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"Eco-Ego". Un'immagine per rappresentare l'ecologia (profonda)

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Academic year: 2021

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SR

Scienze e Ricerche

N. 51, AGOSTO-SETTEMBRE 2017

ISSN 2283-5873

(2)

SR

Scienze e Ricerche

8.

SR

Scienze

e

Ricerche

BIMENSILE - N. 20 (1° GENNAIO 2016) ISSN 2283-5873

PERCORSI DELLO

SGUARDO

Rapporti

tra dimensioni visive

e altre discipline

a cura di

Ornella Castiglione

ORNELLA CASTIGLIONE - Introduzione

SAMUELE BRIATORE - Spettacolo e Sonoro per immagini. La spettacolarità nella Phonurgia Nova di A. Kircher.

Dall’ottica all’acustica, dallo sguardo al suono

ROBERTO DE ROMANIS - L’invenzione della fotografia: un’utopia alchemica in epoca illuminista KATIA PARONITTI - Lo sguardo sull’altro. Cinema italiano e antropologia dell’immigrazione

VINCENZO TAURIELLO - La logica delle immagini ipermediali: Ender’s Game e il cinema mainstream hollywoodiano.

Il pianale (flatbed) come forma simbolica

ISMAELA GOSS - I puzzle film: la visione tra cognizione e affettività RAFFAELE MARZO - Oltre il visibile: la Costituzione italiana e i suoi riflessi

LUCA BENVENGA - La sottocultura “cool” d’oltremanica: immagini e stereotipi del Modernismo in Gran Bretagna FEDERICO O. OPPEDISANO - Il design audiovisivo tra narrazione filmica e convergenze semantiche

nei nuovi media

ENRICO CICALÒ - Percezione Visiva - Rappresentazione Grafica. A/R

CLAUDIA CAMICIA - Dall’Orbis Pictus al silent book: l’illustrazione nel libro per ragazzi. Cenni storici e

considerazioni psico-pedagogiche

VINCENZA ROSIELLO - Il volto e l’anima delle macchine nella letteratura inglese

GIULIANA SCOTTO - Lo spazio dissolto nella luce: La Lama di Massimiliano Fuksas a Roma

(3)

51. Sommario

SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE

MARIO CHIARIELLO, SIMONE BARBERA, ANDREA CACACE, SERENA CAPASSO, ERNESTO DI MAURO, FABIO UGLIANO, EMANUELE SASSO, NICOLA ZAMBRANO

I micro-RNA: dalla scoperta alle applicazioni pag. 5

LUCIANO CELI

“Eco-Ego”. Un’immagine per rappresentare l’ecologia (profonda) pag. 14

SCIENZE DELL’UOMO, FILOSOFICHE, STORICHE E LETTERARIE

GIULIANO GASBARRI

“Con mente serena nell’animo turbato”. I filosofi e la Grande Guerra pag. 21

SCIENZE COGNITIVE

SEBASTIANO LUPO, JENNY GIUNTA

La Dipendenza da Internet: uno studio su un campione

di studenti della scuola media superiore pag. 28

SCIENZE DELL’UOMO, FILOSOFICHE, STORICHE E LETTERARIE

GIAMPIETRO FABBRI

Kainua Misena e il popolo misto degli Etruschi pag. 41

COMITATO SCIENTIFICO

pag. 52

3

n. 51 (agosto-settembre 2017)

SR

Scienze e Ricerche

8.

SR

Scienze

e

Ricerche

BIMENSILE - N. 20 (1° GENNAIO 2016) ISSN 2283-5873

PERCORSI DELLO

SGUARDO

Rapporti

tra dimensioni visive

e altre discipline

a cura di

Ornella Castiglione

ORNELLA CASTIGLIONE - Introduzione

SAMUELE BRIATORE - Spettacolo e Sonoro per immagini. La spettacolarità nella Phonurgia Nova di A. Kircher.

Dall’ottica all’acustica, dallo sguardo al suono

ROBERTO DE ROMANIS - L’invenzione della fotografia: un’utopia alchemica in epoca illuminista KATIA PARONITTI - Lo sguardo sull’altro. Cinema italiano e antropologia dell’immigrazione

VINCENZO TAURIELLO - La logica delle immagini ipermediali: Ender’s Game e il cinema mainstream hollywoodiano.

Il pianale (flatbed) come forma simbolica

ISMAELA GOSS - I puzzle film: la visione tra cognizione e affettività RAFFAELE MARZO - Oltre il visibile: la Costituzione italiana e i suoi riflessi

LUCA BENVENGA - La sottocultura “cool” d’oltremanica: immagini e stereotipi del Modernismo in Gran Bretagna FEDERICO O. OPPEDISANO - Il design audiovisivo tra narrazione filmica e convergenze semantiche

nei nuovi media

ENRICO CICALÒ - Percezione Visiva - Rappresentazione Grafica. A/R

CLAUDIA CAMICIA - Dall’Orbis Pictus al silent book: l’illustrazione nel libro per ragazzi. Cenni storici e

considerazioni psico-pedagogiche

VINCENZA ROSIELLO - Il volto e l’anima delle macchine nella letteratura inglese

GIULIANA SCOTTO - Lo spazio dissolto nella luce: La Lama di Massimiliano Fuksas a Roma

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SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE | SCIENZE E RICERCHE • N. 51 • AGOSTO SETTEMBRE 2017

1. LO SCENARIO, GLI SCENARI

A

urelio Peccei (1908-1984), capitano d’indu-stria che potremmo definire “dei due mondi”1,

maturò, a seguito delle proprie vicende per-sonali, una spiccata sensibilità nei confronti dell’impatto umano sul pianeta. Nel 1968 fondò, insieme ad altri – uomini d’affari, economisti, capi di stato, scien-ziati, attivisti per i diritti, alti dirigenti governativi prove-nienti da tutto il mondo – il “Club di Roma”, un’associa-zione no-profit e non governativa, con l’ambizioso scopo di occuparsi dei problemi che l’umanità si sarebbe trovata ad affrontare in futuro, stanti le condizioni del presente. Il maggior risultato che sin da allora si ebbe – soprattutto in ambito accademico – fu la realizzazione di uno studio, commissionato a un gruppo di scienziati del MIT di Bo-ston2, nel quale si chiedeva di ipotizzare cosa sarebbe

ac-caduto all’umanità immaginando una serie di scenari pos-sibili. L’importanza dello studio – pubblicato nel 19723 in

contemporanea in molti paesi del mondo – e il suo nucleo centrale fu l’applicazione della nascente scienza dei calco-latori a problemi complessi, le cui variabili – pur ridotte

1 Torinese, fu prima dirigente alla Fiat dove diresse, a partire dal 1949 e per una ventina d’anni in Argentina, la “Fiat Concord”. Nel 1964 passò all’Olivetti dove divenne amministratore delegato.

2 Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III che di fatto furono gli estensori del rapporto. Rapporto che poté contare sul fondamentale contributo di Jay Forrester.

3 In bibliografia: MEADOWS, D. H., MEADOWS, D. L., RANDERS J., BEHRENS III W. W., 1972. La traduzione italiana del titolo risente già di quella infelicità che, sin da allora, mostrava sottotraccia la diffi-coltà di ricezione del rapporto. Il termine inglese “crescita” (growth) viene tradotto in italiano con “sviluppo”, quasi a scongiurare un tabù che tale era sin dagli albori della moderna società basata sull’economia neo-classica, quello di crescita appunto. Il termine “sviluppo” risulta però fuorviante: vi può essere sviluppo senza crescita – basti pensare a tutti gli aspetti qualitativi e non quantitativi della vita umana. Ma è di limiti verso una crescita (quantitativa) in(de)finitita che si parla, e non di sviluppo.

La crescita perpetua è il credo della cellula cancerosa Edward Abbey

SINTESI

Uno dei concetti più interessanti della modernità – alla luce della crisi sistemica e non solo economica che vivia-mo – è legato all’ecologia. Spesso vista come una discipli-na studiata al pari delle altre, secondo udiscipli-na visione antropo-centrica che mette più o meno consapevolmente l’Uomo al di sopra di tutte le altre creature e quasi al di fuori dell’eco-sistema. Il valore fondamentale di quest’ultimo per la vita viene sottovalutato o relegato a documentari televisivi che parlano spesso di specie animali in pericolo, di ecosistemi fragili e quant’altro – comunque sia “lontani” dal nostro quotidiano. L’Umanità ha invece, in questi ultimi 2 seco-li, modificato profondamente l’ambiente in cui vive – al punto che gli scienziati (ecologisti, antropologi, naturalisti) hanno battezzato quest’ultimo periodo Antropocene, nome altisonante per una delle ere forse più brevi della storia del-la Terra.

Il concetto cui ci si riferisce è tanto semplice quanto “rivoluzionario” e profondo nella sua rappresentazione vi-siva, mostrata nel presente articolo (fig. 5). Questo sta a indicare la corrente di pensiero inaugurata il secolo scorso da Arne Næss, rispresa nel nostro paese da DALLA CASA (2011) e chiamata ecologia profonda, in contrapposizione a una ecologia di superficie da cui ancora era affetto il pur, a sua volta, rivoluzionario e fondamentale Limits To Growth, voluto agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso da Aurelio Peccei. Uno studio nel quale il ruolo dell’Uomo era api-cale, sia per capacità di determinare il proprio – e l’altrui/ di altre specie – destino, sia per il fatto che la visione è ancora – come lo è attualmente – informata di un antropo-centrismo del quale dovremmo fare sempre più a meno se vorremmo avere qualche possibilità in più di sopravviven-za sul pianeta.

“Eco-Ego”. Un’immagine per

rappresentare l’ecologia (profonda)

LUCIANO CELI

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SCIENZE E RICERCHE • N. 51 • AGOSTO SETTEMBRE 2017 | SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE

ed alla moderazione nei consumi, al punto che si delinea una situazione sostenibile prima della metà del XXI se-colo. Si tratta, secondo gli autori, di uno scenario concre-tamente perseguibile ed anche desiderabile, nonostante la sostenibilità venga raggiunta solo dopo un andamento oscillante, non indolore, della produzione agricola e della disponibilità di beni di consumo e alimenti pro-capite; • Scenario 10: Tempestività. In tutto analogo allo scenario

9 con una sola differenza: s’ipotizza che le azioni lì intra-prese (programmazione familiare, moderazione degli sti-li di vita, abbattimento dell’inquinamento, accrescimen-to della resa delle terre con tutela dei suoli, utilizzo più efficiente delle risorse) siano state poste in essere già nel 1982. L’effetto è ancora migliore, in quanto si raggiunge una situazione sostenibile già all’inizio del XXI secolo e con minori oscillazioni.5

Il più interessante degli scenari – chiamato dagli autori “scenario 0” – è quello più irrealistico, ovvero quello degli input e output infiniti, volto a mostrare che, se si assumes-sero (1) risorse necessarie alla produzione industriale; (2) (conseguente) inquinamento e spazio sottratto all’agricol-tura in costante diminuzione; (3) un aumento indefinito della produttività della terra, allora non ci sarebbero limiti allo sviluppo. Pur ammettendo che la tecnologia arrivi a risolvere – con soluzioni efficaci ed economiche – proble-mi come l’inquinamento, i probleproble-mi persisterebbero per il semplice fatto che: «la percezione di un problema e la con-divisione della necessità di una soluzione richiedono tem-po (nell’ordine di decenni) e si scontrano con resistenze di vario tipo; il problema può richiedere tempi di soluzione molto lunghi, anche quando sia stato pienamente ricono-sciuto e si siano poste in atto efficaci contromisure»6. In tal

senso gli estensori del rapporto intuirono subito il primo tra i problemi che è in sostanza di tipo cognitivo e di consa-pevolezza e, trattandosi di scienziati, ne fecero un grafico (immagine 1).

Il rapporto venne accolto in certi ambienti entusiastica-mente, in altri venne demonizzato e, come spesso accade, alla fine per lo più ignorato, nonostante gli aggiornamenti al rapporto stesso7 e nonostante la sua uscita avvenne

qua-si in concomitanza con la criqua-si petrolifera statunitense del 1973, profetizzata nel 1956 da Marion King Hubbert8. Che

il rapporto fosse ben condotto e capace di intuire alcuni problemi del futuro – in primis quello psicologico della “resistenza al cambiamento” – lo suggerisce un piccolo episodio legato alle emissioni di clorofluorocarburi (CFC): introdotti nel 1928, solo nel 1974 si ufficializzò la notizia che queste erano dannose per l’ozonosfera9 e si dovette

at-5 Fonte: Wikipedia alla voce «Rapporto sui limiti dello sviluppo». 6 Ib.

7 Cfr. in bibliografia: MEADOWS, D. H., MEADOWS, D. L., RAN-DERS J., 1992 e 2004; BARDI U., 2011a e RANRAN-DERS J., 2012 8 HUBBERT M. K., 1956

9 Cfr. STOLARSKI R. S., CICERONE R. J., 1974 e MOLINA M. J., F. SHERWOOD ROWLAND F. 1974

nel numero, per semplicità – sono in dipendenza reciproca l’una dall’altra4. In particolare vennero analizzate cinque

variabili: • Popolazione

• Produzione di alimenti • Industrializzazione • Inquinamento

• Sfruttamento delle risorse naturali.

Queste, opportunamente miscelate, diedero luogo a 11 diversi scenari che elenchiamo brevemente qui di seguito, offrendo, per quelli meno evidenti, qualche spiegazione: • Scenario 1: Crisi delle risorse non rinnovabili; • Scenario 2: Crisi da inquinamento;

• Scenario 3: Crisi alimentare; • Scenario 4: Crisi da erosione;

• Scenario 5: Crisi multipla. Modificati gli scenari prece-denti con fattori che possano mitigare l’intensità e pro-crastinare le crisi, si andrebbe comunque incontro a una possibile débâcle legata a più fattori che – non dimenti-chiamolo – agiscono sempre in contemporanea; • Scenario 6: Crisi da costi. Si modifica lo scenario 5

ag-giungendo tecnologie per l’economizzazione delle risor-se naturali. Si ritarda la crisi che però incombe comun-que, alla fine del XXI secolo, per i costi crescenti degli interventi finalizzati a sostenere la produzione agricola e per contrastare l’inquinamento, l’erosione e la scarsità delle risorse naturali;

• Scenario 7: Programmazione familiare. Si ritorna allo scenario 1 per esaminare gli effetti di possibili misure atte ad evitare gli esiti degli scenari precedenti, iniziando con l’assumere che tutte le coppie del mondo decidano di avere in media due figli in modo da ridurre l’impatto di una crescita esponenziale della popolazione. Ciò con-sente di garantire migliori condizioni di vita, ma si ha co-munque un’inversione di tendenza, come nello scenario 2, a causa del crescente inquinamento;

• Scenario 8: Moderazione degli stili di vita. Si modifica lo scenario 7 aggiungendo l’ipotesi che “tutti”, nel mondo, si attestino su un livello di consumi poco superiore a quello “medio” dell’anno 2000 (da notare che si tratta di un’ipo-tesi non solo di “moderazione”, ma anche di “perequazio-ne”). Si ottengono così favorevoli condizioni per circa un trentennio, ma si perviene poi comunque ad un collasso a causa di un’impronta ecologica troppo elevata;

• Scenario 9: Utilizzo più efficiente delle risorse naturali. Si modifica lo scenario 8 aggiungendo tutti gli interventi previsti nello scenario 6 (abbattimento dell’inquinamento, accrescimento della resa delle terre con tutela dei suoli, economizzazione delle risorse naturali). L’effetto è netta-mente migliore, grazie alla minore pressione demografica

4 In sostanza si decise di realizzare appositamente un linguaggio di programmazione, chiamato “World3”, utile a implementare la nascente disciplina dei sistemi complessi, formalizzata da Forrester (in bibliogra-fia: FORRESTER J. W., 1971).

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SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE | SCIENZE E RICERCHE • N. 51 • AGOSTO SETTEMBRE 2017

le cellule tumorali. Questo accade per i motivi che stanno alla base dei manuali di ecologia, vale a dire l’equilibrio dinamico – e complesso – che sussiste tra le specie viventi, in natura appunto, ma non più nelle società umane che di fatto costituiscono una vera e propria anomalia.

L’equilibrio complesso stabilito, in maniera semplifica-ta, dai ritorni decrescenti10 che, già negli anni ’20 del

seco-lo scorso, venivano codificati indipendentemente dai ma-tematici Vito Volterra (1860-1940) e Alfred Lotka (1880-1949) nelle equazioni preda-predatore che prendono i loro nomi11. Un equilibrio definitivamente infranto dal genere

umano.

Altre due immagini, molto simili tra loro, possono aiu-tarci a comprendere meglio questa anomalia, che ha luo-go quando i meccanismi di selezione naturale smettono di operare. La prima ha a che fare con un aneddoto legato alla realtà della seconda guerra mondiale e riguarda una remota isola del mare di Bering, colonizzata da un mani-polo di uomini – tecnici e militari – inviati lì dalla Guardia Costiera statunitense per questioni strategiche12: l’isola di

San Matteo. Trovandosi in guerra e in condizioni climati-che avverse, vennero imbarcate sulla nave 29 renne climati-che, in caso di mancati rifornimenti, sarebbero state una riserva di cibo per quegli uomini confinati sull’isola. Non accadde nessuna emergenza e da lì a meno di un anno la guerra finì: tutto venne smontato e le 29 renne vennero liberate, poi-ché l’habitat era di fatto quello in cui questi animali sono abituati a vivere. Nel 1957, dopo 13 anni, un gruppo di ricercatori tornò sull’isola e trovò la popolazione delle rene in salute: il loro numero era cresciuto da 29 a 1350. Nel 1963, lo “scoglio” di San Matteo – lungo 54 chilometri e largo 6 – fu visitato di nuovo e i ricercatori contarono circa 6.000 renne: nessun antagonista naturale – l’isola era de-serta – fece aumentare a dismisura la popolazione, sebbene le condizioni di salute non fossero più quelle di qualche anno prima. Ancora: dopo solo 2 anni, nel 1965, gli stessi ricercatori tornarono e il numero di capi di bestiame che contarono era… 42. Il boom demografico fu così elevato che anche una risorsa naturale – e quindi per definizione rinnovabile come lo è il muschio di cui si nutrono questi animali – divenne non rinnovabile per eccessivo sfrutta-mento.

La cosa più triste fu non solo la morte per inedia, ma la prolungata agonia dei sopravvissuti, ridotti pelle e ossa, malati e agonizzanti per la costante deprivazione da cibo. Negli anni ’80 del secolo scorso morì anche l’ultima renna e l’isola torno ad essere deserta esattamente come quando

10 Termine coniato da David Ricardo (1772-1823) che qui utilizziamo in senso più generale e non strettamente legato all’economia.

11 VOLTERRA V., 1926 con traduzione in inglese 1931; LOTKA A. J., 1920 e 1925. Per una panoramica generale sul tema, si veda anche D’ANCONA U., 1942

12 Si trattava di installare un sistema di navigazione che facesse da “punto nave” per le imbarcazioni – amiche – che si fossero trovate a passare in quella zona. Sistema di navigazione che andava fatto fun-zionare (quindi la presenza dei tecnici) e difeso (da cui la presenza di personale militare).

tendere il 1987 per la firma del primo protocollo interna-zionale di messa la bando per questi gas. Iter ancora più lungo, se si pensa che la sua ricezione non è ancora avve-nuta in tutti i paesi.

Immagine 1 Interessi dell’uomo inquadrati nello spazio e nel tempo. Ogni individuo si colloca in una certa posizione del diagramma: la maggioranza tuttavia è interessata esclusivamente ai problemi della propria famiglia o degli amici in un futuro a breve termine. Altri guardano più avanti, o a un ambito più ampio rappresentato da una città o una nazione. Soltanto pochi hanno una prospettiva realmente globale, estesa ai vari e complessi problemi dell’intero mondo in un futuro non troppo vicino (in MEADOWS, D. H., MEADOWS, D. L., RANDERS J., BEHRENS III W. W., 1972, p. 29).

2. DUE IMMAGINI E UNA INSANABILE FRATTURA

In sostanza, immaginando una sorta di storia per imma-gini, l’insanabile frattura che è venuta a crearsi con l’av-vento dell’economia, modernamente intesa nei paesi oc-cidentali, tra la concezione naturale e quella tipicamente umana, è la seguente:

Immagine 2 Due modi semplici e inconciliabili per rappresentare lo sfruttamento degli ecosistemi.

Da un lato abbiamo l’idea di una crescita in(de)finita a cui siamo stati abituati sin da piccoli, con la lettura delle avventure a fumetti di Paperon de Paperoni; dall’altro quel che invece abbiamo costantemente sotto gli occhi osser-vando la natura: il ciclo delle stagioni, il ciclo della vita, la rivoluzione e rotazione dei pianeti, la danza dei dervisci, il Dharma. Tutto è ciclico e in natura nulla ha un andamento a crescita indefinita se non rare eccezioni, come i virus e

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SCIENZE E RICERCHE • N. 51 • AGOSTO SETTEMBRE 2017 | SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE

2.1 Origini della visione antropocentrica ed “ecocentrica”

La visione che ci è propria – ma anche quella opposta – hanno entrambe origini che affondano nelle religioni e nel-la filosofia. Nelnel-la tradizione cristiana se si prende nell’An-tico Testamento16 Genesi 1,1-2,4 vi si può leggere:

26 E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine,

a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l’uo-mo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».

Verbi quali dominare e soggiogare pare che non diano adito ad equivoci in tal senso. Solo con l’arrivo di San Francesco i rapporti con la natura sembrano essersi fatti più amichevoli e solo oggi, con l’arrivo di Papa Bergoglio – che sale al soglio pontificio proprio con l’appellativo di Francesco – si ha la prima enciclica a tema ambientale in cui risultano evidenti le preoccupazioni sul degrado che i nostri modelli di sviluppo hanno apportato al pianeta17.

Anche la visione opposta – che chiameremo “ecocentri-ca” – trova i suoi fondamenti in quelle religioni orientali che spesso sono al confine con, o costituiscono tout court, delle vere e proprie filosofie di vita. Da tre millenni in India – ma da tempi ancor più remoti, in molte culture animiste – idee ben diverse dal dominio e dal giogo si affermano, come dimostra questo scritto tratto da antichi testi indiani:

«Ogni anima va rispettata e per anima si intende ogni ordine, ogni vitalità che la sostanza possa assumere: il vento è un’anima che si imprime nell’aria, il fiume un’anima che prende l’acqua, la fiaccola un’anima del fuoco, tutto questo non si deve turbare». In uno dei sutra si loda chi non reca male al vento perché mostra di conoscere il dolore delle cose viventi e si aggiunge che far danno alla terra è come colpire e mutilare un vivente.18 Fondamenti che si posso

ricavare un chilo di rame si producono 400 chili di materiali di scarto. Su altri metalli – non a caso preziosi – come l’oro la proporzione è ancora più drammatica: 1: 5.000.000, ovvero per un grammo d’oro si produco-no 5 tonnellate di smariproduco-no.

16 Attualmente la versione ufficiale è quella della C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) ma le altre due – quella nota come “Nuova Rivedu-ta” e “Diodati” – su questo punto sono identiche.

17 Non si danno qui riferimenti bibliografici: la Lettera Enciclica

Laudato si’ del Santo Padre Francesco sulla cura della Casa Comu-ne, pubblicata il 18 giugno 2015, è presente sul web un po’ ovunque

e molte case editrici ne hanno fatta una versione a stampa. Per quanto questa enciclica costituisca un deciso balzo in avanti, vi si può facilmen-te rilevare che non si fa il minimo cenno al problema della popolazione mondiale: con tutta evidenza il «crescete e moltiplicatevi» costituisce ancora un tabù di cui non si parla – nonostante la popolazione mondiale sia aumentata a un tasso confrontabile con quello delle renne dell’isola di San Matteo.

18 Citato in DALLA CASA G., 2011, p. 47. In particolare l’ultima frase sembra scritta ieri dallo scienziato James Lovelock a fondamento della sua “ipotesi Gaia”: la teoria olistica secondo cui la Terra è,

appun-arrivarono nel 1944 i primi umani13. Ora: l’analogia con la

situazione umana si fa ancora più sconcertante se vediamo il grafico di crescita della popolazione dall’immediato do-poguerra a oggi.

Immagine 3 Popolazione presunta della renna dell’isola di San Matteo. I conteggi effettivi sono indicati sulla curva di popolazione.

Immagine 4 Andamento della popolazione mondiale.

La “nostra” isola di San Matteo è questo pianeta e non ne abbiamo altri. Consumiamo attualmente 1,7 pianeti all’an-no14. E se anche aderissimo al cerchio di figura 2 e quindi

al riciclo, la nostra capacità di rigenerare le materie prime, per definizione non rinnovabili, rimane comunque piutto-sto bassa15.

13 Per questa storia si veda: KLEIN D.R., 1968 e ROZELL N., 2003 14 I dati, aggiornati al 2016, sono reperibili sul sito dell’Overshoot day (http://www.overshootday.org/ e http://data.footprintnetwork.org/). 15 Si immagini di riciclare al 95% – risultato quasi ideale e superiore a qualsiasi valore nell’industria attuale – un certo materiale. Se lo riuscisse a riciclare per 10 volte la percentuale di materiale che ne avremmo si ridurrebbe a circa il 60% – che è il risultato di 0,9510. BARDI 2011b

(tra-duzione inglese 2014) e DIAMOND 2005 inoltre offrono qualche dato sulla quantità di materiali estratti dal grezzo: la “rarefazione” dei mine-rali – che ha a che fare con il fatto di trovare sempre meno giacimenti a buon mercato – va di pari passo con il costo (energetico/economico) e quindi con la convenienza industriale del riciclo che però, abbiamo vi-sto, non può essere fatto all’infinito. Per esempio il rame ha una quantità di scarto 400 volte superiore a quel che si trova. Ciò vuol dire che per

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SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE | SCIENZE E RICERCHE • N. 51 • AGOSTO SETTEMBRE 2017

Visto che uno dei nostri antenati poteva essere attacca-to da una tigre, non si poteva preoccupare del futuro ma solo della propria sopravvivenza. La mia preoccupazione è che, per motivi genetici, non siamo adatti a fare i conti con problemi di lungo termine come i cambiamenti climatici. Fino a che non impareremo a farlo, non ci sarà modo di ri-solvere problemi simili. Non c’è niente che possiamo fare. La gente dice sempre: “Dobbiamo salvare il pianeta”. No, non dobbiamo. Il pianeta si salverà in ogni modo da solo. L’ha già fatto. Talvolta gli ci vogliono milioni di anni, ma comunque ce la fa. Non dobbiamo preoccuparci del pianeta ma della razza umana.20

C’è quindi ancora un finalismo che ci vede al centro. Altri esempi, poetici e all’apparenza insospettabili, se ne potrebbero citare: Galileo che nel suo Dialogo sopra i due

massimi sistemi del mondo, nel confutare per mezzo di

Sa-gredo l’immutabilità delle stelle fisse contrapposta alla ca-ducità e l’essere in divenire del nostro pianeta, dice:

Io non posso senza grande ammirazione, e dirò gran re-pugnanza al mio intelletto, sentir attribuir per gran nobiltà e perfezione a i corpi naturali ed integranti dell’universo questo esser impassibile, immutabile, inalterabile etc., ed all’incontro stimar grande imperfezione l’esser alterabile, generabile, mutabile, etc.: io per me reputo la Terra nobi-lissima ed ammirabile per le tante e sì diverse alterazioni, mutazioni, generazioni, etc., che in lei incessabilmente si fanno; e quando, senza esser suggetta ad alcuna mutazione,

20 Intervista rilasciata originariamente da Dennis Meadows a Rainer Himmelfreundpointer e pubblicata dalla rivista «Format» il 6 mar-zo 2013. Ripresa sul blog di Ugo Bardi all’indirizmar-zo: http://ugobardi. blogspot.it/2016/01/non-possiamo-piu-fare-niente.html [consultato il 24/04/2017].

rintracciare in altre culture – ancorché sterminate dal-l’“uomo bianco” – come quella amerindia, giunta a noi per i profetici discorsi19 dei vari capi tribali.

Anche all’interno della filosofia occidentale c’è chi vie-ne visto come il moderno fondatore dell’antropocentrismo – tipicamente pensatori come Cartesio, Bacone – e chi ri-chiama a una visione maggiormente ecocentrica – Spinoza e, in raccordo con le filosofie orientali, in tempi recenti il pensatore norvegese Arne Næss (1912-2009), tra i primi a parlare di ecologia profonda e fondatore della scuola di ecosofia.

3. L’ECOLOGIA PROFONDA

La distinzione tra ecologia di superficie ed ecologia pro-fonda è ben espressa dall’immagine 5.

Esempi, pur autorevoli e ammirevoli da un punto di vista scientifico – come la redazione del rapporto I limiti dello

sviluppo, la task force cui diede luogo, la costituzione del Club di Roma – con cui abbiamo aperto questo contributo,

sono chiari esempi di ecologia di superficie: la prospettiva rimane antropocentrica e l’interesse a far sì che il piane-ta non si degradi è funzionale solo all’umanità e alla sua sopravvivenza. Come affermò Dennis Meadows, in una intervista:

Dovrebbe cambiare la natura dell’uomo. Siamo tuttora programmati come 10.000 anni fa.

to, un unico essere vivente.

19 «Un altro capo nativo, dopo aver osservato a lungo il modo di vita degli europei, osservò che non si poteva uscire dalla “Ruota della Vita” (i cicli naturali). Quindi affermò: “Soffocherete nei vostri rifiuti”. Natu-ralmente le sue osservazioni furono prese come sciocche superstizioni». Ivi, p. 45

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SCIENZE E RICERCHE • N. 51 • AGOSTO SETTEMBRE 2017 | SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE

L’ecologia profonda parte dunque da altri presupposti, a questo punto facilmente intuibili, in cui lo stesso concetto di “sviluppo sostenibile” è visto come un ossimoro: siamo parte di un tutto decisamente più grande di noi; il genere umano non è detentore di alcunché e neppure custode del creato, come vorrebbe il ripensamento cristiano, ma cre-atura tra le creature – che per altro sono sempre meno a causa sua24.

Nell’impostazione di pensiero dell’ecologia profonda, la nostra specie non è particolarmente privilegiata. Gli esse-ri viventi e gli ecosistemi, come tutti gli elementi del Co-smo, hanno un valore in sé. Tutta la Natura ha un valore intrinseco e unitario, così come ha un valore in sé ogni sua componente, formatasi in un processo di miliardi di anni. La specie umana è una di queste componenti, uno dei rami dell’albero della Vita. […]

Il mondo naturale non è “patrimonio di tutti”, ma è ben di più: è di miliardi di anni anteriore alla nostra specie. Se proprio si vuol parlare di appartenenza, è l’umanità che ap-partiene alla Natura e non viceversa.

[… Nell’ecologia profonda] sono valori “in sé” l’equili-brio globale e la varietà e complessità delle specie viventi, degli ecosistemi e delle culture. I termini “crescita” e “di-minuzione” sono complementari, in equilibrio dinamico, senza connotazioni positive o negative.

Di conseguenza i concetti di risorse e rifiuti non sono ne-cessari: essi presuppongono infatti l’idea che si eseguano processi o modifiche tali da prelevare qualcosa di fisso – le risorse – e scaricare qualcos’altro –i rifiuti, il che significa un funzionamento non-ciclico, incompatibile con la condi-zione stazionaria.25

Ma quanto di questo modello possiamo immaginare di poter declinare hic et nunc?

4. CONCLUSIONI: I LIMITI DELL’ECOLOGIA PROFONDA

Molti autori sostengono che dovrebbe cambiare la natu-ra dell’essere umano o la sua filosofia. Se questo non av-verrà, in un modo o nell’altro, il modo di vivere attuale ci porterà presto alla rovina. Dalla Casa immagina, piuttosto irrealisticamente, la scomparsa del problema ecologico at-traverso un “cambio di paradigma” che dovrebbe avvenire nell’arco di un paio di secoli – forse tempi troppo lunghi per una transizione perché, come scrive: «Le culture uma-ne con una visiouma-ne del mondo che comportava un modo di vivere ecologico non sapevano cosa fosse l’ecologia»26.

Altri, come Diamond, osservando il collasso delle società del passato, più pragmaticamente indicano una via – legata a decisioni sociali e politiche su vasta scala – che non può

24 In rete gira un’immagine che riassume bene la quantità di biomassa umana e di animali all’uomo affini – domestici, neces-sari al lavoro, ecc. L’immagine – che non proponiamo in questa sede – è tratta da SMIL V., 2002.

25 DALLA CASA, op. cit., pp. 36-38

26 Ivi, p. 12

ella fusse tutta una vasta solitudine d’arena o una massa di diaspro, o che al tempo del diluvio diacciandosi l’acque che la coprivano fusse restata un globo immenso di cristal-lo, dove mai non nascesse né si alterasse o si mutasse cosa veruna, io la stimerei un corpaccio inutile al mondo, pieno di ozio e, per dirla in breve, superfluo e come se non fusse in natura, e quella stessa differenza ci farei che è tra l’animal vivo e il morto; ed il medesimo dico della Luna, di Giove e di tutti gli altri globi mondani21. Ma quanto più m’interno

in considerar la vanità de i discorsi popolari, tanto più gli trovo leggieri e stolti. E qual maggior sciocchezza si può immaginar di quella che chiama cose preziose le gemme, l’argento e l’oro, e vilissime la terra e il fango? e come non sovviene a questi tali, che quando fusse tanta scarsità della terra quanta è delle gioie o de i metalli più pregiati, non sarebbe principe alcuno che volentieri non ispendesse una soma di diamanti e di rubini e quattro carrate di oro per aver solamente tanta terra quanta bastasse per piantare in un picciol vaso un gelsomino o seminarvi un arancino della Cina, per vederlo nascere, crescere e produrre sì belle frondi, fiori così odorosi e sì gentil frutti? È, dunque, la pe-nuria e l’abbondanza quella che mette in prezzo ed avvili-sce le cose appresso il volgo, il quale dirà poi quello essere un bellissimo diamante, perché assimiglia l’acqua pura, e poi non lo cambierebbe con dieci botti d’acqua. Questi che esaltano tanto l’incorruttibilità, l’inalterabilità, etc., credo che si riduchino a dir queste cose per il desiderio grande di campare assai e per il terrore che hanno della morte; e non considerano che quando gli uomini fussero immortali, a loro non toccava a venire al mondo. Questi meriterebbero d’incontrarsi in un capo di Medusa, che gli trasmutasse in istatue di diaspro o di diamante, per diventar più perfetti che non sono.22

In tempi recentissimi – seguendo un itinerario più speci-ficatamente artistico – il sodalizio tra il compositore Philip Glass e il regista Godfrey Reggio hanno dato luogo alla

Qatsi trilogy, un terzetto di film esclusivamente musicali,

con giustapposizione di scene – spesso accelerate secondo una tecnica di cui lo stesso Reggio fu precursore – di per sé eloquenti. Il prestito linguistico è legato al popolo Hopi e i film si intitolano significativamente: (1) Koyaanisqatsi (1982) - vita fuori dall’equilibrio; (2) Powaqqatsi (1988) - vita in trasformazione e (3) Naqoyqatsi (2002) - vita come guerra. Ma qui come altrove la vita è ancora e soprattutto quella umana.

Poiché l’ecologia di superficie si inquadra nel pensiero generale dell’Occidente, non viene messa in dubbio l’idea che l’aspirazione logica di ogni individuo e di ogni colletti-vità sia “l’affermazione” o “il successo”. In sostanza, tutto può continuare come prima, installando filtri e depuratori e salvando qualche isola di Natura in giro per il mondo.23

21 “Mondano” ha qui la precisa accezione di “facente parte del cosmo”.

22 GALILEI G., 1979, pp. 73-74

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