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Sviluppo di un sistema di concia metal-free: poliglicerina come nuovo agente conciate.

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Academic year: 2021

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Introduzione

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INTRODUZIONE

La concia delle pelli è una delle attività umane di origine più remota. Le sue origini risalgono all’era dell’uomo primitivo quando “egli” si rese conto, che il valore di un animale non consisteva unicamente nella possibilità di ricavarne cibo o armi. Iniziarono infatti a utilizzare le pelli degli animali cacciati, per mimetizzarsi durante una battuta di caccia, per proteggersi dalle intemperie e dal freddo o per scopo ornamentale. L’uso di una pelle assolutamente priva di qualsiasi trattamento, rendeva i primitivi capi di abbigliamento non duraturi nel tempo a causa del naturale processo di decomposizione a cui la pelle andava incontro; i nostri antenati cercarono dei modi per ovviare a questo problema. La prima importante scoperta risalente all’epoca preistorica, è legata all’utilizzo delle pelli come materiale per costruire tende e capanne. Venne notato che il fumo prodotto dai focolai nelle vicinanze dei rifugi, permetteva la conservazione del pellame grazie alla sua azione antisettica. Questa tecnica, progenitrice della attuale concia alle aldeidi, si basava su composti organici contenuti in gran numero nel fumo del legno fresco. Successivamente, l’uso sempre maggiore della pelle, portò l’uomo primitivo a escogitare nuove e più efficaci tecniche per lavorarla e per scongiurare sempre più il pericolo derivato dalla putrefazione del materiale. Un grande passo in avanti nell’arte della concia, venne ottenuto in maniera quasi inconsapevole, immergendo le pelli in pozze d’acqua contenenti cortecce d’albero, foglie, rami e legni. Il pellame risultante, mostrava resistenza alla putrefazione. Questo fenomeno era legato alla presenza di importanti agenti naturali contenuti nei residui vegetali aventi potere conciante: i tannini. Queste sostanze di carattere fenolico, si rintracciano in tutti i vegetali e probabilmente la facile reperibilità, ha reso la concia con i tannini molto popolare. Questo tipo di trattamento, definito concia al vegetale, ha continuato a essere predominante nell’industria della pelle fino al 19° secolo, quando fu messo a punto il processo di concia al cromo.

Lo sviluppo di un mercato del settore, si può collocare intorno al 1200 quando nacquero le prime concerie. Queste fabbriche, non solo avevano una conoscenza del materiale da trattare, ma si svilupparono in maniera strategica in luoghi boscosi, ricchi di acqua e bestiame. Ecco che le prime localizzazioni conciarie si ebbero in città marinare come Pisa, Genova e Venezia.

Bisogna aspettare però, la seconda metà dell’Ottocento quando il processo conciario venne coinvolto in una vera e propria rivoluzione industriale: grazie alle innovazioni tecnologiche, si ebbe la sostituzione delle tradizionali vasche con bottali girevoli. L’invenzione del bottale

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ridusse notevolmente i tempi di realizzazione del prodotto finito. Il bottale è una macchina rotante su se stessa, nella quale vengono inseriti le pelli, l’acqua e i prodotti chimici.

Questa miglioria, insieme ai progressi realizzati nel campo della chimica durante il 19° secolo, sono stati di importanza vitale per segnare l’avvio dell’industria chimica conciaria. In particolar modo rilevante, fu la scoperta della concia al cromo nella quale vengono utilizzati i composti del cromo trivalente, che hanno la capacità di legarsi alla pelle in maniera stabile, rendendola imputrescibile. Le pelli alla fine di questa lavorazione, sono definite “wet-blue” per il caratteristico color azzurro chiaro che assumono. La concia al cromo è un processo che richiede solo poche ore per essere portata a termine, è una tecnica versatile poiché può essere applicata su pelli ovine, suine, bovine e caprine per produrre il cuoio utile a molti scopi (tranne che per il cuoio suola), è economica, conferisce una qualità eccellente agli articoli prodotti sia a livello merceologico che di requisiti meccanico-fisici e permette di ottenere una elevata stabilità termica. Grazie a queste caratteristiche, a oggi la concia al cromo, è il processo più diffuso: si stima infatti che circa l’80% del cuoio mondiale derivi da questa lavorazione.

Un processo alternativo alla concia con sali di cromo e tannini vegetali è la concia wet white. Il termine wet white, indica una pelle conciata esclusivamente con sostanze organiche quali tannini sintetici, vegetali e/o glutaraldeide, in alternativa con concianti minerali quali alluminio, zirconio o titanio. Nel caso in cui vengano utilizzati esclusivamente concianti organici è possibile ottenere pelli esenti da cromo e metalli pesanti, che vengono definite Metal-free.

Nell’ultimo decennio la maggior parte delle concerie (spinte anche dal mercato della moda, sempre più attento alle qualità ecologiche del pellame), hanno deciso di investire in tecnologia e ricerca per migliorare le loro performance e ottenere così prodotti sempre più competitivi e all’avanguardia, nel pieno rispetto dell’ambiente.

Nella gestione dei prodotti della filiera Moda inoltre, si è innescato un sempre crescente interesse verso marchi ecologici di tipo “volontario” che, a loro volta, descrivono nei propri disciplinari, ulteriori parametri e richieste restrittive, difficilmente raggiungibili con le tecniche di produzione normalmente utilizzate (sistemi di concia tradizionale), poiché non vengono richiesti esclusivamente criteri di sicurezza chimica dei processi e dei prodotti, ma principalmente fattori di sostenibilità ambientale del ciclo di vita degli articoli

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commercializzati (es. utilizzazione di prodotti metal free, biodegradabilità e riciclabilità dei prodotti stessi a fine vita).

In questo contesto, il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno di un progetto di ricerca e sviluppo di prodotto, poiché intende introdurre nel processo di concia, un prodotto conciante metal free, andando a sostituire i sistemi di concia tradizionali, con tutti i benefici che ne conseguono in termini di maggiore salubrità per i lavoratori del comparto e per gli utilizzatori finali, nonché per un miglioramento della qualità delle acque di scarico.

Per raggiungere questo obiettivo, si è deciso di testare un nuovo prodotto a matrice organica, innovativo ed ecocompatibile, in grado di generare un prodotto finale competitivo in termini di qualità organolettiche, merceologiche e prestazionali, in modo tale da renderlo idoneo per diverse tipologie di impiego.

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