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SCIENZA &POLITICA, vol. XXIV, no. 56, 2017, pp. 125-150 DOI: https://doi.org/10.6092/issn.1825-9618/7103

S

CIENZA

&

P

OLITICA

per una storia delle dottrine

Fra Hobbes e Spinoza.

Indagine sulla matrice filosofica delle

categorie sociologiche

di Ferdinand Tönnies

Between Hobbes and Spinoza.

Research on the Philosophical Matrix of

Ferdinand Tönnies’ Sociological Categories

Furio Ferraresi

Università della Valle d’Aosta

f.ferraresi@univda.it

A

B S T R A C T

Il saggio ricostruisce le linee fondamentali del confronto critico di Ferdinand Tönnies (1855-1936) con il pensiero di Hobbes e Spinoza. In particolare, mostra il ruolo svolto dai due filosofi nell’elaborazione delle categorie di comunità (Spinoza) e società (Hobbes). Dal punto di vista della riflessione politica, il saggio mette in luce come l'interpretazione tönniesiana di Hobbes nella sua evoluzione si concentri sempre più sul momento costituente della moderna forma Stato. Su questo terreno essa recupera la riflessione spinoziana sulla democrazia come absolutum omnino imperium. Töennies è così in grado di distinguere concettualmente lo Stato hobbesiano, come “società” che assorbe tutto il diritto natura-le, dalla sua origine secondo il diritto naturale («assemblea originaria»), nella quale si esprime quell’elemento “comune” mai del tutto neutralizzabile dallo Stato.

PAROLE CHIAVE: Tönnies; Hobbes; Spinoza; Comunità; Società; Stato.

*****

This essay reconstructs the main lines of Ferdinand Tönnies’ (1855-1936) critical approach to the thought of Hobbes and Spinoza. Specifically it shows the role played by the two philosophers in developing the categories of community (Spinoza) and society (Hobbes). From the stand point of political thought, the essay reveals how Tönnies’ on going interpretation of Hobbes focuses more and more on the constitutive moment of the modern form of State. In this area it draws on Spino-za’s reflections on democracy as an absolutum omnino imperium. Tönnies is thus able to distin-guish conceptually between the Hobbesian State, as a “society” that absorbs all natural law, and its natural law origin (the «original assembly»), where we find a “common” element that can never be entirely neutralized by the State.

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Il confronto critico di Ferdinand Tönnies (1855-1936) con il pensiero e con l’opera di Hobbes e Spinoza è diverso per ampiezza e configurazione, ma non per durata. Nel caso del filosofo inglese, si tratta di un interesse che accompa-gna tutta la prestazione intellettuale tönniesiana, dalla giovinezza (le Anmer-kungen über die Philosophie des Hobbes sono del 1879, quando Tönnies ave-va solo ventiquattro anni) alla maturità (l’ultimo intervento sul filosofo ingle-se è del 1932), e assume forma sistematica (la prima edizione della monogra-fia su Hobbes è del 1896, la seconda del 1912 e la terza del 1925)1. Il confronto con la filosofia di Spinoza, invece, si articola in modo meno sistematico ma non è meno costante: va dal 1883 (anno di pubblicazione dei saggi Studie zur Kritik des Spinozas e Studie zur Entwicklungsgeschichte des Spinozas) al 1932 (Über die Lehr- und Redefreiheit)2. La rilevanza strategica del pensiero di Hobbes per la sociologia di Tönnies è un dato acquisito dalla letteratura critica, mentre ciò non vale ancora con la stessa ampiezza e profondità per Spinoza3.

Il presente lavoro intende affrontare due temi distinti ma correlati. Il pri-mo riguarda l’influenza esercitata dal pensiero di Hobbes e di Spinoza sull’elaborazione e sulla definizione dei concetti fondamentali della «sociolo-gia pura»4 di Tönnies, vale a dire sulle categorie di Gesellschaft (società) e

Gemeinschaft (comunità). Il secondo concerne il ruolo svolto dai due filosofi nella riflessione sociologica tönniesiana, dal punto di vista della relazione, che in essa si dà, fra scienza della società e teoria politica.

1 F.TÖNNIES, Anmerkungen über die Philosophie des Hobbes, «Vierteljahresschrift für

wissen-schaftliche Philosophie», 3/1879, pp. 453-466; 4/1880, pp. 55-74 e 428-453; 5/1881, pp. 186-226, ora in F.TÖNNIES, Studien zur Philosophie und- Gesellschaftslehre im 17. Jahrhundert, a cura di

E.G. Jacoby, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1975, pp. 171-240; F. TÖNNIES, Thomas Hobbes. Leben und Lehre (1896), Stuttgart, Frommann, 1925, a cura di K.H. Ilting, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1971e F.TÖNNIES, Über die Lehr- und Redefrei-heit (1932), «Kölner Zeitschrift für Soziologie und Sozialpsychologie», VII, 1955/3, pp. 468-477.

2 I saggi citati sono ora tradotti in F.TÖNNIES, La teoria sociale di Spinoza, a cura di N. Marcucci,

Milano-Udine, Mimesis, 2016.

3 Sull’interpretazione dell’intera opera di Tönnies a partire dal ruolo centrale svolto nel suo

pen-siero da Hobbes, si veda M.RICCIARDI, Ferdinand Tönnies sociologo hobbesiano. Concetti politi-ci e spoliti-cienza sopoliti-ciale in Germania tra Otto e Novecento, Bologna, Il Mulino, 1997; si veda anche, in prospettiva diversa, P.-U.MERZ-BENZ, Tiefsinn und Scharfsinn. Ferdinand Tönnies’ begriffliche Konstitution der Sozialwelt, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1995. Per un’analisi dell’interpretazione tönniesiana di Hobbes mi permetto di rinviare a F.FERRARESI, La politica della società. Ferdi-nand Tönnies lettore di Thomas Hobbes (1879-1932), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014. Sulla lettura tönniesiana di Spinoza si veda N.MARCUCCI, Introduzione. A lezione dai classici: Ferdi-nand Tönnies filosofo e sociologo, in F.TÖNNIES, La teoria sociale di Spinoza, pp. 9-34 e F.T ÖN-NIES, Welche Gemeinschaft für Europa? Der Widerstand von Spinozas sozialen Denken gegen Tönnies’ Soziologie, in U.CARSTENS –L.CLAUSEN –A.ESCUDIER –I.LACHAUSSÉE (eds), Verfas-sung, Verfasstheit, Konstitution, Kiel, Ferdinand Tönnies Gesellschaft e. V., 2008, pp. 167-194.

4 Per la distinzione tra sociologia pura e sociologia applicata o empirica si veda F.TÖNNIES,

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1. Hobbes e Spinoza all’origine delle categorie di Gesellschaft e Gemeinschaft

L’intera prestazione intellettuale di Tönnies, studiata nelle sue linee fon-damentali, nelle sue scansioni interne e nelle dislocazioni delle sue categorie sociologiche più importanti, può essere interpretata situandola all’interno di un campo di tensione delimitato dal pensiero di Hobbes e da quello di Spino-za. Proprio dal confronto con questi due rappresentanti del razionalismo pro-to-illuministico secentesco prende forma il complessivo progetto sociologico tönniesiano, che trova la sua prima articolazione in Gemeinschaft und Gesell-schaft (1887)5, pubblicata dopo gli studi giovanili su Hobbes e Spinoza.

Senza poter qui intraprendere un’analisi dettagliata di quest’opera6, cer-cheremo di mostrare come il confronto con Hobbes e Spinoza ne costituisca la matrice filosofica per certi aspetti implicita – diversamente, quindi, dal debito esplicitamente riconosciuto nei confronti di Henry Maine, Otto von Gierke e Karl Marx7. Il primo motivo che orienta questa ipotesi interpretativa è che sussistono buone ragioni per sostenere, sia pure con un certo grado di appros-simazione, che Tönnies abbia derivato da Spinoza la struttura logica del con-cetto di Gemeinschaft. In altri termini, che nell’elaborazione di questa fon-damentale categoria della sua sociologia egli sia stato influenzato dalla meta-fisica monistica della «potenza» che si determina e si specifica nel rapporto uni-equivoco tra l’unica sostanza infinita, i suoi attributi e i suoi modi, tra l’unità del Deus sive natura e le sue modificazioni/espressioni finite, ossia tra la natura naturans come «causa immanente e non transitiva» della totalità dell’ente e la natura naturata come suo effetto8.

Con altrettanta approssimazione, si può affermare che il sociologo tedesco abbia derivato da Hobbes la struttura logica del concetto di Gesellschaft, nella forma di un individualismo materialistico e atomistico che, presupponendo la negazione di ogni ordine e di ogni intesa o legame naturali, così come di ogni assetto politico di stampo cetuale, si apre alla dimensione del rapporto

socie-5 F.TÖNNIES, Comunità e società (1887), a cura di M. Ricciardi, Roma-Bari, Laterza, 2011. 6 Sulla quale si veda, di recente, N.BOND, Understanding Ferdinand Tönnies’ Community and

Society: Social Theory and Political Philosophy between Enlighted Liberal Individualism and Transfigured Community, Berlin, LIT Verlag, 2013. Si veda anche L.CLAUSEN –C.SCHLÜTER (eds), Hundert Jahre «Gemeinschaft und Gesellschaft». Ferdinand Tönnies in der internationa-len Diskussion, Opladen, Leske und Budrich, 1991 e F.OSTERKAMP, Gemeinschaft und Gesell-schaft: über die Schwierigkeiten einen Unterschied zu machen. Zur Rekonstruktion des primären Theorieentwurfs von Ferdinand Tönnies, Berlin, Duncker & Humblot, 2005.

7 Sono gli autori citati da Tönnies nella Prefazione alla prima edizione dell’opera, ora in F.T

ÖN-NIES, Comunità e società, pp. 3-13, p. 12.

8 Spinoza afferma che «Dio è causa immanente e non transitiva di tutte le cose» (B.SPINOZA,

Eti-ca. Dimostrata con metodo geometrico [1677], Roma, Editori Riuniti, I, P. 18, p. 104). Per l’interpretazione di Spinoza in prospettiva immanentistica si veda soprattutto G.DELEUZE, Spi-noza e il problema dell’espressione (1968), Macerata, Quodlibet, 1999.

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tario tra «soggetti di potenza»9 liberi e uguali, che trova nella figura del con-tratto la propria principale forma di mediazione. Da questo punto di vista, il diritto naturale moderno, di cui Hobbes sarebbe il più tipico esponente, avrebbe il significato, per Tönnies, di una rappresentazione della moderna so-cietà borghese-concorrenziale10.

Si può esprimere questa stessa idea parlando di una matrice sociale della natura – nel caso di Hobbes – ossia di una natura concepita in base a un’immaginazione sociale, e di una matrice naturale della società – nel caso di Spinoza –, ossia di una connessione sociale pensata con lo stesso grado di ne-cessità della natura. Si tratta, in ogni caso, di rapporti sociali – siano essi co-munitari o societari – che presuppongono il riferimento alla volontà, essenzia-le o arbitraria, che li vuoessenzia-le e li riconosce, e agli individui che li costituiscono e li determinano, poiché «tutte le formazioni sociali sono artefatti di sostanza psichica; il loro concetto sociologico deve perciò essere nello stesso tempo un concetto psicologico»11. Naturalmente, il grado di consapevolezza razionale con cui gli individui entrano nei diversi rapporti sociali varia secondo il grado dell’interesse e del calcolo, indicizzato sulla razionalità strumentale, con cui sono praticati e voluti. Un agire sociale affettivo o tradizionale fondato sul «costume» non è meno “volontario” dal punto di vista psicologico di un agire razionale rispetto allo scopo, ma è sicuramente meno “consapevole”, ossia il suo senso non è necessariamente sublimato razionalmente, potendo trovare fondamento nella mera abitudine; non per questo, però, cessa di essere una forma di volere sociale e dunque un agire cui gli individui attribuiscono un senso. Del pari, ogni agire strumentale ha una radice affettiva almeno nella misura in cui si basa su un desiderio, essendo anche il calcolo dei mezzi da ul-timo fondato sul desiderio di conseguire il fine voluto12.

Il secondo motivo cha orienta la nostra interpretazione è la convinzione che solo teorizzando la connessione della filosofia spinoziana con quella hob-besiana (nella forma della correzione dell’una con l’altra e dell’integrazione reciproca) Tönnies possa concepire il rapporto fra comunità e società – so-prattutto sul terreno della sociologia storica della cultura e di quella giuridico-politica – come un rapporto di necessaria implicazione e di co-appartenenza, e non di reciproca esclusione. Utilizzando il lessico spinoziano, si può dire che non esiste una differenza reale o sostanziale fra le due forme in cui si esprime l’unità fondamentale della volontà e del «rapporto in sé»13, vale a dire tra ciò

9 F.TÖNNIES, Comunità e società, p. 64.

10 Sul punto si veda F.TÖNNIES, Hobbes e lo zoon politikon (1923), «Micromega», 1989, pp.

163-183; F.TÖNNIES, Comunità e società, p. 77 e F.TÖNNIES, Thomas Hobbes. Leben und Lehre, pp. 199 ss.

11 Ivi, p. 24.

12 Sul punto si veda F.TÖNNIES, Die Sitte, Frankfurt a.M., Rütten & Loening, 1909. 13 F.TÖNNIES, Comunità e società, p. 28.

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che viene all’essere “essenzialmente” – in modo reale, organico e naturale – e ciò che è prodotto artificialmente – in modo ideale, razionale e astratto – os-sia, all’incirca, tra corpo e pensiero o tra natura e artificio. Da questo punto di vista, ogni sviluppo sociale non può mai elidere, ma semmai attuare in guise differenti, la potenzialità dell’essere comune, mentre ogni assetto comunitario contiene già da sempre in germe la società. La società, in questa prospettiva, non è una sostanza indipendente e autonoma – ab origine separata – ma solo un «attributo» della sostanza concepito dall’«intelletto [...] come costituente la sua essenza», una determinazione dell’unica sostanza comunitaria da cui non può realmente separarsi e solo tramite la quale può anche essere pensa-ta14.

Indici sintomatici di questa concezione sono la duplicazione tönniesiana del diritto naturale (Naturrecht)in comunitario e societario e quella della vo-lontà in «vovo-lontà essenziale» (Wesenwille) e «volontà arbitraria» (Kürwille). Scrive Tönnies: «Si deve distinguere la volontà in quanto in essa è contenuto il pensiero, e il pensiero in quanto in esso è contenuta la volontà. L’una e l’altro rappresentano un tutto coerente, in cui trova la sua unità la molteplici-tà dei sentimenti, degli istinti, dei desideri; ma questa unimolteplici-tà deve essere intesa nel primo concetto come reale o naturale, e nel secondo come ideale o artifi-ciale. La volontà dell’uomo sarà detta nel primo significato volontà essenziale, nel secondo volontà arbitraria»15. La differenza fra queste due matrici del le-game sociale non riproduce una distinzione “reale” di natura e artificio, di or-ganismo e meccanismo, d’intelletto e volontà, di mente e corpo, d’istinto e ra-gione, di parti e tutto, giacché «tutto il reale è organico, in quanto può essere pensato solamente in connessione con l’intera realtà che determina la sua na-tura e i suoi movimenti»16.

Una società privata del carattere di sostanza permette a Tönnies di pensa-re la comunità non come sua antitesi ontologica ma come “il comune” del rapporto sociale; come configurazione sempre possibile del rapporto sociale o, più radicalmente, come essenza e fondo non societario della società. La co-munità, dunque, lungi dall’essere la sostanza che permane sempre identica a se stessa o lo scopo e il progetto di una società – la sua opera – o ancora ciò che la società avrebbe irrimediabilmente perduto, esprime quella comune «potenza di agire» (potentia agendi)17,concepita come possibilità, forza, ten-denza di un agire collettivo, in cui la potenza di ciascuna parte è accresciuta

14 B. SPINOZA, Etica, I, Def. 4, p. 8: «Per attributo intendo ciò che l’intelletto percepisce di una

sostanza come costituente la sua essenza».

15 F.TÖNNIES, Comunità e società, p. 108. 16 Ivi, p. 30.

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dal legame con tutte le altre e quindi col tutto. La società, dal canto suo, anche nel massimo del suo dispiegamento individualistico è sempre una forma della «comune potenza della natura»18, la quale, dunque, è continuamente ridefini-ta e modificaridefini-ta all’altezza dei rapporti sociali in cui si esprime. Il comune, in definitiva, è un tratto ineliminabile del sociale e il sociale è il terreno di ridefi-nizione moderna del comune. A permanere, dunque, non è la comunità, ma la potenza delle sue modificazioni, il suo poter-essere sociale, se è vero che «a partire dalla volontà essenziale tutto il pensiero e quindi, in quanto vi è com-preso, tutto ciò che è prodotto dal pensiero è soltanto un’emanazione e una manifestazione particolare della sua natura universale; allo stesso modo la so-cietà è solo una particolare condizione della comunità, e non può assoluta-mente separarsi del tutto da essa né acquietarsi in se stessa»19.

Tönnies legge la filosofia di Hobbes e Spinoza mostrandone i mutui rinvii e le reciproche correzioni. In particolare, utilizza le categorie di «volontari-smo» e «intellettuali«volontari-smo», indicando con la prima la tendenza materialistico-meccanicistica – emersa chiaramente con Hobbes – a ridurre tutta la realtà, anche quella psichica, a corpo e movimento, e a tracciare un’antropologia fondata sulla centralità delle passioni e sulla tendenza naturale dell’umanità all’autoconservazione e alla potenza, che ha l’effetto complessivo di destituire di centralità il soggetto cartesiano come res cogitans. Con la seconda, invece, individua il filone del razionalismo teistico e metafisico moderno, di matrice scolastica, che postula la subordinazione della volontà, degli appetiti e delle passioni alla ragione; un intellettualismo largamente presente in Descartes e nello stesso Spinoza20.

Tönnies fa vedere, per esempio, come all’interno dell’Etica spinoziana sia stata presumibilmente l’influenza di Hobbes a modificare in senso “volontari-stico” le ultime sezioni dell’opera, facendo del conatus e della potentia

l’essenza di ogni cosa determinata e finita, e fissando il parallelismo psico-fisico, ossia l’identità di cupiditas, appetitus e volontà, di corpo e mente, di vo-lontà e intelletto: «La vovo-lontà, e l’intelletto sono una sola e stessa cosa»21. La discontinuità messa in luce da Tönnies all’interno dell’Etica non conduce, pe-rò, a una separazione netta delle due differenti attitudini (“volontaristica” e “intellettualistica”) del filosofo olandese, ma permane come tensione struttu-rale all’interno di ciascuna di esse. La “vecchia” impostazione dualistica del rapporto fra anima e corpo e, all’interno della prima, fra intelletto e volontà –

18 B. SPINOZA, Etica, III, Prefaz., p. 171.

19 F.TÖNNIES – H.HÖFFDING, Briefwechsel, a cura di C. Bickel e R. Fechner, Berlin, Duncker &

Humblot, 1989, pp. 35-36 (lettera del 14 ottobre 1888).

20 Si veda F.TÖNNIES, Studio sulla critica di Spinoza (1883), in F.TÖNNIES, La teoria sociale di

Spinoza, pp. 37-82, p. 46 ss.

21 B. SPINOZA, Etica, II, P. 49 (Corollario), p. 164. La stessa affermazione compare in esergo al

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con l’eminenza del ruolo del primo sulla seconda – che riproduce, specifican-dolo, il dualismo metafisico e quindi la relativa trascendenza della sostanza rispetto ai suoi attributi, emerge talvolta – secondo Tönnies – anche in quelle sezioni dell’Etica rifondate volontaristicamente. Il “nuovo” pensiero, invece, conduce Spinoza all’assunzione di una prospettiva monistica, al parallelismo perfetto di anima e corpo e all’identità di sostanza e attributi22.

A Tönnies, quindi, non interessa recuperare la metafisica spinoziana in senso antimoderno, per restaurare uno schema filosofico-ideologico della conciliazione e della connessione universale e necessaria delle parti con il tut-to, ma, al contrario, gli interessa recuperare la possibilità logica di concepire uno schema dello sviluppo – del movimento – che ponga in tensione l’unità – il principio di spiegazione – con le sue manifestazioni, nella cornice “positiva” dell’immanentizzazione dei principi di comprensione della realtà storica e so-ciale23. Non a caso Tönnies esalta e valorizza il sistema della ‘causalità chiusa’ spinoziana, cioè la reciproca, autonoma e immanente determinazione delle cose finite, in cui l’unica trascendenza attingibile è quella metodologico-concettuale del principio meccanicistico di spiegazione, che serve a esplicitare e ordinare la catena dei nessi determinati fra le cose finite. Non si tratta, dun-que, di necessità metafisica, ma dell’idea materialistica della connessione e determinazione causale di tutti i fenomeni, compresi mente e corpo, materia e rappresentazione24.

In questo modo, Spinoza avrebbe fornito a Hobbes il «sistema» di una me-tafisica immanentistica della potenza, con il connesso parallelismo psicofisico, solo all’interno del quale è possibile conciliare il materialismo meccanicistico con il fenomenismo. Hobbes, infatti, pur essendo il primo materialista mo-derno, non è riuscito, secondo Tönnies, a superare il dualismo di soggetto e oggetto, o meglio, non è riuscito a rendere ragione dell’origine delle rappre-sentazioni e del pensiero in generale dal principio materiale. Il suo fenomeni-smo – la soggettivazione delle qualità sensibili – da un lato, e il suo materiali-smo – la riduzione di tutta la realtà a corpo e movimento – dall’altro, sono ri-masti irrelati. Spinoza, invece, avrebbe operato una sutura fra questi due momenti – «materialismo» e «spiritualismo» nella terminologia tönniesiana

22 Si veda C.JACQUET, L’unité du corps et de l’esprit. Affects, actions et passions chez Spinoza,

Paris, Presses Universitaires de France, 2004.

23 Per i possibili sviluppi di questo tema si veda H.ATLAN, Immanent Causality. A Spinozist

Viewpoint on Evolution and Theory of Action, in G. VAN DE VIJVER –S.S.SALTHE – M.DELPOS (eds), Evolutionary Systems. Biological and Epistemological Perspectives on Selection and Self-Organization, Dordrecht, Kluwer Academic Publisher, 1998, pp. 215-233.

24 Si veda W.BARTUSCHAT, Metaphysik und Ethik in Spinozas “Ethica”, «Studia spinoziana»,

7/1991, pp. 15-37;W.BARTUSCHAT, Individuum und Gemeinschaft bei Spinoza, Delft, Eburon, 1996 e K.J.BENDER, The Ethics of Immanence: The Metaphysical Foundations of Spinoza’s Moral Philosophy, «Sophia», 39/2000, pp. 31-55.

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– giungendo effettivamente a concepire una “materia che pensa” e una sostan-za in movimento, e dunque a superare il dualismo di soggetto e materia sensi-bile, così come quello di materia e movimento, ma anche a conciliare il reale con il razionale, la realtà con la sua comprensione in termini scientifici25.

2. Lo sviluppo «positivo» del pensiero filosofico-scientifico

Sollecitato da Friedrich Paulsen26, Tönnies interpreta la filosofia spinozia-na sia con le categorie di Schopenhauer – il conatus è affine al Wille zum Le-ben – sia, più in generale, con la «filosofia positiva» di cui Spinoza sarebbe il «meraviglioso profeta»27. Con «filosofia positiva» egli indica le correnti di pensiero filosofico-scientifico tipicamente ottocentesche, cioè post-kantiane ma non post-hegeliane, riconducibili al comune denominatore del monismo immanentistico di stampo naturalistico (vi sono ricompresi tanto il volontari-smo di Schopenhauer quanto il positivivolontari-smo di Comte e l’evoluzionivolontari-smo di Spencer, quanto ancora il materialismo storico di Marx)28.

L’elemento di continuità ravvisato da Tönnies nello stadio “positivo” dello sviluppo scientifico-filosofico moderno, cioè quel fattore che fa da sostrato permanente all’articolazione delle “differenze” in cui “si esprime”, è a quest’altezza la «vita» o l’«energia» (non intesa nel senso del vitalismo irra-zionalistico), ossia l’attività del principio vitale, declinato in senso biologico, come vita vegetativa dell’uomo, in senso psicologico, come vita dell’individuo che sente e pensa, e in senso sociale, come vita dell’uomo associato29. La con-servazione e la trasformazione del principio della vita e della sua unità nella molteplicità delle sue specificazioni corrispondono, nell’interpretazione tön-niesiana, all’essere sostanziale spinoziano che si esprime nell’infinità dei suoi attributi e dei suoi modi. Nel suo sviluppo, questo elemento pone in tensione

25 Cfr. E.GIANCOTTI, La naissance du matérialisme chez Hobbes et Spinoza, «Revue

philoso-phique de la France et de l’Etranger», 175/1985, pp. 135-148. Si veda anche G.BOSS, La concep-tion de la philosophie chez Hobbes et chez Spinoza, «Archives de Philosophie», 48/1985, pp. 311-126; G.BOSS, Les principes de la philosophie chez Hobbes et chez Spinoza, «Studia spinoziana», 3/1987, pp. 87-123 e P.DI VONA, Aspetti di Hobbes in Spinoza, Napoli, Loffredo, 1990.

26 Paulsen ha spinto il giovane Tönnies a occuparsi di Hobbes e di Spinoza rappresentando per il

sociologo tedesco un fondamentale punto di riferimento intellettuale. Si veda il loro epistolario in F.TÖNNIES –F.PAULSEN, Briefwechsel (1876-1908), a cura di O. Klose, E.G. Jacoby e I. Fischner, Kiel, Ferdinand Hirt, 1961.

27F.TÖNNIES, Studio sulla critica di Spinoza, p. 75. 28 Ivi, pp. 75 E ss.

29 Per chiarire in via preliminare l’uso di questo concetto in riferimento a Spinoza riportiamo un

passo tratto da una importante recensione tönniesiana del 1907 al libro di A.RIVAUD, Les notions d’essence et d’existence dans la philosophie de Spinoza (Paris, Alcan, 1907), ora in F.TÖNNIES, La filosofia sociale di Spinoza, pp. 83-84: «La teoria di Spinoza riunisce in sé entrambi i concetti contrapposi di conservazione e cambiamento. Secondo Spinoza l’essere è anzitutto vita. Egli ave-va una sensibilità spiccata per la molteplicità e per la complicatezza della vita e cercò di esprimere questa sensibilità attraverso vari tentativi. In questo consiste l’unità effettiva del suo pensiero. Dietro le analisi astratte si nasconde un’immagine della vita universale» (ivi, p. 84). Sul tema si veda M.WALTHER, Gemeinschaft und Gesellschaft bei Ferdinand Tönnies und in der Sozialphi-losophie des 17. Jahrhunderts oder von Althusius über Hobbes zu Spinoza und zurück, in L. CLAUSEN –C.SCHLÜTER (eds), Hundert Jahre «Gemeinschaft und Gesellschaft», pp. 86-106.

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dinamica l’unità e la molteplicità, la “trascendenza” della causa e l’immanenza del suo effetto.

Questa riflessione è articolata con chiarezza nello scritto tönniesiano La synthèse créatrice. Résumé philosophique del 1900. Il titolo del saggio ri-prende un’espressione di Wilhelm Wundt e allude alla necessità teorica di una sintesi filosofica che sciolga e superi le contrapposizioni rigide delle filosofie succedutesi nella storia, conservandone gli elementi positivi al fine di creare un contenuto superiore dotato di proprietà non riducibili alla semplice som-ma dei singoli momenti che lo costituiscono. Si tratta di una variante del pen-siero dialettico di matrice hegeliana, che teorizza la risoluzione delle determi-nazioni antitetiche in una sintesi positiva, intesa come superamento (Aufhebung) delle antitesi stesse:

«Per sintesi creativa intendo quell’accordo, quella conciliazione che si colloca nella direzione della conservazione e dello sviluppo della vita; perciò, in ultima analisi, la riproposizione di un originario contenuto positivo che è continuamente costretto a difendersi e a salvarsi»30.

È il pensiero stesso del XIX secolo – argomenta Tönnies – a essere nel suo complesso orientato a una «sintesi creativa» in direzione della «conservazione e dello sviluppo della vita». Nel campo delle scienze naturali la sintesi otto-centesca è attinta dal concetto di “energia”, che rappresenta il superamento della secentesca meccanica astratta degli atomi e dello spazio vuoto:

«Questo puro oggetto ideale [il concetto di energia], però, diviene proprio per que-sta sua natura il sostrato unitario dei fenomeni, al posto del dualismo delle cose percepite con i sensi: materia e movimento»31.

In questa direzione – continua Tönnies – ha condotto anche la tipica trat-tazione ottocentesca dei fatti della vita e degli organismi, ossia la biologia e in particolare la teoria della discendenza, in opposizione alla concezione della costanza e fissità dei tipi biologici propria della riflessione scientifica prece-dente.

Un altro ambito decisivo dello sviluppo scientifico-filosofico ottocentesco è la psicologia «senz’anima» che aspira a essere mera descrizione empirica di fatti:

«Essa non ricade nel metodo animistico-teleologico di derivare movimenti fisiologici o addirittura fisici dalla sensazione o dal volere come loro cause: piuttosto, essa progredisce coerentemente in questa negazione fino a

rifiu-30 F.TÖNNIES, La synthèse créatrice. Résumé philosophique, «Bibliothèque du Congrès

Interna-tional de Philosophie», 1900, tome I, pp. 415-435. Citiamo dalla traduzione tedesca in F.T ÖN-NIES, Die schöpferische Synthese. Ein philosophisches Résumé, «Die Zeit», 26/1901, n. 338, pp. 183-184; 27/1901, n. 343, pp. 54-65, p. 183. Sul punto si veda J.ALWAST, Die begriffliche Wirk-lichkeit und die WirkWirk-lichkeit des Begriffs. Zur Kritik und Aneigung Hegels bei Tönnies, in L. CLAUSEN –C.SCHLÜTER (eds), Hundert Jahre «Gemeinschaft und Gesellschaft», pp. 251-265.

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tare di derivare dalla volontà umana la spiegazione delle azioni umane, nella misura in cui sono eventi della natura oggettiva. Così, essa si vede co-stretta a riconoscere l’identità di anima e corpo, cioè di fatti materiali e psichici, oggettivi e soggettivi»32.

Lo stesso sviluppo emerge anche nella sociologia. Fino all’Ottocento i teo-rici del diritto naturale erano essenzialmente impegnati nel negare le spiega-zioni teologico-sovrannaturali del potere, dei rapporti umani e della stessa storia dell’uomo e nel sostituirvi quelle tratte dalla ragione umana quale esclusiva fonte di legittimazione. Essi erano condizionati da un’esigenza prati-ca: la liberazione dalle autorità teologiche che rivestivano ruoli e significati immediatamente politici.

«Al contrario, il puro pensiero teorico deve rivolgersi alle origini e agli inizi

della convivenza e porsi la questione dello sviluppo delle sue formazioni più evolute dalle forme primitive. Esso dovrà descrivere le ragioni psicolo-giche tanto delle prime quanto delle seconde, scoprendone gli elementi anche nelle manifestazioni sociali della vita degli animali»33.

Le scienze naturali del XVII secolo e la coeva filosofia meccanicistica, quindi, hanno avuto il ruolo fondamentale di negare i pregiudizi teologici e finalistici, ma proprio in ragione di questa negazione della metafisica tradi-zionale hanno definito un’immagine del mondo astrattamente ratradi-zionale, limi-tata e unilaterale. La riflessione scientifico-filosofica ottocentesca, invece, è orientata a superare quest’astrattezza intellettualistica, muovendo sì dai risul-tati “positivi” del proto-illuminismo secentesco e della “filosofia scientifica”, ma inserendoli in un nuovo quadro sintetico, ricostituendo così la continuità dello sviluppo senza indulgere a nostalgie antimoderne o romantiche. La vec-chia idea di sviluppo – risalente almeno ad Aristotele – è ora declinata non più in senso teleologico e metafisico ma naturalistico e positivo. La direzione del processo è data dall’evoluzione di un principio unitario: la vita nelle sue molteplici articolazioni.

«La scienza naturale e la filosofia meccanicistica dal XVI al XVIII secolo conten-gono una negazione totale della fisica e della metafisica aristoteliche non meno che delle spiegazioni teologico-sovrannaturali dei fatti naturali, che con le prime fanno un tutt’uno. Ciò che pongono al loro posto sono la meccanica degli atomi e la completa separazione dell’anima dalla materia. Invece le ten-denze del XIX secolo descritte e la nuova teoria dello sviluppo perseverano

nella negazione di ogni causalità teologica e dell’armonica immagine del mondo in essa contenuta, ma nel contempo ripropongono la priorità della visione organica e così, nello stesso tempo, di quella psicologico-metafisica»34.

32 Ivi, p. 184.

33 Ibidem. Su questi temi di veda S.BREUER, Sozialgeschichte des Naturrechts, Opladen,

West-deutscher Verlag, 1983 eD.KLIPPEL, Politische Freiheit und Freiheitsrechte im deutschen Natur-recht des 18. Jahrhunderts, Padeborn, Schöningh, 1976.

34 F.TÖNNIES, Die schöpferische Synthese, p. 184. Un’argomentazione analoga si trova in F.

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Tho-La ricostruzione delle tendenze predominanti nella riflessione scientifica del XIX secolo trova il proprio riscontro nella riflessione filosofica: «La filoso-fia fa il coro al dramma delle ricerche e delle conoscenze scientifiche». La ri-cognizione filosofica proposta è del massimo interesse per la collocazione strategica del pensiero spinoziano:

«La vetta di questa “filosofia classica tedesca” è rappresentata dai nomi di Fichte, Schelling e Hegel. Tutti e tre saranno correttamente caratterizzati come Neo-spinozisti. Nel XVII e XVIII secolo la dottrina spinoziana viveva solamente come corrente sotterranea. Era screditata come ateismo, i suoi stessi seguaci non osava-no professarla apertamente. A partire dall’unità di ogni essere, la conformità orga-nica appare solo come un caso particolare dell’intima connessione delle parti in un tutto. Essa non è né un problema insolubile per la spiegazione meccanicistica, né richiede l’orologiaio del mondo o può servire come prova della sua esistenza; il mo-vimento è inerente all’intero sistema; esso non ha bisogno di alcun “primo motore”, di alcun Dio che dall’esterno metta in moto la macchina. Come Dio e mondo, così si comportano corpo e anima: sono solo due diversi concetti per la stessa realtà. [...] L’Io assoluto di Fichte e il non-Io in cui si riflette, sono la sostanza assoluta di Spinoza nei suoi due attributi del pensiero e dell’estensione. La filosofia della natu-ra di Schelling è esplicitamente spinozista: introduce già il pensiero dell’evoluzione nel sistema, sebbene ancora sotto un oscuro travestimento; essa insegna esplicita-mente l’identità di corpo e anima. Infine Hegel! Hegel pone questa identità [...] a fondamento del suo sistema. [...] Anche qui la vita organica e l’intera realtà psichi-ca dello Spirito – che comprende in sé tutta la vita sociale e tutta la civiltà – sono solo un caso particolare e più sviluppato dell’unità nel molteplice, che è sempre lo stesso e sempre diverso: causa sui e causa di ogni singolo è il tutto, che si riproduce in sempre nuove unità e si scompone in sempre rinnovate metamorfosi. [...] L’effetto potente della filosofia hegeliana risiede nella consequenzialità del suo ca-rattere spinozista, che secondo una concezione superficiale rende tutto razionale, secondo una concezione profonda, invece, rende tutto in linea di principio

com-mas, 1906, pp. 65-66: «Noi vediamo come nel corso dell’intero XIX secolo la ricerca e la rifles-sione teorica concordino nella critica del meccanicismo razionalistico, nel senso di incorporarlo totalmente in una teoria più sviluppata; anche se quella critica si manifesta più di frequente come priva di reale comprensione, come pura negazione. Nella sua idea corretta essa è invece un’evoluzione necessaria dello stesso razionalismo, che riconosce se stesso e i propri limiti. Il suo progresso all’interno della scienza naturale oggettiva si caratterizza per lo studio profondo dei fatti della vita. Vanno riconosciute le seguenti conseguenze filosofiche, in cui il razionalismo de-scrive la propria svolta: 1) per il pensiero deduttivo, il venir prima dell’infinito rispetto al finito e così il divenir pensabile dell’unità prima della molteplicità, dell’universale prima del particolare, del tutto prima delle sue parti. 2) Il sopravvento e la vittoria del movimento sulla stasi, della tra-sformazione delle idee sull’identità, del divenire sull’essere. Per il pensiero razionalistico le idee vittoriose sono necessarie; ma sono concepite come se sopraggiungessero dall’esterno. La condi-zione di quiete è quella naturale, come in un meccanismo costruito, come in un orologio non cari-cato (esempio ripreso da quasi tutti questi pensatori. Anche Hobbes ne parla nella Prefazione ai lettori del De cive). L’urto alla materia deve essere dato dall’esterno, poiché ogni sua parte lo rice-ve da quella contigua; il sistema richiede il suo Deus come iniziatore del movimento, della tra-sformazione, del divenire. L’altro modo di pensare, invece, che possiamo intendere come il più empiristico, ammette la materia in movimento come fatto dei fatti e non si preoccupa del vecchio concetto secondo cui il movimento non appartiene all’“essenza” della materia […]. 3) Così come nel sistema di conservazione dell’universo la quantità totale di energia si mantiene costante, pur nel mutare continuo delle sue forme, allo stesso modo il tutto di un organismo vivente si mantie-ne come durata delle relazioni fra le sue parti mantie-nel loro continuo mutare […]. 4) La realtà di ogni momento […] porta così in sé la possibilità reale, la disposizione, la tendenza, la forza o la capaci-tà, o come la vogliamo chiamare, a ogni cosa seguente come propria negazione; la possibilità non è dunque un concetto soltanto pensabile, ma è la realtà stessa nel suo necessario riferimento al tempo, cioè all’attività, alla prestazione, al compimento. Si deve fare la massima attenzione a co-me i rinnovati concetti aristotelici s’incontrino qui con i concetti della fisica moderna».

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prensibile, ossia deriva ogni conoscenza dall’autoconoscenza dell’uomo pensan-te»35.

La descrizione tönniesiana dello sviluppo filosofico tedesco prosegue con Schopenhauer, la cui teoria del primato della volontà – intesa come “cosa in sé” –, cioè l’idea della forza degli impulsi vegetativi operante all’interno di ogni pensare e di ogni conoscere, prefigura la dottrina biologica della discendenza: «La lotta per l’esistenza e la volontà di vita si completano e si presuppongono a vicenda»36. Altro momento essenziale dello sviluppo della filosofia tedesca è rappresentato da Marx e dalla sua concezione materialistica della storia:

«[Essa] non è altro che una conseguenza di quella psicologia che unisce Schopen-hauer e Darwin; una conseguenza che, dal punto di vista del monismo, e ancor più del monismo evoluzionistico, appare inevitabile. [...] Essa [la concezione materia-listica della storia] giace interamente nell’alveo del pensiero storico, che si ribellò alle costruzioni razionalistiche dell’illuminismo; in modo tale, però, che da esso so-no state espunte tutte le tendenze conservative,alle quali il suo primo sorgere di preferenza servì, poiché al loro posto subentrò la lotta socialista contro il liberali-smo. Come lo storicismo della Reazione si rapporta al diritto naturale, così il socia-lismo scientifico si rapporta a quello utopistico – anch’esso vuole presentarsi come sintesi creativa»37.

È chiaro il senso di questo sviluppo: lo “spinozismo”, attraverso la media-zione di Schopenhauer, agisce sotterraneamente fino a Marx. Il materiali-smo storico rientra nella stessa cornice naturalistica – volontaristica e positiva – inaugurata, agli albori della modernità, dalla riflessione psicologica

hobbe-35 F.TÖNNIES, Die schöpferische Synthese, p. 55.

36 Sul tema si veda soprattutto F.TÖNNIES, Zur naturwissenschaftlichen Gesellschaftslehre,

quin-di con il titolo Die Anwendung der Deszententheorie auf Probleme der sozialen Entwicklung (1905-11), in F.TÖNNIES, Soziologische Studien und Kritiken. Erste Sammlung, Jena, Fischer, 1925, pp. 133-329. In questo scritto emerge con chiarezza la distanza tönniesiana da ogni forma di “darwinismo sociale”, così come la critica a ogni ingenua trasposizione della logica delle scienze naturali al piano delle scienze sociali. Sul punto si veda C.BICKEL, Ferdinand Tönnies. Soziologie als skeptische Auflärung zwischen Historismus und Rationalismus, Opladen, Westdeutscher Ver-lag, 1991, pp. 175-203.

37 F.TÖNNIES, Die schöpferische Synthese, p. 55. Considerazioni analoghe si trovano nella

mono-grafia tönniesiana su Marx (Marx. Leben und Lehre, Jena, Lichtenstein, 1921, pp. 121-122). Vi si ripete che la «visione realistica» di Marx rientra nelle due tendenze fondamentali della seconda metà dell’Ottocento, la prima delle quali è la concezione “volontaristica” di Schopenhauer che, estrapolata dalla cornice metafisica, implica la sua verità psicologica: «In quanto Schopenhauer e Marx sono stati e rimasti reciproci, in tanto si può intendere a buon diritto il ‘materialismo stori-co’ come un’applicazione di quella teoria della volontà: non lo spirito conscio, ma quello inconscio è la potenza decisiva per la vita sociale, così come per quella dell’individuo; non la ragione, ma l’impulso cieco, non il pensiero, ma il bisogno è il “primo motore”, la forza originaria nella vita e nello sviluppo umani. [...] Si tratta, dice Marx, di “rapporti necessari indipendenti dalla volontà”, che egli definisce rapporti di produzione. [...] “Non è la coscienza degli uomini a determinare il loro essere, ma, al contrario è il loro essere sociale a determinare la loro coscienza”. Nella termi-nologia di Schopenhauer questa proposizione suonerebbe così: alla volontà come al cieco e cupo impulso dell’autoconservazione e dell’istinto sessuale spetta il primato nella coscienza di sé; l’intelletto è il suo servitore e strumento. Anche nella storia della civiltà, avrebbe potuto continua-re Schopenhauer, decidono il desiderio in qualità di padcontinua-re del pensiero, l’intecontinua-resse come guida delle opinioni, la necessità e il bisogno come pungolo per il pensiero inventivo». La seconda ten-denza – scrive Tönnies – che finisce con il convergere sul materialismo storico marxiano, è la dot-trina biologica della discendenza. Stesso discorso si trova anche in F.TÖNNIES, Demokratie und Parlamentarismus (1927), in F.TÖNNIES, Soziologische Studien und Kritiken. Dritte Sammlung, Jena, Fischer, 1929, pp. 40-84, p. 62. Sul tema si veda S.KOZIR-KOWALSKI, Ferdinand Tönnies über historischen Materialismus, in L.CLAUSEN –C.SCHLÜTER (eds), Hundert Jahre «Gemein-schaft und Gesell«Gemein-schaft», pp. 321-335.

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siana, portata a espressione compiuta e sistematica da Spinoza e teorizzata esplicitamente da Schopenhauer38.

Agli occhi di Tönnies, dunque, il ruolo di Spinoza è decisivo in questo svi-luppo, soprattutto perché evidenziando la tensione ma anche la co-implicazione originaria fra l’unità della sostanza e la pluralità dei modi finiti, egli inaugura lo spazio per pensare il rapporto sociale fra gli individui nel suo stretto legame con la psicologia, e in particolare con la volontà. Egli mostra, infatti, come gli individui, cioè i modi finiti secondo gli attributi del pensiero e dell’estensione (corpi e menti), siano sempre esistenti in atto come effetto del-la sostanza – come risultato di un processo d’individuazione – e non già come atomi originariamente sussistenti di per sé – diversamente da Hobbes. Tön-nies fa vedere, in altri termini, come gli individui siano costituiti e attraversati dai rapporti che ne determinano la posizione e il ruolo in un insieme che si presenta come la totalità della vita sociale, cioè come l’insieme delle singolari-tà sottoposte alla concatenazione infinita delle cause, all’onnilaterale comuni-cazione o relazionalità della sostanza («ontologia della relazione»)39.

3. La tripartizione delle scienze e il ruolo della sociologia

Su questa base s’innesta la tripartizione tönniesiana delle scienze umane e sociali nell’epoca “positiva” dello sviluppo filosofico-scientifico occidentale, anticipata da Spinoza come «profeta della verità»40. Per il chiarimento di questa tripartizione è utile richiamare ciò che Tönnies scrive in un articolo del 1907 intitolato Zu welchem Ende studieren wir Philosophie?41. Egli ripercorre la storia delle relazioni fra scienza e filosofia, sostenendo che un rapporto par-ticolarmente stretto e produttivo fra questi due ambiti del sapere comincia a stabilirsi quando l’uomo è posto al centro della speculazione filosofica e

scien-38 Il rapporto tra Spinoza e Marx è indagato da Tönnies in un articolo del 1921 (lo stesso anno

della pubblicazione della monografia su Marx. Leben und Lehre) apparso in «Die neue Zeit», il settimanale della socialdemocrazia tedesca. In esso, interessante anche per l’analisi della comune origine ebraica dei due filosofi e per la riflessione generale sul significato storico-sociologico dell’ebraismo, Tönnies, citando un passo di un’opera di Max Adler (Marx als Denker, 1908) sul significato dell’aggettivo “materialistico” in Marx, equivalente per Adler a quello di “empirico”, commenta: «Questo elemento empirico è da intendersi solo in senso spinoziano, cioè come iden-tità di materia e spirito, di corpo e anima. Così come la psicologia empirica analizza il cervello e l’intero organismo corporeo per descrivere l’anima, allo stesso modo la sociologia empirica deve studiare la vita sociale nell’anatomia dell’economia politica, per comprendere la vita politica e morale» (F.TÖNNIES, Spinoza e Marx [1921], in F.TÖNNIES, La teoria sociale di Spinoza, pp. 106-112, pp. 109-110).

39 Per l’interpretazione dell’ontologia di Spinoza come «ontologia della relazione» si veda E.B

A-LIBAR, Spinoza e la politica (1985), Roma, Manifestolibri, 1996 e E.BALIBAR,, La paura delle mas-se, in E.BALIBAR,, Il transindividuale, a cura di L. Di Martino - L. Pinzolo, Milano, Ghibli, 2002, pp. 13-40.

40 F.TÖNNIES, Spinoza e Marx, p. 107.

41 F.TÖNNIES, Zu welchem Ende studieren wir Philosophie?, «Jahrbuch moderner Menschen»,

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tifica. Socrate è il grande modello per l’antichità, mentre la riflessione scienti-fico-filosofica del Seicento riattualizza il tema greco del gnôthi seautón. Il problema del rapporto fra coscienza di sé e conoscenza del mondo diventa fi-losoficamente centrale nella modernità. Si ricercano vie nuove per la sua riso-luzione – rispetto a quelle “idealistiche” – affidandosi sempre più alla produt-tività scientifica del «pensiero dell’inconscio» (che è un modo diverso di esprimere il determinismo meccanicistico e la psicologia materialistica del de-siderio e del conatus di Hobbes e Spinoza): «Non possiamo ottenere la com-prensione nella nostra coscienza senza scoprire qualcosa di ciò che accade sot-to la coscienza, e tuttavia “nell’anima”»42.

L’inconscio – istinti auto-conservativi, desideri, passioni, appetiti – costi-tuisce il variegato e oscuro sostrato materiale – Tönnies dice «volontario» – che condiziona e determina, secondo la struttura temporale del passato e l’operare della memoria, il nostro pensare e agire cosciente. Il pensiero co-sciente non può essere astrattamente isolato da questa radice o, almeno, non lo può laddove il discorso scientifico pretenda di descrivere una realtà effet-tuale e non un mero dover-essere ideale. La psicologia si rende inscindibile dalla biologia, dallo studio della vita nelle sue manifestazioni organiche. È proprio la nozione di “vita”, infatti, e la necessità della sua conservazione, e quindi il concetto di “sviluppo” delle forme in cui tale necessità si esprime, a costituire, come abbiamo visto, il centro d’imputazione, ricavato dalla sua ma-trice nella potenza spinoziana, della riflessione scientifico-filosofica sul limita-re della fase “razionalistica” dello sviluppo del pensiero occidentale.

Le scienze naturali innalzano il concetto di «energia» a legge naturale fondamentale: la sua conservazione nel mutare delle sue manifestazioni è, nel concetto, identica all’essenza della vita, ossia alla dinamicizzazione della po-tenza spinoziana – intesa come forza (vis), conatus, tendenza. Tönnies ag-giunge che nella teoria della vita la filosofia, che muove dal pensiero, quindi dal soggetto, e le scienze naturali, che trattano di materia ed energia, dunque dell’oggetto, devono incontrarsi «come due trivelle che scavano due galle-rie»43. Si tratta, ancora una volta, di una variazione sul tema del parallelismo spinoziano tra corpo e mente.

Tönnies, quindi, prende in considerazione la più sviluppata ed evoluta forma di vita, quella sociale. Già quando discute del significato dell’inconscio per la psicologia moderna, pone l’accento sul significato di quest’acquisizione – la consapevolezza dell’inconsapevole – per la conoscenza dell’Altro. Anche l’estraneo, l’altro-da-noi, può agire su di noi in modo (per noi) inconscio; sia-mo cioè inseriti in una trama di cause ed effetti, di condizionamenti

inconsa-42 Ivi, p. 12. 43 Ibidem.

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pevoli, che acquistano progressivamente la connotazione di un rapporto so-ciale dotato di una specifica forza normativa, poiché radicato in una specifica forma di “volontà”:

«Anche ciò che è estraneo può operare sulla nostra coscienza in modo tale che non sia diverso da una parte di essa. Questa conoscenza è molto importante, perché fa da tramite per il nostro passaggio a un altro grande ambito del pensiero filosofico, la vita sociale,che però è solo un fenomeno particolare della vita in generale, a noi nota nella sua duplice natura, fisica e psichica»44.

La consapevolezza psicologica della dipendenza causale dello strato psichi-co psichi-cosciente da una dimensione per molti aspetti “inpsichi-conscia” pone l’individuo nella condizione di proiettare questa consapevolezza sul mondo esterno; di attingere, cioè, la soglia sociale ma anche epistemica della determinazione, della condizionatezza “materiale”, del determinismo. La «vita sociale», così, diventa l’oggetto di studio della sociologia e rappresenta un prodotto dell’attività dell’uomo inteso come essere eminentemente spirituale. La vita sociale è la soglia dello sviluppo umano a partire dalla quale è possibile artico-lare la sua comprensione scientifica; con la sociologia il soggetto e l’oggetto della comprensione – la filogenesi e l’ontogenesi dell’umanità – coincidono.

«Perciò la sociologia è una disciplina filosofica nel senso più autentico del termine. [...] Essa si basa interamente sulla psicologia, che, se compresa con sufficiente pro-fondità, si può definire la dottrina filosofica par exellence»45.

La sociologia studia la vita associata dell’umanità e costituisce il momento culminante, ossia la terza sezione della tripartizione delle discipline – biolo-gia, psicolobiolo-gia, sociologia – che sono, secondo Tönnies, l’equivalente scientifi-co della triplice forma in cui si esprime l’unità del principio vitale. La sociolo-gia tratta della vita non più dal punto di vista esclusivo delle funzioni vegeta-tive (biologia), né dal punto di vista esclusivo di quelle sensivegeta-tive e razionali (psicologia), ma considera la vita dell’individuo nei suoi rapporti con altri in-dividui; studia le dinamiche e le forme della convivenza umana – le «unioni sociali» – nelle quali si esprime la produttività spirituale – razionale – dell’uomo, ossia la possibilità di dare forma alla vita associata sulla base di un riferimento alla volontà e quindi alla ragione. Ciò non significa che l’analisi psicologica perda la propria importanza; anzi, essa costituisce – nella sua va-riante “biologica” – il presupposto e l’origine dello studio dei fatti politici e so-ciali46. Possiamo dire che si tratta, ancora del tutto spinozianamente, di

cono-44 Ivi, pp. 12-13. Sul punto si veda R.FECHNER, Man geht in die Gesellschaft wie in die Fremde.

Individuum und Welt in der Neuzeit. Überlegungen zu Ferdinand Tönnies’ Konzept der Moder-ne, «Jahrbuch für Soziologiegeschichte», 5/1996, pp. 153-176.

45 F.TÖNNIES, Zu welchem Ende studieren wir Philosophie?, p. 14.

46 Su questi temi, in prospettiva più generale, si veda A.ORSUCCI, Dalla biologia cellulare alle

scienze dello spirito. Aspetti del dibattito sull’individualità nell’Ottocento tedesco, Bologna, Il Mulino, 1992.

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scere adeguatamente le cause di ciò che ci determina, trasformandoci così da individui passivi in attivi.

La connessione sistematica e coerente dei “tipi” e dei gradi in cui si espri-me il principio vitale è data anche dal fatto che, all’interno stesso della socio-logia, si articola un’altra tripartizione, che riproduce la precedente. Nel saggio

Soziologie und Politik (1908), Tönnies definisce tre tipi di rapporto inter-individuale: economico, politico ed etico47. I rapporti economici sono quelli che intervengono tra singoli individui mettendo capo all’aiuto reciproco, allo scambio e al commercio in vista della soddisfazione dei bisogni “biologici” le-gati alla sopravvivenza. I rapporti politici, invece, intercorrono fra individui che si sentono, immediatamente e irriflessivamente, partecipi di una «schie-ra» (Schar) che, come un tutto unitario, è in grado di agire48. Nel rapporto po-litico, a differenza di quello economico, è primaria la relazione fra tutti i sin-goli, da un lato, e fra il singolo e tutti gli altri collettivamente intesi – la totali-tà – dall’altro. Il terzo rapporto, quello etico, interviene quando la relazione fra i singoli individui, così come quella fra tutti gli individui, si fonda in co-muni rapporti verso un terzo, che può essere un’entità reale o una rappresen-tazione – un’idea – che abbia però realtà oggettiva, cioè che non sia indipen-dente dal pensiero in generale ma da quello dei suoi occasionali portatori. Il momento etico-normativo rappresenta una sorta di completamento sociale del rapporto politico, poiché fonda una relazione con la totalità non sulla base di un confuso sentimento di comune appartenenza a un gruppo, ma a partire da una volontà cosciente, dal pensiero dei membri di un gruppo che “oggetti-vano” questo pensiero in qualche cosa di diverso e di superiore alla semplice somma dei loro sentimenti individuali, in un’entità che sopravvive all’eventuale annientamento della «schiera». Tönnies scrive: «Qui interviene il volere sociale come momento di mediazione, che implica un pensare comu-ne. Solo un volere sociale crea il legame sociale»49.

A questa tipologia di rapporti, Tönnies fa corrispondere una tripartizione di attitudini scientifiche: «Io distinguo nettamente [la sociologia teorica pu-ra] dalla visione biologica e psicologica della convivenza umana, alla quale, però, essa deve continuamente rivolgersi»50. La considerazione biologica trat-ta i fatti della convivenza umana come fenomeni della vitrat-ta organica; esamina, quindi, le condizioni della riproduzione e del sostentamento degli individui: essa mette capo a una considerazione prettamente economica. La considera-zione psicologica, invece, pur non potendo prescindere dalla precedente, trat-ta i fenomeni della vitrat-ta sensibile nei suoi diversi gradi: sensazione, percezione,

47F.TÖNNIES, Soziologie und Politik, «Zeitschrift für Politik», 1/1908, pp. 219-229. 48 Ivi, p. 224.

49 Ivi, p. 225. 50 Ivi, p. 226.

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rappresentazione. Questi ultimi rimangono sempre connessi con il sostrato biologico-materiale. La considerazione psicologica ci mostra anche come gli individui siano indotti a unirsi in parte da sentimenti socievoli – simpatie istintive – in parte dalla consapevolezza e dal calcolo del proprio utile, e come, d’altro canto, siano portati a separarsi dall’odio, dallo spirito vendicativo, dall’invidia e dall’antipatia naturale, ma anche da semplici interessi contra-stanti o dal razionale egoismo che ignora i legami naturali.

«La considerazione psicologica, però, ci mostra anche l’influsso che la volontà di molti, congiunta e orientata nella stessa direzione, esercita sul singolo, soprattutto su quello che si sente appartenente alla stessa schiera; ciò è quindi particolarmente importante per il rapporto politico. Il rapporto politico, anche tramite il bisogno di difesa e di lotta dalla cui coscienza esso sorge, mostra la natura animale dell’uomo. [...] La considerazione psicologica della convivenza umana, dunque, si estende specialmente alla teoria dei rapporti politici, quindi alla politica»51.

È così fissato un altro binomio – psicologia-politica – oltre a quello di bio-logia ed economia. Anche in questo caso, non si tratta per Tönnies di isolare i due binomi, ma di farli precipitare in una considerazione eminentemente so-ciologica. Essa ha a che fare con l’uomo come essere razionale, con la sua vita spirituale, «perché anche le precedenti considerazioni non possono tralasciare questo aspetto, e il punto di vista sociologico è soltanto un’espressione svilup-pata, divenuta autonoma, di quello psicologico»52.

Tutto ciò che è manifestazione della cultura, in antitesi alle mere condi-zioni naturali della vita umana, può essere riconosciuto solo tramite la consi-derazione sociologica, vale a dire per mezzo di un pensiero che ha come pro-prio specifico oggetto d’indagine i prodotti dello spirito umano (istituzioni, leggi, diritti, chiese, Stati, ecc.): «Perciò anche il rapporto morale, nella misu-ra in cui si basa sulle relazioni con tali formazioni, è accessibile e comprensi-bile soltanto alla considerazione sociologica»53. Il cerchio si chiude su sociolo-gia ed etica. La scienza sociale considera gli individui moderni nella loro di-mensione etico-spirituale, come gli artefici consapevoli di prodotti tipicamen-te ed esclusivamentipicamen-te umani. L’etica, a sua volta, come forma di rapporto so-ciale concretamente spirituale e umano, s’inserisce come forza pratica nella costituzione del sociale. Quest’ultima non potrà prendere le mosse se non dall’assunzione della condizionatezza biologico-psicologica e quindi economi-co-politica della vita umana, vale a dire dalla materialità dei rapporti econo-mico-sociali in cui l’individuo moderno è concretamente inserito. Quest’etica, quindi, sarà collocata all’interno di una griglia scientifica materialistica54.

51 Ivi, p. 228. 52 Ibidem. 53 Ivi, p. 229.

54 Cfr. F.TÖNNIES, Ethik und Sozioalismus, «Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik»,

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4. Hobbes e Spinoza tra diritto e politica

Per affrontare il secondo tema del nostro intervento, ossia il ruolo svolto da Hobbes e Spinoza nella riflessione sociologica tönniesiana, dal punto di vi-sta della relazione tra scienza della società e teoria politica, è utile ritornare a

Gemeinschaft und Gesellschaft e in particolare alla definizione delle due for-me di legafor-me sociale indicate da questi termini. Abbiamo già visto che, in sen-so del tutto spinoziano, volontà e intelletto sen-sono inscindibili e “paralleli”; for-mano una connessione coerente, affrontando la quale, tuttavia, è utile distin-guere «la volontà in quanto in essa è contenuto il pensiero, e il pensiero in quanto in esso è contenuta la volontà»55. Nel primo caso, l’unità e l’ordine so-no naturali – poiché radicati nella tradizione, nella consuetudine e nel costu-me – nel secondo sono arbitrari, cioè prodotti cocostu-me costrutti artificiali dagli individui societari. Il che significa, contro ogni oggettivismo, organicismo ed emanatismo sociologico, che anche nella «volontà essenziale» vi è presenza simultanea di volontà e ragione – una volontà che vuole un rapporto sociale e una ragione che gli conferisce un senso non utilitaristico – e non semplice istinto o coercizione, sebbene in questo specifico caso la volontà degli indivi-dui sia essenzialmente orientata al riconoscimento e alla riproduzione del rapporto cui immediatamente inerisce e partecipa e che ha già voluto in pas-sato. Nel caso della «volontà arbitraria», invece, l’intelletto è l’elemento in cui il dato volontario stesso si manifesta come nel suo prodotto – come rappre-sentazione di uno scopo desiderato – vale a dire esso s’identifica con la ragio-ne d’individui calcolanti che intendono e vogliono l’unità e l’ordiragio-ne sociale non come propria destinazione naturale o come ciò che hanno sempre voluto, ma come mezzo più utile per la realizzazione dei propri scopi56.

Per Tönnies, in ogni caso, l’elemento specificamente sociale della convi-venza umana consiste nel fatto che le unioni diventano oggetto di conoscenza e di consenso da parte dei loro membri. Questi rapporti voluti e riconosciuti hanno un costitutivo riferimento a norme e regole dell’agire, e queste a valori economici, politici o morali. Il carattere normativo e “volontario” di ogni unione spiega perché Tönnies consideri la riflessione sul Naturrecht moderno – a cominciare da Hobbes – e, più in generale, lo studio del diritto come ele-mento essenziale della nascente sociologia57.

Die philosophisch-soziologischen Grundpositionen von Ferdinand Tönnies. Ein Beitrag zur Ge-schichte und Kritik der bürgerlichen Soziologie, Hamburg-Harvestehude, Fechner, 1995.

55 F.TÖNNIES, Comunità e società, p. 108. 56 Ivi, pp. 108 e ss.

57 Sul punto si veda F.TÖNNIES, Soziologie und Rechtsphilosophie, in F.TÖNNIES, Soziologische

Studien und Kritiken. Zweite Sammlung, Jena, Gustav Fischer, 1926, pp. 169-172; F.TÖNNIES, Das Wesen der Soziologie, in F.TÖNNIES, Soziologische Studien und Kritiken. Erste Sammlung, pp. 350-368 e F.TÖNNIES, Einführung in die Soziologie, pp. 209 e ss. Su questo tema si veda so-prattutto S.BREUER, Sozialgeschichte des Naturrechts.

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Una volta delineati i «tipi normali» dal punto di vista concettuale e psico-logico, quindi, Tönnies esamina i presupposti sociologici del diritto naturale, affrontando il tema della normatività implicita nella comunità e nella società come forme distinte di volontà sociale58. I due tipi di rapporto sociale metto-no capo a due diverse forme di organizzazione socio-giuridica della vita asso-ciata – «ordinamento della convivenza»59. La comunità è una formazione so-ciale fondata sul soggetto, sul possesso del suolo e sul diritto di famiglia; la società, invece, si basa sulla nozione di “persona” giuridica, sul denaro e sul diritto delle obbligazioni. In corrispondenza di queste due opposte configura-zioni, si hanno due declinazioni del diritto naturale che a loro volta si tradu-cono in due differenti forme di diritto “positivo” (come insieme di norme coercibili distinte in base al diverso riferimento alla volontà): quella comuni-taria e quella sociecomuni-taria. Il diritto naturale comunitario, «essendo radicato nella vita familiare e attingendo il suo contenuto più significativo dai fatti del possesso fondiario, ha le proprie forme determinate essenzialmente dal co-stume. Quest’ultimo riceve la sua consacrazione e la sua trasfigurazione dalla religione». Il diritto naturale societario, invece, «ha i propri presupposti natu-rali nell’ordinamento convenzionale del commercio e di ogni traffico affine: esso diventa valido e regolarmente efficace soltanto in virtù della volontà arbi-traria sovrana e della potenza dello Stato»60.

Il costume, dunque, si presenta come forma normativa distinta dall’ordinamento giuridico, ossia dal diritto in senso proprio caratterizzante l’età moderna. Il diritto naturale comunitario, in definitiva, definisce un tipo di normatività che non deriva dalla pattuizione fra gli individui che vi si sot-tomettono, ma che ricava la propria forza coercitiva, paragonata a una sorta di necessità naturale, dal dominio della tradizione e del passato che gli indivi-dui riconoscono e cui obbediscono («consenso» e «concordia» delle volontà). Il diritto naturale societario, invece, è innanzitutto «convenzione», traducen-dosi in una serie di regole che garantiscono la sopravvivenza della società stes-sa come insieme d’individui separati che devono essere messi in relazione, mantenendo tuttavia questa loro separatezza. La dimensione sempre più am-pia della convenzionalità e della mediazione dei rapporti tra gli individui mo-stra come sul terreno della moderna “società” il ricorso all’immediatezza nor-mativa della natura sia del tutto inattuale e come il diritto naturale societario, in quanto diritto naturale fondato sulla validità dei contratti, rinvii inevita-bilmente alla legge positiva e all’ordinamento giuridico dello Stato sia come

58 F.TÖNNIES, Comunità e società, pp. 189 ss. 59 Ivi, p. 256.

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garante dei contratti stessi tra i singoli individui sia anche – e per conseguen-za solo apparentemente paradossale – come esclusivo produttore dell’unico “diritto di natura” vigente: «Anche il diritto naturale, per essere efficace e rea-le deve essere inteso come posto ed effettivo»61.

Il risultato del ragionamento tönniesiano è la teoria del «duplice caratte-re» dello Stato, come prodotto e come artefice del diritto naturale stesso. Lo Stato, infatti, da un lato esiste come «persona fittizia e artificiale», vale a dire come «associazione sociale generale» che, in quanto «titolare e rappresentan-te di tutti i diritti coercitivi naturali», può ergersi sopra la società al fine di realizzare il diritto naturale convenzionale fondato sulla validità dei contratti. In questa forma, lo Stato è un’associazione politica che sussiste accanto e so-pra la società – che mantiene e può far valere il suo diritto anche contro quello dello Stato – e che traduce in diritto politico il diritto naturale attraverso il suo potere legislativo. Dall’altro lato, lo Stato è la «persona assoluta» che coincide con la società stessa, rendendo possibile l’unità della sua volontà ge-nerale.

«Ma lo Stato è [...] la società stessa o la ragione sociale, che è data col concetto del singolo soggetto razionale. Esso è la società nella sua unità, posta non già come persona particolare al di fuori e accanto alle altre persone, bensì come la persona assoluta, in rapporto a cui le altre persone traggono la loro esistenza. In questo senso non esiste nessun diritto contro il suo diritto; il diritto della politica è il dirit-to di natura»62.

È proprio prendendo le mosse da questa duplice esistenza dello Stato, co-me prodotto della società e coco-me condizione assoluta di possibilità della socie-tà stessa, che si ridefinisce il rapporto di Tönnies con Hobbes e Spinoza. Nelle diverse edizioni della monografia su Hobbes, infatti, il problema di Tönnies è capire se la positivizzazione del diritto naturale operata dallo Stato hobbesia-no cohobbesia-nosca dei resti e delle eccedenze, cioè come avvenga la transizione dalla condizione naturale a quella civile, se tramite un contratto con cui ciascun in-dividuo alienerebbe il proprio diritto naturale, o tramite una composizione delle forze, un’unione delle potenze e quindi dei diritti individuali (in senso spinoziano). La «persona assoluta» dello Stato, infatti, sembra rinviare a quel potere «perfettamente assoluto» con cui Spinoza identifica la democrazia63. In termini più radicali, si tratta per Tönnies di capire se lo Stato sia un’associazione contrattuale che, per quanto generale possa essere, mantiene strutturalmente il carattere di persona particolare, o sia invece una persona

61 Ivi, p. 257.

62Ivi, p. 247. Sul punto si veda soprattutto M.RICCIARDI, Ferdinand Tönnies sociologo

hobbesia-no, pp. 165 e ss.

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assoluta, un ente collettivo e comune in grado di determinare le condizioni non contrattuali e non societarie dell’unità della società stessa64.

5. Le interpretazioni tönniesiane di Hobbes

In base alla propria distinzione di “diritto naturale comunitario” e “diritto naturale convenzionale”, Tönnies individua in Hobbes il teorico moderno del secondo che, come abbiamo visto, rinvia costitutivamente alla positivizzazione dello Stato. Il diritto naturale convenzionale è l’espressione giuridica di una condizione storico-sociale fondata su proprietà privata e libertà individuale. Esso trapassa nel diritto privato dello Stato moderno. Secondo questa lettura, società e Stato, lungi dal contrapporsi, si implicano, essendo lo Stato la ragio-ne unitaria della società. Nella prima interpretazioragio-ne tönniesiana di Hobbes, risalente alle Anmerkungen e alla prima edizione della monografia (1896), essi appaiono coestesi. La razionalizzazione societaria, infatti, consente la mediazione non problematica tra il versante naturale-sociale dello ius e quello positivo-statuale della lex.Il sistema della normatività “naturale”, cioè delle obbligazioni che costituiscono la realtà sociale, trova “naturalmente” nello Stato moderno – borghese – la propria garanzia di effettività e la propria san-zione. La mediazione fra diritto naturale convenzionale e Stato è fornita dai concetti di Versammlung e Vertretung:

«L’assemblea [Versammlung] è costituita tramite un contratto che prevede che per un determinato atto la volontà della maggioranza valga come volontà di tutti; la rappresentanza [Vertretung]sorge tramite un mandato illimitato, che una tale assemblea concede a una sola o a più persone, che di nuovo devono costituirsi co-me assemblea»65.

Hobbes è per Tönnies, in primo luogo, il teorico dello Stato liberale di di-ritto, vale a dire dello Stato che ha come proprio fine la realizzazione del dirit-to razionale non come qualcosa di esterno ma come intima e costitutiva ra-gion d’essere e destinazione storica66. Questo è lo Stato di leggi, fondato ra-zionalmente attraverso un patto di ciascuno con ciascun altro all’interno del quale non può darsi, appunto, diritto extrastatale perché tutto il diritto

natu-64 Su questo punto, rinvio al mio La politica della società, pp. 201 e ss.

65 F.TÖNNIES, Hobbes’ Leben und Lehre, Stuttgart, Friedrich Frommanns Verlag, 1896, p. 201.

Sul concetto di rappresentanza si veda G.DUSO, La rappresentanza politica. Genesi e crisi del concetto, Milano, Franco Angeli, 1988 e H.HOFMANN, Rappresentanza-rappresentazione. Parola e concetto dall’antichità all’Ottocento (1974), Milano, Giuffrè, 2007. Sulla rappresentanza in Hobbes cfr. H.F.PITKIN, The Concept of Representation, Berkeley-Los Angeles-London, Univer-sity of California Press, 1967, soprattutto pp. 14 ss. e L.JAUME, Hobbes et l’Etat représentatif mo-derne, Paris, Puf, 1986.

66 Di ciò si rese conto Schmitt quando si riferì agli «elementi di “Stato di diritto” presenti nella

dottrina di Hobbes» messi in luce da Tönnies; cfr. C.SCHMITT, Il Leviatano nella dottrina dello Stato di Thomas Hobbes. Senso e fallimento di un simbolo politico (1938), in C.SCHMITT, Scritti su Thomas Hobbes, in C.GALLI (ed), Milano, Giuffrè, 1986, pp. 61-144, p. 120.

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