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Biomasse di terza generazione : caratterizzazione e pirolisi delle alghe

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(1)

POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Chimica

ANNO ACCADEMICO 2015 - 2016

BIOMASSE DI TERZA GENERAZIONE:

CARATTERIZZAZIONE E PIROLISI DELLE ALGHE

Relatore:

Prof. Alessio FRASSOLDATI

Correlatori:

Prof. Eliseo RANZI

Ing. Paulo E.A. DEBIAGI

Tesi di Laurea di:

Martina TRINCHERA

Matricola 823794

(2)

ABSTRACT

Energy plays a key role in everyday life and in the development of the modern world. Fossil fuels are not renewable energy sources producing relevant environmental impacts. In the recent years, their intensive consumption created several problems, including their own availability, paving the way to explore new energy sources. Since third generation biomasses are still largely unexplored, we first collected available information reporting their nature and main features. These data allowed us to develop a novel model for algae characterization and pyrolysis. Every algal species, both macro- and micro-algae, are constituted by protein, carbohydrates and lipids, present in various amounts depending on the taxonomy and growing conditions. Noteworthy, algae generate higher levels of lipids, nitrogen and ashes compared to vegetal biomasses. The developed model made possible to predict the biochemical composition of each algal species (in terms of protein, carbohydrate, and lipid amounts) starting from the ultimate analysis and ash content. To this aim, we first defined the following model molecules as reference: high hydrogen, high oxygen, and high carbon protein (PROT-H, PROT-O, and PROT-C, respectively), C7H10O7 representative for carbohydrates (glycosidic bond derived and more oxidized

glucose), and linoleic acid (native) for lipids. Then, we solved simple operations of mass balance. The model provided results fitting those reported by experimental studies. On this basis, we then developed a mechanism of alga devolatilization, following the POLIMI model for lignocellulosic biomasses, but taking into account the higher amounts of nitrogen-based compounds. The obtained results appeared interesting and encouraging, and allowed us to focus on critical aspects that are under investigation at present. In particular, the pyrolysis model requires further work due to the lack of information on alga accurate composition and thermal degradation.

(3)

SINOSSI

L’energia ricopre un ruolo fondamentale nella vita quotidiana e nello sviluppo della società moderna. A causa dell’intensivo consumo delle fonti fossili, risorse esauribili e con un pesante impatto ambientale, si è aperta la strada per la ricerca e lo sviluppo di nuove fonti energetiche. Il campo delle biomasse di terza generazione è per molti aspetti inesplorato, dunque in questo lavoro in prima istanza sono state raccolte e rielaborate le principali informazioni utili a descrivere e comprendere la natura di questa biomassa. Con i dati raccolti è stato sviluppato il primo modello di caratterizzazione e pirolisi per le alghe. Tutte le specie, sia macro-alghe che micro-alghe sono costituite seppur in percentuali variabili in base alla tipologia e alle condizioni di crescita della biomassa da proteine, lipidi e carboidrati. Inoltre rispetto ad altre biomasse vegetali, si osservano tenori maggiori di azoto e ceneri che devono essere tenuti in considerazione. Il modello di caratterizzazione sviluppato ha permesso, nota la sola composizione elementare e il contenuto di ceneri, di predire la composizione biochimica, ossia le quantità di proteine, lipidi e carboidrati presenti nella specie algale caratterizzata. Per fare questo, individuate delle molecole modello di riferimento, PROT-H, PROT-O, PROT-C proteine rispettivamente ricche in idrogeno, ossigeno e carbonio, una specie mediata C7H10O7 per

i carboidrati e l’acido linoleico per i lipidi, si sono risolti semplici bilanci materiali. Verificata la validità del modello confrontando i risultati con quelli sperimentali pubblicati, è stato poi sviluppato un meccanismo di degrado delle alghe. Lo sviluppo dello schema cinetico si è ispirato al modello sviluppato dal POLIMI per le biomasse lignocellulosiche con nuove considerazioni sulle specie azotate. I risultati ottenuti sono interessanti e soddisfacenti, sia per la loro natura, sia perché hanno permesso di evidenziare aspetti critici che sono già oggetto di ulteriori analisi e sviluppi. Soprattutto il modello di pirolisi richiede ulteriori analisi rese difficili dalla scarsità di informazioni precise ed affidabili sulla composizione e sul degrado termico delle alghe.

(4)

INDICE

1. INTRODUZIONE ... 1

2. CLASSIFICAZIONE DELLE BIOMASSE E DEI BIOCOMBUSTIBILI ... 4

2.1. Biomasse vegetali ... 4

2.1.1. Biomassa lignocellulosica ... 4

2.1.2. Biomassa algale ... 4

2.2. Biomasse da rifiuti animali ed industriali ... 4

2.3. Classificazione dei biocombustibili ... 5

2.3.1. Biocombustibili solidi ... 5

2.3.2. Biocombustibili liquidi ... 6

2.3.3. Biocombustibili gassosi ... 7

3. BIOMASSA ALGALE COME POTENZIALE BIOCOMBUSTIBILE ... 9

4. TASSONOMIA E COMPOSIZIONE DELLE ALGHE ... 17

4.1. I lipidi ... 24

4.2. Le proteine... 26

4.3. I carboidrati ... 30

4.4. Gli acidi nucleici ... 31

4.5. I pigmenti ... 34

5. SISTEMI DI COLTIVAZIONE DELLE ALGHE ... 36

5.1. Sistemi all’aria aperta ... 37

5.2. Sistemi chiusi, fotobioreattori ... 38

5.3. Sistemi ibridi ... 40

5.4. Sistemi di coltivazione delle macro-alghe ... 40

5.5. Metodi di raccolta, disidratazione e essiccamento ... 41

(5)

6.1. Conversione termica ... 43 6.1.1. Pirolisi ... 43 6.1.2. Gassificazione ... 44 6.1.3. Combustone diretta ... 45 6.1.4. Liquefazione idrotermica ... 46 6.2. Conversione biochimica ... 47 6.2.1. Digestione anaerobica ... 47 6.2.2. Fermentazione alcolica ... 48 6.3. Conversione chimica ... 49 6.3.1. Transesterificazione ... 49

7. TRATTAMENTI TERMICI DELLA BIOMASSA ALGALE ... 50

7.1. Pirolisi delle alghe ... 50

7.2. Liquefazione idrotermica delle alghe ... 51

7.3. Gassificazione delle alghe ... 52

8. MODELLO PER LA CARATTERIZZAZIONE DELLA BIOMASSA ALGALE 53 8.1. Risultati e convalida del modello ... 60

9. DEVOLATILIZZAZIONE DELLA BIOMASSA ALGALE ... 72

9.1. Struttura della biomassa algale per la devolatilizzazione... 72

9.1.1. Struttura dei carboidrati ... 72

9.1.2. Struttura dei lipidi ... 74

9.1.3. Struttura delle proteine ... 75

9.2. Meccanismo cinetico di pirolisi ... 75

9.3. Devolatilizzazione dei carboidrati ... 76

(6)

9.5. Devolatilizzazione delle proteine ... 79

9.6. Reazioni secondarie in fase gas ... 84

10. CONVALIDA DEL MODELLO DI PIROLISI ... 87

10.1. Dati sperimentali dell’IIT Madras ... 87

10.2. Predizioni del modello di pirolisi ... 89

11. CONCLUSIONI ... 95

(7)

INDICE DELLE FIGURE

FIGURA 1CONSUMI ENERGETICI MONDIALI -STATISTICAL REVIEW OF WORLD ENERGY,JUNE 2015 ... 1

FIGURA 2PRODUZIONE MONDIALE DI BIOCOMBUSTIBILI -STATISTICAL REVIEW OF WORLD ENERGY ... 2

FIGURA 3CLASSIFICAZIONE DEI BIOCOMBUSTIBILI (DRAGONE ET. AL.,2010). ... 5

FIGURA 4TIPICI BIOCOMBUSTIBILI SOLIDI ... 6

FIGURA 5PRODUZIONE MONDIALE DI BIOCOMBUSTIBILI: BIO-DIESEL E BIO-ETANOLO -STATISTICAL REVIEW OF WORLD ENERGY,JUNE 2015 ... 7

FIGURA 6EFFETTI DEL TROFISMO SULLA CRESCITA DELLA BIOMASSA E SULL’ACCUMULO DI LIPIDI (CHEIRSILP,B., TORPEE,S., 2012) ... 11

FIGURA 7EFFETTO DELL’INTENSITÀ DELLA LUCE SULLA CRESCITA DELLA BIOMASSA E SULL’ACCUMULO DEI LIPIDI IN DUE MICRO -ALGHE (CHEIRSILP,B.,TORPEE,S.,2012) ... 11

FIGURA 8EFFETTO DELLA CONCENTRAZIONE INIZIALE DEL SUBSTRATO SULLA CRESCITA DELLA BIOMASSA E SULL’ACCUMULO DEI LIPIDI (CHEIRSILP,B.,TORPEE,S.,2012) ... 12

FIGURA 9SCHEMA DI UNA BIORAFFINERIA PER BIOMASSA ALGALE (CHEN ET AL.,2010) ... 15

FIGURA 10COMPOSIZIONE ELEMENTARE BIOMASSA ALGALE E ALTRE BIOMASSE ... 20

FIGURA 11DIAGRAMMA DI VAN KREVELEN PER BIOMASSA ALGALE E ALTRE BIOMASSE ... 21

FIGURA 12AMMINOACIDI ESISTENTI IN NATURA ... 26

FIGURA 13NUCLEOTIDI PRESENTI NELLE ALGHE ... 32

FIGURA 14STRUTTURA DELLE CLOROFILLE PRESENTI NELLE ALGHE ... 35

FIGURA 15PRINCIPALI CAROTENI E XANTOFILLE NELLE ALGHE ... 35

FIGURA 16DIFFERENTI CONFIGURAZIONI DI SISTEMI APERTI,(CHEN ET AL.,2010). ... 37

FIGURA 17ESEMPI DI FOTOBIOREATTORI ... 38

FIGURA 18SISTEMI IBRIDI DI COLTIVAZIONE DELLE MICRO-ALGHE ... 40

FIGURA 19COLTIVAZIONE DELLE MACRO-ALGHE ... 41

FIGURA 20PROCESSI DI CONVERSIONE TERMOCHIMICA (MCKENDRY,P.2002). ... 43

FIGURA 21PROCESSO DI DIGESTIONE ANAEROBICA ... 48

FIGURA 22PROCESSO DI FERMENTAZIONE ALCOLICA ... 48

FIGURA 23REAZIONE DI TRANSESTERIFICAZIONE DI UN TRIGLICERIDE CON METANOLO ... 49

FIGURA 24DISTRIBUZIONE DEI PRINCIPALI ACIDI GRASSI ... 53

FIGURA 25COMPOSIZIONE E DISTRIBUZIONE DEGLI AMMINO ACIDI PIÙ FREQUENTI NELLE ALGHE ... 54

FIGURA 26CARATTERIZZAZIONE DELLE LE PROTEINE ... 54

FIGURA 27COMPOSIZIONE DEI PRINCIPALI ZUCCHERI DELLE ALGHE ... 56

FIGURA 28COMPOSIZIONE DEGLI ZUCCHERI DI RIFERIMENTO ... 57

FIGURA 29PROCEDURA PER LA CARATTERIZZAZIONE ... 58

FIGURA 30CARATTERIZZAZIONE DELLA BIOMASSA ALGALE E DELLA PROTEINA ... 59

(8)

FIGURA 32SIMULAZIONI PER CONFRONTARE LA FRAZIONE MASSIVA D’AZOTO NELLA PROTEINA ... 62

FIGURA 33RISULTATI OTTENUTI PER LE PROTEINE... 65

FIGURA 34CARATTERIZZAZIONE DELL’ALGA NANNOCHLOROPSIS GADITANA ... 66

FIGURA 35CONFRONTO CONTENUTO % DI PROTEINE ... 69

FIGURA 36CONFRONTO CONTENUTO % DI CARBOIDRATI ... 69

FIGURA 37CONFRONTO CONTENUTO % DI LIPIDI ... 69

FIGURA 38CONFRONTO % DI PROTEINE.ALGHE CONSIDERATE PER COLORE ... 70

FIGURA 39CONFRONTO % DI CARBOIDRATI.ALGHE CONSIDERATE PER COLORE ... 70

FIGURA 40CONFRONTO % DI LIPIDI.ALGHE CONSIDERATE PER COLORE ... 70

FIGURA 41DISTRIBUZIONE DELLE PROTEINE ... 71

FIGURA 42ISOMERI DEL GLUCOSIO (RANZI ET AL.,2017) ... 73

FIGURA 43CELLULOSA (RANZI ET AL.,2017) ... 73

FIGURA 44LEGAMI AD IDROGENO NELLA CELLULOSA (RANZI ET AL.,2017) ... 74

FIGURA 45ACIDO GRASSO DI RIFERIMENTO ... 74

FIGURA 46TRIGLICERIDE OTTENUTO DALL’ACIDO LINOLEICO ... 74

FIGURA 47STRUTTURA CATENA PROTEICA ... 75

FIGURA 48SCHEMA DEVOLATILIZZAZIONE DELLA CELLULOSA (RANZI ET AL.,2017). ... 76

FIGURA 49PIROLISI DELLA CELLULOSA.ANALISI TERMOGRAVIMETRICHE (RANZI ET AL.,2017). ... 77

FIGURA 50PIROLISI DEI TRIGLICERIDI.ANALISI TERMOGRAVIMETRICHE (DEBIAGI ET AL.,2015). ... 78

FIGURA 51POSSIBILI REAZIONI DELL’AMMINOACIDO ... 81

FIGURA 52FORMAZIONE DELL’ACIDO CIANIDRICO ... 81

FIGURA 53PIROLISI DELLE PROTEINE.ANALISI TERMOGRAVIMETRICHE (DEBIAGI ET AL.,2015)... 83

FIGURA 54DEVOLATILIZZAZIONE DELLE PROTEINE ... 84

FIGURA 55COSTANTE DI VELOCITÀ DI SPECIE RADICALICHE IN REAZIONI DI SOTTRAZIONE DI H ... 86

FIGURA 56PERDITA IN PESO % DELL’ALGA SPIRULINA PLATENSIS ... 87

FIGURA 57PERDITA IN PESO % DELL’ALGA CHLORELLA VULGARIS ... 88

FIGURA 58PERDITA IN PESO % DELL’ALGA NANNOCHLOROPSIS OCULATA ... 88

FIGURA 59PERDITA IN PESO % DELL’ALGA SCHIZOCYTRIUM LIMACIUM ... 88

FIGURA 60CONFRONTO SOLIDI RESIDUI CHLORELLA VULGARISS ... 92

FIGURA 61CONFRONTO SOLIDI RESIDUI NANNOCHLOROPSIS OCULATA ... 92

FIGURA 62CONFRONTO SOLIDI RESIDUI SPIRULINA PLATENSIS ... 92

FIGURA 63CONFRONTO SOLIDI RESIDUI SCHIZOCHYTRIUM ... 93

FIGURA 64CONFRONTO TRA TGA ... 93

FIGURA 65ANALISI TERMOGRAVIMETRICA DI MACRO-ALGHE CAMPIONI A,B E BIOMASSE LIGNOCELLULOSICHE CAMPIONI C, D,E(ROSS ET AL.,2008) ... 94

(9)

INDICE DELLE TABELLE

TABELLA 1PARAMETRI PER LA VALUTAZIONE DI UNA BIOMASSA (SINGH, ET AL.,2011),(ULLAH, ET AL.,2014). ... 9

TABELLA 2PARAMETRI CHE INFLUENZANO CRESCITA E PRODUTTIVITÀ DELLA BIOMASSA ALGALE (DRAGONE ET. AL.,2010) (DEMIRBAS A.,DEMIRBAS M.FAITH.,2011)(CHEN ET AL.,2010). ... 10

TABELLA 3CONTENUTO LIPIDICO PER BIOMASSA ALGALE (ALAM ET AL.,2012) ... 13

TABELLA 4VALORE DI 10KG DI BIOMASSA ALGALE (WIJFFELS, ET AL.,2010)... 15

TABELLA 5POTENZIALITÀ DELLA BIOMASSA ALGALE (DEMIRBAS A.,DEMIRBAS M.FAITH.,2011) ... 16

TABELLA 6CLASSIFICAZIONE COMUNE DELLE MICRO-ALGHE ... 18

TABELLA 7CLASSIFICAZIONE DELLE ALGHE IMPIEGATA IN QUESTO LAVORO ... 19

TABELLA 8COMPOSIZIONE ELEMENTARE DELLA BIOMASSA ALGALE - MICROALGHE ... 19

TABELLA 9COMPOSIZIONE ELEMENTARE BIOMASSA ALGALE - MACROALGHE ... 20

TABELLA 10PROXIMATE ANALYSIS ... 22

TABELLA 11COMPOSTI METALLICI NELLE ALGHE VALORI MEDI IN PPM. ... 22

TABELLA 12COMPOSIZIONE BIOCHIMICA ... 23

TABELLA 13PRINCIPALI ACIDI GRASSI PRESENTI NELLE ALGHE ... 24

TABELLA 14RANGE DI FREQUENZA DEI PRINCIPALI ACIDI GRASSI DELLE ALGHE ... 25

TABELLA 15RANGE DI RIPARTIZIONE DEGLI ACIDI GRASSI ... 25

TABELLA 16VALORI DI AMMINO ACIDI NELLE ALGHE ... 27

TABELLA 17FREQUENZA MEDIA AMMINOACIDI NELLE ALGHE ... 27

TABELLA 18RAGGRUPPAMENTO DEGLI AMMINO ACIDI ... 29

TABELLA 19PRINCIPALI ZUCCHERI ... 31

TABELLA 20COMPOSIZIONE DELLE BASI AZOTATE ... 32

TABELLA 21COMPOSIZIONE DEGLI ZUCCHERI NEGLI ACIDI NUCLEICI ... 33

TABELLA 22COMPOSIZIONE DEL GRUPPO FOSFATO ... 33

TABELLA 23COMPOSIZIONE DEI NUCLEOTIDI ... 33

TABELLA 24COMPOSIZIONE DEGLI ACIDI NUCLEICI ... 34

TABELLA 25PRODUTTIVITÀ SISTEMI ALL'ARIA APERTA,(CHEN ET AL.,2010). ... 38

TABELLA 26PRODUTTIVITÀ SISTEMI CHIUSI,(CHEN ET AL.,2010) ... 39

TABELLA 27CONFRONTO SISTEMI APERTI – CHIUSI (DRAGONE ET AL.,2010). ... 39

TABELLA 28METODI DI ESSICCAMENTO BIOMASSA ALGALE (CHEN ET AL.,2010) ... 42

TABELLA 29PROCESSI DI PIROLISI (JAHIRUL ET AL.,2012). ... 44

TABELLA 30PRINCIPALI REAZIONI DI GASSIFICAZIONE (MCKENDRY,P.2002)... 45

TABELLA 31PROPRIETÀ DELL’ACQUA IN DIVERSE CONDIZIONI (TOOR ET AL.,2011) ... 46

TABELLA 32MECCANISMO BASE DI REAZIONE (TOOR ET AL.,2011). ... 47

TABELLA 33COMPOSIZIONE ELEMENTARE DEI PRINCIPALI ACIDI GRASSI PRESENTI NELLE ALGHE ... 53

(10)

TABELLA 35COMPOSIZIONE ELEMENTARE DI MONOSACCARIDI E POLISACCARIDI ... 55

TABELLA 36RISULTATI DEL MODELLO ... 64

TABELLA 37COMPOSIZIONE DELL’ALGA NANNOCHLOROPSIS GADITANA ... 65

TABELLA 38COMPOSIZIONE DELL’ALGA SENZA INORGANICI E SENZA PROTEINA ... 66

TABELLA 39COMPOSIZIONE DELLA PROTEINA DELL’ALGA NANNOCHLOROPSIS GADITAA ... 66

TABELLA 40RIPARTIZIONE NELLE TRE PROTEINE DI RIFERIMENTO ... 67

TABELLA 41CARATTERIZZAZIONE DELLA PROTEINA ... 67

TABELLA 42PREDIZIONE COMPOSIZIONE BIOCHIMICA ALGA NANNOCHLOROPSIS GADITANA ... 67

TABELLA 43COMPOSIZIONE BIOCHIMICA FINALE DELL’ALGA NANNOCHLOROPSIS G. ... 67

TABELLA 44RISULTATI OTTENUTI PER IL CONFRONTO MODELLO, DATO SPERIMENTALE ... 68

TABELLA 45SCHEMA CINETICO DI DEVOLATILIZZAZIONE DELLA CELLULOSA (RANZI ET AL.,2017). ... 77

TABELLA 46SCHEMA CINETICO DI DEVOLATILIZZAZIONE DEI TRIGLICERIDI (RANZI ET AL.,2017)... 78

TABELLA 47PARAMETRI PRINCIPALI E LORO EFFETTI SSUL DEGRADO DELLE PROTEINE ... 80

TABELLA 48PRODOTTI GASSOSI DELLA PIROLISI DELLE PROTEINE ... 81

TABELLA 49SCHEMA CINETICO DI DEVOLATILIZZAZIONE DELLA PROTEINA (RANZI ET AL.,2017). ... 82

TABELLA 50SCHEMA CINETICO DI DEVOLATILIZZAZIONE PER LE TRE PROTEINE DI RIFERIMENTO ... 84

TABELLA 51ENERGIE DI DISSOCIAZIONE DEL LEGAME C-H(RANZI ET AL.,2017) ... 85

TABELLA 52COMPOSIZIONE ALGHE PER IL CONFRONTO DEI RISULTATI ... 89

TABELLA 53COMPOSIZIONE ALGHE (RIZZO ET AL.,2013)... 89

TABELLA 54SCHEMA CINETICO DI PIROLISI DELLE ALGHE ... 90

TABELLA 55SPECIE COINVOLTE NELLO SCHEMA CINETICO PROPOSTO ... 91

(11)

1

1. INTRODUZIONE

L’energia ricopre un ruolo di fondamentale importanza nella vita quotidiana e nello sviluppo della società moderna.

Recentemente l’intensivo consumo delle fonti fossili, in particolar modo del petrolio, ha sollevato il problema della loro disponibilità, aprendo la strada alla ricerca e allo sviluppo di nuove fonti energetiche. Oltre alla loro esauribilità, un aspetto assai critico del petrolio e delle fonti fossili è legato al cattivo impatto ambientale che esse comportano. In particolare sono le maggior responsabili delle emissioni di gas serra e di CO2. Si è dunque sviluppato nel tempo un grande interesse per fonti energetiche

nuove, rinnovabili ed a basso impatto ambientale (Brennan, L., & Owende, P., 2010).

Figura 1 Consumi energetici mondiali - Statistical Review of World Energy, June 2015

Secondo i dati pubblicati nella Statistical Review of World Energy (June 2015) nell’anno 2014 il consumo mondiale di energia primaria è stato di circa 12,928 milioni di tonnellate di petrolio equivalente. Di questo valore poco più dell’86% è dato da fonti fossili con il 32,6% da petrolio, il 23,7% da gas naturale e il 30% da carbone. Il contributo delle fonti rinnovabili è il restante 13,7%, in cui il nucleare conta circa il 4,4%, l’idroelettricità circa il 6,8% e le altre fonti rinnovabili il 2,5%.

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 20042005200620072008200920102011201220132014

Mili

oni

t

onn

equ

iv

pe

tr

oli

o

Anno

CONSUMI MONDIALI DI ENERGIA

altre rinnovabili Idroelettrico Nucleare Carbone Gas naturale Petrolio

(12)

2

Già da parecchi anni la ricerca scientifica e le politiche economiche si stanno muovendo per far fronte al cosiddetto problema energetico. La Commissione Europea ha stabilito un quadro normativo in materia di cambiamenti climatici ed energia che attualmente si fonda su tre obbiettivi fondamentali quali la riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al livello del 1990, l’impiego del 20% di fonti energetiche rinnovabili nel totale dell’energia utilizzata e il risparmio del 20% nel consumo di energia primaria (Böhringer et al., 2009). Si stanno sviluppando e incrementando così l’utilizzo delle energie rinnovabili e delle biomasse il cui impiego è volto all’attuamento e al conseguimento dei tre obbiettivi e più in generale ad un miglioramento delle condizioni dell’inquinamento atmosferico e ad una diminuzione dello sfruttamento delle risorse esauribili. Anche se c’è ancora una grande disproporzione tra combustibili fossili e rinnovabili, questi ultimi stanno dando risultati promettenti e dunque gli investimenti in questa direzione sono più consistenti. In particolare negli ultimi quattro anni c’è stato un aumento significativo nella produzione di energia rinnovabile, +18,5% e nel suo utilizzo +12,1% fonti idroelettriche, +88,6% altre fonti, mentre il trend del consumo di petrolio è aumentato solo del 4%.

Figura 2 Produzione mondiale di biocombustibili - Statistical Review of World Energy

Lo sviluppo e la ricerca sulle energie rinnovabili è in continua espansione ed è destinata ad aumentare sempre di più nel prossimo futuro (BP statistical review of

world energy, 2015). 0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000 80000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016

Toe

10

3

Anno

Produzione di biocombustibili

(13)

3

Le fonti rinnovabili, sia di materia sia di energia, sono tali da essere per caratteristiche proprie o per l’intervento dell’uomo, rinnovabili nel tempo e quindi inesauribili. Vengono considerate fonti energetiche rinnovabili l'irraggiamento solare, il vento, le biomasse, le maree, le correnti marine in genere e i salti d'acqua.

Secondo la Direttiva Europea 2009/28/CE la biomassa è ‘la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani’.

I biocombustibili di prima generazione che derivano dalla biomassa costituita principalmente dalle colture agro-alimentari, dai semi oleaginosi e dalle piante da frutto rappresentano un primo tentativo di risposta al problema energetico.

Il loro potenziale come combustibili rinnovabili è alto, ma i costi in termini di sfruttamento dei terreni coltivati, deforestazione e competizione con l’agricoltura non li rendono sostenibili. Di conseguenza sono stati sviluppati i biocombustibili di seconda generazione: essi includono principalmente bio-etanolo e bio-diesel, entrambi si basano su biomasse lignocellulosiche o amidacee che non competono con la produzione alimentare (Dragone et al., 2010). Purtroppo la produzione di questi biocombustibili richiede un’alta tecnologia e trattamenti specifici che impediscono a questa tecnologia di sostituire le fonti fossili e avere uno sviluppo su ampia scala

(Brennan, L., & Owende, P., 2010).

Il recente avvento dei biocombustibili di terza generazione che si basano sulla biomassa algale sembra essere molto promettente. I biocombustibili derivanti dalle alghe potenzialmente possono essere un buon sostituto del petrolio, poiché presentano un alto contenuto lipidico e richiedono un piccolo impiego di terreni per la loro coltivazione e crescita (Brennan, L., & Owende, P., 2010).

(14)

4

2. CLASSIFICAZIONE DELLE BIOMASSE E DEI BIOCOMBUSTIBILI

2.1. Biomasse vegetali

2.1.1. Biomassa lignocellulosica

I materiali lignocellulosici sono una potenziale fonte energetica rinnovabile. Si tratta principalmente di rifiuti agricoli, residui forestali, piante e scarti legnosi. Essi sono sostanzialmente composti da tre unità fondamentali: cellulosa, emicellulosa e lignina. Tipicamente i valori di cellulosa per la biomassa lignocellulosica sono tra il 40-50%, valori di emicellulosa tra il 20-30% e valori di lignina tra il 10-25% (Anwar et al., 2014).

2.1.2. Biomassa algale

Le alghe possono essere organismi unicellulari, si parla di micro-alghe e organismi pluricellulari, le cosiddette macro-alghe definite anche piante marine o

seaweed. Per analogia nella composizione e nel comportamento energetico si

associano alle alghe anche i cianobatteri e le diatomee.

Il loro avvento come biomasse ad uso energetico è molto recente ed ancora oggetto di studio, conseguentemente si tratta di una tecnologia in via di sviluppo. In un’ottica puramente descrittiva possiamo dire che i componenti principali delle alghe sono proteine, carboidrati e lipidi (Chen et al., 2010).

Nei capitoli successivi verranno mostrate ed approfondite le potenzialità, le caratteristiche e la natura di questa nuova biomassa.

2.2. Biomasse da rifiuti animali ed industriali

Si tratta principalmente di resti di ossa, tessuti e sterco animale, recentemente anche i rifiuti solidi urbani (RSU) sono stati inseriti tra le biomasse sfruttabili. Tuttavia le loro caratteristiche non ne hanno ancora permesso la diffusione su larga scala come nuova fonte energetica.

(15)

5

2.3. Classificazione dei biocombustibili

Vengono definiti biocombustibili tutti i combustibili solidi, liquidi o gassosi derivanti da materia organica.

Generalmente come mostrato in Figura 3 vengono divisi in biocombustibili primari e secondari: i biocombustibili primari come la legna da ardere, il cippato, i rifiuti animali, i residui agronomici e forestali sono impiegati in forma non trasformata e non processata, primariamente per produzione di calore e elettricità.

I biocombustibili secondari come il bio-diesel e il bio-etanolo, sono prodotti trattando e trasformando la biomassa. Risultano idonei per l’impiego nei veicoli e in vari processi industriali. Possono essere a loro volta classificati in tre gruppi: prima, seconda e terza generazione di biocombustibili.

Figura 3 Classificazione dei biocombustibili (Dragone et. al., 2010).

2.3.1. Biocombustibili solidi

I biocombustibili solidi rappresentano la pxiù importante e sviluppata fonte rinnovabile nel panorama europeo e italiano.

(16)

6

Le motivazioni di tale successo sono riconducibili sostanzialmente a tre aspetti caratteristici di questi biocombustibili:

- Elevata disponibilità - Vantaggi ambientali

- Ampia diffusione nelle imprese

I principali biocombustibili solidi sono la legna da ardere, il cippato e il pellet.

Figura 4 Tipici biocombustibili solidi

2.3.2. Biocombustibili liquidi

Sono considerati e definiti biocombustibili liquidi: - Olio vegetale puro

- Bio-diesel - Bio-etanolo - Bio-metanolo - Bio-dimetiletere - Bio-ETBE (etil-t-butiletere) - Bio-MTBE (metil-t-butiletere) - Biocombustibili sintetici

I biocombustibili di maggiore interesse che hanno trovato maggiore impiego e sviluppo sono il bio-diesel e il bio-etanolo.

(17)

7

Figura 5 Produzione mondiale di biocombustibili: bio-diesel e bio-etanolo - Statistical Review of World Energy, June 2015

In Figura 5 sono riportati i trend di produzione negli ultimi dieci anni. Si può notare subito che c’è una netta distinzione produttiva tra paesi europei e stati americani. Il bio-diesel è maggiormente presente in Europa, mentre il bio-etanolo ha maggiore sviluppo in America.

La direttiva 2009/28/CE al fine di creare una stabilità nel mercato e nelle imprese ha posto come obiettivo al 2020 la sostituzione del 10% dei combustibili fossili con biocombustibili nel settore dei trasporti.

Sono impiegati sostanzialmente come: - Biocarburanti utilizzati per autotrazione

- Biocombustibili che alimentano cicli di potenza per produrre elettricità, calore o entrambi (cogenerazione).

2.3.3. Biocombustibili gassosi

Il principale biocombustibile gassoso è rappresentato dal bio-gas. Esso è prodotto mediante un trattamento biologico noto come digestione anaerobica. La sostanza organica viene trasformata in assenza di ossigeno in una miscela gassosa composta essenzialmente da metano ed anidride carbonica. La percentuale di metano nel biogas varia dal 50 all’ 80%.

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8

Le materie prime maggiormente impiegate sono effluenti zootecnici, residui dell’industria agro-alimentare, acque o fanghi reflui e altri materiali di scarto. Gli impieghi del biogas sono principalmente:

- produzione di energia elettrica e/o termica, sia per autoconsumi sia per distribuzione, tipicamente in impianti di cogenerazione.

- uso in motori a gas, previa opportuna purificazione.

Un altro prodotto gassoso di interesse è il metano. Esso viene ricavato dal bio-gas con un processo detto “upgrading” cioè di rimozione della CO2, associato ad

un trattamento di purificazione. Il gas è composto circa per il 95-98% da metano ed è molto simile al gas naturale. Per questo può essere usato per la rete domestica e per quella dei trasporti.

Terzo biocombustibile gassoso di grande impiego è il bio-syngas, il prodotto intermedio della gassificazione delle biomasse. Contiene principalmente idrogeno H2 e monossido di carbonio CO.

Può essere ottenuto da biomasse oleaginose, da char derivato da biomasse, da syngas ottenuto tramite gassificazione e reforming o da steam gasification di biomasse oleaginose.

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9

3. BIOMASSA ALGALE COME POTENZIALE BIOCOMBUSTIBILE

Le condizioni tali per cui una risorsa sia tecnicamente ed economicamente attuabile come biocombustibile sono sostanzialmente:

- Sostenibilità economica, la biomassa deve essere competitiva o costare meno del carburante petrolifero.

- Sostenibilità sociale, la biomassa non deve richiedere aumento dell’utilizzo dei terreni agricoli impiegati nel campo alimentare.

- Sostenibilità ambientale, la biomassa dovrebbe consentire un miglioramento della qualità dell’aria e richiedere consumi di acqua minimi.

Dunque un’analisi da considerare quando si studiano le potenzialità di una nuova fonte energetica è la “life cycle analysis” (LCA). Si tratta di un metodo per valutare l’impatto ambientale dei prodotti monitorando l’emissione dei gas serra, i bilanci energetici netti ed altri paramenti come la richiesta di azoto e l’utilizzo del suolo

(Miller, S. A., 2010). Altri parametri da considerare nella valutazione della

sostenibilità di una biomassa sono l’impronta idrica o water footprint ossia una indicazione del consumo d’acqua dolce e la resa in biocombustibile (Singh et al.,

2011).

Tabella 1 Parametri per la valutazione di una biomassa (Singh, et al., 2011), (Ullah, et al., 2014).

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10

Osservando la Tabella 1 si può notare che le micro-alghe non solo richiedono aree

limitate per la crescita, ma hanno una maggiore resa rispetto alle piante e alle colture oleaginose. Inoltre rispetto alle altre biomasse coltivate non necessitano di pesticidi o altri agenti chimici che proteggano l’organismo.

Un aspetto che può essere critico per le specie coltivate in acqua dolce è legato al consumo d’acqua, che risulta essere molto elevato. Una valida soluzione è stata trovata utilizzando le acque reflue come fonte d’acqua e dei nutrienti (Bhatnagar et

al., 2011). I terreni utilizzati, i nutrienti necessari e in generale le metodologie di

coltivazione adottate per le alghe fanno sì che la produzione di questa biomassa non entri in competizione con l’agricoltura e l’industria alimentare, non andando dunque a modificare equilibri alimentari ed ecosistemi naturali.

Per quanto riguarda le peculiarità della biomassa nello specifico, quella algale si distingue per il suo veloce tasso di crescita e per la facilità con cui la composizione biochimica può essere controllata e modificata intervenendo sulle condizioni di crescita. I principali fattori che influenzano la velocità di crescita, la produttività della biomassa e la composizione della stessa sono riportati in Tabella 2.

Tabella 2 Parametri che influenzano crescita e produttività della biomassa algale (Dragone et. al., 2010)(Demirbas A., Demirbas M. Faith., 2011)(Chen et al., 2010).

A titolo esemplificativo vengono riportati andamenti della crescita cellulare e dell’accumulo lipidico al variare di alcuni di questi fattori.

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Figura 6 Effetti del trofismo sulla crescita della biomassa e sull’accumulo di lipidi (Cheirsilp, B., Torpee, S., 2012)

Figura 7 Effetto dell’intensità della luce sulla crescita della biomassa e sull’accumulo dei lipidi in due micro-alghe (Cheirsilp, B., Torpee, S., 2012)

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Figura 8 Effetto della concentrazione iniziale del substrato sulla crescita della biomassa e sull’accumulo dei lipidi (Cheirsilp, B., Torpee, S., 2012)

Una caratteristica importante delle micro-alghe è il trofismo, esse infatti possono essere organismi autotrofi, eterotrofi o mixotrofici. Le alghe autotrofe usano composti inorganici come fonte di carbonio. Di queste si possono avere alghe fotoautotrofe, che usano la luce come fonte di energia, cioè convertono la luce solare e la CO2 assorbita

dai cloroplasti in adenosinatrifosfato (ATP) e ossigeno, o chemioautotrofe che usano l’ossidazione di composti inorganici per ricavare energia (Brennan, L., & Owende,

P., 2010). Le alghe fotoautotrofe contribuiscono così all’eliminazione della CO2, ma

hanno una limitata produttività a causa dei problemi legati alla disponibilità della luce (Cheirsilp, B., Torpee, S., 2012).

Le alghe eterotrofe usano composti organici per la loro crescita: sono coltivate su un substrato di carbonio organico come il glucosio in reattori miscelati o fermentatori. Anche se il sistema utilizza più energia rispetto alla produzione fotosintetica perché il ciclo del processo comprende la produzione iniziale di carbonio organico tramite la fotosintesi, i costi rimangono bassi e si ha la possibilità di alterare i parametri di crescita per ottimizzare la resa. Esistono anche alghe mixotropiche che assumono nutrienti inorganici, rendendoli direttamente organici. In pratica la crescita cellulare non dipende strettamente dalla fotosintesi perciò la luce solare non è un fattore limitante di crescita ma al tempo stesso sia la luce sia i substrati di carbonio organico possono supportare la crescita (Chen et al., 2010).

Un altro parametro particolarmente incidente e caratterizzante la biomassa algale è l’esposizione alla luce. E’ un fattore molto influente perché fornisce l’energia per il metabolismo, tuttavia bisogna valutare bene l’intensità e la durata dell’esposizione

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13

perché se la luce fornita risulta eccessiva, essa può portare alla formazione di specie ossigenate reattive dannose (Sforza et al., 2012). A tal fine è importante introdurre e definire il concetto di efficienza fotosintetica, un fattore determinate per le alghe autotrofe, per le eterotrofe invece si guarda all’impiego di zuccheri. L’efficienza fotosintetica, PE o PCE, è l’energia ottenuta dal processo di conversione rispetto alla luce solare disponibile fornita per il processo di conversione. (Brennan, L., &

Owende, P., 2010). Nel caso delle alghe è la frazione di energia luminosa convertita

in energia chimica durante la fotosintesi. Per le alghe questo rapporto è un valore più alto rispetto a quello delle altre biomasse terrestri ed in condizioni ottimali arriva fino a valori del 20%. Per incrementare e ottimizzare la produttività si cerca di operare in condizioni che massimizzino il valore di PE. Si ricerca la giusta alternanza di zone di luce e zone di buio, si impiegano diverse tipologie di reattore e si calcolano le inclinazioni ottimali delle radiazioni e della densità di flusso. (Janssen et al., 2003). L’aspetto più interessante sulla composizione delle alghe è però, come riportato in

Tabella 3, l’alto contenuto lipidico, ossia d’olio (Brennan, L., & Owende, P., 2010).

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Per quanto riguarda la presenza lipidica, è fondamentale analizzare come si può aumentarne la concentrazione ottimizzando i fattori determinanti di crescita, come per esempio il controllo del livello di azoto, l’intensità della luce, la temperatura, la salinità e la concentrazione di CO2. Tuttavia incrementando l’accumulo di lipidi non

è scontato ottenere un aumento della produttività lipidica poiché produttività della biomassa e accumulo di lipidi non sono necessariamente correlati. L’accumulo di lipidi si riferisce ad un aumento della concentrazione lipidica all’interno della cellula algale senza considerare la produzione globale di biomassa. La produttività lipidica tiene conto sia della concentrazione di lipidi all’interno della cellula sia della biomassa prodotta da queste cellule ed è dunque un indicatore più utile dei potenziali costi di produzione del biocombustibile liquido. Il metodo più efficace per implementare l’accumulo di lipidi nelle alghe è operare in limitazione di azoto (Brennan, L., & Owende, P., 2010).

Un altro aspetto da considerare riguarda l’impatto ambientale dell’intera filiera produttiva della biomassa, anche qui le alghe si distinguono positivamente.

Esse hanno infatti un’ottima influenza sulla fissazione della CO2, indicativamente 1

kg in peso secco di biomassa usa circa 1,83 kg di CO2, Inoltre i nutrienti impiegati

per la crescita, in particolare azoto e fosforo possono essere presi da acque reflue, dando un grande contributo alla loro chiarificazione (Dragone et. all., 2010).

Un’altra potenzialità della biomassa algale che contribuisce attivamente all’obbiettivo di implementare le fonti rinnovabili e le energie pulite è la produzione fotobiologica di idrogeno che può così essere impiegato come vettore energetico.

Infine per le alghe è molto importante considerare anche i co-prodotti spesso di alto valore estraibili sfruttando l’intera alga. La biomassa algale ancora una volta si distingue per la varietà e vastità di prodotti che può fornire.

Oltre all’uso energetico, gli altri campi di applicazione dei prodotti della biomassa algale sono principalmente quello alimentare sia umano che animale, quello farmaceutico e della cosmesi. In Tabella 4 viene riportato il valore ricavabile dai prodotti da 10 kg di biomassa algale.

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Tabella 4 Valore di 10Kg di biomassa algale (Wijffels, et al., 2010)

Risulta dunque estremamente utile per rendere sostenibile a livello economico questa nuova fonte energetica sfruttare la totalità della biomassa algale, ricorrendo al cosiddetto “biorefinery approach” (Tibbetts et al., 2015).

Nella bio-raffineria si integrano i processi e le apparecchiature di conversione della biomassa per la produzione ottimizzata dei prodotti d’interesse. Nel caso delle alghe è possibile sfruttare tutti i processi di conversione della biomassa a dare prodotti di interesse commerciale.

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In Tabella 5 vengono riportate le caratteristiche che spiegano il promettente ruolo delle alghe come fonte energetica alternativa alle fonti fossili e ai biocombustibili di prima e seconda generazione.

Tabella 5 Potenzialità della biomassa algale (Demirbas A., Demirbas M. Faith., 2011)

Nonostante questi dati positivi ci sono ancora numerosi aspetti su cui lavorare per rendere questa tecnologia economicamente sostenibile.

In primo luogo come si può osservare in Tabella 1 il dispendio energetico, dovuto principalmente ai processi di “up-stream”, è molto elevato e dunque risulta ancora difficile per le specie impiegate ben bilanciare la produzione di biocombustibile con l’estrazione dei coprodotti. Inoltre bisogna cercare di implementare ancora di più l’efficienza fotosintetica, sviluppare tecniche di coltivazione per singole specie riducendo l’evaporazione e le perdite di CO2. Infine ci sono pochi impianti in

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4. TASSONOMIA E COMPOSIZIONE DELLE ALGHE

Le alghe sono macro e micro organismi che si trovano sostanzialmente in tutti gli ambienti marini, nei laghi, nelle correnti e nelle zone umide in cui è presente la luce. Sono occasionalmente presenti anche in alcuni terreni. Sono state maggiormente analizzate e classificate le specie marine e quelle d’acqua dolce. Queste alghe sono state suddivise gruppi in base a caratteristiche strutturali come la composizione della membrana cellulare, il contenuto di pigmenti e la presenza di molecole che immagazzinano energia. La prima distinzione di cui tenere conto è quella tra alghe macro e micro: le prime sono elementi multicellulari ed hanno una struttura simile a quella delle piante, le micro-alghe invece sono organismi unicellulari.

Tuttavia bisogna considerare che le alghe, ad eccezione sostanzialmente di alcune alghe verdi non appartengono al regno delle piante, infatti esse si distinguono per la presenza del tallo al posto del cormo, tipico delle piante e non hanno foglie e tessuti. Le macro-alghe sono suddivise in base al loro aspetto esteriore in alghe verdi, rosse e brune, comunemente note con i termini inglesi “green algae”, “red algae”, “brown algae”. Le micro-alghe sono principalmente organismi eucarioti, a cui si aggiungono organismi procarioti come i cianobatteri in realtà appartenenti al regno dei batteri, ma assimilabili alle alghe perché molto simili. Le micro-alghe possono essere classificate in base alle loro caratteristiche strutturali e di conformazione, come la struttura cellulare o i diversi pigmenti presenti. Data la molteplicità e la varietà delle specie esistenti, alcune delle quali con tassonomia incerta o ancora in fase di studio, la classificazione delle micro-alghe risulta molto complessa e ancora oggetto di dibattimento.

La suddivisione più frequente riportata in Tabella 6 identifica dieci gruppi denominati “phyla”, ai quali appartengono una o più classi di alghe.

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Tabella 6 Classificazione comune delle micro-alghe

In alcuni studi compare il phylum heterokontophyta che raggruppa le classi delle phaeophyceae (alghe brune), bacillariophyceae (diatomee), chrysophyceae (alghe giallo - brune) eustigmatophyceae (alghe giallo - oro) e xantophyceae (alghe giallo - verdi).

Sono stati individuati inoltre tre gruppi che contengono la maggior parte delle specie: a) Chlorophyta, circa 6500-20000 specie

b) Bacilliariophyta circa 5000-12000 specie c) Cyanobacteria, circa 1200-5000 specie

La classificazione più funzionale che sarà impiegata in questa trattazione risulta però quella che individua il gruppo delle alghe verdi, rosse, brune, azzurre, giallo - oro e le diatomee.

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Tabella 7 Classificazione delle alghe impiegata in questo lavoro

Una prima analisi da effettuare per caratterizzare più dettagliatamente la composizione delle alghe è l’analisi elementare. La composizione elementare è stata esaminata tenendo conto della distinzione tra macro e micro alghe: infatti esse presentano una notevole differenza nella quantità di azoto presente.

Esaminando i dati in Tabella 8 ricavati da dati presenti in letteratura e rielaborati, si può osservare che le micro-alghe hanno leggermente meno carbonio (C), idrogeno (H), ossigeno (O) delle biomasse terresti e più alti valori di azoto (N) e zolfo (S).

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La Tabella 9 riporta invece i dati raccolti per le macro-alghe.

Tabella 9 Composizione elementare biomassa algale - macroalghe

Anche per le macro-alghe si osserva un più basso tenore di carbonio (C), ma il dato più rilevante nel confronto con le alghe unicellulari è la quantità di azoto (N) molto più bassa e quella di ossigeno (O), leggermente più alta (Ross et al., 2008).

Nonostante queste differenze l’intera biomassa algale, comprendente sia macro che micro alghe può essere collocata in una range in linea con le altre biomasse.

Figura 10 Composizione elementare biomassa algale e altre biomasse

2 4 6 8 10 12 14 15 35 55 75 % IDR O G EN O % CARBONIO

Distribuzione in termini di C e H delle alghe

azzurre brune diatomee verdi macro verdi micro rosse macro rosse micro giallo-oro altre biomasse

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Figura 11 Diagramma di Van Krevelen per biomassa algale e altre biomasse

Altre informazioni utili per la descrizione e caratterizzazione della biomassa algale possono essere rintracciate dall’analisi tecnica o immediata, nota con il termine inglese proximate analysis.

In Tabella 10 viene riportato il contenuto di umidità, ceneri, carbonio fisso e componente volatile. Anche in questa situazione le alghe mostrano valori in linea con le altre biomasse impiegate in campo energetico. Il livello di umidità residuo è accettabile, tuttavia bisogna tenere conto del fatto che lo slurry algale raccolto prima di essere trattato contiene livelli d’acqua molto alti, fino all’80-90% in peso. Questo rimane un aspetto molto critico per la sostenibilità ed efficacia della biomassa algale come biocombustibile. 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0 1 2 3 H/C O/C

Diagramma di Van Krevelen

azzurre brune diatomee verdi macro verdi micro rosse micro giallo-oro rosse macro altre biomasse

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Tabella 10 Proximate Analysis

Si noti che le alghe verdi sono quelle che mostrano un maggior comportamento volatile e una minore quantità di ceneri. Un altro dato emergente da questa analisi che differenzia la biomassa algale è l’alto contenuto di ceneri, specialmente nelle alghe brune e rosse. Questo è dovuto alla maggiore quantità di metalli presente nelle struttura cellulare dell’alga, in particolare le alghe brune hanno una cospicua presenza di silice, (Si). I composti metallici maggiormente presenti sono: Silice (Si), Sodio (Na), Potassio (K), Calcio (Ca), questi ultimi tre in forma di carbonati (Ross. et al.,

2008).

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Un’unica caratterizzazione della biomassa algale è molto difficoltosa da delineare a causa della molteplicità delle specie esistenti, alcune molto difficili da identificare con la tecnologia e metodologia tipicamente impiegata nei laboratori sperimentali. Un altro aspetto critico per la caratterizzazione è legato all’incertezza del dato sperimentale dovuta alla variabilità dei risultati ottenuti usando differenti metodi analitici. Tuttavia è possibile mostrare che le alghe sono principalmente costituite, seppur in percentuali molto variabili, da proteine, carboidrati e lipidi (Laurens et al., 2012). Una prima differenza con le biomasse terrestri è dunque data dal fatto che non

c’è la stessa struttura ligno-cellulosica.

Attualmente non è presente un database che offra ampie informazioni sulla composizione comodamente accessibile come per le biomasse ligno-cellulosiche. In questo lavoro si è cercato di risalire ad una composizione specifica attraverso lo studio di circa 170 campioni trattati in letteratura. I risultati ottenuti sono riportati in Tabella 12 in forma percentuale.

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4.1. I lipidi

I lipidi sono lunghe catene idrocarburiche con un gruppo carbossilico come terminazione, a formare acidi grassi o loro derivati. I lipidi che svolgono una funzione strutturale sono principalmente i fosfolipidi e i licolipidi i quali costituiscono la membrana cellulare. I lipidi invece che svolgono una funzione energetica, sono principalmente i trigliceridi. E’ stato precedentemente detto che il contenuto lipidico è presente in percentuale che può variare molto da specie a specie da meno del 5% nelle macro-alghe a oltre il 50% in alcune micro-alghe, tuttavia è stato possibile identificare degli acidi grassi presenti ricorrentemente con alte percentuali. Per la maggior parte dei campioni studiati, gli acidi grassi presenti hanno tra i 14 e 20 atomi di carbonio e sono riportati in Tabella 13.

Tabella 13 Principali acidi grassi presenti nelle alghe

In particolare come riportato in Tabella 14 per tutte le specie considerate l’acido palmitico è quello presente in percentuali maggiori, insieme all’acido oleico, all’acido linoleico e all’acido eicosapentaenoico (Zhukova, N. V., & Aizdaicher, N. A., 1995).

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Tabella 14 Range di frequenza dei principali acidi grassi delle alghe

E’ interessante e utile considerare anche la ripartizione degli acidi grassi tra acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi.

Tabella 15 Range di ripartizione degli acidi grassi

Si può notare una leggera differenza tra micro e macro alghe verdi: le prime mostrano valori percentuali di acidi grassi saturi, mono-insaturi e poli-insaturi molto simili tra loro, mentre le macro alghe hanno elevate percentuali di acidi grassi saturi, SFAs e percentuali ancora più alte di acidi grassi polinsaturi, PUFAs. Le alghe brune mostrano percentuali di SFAs e PUFAs molto simili a quelle delle macroalghe verdi. La componente monoinsatura ricopre meno del 10% del totale degli acidi grassi. In queste specie si ha una significativa presenza di C20 in particolare acido arachidonico, C20:4 (C20H32O2) e acido eicosapentaenoico, C20:5 (C20H30O2).

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Le alghe rosse mostrano un’alta percentuale di SFAs, e più basse percentuali di PUFA, tuttavia con numerose eccezioni (Kumari et al., 2013). In conclusione, seppur alcune specie abbiano un basso contenuto lipidico, le alghe hanno relativamente alte percentuali di acidi grassi polinsaturi essenziali, n-6 e n-3.

La grande presenza di acidi grassi insaturi prevede un processo di idrogenazione della biomassa algale per poterla sfruttare meglio come biocombustibile.

4.2. Le proteine

Anche le proteine hanno sia una funzione strutturale, sono l’impalcatura sulla quale si assemblano le molecole di clorofilla, sia una funzione metabolica in quanto essendo enzimi facilitano la crescita cellulare. Non sono presenti informazioni dirette sul tipo di proteine presenti e come è già stato detto spesso le percentuali riportate in letteratura non sono realistiche a causa dell’inaffidabilità delle misurazioni sperimentali. Sono invece numerosi gli studi che riportano dati sulla frequenza di distribuzione degli amminoacidi nella biomassa algale. E’ stato dunque possibile caratterizzare il contenuto proteico sulla base degli amminoacidi presenti. In Figura 12 sono riportati formula e nome degli amminoacidi esistenti in natura.

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Tabella 16 Valori di Ammino Acidi nelle alghe

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Osservando i risultati presenti in Tabella 16 e in Tabella 17 si può affermare che le componenti dei singoli amminoacidi per le varie specie sono molto simili e dunque si può assumere che le specie abbiano uguale composizione e considerarle come una sola. Analizzando i dati forniti in letteratura inoltre si nota che in tutte le specie, indipendentemente dalla percentuale di proteine presenti, è preponderante la presenza dell’acido glutammico, C5H9NO4, seguita dall’acido aspartico, C4H7NO4 e in alcuni

casi è rilevante anche la presenza di leucina, C6H13NO2 (Boyd, C. E., 1973).

Tuttavia ogni cellula presente nelle alghe produce migliaia di proteine diverse ognuna delle quali con una differente composizione di amminoacidi, per cui trovare la composizione di un’unica proteina sarebbe una procedura sbagliata. Dunque ai fini di caratterizzare la biomassa algale e identificare delle proteine di riferimento, gli amminoacidi sono stati raggruppati in gruppi. Questa semplificazione è possibile perché è sperimentato che amminoacidi appartenenti allo stesso gruppo hanno un comportamento di devolatilizzazione simile. I gruppi individuati sono sette e sono così composti:

1) Gruppo degli alifatici, composto da alanina, glicina, isoleucina, leucina e valina 2) Gruppo degli acidi, composto da acido aspartico e acido glutammico. A causa

della mancanza di informazioni, aspargina e glutammina sono state considerate insieme rispettivamente ad acido aspartico e acido glutammico.

3) Gruppo delle basi, composto da arginina, istidina e lisina.

4) Gruppo degli aromatici, composto da fenilanina, tirosina e triptofano. 5) Gruppo degli alcoli, composto da serina e treonina.

6) Gruppo dei ciclici, composto da prolina.

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Tabella 18 Raggruppamento degli ammino acidi

Come si osserva in Tabella 18 il gruppo alifatico e ammidico insieme costituiscono oltre il 50% degli amminoacidi, inoltre i valori percentuali riportati sono confrontabili e paragonabili a quelli riscontrati nelle biomasse ligno-cellulosiche e delle piante. Nel caratterizzare le proteine presenti nelle alghe è importante ricordare e notare che non tutto l’azoto presente nella biomassa algale è contenuto nelle proteine: ci sono altri costituenti delle alghe che contengono azoto, principalmente composti inorganici NO3, NO2-, NH3+ e NH4+ che costituiscono dal 6,4% fino al 41,8% dell’azoto totale

presente, acidi nucleici che ne ricoprono dallo 0,3 al 12,3% ed infine le clorofille e carotenoidi che con lo 0,1-3% sono il contributo minore di azoto non proteico

(Lourenço et al., 2004). In generale e con buona approssimazione si può ricondurre

alle proteine il 70-90% dell’azoto totale presente nelle alghe. Tuttavia questi valori incontrano numerose eccezioni ed è quindi difficile determinare un unico e standardizzato valore NTP, detto N-to protein factor che permette di stabilire la quantità percentuale di proteine conoscendo il valore dell’azoto presente nell’alga, senza dare luogo ad imprecisioni nella stima della percentuale di proteine presenti

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(Templeton, David W., Laurens, Lieve ML., 2015). Vari studi mostrano che è

preferibile abbassare il tradizionale valore di 6,25 usato per le biomasse vegetali, a 4,5 (Lourenço et al., 2002). Un altro dato da considerare, nella determinazione e valutazione dell’N-Prot è la, seppur leggera, diversa frequenza di distribuzione degli amminoacidi nei vari campioni studiati. Per esempio le alghe che hanno maggiori percentuali di amminoacidi ad alta percentuale di azoto come l’arginina, tendono ad avere un N-Prot più basso.

4.3. I carboidrati

I carboidrati sono i principali prodotti della fotosintesi e del metabolismo di fissazione del carbonio. L’interesse per questa categoria nasce dal fatto che l’elevata quantità di carboidrati può essere positivamente sfruttata come fonte di carbonio per la fermentazione. I carboidrati sono presenti nella membrana cellulare dell’alga nella forma di cellulosa e polisaccaridi solubili, e si accumulano nei plastidi principalmente sotto forma di amido. A differenza delle altre biomasse, in particolare delle lignocellulosiche, si nota la quasi totale assenza di lignina (Chen et al., 2013). Un’analisi più dettagliata mostra che sono i polisaccaridi la forma di zuccheri maggiormente presente nella biomassa algale. Tuttavia risulta difficile individuare un'unica specie predominante, poiché la composizione e la percentuale di zuccheri varia molto da specie a specie in quanto sono strettamente dipendenti dalla struttura e dalle caratteristiche delle membrana cellulare di ogni alga.

Le alghe verdi hanno una membrana cellulare costituita primariamente da cellulosa, emicellulosa e pectina. Lo zucchero più presente è il glucosio. Esse producono sostanzialmente amido, costituito da amilosio e amilopectina.

Le membrane cellulari delle alghe brune sono costituite principalmente da silice con piccole quantità di cellulosa. La presenza delle scaglie di silice comporta un elevato contenuto di ceneri ed è correlata alla presenza dei carboidrati a base di mannosio. Per quanto riguarda la caratterizzazione degli zuccheri delle alghe brune, essi sono principalmente mannitolo e acido alginico e glucani.

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I cianobatteri, (blue-green microalgae) hanno una membrana cellulare composta prevalentemente da lipopolisaccaridi e peptidoglicano. Anche per questa categoria si può fare riferimento al glucosio come zucchero principale.

Le alghe rosse hanno la membrana cellulare ricca di agar, carragenina e cellulosa. Esse inoltre si distinguono per la produzione di una molecola simile all’amilopectina, ma più ramificata, denominata floridean starch. Gli zuccheri maggiormente presenti sono dunque glucosio e galattosio (Dawczynski et al., 2007).

In Tabella 19 sono riportati mono e poli saccaridi più presenti nella biomassa algale.

Tabella 19 Principali zuccheri

4.4. Gli acidi nucleici

Gli acidi nucleici sono polimeri lineari dei nucleotidi i quali sono formati da tre unità specifiche: una base azotata, uno zucchero pentoso il ribosio o il deossiribosio e un gruppo fosfato. Le basi azotate sono adenina, citosina, guanina, timina e uracile e sono attaccate allo zucchero tramite un legame N-glicosidico. Il gruppo fosfato invece si attacca allo zucchero tramite un legame fosfodiestereo, formando il polimero. In

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Figura 13 Nucleotidi presenti nelle alghe

Per semplicità, ma mantenendo comunque un modello fedele alla realtà è possibile assumere che i cinque diversi nucleotidi siano presenti con la stessa frequenza, così da poter definire un'unica specie, che potrebbe rappresentare l’acido nucleico di riferimento, costituita dai cinque nucleotidi ognuno presente al 20% in rapporto molare. In Tabella 20, Tabella 21, Tabella 22 sono riportati gli elementi costituenti gli acidi nucleici, le basi azotate, gli zuccheri e il gruppo fosfato.

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Tabella 21 Composizione degli zuccheri negli acidi nucleici

Tabella 22 Composizione del gruppo fosfato

In Tabella 23 vengono riportati i cinque diversi nucleotidi, formati unendo la base azotata con lo zucchero e sottraendo due molecole d’acqua.

Tabella 23 Composizione dei nucleotidi

Aggiungendo ai nucleoidi il gruppo fosfato e sottraendo un'altra molecola d’acqua si ottengono come riportato in Tabella 24 i vari acidi nucleici.

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Tabella 24 Composizione degli acidi nucleici

L’intento iniziale di definire un’unica specie di riferimento anche per gli acidi nucleici come combinazione degli acidi nucleici precedentemente individuati non ha avuto sviluppo poiché nel corso del lavoro di caratterizzazione e creazione del modello, il ruolo degli acidi nucleici è risultato essere trascurabile e dunque per semplicità non verrà considerata nel modello di caratterizzazione.

4.5. I pigmenti

I pigmenti presenti nelle alghe sono principalmente clorofille e carotenoidi.

La clorofilla è una clorina, ossia una molecola con una struttura ad anello avente al centro un atomo di magnesio. Le clorofille sono indicate con diverse lettere dell’alfabeto a seconda della diversa struttura che la caratterizza. Nelle alghe sono presenti la clorofilla a, la clorofilla b e la clorofilla c.

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Figura 14 Struttura delle clorofille presenti nelle alghe

I carotenoidi sono a loro volta divisi in due classi, i caroteni, molecole senza ossigeno, e le xantofille molecole ossigenate. I principali caroteni sono l’α e il β carotene, mentre le xantofille più importanti sono luteina, zeaxantina e fucoxantina.

Figura 15 Principali caroteni e xantofille nelle alghe

I carotenoidi hanno molteplici funzioni tra cui quella di essere stabilizzatori di membrana, avere potere antiossidante e raccogliere la luce (Guaratini et al., 2009). I pigmenti sono presenti in percentuali trascurabili rispetto agli altri composti precedentemente analizzati, quindi non verrà ricercata una specie di riferimento al fine della caratterizzazione. Tuttavia l’altro valore commerciale di queste molecole le rende di grande importanza.

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5. SISTEMI DI COLTIVAZIONE DELLE ALGHE

Attualmente l’unica produzione di biomassa tecnicamente ed economicamente realizzabile è quella legata alle alghe fotoautotrofe. Nello sviluppare il processo produttivo è fondamentale considerare due aspetti, l’impatto dell’efficienza fotosintetica e la produttività lipidica. In questo modo è possibile determinare la massima quantità di biomassa ottenibile da una certa area o coltura algale e valutare di conseguenza la miglior tecnica di produzione. La coltivazione delle alghe necessita di alcuni elementi fondamentali e caratteristici come la luce, l’acqua l’anidride carbonica, i nutrienti quali l’azoto, il fosforo e altri elementi come silice e ferro. Inoltre è importante che le coltivazioni abbiano la giusta quantità di ossigeno, anidride carbonica, una corretta intensità luminosa e un giusto valore di pH. I fattori che influenzano la crescita si dividono in:

- abiotici (luce, temperatura, concentrazione dei nutrienti, ossigeno, anidride carbonica, pH, salinità, presenza di sostanze chimiche tossiche)

- biotici (patogeni come batteri, funghi e virus, competizione con altre alghe) - operativi (profondità, frequenza della raccolta, aggiunta di bicarbonato)

Da un punto di vista commerciale i sistemi devono avere alta produttività volumetrica, alta produttività per area, bassi costi di investimento e mantenimento, facilità di realizzazione e controllo, e alta affidabilità. Sebbene la coltivazione delle micro-alghe possa avvenire anche in acque naturali, al fine di ottimizzare la produttività e la qualità si preferiscono ambienti controllati. Sono stati sviluppati dunque sistemi all’aria aperta come le vasche e sistemi chiusi, i fotobioreattori. Con questi sistemi i tempi di crescita, in condizioni favorevoli, sono assai rapidi, infatti in ventiquattro ore la percentuale di micro-alghe raddoppia.

La coltivazione delle macro-alghe invece avviene principalmente in ambienti naturali come oceani, mari e laghi.

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5.1. Sistemi all’aria aperta

I classici sistemi aperti sono i laghi e gli stagni naturali, le vasche “raceway” ossia sistemi a flusso e le vasche circolari.

Figura 16 Differenti configurazioni di sistemi aperti, (Chen et al., 2010).

Sono molto diffusi poiché, come si può intuire, sono più facili e meno costosi da costruire ed hanno una maggiore capacità produttiva. Inoltre possono utilizzare direttamente la luce solare e procurarsi i nutrienti dalle acque di deflusso dei terreni vicini oppure incanalando l’acqua di impianti di depurazione o di trattamento acque rendendo così questo sistema di crescita e produzione della biomassa il più economico

(Chen et al., 2010). Anche se sono stati i sistemi più impiegati, diverse criticità tra cui

la grande dipendenza dalle condizioni climatiche che influisce e rende difficile il controllo della temperatura, dell’evaporazione dell’acqua e dell’illuminazione, la presenza contaminante di altri microrganismi eterotrofi, il basso consumo di CO2 e la

bassa produttività ne hanno ristretto la produzione commerciale. I sistemi aperti maggiormente diffusi sono le cosiddette vasche artificiali raceway, costituite da un anello chiuso con canali di ricircolo ovali, generalmente profonde tra 0,1 e 0,5 metri

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Tabella 25 Produttività sistemi all'aria aperta, (Chen et al., 2010).

In Tabella 25 sono riportati alcune esempi tipici di sistemi all’aperto.

5.2. Sistemi chiusi, fotobioreattori

I fotobioreattori, PBR’s, sono caratterizzati dalla presenza di strumenti che controllano e regolano la maggior parte dei parametri biotecnologici più importanti. Hanno dunque un basso rischio di contaminazioni, nessuna perdita di CO2 e pieno

controllo delle condizioni di crescita. Anche questi sistemi possono prendere la luce direttamente dal sole attraverso l’impiego di membrane trasparenti (Harun et al.,

2010). Sono stati sviluppati diversi design di reattore, i più diffusi sono:

- Fotobioreattori tubolari - Fotobioreattori piatti - Fotobioreattori a colonna

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Tabella 26 Produttività sistemi chiusi, (Chen et al., 2010)

In Tabella 26 sono riportati alcuni tipici esempi di fotobioreattori, mentre in Tabella

27 si evidenziano vantaggi e svantaggi dei due sistemi.

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5.3. Sistemi ibridi

Recentemente sono stati provati sistemi che sfruttano caratteristiche sia dei sistemi aperti, sia di quelli chiusi. In Figura 18 sono riportati due esempi.

Figura 18 Sistemi ibridi di coltivazione delle micro-alghe

Nel primo caso si tratta di un fotobioreattore ellittico illuminato artificialmente con un sistema di luci ruotanti che permette l’agitazione della biomassa algale. Il secondo sistema è costituito da un bioreattore chiuso che però sfrutta le caratteristiche di setup a basso costo dei sistemi aperti (Chen et al., 2010).

5.4. Sistemi di coltivazione delle macro-alghe

Le macro-alghe sono coltivate principalmente in mare aperto o in grandi laghi. Si utilizzano piattaforme con un sistema di funi ancorate sul fondo, spesso con l’ausilio di un semplice sistema di pompaggio, che appunto permetta il prelievo dell’acqua ricca di nutrienti tipicamente situata in profondità e il suo riversamento nella zona eufotica, dove c’è abbastanza luce solare da permettere la fotosintesi e la produzione di biomassa. Le condizioni di crescita sono perlopiù incontrollabili, inoltre moti ondosi e maree possono danneggiare il sistema di coltivazione. Un altro aspetto molto critico per la crescita della biomassa è legato alla presenza di patogeni e specie contaminanti indesiderate.

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Figura 19 Coltivazione delle macro-alghe

5.5. Metodi di raccolta, disidratazione e essiccamento

Una volta concluso il ciclo di crescita della biomassa algale essa deve essere sottoposta a delle operazioni che la rendano impiegabile nei processi di trasformazione.

La prima operazione interessa solamente le micro-alghe ed è la raccolta della biomassa che si presenta in forma di piccolissime particelle dell’ordine di grandezza di qualche micron, sospese nel mezzo di crescita. Questa operazione seppur non eccessivamente complessa risulta alquanto costosa, dunque sono stati proposti diversi metodi sia fisici che chimici per cercare di renderla sempre più efficiente (Chen et al.,

2010). Generalmente si ha una prima separazione della biomassa dalla sospensione

tramite flocculazione o sedimentazione, successivamente si ha la concentrazione della pasta algale, denominata “slurry”. Per la concentrazione dello slurry si usano filtri a membrana o centrifughe, entrambe sono strumentazioni in grado sia di raccogliere la biomassa algale che di rimuovere gran parte dell’acqua (Brennan, L., & Owende, P.,

2010).

La seconda operazione da effettuare sulla biomassa algale è infatti la deidratazione, cioè la rimozione dell’acqua presente. Essa risulta una delle operazioni energeticamente più importante ed onerosa, arrivando ad interessare oltre il 30% dei costi totali di produzione (Dragone et al., 2010). In Tabella 28 sono riportati alcuni dei sistemi di essiccamento utilizzati.

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Tabella 28 Metodi di essiccamento biomassa algale (Chen et al., 2010)

Nonostante siano state provate varie soluzioni, questa operazione rimane una delle più costose e critica per la sostenibilità delle alghe come biocombustibili.

Infine si ha la rottura delle cellule mediante frantumazione, omogeneizzazione o ultrasuoni oppure mediante solventi organici, con reazioni acido-basiche o enzimatiche volta ad estrarre l’olio o i composti d’interesse.

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6. PROCESSI DI CONVERSIONE DELLE BIOMASSE

6.1. Conversione termica

I processi termochimici comprendono combustione, volatilizzazione e degradazione termica. A seconda della quantità di aria impiegata si parla di combustione, pirolisi, carbonizzazione, gasificazione o liquefazione. I principali processi, con i vettori energetici intermedi e i prodotti energetici finali sono riportati in Figura 20

Figura 20 Processi di conversione termochimica (McKendry, P. 2002).

6.1.1. Pirolisi

La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica che prevede l’applicazione di calore tra i 350 e 1300°C e l’assenza di elementi ossidanti o al massimo pochissimi tenori di O2. Non è solo dunque una tecnologia indipendente

ma anche il primo step del processo di combustione e di quello di gassificazione. Il processo di pirolisi è molto complesso e consiste di simultanee e successive reazioni in presenza di calore. Durante la pirolisi le lunghe catene di carbonio, idrogeno e ossigeno costituenti la biomassa si spezzano in molecole più corte sotto forma di gas, vapori condensabili oli, catrami e carbone solido, denominato char. I prodotti della pirolisi sono sostanzialmente tre e dipendono dalla temperatura del processo. Maggiore è la temperatura operativa, maggiore sarà la presenza della frazione gassosa per effetto del prevalere delle reazioni di devolatilizzazione:

Figura

Figura 5 Produzione mondiale di biocombustibili: bio-diesel e bio-etanolo - Statistical  Review of World Energy, June 2015
Figura 7 Effetto dell’intensità della luce sulla crescita della biomassa e sull’accumulo dei  lipidi in due micro-alghe (Cheirsilp, B., Torpee, S., 2012)
Figura 8 Effetto della concentrazione iniziale del substrato sulla crescita della biomassa e  sull’accumulo dei lipidi (Cheirsilp, B., Torpee, S., 2012)
Tabella 4 Valore di 10Kg di biomassa algale (Wijffels, et al., 2010)
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