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Cinema e città in Germania: le scenografie degli anni Venti-Trenta

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Academic year: 2021

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Claudia Lamberti

Cinema e città in Germania: le scenografie degli anni Venti-Trenta

Scena urbana del film di K. Martin, Von Morgens bis Mitternachts, 1920

Claudia Lamberti, dottore di ricerca in storia dell'architettura contemporanea, lavora presso l'Università di Pisa. Autrice di numerose pubblicazioni in ambito storico architettonico ed urbanistico dall'età bizantina al nostro secolo, è professore a contratto di Storia dell'architettura contemporanea alla Facoltà di Ingegneria di Pisa.

Invece di storie di singoli eroi, il cinema tedesco degli anni Venti e Trenta fa assurgere quale personaggio la città e segna il declino della visione antropocentrica e individualista, annullata dall’alienazione del singolo, la formalizzazione della vita urbana, l’impersonalità della metropoli.

Il cinema non descrive passivamente la realtà urbana, ma la analizza creativamente, sia dando valore all’esperienza psicologico-percettiva di chi detiene il punto di vista, sia stimolando la ricezione emotiva del pubblico. La scenarchitettura crea l’atmosfera del film, mirando ad essere uno spazio emozionale fatto di architetture, luci e ombre

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che raffigurino il mondo interiore dei protagonisti e che arrivino a toccare quello dello spettatore. Nei film di questo periodo compaiono spesso città cariche di deformazioni rappresentate nell’architettura stessa, tali da infondere un senso di pericolo e angoscia. Se nel cinema espressionista si raffigura una metropoli tetra, tentacolare, pericolosa, nei percorsi paralleli del cinema tedesco di quegli anni se ne presentano i moderni fasti e la dinamica attività.

Il film d'avanguardia mirava ad essere un’opera d’arte totale, coinvolgendo tutte le arti e attingendo ad altri tipi di spettacolo tramite la scenografia. Le architetture di scena sono esse stesse attrici protagoniste, ma studiando il rapporto tra cinema ed architettura, tra cinema ed urbanistica, non si dovrà dimenticare tutta la serie di elementi interrelati che contribuiscono a creare l’immagine della città sede del film, i cui tratti emergono anche grazie all’impiego delle luci, al montaggio, alle musiche di accompagnamento, alla recitazione.

Nelle scenografie si susseguono prima fondali dipinti, poi vere e proprie costruzioni tridimensionali in studio, infine riprese di città e architetture dal vivo. Il cinema in Germania concentra prevalentemente la sua attività nella città di Berlino, oggetto della rappresentazione, luogo della realizzazione dei film negli studios e sede delle prime proiezioni nelle più famose sale e cineteatri. Tuttavia si deve sottolineare la presenza sia di città reali sia di città fantastiche nella produzione filmica degli anni Venti-Trenta. Il cinema fu infatti lo spazio di libertà ove fondare nuove metropoli, la rappresentazione della terrifica immagine interiore della grande città o perfino, secondo Bruno Taut, un mezzo per valutare meglio le architetture esistenti.

Se si volessero presentare degli esempi di film tedeschi in cui è raffigurata la la città, si evidenzierebbero almeno 6 diverse immagini: la città onirica di Das Kabinett des Dr. Caligari, la città gotica ricostruita da un architetto espressionista di Der Golem, la contrapposizione tra città e campagna in Sunrise, il dinamismo della metropoli in Berlin, die Symphonie einer Großstadt, la città del futuro in Metropolis, la città pericolosa e insicura di M.

Disegno per la scenografia del film di R. Wiene,

Das Kabinett des Dr. Caligari, 1919-1920 Das Kabinett des Dr. Caligari

Das Kabinett des Dr. Caligari, fu girato da Robert Wiene e si basava su uno scritto del praghese Hans Janowitz. Il produttore Erich Pommer inserì il finale e il prologo, inquadrando la storia come il racconto di un folle e non come un reale accadimento. Il dottor Caligari, manovratore di un sonnambulo omicida, rappresentava il potere che rende gli uomini suoi inconsapevoli strumenti di morte. Ciò era particolarmente sovversivo per una pellicola dell’immediato primo dopoguerra, ma grazie alle aggiunte del produttore essa venne mutata in un film commerciale.

Il film è ambientato attorno al 1830 nell'immaginaria cittadina di Holstenwall. I paesaggi urbani, ricostruiti in studio, sono irrealistici e visionari, di chiara ascendenza pittorica. Proprio a pittori e architetti di scena appartenenti a Der Sturm fu affidata la realizzazione delle scenografie, pensando il film in termini di disegni viventi intessuti di un sapore allucinatorio. Le prospettive alterate, le linee oblique, le deformazioni grafiche, unite alla suggestiva illuminazione, al

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rapporto tra luci e ombre e alla stilizzata recitazione degli attori fecero di Das Kabinett des Dr. Caligari il manifesto del film espressionista, inaugurando il genere definito col termine “caligarismo”

La costruzione di Holstenwall è quella di una cittadina del nord della Germania, con case spigolose e muri obliqui, ricoperti di enigmatici graffiti, nonché arredi deformi. L’arte e l’architettura espressionista sono in questo modo presentate prevalentemente come visioni oniriche di insani di mente. Il cortile dell’ospedale psichiatrico, simbolo di un ritorno all'ordine, è l’unica struttura dalle forme convenzionali.

Reimann puntualizzò che gli scenari cinematografici non dovevano essere aderenti alla realtà, ma creare un nuovo mondo: “In nessun modo i set dei film sono architettura! […] Il film, l’arte dell’illusione “ottica”, ha bisogno dell’utopia. Gli ci vuole un set che sia uno spazio utopico, che simuli l’atmosfera di uno spazio per l’immaginazione”.

Scena “urbana” nel film di P. Wegener, Der Golem: wie in die Welt kam, 1920

Der Golem

Der Golem: wie in die Welt kam, film del 1920 dell’attore e regista Paul Wegener, è tratto dall'omonimo romanzo di Gustav Meyrink, pubblicato nel 1915. La pellicola si allontana dal libro, avendo Wegener accentuato in essa uno strano connubio di misticismo ebraico e slancio espressionistico. Il termine “Golem”, presente nella Bibbia e nei libri di mistica, significa “materia grezza”, o “embrione”. Secondo la leggenda, chi sapeva esercitare la magia era in grado di plasmare un gigante di argilla forte e ubbidiente, ma privo di un'anima, che l’uomo non può creare. Il Golem poteva essere usato come servo, impiegato per svolgere lavori pesanti, e come difensore del popolo ebraico dai suoi persecutori.

Il film ha uno scenario urbano particolare, l’ambientazione infatti si colloca nella Praga ebraica del XVI secolo. Chiamato da Wegener, Poelzig, che condivideva un interesse per il misterioso e il fantastico, accettò il lavoro di architetto di scena, progettando un’intera città per la produzione del film. Il regista non prevedeva un tipico borgo medievale, ma un luogo che corrispondesse formalmente all’atmosfera di mistero e soprannaturale che è alla base del film. Poelzig creò uno spazio tridimensionale, una novità per il cinema dell'epoca, poiché si usavano prevalentemente fondali dipinti. L'architetto sottolinea il senso verticale e piramidale delle costruzioni, tramite forme triangolari contorte e alterate. Le scenografie si confanno perfettamente alla storia di un uomo d’argilla, dando l’apparenza di una cittadina costruita con mattoni di terra.

Dopo questo film, Poelzig lavorò altre volte nel cinema, nel 1923-25, per Lebende Buddhas dello stesso Wegener e Zur Chronik von Grieshuus di Arthur von Gerlach. A testimonianza dell’architettura del primo film rimangono solo disegni e foto, da cui si evince che il set era fatto di materiali poveri e poco adeguati. Ambientato tra Londra e il Tibet,

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include un tempio e un luogo per sacrifici umani progettati da Poelzig. Nel secondo film, alla cui scenografia lavorarono anche Herlth e Röhrig, egli disegnò un castello semi-diroccato, ma non collaborò alla sua posa in opera.

Le attrazioni del luna-park nel film di F.W. Murnau, Sunrise, 1927

Sunrise

Sunrise: a song of two humans del 1927 fu la prima opera americana di Friedrich Wilhelm Murnau, con scenografia di Rochus Gliese. Essendo un film realizzato da un regista e da collaboratori di origine germanica ed ispirato al racconto Die Reise nach Tilsit (1917) di Hermann Sudermann, la sua ambientazione fu comunque in una generica città tedesca. Se l’aurora segna il risorgere del sole dopo la notte, Sunrise narra la vicenda della crisi e della rinascita di un amore. Il film è incentrato sulla forte antitesi tra l’ambiente positivo della campagna e la negatività della città. La macchina da presa diventa l’occhio dell’abitante rurale che si meraviglia davanti ad una realtà sconosciuta, la città moderna, ricostruita in studio, con grande dispendio di tecnologia e mezzi scenografici.

In principio, nell'idilliaca campagna, un giovane contadino virtuoso, sposato, è corrotto dall’ammaliatrice donna di città arrivata là in vacanza. L’amante vorrebbe che lui vendesse l’azienda agricola e la raggiungesse a vivere nella metropoli. Il contadino però, attanagliato da dubbi e rimorsi, confessa alla moglie il suo cattivo comportamento. Decide quindi di recarsi nel centro città con la legittima sposa, concedendosi con lei ai divertimenti urbani. La città, gigantesca e spaventosa a prima vista, si dimostra un luogo felice come sfondo della riconciliazione di coppia. Al ritorno a casa i due, messa in fuga la tentatrice, all’alba, segno dell’inizio di una nuova vita per la coppia, suggellano con un bacio la relazione ritrovata e indissolubile.

Il contrasto tra la metropoli del male e della disperazione versus la tranquillità dell'insediamento rurale era già stato tema centrale, al di là del principale messaggio riguardante i pericoli della meccanizzazione, anche nel film Algol (1920) di Hans Werckmeister. Un remake di Sunrise fu invece girato da Veit Harlan nel 1939 a Berlino con il titolo originale Die Reise nach Tilsit.

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W. Ruttmann, Berlin, die Symphonie einer Großstadt. 1927

Berlin, die Symphonie einer Großstadt

Walter Ruttmann girò nel 1927 Berlin, die Symphonie einer Großstadt. Esso si inserisce nella serie di film dedicati alle grandi città inaugurata da Manhatta (1920) di Charles Sheeler e proseguita nel 1926 con Rien que les heures di Alberto Cavalcanti, che raffigura Parigi, e nel 1927 con Moskva di Mikhail Kaufman e Ilya Kopalin. Nel 1929 si avranno Chelovek s kinoapparatom di Dziga Vertov, girato a Mosca, nonchè Regen di Joris Ivens, ambientato ad Amsterdam.

Il film ha la partitura di accompagnamento sonoro di Edmund Meisel: alla prima mondiale, tenutasi a Berlino il 23 settembre 1927, fu proiettato con il commento musicale di una grande orchestra posta in mezzo al pubblico. Immagini e musiche sono sapientemente collegati esaltando i “ritmi” cittadini.

Berlin, die Symphonie einer Großstadt rappresenta la dinamica vita metropolitana, senza intenti sociali; non vi è inserita una trama o una morale elaborata, ma si riprendono scene quotidiane per fornire una “sinfonia della città”. La protagonista è Berlino, non ci sono attori professionisti, ma solo la grande folla urbana. Ruttmann propone la metropoli quale essere vivente. Implicitamente emerge anche il tema della solitudine del singolo nel sovrastante caos urbano e dell’impersonalità della metropoli, soprattutto quando vengono presentate masse di cittadini in movimento, descritte per analogie (ad esempio tra folle e armenti), o insistendo sull'inquadratura delle gambe (simbolo dell’inarrestabile e alienante marcia del progresso). La città, opera dell’uomo, ormai non è più a sua misura.

Il film presenta la città di Berlino dalla tranquillità del mattino all'attività febbrile della notte.

Le varie strade e quartieri, ripresi alla stessa ora, compongono una rosa di scene urbane che va oltre la riproduzione fotografica della metropoli. Ruttmann enfatizza, con il filo conduttore di un treno a vapore che attraversa la città, il ruolo dei nuovi mezzi di trasporto che collegano Berlino al mondo. Le nuove tecnologie vengono riprese ammirando la loro “bellezza meccanica”, sulle orme dell'entusiasmo positivista e di probabili influenze dell'avanguardia futurista.

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La città “superiore” nel film di F. Lang, Metropolis, 1927

Metropolis

Fritz Lang girò nel 1926 Metropolis, proiettato nel 1927, ambientandolo nel 2026 in un’avveniristica città in cui il divario sociale è molto accentuato. Nei grattacieli, infatti, vivono le classi superiori, mentre nel sottosuolo sono confinati gli operai. Se da un lato gli intellettuali tedeschi snobbavano i grattacieli americani come volgari icone del capitalismo, dall’altro lato molti teorizzavano una germanizzazione di tali architetture per far loro assumere un più profondo significato culturale. I progetti di edifici giganti in vetro nella Germania degli anni Venti non mancavano, ma rientravano piuttosto nella concezione espressionista di spirituali “corone di città”, moderne cattedrali del XX secolo.

Lang si impegna in un innovativo e sapiente impiego dei modelli architettonici in scala per la realizzazione delle scene panoramiche e dei vari livelli della città. Le riprese furono effettuate spesso grazie a specchi che riflettevano la scena creata con i modellini, senza costruire le architetture a grandezza naturale. In una verosimile scenografia, che immagina la città del futuro secondo le utopie delle avanguardie, tra sviluppo tecnologico e problemi sociali, Lang critica aspramente l’ “inciviltà” industriale. Lo spazio urbano di Metropolis è organizzato su cinque livelli diversi, disposti lungo un asse verticale che rappresenta la distribuzione del potere: in alto i grattacieli dei potenti, poi le vie e i locali dove si svolge la vita cittadina, sotto terra la fabbrica e ancora più in basso la città operaia e, più in giù, quella dei morti, le catacombe scavate nella roccia. Nella costruzione dello spazio, disegnato dagli scenografi Hunte, Kettelhut e Vollbrecht, si attribuiscono alle architetture dei significati simbolici. I grattacieli rispecchiano la brama di potere degli uomini più ricchi, come una novella torre di Babele, mentre la povertà e semplicità delle abitazioni nella città dei lavoratori raffigura la loro misera condizione, con analogie con le Mietkaserne. Negli abissi si trova la “macchina” che garantisce il funzionamento della città, in alto il luogo del controllo. Lang non deforma la realtà, la geometrizza e formalizza per mostrare un mondo razionale, simmetrico, ordinato che schiaccia e distrugge ogni tipo di soggettività: l'avanzamento tecnologico e lo sviluppo produttivo si realizzano drammaticamente tramite terribili abusi di potere.

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L'inseguimento dell'assassino in città nel film di F. Lang, M, 1931

M

M fu girato da Fritz Lang avvalendosi della scenografia e costumi di Emil Hasler e Karl Vollbrecht ed uscì nelle sale cinematografiche nel 1931.

Un pericoloso serial killer, che violenta e uccide bambine, semina il terrore in città. La polizia, sollecitata da un folla esasperata, esegue ricerche ed ispezioni negli ambienti malavitosi, disturbando gli affari delle organizzazioni criminali. Queste ultime decidono di dare la caccia all'assassino per proseguire i loro traffici e respingere un'accusa così infamante, scoprono per prime il colpevole e per seguirlo gli segnano la giacca con una M di gesso. Catturato, il maniaco viene processato nei bassifondi della città, al cospetto di un tribunale di ladri, assassini e prostitute. Il processo sta per chiudersi con un verdetto di morte, quando viene interrotto dall'arrivo della polizia.

Lang pone in questo film tematiche sociali e psicologiche scottanti quali il rapporto tra giustizia ufficiale e privata, la relazione tra responsabilità morale e malattia psichiatrica e il giudizio conseguente, la banalità del male e il suo mistero, la liceità della pena di morte.

Il film doveva sottotitolarsi o Ein Mörder unter uns (un assassino tra noi) o Eine Stadt sucht einen Mörder (una città cerca un assassino), poi Lang eliminò i complementi del titolo. Particolarmente significativo risulta il secondo, poiché mostra come, nelle intenzioni del regista, si desse grande risalto all’ambientazione urbana della storia e alla destabilizzazione dell’intera città per mano di un solo individuo, nonché all’implicita affermazione che in essa risiedono pericoli inquietanti. Il film è girato a Berlino, sia in studio che in esterni, ma il sottotitolo italiano (M, il mostro di Düsseldorf) richiama il caso di cronaca del 1925 che lo ha ispirato, quando Peter Kürten, il “Vampiro di Düsseldorf” compì crimini efferati.

La città descritta in quest’opera è un insieme caotico di luoghi e persone, un labirinto di strade e palazzi nel quale inseguire il killer. Gli spazi urbani del film (cortili, strade, uffici, negozi, vetrine) sono ripresi cercando di provocare nel pubblico un senso di inquietudine e minaccia. Lang

impiega inquadrature dal basso, dall’alto e trasversali, usa la luce secondo declinazioni espressioniste e accentua il contrasto tra bianco e nero, tra luce e ombra. Le raffigurazioni degli abitanti sono invece poco caratterizzate, così come si intendeva essere un soggetto anonimo il residente nella metropoli. In questo film Lang offre una percezione della metropoli come universo ingovernabile, irrazionale, pericoloso e capace di amplificare le debolezze umane.

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G.W. Pabst, Die freudlose Gasse, 1925

La città nel cinema tedesco: un tema ricorrente

Numerosi “elementi urbani” sono contenuti nei principali film degli anni presi in considerazione da questo saggio. Von Morgens bis Mitternachts (1920) di Karlheinz Martin presenta il tema della metropoli che attira con le sue fascinose tentazioni l’uomo provinciale. Si tratta di Berlino, dove egli passa un momento di euforia spendendo i soldi che ha rubato nella banca dove lavora. I set di Robert Neppach sono semplici fondali dipinti in bianco e nero.

I cosiddetti “film di strada” presentano la via come elemento unificante della trama, luogo affascinante e sinistro nel quale si svolge tutta la vicenda: Die Strasse di Karl Grune del 1923 narra di un borghese di mezza età attirato dalle caleidoscopiche immagini della città che egli osserva dal suo appartamento. Tentato dai piaceri illeciti della vita notturna in strada, viene ingannato e derubato, indi, pieno di spavento, ritorna dalla moglie al mattino. Girato in studio e non nelle vie di Berlino, ha come importante scenarchitetto il pittore Ludwig Meidner, per la prima ed unica volta impegnato nel cinema e proprio nel disegno di scene metropolitano, uno dei suoi soggetti preferiti.

Die freudlose Gasse (1925) di G.W. Pabst segue il declino di una famiglia del ceto medio, la strada qui raffigurata non appartiene al centro di una grande metropoli quanto piuttosto ad un quartiere di periferia. Da un lato appaiono la miseria della popolazione e dei vecchi funzionari decaduti, dall’altro gli sfruttatori della situazione: commercianti di alimenti, speculatori, gestori della prostituzione che sfruttano le figlie delle famiglie povere.

Dirnentragödie di Bruno Rahn (1927) è ambientato nei sobborghi della prostituzione, la strada è il luogo della lussuria e dei drammi personali. La trama è quella di una storia di passione ed omicidi.

Joe May realizza nel 1929 Asphalt: a Berlino un vigile urbano si innamora di una ladra che ha arrestato e per colpa sua è accusato di omicidio, ma la ragazza lo scagiona, dimostrando che agiva per legittima difesa. La strada per il vigile è un luogo da regolamentare, ma egli stesso è sovrastato dalle sue tentazioni, evadendo dai codici che dovrebbe rappresentare con la sua persona e la sua condotta.

Sempre nel 1929, Leo Mittler, in Jenseits der Strasse, presenta, sullo sfondo della strada, le alterne vicende di mendicanti, prostitute e giovani disoccupati. Ad un musicista di strada è invece dedicato Gassenhauer di Lupu Pick (1931). Numerosi film descrivono la povertà e il degrado della grande città: Gerhard Lamprecht in Die Verrufenen (1925) tratta della disoccupazione e della vita nei quartieri operai, Joe May nel film Heimkehr (1928), dedicato alle vicende di due soldati tedeschi nel 1918, inserisce cupi paesaggi urbani della loro città d’origine.

Mutter Krausens Fahrt ins Glück di Piel Jutzi (1929) è ambientato a Berlino in un appartamento condiviso in modo promiscuo da una vedova coi due figli e un uomo di dubbia onestà sposato ad una prostituta. La condotta vergognosa dei figli porta al suicidio l’anziana madre. In tale film si evidenzia la decadenza economica e morale in una città in crisi e si presenta la realtà architettonica e sociale dei quartieri operai. Slátan Theodor Dudow gira nel 1932 Kuhle Wampe oder Wem gehört die Welt?, avvalendosi anche della sceneggiatura di Bertolt Brecht e realizzando un film di

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denuncia e propaganda politica attraverso la storia drammatica di una famiglia berlinese di operai.

Per quanto riguarda il tema della metropoli e dei suoi meccanismi economici, Der letzte Mann di Murnau (1924) ritrae la città come sistema economico e sociale dove l’individuo deve combattere per mantenere la sua posizione. Il film è architettonicamente interessante sia per le scene d’interni, sia per quelle urbane. Die Abenteuer eines Zehnmarkscheins di Berthold Viertel (1926) narra le vicende di una banconota a Berlino, e sembra insinuare che il denaro sia l’unico legame tra le persone nella grande città.

Molte pellicole danno risalto a luoghi simbolo della capitale tedesca. Berlin Alexanderplatz, di Piel Jutzi (1931), mostra questa importante piazza, sede del venditore ambulante Franz Biberkopf, che esce ed entra dalla galera non riuscendo a mantenere il proposito di svolgere solo un’attività lecita. Il film dà risalto al tram e alla circolazione, alla vita intensa della città di Berlino.

Per concludere, nel cinema tedesco degli anni Venti-Trenta, la città è un tema privilegiato, essendo sia il luogo in cui l’industria cinematografica si realizza e si afferma, sia lo spazio che fa da sfondo alle storie e ai drammi della modernità. Il binomio città-modernità diviene inscindibile e nei film si rappresentano sia le città presenti che quelle utopiche, sia quelle riprese dal vivo, in particolare Berlino, che quelle create sul set. Le immagini di città presenti nel cinema muto tedesco variano tra passato, presente e futuro. Si parte da quelle irreali e collocate in un tempo passato carico di mistero e fantasmi, per arrivare a quelle tangibili e contemporanee e infine alle visioni di città del futuro. In tutti questi casi è frequente che si proiettino gli incubi e i timori dell’uomo di inizio secolo in relazione all’ambiente urbano. Al di là di una classificazione rigorosa, gran parte dei film dell’epoca seppe dare, secondo la personalità di registi, attori e scenografi, interpretazioni significative della città, della società e dell’architettura tedesca, nel segno comune della sensibilità espressionista che permeava la cultura del tempo.

L'appartamento promiscuo del film di P. Jutzi,

Mutter Krausens Fahrt ins Glück, 1929 Filmografia.

Dudow Slátan Theodor, Kuhle Wampe oder Wem gehört die Welt?, Ger. 1932 Gerlach Arthur von, Zur Chronik von Grieshuus, Ger. 1925

Grune Karl, Die Strasse, Ger. 1923

Harlan Veit, Die Reise nach Tilsit, Ger. 1939

Jutzi Piel, Mutter Krausens Fahrt ins Glück, Ger. 1929 Jutzi Piel, Berlin Alexanderplatz, Ger. 1931

Lamprecht Gerhard, Die Verrufenen, Ger. 1925 Lang Fritz, Metropolis, Ger. 1927

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Martin Karlheinz, Von Morgens bis Mitternachts, Ger. 1920 May Joe, Heimkehr, Ger. 1928

May Joe, Asphalt, Ger. 1929

Mittler Leo, Jenseits der Strasse, Ger. 1929

Murnau Friedrich Wilhelm, Der letzte Mann, Ger. 1924

Murnau Friedrich Wilhelm, Sunrise: a song of two humans, USA 1927 Pabst Georg Wilhelm, Die freudlose Gasse, Ger. 1925

Pick Lupu, Gassenhauer, Ger. 1931 Rahn Bruno, Dirnentragödie, Ger. 1927

Ruttmann Walter, Berlin, die Symphonie einer Großstadt, Ger. 1927 Viertel Berthold, Die Abenteuer eines Zehnmarkscheins, Ger./USA 1926 Wegener Paul, Der Golem: wie in die Welt kam, Ger. 1920

Wegener Paul, Lebende Buddhas, Ger. 1925 Werckmeister Hans, Algol, Ger. 1920

Wiene Robert, Das Kabinett des Dr. Caligari, Ger. 1919-1920 Wiene Robert, Genuine, Ger. 1920

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