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Tecniche colturali e lavorazione del tè in Cina, con repertorio terminografico

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale (LM-38) in

Lingue e istituzioni economiche e

giuridiche dell’Asia e dell’Africa

Mediterranea

Tesi di Laurea

Tecniche colturali e

lavorazione del tè in Cina,

con repertorio terminografico

Relatore

Ch.ma Prof. Abbiati Magda

Correlatore

Ch.mo Prof. Franco Gatti

Laureando

Esmeralda Goga Matricola 988441

Anno Accademico

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前言

这篇论文主要介绍中国茶叶的历史,茶叶产业在中国的发展和壮大,茶叶 的栽培和加工及其及其丰富的品种和相应的特点。本文还将提供汉语和意大利 语两种语言的与茶叶叶相关的实用专业词汇。 中国几千年的历史孕育了丰富的茶文化。中国是茶的故乡,茶的原产地。 中国人是世界上最先发现和认识,并且种植和制作茶叶的。今天,茶叶已经成 为中国文化的象征之一。 对中国人来说,喝茶是生活中最常见的礼仪。自古以来,泡茶和饮茶就有 一些很有意思的礼仪和规矩,这些礼仪和规矩后来慢慢地发展成茶道和茶艺。 在笔者家乡的文化中,茶并不扮演着十分重要的角色。不过,近几年,随 着人们生活水平的提高和经济的全球化,我国也受中国的影响。去中国游览的 人越来越多。在中国他们发现茶对身体有很多好处,喝茶是一种很健康的生活 习惯.回国以后,他们已经养成了喝茶的习惯),继续享受着喝茶的好处。其实, 茶对身体有很多好处,比如喝杯茶能够提神,助消化,压力很大时帮助放松等。 按照世界医学,茶的确是最健康的饮料。 此外,茶,咖啡,和可可是世界有名的三大饮料。这些饮料之中,茶普及 得最广。茶是世界上消费量第二大的饮料,第一个是水。喝茶的人最多。中国 实行开放政策以后,茶成为世界饮料之王。 在中国,茶树的栽培有着 2500 多年的悠久历史,不过野生的茶树一直存 在。今天发现的最古老的茶树便生长在公元前 3000 年的中国西南部。茶树是如 何被发现的,还不得而知,但在中国,根据中国人的神话传说第一个尝到茶香 的人很有可能是 “尝百草”的神农氏。关于神农与茶的传说,有两种说法。一种说 法是,神农为了帮助病人,决定去采药。那个时候,他吃了 72 种植物, 这些植

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3 物并不都有毒,多次中毒,身体虚弱。后来他尝到一片草叶, 体力慢慢得到恢复。 神农把那片叶子放在药袋,把它叫做“茶”。 第二种说法是,有一天,神农采药采得累了,便停下来休息一会,喝点热 水。忽然,一阵微风吹过,几片树叶落在水锅里。神农喝了水以后,发现水变 得非常可口,并且身体很快就恢复了。茶是这样发现的。 在中国的历史中,茶一直存在。茶最早是一种药, 后来才慢慢地成了中 国人日常中不可或缺的一种饮品。茶叶生产日益繁荣。 中国历史上有不少有关茶的书,最有影响的是陆羽的《茶经》。唐代时, 陆羽落发为僧后,对茶叶产生了浓厚的兴趣,专门研究茶艺。 他的作品对栽培 茶树,采摘茶叶和品茶得方法都作了研究和总结。 其实,在中国有两种喝茶的方式:一种是身体上的享受, 就是喝茶;另 一种是精神上的享受,就是品茶。 喝茶可以在任何地方,只要渴了,就喝上一 杯,可是品茶就不一样了:与朋友一起,寻一个安静的地方,茶壶中有最好的 茶叶,朋友相对而坐, 一口一口地品尝,悠闲地聊着双方都感兴趣的话题。饮 茶是一种精神上的享受。 茶在欧洲只有400多年的历史,不过茶对欧州的影响越来越深。17世纪起, 茶开始从中国传入欧洲。荷兰的东印度公司从中国进口茶以后,茶在欧洲的市 场不断地扩大。 中国茶叶一开始是富人的奢侈品,是非常珍贵的消费品。中国 茶叶质量是一流的,价格十分昂贵。随着市场的扩大,在欧洲茶叶的交易量逐 渐扩大,价格降低,消费者的数量随之增多。18世纪的英国为了利用这个新资 源,在印度创建自己的茶园,用中国茶的样品种植新的茶树。由于中国和印度 之间的气候和环境的差别,印度栽培出了新的茶品种。印度茶进入欧洲市场以 后,市场竞争力更激烈了,茶价变得愈加便宜。 茶树属于山茶科,为多年生常绿木本植物,喜欢温暖的热带气候,湿度比 较高的环境很适合茶树生长,最适合的温度为16-28°。茶树的生长需要1000毫米

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4 以上的年降雨量和酸性土壤。 在适合的条件下,茶树开白花,香气芬芳。茶树 能长的很高,但在茶园栽培茶树的时候,为了保证植物的健康,须常常修剪枝 叶,所以茶树最高为0.8 – 1.2米。 有许多茶树的变种用于生产茶叶,其中主要有中国茶叶和阿萨姆茶叶。大 部分的阿萨姆茶园在印度。 中国有很适合茶叶栽培的环境。在中国的东南部,亚热带气候十分有利于 茶树的生长,年降水量能够满足茶树的需求,且酸性土壤的面积广大。 中国主要的茶叶产地是浙江,福建,湖南, 安徽,云南,贵州,四川, 湖北,河南,陕西和重庆。90%的中国茶叶均产自这些省。其中,茶叶总产量最 大的是福建。 新中国成立以后,茶叶栽培和加工技术有了很显著的进步。中国的茶文化 根深蒂固,成为茶叶产业的推动力。茶叶产业发展的很成功,成为中国的贸易 最重要的部分之一。 中国茶叶生厂发展的很可观。 新中国成立以来,特别是改革开放以后, 茶叶产业的发展越来越快,栽培和生产的技术越来越高级。1950年的总产量为6 万吨,到2013年,总产量增加到192万吨,增长32倍。1950年茶园面积为16.95万 hm2,2013年扩大到175万公吨增长10倍。 茶叶质量也不断地提高。1950年以来科技的进步越来越显著, 茶园管理水 平逐渐得到提高,茶园面积大小不再是生产率的主要决定因素。 随着涉茶人员经历逐渐丰富以及科技的进步,中国茶的质量也提高了。中 国政府对茶的质量很重视,要求达到国际标准,禁止使用高毒农药,确定安全 间隔制度(喷施农药和采收之中的间隔),实行环保措施以避免水质污染。 中国茶叶品种很全,一般分别六大类:绿茶,红茶,乌龙茶,白茶,黄茶, 普洱茶。绿茶采取茶树新叶,不经发酵,其成品的颜色以及冲泡后的茶汤较多 地保存了鲜茶叶的绿色主调。 绿茶的生产量最多:2011 年,中国茶叶的总产量,绿茶占了 70%,但 2013 年绿 茶的产量率降低到 66%,绿茶量为 124 万吨。

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5 乌龙茶,是一种半发酵茶,在中国几大茶类中,它独具特色,其茶汤为透 明的琥珀色。乌龙茶的产量也比较大,2013 年占总产量的 12%,为 22,9 万吨。 第三个最重要的是红茶。红茶属于发酵茶类,因其干茶颜色和冲泡的茶汤 以红色为主调,故名红茶。2013 年红茶产量增加到 19,8 万吨,占总产量的 10%。 普洱茶也是在中国很受欢迎的茶类。普洱茶属于后发酵的茶类,茶汤为红 色。最近普洱茶的产量有了很大提高。2013 年比较重要,那一年普洱茶占了茶 总产量的 10%。 黄茶和白茶的产量则相对较小。不过,因为白茶比较稀缺,所以很贵。白 茶制作精良,因为多为芽头制成,不经发酵。茶汤完全透明。花茶属于后发酵 的茶类。2013 年白茶和黄茶产量不到两万吨。 关于国内消费,2013 年,茶在中国内的消费所占比例达到 83%。 剩下的 则属于出口的部分。中国是最大的茶叶生产国,但不是最大的茶叶出口国。 其实,中国不是茶叶的唯一产地。世界上有 40 个生产茶叶的国家。不过, 在国际市场只有八个产地比较有影响:中国,印度,肯尼亚,斯里兰卡,土耳 其,越南,印度尼西亚,阿根廷和日本。 中国,印度,肯尼亚和斯里兰卡是世界上的茶叶大国。印度是阿萨姆茶叶 的故乡。跟中国一样,印度也有惊人的茶叶生产量:2013 年印度茶叶生产量为 120 万吨。但印度的茶叶出口率比较低。2013 年,印度茶叶出口量只有 20 万吨, 就是只占年产量的 16%。其国内市场特别广泛。肯尼亚是茶叶出口的第一名, 2013 年肯尼亚的总产量为 43,6 万吨,出口额达到总产量的 95%。斯里兰卡的 茶叶产量也比较大,但它的特产是红茶。红茶的质量是一流的,锡兰的红茶世 界上赢得消费者的赞扬。 除了茶叶产业以外,这篇论文也介绍意大利和中国之间的经济交流。意大 利的茶叶产业很有限。在意大利只有一个茶园,面积不广,总产量也很有限,

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6 但茶叶质量特别好。这个茶园所有的茶叶是自制的,茶叶比较珍惜,价格也比 较昂贵。 意大利的茶叶市场也不太发达。2015 年意大利从中国进口的茶叶和咖啡 数量占其总数的 7,6%,意大利是中国是第三大茶叶出口国家,第一个是德国, 第二个是法国。 在意大利,咖啡文化很流行,而茶还不是很普及。不过,近几年来,意大 利的茶叶消费量也在慢慢的增加。

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INDICE

前言 ... 2 INTRODUZIONE ... 8 0.1 Storie e leggende ... 8 0.2 Il tè in Cina ... 9 0.3 Il tè conquista l’Europa ... 10 PARTE PRIMA ... 11 CAPITOLO 1... 12

1.1 Produzione nel mondo: i grandi produttori di tè ... 12

1.2 Produzione in Cina ... 20

1.3 Consumo interno ... 26

1.4 Esportazione del tè cinese nel mondo ... 29

1.4.1 Le esportazioni per tipologia di tè ... 31

1.5 Il mercato italiano ... 32

CAPITOLO 2 ... 35

2.1 La pianta di tè ... 35

2.2 Tecniche colturali: semina e raccolta ... 37

2.3 Le varietà: lavorazione e classificazione ... 42

2.4 Le proprietà del tè ... 47

PARTE SECONDA ... 50

SCHEDE TERMINOGRAFICHE ... 51

GLOSSARIO ITALIANO - CINESE ... 91

GLOSSARIO CINESE - ITALIANO ... 94

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INTRODUZIONE

0.1 Storie e leggende

Il tè ha origini misteriose a cui si legano diverse leggende che narrano la scoperta di questa affascinate bevanda, ma ce ne è una che pare sia più diffusa tra il popolo cinese.

È la leggenda di un personaggio molto amato nella cultura cinese: il mitico imperatore Shen Nong. In realtà a voler essere precisi ne esistono svariate versioni, ma tutte hanno come protagonista questo imperatore.

Secondo una delle versioni, nel 2737 a.C. regnava il mitico imperatore Shen Nong, egli era un vero amante della medicina delle erbe e appassionato di agricoltura. La leggenda vuole che ai suoi tempi moltissime persone si ammalassero dopo aver mangiato piante e carne cruda. Così un giorno, per aiutare la sua gente, l’imperatore decise di assaggiare qualsiasi pianta esistesse in natura per capire cosa potesse fungere da cibo e cosa invece potesse curare dalle malattie. Si racconta che Shen Nong avesse uno stomaco di cristallo, per cui poteva vedere perfettamente cosa succedeva all’interno del suo corpo. Così preparò due borse, quella alla sua destra per le medicine e quella alla sua sinistra per il cibo, dopodiché si incamminò. Assaggiò 72 piante velenose e, proprio quando era stremato e a stento scampava alle grinfie della morte, l’imperatore masticò l’ennesima pianta, ma sorprendentemente si sentì subito rinvigorito. Siccome vide che la foglia andava su e giù per il suo stomaco come se fosse in cerca di qualcosa, Shen Nong le diede il nome di cha (letteralmente “ispezione”), nome che la gente comune scambiò per cha (quello che oggi è conosciuto come “tè” appunto). Stabilì che “il tè se preso a lungo, rinvigorisce il corpo e allieta lo spirito” (Lu Yu 2011. p. 117). Continuò ad assaggiare migliaia di tipologie di piante, alcune anche velenose, e ogni qualvolta si sentiva debilitato o accusava il colpo del veleno, ricorreva immediatamente al tè che lo ripuliva completamente da ogni sostanza tossica. Un giorno inghiottì una pianta talmente deleteria che frantumò il suo intestino in mille pezzi prima che il povero imperatore riuscisse a salvarsi bevendo del tè. Dopo la sua morte fu ricordato come “il re della medicina”. (Yang, An, Turner 2008, p.210; Keating, Long 2016, p. 9; Gong, Huang, Zhang 2015, pp. 1-2)

Una seconda versione narra che nel suo viaggio all’insegna della scoperta delle piante, un giorno l’imperatore Shen Nong sentì la necessità di riposarsi e rinfrescarsi per un breve

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periodo. Per trovare conforto si fermò e mise a bollire sul fuoco un pentolone d’acqua. Ed è stato in quel momento che la magia accadde, perché all’improvviso un leggero vento fece tremare gli alberi e alcune foglioline finirono proprio nel pentolone d’acqua bollente. L’imperatore bevve l’acqua e in un istante si sentì tornare le forze, oltretutto quella benefica bevanda era pure gustosa! Da quel giorno, l’imperatore Shen Nong portò avanti la tradizione del tè. (Tong Liu 2012, p. 2)

0.2 Il tè in Cina

Mentre queste interessanti leggende non hanno un reale riscontro storico, è certificato che la Cina coltiva da lungo tempo la tradizione del tè. Il tè può essere ritenuto una costante rappresentativa della millenaria cultura cinese. Il suo valore simbolico è come un filo rosso che lega i paesi dell’Asia sud – orientale, dall’India fino al Giappone, e si insinua tra le infinite sfumature dell’identità cinese.

All’epoca della dinastia Shang (1700-1045 a.C.) , il tè era un bene molto apprezzato e veniva donato come offerta sacrificale, successivamente veniva offerto come tributo all’imperatore. Durante il periodo delle Primavere e degli Autunni (777 - 476 a.C), il tè veniva usato in cucina per il suo sapore amaro. Durante la dinastia degli Han occidentale (206 a.C. – 8 d.C.) si sviluppò il primo mercato del tè e la produzione di tè era già notevole. Durante la dinastia degli Han orientale (25-220) l’interesse per gli effetti curativi di questa pianta crebbe e ci furono i primi studi scientifici. Nel periodo delle dinastie Wei e Jin (220-420) si accrebbe la conoscenza e si perfezionò la tecnologia di produzione del tè. Durante il periodo delle sei dinastie (222-589), sotto sulla scia del buddismo, la cultura del tè si diffuse in tutto il paese, portando con sé anche gli insegnamenti buddisti. Ma è solo con la dinastia Tang (618-907) che si ha il primo trattato sul tè, conosciuto come 茶经 Chajing (Il canone del

tè), opera del monaco buddista Lu Yu, il quale dopo indagini e studi dei classici era divenuto

un esperto in materia: nel suo trattato presenta le caratteristiche della pianta e i metodi più adeguati per lavorarla e, soprattutto, per godere dei suo benefici. Il suo contributo ha ispirato molti studiosi a concentrarsi sul questa misteriosa pianta. Infatti, durante la dinastia Song (960-1279) i trattati a riguardo aumentarono sensibilmente, ancora di più durante la dinastia Ming (1396 – 1644). In questo periodo la produzione di tè fu stimolata notevolmente e si distingueva già tra tè verde, tè giallo e tè Pu’er. Durante la dinastia Qing (1644-1911) le più importanti tipologie di tè in Cina non avevano più segreti per i produttori di tè: ai tè di epoca

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Ming si aggiunsero le varietà di tè nero e tè bianco. In seguito alla guerra dell’Oppio (1840-1842), però, l’industria di tè subì un forte rallentamento e si riprese solo in seguito alla fondazione della Repubblica popolare Cinese nel 1949. Ai giorni nostri la cultura del tè è talmente radicata in Cina da potersi considerare quasi il simbolo della civilizzazione di questo paese. (Gong, Huang, Zhang 2015, pp. 1-2).

0.3 Il tè conquista l’Europa

Il tè dovette compiere un lungo viaggio prima di varcare le porte del continente europeo.

I primi a importare il tè cinese furono gli olandesi. Usato in principio per i suo effetti curativi, il tè divenne presto una bevanda molto amata in Olanda, tanto che nel 1637 la Compagnia delle Indie Orientali olandese ordinò che fossero importanti grandi quantitativi di tè da Cina e Giappone. La prima spedizione approdò ad Amsterdam nel 1667. (Lo 1986, p. 247)

Sebbene furono gli olandesi a introdurre il tè in Europa, i veri protagonisti di questa vicenda sono stati i britannici che cominciarono a importare in quantità massiccia tè neri dalla Cina fino a imporre il monopolio delle vendite di tè in tutte le colonie britanniche. La prepotenza britannica sfociò in una tassa sul tè alle colonie americane, provocando nel 1773 una protesta da parte dei coloni che riversarono nel porto di Boston il carico di tè delle navi britanniche. Questa protesta non fu isolata e portò alla guerra d’indipendenza americana, ma nonostante le tensioni i britannici continuarono i loro traffici finché le tensioni con la Cina segnarono la fine del loro monopolio sul tè cinese.

In seguito a questo accaduto, i britannici decisero di trasformare l’India nella loro piantagione di tè privata. Copiando le tecniche cinesi e contrabbandano piantine dalla Cina, i britannici riuscirono effettivamente a far fruttare questo investimento. Date le diverse condizioni climatiche e ambientali che caratterizzano l’India, nonostante le prime piante fossero di origini cinesi, le piantagioni dell’India producevano nuove e diverse varietà di tè, che furono introdotte nel mercato europeo in concorrenza a quelle cinesi che continuavano a essere commerciate. (Keating, Long 2016, pp. 11-14; Il tè fra storie e leggende; Mcfarlane, Mcfarlane 2004, pp.72-80)

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CAPITOLO 1

1.1 Produzione nel mondo: i grandi produttori di tè

Grafico 1: Produttori mondiali di tè. Fonte: DeA Wing

Sebbene il tè sia originario dell’Asia, in particolare della Cina e dell’India, tuttavia oggi non è più un’esclusiva di queste

aree. Ai giorni nostri, infatti, non c’è bisogno di recarsi in Cina per vedere una piantagione di tè, la si può trovare comodamente nel proprio continente: quaranta sono i paesi che producono tè in tutto il mondo per un totale esorbitante di oltre 50 milioni di quintali di tè prodotto annualmente1. Le tendenze degli ultimi anni evidenziano, inoltre, un costante

1 Nel 2013 sono stati prodotti 50.630.000 quintali di tè su scala planetaria. Fonte: Chang 2015, p. 4

Grafico 2: Crescita dalle produzione mondiale di tè dal 1995 al 2015. Fonte: Tea

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aumento della produzione annua di questo prodotto. Come si vede dal grafico 2, nel ventennio dal 1995 al 2015, la produzione mondiale di tè non solo è andata crescendo, con l’eccezione di un lieve rallentamento agli inizi degli anni 2000, ma in vent’anni si è raddoppiata, passando da 25 mila tonnellate nel 1995 a più di 50 mila tonnellate nel 2015. (Tea Consumption & Production, p.4)

Tuttavia, considerata la scarsa importanza che sul piano commerciale ricopre il contributo produttivo di gran parte di questi paesi, il primato appartiene ancora a un cerchia ristretta di pochi grandi produttori, capeggiati dalla Cina, seguita senza sosta dall’incalzante India. Infatti, per quanto il tè riesca ad essere prodotto in diverse zone geografiche, le particolari condizioni atmosferiche, come temperatura e livello di precipitazioni, ma non solo, anche il tipo di terreno, specifici di ogni zona di coltivazione condizionano profondamente la qualità e la quantità del prodotto finale e l’influenza che questo ha ai fini commerciali. (Keating, Long 2016, p. 41; “I paesi produttori”, Tea time

club; Chang 2015, p. 4).

Ma chi sono i grandi produttori di tè? Se si dà uno sguardo alla tabella 1 riportata in seguito, balza subito all’occhio come la produzione di tè sia palesemente concentrata nel continente asiatico: tutte le voci presenti nella sezione dedicata ad esso, con eccezione del Bangladesh, primeggiano nella graduatoria mondiale dei produttori di tè.

Con oltre il 38% della produzione mondiale di tè, apre la sfilata il dragone cinese, che domina questo settore in termini di produzione ma non di esportazione; seguito dall’India, patria dell’apprezzatissimo tè Assam. Anche se con un distacco netto, segue il Kenya, primo produttore in Africa di tè gustosi e convenienti. Lo Sri - Lanka tiene il passo del Kenya e negli anni si è specializzato nella produzione di tè nero. Seguono Turchia, Vietnam, Indonesia, Argentina, e Giappone. (Keating, Long 2016, pp. 41-51; DeA Wing;

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Si vedano nel dettaglio le caratteristiche della produzione di tè in questi paesi nella tabella 1 riportata sopra.

Patria del tè e gigante produttivo, la Cina si piazza al primo posto con oltre 1.9 milioni di tonnellate annue nel 2013, gestendo così più di un terzo della produzione mondiale. Tuttavia, risulta solo seconda per quanto riguarda le esportazioni mondiali, preceduta dal Kenya che sorprendentemente esporta quasi interamente il suo prodotto annuale di tè. Non sorprende che i cinesi, ovvero oltre 1.3 miliardi di persone al mondo, siano appassioni consumatori di tè: è noto che coltivano da lunghissimo tempo la cultura del tè. Questo è uno dei motivi per cui le esportazioni della Cina non sono le più alte su scala globale: buona parte del prodotto viene destinata al mercato interno (la produzione di tè in Cina sarà l’argomento del paragrafo 1.2). (Chang 2015, pp.4-5)

L’India, seconda solo alla Cina, è invece la patria del tè Assam. Con le sue 13 mila piantagioni, note anche come “giardini”, questo paese vanta una produzione annua di 1.2 milioni di tonnellate nel 2013. L’India si è aggiudicata negli ultimi dieci anni il secondo posto sulla classifica mondiale di produzione di tè: già nel triennio 2006-2008 ha registrato una produzione annua di oltre 900 mila tonnellate, nel 2011 ha raggiunto l’ordine dei milioni e nel 2013 ha superato 1.2 milioni di tonnellate annue.2

2 Per la precisione, l’India ha registrato una produzione di 1200.4 migliaia di tonnellate di tè nel 2013.

Tabella 2 - Grandi esportatori di tè: esportazioni annue per ogni paese dal 2006 al 2013. Fonte: Chang 2015, p.5

Tabella 1 - Grandi produttori di tè: produzione annua per ogni paese dal 2006 al 2013. Fonte: Chang 2015, p.4

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15 L’India esporta solo una parte del tè che produce, perché i consumatori locali amano assaporare il chai, gustosa mistura di tè nero e zenzero, spezie, latte e zucchero: infatti, su 1.2 milioni di tonnellate totali solo poco più di 200 migliaia sono state esportate nel 2013, ovvero circa un sesto della produzione totale per quell’anno. Un milione di tonnellate invece è stato assorbito dal mercato interno lo stesso anno. (Chang 2015, pp. 4-6)

La sua specialità è il tè nero di largo consumo (poiché non di altissima qualità), noto per la ricca varietà di gusti e aromi.

L’India detiene il primato per la produzione di tè Assam. Infatti, l’omonima regione nordorientale è l’area più estesa di coltivazione di te nero su scala globale. Sebbene la maggior parte del tè che si produce in queste sterminate piantagioni sia destinato a miscele di tipo breakfast o per tè in bustine, una piccola parte della produzione è altamente pregiata ed è contraddistinta da una qualità più che raffinata.

È da ricordare che l’India è anche la fonte principale di tè Darjeeling, tè dal gusto molto particolare che il ricorda il moscatello prodotto a 190 chilometri dall’area dell’Assam, nella zona che gli dona il nome. Apprezzatissimo anche in Europa, il tè Darjeeling trova il suo mercato più vasto in Germania, maggiore esportatrice e appassionata di questo tè. (Keating, Long 2016, p. 45-46)

Il terzo gradino del podio è occupato dal Kenya, anche se la sua produzione annua non si avvicina minimamente alle cifre esorbitanti segnate da Cina e India. Nel triennio 2006-2008, infatti, ha prodotto 345.2 migliaia di tonnellate, registrando una costante oscillazione negli anni seguenti: al leggero calo della produzione nel 2009 a circa 318 migliaia di tonnellate è seguita una ripresa nel 2010 che ha portato il livello della produzione annua oltre le 400 migliaia di tonnellate; il calo però si è ripresentato nel biennio 2011-2012 con una produzione che oscilla dalle 370 alle 380 migliaia di tonnellate annue. Nel 2013 invece la produzione ha avuto in picco, raggiungendo le 436 migliaia di tonnellate annue.

Tabella 3: Consumo annuo di tè per ogni paese dal 2006 al 2013. Fonte: Chang 2015, p.6

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Per quanto la produzione di tè keniano non si avvicini minimamente a quella cinese; l’esportazioni del tè proveniente dal Kenya superano quelle cinesi e si aggiudicano il record: nel 2013, mentre la Cina esportava 329.7 migliaia di tonnellate, il Kenya esportava oltre 415 migliaia di tonnellate. Considerando che la produzione totale in quell’anno ammontava a 436 migliaia di tonnellate, il prodotto veniva quasi interamente esportato, mentre il consumo nazionale era piuttosto limitato e tendeva alle 26 migliaia di tonnellate. (Chang 2015, pp.4-6)

Il caldo clima africano delle regioni equatoriali è perfetto per la pianta da tè che, introdotta per la prima volta nel Malawi alla fine dell’Ottocento, ha fatto sì che l’Africa divenisse un produttore competitivo e competente nel mercato mondiale di tè. Il Kenya in un secondo momento è diventato il primo produttore in Africa, producendo tè densi e saporiti, altrettanto uniformi, perfetti quindi per le miscele English Breakfast e

Afternoon tea. (Keating, Long 2016, p.42)

Lo Sri-Lanka, con una produzione annua di 343.1 migliaia di tonnellate, si aggiudica il quarto posto, subito dopo il Kenya.

Lo Sri – Lanka produce quasi esclusivamente tè nero, anche se in alcune piantagioni si coltivano tè bianco e tè verde, che però non raggiungono neppure l’1% della produzione annuale di tè del paese. Subisce l’influenza dell’India, in quanto è da qui che esporta tecniche agricole e plantule.

La tradizione del tè in Sri – Lanka ha avuto inizio nel 1824 quando la prima piantina di tè è stata introdotta nel paese dalla Cina. Nel 1873 si è tenuta un’asta a Londra, dove sono stati venduti i primi tè di Ceylon, che ha determinato l’inizio della scalata per questo paese verso l’apice della classifica dei superproduttori mondiali di tè.

La vera prerogativa di questo paese è la produzione di tè nero ortodosso, prodotto cioè a mano senza l’impiego di macchinari, e quindi molto pregiato. Le piantagioni si trovano tra i 900 e i 2400 metri di altitudine, ma sono quelle situate oltre i 1350 metri che donano i tè più prelibati. È un prodotto artigianale che per i veri intenditori è un piacere per la gola. L’apprezzamento per il tè prodotto di questo paese su scala internazionale si rispecchia anche negli altissimi livelli di esportazione. Se nel 2013 lo Sri – Lanka ha prodotto approssimativamente 343 migliaia di tonnellate di tè annue, nello stesso anno ne ha

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esportate 311 migliaia, diventando il terzo esportatore mondiale di tè, preceduto solo da Cina e India. (Keating, Long 2016, p. 48-49; Chang 2015, pp. 4-5)

In Medio Oriente il principale attore nel settore produttivo del tè è la Turchia che negli ultimi dieci ha mantenuto un discreto livello di produzione: la quantità annua prodotta da questo paese è sempre stata abbastanza costante e si aggira attorno alle 200 migliaia di tonnellate annue.

Il tè turco viene coltivato quasi esclusivamente nella città di Rize sulle sponde del Mar Nero. Il clima mite e umido con abbondanti precipitazioni (grazie all’influenza marittima) e il terreno fertile e particolarmente acido fanno sì che la vegetazione sia a dir poco lussureggiante in questa zona e le piantagioni di tè crescano rigogliose. (Battle 2017, p. 272)

La Turchia è un caso particolare perché, pur non avendo il primato in quanto produttrice di tè, nel 2004 ha registrato il più alto livello di consumo di tè con 2,5 kg di tè consumati pro capite in un anno, per un consumo totale di 120 migliaia di tonnellate. Il consumo nazionale ha superato le esportazioni. (Ergener 2002, p.41; Chang 2015, pp. 4-6) Sesto sulla classifica risulta il Vietnam, che dopo la fine della guerra che ha devastato questo paese, si è guadagnato un posto di tutto rispetto in questo settore. Da piccolo produttore per il mercato interno, il Vietnam ha superato perfino Indonesia e Argentina nella produzione di tè nero. I tè neri vietnamiti sono adatti per il tè di largo consumo, non eccellono in qualità, ma sono comunque molto apprezzati su scala globale. (Keating, Long 2016, p.51)

Negli anni dal 2006 al 2011, la produzione annuale di tè in Vietnam è cresciuta sensibilmente, passando dalle 158 migliaia di tonnellate annuali nel triennio 2006-2008, alle 202 migliaia nel 2011. Tuttavia, nel 2012 il paese ha registrato un lieve calo ch ha portato il livello di produzione a 200 migliaia tonde di tonnellate di tè in quell’anno. Il calo di produzione si aggravato nel 2013, anno in cui il paese a prodotto appena 185 migliaia di tonnellate di tè, riportando la produzione quasi ai valori del 2009 (177 migliaia di tonnellate).

Buoni sono invece i livelli di esportazione che sono passati dalle 108 migliaia di tonnellate annue del 2006 a oltre 133 migliaia di tonnellate nel 2013, facendo sì che il Vietnam conquistasse il quinto posto tra i maggiori esportatori di tè.

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Resta basso invece il consumo interno di tè, che ha a malapena superato le 30 migliaia di tonnellate annue nel 2013. Questo spiega gli elevati livelli di esportazione di tè vietnamita. (Chang 2015, pp. 4-6)

Il Vietnam risulta particolarmente adatto per le piantagioni da tè: il clima tropicale, caratterizzato da monsoni e ricche precipitazioni, nonché il terreno particolarmente acido, risultano ottimali per lo sviluppo di tale pianta. Infatti, oltre 121 mila ettari del suolo messo a coltura sono destinati alle piantagioni di tè. Se confronta questo dato con quelli che riguardano l’India, considerano che le dimensioni di quest’ultima superano notevolmente quelle del Vietnam, così come la produzione annuale di tè indiano, ci si potrebbe sorprendere che a fronte di 121 mila ettari vietnamiti, l’India ha destinato alle piantagioni da tè solo 563 mila ettari delle terreno nazionale. Si comprende, quindi, che la produzione di tè in Vietnam è di primaria importanza, anche se non paragonabile a quella del riso (oltre 7 mila ettari). (DeA Wing)

Stabile risulta la produzione negli ultimi anni in Indonesia, con livelli di produzione che si aggirano attorno alle 150 migliaia di tonnellate annue.

L’Indonesia esporta indicativamente il 50% del prodotto annuo, con circa 70 migliaia di tonnellate esportate nel 2013. Negli anni precedenti, però, questo tasso raggiungeva le 90 migliaia di tonnellate annue. Tendenza inversa si osserva, invece, per il consumo nazionale di tè, che nel triennio 2006-2008 arrivava alle 56 migliaia di tonnellate annue, mentre nel 2013 ha toccato quasi la soglie delle 65 migliaia di tonnellate annue di tè consumato dal mercato interno. Si è manifestato quindi un calo delle esportazioni a favore del consumo nazionale di tè. (Chang 2015, pp. 4-6)

Nonostante le sterminate isole che compongono l’arcipelago indonesiano, le principali piantagioni si trovano prevalentemente sull’isola di Sumatra e Java.

I tè indonesiani si propongono come un’alternativa economica ai tè di Ceylon e quelli del Kenya, ma ciò non vuol dire che pecchino in fatto di qualità. A Java si producono anche tè molto raffinati, conformi agli standard mondiali, soprattutto quelli prodotti con i raccolti del periodo di settembre-novembre, quando le temperature alte e le precipitazioni curano al meglio le piantagioni. (Battle 2017, pp.196-197)

Patria degli amanti del tè verde, il Giappone si è specializzato nella produzione dell’elisir della longevità, anche se non mancano le piantagioni di tè nero e Oolong. Sebbene

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la sua cultura del tè è longeva almeno quanto i suoi cittadini, in termini di produzione di tè il Giappone è sì importante, ma ha una rilevanza secondaria: nel triennio 2006-2008 ha registrato una produzione annua di quasi 95 migliaia di tonnellate, che però ha continuato calare negli anni, anche se con lievi oscillazioni di ripresa: nel 2013, infatti, la produzione totale giapponese non ha raggiunto neanche le 85 migliaia di tonnellate.

Considerate però le dimensioni limitate del Giappone, se paragonato ad altri paesi produttori di dimensioni assai più notevoli, come ad esempio l’Argentina, la produzione nazionale di tè giapponese risulta ancora apprezzabile (in questo caso, nel 2013 si hanno oltre 84 migliaia di tonnellate per il Giappone e solo 78 migliaia per l’Argentina, si veda il paragrafo seguente).

Se si considera poi l’estensione della superficie coltivata a tè, si scopre che il Giappone dedica alle piantagioni di tè oltre 45 mila ettari, mentre l’Argentina solo 38 mila ettari: nei limiti imposti dalla natura e dalle risorse disponibili, si può affermare che il Giappone contribuisce in modo adeguato alla produzione mondiale di tè e, a dispetto di altri competitor giganti come la Cina, riesce a riservarsi un ruolo importante in questo settore, puntando soprattutto sul fattore della qualità del prodotto. Il tè giapponese è famoso, infatti, per la sua natura pregiata. In effetti, l’80% dei tè prodotti in Giappone vantano un’altissima qualità. Il tè giapponese è noto per il suo caratteristico sapore erbaceo e le sue proprietà benefiche sulla natura umana.

Premesso che i giapponesi sono assidui consumatori di tè, è abbastanza scontato che il prodotto nazionale giapponese viene quasi interamente assorbito dal mercato interno: infatti, il Giappone non rientra tra i grandi esportatori di tè. (Keating, Long 2016, pp. 46-47; Chang 2015, pp. 4-6; Dea Wing)

In America l’Argentina si è distinta per le sue estese piantagioni e per l’impiego di macchinari moderni che hanno permesso di ridurre i costi e hanno apportato migliorie alla produzione. Negli ultimi anni ha prodotto mediamente dalle 70 alle 80 migliaia di tonnellate, con un picco di oltre 90 migliaia di tonnellate nel biennio 2010-2011. Con una produzione trascurabile se comparata ai colossi del settore, si è specializzata nella produzione di tè nero che, destinato a diventare tè in bustina, viene per lo più esportato. La specialità dell’Argentina è quella di produrre tè freddo imbottigliato per la ristorazione. (Keating, Long 2016, pp. 43-44)

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1.2 Produzione in Cina

Con la cifra sorprendente di 1.9 milioni di tonnellate prodotte solo nel 2013, la Cina si aggiudica il primo posto sulla classifica mondiale. La sua produzione rappresenta circa il 38% della produzione mondiale di tè. È un primato che detiene da oltre 10 anni. (Chang 2015, p. 4) È risaputo che la Cina è la patria di origine della Camellia sinensis, il primo paese a scoprirla e a sfruttarla. È soprattutto in seguito alla politica di Riforma e Apertura adottata da Deng Xiaoping negli anni Ottanta che l’industria cinese di tè ha ricevuto un fortissimo impulso allo sviluppo. Non solo colonna portante del settore industriale cinese, ma la produzione di tè rappresenta anche un preziosa fonte di profitto sul mercato globale: è infatti una delle voci di esportazione più rilevanti di questo paese. Inoltre, fa da locomotiva per l’agricoltura, trainandola verso il progresso con effetti benefici anche sulla remunerazione dei contadini e quindi sui loro standard di vita. (Chen 2008, p. 1)

Il motivo per cui la Cina è il luogo di provenienza di questa amatissima bevanda è semplice: le innumerevoli risorse naturali e il clima particolarmente favorevole. La Cina sud- orientale è potenzialmente l’ambiente ideale per la coltivazione del tè: è un territorio collinoso dal terreno particolarmente acido, il che è un requisito necessario per la crescita della pianta da tè. Inoltre il suo clima, caldo anche

d’inverno e caratterizzato da abbondanti piogge, giova alla salute di questa pianta. Come si evince dalla Mappa 1, è proprio nella zona sud-orientale della Cina che si concentra la maggior parte delle piantagioni: Zhejiang, Fujian, Hunnan, Anhui, Yunnan, Guizhou, Sichuan, Hubei, Henan, Shaanxi e Chongqing sono solo le

principali delle 20 province produttrici di tè in Cina, tuttavia, nel 2013 quasi il 90% della produzione nazionale di tè proveniva da queste 11 province. Guizhou vanta l’area coltivata più estesa della nazione (15,80% della superficie coltivata totale), mentre il Fujian ha la

Grafico 3:Province produttrici di tè in Cina. Fonte: FAO Market report –

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precedenza in termini di produzione (17,46% della produzione nazionale). (Diyu, 2015, pp. 1-2; FAO Market report – China, p. 1-2; “I paesi produttori – Cina”, Tea time club)

Generalmente in Cina si identificano quattro macroregioni in cui si produce il tè: Jiangbei, Jiangnan, Cina meridionale e Cina sud-occidentale.

L’area Jiangbei è essenzialmente la zona che si espande a nord del fiume Yangtze e che comprende le province di Shandong, Anhui, Henan, Shaanxi, Gansu a la parte nord del Jiangsu. Le temperature di questa regione non superano i 15°C il ché rende quest’area particolarmente adatta alla coltivazione del tè verde: a temperature piuttosto basse, le foglie di tè crescono lentamente e sviluppano per questo motivo un sapore più intenso. Di questa regione sono particolarmente rinomati il tè verde Xin Yang Mao Jian, prodotto nello Hunan, e il tè verde Liu An Gua Pian, prodotto invece nell’Anhui. Quest’ultima provincia è anche nota per il suo pregiato tè nero conosciuto col nome di Qimen.

La regione dello Jiangnan, invece, è l’area di produzione di tè situata a sud del fiume Yangtze e comprende le province di Zhejiang, Jiangxi, Hubei, Hunan, Jiangsu e la parte sud della provincia di Anhui. Baciata da generose piogge, da sola produce un terzo della produzione totale di tè in Cina. In questa regione si prediligono piantagioni situate ad elevate altitudini perché le temperature medie a valle sono molto alte e questo influirebbe negativamente sulla qualità del prodotto. La regione vanta, inoltre, una ricca diversità di tè, in particolare i più apprezzati sono i tè verdi Longjing dello Zhejiang, Bi Luo Chun dello Jiangsu e Huang Shan Mao Feng dell’Anhui.

La regione meridionale della Cina, nota anche come Lingnan, comprende le province di Guandong, Fujian, Hainan e la regione autonoma del Guanxi. Questa regione primeggia per i tè bianchi, neri e Oolong, mentre non è particolarmente apprezzata per i tè verde, ad eccezion fatta il tè verde profumato noto come Jasmin Tea. Gode di un clima particolare che permette di sfruttare una stagione di coltivazione prolungata. Particolarmente apprezzati sono i tè Oolong provenienti da questa provincia per una loro caratteristica distintiva: la presenza diffusa di argilla rossa nel territorio che garantisce al tè prodotto un sapore e un aroma unico. In particolare sono da menzionare i tè Oolong della provinda del Fujian: Tie Guan Yin, Da Hong Pao, Tie LuoHan e Shui Jin Gui. Tra i tè bianchi si distingue il Baihao Tinzhen di Fuding.

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Infine, la Cina sud-occidentale è composta da Sichuan, Yunnan, Guizhou e da una parte del Tibet: le viene riconosciuto il ruolo assoluto di patria del tè e vanta una collezione variegata di sublimi tè Pu’er e tè neri, di questi ultimi il Dian Hong dello Yunnan è considerato la perla della regione. ( Uhl 2015, pp. 50-51)

La produzione di tè in Cina è un’incredibile storia di successo. Nel 1950 si contavano appena 60 migliaia di tonnellate di tè prodotte annualmente. Da allora la crescita è stata sempre più impressionante: se si considerano gli ultimi dieci anni, nel 2006 la sua produzione annua ha registrato 1150,5 migliaia di tonnellate, ovvero una produzione che è aumentata di circa 19 volte in poco più di 50 anni. Non solo, dal 2006 al 2013 la produzione è arrivata a 1924,5 migliaia di tonnellate di tè prodotte annualmente, il che vuol dire che in dieci anni la produzione annua di tè in Cina ha visto un incremento del 67,28%. (Chang 2015, p.4)

Se si paragonano anche solo i dati del 2006 e del 2007, lo sviluppo è notevole: in un anno la superficie coltivata a tè è aumentata del 6,9%, la produzione totale del 10,9%, così come il suo output economico che nel 2007 ha raggiunto quasi 30 miliardi di Yuan in guadagni, con un incremento di 4 miliardi di Yuan solo nel 2007. ( Chen 2008, p.1)

Questo notevole incremento della produzione non sorprende se si considerano i dati riguardanti la vastità della forza lavoro di cui la Cina si vanta: attualmente si stima che circa 80 milioni di cittadini cinesi sono impegnati nella produzione di tè, cifra irrisoria se paragonata alla popolazione cinese, ma basti pensare che supera l’intera popolazione italiana per rendersi conto della vastità del contributo della forza lavoro che viene impiegata ai fini della coltivazione e produzione di tè in Cina. (Chen 2008, p. 1; DeA Wing)

Non bisogna nemmeno sottovalutare l’importanza dell’espansione della superficie coltivata: a partire dagli anni 2000 l’estensione delle piantagioni di tè in Cina crebbe sensibilmente mantenendo la Cina in prima posizione per superficie coltivata a tè. Di conseguenza anche la quantità totale di tè prodotta crebbe in quegli anni. Nel 2006 1117,5

Grafico 4: Superficie coltivata a tè in migliaia di ettari per anno dal 1990 al 2010. Fonte: Basu Majumdar, Bera, Rajan 2012, p.1

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migliaia di ettari erano messi a coltura di tè, nel 2013, solo 7 anni dopo, gli ettari impiegati a questo scopo sono saliti a 1750 migliaia, ovvero quasi il 57% in più rispetto al 2006.

Come si può notare dal grafico riportato sotto, dal 2010 al 2013 l’area coltivata a tè in Cina si è espansa annualmente con un tasso del 6,6%, e anche la produzione totale è aumentata di anno in anno. Non si alcun cenno di rallentamento. La crescita è stabile e perpetua. (Fao Market Report – China, p.3)

Inoltre, negli anni, anche la produttività delle piantagioni è cresciuta: bisogna tener conto che il progresso tecnologico è diventato il fattore principale in termini di efficienza della produzione. Il risultato della produzione di tè non dipende più solo dall’estensione delle piantagioni, ma si basa sulla tecnologia e sui vantaggi che se ne derivano. Le migliorie tecnologiche in fatto di macchinari e prodotti per la cura della pianta, quali pesticidi ecologici, hanno sicuramente influito nel netto incremento della recente produzione annua. Non solo la produzione è progredita in termini quantitativi, ma il prodotto finale è anche qualitativamente superiore.

In effetti, il tè di alta qualità ha gradualmente sostituito il te di largo consumo, diventando il prodotto dominante dell’industria del tè cinese, ormai è conosciuto in ogni parte del mondo per le sue pregiate varietà. Nel 2007 la quantità prodotta di tè di alta qualità superava le 400 migliaia di tonnellate annue, 15 volte tanto la produzione annua del 1991 (circa 27 migliaia di tonnellate all’epoca), per un profitto totale stimato sui 24 miliardi di Yuan, valore 30 volte maggiore rispetto al valore della produzione del 1991. (Chen 2008, p.1)

Questo cambiamento è anche dovuto al fatto che a partire dal 2012 si è registrato un calo nella produzione. Il motivo è che ormai le risorse potenziali sono stati interamente investite e

Grafico 5: Espansione delle piantagioni cinesi di tè e relativo incremento della produzione totale dal 2010 al 2013. Fonte: Fao Market

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il sistema aveva raggiunto il livello di efficienza, quindi mentre precedentemente l’aumento della produzione era di fatto dovuto all’aumento dell’area della superficie coltivata e non a un reale incremento della produttività, in seguito fu chiaro che bisognava sfruttare altri fattori.

In questi anni è stato fondamentale trovare un nuovo vantaggio competitivo: la qualità. Ai giorni d’oggi lo sviluppo dell’industria del tè in Cina deve puntare sulla qualità del prodotto e non sulla quantità prodotta (che già primeggia su scala planetaria), solo questo permetterebbe di produrre un prodotto di valore superiore e diversificato che giustifica un prezzo più alto sul mercato internazionale e che quindi porterebbe ad un conseguente aumento della redditività del settore. L’industria del tè sta passando dall’incremento della produzione al miglioramento del prodotto. Questo richiede ingenti investimenti. (Yang, Guan 2017, p.1)

Il governo cinese ha adottato una serie di misure di sicurezza che garantiscano degli standard qualitativi soddisfacenti, nonché tutelino l’ambiente. In particolare si è adoperato per regolare l’utilizzo di pesticidi tossici e inquinanti, scandendo nel dettaglio i parametri da rispettare. Gli obiettivi principali sono minimizzare l’impiego di pesticidi chimici, proibire alcune sostanze particolarmente nocive e tossiche, evitare di inquinare le acque utilizzando prodotti a basso grado di soluzione. È stato imposto, inoltre, un intervallo minimo tra il momento in cui si spruzzano i pesticidi e il momento della raccolta, in modo tale che quando le foglie vengono raccolte, la presenza di sostanze chimiche sia minima e resti al di sotto della soglie prevista dagli standard MRL3. Nel 2007 il 90% delle piantagioni era gestita secondo le nuove regole di sicurezza e tutela dall’ambiente. ( Chen 2008, p. 2; FAO Market Report – China, p. 4)

Inoltre, lo Stato cinese promuove l’espansione delle piantagioni da tè “pollution-free” per garantire gli standard di sicurezza per i generi alimentari, così come incoraggia vivamente la produzione di tè biologico: nel 2013 l’area delle piantagioni non inquinate si estendeva per 1.64 milioni di ettari, ovvero il 63,63% dell’area totale e da allora tali piantagioni sono state ampliate con un tasso annuale del 8,6%. Più lenta è, invece, la diffusione del tè biologico: nello stesso anno le piantagioni di tè biologico ricoprivano un’area di 152 mila ettari, ovvero

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Lo standard Maximum Residue Level fissa il livello massimo di residui provenienti da pesticidi consentito su generi alimentari. I residui devono essere ridotti il più possibile, e in nessun caso devono rappresentare un pericolo per i consumatori. Se i pesticidi vengono utilizzati correttamente secondo una corretta pratica agricola, lo standard non dovrebbe rappresentare alcun problema. Fonte: European Commissiona: Plants – Maximum Residue Level, disponibile alla pagina: <https://ec.europa.eu/food/plant/pesticides/max_residue_levels_en>

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il 5,91% dell’area totale delle piantagioni, e da allora sono state allargate con un tasso annuo assolutamente incoraggiante del 6, 4%. (FAO Market Report – China, p. 4)

Le principali tipologie di tè prodotte in Cina sono tè verde, tè Oolong, tè nero, tè Pu’er tè giallo, e tè bianco. La produzione predominante è quella del tè verde che da sola supera il 60% della produzione nazionale: tra il 2010 e il 2011 si aggirava intorno al 70%, nei seguenti 2 anni è calata fino ad arrivare al 66% nel 2013, per un totale di 1249 migliaia di tonnellate.

Il secondo tè più prodotto in Cina è il tè Oolong, la cui produzione negli anni 2010-2013 si mantiene piuttosto stabile e si aggira al 12% della produzione totale, ovvero 229 migliaia di tonnellate annue.

Segue il tè nero, la cui produzione è cresciuta lievemente ma in modo costante negli anni tra il 2010 e il 2013 fino a raggiungere 198 migliaia di tonnellate di tè prodotte, che rappresentano circa il 10% della produzione nazionale per quell’anno.

Anche la produzione di te Pu’er nel 2013 rappresenta circa il 10% della produzione nazionale totale e, rispetto alle altre tipologie qui esposte, ha subito una crescita più apprezzabile negli ultimi anni.

Solo questi quattro tè insieme rappresentano oltre quasi il 100% della produzione annua totale della Cina.

La produzione di tè bianco e tè giallo, per quanto sia importante rispetto alle altre tipologie di tè non riportate, risulta comunque trascurabile: nel 2013, infatti, sono state prodotto a malapena 11 migliaia di tonnellate di tè bianco e 2 mila tonnellate di tè giallo. (Chen 2008, pp. 3-4; FAO Market Report – China, p.3-4)

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1.3 Consumo interno

Il consumo interno ha visto un continuo incremento a partire dagli anni Cinquanta: in quegli anni il governo adottò una politica di incremento delle vendite nazionali e delle vendite verso l’estero, poiché il tè era ancora poco conosciuto e poco diffuso.

Nel 1978 la quantità di tè prodotto era cresciuta notevolmente, così come l’estensione del mercato nazionale di tè.

Nel 1984 il mercato nazionale del tè verso l’estero fu liberalizzato e il tè poteva essere comprato a prezzi negoziabili.

Da 180 migliaia di tonnellate nel 1978, nel 2000 sono state vendute oltre 450 migliaia di tonnellate di tè nel mercato interno, nel 2006 si è registrata una vendita di 660 migliaia di tonnellate.

Il consumo procapite è passato da 200 grammi nel 1978 a 450 grammi nel 2006, si è quindi più che raddoppiato.

Per quanto riguarda la vendita delle diverse tipologie di tè, il più apprezzato è ancora una volta il tè verde che nel 2006 ha rappresentato il 58% delle vendite nazionali annue, ovvero 380 mila tonnellate vendute; è seguito da tè Oolong che nello stesso anno ha coperto il 12% delle vendite nazionali annue con 80 mila tonnellate vendute nel mercato interno; il tè nero ha rappresentato solo il 2% delle vendite di quell’anno con 15 mila tonnellate vendute. Tè Pu’er, tè bianco e tè giallo insieme hanno raccolto il 15% delle vendite nel 2006, con circa 100 mila tonnellate vendute. (Chen 2008, p.4-5)

Grafico 6: Produzione cinese di tè verde, nero, Oolong e Pu'er dal 2010 al 2013. Fonte: FAO Market Report – China, p. 4

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Delle 1150,5 migliaia di tonnellate di tè prodotte nel 2006, 867 migliaia sono state assorbite dal mercato interno, ciò vuol dire che oltre il 75% del prodotto nazionale è stato destinato al mercato interno; mentre il 25% è stato esportato (circa 290 migliaia di tonnellate). Questo trend continua negli anni seguenti: mentre l’esportazione si mantiene pressoché stabile intorno alle 300-320 migliaia di tonnellate annue, la produzione annua totale aumenta, così come il consumo interno. Nel 2013, infatti, la produzione annua totale di 1924,5 migliaia di tonnellate è stata assorbita per l’83% (1614,2 migliaia di tonnellate) dal consumo interno, mentre il restante 17% (329.7 migliaia di tonnellate) dalle esportazioni. (Chang 2015, p. 4-6)

Vediamo nello specifico come si caratterizzano i consumatori cinesi di tè. Uno studio condotto in nove provincie cinesi sulla base di 4400 famiglie ha rivelato che i consumatori cinesi di tè variano in base al luogo in cui vivono e alle diverse fasce di età.

Come si osserva dal grafico 7, in tutte e 9 le province il tasso di consumo di tè è superiore nelle città (colonna blu) che in campagna (colonna marrone). Nel complesso, il 34% del totale degli abitanti (colonna bianca) consuma abitualmente tè, ma se si osserva da più vicino, in città il 44% degli abitanti consuma abitualmente tè, in campagna solo il 29%. Un motivo che spiegherebbe questa situazione è la differenza di reddito tra abitanti delle città e abitanti delle campagne: il prezzo del tè lo rende poco accessibile nelle case dei contadini, mentre è a portata dei cittadini che godono di standard di vita più elevati. Inoltre, le zone remote e alquanto isolate potrebbe avere difficoltà a reperire il prodotto per cui il mercato del tè in queste aeree ristagna. (Guan,2011, p.1)

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Il grafico 8 mostra come varia il consumo di tè per le diverse fasce di età. La linea nera indica la quantità di persone che consumano abitualmente tè per il campione considerato. La linea viola indica la percentuale che tale quantità rappresenta rispetto al totale della popolazione che rientra nella medesima fascia di età. Si nota un predilezione per il consumo di tè nelle fasce di età medio - alte. In particolare, la fetta della popolazione più interessata al consumo di tè rientra nell’intervallo di 30 - 70 anni. Il picco si ha in corrispondenza dei 43 anni. Se si considerano le percentuali, si riscontra un tasso stabile intorno al 30%, con un picco che raggiunge il 36% in corrispondenza dei 43 anni. L’alta percentuale in corrispondenza delle fasce di età superiori agli 80 anni si spiega con un minore numero di rappresentati di tali fasce di età: sebbene i consumatori per queste fasce di età siano pochi, rappresentano comunque una percentuale importante del totale della popolazione per la stessa fascia di età

Questa situazione si spiega con l’attuale propensione delle fasce giovani della popolazione al consumo di prodotti sostitutivi quali caffè e bevande gasate. Sarebbe opportuno stimolare il consumo di tè con strategie di vendita e di prezzo, il miglioramento del prodotto e una più profonda conoscenza della cultura del tè tra i giovani. (Guan, 2011, p. 2)

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1.4 Esportazione del tè cinese nel mondo

Il tè per la Cina è da sempre fonte sterminata di profitto. La Cina è il paese che per primo ha scoperto la pianta selvatica di tè e che per primo l’ha coltivata per arrivare a creare un commercio del tè, sia interno che col resto del mondo.

Secondo alcuni documenti storici europei, il primo scambio di tè proveniente dalla Cina risalirebbe al 1660, quando la colonia britannica indiana comprò un discreto carico di tè cinese per spedirlo al re d’Inghilterra. Il prodotto fu talmente apprezzato dai consumatori europei da rappresentare nei successivi due secoli la principale risorsa di esportazione per la Cina. Non solo, siccome la Cina era l’unica produttrice, non aveva concorrenti e godeva di una posizione di monopolio assoluto. Nel 1790 il valore delle esportazioni di tè cinese verso l’Inghilterra si stimava intorno 9 miliardi di Yuan. (Zheng 2007, p.1)

In seguito alla rivoluzione industriale, il tenore di vita in Europa crebbe sensibilmente, così come la loro richiesta di beni di lusso, tra i quali vi era il tè importato dalla Cina. Tuttavia, come la teoria economica insegna, in un periodo determinato le risorse sono altrettanto determinate e il tè prodotto in Cina rimaneva pur sempre in quantità limitate e non sufficienti a soddisfare la nuova crescente domanda europea. Così il prezzo del tè cinese si alzò notevolmente e il tè divenne merce preziosa quanto rara. (Zheng 2007, p.1)

Tuttavia, in seguito, la scarsità di offerta e soprattutto gli alti livelli di profitto che caratterizzavano il mercato internazionale del tè spinsero altri paesi a entrarvi: India e Sri Lanka furono i primi a tentare con successo di coltivare tè e divennero nel corso dell’Ottocento i principali competitor della Cina. Il tè cinese, prima oro verde, cominciava gradualmente a perdere pregio, e la Cina si vide strappare via il ruolo di unico fornitore di tè dei consumatori europei. Nel 1886 la Cina esportava all’estero 134 mila tonnellate di tè, nel 1945 le esportazione di tè arrivavano appena a 500 tonnellate: la Cina aveva perso il suo monopolio. (Zheng 2007, pp.1-2)

La Cina però tutt’oggi ha ancora delle carte da giocare: può sviluppare la propria capacità latente e sfruttare il vantaggio competitivo di una manodopera a basso costo, sfruttare al massimo le risorse naturali particolarmente favorevoli per la pianta da tè e può cercare di rendere più competitivo il proprio prodotto sul commercio internazionale, trovando il modo di ridurre i costi di produzione e di esportazione. Il vantaggio competitivo è fondamentale nel commercio internazionale: questo si ottiene riducendo i costi di produzione che permettono di

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abbassare i prezzi in commercio; differenziando il prodotto per creare nuovi bisogni dei consumatori che solo tale prodotto è in grado di soddisfare per cui sarà necessario acquistarlo, e producendo un prodotto di qualità. Un prodotto differenziato è oltretutto difficile da imitare e rimpiazzare. Le imprese dovrebbero affidarsi al progresso tecnologico per aggiornare i propri impianti ed accrescere la propria produttività e profittabilità e sviluppare così un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. Mantenere il vantaggio competitivo garantisce un alto profitto. (Zheng 2007, p. 2),

Per quanto il consumo interno superi di gran lungo le esportazioni di tè cinese, la Cina si piazza comunque al secondo posto della classifica mondiale dei grandi esportatori di tè. Infatti, nel 2013 con 329 migliaia di tonnellate di tè esportate, ha superato di poco lo Sri - Lanka e si è posizionata seconda solo al Kenya, che ancora mantiene un netto distacco con 415.9 migliaia di tonnellate esportate. Nel 2013 il volume delle esportazioni di tè cinese ha rappresentato il 18,6% delle esportazioni mondiali di tè. (Chang 2015, p. 5)

Tuttavia, il valore economico del prodotto cinese per tonnellata ($/tonnellata) risulta inferiore a quello pagato per la stessa quantità di tè prodotto in Sri – Lanka, India e Kenya: infatti, mentre il valore di una tonnellata di tè cinese equivale a 2337 dollari americani, per il tè prodotto in Sri – Lanka, Kenya e India il prezzo fissato per una tonnellata è rispettivamente di 3954 dollari, 2905$ e 2357$.

Nonostante il relativo basso valore economico attribuito al prodotto cinese, le esportazioni di tè hanno rappresentato un’importante entrata nelle casse dello stato cinese, entrata che negli ultimi anni ha continuatao ad aumentare. Nel 2001 l’esportazione di tè ha apportato un introito di più di 300 milioni di dollari, già nel 2008 l’introito è salito a 700 milioni, il guadagno si è più che raddoppiato in appena 7 anni (vedasi tabella 4 riportata sotto). (Pan, Liu, Yang 2011, p. 2)

Tabella 4: Guadagno annuale della Cina per le esportazioni di tè dal 2001 al 2008 (unità di misura: 100 milioni di dollari americani). Fonte: Pan, Liu, Yang 2011, p. 2

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1.4.1 Le esportazioni per tipologia di tè

Il tè verde è la fonte principale di entrate. Negli anni dal 2005 al 2009 le esportazioni di te verde sono cresciute in misura apprezzabile: nel 2005 189 milioni di dollari sono entrati allo stato Cinese grazie alle esportazioni di tè verde in confezione inferiore ai 3 kg, nel 2006 sono salite a 241 milioni di dollari, nel 2008 il guadagno ha superato i 300 milioni di dollari e nel 2009 è arrivato a 358 milioni di dollari. Lo stesso trend si osserva per la vendita delle confezioni grandi di tè verde: è cresciuta in questi anni, ma l’incremento è molto più controllato. In questi cinque anni il valore delle esportazioni di tè verde in grandi confezione è passato 150 milioni di dollari a 167 milioni di dollari. È ovvio che il tasso di crescita è assai inferiore rispetto alla quelle della vendita di piccole confezioni di tè.

In questi anni, il maggiore esportatore di tè verde cinese in piccole confezioni risulta essere il Marocco che assorbe dal 30 al 40% delle esportazioni totali cinesi. È seguito con un netto distacco dal Mauritania (7,21%) e dall’Algeria (6.89)4

.

Per quanto riguarda le grandi confezioni, queste sono predilette da Uzbekistan (13,95%) e Russia (12,05% delle esportazioni totali), seguite dal Germania (6,99%) e Giappone (6,13%). (Pan, Liu, Yang 2011, p.2-4)

Il secondo per importanza in termini di esportazioni risulta essere il tè Oolong. Sebbene nello stesso lasso di tempo non si sia raggiunto un guadagno dell’ordine dei 100 milioni di dollari, tuttavia il profitto delle esportazioni di tè Oolong è cresciuto molto velocemente in 5 anni: nel 2005 le piccole confezioni hanno maturato un guadagno di 6 milioni di dollari, ma nel giro di 5 anni ne hanno prodotti 14 milioni, più che raddoppiando il

4 I dati si riferiscono ai valori del 2013.

Tabella 5: Esportazioni espresse nel relativo guadagno annuale delle diverse tipologie di tè in piccole e grandi confezioni dal 2005 al 2009: da in alto: tè verde, piccola e grande confezione; tè Oolong, piccola e grande confezione; te Pu’er, piccola e grande confezione; te nero e altri te

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profitto; le grandi confezioni hanno generato un profitto di 39 milioni di dollari nel 2005 che è aumentato fino a 52 milioni di dollari nel 2009. (Pan, Liu, Yang 2011, p. 2)

Il tè nero è il terzo per importanza di guadagno: le piccole confezioni hanno generato un profitto di 4 milioni di dollari nel 2005 per arriva a più di 13 milioni di dollari nel 2009. Il profitto si è triplicato in 5 anni, è un risultato notevole. Le grandi confezioni hanno riscosso quasi 36 milioni di dollari nel 2005 e 51 milioni di dollari dopo 5 anni. Evidentemente, i consumatori preferiscono acquistare il tè nero in confezioni di più di 3 kg.

I maggiori importatori di tè nero in piccole confezioni sono Hong Kong, Giappone, Stati Uniti, Singapore e Malesia. Nel 2013 Hong Kong da solo ha assorbito il 32,44% delle esportazioni di tè nero in piccole confezioni, seguito con un ampio distacco dal Giappone (11,75%).

Il Giappone e Hong Kong sono anche i maggiori importatori di tè nero in grandi confezione, ma stavolta l’ordine è invertito: nel 2013 il Giappone ha acquistato il 28,35% delle esportazioni totali provenienti dalla Cina, mentre Hong Kong solo il 16,70%. Gli Stati seguono immediatamente il Giappone con il 16,04% di tè nero importato in grandi confezioni. (Pan, Liu, Yang 2011, p. 3-5)

Il tè Pu’er ha procurato un guadagno variabile: tra il 2006 e il 2008 il guadagno delle esportazioni di te Pu’er in piccole confezioni è stato notevole con valori compresi tra i 12 milioni di dollari e oltre i 22 milioni di dollari(guadagno del 2007); tuttavia nel 2008 è calato sensibilmente, registrando un profitto di poco più di 8 milioni di dollari. Meglio le vendite delle grandi confezioni: più di 11 milioni di dollari nel 2005, si è raggiunto un picco di oltre 20 milioni nel biennio 2006-2007, per poi riscendere a oltre 17 milioni di dollari nel 2008 e poco più di 11 milioni dollari nel 2009. (Pan, Liu, Yang 2011, p. 3)

1.5 Il mercato italiano

I principali paesi da cui l’Italia esporta secondo i dati del 2015 risultano essere Germania (15%), la Francia (8,8%) e la Cina che rappresentata il 7,6% delle importazioni italiane. Tuttavia, le importazioni di tè dalla Cina rappresentano una fetta assolutamente trascurabile delle importazioni italiane totali dalla Cina: infatti, nel 2015 è stato stimato che solo lo 0,0096% delle importazioni dalla Cina consistono in estratti di tè e caffè, quindi le

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importazioni di tè soltanto sono ulteriormente inferiori. Se si considerano le sole importazioni italiane di estratti di tè e caffè, si osserva che il 25% proviene dalla Germania, il 10% dalla Spagna, l’8,5% dalla Svizzera, il 7,8% dalla Francia, il 7,7% dall’Olanda, il 7,5% dal Regno Unito, il 4,2% dal Vietnam, il 3,7% dall’Austria, e infine il 3,4% dalla Cina. Quindi la Cina è il nono esportatore mondiale di tè e caffè in Italia. È un commercio relativamente ristretto, ma nel 2015 il valore economico delle importazioni di tè e caffè dalla Cina ammontava a quasi 5 milioni di dollari. Per l’esattezza, 2,98 milioni di dollari. (Where does Italy import Coffee and

Tea Extracts from? (2015))

Non c’è da meravigliarsi che il tè non rientri tra le importazioni più rilevanti dell’Italia: manca infatti in questo paese la tradizione e la cultura del tè, è ancora un prodotto poco conosciuto. Questo è probabilmente dovuto al fatto che il tè non è un prodotto particolarmente adatto al territorio italiano.

In Italia vi è, infatti, un’unica piantagione da tè che si trova in Lucchesia, a Sant’Andrea di Compito, nel comune di Capannori. Grazie a questa particolare attività, che in Italia risulta più unica che rara, Capannori si è meritato il nome di “Borgo delle Camelie”. È una piantagione che si può definire “sperimentale”, dal momento che è un’impresa ardua coltivare la pianta da tè in un clima come quello italiano. Mentre i requisiti di un terreno acido e di quantità abbondanti di acqua sono facilmente soddisfatti, il problema in Italia è trovare un modo per tutelare le piante dalle fredde temperature invernali.

E questo è proprio quello che l’agronomo ed esperto di Camelie Guido Cattolica ha provato a fare fin dal 1987. Infine ha sviluppato un ecotipo5 specifico per l’ambiente di Capannori che resiste quindi alle gelide temperature.

La piantagione dispone quattro appezzamenti, quattro coltivati a Camellia sinensis, e uno dedicato alla varietà assamica. La piantagione si estende per 1500 metri quadri e ospita 2.5000 piante. I cinque raccolti all’anno producono a malapena 12-15 kg di tè. Il prodotto offre la scelta tra tè verde, tè nero, tè Oolong e tè bianco ed è assolutamente pregiato in quanto naturale e fatto a mano6.

Questo esperimento, seppure ben riuscito, rimane un’esperienza di nicchia. La limitata quantità prodotto viene riservata a pochi clienti e non e in grado di soddisfare la richiesta di tè

5

Gli ecotipi sono le varietà di una stessa specie che sono adattate ciascuna al proprio particolare ambiente esterno. Fonte: <http://www.treccani.it/vocabolario/ecotipo/ >

6 Il tè di Lucchesia ha riscontrato l’interesse e l’apprezzamento di alcuni assaggiatori giapponesi a livello

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made in Italy. Tuttavia, è pur sempre un inizio. (“Tra camelie Lucchesia cresce tè italiano”,

Ansa.it)

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CAPITOLO 2

Nel seguente capitolo saranno riportate tra parentesi le espressioni cinesi equivalenti ai termini italiani presenti nelle schede terminografiche che chiudono questo lavoro. Le espressioni si presentano in caratteri cinesi seguite dal corrispettivo Pinyin.

2.1 La pianta del tè

“Il tè proviene da un grande albero, che da un chi o due di altezza può arrivare fino a diverse decine di chi7. Sul monte Ba, nello Xichuan, ce n’è uno così grande che occorrono ben due uomini per poterlo circondare con le braccia. Per raccogliere il tè bisognerebbe abbattere l’albero.”

(Lu, Ceresa 2013, p.27)

Le foglie di tè, pregiate a tal punto da poter essere definite “oro verde”8, sono il prodotto di un arbusto noto come Camellia sinensis (1.茶树 cháshù). Questa pianta dalle molteplici varietà botaniche appartiene alla famiglia delle Theaceae (2.山茶科 shānchákē), tra le quali è il genere più noto, ed è originaria dell’Asia, dove il clima subtropicale dell’India e della Cina sud occidentale favorisce particolarmente il prosperare di questa preziosa risorsa. La Camellia sinensis, infatti, trova nel caldo e umido clima subtropicale il suo habitat ideale, tuttavia alcune varietà si sono adattate e riescono a svilupparsi anche in condizioni ambientali naturalmente sfavorevoli a questo tipo di pianta. Infatti, la pianta del tè cresce in ambienti tropicali a temperature comprese tra i 16 e i 27°C e necessita fino a 3000 millilitri annui di acqua. Tuttavia si trovano piantagioni di tè anche ad elevate altitudini, altezze che raggiungono talvolta anche i 2000 metri. (Mcfarlane 2004, copertina; Keating, Long 2016, p.24; Weinberg, Bealer 2002, p.249; Schmidt 2002, p. 4, Enciclopedia Treccani)

La pianta del tè è un arbusto sempreverde che sviluppa brillanti foglie dalla forma

lancelolata (3.披针形 pīzhēnxíng) che crescono in sequenza alternata rispetto allo stelo (4.

茎 jīng) e il loro luminoso verde contrasta con il bianco dei piccoli fiori che decorano la

7

Antica unità di misura cinese corrispondente a 0,358 cm.

8 Alan e Iris Mcfarlane nella loro opera Oro verde: la straordinaria storia del tè usano proprio questa

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