del diritto morale quello di proteggere la personalità dell’autore che si manifesta nella sua opera.

I diritti morali si regolamentano dall’ art 20 al 24 della legge sul diritto d’autore e precisamente sono:

• il diritto a rivendicare la paternità dell’opera, anche in caso di autore anonimo e pseudonimo, questo diritto è irrinunciabile e intrasmissibile; • il diritto di opporsi a deformazioni o mutilazioni dell’opera che siano di

pregiudizio all’onore e alla reputazione dell’autore;

Art. 20 LDA (comma I)

“Indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera [...], ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto

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a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”6

L’autore inoltre, ha altri due diritti, che possono essere considerati sia morali che patrimoniali, e sono:

• Il diritto di inedito, ovvero il diritto di poter scegliere se divulgare la propria opera e quando, dove, come farlo;

• Il diritto di ritiro dell’opera dal commercio, diritto che può essere esercitato solo per gravi ragioni morali, e che prevede che l’autore avrà l’obbligo di risarcire i soggetti a cui ha ceduto i diritti economici.

1.5 LA DURATA DEI DIRITTI DI COPYRIGHT

La durata dei diritti di utilizzazione economica è indicata dall’art. 25 della legge italiana, ed è anche riconosciuta a livello internazionale.

“I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.” 7

Se ad esempio ci fossero più autori per un’opera, la durata di utilizzazione economica si esaurisce dopo 70 anni dalla morte dell’ultimo autore. Invece nelle opere collettive, dove i vari autori sono distinguibili e scindibili, la durata del diritto si basa sulla vita di ciascun autore.

Quindi, dopo la morte dell’autore, il diritto d’autore passa agli eredi, ed esso deve rimanere indiviso per il periodo di tre anni dopo la morte, salvo casi speciali.

Decorso tale periodo, gli eredi possono stabilire in comune accordo, che il diritto rimanga in comunione per un periodo specifico, oppure che venga suddiviso.

6 Legge a protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio

(Legge 22 aprile 1941, n. 633)

7 Legge a protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio

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Trascorsi i 70 anni dopo la morte dell’autore, l’opera si considera “caduta in pubblico dominio”, ovvero vengono meno i diritti patrimoniali dell’autore ma non quelli morali.

Un esempio di caduta in pubblico dominio in anni recenti è il caso del libro Il

Piccolo Principe, il cui autore, Antoine de Saint-Exupéry, è deceduto nel 1944.

Questo significa che il libro può essere pubblicato liberamente da chiunque, ma il titolo del libro e le illustrazioni non sono utilizzabili, perché non sono di Saint-Exupéry, ma di editori non ancora decaduti. La conseguenza più concreta per noi lettori sarà quella di poter trovare il libro anche online gratuitamente, grazie ad esempio a Google Books. Diversi economisti si domandano come questa estensione a 70 anni dopo la morte degli autori sia giustificata a livello economico. È un incentivo per gli autori a produrre opere creative, o fa trarre benefici solo alle grandi case editrici, musicali, cinematografiche ecc.?

Una prima risposta può essere che il successo di un lavoro è incerto e potrebbe arrivare molti anni dopo la prima edizione, quindi un lungo copyright è una garanzia aggiuntiva per l'autore e i suoi beneficiari per ottenere un profitto, anche molti anni dopo.

Una seconda risposta invece è stata l’influenza dei gruppi d’interesse ad estendere il copyright fino a 70 anni dopo la morte. Negli Stati Uniti nel 1909 con l’ U.S. Copyright Act si iniziò ad ampliare il numero delle categorie protette, e la durata dei diritti di copyright vennero estesi a 28 anni, più un rinnovo di 14 anni. Possiamo cominciare la nostra analisi chiedendoci quanto bene abbia funzionato la revisione del copyright del 1909: ha aumentato il ritmo con cui i libri e altri nuovi prodotti tutelabili dal copyright venivano prodotti negli Stati Uniti? Apparentemente no. Perfino ignorando il fatto che, in quel periodo, si registrò un enorme incremento dell’alfabetismo, nei quarant’anni che seguirono

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il Copyright Act del 1909 l’aumento nelle registrazioni di lavori letterari, in rapporto alla popolazione, risulta impalpabile, come mostrato in Tabella 18

Anno Registrazioni/Popolazione

1900 0,13%

1925 0,14%

1950 0,14%

Tab 1: Rapporto tra la popolazione e Registrazioni di opere Fonte: www.copyright.gov/repors/annual/2000/appendices.pdf

Negli anni a seguire ci furono diverse leggi che estesero ancora i diritti di copyright, tra cui una legge americana, la Sonny Bono Copyright Term Extension

Act del 1998, che ha esteso la durata del copyright non solo per le nuove opere

ma anche retroattivamente, ovvero anche a tutte le opere scritte prima dell’emissione della legge. Questo era l’obbiettivo principale delle lobbies mediatiche americane, prima tra queste la Disney Corporation, dopo che Walt Disney aveva inventato Topolino negli anni Trenta ed il copyright sarebbe scaduto entro pochi anni se la legge non fosse stata retroattiva.

8 M. Boldrin, D.K. Levine “Abolire la proprietà intellettuale. Copyright e brevetti costituiscono un male inutile perché non generano maggiore innovazione ma solo ostacoli alla diffusione di nuove idee.” Gius. Laterza e figli; 2012 pp 106

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Figura 2: Evoluzione della durata del copyright negli Stati Uniti Fonte: www.marchiebrevettiweb.it

L’estensione del 40% della durata del copyright non ha portato ad un aumento della produzione artistica perché gli anni aggiunti riguardavano un futuro remoto per l’autore, ed il valore economico era minimo. Invece per le case editrici o musicali, questo portò ad un aumento dei profitti notevoli per ogni anno in più di

copyright.

Possiamo quindi concludere che l’aumento della durata del copyright non portò ad un aumento delle opere creative in quanto non è un incentivo sufficiente per gli autori, ma porta benefici di carattere economico per le grandi case editrici.

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1.6 COM’E’ ECONOMICAMENTE GIUSTIFICATO IL DIRITTO

D’AUTORE

La prima funzione del copyright è la protezione contro la pirateria, cioè la riproduzione identica di un'opera da parte di terzi. Gli economisti considerano questa funzione come base dello studio tra incentivi e accesso alle opere.

La pirateria può essere organizzata su larga scala, ovvero con un piccolo numero di agenti che producono e distribuiscono molte copie, oppure attuata dai consumatori su piccola scala, cioè un gran numero di agenti che fanno poche copie.

Le informazioni possono essere riprodotte in due modi:

• verticalmente: ogni consumatore fa una copia da un'altra copia, la qualità della copia dovrebbe essere inferiore a quella originale e quindi il valore delle copie via via diminuisce, fino ad arrivare al di sotto del costo unitario di produzione. Un esempio è il caso delle fotocopie: se continuiamo a fare fotocopie alle fotocopie arriveremo ad un punto in cui non si vedranno neppure le parole e quindi sarebbe un costo inutile. Adesso però con la riproduzione digitale non abbiamo nessuna degradazione della qualità, possiamo fare copie all’infinito.

• Orizzontalmente: tutte le copie sono fatte dall’originale. In questo caso le copie di un libro vengono fatte sempre dal testo originale come avviene nelle biblioteche.

• Mista: le copie vengono eseguite sia verticalmente che orizzontalmente. Il copyright può anche ottenere un guadagno in base all’efficienza allocativa. Questo avviene quando il titolare dei diritti ha una produzione meno costosa per la riproduzione delle opere rispetto a chi produce illegalmente in quanto può sfruttare le economie di scala. La superiorità tecnologica del proprietario dei diritti in relazione ai pirati può anche essere artificiale. Questo accade quando le opere originali sono prodotte in formati difficili da copiare, un esempio potrebbe essere produrre un libro con colori che non si fotocopiano bene. L'aumento dei

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costi e la diminuzione della qualità per chi vuole copiare il libro dissuaderanno alcuni a produrre copie pirata, e quindi saranno venduti più testi originali. In questo caso non c’è alcun guadagno in termini di efficienza allocativa nel limitare la pirateria. Questo tipo di protezione fisica serve per integrare il

copyright.

1.6.1 APPROPRIAZIONE INDIRETTA

Piuttosto che prevenire la pirateria è possibile sfruttarla: in questo caso si parla di appropriazione indiretta, ed il copyright può essere usato per controllare la produzione di copie da parte di terzi. Ció si applica quando il produttore originale si appropria del valore (utilità del consumatore) creato dalle copie, ad esempio gli abbonamenti alle riviste nelle biblioteche universitarie sono venduti ad un prezzo più alto rispetto ai consumatori privati, cosi la biblioteca paga al produttore anche i diritti sulle fotocopie. L'appropriazione indiretta è possibile però solo se il produttore degli originali può praticare la discriminazione dei prezzi.

Il meccanismo di appropriazione indiretta può essere compreso meglio attraverso questo esempio.

Supponiamo che leggere un articolo di giornale generi utilità di U (0) = 20 se il lettore ha accesso all'originale e ad ogni fotocopia riduce il valore del documento della metà. Il lettore quindi gode di utilità di U (1) = 10 con una fotocopia dell'originale, e U (2) = 5 con a fotocopia di una fotocopia. Ogni fotocopia costa C = 4, quindi possiamo vedere come non valga la pena fare più di due fotocopie successive, poiché U (3) = 2,5 <C.9

Ipotizziamo anche che il produttore dell'originale abbia accesso solo a due consumatori, A e B. Il consumatore A che legge e basta ed il consumatore B che invece fotocopia il libro e vende la fotocopia a C, che a sua volta può vendere una copia della sua copia a D.

In questo caso, A acquista un originale al prezzo di p = U (0) = 20.

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Però la domanda che ci poniamo è: che prezzo è disposto a pagare B per l’acquisto di un originale?

Partiamo da D, che è disposto a pagare p = U (2) = 5. B può quindi vendere la prima fotocopia dell'articolo a C al prezzo di U (2) + U (1) = 15. B acquista l’originale ad un prezzo pari alla somma del profitto (15) e dell’utilità (20) che ne deriverà, cioè p = 35. Il profitto finale per il produttore degli originali è 20 + 35 = 55, che è la somma dell'utilità di tutti e due i consumatori.

Quindi se il produttore può applicare la discriminazione dei prezzi otterrà un profitto maggiore. Ovviamente ci sono degli inconvenienti, ad esempio nelle biblioteche i prezzi per le riviste possono aumentare molto e quindi diventare insostenibili, inoltre l’aumento dei prezzi incoraggia sempre di più la pirateria, innescando cosí un circolo senza fine.

1.7 IL COPYRAGHT NEL DIGITALE

La più rivoluzionaria novità introdotta dallo sviluppo tecnologico è quella del digitale. Le nuove tecnologie hanno radicalmente cambiato le condizioni in cui la letteratura e le opere artistiche sono create e diffuse. Qualsiasi tipo di opera, vecchia o nuova, può essere digitalizzata. Ad esempio, se vogliamo digitalizzare una fotografia cartacea dobbiamo passarla allo scanner e ’salvarla’ sull’hard-disk in un formato come ’jpg’.

La digitalizzazione garantisce principalmente tre effetti:

• la precisione: la duplicazione di informazioni da supporti digitali genera delle copie perfette del file originale, pertanto non c’è nessuna perdita di qualità tra la copia e l’originale.

• La compattezza e la facilità di ’stoccaggio’: la differenza tra i formati tradizionali e quelli digitali è che questi occupano delle frazioni minuscole dell’hard disk, mentre i formati tradizionali occupano spazio fisico. Un vantaggio quindi del digitale è la facilità di archiviazione. Ad esempio, in un Cd può essere inserito un intero locale di una biblioteca.

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• La malleabilità delle informazioni: i dati digitali che un individuo ha immagazzinato sono modificabili, aggiornabili, scomponibili, assemblabili un’infinità di volte se colui è in gradi di farlo.

Le opere digitali possono essere copiate un’infinità di volte senza perdita di qualità, ed essere riprodotte e trasmesse orizzontalmente o verticalmente in qualsiasi quantità. L’unico ostacolo fisico alla pirateria è quello di identificare e contattare gli utenti interessati ad una copia: infatti se pubblicizzassero le loro opere digitali ai potenziali clienti, inevitabilmente le pubblicizzerebbero anche alle autorità giudiziarie. Questo pone un limite all’estensione alla pirateria: quanto più grandi le organizzazioni diventano e acquistano popolarità, tanto maggiori saranno le probabilità di essere scoperte.

Secondo l'indagine 2002 Business Software Alliance condotta in 85 paesi, il tasso di pirateria del software misurato come percentuale di software senza licenza installato era il 40% nel 2001, causando perdite di circa $ 11 miliardi.10

Attraverso la tecnologia digitale si estende anche la portata legale del diritto d’autore. Nel caso di file digitali di un’opera letteraria ad esempio, il file comprato sotto licenza per singolo utente viene archiviato sul computer, ma l’autore ha un diritto su ogni singolo uso della versione digitale, e l’utente quindi non può prestare o mandare il file a terzi. Quando un consumatore compra un libro invece, questo può essere prestato o dato ad un altro consumatore legalmente. Possiamo affermare che da un punto di vista giuridico, le nuove tecnologie rafforzano il monopolio legale conferito dal copyright.

Una soluzione contro la pirateria delle versioni digitali può essere l’utilizzo della crittografia.

La crittografia viene impiegata per limitare il numero di copie e per riuscire a rintracciare i file scaricati da Internet, garantendo una diffusione controllata dal

copyright. Questa tecnologia estende il potere di mercato degli autori o editori,

causando prezzi di monopolio e perdita secca di benessere per i consumatori.

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Ci sono stati dei provvedimenti per limitare il potere di mercato degli autori/editori. Il primo provvedimento è stato adottato negli Stati Uniti, il Digital

Millennium Copyright Act nel 1998 nel quale si esentava dal diritto di copyright

per usi educativi. In seguito nel 2001, la direttiva europea esclude dal campo di applicazione del copyright le copie tecniche salvate su computer e memorie. 1.7.1. UN MONDO SENZA COPYRIGHT?

Attualmente siamo in una situazione di instabilità del sistema tradizionale di difesa del copyright. Gli studiosi si stanno interrogando sulla conformità del sistema di copyright: alcuni di essi sostengono il sistema tradizionale, altri invece vorrebbero la diminuzione o addirittura l’abolizione del copyright. Gli economisti sostenitori dell’abolizione del copyright, ritengono che gli ostacoli ad un libero accesso alle opere di ingegno potrebbero, a lungo tempo, condurre la comunità ad un rallentamento nella crescita della collettività stessa. Esistono ad oggi dei veri e propri movimenti come il software libero, l’opencontent ed il

no-copyright che si stanno battendo per ottenere abolizione.

Al momento però immaginare un mondo in cui vengano meno tali tutele del diritto d’autore è difficoltoso, poiché il sistema economico non è ancora pronto per l’eliminazione totale del copyright. Ci sarebbero infatti problemi di sostenibilità macroeconomica: i settori industriali produttori di beni soggetti a

copyright che fanno parte dei pilastri dell’economia mondiale, con l’abolizione

del diritto d’autore crollerebbero causando ingenti danni al sistema economico, portando inoltre alla perdita dei vantaggi nella divisone del lavoro tra autori ed editori.

1.7.2 Il COPYLEFT

Uno dei fenomeni che si è fatto strada per coesistere con il sistema tradizionale è il copyleft, cioè un nuovo modello dove l’autore (o il detentore dei diritti sull’opera) decide di distribuire le sue creazioni in un sistema più libero rispetto a quello della normativa vigente.Il copyleft dunque si fonda strettamente sul diritto d’autore ed è grazie a quest’ultimo che può esistere e funzionare. Il modello

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nasce negli anni ’80 nel campo dell’informatica e si è poi diffuso in ambito artistico con opere letterarie, grafica, musica ecc.

Sono state ipotizzate interessanti soluzioni di innovazioni da parte di alcuni studiosi per superare il modello tradizionale.

Un primo autore a proporre un’alternativa fu William Fisher nel suo libro

Promises to Keep del 2004. Egli propose un innovativo modello di

remunerazione per gli autori e produttori di contenuti creativi. Fisher sostenne che per entrare in possesso di contenuti creativi in rete, gli utenti dovrebbero pagare un canone, chiamato “flat”, che può essere differenziato in base ai tipi di contenuti, esattamente come accade con i pacchetti della tv satellitare. Contestualmente, ogni tipo di contenuto creativo dovrebbe fin da subito essere distribuito in formato digitale per mezzo di Internet, e ogni file dovrebbe essere contrassegnato con una sorta di numero di matricola virtuale (i cosiddetti metadati, criptati all’interno del file) che lo renda riconoscibile con certezza e precisione da qualsiasi sistema informatico.11 Con questa soluzione sarebbe più facile monitorare la diffusione di un’opera in rete ed attribuire canoni in modo equo e preciso.

Un secondo autore fu Lawrence Lessig nel suo libro Cultura libera. Un

equilibrio fra anarchia e controllo, contro l’estremismo della proprietà intellettuale del 2005. Egli riprese la teoria precedente di Fisher ed apportò

alcune considerazioni aggiuntive. Lessing infatti, vede il modello di Fisher non come un’alternativa al sistema tradizionale di copyright, ma come una integrazione al modello. Inoltre, Lessing è uno dei fondatori di Creative

Commons insieme a James Boyle e Hal Abelson. Creative Commons è una

organizzazione non profit il quale scopo è di realizzare un livello di copyright ragionevole che consenta un uso più ampio delle opere senza far rimettere economicamente gli autori. L’organizzazione ha quindi sviluppato un modello nel quale, grazie a dei semplici tag (nel codice HTML) legati a descrizioni che le

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persone possono leggere e vincolati da licenze, viene estesa la portata del copyright. Questi fattori costituiscono una licenza Creative Commons, che rappresenta una garanzia per la libertà di chiunque vi abbia accesso ed una manifestazione del fatto che l’autore associato a quella licenza crede in qualcosa di diverso dal modello tradizionale. Il contenuto sotto licenza quindi viene contrassegnato dal logo CC, il quale indica che alcuni diritti sono riservati; ad esempio un autore può scegliere una licenza che consenta un qualsiasi utilizzo, purché venga citata la paternità dell’opera, oppure una licenza che permetta soltanto l’uso non commerciale. Il punto principale di questo progetto è che esso non è in competizione con il copyright ma ne è un suo completamento. Il suo obiettivo principale non è eliminare i diritti degli autori, ma facilitare ai creatori l’esercizio dei propri diritti in un modo più flessibile e meno oneroso.12 I fondatori di tale progetto ritengono che esso faciliterà la diffusione della creatività.

Figura 3:Il simbolo CC di Creative Commons è infatti in una posizione mediana fra il copyright e il pubblico dominio.

Fonte: www.creativecommons.org

Un terzo studioso è il professore Marco Ricolfi il quale ha proposto un nuovo tipo di copyright, il “Copyright 2.0”; che si fonda sull’idea che tutte le opere devono stare nel pubblico dominio, tranne quelle degli autori che vogliono diversamente. Quindi un autore che desidera una tutela completa dovrà farne espressa richiesta all’apposito ufficio, il quale gli concederà una tutela in un lasso di tempo definito, eventualmente rinnovabile, ma comunque limitato; mentre

12 L. Lessig, Cultura libera. “Un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l’estremismo della proprietà intellettuale”. Apogeo, Milano, 2005. Pp262

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l’autore che non ha questa esigenza non dovrà fare nulla e avrà una tutela meno ampia, ad esempio al riconoscimento della sua paternità sull’opera.

Attualmente però, il sistema tradizionale è all’opposto, e tutte le opere di ingegno che rispettino i requisiti minimi di tutela sono automaticamente sotto copyright anche se il detentore dei diritti non è interessato ad avere una tutela così totale. Questo nuovo approccio di Ricolfi sarebbe davvero innovativo, in quanto permetterebbe di unire le esigenze delle industrie con quelle del mondo digitale.

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Capitolo secondo 2. IL MERCATO EDITORIALE

2.1 EVOLUZIONE DELL’EDITORIA

Per editoria si intende l’industria che ha per oggetto la pubblicazione e distribuzione di libri e in genere di opere a stampa come giornali e periodici. Possiamo far risalire le origini dell’editoria dall’invenzione della stampa nel 1454 da parte di Gutenberg. Il primo libro stampato nella storia dell’umanità fu la Bibbia. La grande idea di Gutenberg fu quella di riprodurre centinaia di volte un carattere originale in modo da poterlo utilizzare singolarmente più volte per formare parole e frasi. Questa tecnica rimase in auge per 500 anni nel sistema tipografico. A Gutenberg viene quindi riconosciuto il titolo di primo stampatore. Il primo editore come lo definiamo noi oggi fu Aldo Manuzio (1449-1515). Egli inizio l’attività di stampatore nel 1494, nella quale introdusse soluzioni originali ed inedite, curando il processo di preparazione del libro nel suo complesso e battendosi per l’introduzione di leggi per la protezione dal plagio.

Gli editori nella seconda metà del diciannovesimo secolo utilizzavano la stampa per la diffusione della lingua italiana, per creare un senso di unione nazionale. Negli anni compresi tra il 1836 ed il 1872, ci fu una quintuplicazione della produzione libraria, grazie allo sviluppo editoriale e tipografico. In Italia la situazione di sviluppo di imprese editoriali non fu omogenea in tutto il territorio nazionale: c’era una grande concentrazione al Centro-Nord ed una minima al Sud, che non riuscì a reggere la concorrenza. Un esempio fra tutti è quello di Nicola Zanichelli che acquistò due librerie, a Modena e a Bologna, ed aprì un giornale ed una tipografia, iniziando così la sua attività di editore. La situazione socioeconomica del Paese tra gli anni 1836 ed il 1872 era di povertà diffusa ed analfabetismo, per cui lo Stato si prefisse l’obiettivo di istruire la popolazione, spingendo molti editori a puntare sull’editoria scolastica. Nel frattempo, anche all’estero si resero conto delle potenzialità del mercato italiano, ed iniziarono quindi fenomeni di investimenti esteri sul territorio, un esempio fu lo svizzero

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Ulrico Hoelpli, che nel 1870 acquistò per corrispondenza una libreria milanese. Un altro fenomeno di investimento fu quello dei tedeschi Heinrich Otto Sperling e Richard Kupfer che nel 1899 si trasferirono a Milano per diffondere la cultura europea, ancora poco conosciuta in Italia.

Nel Novecento, sebbene non si debba parlare di crisi dell’editoria, si verificò una staticità nella produzione. In una prima fase infatti, l’aumento della scolarizzazione portò ad una maggiore confidenza con la lettura che finì per diventare anche svago del tempo libero per la borghesia; ed in seguito, con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si assistette ad un incremento di vendita di “testi da trincea”, ma si trattò comunque di una compensazione parziale di mancate vendite “naturali”.13

Con l’inizio della guerra nel 1914, benché Italia avesse dichiarato inizialmente la sua neutralità, ci furono delle conseguenze: la chiusura degli scambi con la Germania ed il trasferimento di uffici editoriali stranieri dall’Italia alla Svizzera. A guerra conclusa, gli editori sperarono in una svolta produttiva che però non si verificò, poiché gli editori durante la guerra avevano perso la loro solidità finanziaria, si era resa necessaria l’unione di capitali di diversi soggetti per sconfiggere la crisi: Treves e la Banca Zaccaria a Pisa, Bermporad e la Banca commerciale italiana, Arnoldo Mondadori e il Senatore Borletti, consigliere della Banca italiana di sconto.

Con l’avvento del fascismo, l’editoria subì svariati cambiamenti. Nel 1926 vennero emanate le “leggi fascistissime” e per l’editoria questo si tradusse in una “fascistizzazione della stampa”. La maggior parte degli editori aderirono a questo nuovo statuto, alcuni dei dissidenti furono: Gobetti, Formaggini, Guenda, Laterza, Einaudi e Corbaccio.

Il fascismo adottò una serie di attività di propaganda innovative nel Paese, ad esempio, per favorire la diffusione dei libri furono introdotte le vendite rateali, il

13 Annalisa Barbaglia, Piccola storia dell'editoria: vita, evoluzione e forme del principale veicolo della cultura: il libro. Milano: Modern publishing house, 2007. Pp 134.

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club del libro e la pubblicità radiofonica. Il fascismo puntò anche alla diffusione del libro italiano all’estero, attraverso sgravi fiscali e facilitazioni postali e ferroviarie per la spedizione di libri.

In un primo momento, anche se la produzione e la distribuzione era condizionata dal regime fascista, non si rese necessaria nessuna censura particolare nei confronti dei libri. Nel 1838 con l’introduzione delle leggi razziali, venne disposta una “bonifica dei libri”: vennero eliminati dai cataloghi tutti i testi di autori ebrei. Nel 1941 la censura si espanse ai gialli e ai fumetti americani. Presto si arrivò ad un controllo delle pubblicazioni, con il picco maggiore nel 1944, anno in cui vennero pubblicati solamente 2300 testi. La ripresa nell’editoria inizierà nel 1946, a guerra finita.

L’Italia sconfitta, dopo la Seconda guerra mondiale, si ritrovò in una situazione molto difficile sia dal punto di vista sociale che economico. Le case editrici che riuscirono durante la guerra a continuare a svolgere il loro lavoro avevano bisogno di aggiornare i propri contenuti, per assecondare le nuove aspirazioni ed in nuovi bisogni della Nazione.

In ambito editoriale, nel Paese, si osservarono almeno tre grandi innovazioni: • la diffusione su larga scala del libro in formato tascabile;

• l’apertura a nuovi autori provenienti dal mondo anglosassone; • la nascita di un filone editoriale di carattere politico-culturale;

Negli anni cinquanta, a Milano, grazie a queste innovazioni, si svilupparono case editrici importanti, come Garzanti, Feltrinelli, Adelphi, Il Saggiatore; mentre a Bologna, nel 1954, nasce la casa editrice Il Mulino.

Nel ventennio 1970-1990 si assistette da un lato ad un inedito fenomeno di concentrazione da parte di alcuni editori che si unirono fino a raggiungere quote di mercato e fatturati davvero imponenti, e dall’altro allo sviluppo di una

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costellazione di piccole e medie case editrici che si ritagliarono nicchie di mercato esigue, ma di indubbia qualità.14

La Rizzoli si fuse con il “Corriere della Sera” nel 1973, ed il gruppo avrà in seguito una serie di disavventure finanziarie che porteranno il quotidiano, nel 1981, ad un regime di amministrazione controllata.

La Mondadori, tra gli anni Ottanta e Novanta, venne acquistata da una finanziaria legata a Silvio Berlusconi, che in seguito acquisì atre case editrici come Electa e Einaudi.

Si fortificarono anche altri tre gruppi editoriali: la De Agostini, le Messaggerie italiane (leader nella distribuzione) e la Giunti.

Nonostante la grande offerta però, si assistette in questo periodo ad una scarsa voglia di leggere da parte del popolo italiano, e per tentare di risolvere il problema, vennero attuate co-produzioni con editori stranieri.

Il mercato editoriale si espanse negli anni Novanta nonostante il pubblico fosse contenuto. Un importante incentivo fu fornito dal cambio di strategie in ambito distributivo: si iniziò a distribuire i libri in edicola insieme ai quotidiani o riviste. Verso la fine degli anni Novanta, si assistette al fenomeno della letteratura su Internet. Inizialmente si pensava che Internet potesse sostituire i testi scritti, ed invece portò dei benefici in ambito editoriale che hanno permesso la nascita di progetti che miravano a velocizzare la diffusione del libro (come ad esempio Internet bookshop (Ibs) o Amazon).

Le case editrici in rete iniziarono a cercare talenti, grazie ad esempio a Blog o ad app. Ne è un esempio Wattpad, che sarà il nostro caso di studio nel capitolo successivo.

In conclusione, la storia ha dimostrato come Internet non contribuisce ad aumentare il numero di lettori, ma aiuta e facilita la circolazione dei libri stessi.

14 Piccola storia dell'editoria: vita, evoluzione e forme del principale veicolo della cultura:

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2.2 IL MERCATO EDITORIALE ITALIANO

Il mercato d’editore, secondo gli studi effettuati dall’Associazione Italiana Editori nell’anno 2016, ha avuto una crescita del fatturato complessivo (2,561 miliardi di euro) del +1,2% rispetto all’anno precedente, anche se a confronto con il fatturato del 2011 (3,1 miliardi) non è sufficiente per dare fine alla “crisi”. Ad oggi, è in crescita anche il numero di case editrici attive (+5,8% rispetto al 2015): sono 4.877 le case editrice che nel 2016 hanno pubblicato almeno un titolo. In totale le case editrici hanno pubblicato 66 mila titoli a stampa, in linea con gli anni precedenti.

Il vero problema della nostra editoria è il calo progressivo dei lettori di libri. L’Italia, a confronto con gli altri paesi, presenta tra le percentuali più basse di lettori (circa il 40,5%, vedi figura 1). Questo dato è il principale problema della crescita nazionale dell’editoria in quanto significa avere un mercato più piccolo rispetto alle editorie continentali con cui ci confrontiamo.

Figura 1: Percentuale di lettori in base alla popolazione

Fonte: Associazioni di categoria degli editori dei diversi Paesi 2016, Istat, Osservatorio Aie

Nel 2016 il numero di persone (con più di 6 anni) che hanno dichiarato di aver letto almeno un libro cartaceo non scolastico ha ripreso a calare, con un

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preoccupante - 3,1%. La lettura di libri è diminuita tra i lettori deboli e occasionali (-4%) e tra i forti lettori (più di 12 libri all’anno: -0,4%), tra le donne, e tra i bambini e ragazzi (che leggono comunque più della media della popolazione). Non è chiaro quanto di questi risultati sia frutto di processi legati al diverso uso del tempo, di tecnologie mobile (smartphone), di sostituzione (dall’abbandono del libro alla lettura dell’ebook) o piuttosto di integrazione tra forme diverse di lettura effettuate su devices differenti. Per il lettore, carta e digitale sono diventati intercambiabili, a seconda delle occasioni e delle necessità del momento.

Nel 2016 quasi 4,2 milioni di persone hanno dichiarato di aver letto anche un solo e-book negli ultimi 3 mesi, in leggero calo rispetto ai 4,7milioni del 2015. 15 In Italia i maggior lettori per fasce di età sono i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. I lettori di e-book diminuiscono gradualmente in base alla fascia d’età; ad esempio tra i 15 e 17 anni sono il 57%, invece tra i 45-54 sono solo il 32% (Fig.2). Se paragoniamo i dati dei lettori nel complesso, possiamo osservare come il numero di lettori diminuisce aumentando l’età anagrafica fino ai 44 anni, poi abbiamo una ripesa dei lettori di età compresa tra i 45-54, per poi subire un nuovo calo tra i 55 e 74 anni.

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Figura 2: Lettori per fasce d’età

Fonte: Osservatorio Aie sulle nuove forme di consumo editoriale e culturale (Pepe Research)

Inoltre, i prezzi medi di copertina dei libri, che in seguito alla crisi erano calati costantemente dal 2010 al 2014 (-14,7%), nel 2016 sono cresciuti del 2,8%. Sono passati quindi da 18,41 euro del 2015 a 18,93 euro nel 2016.

Dagli studi svolti dall’Associazione Italiana Editori si osserva come i canali di vendita siano in forte trasformazione. La libreria tradizionale si conferma come il principale canale dove i clienti acquistano libri, ma le nuove forme di commercio on-line stanno crescendo, erodendo le quote del commercio tradizionale che passano dal 78,6% nel 2010 al 69,6% nel 2017; nelle librerie tradizionali possiamo vedere una diminuzione degli acquisti nelle Gdo che nel 2010 detenevano? il 16,3% e nel 2017 detengono? il 9,1% ed un aumento degli acquisti nelle librerie di catena. Anche le librerie a condizione familiare dal 2010 ad oggi hanno subito un calo, passando dal 38.8% al 25,2%; mentre le librerie on-line hanno avuto una crescita elevata passando al 5,1% nel 2010 all’21.3% attuale.

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Figura 3: Canali di vendita

Fonte: Ufficio studi Aie su dati interni

2.4 L’AVVENTO DELL’E-BOOK

La nascita del libro digitale non è così recente come sembra; molti considerano infatti il primo libro digitale la trascrizione in rete della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America svolta dallo studente statunitense Michael S.Hart nel 1971, che rese disponibile a chiunque il documento digitale attraverso la rete.

Nel 1998 arriva per la prima volta sul mercato statunitense il reader per testi digitali.

Un altro anno importante per la diffusione dell’e-book è il 2004, quando la scoperta dell’inchiostro elettronico (e-link) da parte di Joe Jacobson nel 1996, viene applicata per la prima volta su un lettore elettronico in commercio. Gli schermi utilizzati precedentemente in LCD non avevano trovato grossi consensi, ed i lettori non definivano gradevole leggere i testi sullo schermo. Invece con l’introduzione dell’inchiostro elettronico, leggere testi sul display anche per ore

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era diventato possibile e piacevole in quanto l'e-link riflette la luce ambientale come un foglio di carta, mentre gli schermi normali usano la luce posteriore per illuminare i pixel.

Un aspetto che è importante sottolineare è la distinzione tra e-book ed un qualsiasi documento digitale. L’ e-book non è solo il documento cartaceo in forma digitale, ma cerca di replicare anche la forma. L’obiettivo è quello di rendere la lettura più simile possibile ad un libro cartaceo, imitando lo scorrere delle pagine e l’inserimento di segnalibri.

Per la lettura di un e-book sono necessari diversi componenti: • il documento elettronico di partenza o e-text;

• un formato elettronico con cui digitalizzare la pubblicazione; • un software di lettura compatibile con tale formato;

• un dispositivo hardware di lettura;

Quando il 14 marzo del 2000 la casa editrice Simon & Schuster pubblicò esclusivamente sul web il racconto di Stephen King, “Riding the Bullet”, distribuito al prezzo di 2,50 dollari, i lettori intasarono la rete per avere una copia: nelle prime 48 ore è stato acquistato e scaricato da 500.000 persone. Tuttavia, l’operazione non produsse gli esiti sperati nel lungo periodo, e il riscontro economico fu inferiore alle aspettative a causa della possibilità di scaricare piratescamente i testi e-book; pertanto, molti editori abbandonarono il progetto. Nel 2007 è stato l’Amazon Kindle il primo dispositivo di lettura ad affermarsi sul mercato globale; con le dimensioni di un libro tascabile, la possibilità di assortimento di 200 libri, e la capacità di riprodurre la qualità e la chiarezza di un testo stampato grazie alla tecnologia e-link. Amazon Kindle inoltre ha la connessione wireless per accedere gratuitamente all’e-commerce di Amazon, dove i lettori possono caricare i libri direttamente sul lettore ad un prezzo di 9,99 dollari.

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In Italia, a causa della riluttanza dell’editoria italiana, fino all’autunno del 2010 era difficoltoso trovare opere digitali disponibili in italiano. La prima piattaforma di distribuzione in Italia è stata Stealth, ed in seguito anche le più grandi case editrici hanno iniziato a vendere i libri in formato digitale.

In Italia dal 2010 ad oggi il mercato dell’e-book è cresciuto esponenzialmente, infatti, da una ricerca svolta dall’Associazione Editori Italiani, sono 4,2 milioni le persone che hanno dichiarato di aver letto anche un solo e-book negli ultimi 3 mesi. Nel 2016 è cresciuta anche la produzione di titoli di e-book (81.035 rispetto ai 62.544 dell’anno precedente). È importante far presente che la maggior parte dei lettori integra la lettura cartacea a quella degli e-book. Da ricerche recenti infatti, è stato rilevato che solo 1% legge esclusivamente e-book.

Nel 2017, il fatturato degli e-book è stato di circa 64milioni di euro.

Figura 4: Andamento del mercato e-Book a valore Fonte: Elaborazione Ufficio studi Aie su dati interni

Come si evince dal grafico riportato in Fig.4, nel 2016 gli italiani hanno comprato più di 900mila e-reader e 2,4milioni di tablet; e soprattutto hanno speso 3,6miliardi di euro per l’acquisto di smartphone, di cui una parte sempre più consistente con schermi da 5” - 7” e quindi con caratteristiche di portabilità e

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funzionalità maggiori. Queste caratteristiche hanno portato lo smartphone a diventare il dispositivo di riferimento per cercare e trovare informazioni, notizie, servizi e, sempre più spesso, leggere e-book e testi complessi.16

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38 2.5 LE MAGGIORI CASE EDITRICI

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Figura 5: Mappa dell’editoria in Italia Fonte: Associazione Italiana Editori

2.5.1 GRUPPO MONDADORI

Figura 6: Mappa del gruppo Mondadori Fonte: Associazione Italiani Editori

Il Gruppo Mondadori è il primo editore italiano di libri e riviste, sia stampate che digitali. Il Gruppo opera con oltre 600 store su tutto il territorio nazionale, occupandosi non solo di editoria ma anche di distribuzione.

Le principali aree di business del Gruppo sono attualmente: • libri;

• magazine (Italia e Francia); • retail.

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I ricavi maggiori per il Gruppo vengono dai Libri (36%), seguono i magazine Francesi (24%) e quelli Italiani (23%), il retail (15%) ed infine un 2% di altro (Fig.7).

Figura 7: Ricavi per area di business (bilancio 2016) Fonte: www.mondatori.it

I prodotti editoriali, in ambito trade, che rappresentano il core business del Gruppo sono le opere di narrativa, la saggistica ed i libri per ragazzi, sia in formato cartaceo che in e-book. Questi prodotti vengono messi sul mercato attraverso nove marchi editoriali: Mondadori, Giulio Einaudi editore, Piemme, Sperling & Kupfer (che include anche il marchio Frassinelli), Rizzoli, BUR, Fabbri Editori e Rizzoli Lizard.

In ambito dell’editoria scolastica si presenta sul mercato con Mondadori Education e Rizzoli Education, con oltre trenta marchi di proprietà e distributori. Nel retail che rappresenta il 15% ricavi del Gruppo è presente in Italia con Mondadori Retail ed è il più grande network di librerie d’Italia. I format distributivi sono: magastore, bookstore (sia direttamente controllati che in

franchising), Mondadori Point, e-commerce con mondadorestore.it e rizzoli.it ed

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Il settore magazine non è svolto solo in territorio nazionale ma anche internazionale.

In Italia la quota di mercato è pari al 31,7% a fine 2016, con oltre 37 milioni di contatti al mese, con quale si attesta primo editore italiano.

Nel 2016 il Gruppo acquista l’attività di Banzai, che include siti come Giallo Zafferano, PianetaDonna, Studenti.it e Mypersonaltrainer, ed è proprio grazie a questa acquisizione che Mondadori è diventato il primo editore italiano. Inoltre, distribuisce a livello nazionale i propri periodici così come quelli di terzi nelle edicole e negli abbonamenti, attraverso la società controllata Press- di Distribuzione Stampa e Multimedia.

A livello internazionale opera attraverso la controllata Mondadori International Business, con 31 edizioni internazionali pubblicate in 26 Paesi, attraverso

joint-venture, presenza diretta o accordi di licensing con editori internazionali. Il brand

più sviluppato all’estero è Grazia, che attualmente conta 24 edizioni di successo nel mondo, oltre 10 milioni di copie vendute al mese con oltre 17 milioni di lettori e 16 milioni di utenti unici al mese.17

Nel territorio francese il Gruppo è presente con Mondadori France dal 2006, ed è al terzo posto a livello di diffusione in Francia. Ha un portafoglio di 31 testate come ad esempio Grazie, Closer, Pleine Vie, Télé Star.

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42 2.5.2 MESSAGGERIE ITALIANE SPA

Figura 8: Mappa del gruppo Messaggerie Italiane Spa Fonte: Associazione Italiana Editori

Messaggerie nasce nel 1914 e fin da subito è una delle principali protagoniste nel mercato editoriale italiano, e attraverso 30 società controllate e collegate, è uno dei principali editori ed il più importante distributore indipendente, oltre ad essere leader nell’e-commerce librario italiano. Possiamo affermare che circa il 30% della produzione libraria passa attraverso il Gruppo Messaggerie.

Le Messaggerie opera su due principali aree di business: • distribuzione e commercio libri;

• editoria.

Le società facenti parte della stessa area di attività fanno capo ad una società che svolge il ruolo di holding industriale e che ha funzione di controllo.

Messaggerie Italiane Spa è la capogruppo. Il suo ruolo è quello tipico di una

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strategico e di coordinamento gestionale, oltre allo sviluppo di business in nuovi campi di attività. 18

Nel business di distribuzione e commercio di libri è Emmelibri la società che coordina tale attività; sono attivi nell’ingrosso, nelle librerie tradizionali e online, nella grande distribuzione e di libri in offerta. Nel 2015 il Gruppo Messaggerie ha stretto un’alleanza strategica con il Gruppo Feltrinelli per la distribuzione e l’ingrosso; è stata costruita una nuova società la EmmeEffe Libri, controllata al 70% da Messaggerie ed il 30% da Feltrinelli.

Nel settore di business dell’editoria è il Gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS) che si occupa di editoria; questa holding è controllata al 73,77% da Messaggerie, il 23% alla famiglia Spagnol ed il 3,23% da Andrea Micheli. Le case editrici principali di GeMS sono Longanesi, Tea, Corbaccio, Guenda, Garzanti, Vallardi e molti altri. I libri del gruppo vendono oltre il 18 milioni di copie direttamente ed altri 6 milioni attraverso le licenze a terzi, ed è attualmente al terzo posto per quota di mercato italiano.

Oltre alle prime due attività di business il gruppo si occupa anche di quotidiani e periodici e della formazione attraverso la Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri.

Il Gruppo Messaggerie si interessa anche allo sviluppo e all’innovazione, infatti attraverso “Lampi di stampa”, effettua stampe su richiesta ed è la prima casa editrice che svolge tale lavoro in Italia. E-Digita invece, sostiene e sviluppa il mercato dell’e-book, edattraverso tale piattaforma di distribuzione degli editori per gli editori, garantisce la diffusione dei libri digitali sia in Italia che nel mondo.

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44 2.6 L’EDITORE

Per continuare lo studio sull’editoria è importante soffermarsi a parlare anche del lavoro svolto dall’editore. Possiamo partire dalla definizione di Treccani: L’Editore è “Persona o azienda che fa stampare e pubblicare libri, giornali, opere musicali ecc., curandone la distribuzione e la vendita e assumendosene gli utili o le perdite, oppure l’imprenditore o la società che ha la proprietà o il controllo di una testata giornalistica o, anche, un’azienda che produce media e prodotti multimediali”19

L’editore è quindi un imprenditore, colui che identifica un prodotto come valido e cerca di averlo dentro il suo portafoglio per venderlo ed avere profitti.

Ogni anno le case editrici pubblicano complessivamente circa 60.000 libri nuovi; questo significa che alla casa editrice arrivano moltissimi libri tra cui scegliere. La domanda allora sorge spontanea: come fanno a scegliere tra tutti i libri che arrivano? Per questioni di tempo, gli editori preferiscono romanzi che necessitano di poche correzioni: un libro con una buona trama, ma con troppe correzioni da svolgere spesso viene cestinato perché viene ritenuto più profittevole passare a leggere il romanzo successivo, che perdere tempo a correggerlo.

Se invece un libro viene scelto per essere pubblicato, inizia il processo per la pubblicazione. Il primo passo è l’assegnazione di un editor: è un professionista a cui è affidata la cura di un testo altrui al fine di prepararlo per la pubblicazione; egli ovviamente fa le correzioni di sintassi, fa notare i passi falsi della trama che potrebbero far capire ad esempio troppo presto il finale, in sostanza aiuta a creare un romanzo “perfetto”.

Il secondo passo, quando il romanzo è pronto per la pubblicazione, è la scelta della copertina. Essa è la prima cosa che salta all’occhio quando entriamo in una libreria e quindi da non sottovalutare. Possiamo infatti definire la copertina come

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