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Gonfienti addio

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Academic year: 2021

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3 FEBBRAIO 2018

dita” di ampie porzioni a monte sfor-tunatamente “mal ubicate” a ridosso del piazzale (fig. 3), in prossimità di un’area già in tutela interessata da stratigrafie d’epoca romana, ma so-prattutto sparì una vasta necropoli d’epoca micenea, con decine di fos-se camerali ricche di corredi funebri. Per giustificare quel provvedimento si addusse come motivazione prin-cipale il fatto che, per i reperti del Bronzo, in tutta l’area fiorentina e se-stese, già da 25 anni, era stata questa la prassi consolidata. Prima di cede-re i tercede-reni per l‘edificazione si scava, si documenta, semmai si recupera il recuperabile, per poi riconsegnare il cantiere ai legittimi proprietari. E così, il 25 luglio 2007, si registra con l’avvio dei lavori di ampliamento del terminale intermodale, la con-testuale dismissione di ogni scavo archeologico. Una situazione questa che determinerà nei 10 anni succes-sivi, venendo meno le risorse private e con esse le “buone pratiche” non senza contraddizioni nella gestio-ne del sito, una totale sospensiogestio-ne delle ricerche sul campo. In questa situazione di perdurante stallo solo la centesima parte della “Gonfienti etrusca” rimarrà alla luce del sole, con l’incuria e l’ab-bandono che, per lunghi mesi, prenderanno inevitabilmente il sopravvento. Cosicché tutti i sedimi archeologici, ancorché vincolati, risul-tano ad oggi interrati, ad esclusione del grande complesso strutturato del Lotto 14, identificato come la domus, messo parzialmente in sicurez-za ma non fruibile al pubblico se non per la di-sponibilità della Soprintendenza, protetto dalle recinzioni “videosorvegliate” dell’Interporto. Nell’ottobre 2006, le belle parole conclusive

del convegno “Dalle Emergenze alle Eccellen-ze” avevano aperto la strada ad una speranza per l’interesse dimostrato a livello regionale per l’area archeologica di Gonfienti, come del resto lo era stato solo un anno prima, a livello nazio-nale, col Disegno di Legge depositato alla Ca-mera dei Deputati, poi ritirato, che andava sot-to il tisot-tolo di “Norme per la tutela ed il recupero del percorso dall’antica strada transappennini-ca, detta “Via dei Santuari, o Via Etrusca Bisen-tina”, e l’istituzione del Parco Geo-Archeologi-co” che avrebbe legato la città degli Etruschi sul Bisenzio ai Monti della Calvana e a Marzabot-to (fig. 1). Il risveglio, solo un mese più tardi, fu però molto duro da digerire, a dir poco trau-matico per le sorti alle quali sarebbero

andate incontro di lì a poco le “poste” archeologiche di Gonfienti. Mutuan-do un aforisma ricorrente nel restau-ro archeologico anche per Gonfienti varrà infatti il sistema della «doppia verità» (da una parte dichiarazioni di rispetto e di conservazione rigorosa, dall’altra, dopo le documentate ricer-che stratigrafiricer-che, gestioni a dir poco sommarie dei contesti con “deogget-tivazione” dei siti). Veniamo ai fatti: il 29 novembre 2006, la SBAT concede anche nelle aree di interesse archeo-logico il nulla osta per il rilascio del permesso di costruire alla Società In-terporto per l’ampliamento dello sca-lo merci e la realizzazione della nuo-va piattaforma ferroviaria (per le cui opere infrastrutturali erano già stati erogati circa 25 milioni di euro trami-te finanziamenti europei). Di frontrami-te a tali interessi in gioco anche l’albero delle eccellenze archeologiche tosca-ne si era dunque piegato fino a spez-zare qualche ramo maestro. Questo brusco ritorno alla realtà, ad un mese dalla dichiarazione di straordinario valore che aveva inorgoglito la città, ci mostra in realtà quanto possa esser “volatile” la valorizzazione dei beni

culturali. Entro il 3 agosto 2007 si sarebbero aperti i cantieri interportuali e scaduti i termi-ni temporali, assai stretti, per gli archeologi per completare le perlustrazioni in corso e proce-dere rapidamente all’interramento di quanto emerso. Sotto il cemento spariscono alcune strutture già dichiarate “reperti strutturati”, ad esempio la grande arteria glareata d’epoca orientalizzante, già identificata, prendendo a prestito la terminologia dalle centurie romane, come il decumano etrusco della piana

fioren-Gonfienti addio!

di Giuseppe Alberto Centauro

tina (fig. 2). Più delle parole valgono i dati: ai 12 ettari perduti per l’ampliamento dello sca-lo merci e ai 30.000 mq di binari aggiuntivi, si sommano i 200.000 mc del nuovo volume sorto a servizio della nuova piattaforma ferroviaria: una struttura inusitata per massa, altezza e for-te impatto paesaggistico. Per dar corso ai lavori si dovette procedere ad un’immane “bonifica” archeologica, un vero e proprio “sminamento” di reperti da condurre velocemente in pochi mesi. Questa operazione coincise con la “per-Fig. 2 – Decumano etrusco (Foto dell’autore, 2006)

Fig. 3 – Area destinata allo scalo merci (Foto dell’autore, 2006)

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