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Incidenza del dolore sulla colonna ulnare del polso dopo trattamento di fratture intra-articolari del radio distale: comparazione tra ORIF, Fissatore Esterno e Apparechio Gessato

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Direttore Prof. Giulio Guido

INCIDENZA DEL DOLORE SULLA COLONNA ULNARE DOPO TRATTAMENTO DI

FRATTURE INTRA-ARTICOLARI DEL RADIO DISTALE: COMPARAZIONE TRA ORIF,

FISSATORE ESTERNO E APPARECCHIO GESSATO

Candidato Relatore

Benedetta Daicampi Chiar.mo Prof. Michele Lisanti

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2

(3)

3

INDICE

INTRODUZIONE

... 6

CAPITOLO 1

1.1 ANATOMIA DEL POLSO

1.1.1

ANATOMIA OSSEA... 7

1.1.2 ANATOMIA LEGAMENTOSA ... 12

1.1.3 ANATOMIA ARTICOLARE ... 14

1.1.4 ANATOMIA MUSCOLARE ... 17

1.2 BIOMECCANICA DEL POLSO

... 23

CAPITOLO 2

2.1 VALUTAZIONE CLINICA DEL POLSO

... 29

2.2 VALUTAZIONE CLINICA DEL DOLORE IN SEDE ULNARE

... 32

2.3 IMAGING DEL POLSO

2.3.1 ESAME RADIOGRAFICO

...

39

2.3.2 ESAME TOMOGRAFICO

...

42

2.3.3 RISONANZA MAGNETICA

...

42

2.3.4 ARTROSCOPIA

...

42

2.4 CLASSIFICAZIONE DELLE FRATTURE DI POLSO...

43

2.5 LESIONI ASSOCIATE ...

48

CAPITOLO 3

TRATTAMENTO DELLE FRATTURE DI POLSO ...

52

3.1. TRATTAMENTO INCRUENTO ...

52

3.2 TRATTAMENTO CRUENTO...

54

3.2.1 OSTEOSINTESI PERCUTANEA

...

54

3.2.2 FISSATORE ESTERNO

...

56

(4)

4

CAPITOLO 4

DOLORE ULNARE DOPO FRATTURA DI POLSO...

62

4.1 SINDROME DA IMPATTO ULNO CARPALE ...

64

4.2 SINDROME DA IMPATTO DELLA STILOIDE ULNARE O CONFLITTO STILO-

CARPALE ...

66

4.3 SINDROME DA IMPATTO ULNOCARPALE SECONDARIA A NON

UNIONE DELLA STILOIDE ULNARE

... 67

4.4 SINDROME DA IMPATTO UNCINATO-SEMILUNARE

... 68

4.5 SINDROME DA IMPINGEMENT ULNARE

... 68

4.6 INSTABILITÀ DELLA RADIOULNARE DISTALE

... 69

CAPITOLO 5

5.1 MATERIALI E METODI

... 73

5.2 RISULTATI

... 76

5.3 DISCUSSIONE

... 80

CONCLUSIONI

... 85

BIBLIOGRAFIA

... 87

(5)
(6)

6

INTRODUZIONE

Le fratture di radio distale sono tra le più comuni fratture dello scheletro umano. Nel corso degli ultimi venti anni si sono sviluppate diverse tipologie di trattamento, dal trattamento incruento con apparecchio gessato fino alla chirurgia open. Sebbene vari metodi di trattamento abbiano dimostrato buoni risultati, la scelta del trattamento gold standard è ancora controversa.

Questo studio retrospettivo si ripropone di valutare le condizioni dei pazienti che hanno subito fratture di polso con coinvolgimento intra-articolare di vario grado (B3-C3 secondo la classificazione AO) e trattati con tre diversi tipi di metodiche: conservativo, fissazione esterna e chirurgia open con placca.

Nella valutazione dei pazienti abbiamo soprattutto valutato l’esistenza di dolore a livello della colonna ulnare del polso, che può associarsi in particolare alle fratture intra-articolari, vista la complessità e il numero di strutture che possono essere lese durante un trauma in questa sede.

Il nostro intento è stato quello di valutare la presenza o meno di dolore ulnare in pazienti trattati con tre divere metodiche, conservativa con gesso, fissatore esterno o ORIF, e valutare se esistano differenze sostanziali a livello di follow-up dei tre diversi gruppi.

Come parametri di valutazione abbiamo utilizzato parametri radiografici, esame clinico dei pazienti e la classificazione PRWE (Patient-Rated Wrist Evaluation), che permette di valutare riduzione funzionale e riduzione della qualità della vita del paziente.

Alla classica PRWE abbiamo aggiunto una serie di domande specifiche per l’individuazione del dolore ulnare, accompagnate con figure illustrative specifiche, per facilitare la comprensione di ciò che viene richiesto, poiché spesso, a nostro avviso, l’impostazione delle domande che sono proposte dalla classificazione più classica non risulta di immediata comprensione per molti pazienti.

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CAPITOLO 1

1.1 ANATOMIA DEL POLSO

1.1.1 ANATOMIA OSSEA

L’ articolazione del polso è composta da radio, ulna e carpo. Quest’ultimo è costituito da due filiere, una prossimale e una distale.

Radio

Osso lungo che con l’ulna, rispetto alla quale si pone la lateralmente, forma lo scheletro osseo dell’avanbraccio. Prossimalmente si articola con l’omero, tramite l’articolazione tra capitello radiale e condilo omerale e distalmente con la filiera prossimale del carpo. Sia prossimalmente che distalmente prende rapporti con l’ulna. Anatomicamente è formato da un corpo e due estremità, una prossimale

e una distale.

Il corpo del radio presenta una forma prismatico triangolare, con tre facce (anteriore o volare, posteriore o dorsale e una laterale) e tre margini (anteriore, posteriore e mediale o cresta ossea). La faccia anteriore è concava nei suoi tre quarti superiori, ove vi si inserisce il flessore lungo del pollice, e si slarga verso il basso, nel quarto inferiore, divenendo ampia e piatta. Sulla faccia anteriore si trova anche il foro nutritizio del radio che è diretto obliquamente e verso l’altro. La faccia posteriore può essere suddivisa in tre parti diverse. Il terzo superiore è convesso e liscio e vi si inserisce il muscolo supinatore, il terzo medio è leggermente concavo e ampio, con una cresta obliqua che separa due depressioni ove prenderanno origine l’estensore breve del pollice e abduttore lungo del pollice, mentre il terzo inferiore è convesso con scanalature per il passaggio di tendini. La faccia laterale è convessa e dà attacco al supinatore in altro e al pronatore rotondo in basso. Il margine anteriore origina dall’estremità superiore a livello della tuberosità radiale, si perde a livello della porzione mediale per rendersi nuovamente visibile a livello della porzione inferiore. Il margine posteriore è più rilevato nella parte media e il margine mediale da inserzione alla membrana interossea, tessuto fibroso teso tra le due ossa.

Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello

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L’estremità prossimale del radio è formata dalla testa, o capitello radiale, dal collo e dalla tuberosità radiale. La testa è un cilindro di piccole dimensioni (22x20mm e 8x10mm), con una piccola concavità superiore, la fossetta del capitello, che si articola con il condilo omerale.

L’estremità distale del radio possiede una conformazione scheletrica particolare, appiattita dal dall’avanti verso l’indietro con forma piramidale triangolare tronca. Riconosciamo 3 facce di cui una volare e una dorsale, proseguimento delle analoghe facce del corpo del radio, e una mediale, delimitata dalle due branche di biforcazione della cresta interossea. Sulla faccia mediale ritroviamo l’incisura ulnare per l’articolazione con il radio (Articolazione radio-ulnare). La base di questa piramide triangolare tronca forma la faccetta articolare carpale, anch’essa a forma triangolare con base mediale. All’ intero della faccetta articolare, concava e rivestita da cartilagine, ritroviamo una cresta molle che la divide in due faccette articolari per lo Scafoide e per il Semilunare. La faccia volare è liscia e concava, mentre quella dorsale presenta lateralmente un rilievo detto processo stiloideo o Stiloide del Radio. Il Radio distale a livello della sua superficie articolare presenta diversi piani di inclinazione. Sul piano frontale presenta una inclinazione di circa 22 gradi e una altezza radiale rispetto all’ Ulna, cioè il dislivello che abbiamo tra il punto di massima altezza del Radio (Stiloide radiale) e il punto di massima altezza dell’Ulna (Stiloide dell’Ulna), di circa 11 mm. Sul piano laterale invece troviamo un tilt volare di 11 gradi. Questi valori sono fondamentali per mantenere una congruenza articolare perfetta con la filiera prossimale del carpo in ogni movimento da questo eseguibile. (2).

Ulna

L’ulna è un osso lungo posizionato medialmente al radio. Anche nell’ulna possiamo descrivere una estremità prossimale, una distale e un corpo.

Il corpo dell’ulna tende dall’altro verso il basso tende a restringersi e proprio come il radio possiede una forma prismatico triangolare con tre facce (anteriore, posteriore e mediale) e tre margini (anteriore, posteriore e laterale). La faccia anteriore presenta una cresta longitudinale che dà attacco al muscolo flessore profondo delle dita e in basso al pronatore quadrato. La faccia posteriore è divisa in due porzioni, una superiore e una inferiore, da una linea obliqua e al di sopra di questa vi prende inserzione il muscolo anconeo e al di sotto l’estensore ulnare del carpo, l’abduttore lungo e l’estensore lungo del pollice, l’estensore proprio dell’indice. Il margine mediale o cresta interossea da Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello

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attacco alla membrana interossea, quello anteriore in altro al flessore profondo delle dita e in basso al pronatore quadrato, e il margine posteriore si continua in alto con la faccia posteriore dell’olecrano.

L’estremità prossimale dell’ulna è la parte più voluminosa di tutto l’osso e presenta due processi; l’olecrano posteriormente e il processo coronoide anteriormente. Tra i due abbiamo l’incisura semilunare dove si articola la troclea omerale. L’estremità prossimale presenta anche sulla faccia che guarda verso il radio una piccola faccetta articolare detta incisura radiale per l’articolazione con il capitello radiale. L’olecrano all’apice si incurva a formare il cosiddetto becco, che durante l’estensione completa del gomito va a occupare la fossetta olecranica della troclea omerale. Sulla faccia posteriore dell’olecrano la superficie rugosa da inserzione al muscolo tricipite brachiale. Il processo coronoideo ha invece la forma di una piramide quadrangolare con 4 facce e un apice. La superiore entra a far parte dell’incisura semilunare, quella inferiore presenta un rilievo, la tuberosità del’ ulna, dove si inserisce il muscolo brachiale, la mediale prosegue nell’olecrano e la laterale ha l’incisura radiale per articolarsi con il capitello radiale. L’ apice raggiunge nella flessione del gomito la fossa coronoidea dell’omero.

L’estremità distale/inferiore dell’ulna si presenta come una piccola testa rotondeggiante, detta capitello dell’ulna, separata dell’osso Pisiforme del carpo con cui si articola, da un disco articolare. Questa faccia articolare del capitello è rivestita da cartilagine che si estende anche sulla faccia laterale a rivestire l’incisura radile inferiore dell’ulna. Sul lato mediale del capitello troviamo il processo stiloideo dell’Ulna, al di dietro del quale esiste un solco verticale nel quale decorre il Muscolo Estensore Ulnare del Carpo. (ECU) (3)

Carpo

Il carpo è composto da otto ossa, tutte brevi, suddivise in due filiere, una prossimale e una distale. La filiera prossimale è formata, in senso latero-mediale, da Scafoide, Semilunare, Piramidale, Pisiforme e la filiera distale da Trapezio, Trapeziode, Capitato, Uncinato.

- Lo Scafoide è l’osso più radiale della filiera. La sua faccia prossimale è convessa e si articola con il radio; la sua faccia distale anch’essa convessa si articola con trapezio e trapezioide; la faccia mediale si articola prossimalmente con il semilunare e più distalmente con capitato. La faccia laterale corrisponde al processo stiloideo del radio. La faccia volare presenta il tubercolo dello scafoide mentre quella dorsale è molto ristretta e si riduce a un solco trasversale.

- Il Semilunare si trova medialmente allo scafoide. Anche la sua faccia prossimale è concava e si articola con il radio; la faccia distale è concava e abbraccia la testa dell’osso capitato e prende contatto anche con l’uncinato; le facce mediale e laterale prendono rapporti rispettivamente con piramidale e scafoide; la faccia volare è convessa mentre quella dorsale è ristretta e come lo scafoide si presenta come un solco trasversale.

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- Il Piramidale si posiziona medialmente al semilunare e come si intuisce dal suo nome possiede la forma di una piramide irregolare. La sua faccia prossimale corrisponde al disco articolare che la divide dal capitello dell’ulna; la faccia distale si articola con l’uncinato; la faccia mediale è libera da interazioni ossee; quella laterale si articola con il semilunare; la faccia volare presenta la faccetta articolare per il pisiforme; quella dorsale possiede una cresta trasversale.

- Il Pisiforme non partecipa alla formazione del condilo carpico, si posiziona al davanti del piramidale con cui si articola con la sua faccia dorsale.

La filiera distale invece comprende, sempre in senso latero-mediale:

- Il Trapezio che possiede una forma cuboide con sei facce di cui tre articolari. La faccia prossimale concava si articola con lo scafoide; quella distale a forma di sella con il 1° osso metacarpale; la faccia mediale è divisa da una cresta in una parte prossimale che si articola con il trapezoide e una distale che si articola con il 2° osso metacarpale; la faccia laterale è libera; sulla faccia volare abbiamo il tubercolo del trapezio sul cui lato mediale, in una doccia, decorre il muscolo flessore radiale del carpo; infine la faccia dorsale è anch’essa libera e liscia.

- Il Trapezoide si trova medialmente al trapezio e lateralmente al capitato. Possiede due facce, quella volare e dorsale, che non sono articolari e quattro facce che invece sono articolari. La faccia prossimale, concava si articola con lo scafoide; quella distale a sella invece con il 2° osso metacarpale; la faccia mediale piana prende contatto con il capitato mentre la laterale, convessa, con il trapezio.

- Il Capitato è l’osso più voluminoso del carpo, posizionato tra trapezoide e uncinato. La parte prossimale viene chiamata testa e si approfonda in una insenatura delimitata dallo scafoide e dal semilunare ed è unita al resto dell’osso tramite un collo. Possiede sei facce di cui quattro articolari. La faccia prossimale convessa prende rapporto con il semilunare; quella distale è suddivisa in due parti che si mettono in rapporto rispettivamente con il 3° e 4° osso metacarpale; la faccia mediale si articola con l’uncinato; sulla faccia laterale si ritrovano tre facce articolari di cui una prossimale per lo scafoide, una media per il trapezoide e una distale ristretta per il 2° osso metacarpale. La faccia volare e quella dorsale sono libere e a livello del collo presentano un accentuato solco trasversale.

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- Infine l’Uncinato che è l’osso più mediale della seconda filiera carpale. Il nome deriva dal processo a forma di uncino che possiede la sua faccia volare. Ha una forma di piramide quadrangolare con la base che corrisponde alla faccia distale, che prende rapporti con il 4° e 5° osso metacarpale. L’apice invece volge prossimalmente articolandosi con il semilunare; la faccia mediale si articola con il piramidale; la faccia laterale con il capitato; la dorsale è libera da rapporti con altre ossa.

Il carpo nel suo insieme appare più ristretto nella sua porzione prossimale rispetto a quella distale. La parte prossimale, convessa, può essere considerata come un condilo unico che si articola con il radio e l’ulna. Il margine distale del carpo in toto invece ha margini frastagliati e si articola con le cinque ossa metacarpali. Sempre considerandolo con un’unica entità vi si può ritrovare un margine mediale, laterale, dorsale e volare. La faccia dorsale è leggermente convessa mentre quella volare leggermente concava perché i margini del radio e dell’ulna appaiono sollevati. Sulla faccia laterale, detta anche radiale, si può osservare un rilievo dato dai tubercoli dello scafoide e del trapezio (Eminenza Radiale) e su quella mediale, o ulnare, ne troviamo un’altra data invece dall’osso pisiforme e dall’uncino dell’osso uncinato (Eminenza Ulnare). Queste due eminenze delimitano una doccia che assieme al legamento trasverso del carpo che le congiunge andrà a formare il Canale del carpo, che fornirà passaggio a vasi, nervi e tendini dei muscoli flessori delle dita. (4)

(12)

12 1.1.2 ANATOMIA LEGAMENTOSA

I legamenti del polso si dividono in intrinseci ed estrinseci, volari e dorsali. Per legamenti estrinseci si intende quei legamenti che prendono inserzione al di fuori del carpo, quindi dall’ulna o dal radio, e vanno a inserirsi sul carpo, mentre per estrinseci si intende quei legamenti che hanno inserzione e termine all’interno del carpo.

- Volari:

I due legamenti della radiocarpica: Il primo è il collaterale radiale o legamento laterale interno, origina sulla stiloide ulnare e va a confondersi nella sommità dell’inserzione del legamento triangolare. Da questo punto si divide in due fasci, anteriore e posteriore, detti rispettivamente stilo-pisiforme e stilo-piramidale. Il secondo è il legamento laterale esterno formato da due fasci entrambi a partenza dalla stiloide radiale; il fascio posteriore, che parte dalla sommità della stiloide radiale alla faccia esterna dello scafoide, e un fascio anteriore, spesso e resistente che sempre dalla stiloide radiale, sul bordo anteriore, si porta al tubercolo dello scafoide.

Il legamento anteriore della radiocarpica anch’esso formato da due fasci, il fascio radio-lunare anteriore e il radio-piramidale anteriore. Il fascio radio-lunare anteriore, detto anche freno anteriore del semilunare, è teso obliquamente verso il basso e dal di dentro del margine anteriore della glena radiale fino a arrivare al corno anteriore del semilunare. Il fascio radio-piramidale invece ha come origine la metà interna del bordo anteriore della glena e tutto il bordo anteriore della cavità sigmoidea del radio, intrecciandosi con l’inserzione radiale del legamento anteriore della radio-cubitale inferiore. Ha forma triangolare e si porta in basso e all’interno per fissarsi sulla faccia anteriore del piramidale, formando la fronda del piramidale.

Infine abbiamo i legamenti della medio-carpica, che sono il radio-capitato, il luno-capitato, il capitato-piramidale, lo scafo-trapezioideo e i legamenti piso-unciformi e piso-metacarpico.

Il legamento radio-capitato è teso obliquamente in basso e all’indentro, dalla parte esterna del bordo anteriore della glena fino alla faccia anteriore del collo del capitato. È un legamento che è allo stesso tempo della radiocarpica anteriore che della mediocarpica, essendo contenuto nello stesso piano fibroso dei legamenti radio-lunare e radio-piramidale.

Figura1-Errore. Nel documento non esiste testo dello

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Il legamento luno-capitato è teso in modo verticale dal cono anteriore del semilunare alla faccia anteriore del piramidale alla faccia anteriore del collo del capitato, prolungando in basso il legamento radio-lunare.

Il legamento capitato-piramidale dalla faccia anteriore del piramidale si porta in basso e in fuori al collo del capitato collegandosi con i due legamenti descritti precedentemente.

Il legamento scafo-trapezioideo è un legamento corto e largo, molto resistente, che unisce il tubercolo dello scafoide con la faccia anteriore del trapezoide al di sopra della sua cresta obliqua.

Il legamento uncinato-piramidale è il vero legamento laterale interno della mediocarpica e infine i legamenti piso-uncinato e piso- metacarpico (5), che si portano dall’osso pisiforme all’uncino dell’osso uncinato e alla base del 5° osso metacarpale. (6)

- Dorsali:

Il fascio posteriore del legamento laterale esterno della radiocarpica e il fascio posteriore del legamento laterale interno della radiocarpica, già descritti.

Il legamento posteriore della radiocarpica formato da due fasci, entrambi obliqui in basso e in dentro: i fasci radio-semilunari posteriori, o freni posteriori del semilunare, e i fasci radio-piramidali posteriori, le cui inserzione sono all’incirca simmetriche con gli omologhi volari, anche per l’intreccio con la terminazione del legamento posteriore della radioulnare distale sul bordo posteriore della cavità sigmoidea del radio. Questo fascio posteriore completa la fronda del piramidale.

Le due cinghie trasversali posteriori del carpo, più precisamente la “bandelletta” del prima e della seconda filiera del carpo. La ”bandelletta” del primo raggio unisce trasversalmente la faccia dorsale del piramidale a quella dello scafoide, prendendo una inserzione intermedia sul corno del semilunare straccando anche una estensione al legamento laterale esterno e una al legamento radio-piramidale posteriore. La “bandelletta” della seconda raggiera invece è tesa obliquamente in basso unendo la faccia posteriore del piramidale a quella del trapezoide e trapezio, passando dietro al capitato.

Infine abbiamo il legamenti piramidale-uncinato che si inserisce sulla faccia posteriore del piramidale, giocando così per la parte posteriore del carpo il ruolo di collegamento dei legamenti, adeso al collo del grande osso sulla faccia anteriore. (7)

Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo

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14 1.1.3 ANATOMIA ARTICOLARE DEL POLSO

I Principali compartimenti articolari del polso sono la radioulnare distale, la radiocarpica, la mediocarpale e la carpometacarpale.

L’articolazione radioulnare distale è una articolazione a ginglimo. La superfici articolare dell’ulna è data da due faccette che si trovano sul capitello, una esterna, che è la circonferenza articolare del capitello, e una inferiore che si trova sulla faccia inferiore del capitello stesso. Sul radio invece la faccia della superficie articolare è data dall’ incisura ulnare e da un disco articolare che assieme delimitano la cavità che accoglie il capitello dell’ulna. Questo disco articolare avascolare ha una forma triangolare, con base verso l’esterno e che si connette al margine inferiore dell’incisura ulnare del radio e apice verso l’interno ove si lega alla stiloide dell’ulna e all’incisura che separa la stiloide dalla faccetta articolare inferiore dell’ulna. Il suo spessore si riduce progressivamente dall’apice del triangolo alla base. Oltre al disco articolare nella stabilità dell’articolazione abbiamo anche i legamenti radioulnari distali, palmare e dorsale, e dall’ estensore ulnare del carpo e dai legamenti ulnocarpici (legamento ulnocapitato, legamento ulnolunato, legamento ulnocarpale). I principali responsabili della stabilità articolare sono i legamenti palmare e dorsale. Il primo si tende con il polso in supinazione mentre, il dorsale invece in pronazione. Entrambi sono formati da sue componenti, una prossimale che si inserisce a livello della fovea ulnare, e una distale che invece si inserisce sulla stiloide ulnare. Tutto questo viene definito Complesso della fibrocartilagine triangolare (TFCC). (8)

Figura1-Errore. Nel documento non esiste testo dello stile specificato.-6: RUD in proiezione sagittale e illustrazione della TFCC

La principale funzione è quella di creare una continuità articolare tra l’ulna e la prima filiera del carpo, che non vengono mai a contatto direttamente in condizioni fisiologiche poiché vi è interposto il disco. Si può dire che il legamento triangolare svolge contemporaneamente la funzione di mezzo di fissità dell’articolazione, la funzione di superficie articolare e infine funzione di setto di divisione tra la

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radioulnare distale e la radiocarpica, normalmente divise in due compartimenti anatomici diversi a meno che non vi siano alterazioni, come inserzione incompleta della base del legamento triangolare o per perforazione centrale.

Oltre alla fibrocartilagine triangolare, che svolge un ruolo di stabilizzatore statico dell’articolazione radio ulnare distale, un altro elemento di stabilità statica è la membrana interossea, mentre quelli dinamici sono il muscolo pronatore quadrato e l’estensore ulnare del carpo che stabilizzano l’articolazione durante la prono supinazione il primo e impedendo la traslazione del capitello ulnare il secondo. (9)

La membrana interossea occupa lo spazio allungato che si delimita nell’avambraccio tra il radio e l’ulna. Presenta due facce, una anteriore e una posteriore, sulle quali prendono inserzione i muscoli profondi dell’avambraccio e quattro margini. Il margine laterale si inserisce nel radio e quello mediale nell’ulna. Il margine superiore è libero mentre il margine inferiore va a fondersi con la capsula dell’articolazione radioulnare distale. È una struttura complessa formata da una porzione membranosa, una parte centrale, e da delle bande accessorie e una banda prossimale. La parte centrale ha un decorso obliquo originando dal terzo prossimale del radio e inserirsi nel quarto distale dell’ulna. La funzione di questa struttura è creare stabilità tra le due ossa durante i movimenti di prono supinazione e una adeguata distribuzione dei carichi tra le due, modulandoli in modo diverso a livello dell’articolazione del gomito e del polso; a livello del gomito infatti il carico si distribuisce praticamente al 50% su entrambe (circa 57% sul radio e 43% sull’ulna) mentre a livello del polso il carico è per l’80% circa a carico del radio e il restante 20% sull’ulna. Se la membrana interossea viene sezionata anche a livello del polso i carichi sarebbero simili a quelli a livello del gomito. (10)

L’ articolazione radiocarpica è invece una condiloartrosi. Vi prendono parte il radio distale e la prima filiera del carpo. Come già detto l’ulna non prende direttamente parte ai movimenti di questa articolazione per l’interposizione del disco articolare. La superficie articolare ha quindi una forma ellissoide in cui la cavità glenoidea è rappresentata nella sua parte interna dalla faccia inferiore disco articolare della FCT e nei suoi due terzi esterni dalla faccia articolare carpica del radio distale, divisa da un cresta molle anteroposteriore in due faccette articolari una per lo scafoide, la più esterna, e una per il semilunare, quella più interna. Il condilo invece è rappresentato dalla prima filiera del carpo e più precisamente dalle facce prossimali di scafoide, semilunare e piramidale, poiché il pisiforme non partecipa, tutte e tre saldamente legate tra loro dai legamenti intercarpici, tanto da poter essere considerate come un unico segmento funzionale. (11)

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La prima filiera non presenta inserzioni tendinee muscolari e può essere per questo considerato un segmento intercalare poiché il momento di forza dato dalla contrazione muscolare risulta in un movimento di rotazione con partenza però dalla seconda filiera. (12)

L’articolazione mediocarpica si svolge tra le due filiere del carpo, con l’eccezione del pisiforme, e può essere considerata come una giustapposizione di due condiloartrosi che creano un’interlinea articolare molto irregolare, a forma di S orizzontale. Nella condiloartrosi laterale il condilo è dato dalla superficie distale dello scafoide, divisa da una cresta in due faccette articolari per trapezio e trapezoide, che con le loro facce prossimali delimitano la cavità glenoidea. Nella condiloartrosi mediale invece la situazione è invertita; vediamo infatti che è la testa del capitato e dell’uncinato ad essere il condilo mentre la cavità glenoidea è molto ampia per la partecipazione di tutte e tre le ossa della filiera prossimale.

Le articolazioni carpometacarpali si stabiliscono tra le ossa della filiera distale del carpo e la base delle cinque ossa metacarpali. L’articolazione carpometacarpica del pollice per la caratteristica dei movimenti può essere considerata a parte. Questa è una articolazione a sella tra la faccia distale del trapezio, concava in senso trasversale, e la base del 1°metacarpo, convessa, con una capsula articolare lassa; si distinguono nella componente fibrosa due legamenti uno palmare e uno dorsale. È una articolazione che presenta una grande ampiezza di movimento, con tutte le possibili escursioni, eccetto la rotazione. Le restanti articolazioni carpometacarpiche sono delle artrodie mediante le quali le faccette articolari distali del trapezoide, capitato e uncinato si mettono in giunzione con le basi delle ossa metacarpali dal 2° al 5°. Essendo delle articolazione piane che si muovono soprattutto per scivolamento ci sono possibilità limitate di movimento sia di flesso-estensione che di inclinazione laterale. Più precisamente il 2° si incunea tra trapezio, trapezoide e capitato con la sua parte prossimale sulle faccette articolari collaterali. Il 3° si articola con il capitato, il 4° invece principalmente con l’uncinato e tramite una faccetta dorsolaterale anche con il capitato. Infine il 5° osso metacarpale si congiunge con l’uncinato. Le singole capsule articolari si fondono anche tra quelle delle articolazioni vicine. Lo strato fibroso è inspessito nei legamenti carpometacarpici volari, dorsali e interosseo; quelli volari e dorsali sono tratti di unione tra i capi articolari affrontati, quello interosseo è un robusto fascio che si inserisce alle facce contigue del capitato e dell’uncinato da un lato e dall’altro termina alla faccia mediale della base del 3° osso metacarpale. Le cavità articolari sono comunicanti tra loro, con una continuità della membrana sinoviale. (13)

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17 1.1.4 ANATOMIA MUSCOLARE

I muscoli che permettono i movimenti del polso vedono i loro ventri per la maggior parte collocati a livello dell’avambraccio. I muscoli dell’avambraccio, si distinguono in anteriori, laterali e posteriori. Gli anteriori, in numero di otto, si dispongono in 4 strati sovrapposti. Lo strato più superficiale è formato dai muscoli epitrocleari, detti così appunto perla loro inserzione comune a livello dell’epitroclea. Sono il muscolo pronatore rotondo, il flessore radiale del carpo, il palmare lungo, il flessore ulnare del carpo. Il secondo strato è invece formato dal flessore superficiale delle dita. Il terzo strato comprende il flessore profondo delle dita e il flessore lungo del pollice. Infine il quarto strato, il più profondo è formato dal pronatore quadrato. I laterali invece sono il muscolo brachioradiale, l’estensore radiale lungo del carpo e l’estensore radiale breve del carpo. Infine i posteriori, in numero di nove, suddivisi in due strati, superficiale e profondo. Nello strato superficiale i muscoli hanno tutti origine dall’ epicondilo, perciò detti epicondiloidei, e sono più precisamente il muscolo estensore comune delle dita, l’estensore proprio del mignolo, l’estensore ulnare del carpo e l’anconeo. I muscoli profondi sono invece il supinatore, l’abduttore lungo del pollice, l’estensore breve del pollice, l’estensore lungo del pollice e l’estensore proprio dell’indice.

Passiamo alla loro descrizione in dettaglio.

- Muscoli anteriori dell’avambraccio:

Il muscolo pronatore rotondo permette la rotazione del radio verso l’interno e flette l’avambraccio sul braccio. È il più laterale dei muscoli superficiali e va dall’alto in basso in senso obliquo medio-laterale. Possiede due capi di origine, uno omerale sull’epitroclea e l’altro ulnare, sul processo coronoideo. Termina con un tendine appiattito a livello della parte mediale della faccia laterale del radio.

Il flessore radiale del carpo si trova medialmente al pronatore rotondo e lateralmente al palmare lungo. Origina sempre dall’epitroclea e decorre verso il basso e lateralmente proseguendo in un tendine che attraversa il carpo all’interno di un canale osteofibroso proprio, formato dallo scafoide e dal trapezio e ventralmente dal legamento trasverso del carpo. Va a inserirsi alla base dl 2° osso metacarpale. Profondamente si mette in relazione con il flessore superficiale delle dita. La sua funzione è quella di flettere la mano e l’avambraccio ruotandoli all’interno (pronazione), con anche una componente di adduzione della mano.

Il muscolo palmare lungo si posiziona tra flessore radiale del carpo e il flessore ulnare del carpo, ma può mancare in un certo numero di soggetti. Come gli altri muscoli superficiali origina dall’epitroclea e dal suo terzo medio prosegue come tendine che va ad inserirsi e terminare nell’aponeurosi palmare.

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A livello del carpo il tendine passa al di sopra del legamento trasverso del carpo a cui aderisce. Con la sua azione tende l’aponeurosi palmare e flette la mano.

Il muscolo flessore ulnare del carpo, ultimo dei muscoli superficiali dell’avambraccio, e il più interno, si posiziona medialmente al palmare lungo. Possiede due capi, uno omerale, più piccolo sulla faccia anteriore dell’epitroclea, e uno ulnare che si stacca dall’olecrano, dal suo margine mediale e dai due terzi superiori del margine posteriore dell’ulna. Il tendine di inserzione va a terminare sull’osso pisiforme, e contraendosi porta alla flessione e adduce la mano. Ha anche un ruolo nella supinazione quando la mano è in pronazione.

Il flessore superficiale delle dita da solo forma il secondo strato dei muscoli dell’avambraccio. La sua origine è a livello dell’omero, con un suo capo, e l’altro è a livello radiale. A livello omerale nasce a livello dell’epitroclea, dal legamento collaterale mediale del gomito, dal argine mediale della coronoide dell’ulna e dai setti intermuscolari, mentre invece il capo radiale prede inserzione sulla parte superiore della faccia anteriore e del margine anteriore del radio. I due capi sono uniti da un arco tendineo a convessità superiore, che anch’esso dà origine a fasci muscolari. Circa a metà del suo decorso esso di divide in quattro ventri muscolari, da cui originano quattro tendini, che passano a livello del carpo per poi portarsi alle dita, dal 2° al 5°. I quattro tendini non sono sullo stesso piano, ma quelli dell’anulare e medio si trovano in una posizione più superficiale rispetto a quelli dell’indice e del mignolo. A livello della faccia volare della falange prossimale i tendini flessori si dividono in due rami determinando un passaggio per il tendine del flessore profondo delle dita, per terminare a livello della faccia palmare della 2° falange. Nel condotto del carpo i tendini decorrono superficialmente a quelli del flessore profondo delle dita e flessore lungo del pollice. A livello elle dita ciascun flessore è collegato alla faccia anteriore delle falangi da più tralci fibrosi. Con la sua contrazione il flessore superficiale flette la seconda falange del 2°,3°,4° e 5° dito cooperando anche alla flessione della mano sull’avambraccio e di questo sul braccio.

Il flessore profondo delle dita occupa la zona mediale del terzo strato dei muscoli dell’avambraccio, ove si trova con il flessore lungo del pollice. Questo muscolo origina dai due tersi superiori delle facce anteriore e mediale dell’ulna, dalla parte mediale della membrana interossea e dal margine mediale del radio, sotto alla tuberosità. All’ circa metà dell’avambraccio il muscolo si divide in quattro ventri a cui seguono altrettanti tendini, che attraverso il canale del carpo vanno al palmo della mano, decorrendo all’interno della guaina osteofibrosa sul lato volare delle dita. A livello della prima falange impegnano il canale creato dai tendini dei muscoli flessori superficiali per prendere inserzione a livello della 3° falange. La sua funzione è quella di flettere la 3° falange delle dita, ma collabora anche alla flessione delle altre due.

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Il muscolo flessore lungo del pollice è posizionato lateralmente al flessore profondo delle dita. Prende origine dai tre quarti superiori della faccia anteriore del radio, dalla parte laterale della membrana interossea, dall’epitroclea e dal processo coronoideo dell’ulna. Si porta in basso lungo il radio e il suo tendine attraversa il condotto del carpo e l’eminenza tenar della mano, decorrendo sulla faccia volare della 1° falange del pollice, attraversando i due capi dell’flessore breve, per inserirsi sulla falange distale del pollice. Permette la flessione della falange distale del pollice.

Il pronatore quadrato permette con la sua contrazione di ruotare medialmente l’avambraccio. È un muscolo profondo che da solo forma il quarto strato, ha una forma quadrilatera ed è posizionato nella parte distale e anteriore dell’avambraccio. Origina dal quarto inferiore della faccia e del margine anteriore dell’ulna per inserirsi dopo un decorso trasversale nel quarto inferiore del radio sulla sua faccia e margine anteriore.

- Muscoli laterali dell’avambraccio:

I muscoli laterali dell’avambraccio ricordiamo che sono il brachioradiale, l’estensore radiale lungo del carpo e l’estensore radiale breve del carpo.

Il muscolo brachioradiale origina dal margine laterale dell’omero, sotto al nervo radiale e del setto intermuscolare laterale, tra il brachiale e il tricipite. Si porta in basso e il suo tendine va ad inserirsi sul processo stiloideo del radio, incrociandosi con quelli dell’abduttore lungo e estensore breve del pollice. Contraendosi flette l’avambraccio.

Il muscolo estensore radiale del carpo si trova tra il brachioradiale e l’estensore radiale breve. La sua inserzione prossimale è a livello della parte anteriore del margine laterale dell’omero, dell’epicondilo omerale, e prosegue in un tendine che decorre sulla faccia laterale del radio, si porta dorsalmente e attraversando il secondo condotto del legamento dorsale del carpo prendendo inserzione infine a livello della base del 2° osso metacarpale. La sua azione è quella di estendere e abdurre la mano.

Il muscolo estensore radiale breve del carpo invece si trova posteriormente e lateralmente all’ estensore radiale lungo. Origina sulla faccia anteriore dell’epicondilo, dal legamento collaterale radiale e dal setto intermuscolare che lo separa dall’estensore comune delle dita. Il ventre si continua nel tendine che decorre sulla faccia laterale del radio, assieme al tendine dell’estensore radiale lungo, con cui decorre parallelamente fino all’ inserzione che prende non sul 2° ma alla base del 3° osso metacarpale. Contraendosi permette l’estensione della mano.

- Muscoli posteriori dell’avambraccio:

Sono in tutto nove, suddivisi in due strati, superficiale e profondo. Del superficiale fanno parte l’estensore comune delle dita, l’estensore proprio del mignolo, l’estensore ulnare del carpo e

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l’anconeo. Prendono tutti inserzione a livello dell’epicondilo e vengono per questo denominati epicondiloidei. I profondi invece sono il supinatore, l’abduttore lungo del pollice, l’estensore breve del pollice, l’estensore lungo del pollice e infine l’estensore proprio dell’indice.

Il muscolo estensore comune delle dita è il più laterale dei muscoli superficiali. Prende origine dalla faccia posteriore dell’epicondilo. Dopo aver percorso più della metà dell’avambraccio il muscolo si divide in tre ventri distinti; il primo ventre, laterale, darà origine a 2 tendini, i rimanenti due ad uno solo. I quattro tendini che si formano passano per il quarto condotto del legamento dorsale del carpo e divergono poi per portarsi alle ultime quattro dita. Ciascuno sulla faccia dorsale della prima falange si divide in tre linguette, di cui quella media si fissa alla faccia dorsale della base della seconda falange, mentre quella laterale e mediale convergono e si riuniscono per ancorarsi alla base della terza falange. Sul metacarpo i quattro tendini sono uniti tra loro da delle giunture tendinee, in numero di tre, oblique. Con la sua contrazione estende le ultime quattro dita e coopera all’estensione della mano.

Il muscolo estensore proprio del mignolo si posiziona medialmente all’estensore comune delle dita. Prende inserzione sulla faccia posteriore dell’epicondilo e a circa metà dell’avambraccio si continua in un tendine che passa per il 5° condotto del legamento dorsale del carpo e decorre sul 5° osso

metacarpale per andare a fondersi con tendine dell’estensore comune delle dita destinato al mignolo. Contraendosi estende il mignolo.

Il muscolo estensore ulnare del carpo si trova medialmente all’estensore proprio del mignolo, anche lui prende origine dall’epicondilo e dal legamento collaterale radiale del gomito e dal margine posteriore dell’ulna. Si porta in basso e medialmente e nel suo terzo inferiore si continua in un tendine passando sotto al 6° condotto tendineo del legamento dorsale del carpo per andare a inserirsi nella parte interna della base dl 5° osso metacarpale. Contraendosi estende e inclina la mano medialmente.

Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello

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Il muscolo anconeo è posizionato nella parte superiore e posteriore dell’avambraccio, facendo seguito al muscolo tricipite, più precisamente al suo capo mediale. Origina dalla parte posteriore dell’epicondilo e si porta in basso e medialmente per inserirsi sull’ulna, al margine mediale dell’olecrano. La sua contrazione ha una minima azione di estensione dell’avambraccio.

Tra i muscoli profondi invece troviamo il supinatore, che avvolge il terzo superiore del radio, originando dall’epicondilo e dal collaterale radiale del gomito e legamento anulare del radio. Si porta in basso, in fuori e in avanti per inserirsi sulle facce anteriore e laterale del radio. Contraendosi permette all’avambraccio di ruotare verso l’esterno.

Il muscolo abduttore lungo del pollice è il più laterale dei muscoli posteriori profondi dell’avambraccio. Origina dalla faccia posteriore dell’ulna, dalla membrana interossea e dalla faccia posteriore del radio. Il suo ventre si porta in basso e verso l’esterno, sulla faccia laterale del radio, e si prosegue in un tendine che va ad attraversare il 1° condotto del legamento dorsale del carpo, per inserirsi alla base del 1° osso metacarpale. Da questo tendine può distaccarsi un fascetto fibroso che va a dare origine al muscolo abduttore breve del pollice. Contraendosi il muscolo abduttore lungo del pollice agisce abducendo il pollice e l’intera mano.

Il muscolo estensore breve del pollice, posizionato medialmente all’abduttore lungo, origina dalla faccia posteriore del radio e della membrana interossea. Si porta in basso e in fuori circondando il radio e il suo tendine terminale, decorrendo assieme a quello dell’abduttore lungo nel 1° condotto legamentoso del legamento dorsale del carpo, va a fissarsi alla faccia dorsale della base della falange prossimale del pollice. Agisce estendendo la prima falange e abducendo il pollice.

Il muscolo estensore lungo del pollice è posizionato più medialmente rispetto all’estensore breve. Prende origine dal terzo medio della faccia posteriore dell’ulna e dalla membrana interossea e si porta in basso e in fuori. Il suo tendine terminale passa attraverso il 3° condotto del legamento dorsale del carpo, decorre sulla faccia dorsale del 1° metacarpo e va ad ancorarsi sulla falange distale del pollice. Va a delimitare il margine mediale della tabacchiera anatomica, mentre il margine laterale è formato dai tendini del muscolo estensore breve e abduttore lungo del pollice. Sul fondo della tabacchiera anatomica decorrono l’arteria radiale e i tendini dei muscoli estensori radiali del carpo. Contraendosi l’estensore lungo estende la falange distale del pollice e lo abduce.

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L’ultimo muscolo da descrivere è l’estensore proprio dell’indice, il più mediale dei muscoli profondi posteriori dell’avambraccio, che origina dalla faccia posteriore dell’ulna e della membrana interossea. Il suo tendine terminale passa per il 4° condotto del legamento dorsale del carpo, assieme ai tendini del muscolo estensore delle dita, deviando verso l’esterno e obliquamente per dirigersi lungo il 2° spazio interosseo. A livello della articolazione metacarpo-falangea dell’indice questo tendine si fonde con quello dell’estensore comune delle dita destinato all’indice. La sua contrazione estende l’indice. (14)

Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello stile

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1.2 BIOMECCANICA DEL POLSO

La lunga digressione anatomica serve per permettere meglio la comprensione della biomeccanica del polso, in cui vengono coinvolte diverse strutture con vari gradi di impegno a seconda del tipo di movimento eseguito.

I movimenti del polso, con mano in posizione anatomica, ovvero in supinazione completa, si effettuano attorno due assi; Un asse trasversale, che viene compreso nel piano frontale e un asse antero-posteriore, compreso nell’asse sagittale.

Il trasversale condiziona i movimenti di flesso-estensione, eseguiti su quello sagittale. La flessione vede la faccia anteriore, o palmare, della mano che si porta verso la faccia anteriore dell’avambraccio, mentre nell’estensione la faccia posteriore, o dorsale, della mano si avvicina invece alla faccia posteriore dell’avambraccio. L’asse sagittale invece è responsabile dei movimenti di adduzione e abduzione, che si esplicano sul piano trasversale. Nell’adduzione, o inclinazione ulnare, la mano si avvicina all’asse del corpo, formando tra il suo bordo interno e il bordo interno dell’avambraccio un angolo ottuso aperto verso l’interno. Nell’abduzione, o inclinazione radiale, la mano si allontana dall’asse del corpo formando tra il suo bordo esterno e quello dell’avambraccio un angolo ottuso ma aperto esternamente.

L’ampiezza dei movimenti di adduzione-abduzione si misura a partire da una posizione di riferimento in cui l’asse neutro della mano passa dal terzo dito attraverso la terza articolazione metacarpica fino a prolungarsi nell’asse dell’avambraccio.

Da questa posizione di partenza avremo un’ampiezza di abduzione che non supera i 15 gradi e l’ampiezza della adduzione che invece arriva anche a 45 gradi. L’ampiezza della adduzione della mano coinvolge anche l’adduzione delle dita che la fa aumentare di circa 15° rispetto a quello di 30° che si otterrebbe considerando solo l’asse della mano. Inoltre l’adduzione della mano è maggiore in supinazione rispetto a quando la mano si trova in pronazione, in cui non supera i 25-30°.

Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello stile

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I movimenti di flessione-estensione sono molto più ampi e si parte da una posizione di riferimento differente; il polso viene messo in posizione retta, in cui la faccia dorsale della mano è situata nel prolungamento della faccia posteriore dell’avambraccio. L’ampiezza della flessione è di 85° non arrivando a formare un angolo retto, come l’ampiezza dell’estensione, anch’essa di 85°. A seconda della posizione della mano le ampiezze possono ridursi, infatti con il polso in pronazione la flesso-estensione è ridotta.

Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello stile specificato.-10: Range di movimento in radializzazione, ulnarizzazione, flessione e estensione

Il polso può compiere anche movimenti di circonduzione, definiti come la combinazione dei movimenti di flesso-estensione assieme a quelli di adduzione-abduzione.

Durante questo movimento l’asse della mano descrive una superficie conica detta cono di circonduzione, cono che ha la sommità posta al “centro” del polso e la base descritta dalla traiettoria del medio durante i suoi spostamenti. Non è un cono regolare in quanto la base non è circolare, poiché l’ampiezza dei diversi movimenti non è simmetrica in rapporto al prolungamento dell’asse dell’avambraccio, creando più una base ellittica e inoltre anche l’ellissi è di per se deformata, per la grossa differenza che esiste tra l’inclinazione ulnare e radiale, rendendo la base del cono meno ampia dalla parte radiale. L’ampiezza dei movimenti è meno marcata in pronazione piuttosto che in supinazione. (15) Nell’ambito dei gradi di libertà che il polso può avere, la prono supinazione, cioè la rotazione che l’avambraccio compie lungo il suo asse longitudinale, aggiunge un terzo grado di libertà all’articolazione del polso. Questo movimento permette alla mano di poter afferrare e sorreggere un oggetto da qualunque angolatura si trovi. Questo movimento coinvolge due articolazioni

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meccanicamente dipendenti; la radioulnare prossimale, a livello del gomito, e la radioulnare distale a livello del polso.

Ai fini della nostra trattazione analizzeremo principalmente la biomeccanica dell’articolazione radioulnare distale tenendo presente però che essa non è autonoma, ma meccanicamente collegata alla radioulnare prossimale, in quanto sono co-congruenti.

Per descrivere i movimenti di pronazione e supinazione del polso supporremmo che l’ulna sia fissa e sia solo in radio a ruotare. In questo caso l’asse di prono supinazione passa, nella mano, a livello del margine ulnare e sul quinto dito, come quando l’avambraccio appoggiato su di un piano compie movimenti di prono-supinazione senza perdere il contatto con questo. Il movimento principale è una traslazione circonferenziale dell’estremità inferiore del radio attorno all’ulna; la supinazione ha una ampiezza di 90°, mentre la pronazione di 85°. Il radio attua anche un movimento rotatorio su se stesso, visibile dal cambiamento di posizione della stiloide radiale, che si trova “in fuori” nella supinazione e “in dentro” nella pronazione.

Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello stile specificato.-11: Range di movimento del polso in rotazione

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Figura 1-12: Movimento di pronosupinazione

Quindi nella rotazione del radio attorno all’ulna la congruenza articolare, ovvero la concordanza geometrica delle superfici, è variabile sia perché le superfici articolari non sono le due superfici ove avviene la rivoluzione e il raggio di curvatura non è costante, più corto al centro che alla periferia, e sia perché il raggio di curvatura della cavità sigmoide del radio è di poco più grande di quello della testa dell’ulna.

Esistono quindi delle posizioni di incongruenza nell’articolazione; in supinazione la testa dell’ulna non entra in contatto con la cavità sigmoide se non per una piccola parte della sua superfice articolare e i raggi di curvatura sono poco concordanti, da ciò si parla di debole congruenza; in pronazione massima abbiamo addirittura una reale sublussazione posteriore della testa dell’ulna. La posizione di congruenza massima tra le due articolazioni si ha in posizione neutra del polso. La pronazione è limitata dalla mensola del radio sull’ulna e la supinazione invece è limitata dalla mensola dell’stremità posteriore dalla cavità sigmoidea sulla stiloide cubitale dalla metà del tendine dell’ulnare posteriore.

Durante il movimento di prono-supinazione il legamento triangolare scivola letteralmente sulla faccia inferiore dell’ulna variando notevolmente il suo stato di tensione, in quanto il suo punto di inserzione è eccentrico sull’ulna; avrà tensione minima quando siamo in supinazione o in pronazione complete e avrà tensione massima quando siamo in posizione di congruenza massima, cioè in posizione neutra del polso, poiché corrisponde al momento in cui le due inserzioni del legamento si trovano alla massima distanza tra loro. Viene definita “close-packed position” di Mc Conaill, in cui abbiamo massima congruenza articolare associata alla massima tensione legamentosa. Il grado di tensione del legamento triangolare è in opposizione con quello della membrana interossea; quando il legamento triangolare è alla massima tensione la membrana è rilasciata, mentre se i legamento triangolare è rilasciato la membrana interossea è tesa. Entrambe queste strutture spesso sono disconosciute nel momento in cui si ha un evento traumatico in questa regione. (16)

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Gli elementi quindi che permettono di mantenere la stabilità della DRUJ sono la TFCC, il legamento radioulnare dorsale, il legamento radioulnare ventrale, la membrana interossea, la guaina del tendine estensore ulnare del carpo, il muscolo pronatore quadrato e la capsula articolare.

Il principale responsabile della stabilità è il complesso della TFCC (menisco omologo e i suoi legamenti dorsale e palmare, ognuno con le sue due branche superficiale e profonda), mentre la membrana interossea la guaina dell’estensore ulnare del carpo e la capsula articolare rivestono un ruolo più marginale. I due legamenti dorsale e palmare impediscono infatti un eccessivo spostamento della testa dell’ulna entrando in tensione in modo alterno, il legamento dorsale durante la supinazione e il palmare durante la pronazione del polso. (17) (18) Quindi questi due legamenti lavorano con effetti opposti nella pronosupinazione assicurando il mantenimento della congruenza articolare della DRUJ. Se è presente instabilità dell’articolazione avremo una eccessiva mobilità della testa dell’ulna rispetto al radio e potremmo avere presenza di dolore al movimento riferito sulla colonna ulnare del polso, rumore di click, riduzione della forza e limitazione del range di movimento. (19)

Anche se è comodo, in modo approssimativo, considerare il carpo nel suo insieme come un blocco unico esso non lo è, in modo particolare lo si nota nei movimenti

di adduzione-abduzione durante i quali è possibile constatare che la sua forma si modifica sotto l’azione della pressioni ossee e delle tensioni legamentose. Si parla infatti di carpo a geometria variabile.

Durante l’abduzione in un primo momento il carpo ruota nel suo insieme attorno a un centro che è posizionato a livello della testa del capitato. Avremo una dislocazione della prima filiera verso l’alto e all’interno, fino a che il semilunare viene a trovarsi per metà al di sotto della testa dell’ulna e il piramidale, andando verso il basso, incrocia lo spazio che lo separa. Questa

Figura 1-13: Azione della TFCC

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dislocazione si blocca per la tensione che si viene a creare a livello del legamento laterale interno (che va dalla stiloide ulnare fino a confondersi nel legamento triangolare, sulla sua sommità) e soprattutto dalla opposizione del piramidale, che si oppone alla prosecuzione del movimento del semilunare.

Proseguendo l’abduzione questo punto continua a muoversi solo la seconda filiera del carpo. Il trapezio e il trapezoide si portano verso l’alto, riducendo lo spazio tra radio e trapezio appunto, e questa riduzione porta all’ “adagiamento” per flessione dello scafoide sulla radiocarpica. Il capitato invece scende verso il basso per lo spazio utile fornito al semilunare, che si porterà indietro per flessione nella radiocarpica, mentre il capitato simultaneamente si porta in estensione nella mediocarpica. La riduzione in altezza dello scafoide determina uno scivolamento relativo del capitato e dell’uncinato sotto alla prima filiera. Il piramidale trattenuto dai suoi legamenti sale lungo la superficie dell’uncinato verso la testa del capitato. Terminano così i movimenti relativi alle ossa del carpo e allora l’insieme assume la conformazione del “blocco incatenato” in abduzione, ovvero la” close-packed position”. Anche durante l’adduzione in un primo momento il carpo ruota nel suo insieme ma, diversamente che in abduzione, la prima filiera del carpo si disloca verso il basso e verso l’esterno. Il semilunare si porta interamente al di sotto del radio, così che il trapezio e il trapezoide scivolano in basso e lo spazio utile lasciato dallo scafoide si riduce. Quest’ultimo infatti viene tirato verso il basso dai legamenti scafo-trapezoidali e si innalza in estensione nella radiocarpica, facendolo aumentare in altezza coprendo lo spazio che lo separa dal radio. Allo stesso momento il trapezio va in flessione nella mediocarpica. Il movimento della prima filiera si interrompe quando il legamento laterale esterno blocca lo spostamento dello scafoide e l’abduzione continua tramite il movimento della seconda filiera del carpo. Avremo uno scivolamento relativo in rapporto alla prima filiera con la testa del capitato che scivola sotto la concavità dello scafoide, il semilunare scivola sopra la testa del capitato venendo a contatto con l’uncinato e il piramidale scorre lungo la superfice di questo verso il basso, innalzandosi verso la testa dell’ulna bloccandosi a livello del legamento triangolare. Il capitato si innalza andando a occupare lo spazio lasciato dal semilunare, che andrà in estensione nella radiocarpica, mentre il capitato andrà in flessione nella mediocarpica. Una volta terminati i possibili spostamenti il polso si troverà in una posizione di blocco in adduzione.

Per riassumere quindi possiamo dire che in abduzione la flessione della radiocarpica è annullata dall’estensione della mediocarpica e in adduzione, al contrario, l’estensione nella radiocarpica è compensata dalla flessione della mediocarpica. (20)

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CAPITOLO 2

2.1 VALUTAZIONE CLINICA DEL POLSO

L’ esame obbiettivo del polso è composto da ispezione, intesa anche come valutazione dell’atteggiamento a riposo, palpazione, misurazione e valutazione della motilità, valutazione degli eventuali deficit vascolo-nervosi comparandoli sempre con l’arto controlaterale. Dopo aver valutato l’atteggiamento del polso, se indifferente o obbligato, nell’ispezione viene valutata la normale morfologia del polso e l’esistenza o meno di deviazioni nei vari piani. Va valutata la presenza di eventuali ecchimosi, edemi, zone eritematose e ferite che possono aiutare nell’identificazione del meccanismo traumatico e ad individuare la sede di lesione.

Durante la palpazione è importante cercare i punti di repere del polso, se possibile, per ricondurre a precise strutture il riscontro obbiettivo. Vanno raccolti anche i dati su trofismo e tono muscolare, temperatura cutanea, presenza di versamenti articolari o meno, esistenza consistenza e motilità di eventuali neoformazioni.

Nella palpazione delle componenti ossee come prima cosa vanno reperite la stiloide radiale, con il pollice, e quella ulnare possimalmente al mignolo con l’indice. Queste due prominenze ossee sono i punti di riferimento di base della regiona carpale e da questa posizione di base la palpazine deve procedere con direzione lineare attravero le strutture ossee del polso. Dalla stiloide del radio se ci spostiamo dorsalmente verso l’ulna troviamo il tubercolo di Lister. Il tubercolo di Lister giace a circa 1/3 della lunghezza dalla stiloide radiale e si apprezza come una piccola prominenza longitudinale o come un piccolo nodulo. Spostandosi distalmente al tubercolo di Lister si incontra la base del terzo metacarpo che è la più grossa e prominente delle basi dei metacarpi. Il grande osso giace nella filiera distale tra queste due strutture, ed è palpabile alla base del terzo metacarpo. Appena poco più prossimalmente rispetto al grande osso troviamo il semilunare (secondo in frequenza per coinvolgimento nelle fratture delle ossa del carpo). Può essere palpabile appena distalmente al tubercolo del radio. Facendo flettere il polso al paziente durante la palpazione è possibile apprezzare il movimento tra semilunare e grande osso. Queste tre strutture, semilunare, grande osso e bse del terzo metacarpo giacciono tutt sulla stessa linea coperti dal tendine dell’estensore radiale breve del carpo, che si va a inserire sulla base del terzo metacarpo. Tornando alla posizione di base possiamo notare che il processo stiloideo dell’ulna non si prolunga tanto distalmente quanto quello radiale ma che è più prominente e più grosso del radiale. In posizione anatomica non giace perfettamente in posizione laterale, ma è leggermente più mediale e posteriore, poiché l’ulna e il processo stiloideo dell’ulna non prendono parte all’articolazione del polso; solo il radio si articola con la filiera prossimale del carpo. Sull’apice della stiloide ulnare si può percepire un piccolo e poco profondo solco a decorso

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longitudinale. Qui vi scorre il tendine estensore ulnare del carpo. Deviando la mano radialmente diviene facilmente palpabile perché il tendine è teso. Appena distalmente rispetto al processo stiloideo dell’ulna giace il piramidale, nell filiera prossimale. Per acilitrne la palpazione la mano deve essere deviata radialmente così che il piramidale si sposti in fuori, da sotto il processo ulnare. È comunque di difficile palpazione in quanto giace sotto il pisiforme che è più superficiale. Il pisiforme è un osso sesamoide contenuto nel tendine del flessore ulnare del carpo, palapbile esaminando la regione antero-laterale del piramidale. Spostandosi distalmente e radialmente al pisiforme troviamo l’uncino dell’uncinato. Per palparlo dobbiamo spingere il pisiforme verso lo spazio intermetacarpico tra pollice ed indice . L’uncino dell’ uncinato forma il bordo radiale del canale di Guyon attraverso il quale passano il nervo e l’arteria ulnare per entrare nella mano. Il bordo ulnare è formato dal pisiforme. Vanno palpati i metacarpi, in ordine dall’indice al mignolo. Mettendo il pollice sul palmo del paziente si va a localizzare la base del secondo metacarpo con l’indice e il medio dorsalmente e si palpano i metacarpi per tutta la loro lunghezza. Interruzioni o salienze dell’osso lungo la faccia dorsale o dolore anormale suggeriscono un possibilità di frattura. Secondo e terzo metacarpo sono ben ancorati al carpo, quindi immobili per avere la stabilità necessaria per fare la pinza. Quarto e quinto metacarpo invece sono mobili, con un più ampio movimento così da permettere all’anulare e al mignolo di chiudersi sul lato ulnare impedendo agli oggetti di scivolare. Il primo metacarpo deve essere palpato dalla tabacchiera anatomica all’articolazione metacarpo-falangea per stabilire l’integrità della struttura ossea.

A livello del polso vi sono ben sei vie di scorrimento dorsali, tunnel, che danno passaggio ai tendini estensori che si portano alle dita, e due tunnel palmari, che danno passaggio ai nervi, alle arterie e ai tendini flessori delle dita. Partendo dal lato radiale del polso si va palpare la tabacchiera anatomica. Essa giace appena dorsalmente e distalmente alla stiloide radiale. I tendini che la delimitano divengono più prominenti quando il pollice viene esteso. Il lato radiale della tabacchiera è delimitato dell’abduttore lungo del pollice e dell’estensore breve che passano sopra alla stiloide del radio scavando un piccolo solco sulla sua faccia laterale.questi due tendini decorrono nel 1° tunnel carpale. Il lato ulnare è invece formato dal tendine estensore lungo del pollice. Il pavimento è dato dallo scafoide. Se rinveniamo dolore sul fondo della tabacchiera è da sospettare una frattura dello scafoide. Sul fondo dellatabacchiera può anche essere palpabile il ramo profondo dell’arteria radiale. Il 2° tunnel carpale si trova sul lato radiale del tubercolo di Lister e contiene l’estensore radile lungo e breve del carpo. Per palparli si deve far fare il pugno al paziente così che i tendini si sollevino leggermente sul lato radiale del Lister. Il 3° tunner carpale si trova invece sul lato ulnare del tubercolo di Lister e contiene l’estensore lungo del pollice. Il tendine oltrepassando il tubercolo di Lister forma un angolo di 45° attorno ad esso e passando al di sopra dei tendini passanti per il 2° tunnel carpale si porta verso il pollice. Palpandolo si deve valutarne l’integrità poiché a causa di fratture di polso, come le Colles, si può creare una irregolarità nel tubercolo che causerà maggior frizione sul tendine fino anche a

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romperlo. Il 4° tunnel carpale, ulnarmente al 3°, contiene l’estensore comune delle dita e l’estensore proprio dell’indice. I tendini estensori comuni si palpano meglio a dita estese, tra carpo e metacarpo-falangee, poiché non sono ben distinguibili a livello del canale. L’estensore proprio dell’indice deve essere palpato lungo tutto il suo percorso verso l’indice, ma anche lui non è nettamente distinguibile alla palpazione a livello del tunnel. Il 5° tunnel, che decorre sopra l’estremità distale e dorsale della radioulnare, ospita il tendine dell’estensore proprio del mignolo. Il tendine è palpabile come una piccola incisura radialmente al processo stiloideo dell’ulna e con l’estensione del mignolo si creerà una depressione sempre radiale alla stiloide ulnare. Il 6° tunnel carpale è posto nel solco tra apice della stiloide ulnare e epifisi ulnare e contiene l’estensore ulnare del carpo, che diviene palpabile nel punto in passa sopra la stiloide per inserirsi lateralmente al 5° metacarpo. Se il paziente estende e ulnarizza il polso il tendine estensore ulnare del carpo diviene meglio palpabile.

A livello del palmo il tendine del flessore ulnare del carpo include l’osso pisiforme. Questo tendine diviene prominente prossimalmente all’osso pisiforme sul lato ulnare del palmare lungo, se si fa flettere il polso contro resistenza al paziente. Va palpato per tutta la sua lunghezza muovendosi verso l’avambraccio e tornando verso il polso. La presenza di calcificazioni a livello dell’inserzione del tendine può causare dolore. Più radialmente la depressione tra pisiforme e l’uncino dell’uncinato diviene un tunnel osteo-fibroso grazie al dal legamento piso-uncinato, e viene detto tunnel di Guyon. Contenendo l’arteria e il nervo ulnare, anche se non palpabili sotto lo spesso strato di tessuti molli, può essere sede di forte dolore in seguito a processi compressivi.

Il palmare lungo decorre superficialmente e medialmente sula faccia volare del polso e la sua estremità distale segna la faccia anteriore del tunnel carpale. Per facilitare la palpazione si può far fare al paziente la pinza tra mignolo e pollice in opposizione mentre flette il polso, cosi che si renda evidente sulla linea medina della faccia anteriore del polso. Più profondamente al tendine del palmare lungo si trova il tunnel carpale e si localizza mediante il repere di 4 prominenze ossee palpabili: prossimalmente dal pisiforme e dal tubercolo dello scafoide, distalmente dall’uncino dell’uncinato e dal tubercolo del trapezio. Il legamento trasverso dl carpo chiude il canale decorrendo tra queste quattro strutture divenendo la parete anteriore del tunnel carpale. Posteriormente invece sono le ossa carpali che lo delimitano. Al suo interno vi decorrono i tendini flessore delle dita che vanno alla mano. Oltre ai tendini vi decorre anche il nervo mediano. Questo tunnel è importante non solo per le strutture che contiene ma anche per la frequenza di sintomi legati a un suo restringimento, essendo inestensible. La compressione del nervo causa alterazioni motorie e sensitive a carico del territorio innervato. Più raramente un restringimento del canale può bloccare lo scorrimento dei tendini che vi decorrono e arrivare a limitare la flessione delle dita. La diagnosi di sindrome del tunnel carpale si ha tramite il segno di Tinel, battendo sul legamento volare del carpo si suscita dolore nel paziente, oppure flettendo

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al massimo grado il polso, e mantenendolo così per circa 1 minuto, si susciteranno parestesie alle dita (Segno di Phalen). Infine dobbiamo procedere alla palpazione del flessore radiale del carpo che è collocato radialmente rispetto al palmare lungo. Questo tendine incrocia lo scafoide prima di ancorarsi sulla base del 2° metacarpo e si rende evidente vicino al palmare lungo se il paziente flette il polso e radializza la mano. (21)

Vanno valutate eventuali dismetrie segmentarie e vanno valutati i gradi di motilità delle singole articolazioni per valutare l’esistenza di impedimenti articolari di tipo meccanico, come perdita dei normali rapporti o contratture antalgiche, e confrontarli con i parametri fisiologici riportati dopo manovre semeiologiche. Devono essere valutate eventuali lesioni vascolo-nervose, da ricondurre a un evento traumatico o in altri tipi di patologie ortopediche in atto oppure concomitanti (presenza di polsi arteriosi, presenza di sensibilità cutanea e riflessi).

I gradi di movimento del polso sono: Estensione 70° ad opera del muscolo estensore lungo e breve radiale del carpo, muscolo estensore ulnare del carpo (N. Radiale). Flessione 80°, ad opera del muscolo flessore radiale del carpo (N. Mediano), muscolo flessore ulnare del carpo (N. Ulnare). La deviazione radiale è di 20° e la deviazione ulnare: 30°.

2.2 VALUTAZIONE CLINICA DEL DOLORE DI POLSO IN SEDE ULNARE

Per individuare correttamente l’origine del dolore è indispensabile l’esame obbiettivo del polso, che vede due obbiettivi principali, trovare l’origine esatta del dolore e ottenere informazioni che permettano una scelta più adeguata nel trattamento dello stesso.

Ovviamente prima di esplorare il paziente è fondamentale ottenere una anamnesi accurata sul dolore e sull’eventuale meccanismo traumatico che può essere avvenuto. All’ispezione è importante valutare se esistano movimenti anormali, tremori, edemi, cicatrici o decolorazioni cutanee, deformità ossee. È raccomandato che il paziente sieda di fronte all’esaminatore con i gomiti appoggiati su un ripiano rigido.

- Con l’avambraccio in pronazione, sul dorso della metafisi radiale, può essere palpato il tubercolo di Lister e la prominenza della testa ulnare. L’esistenza di edema a questo livello può indicare tenosinoviti agli estensori delle dita.

- Con il polso leggermente flesso più distalmente alla prominenza della testa dell’ulna, all’incirca tra lo spazio del 4° e del 5° compartimento degli estensori si può rinvenire una leggera depressione. Questi si trova l’angolo prossimale ulnare del semilunare. L’esistenza di dolore in questo punto può essere sintomo di sindrome da impatto ulnare o della malattia di Kienbock.

Figura

Figura 1-Errore. Nel documento  non esiste testo dello  stile specificato.-1: Radio
Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello  stile specificato.-2: Ulna
Figura 1-Errore. Nel documento non esiste testo dello stile specificato.-3: Carpo
Figura  1-Errore.  Nel  documento  non  esiste  testo  dello stile specificato.-5: Legamenti dorsali
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