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Riflessioni sulla religione nell’ebraismo italiano del Novecento

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Nuovo Giornale di Filosofia della Religione

N. 15 Gennaio – Aprile 2021 ISSN 2532-1676 Riflessioni sulla religione nell’ebraismo italiano del Novecento

Massimo Giuliani (Università di Trento)

Il numero dei pensatori ebrei (filosofi, rabbini o teorici di discipline accademiche) nell’Italia novecentesca è relativamente esiguo, e ben pochi in questo sparuto drappello hanno inteso sviluppare una specifica ‘filosofia ebraica della religione’ o una ‘filosofia della religione ebraica’, come invece troviamo in altri ambiti linguistico-culturali in Europa, in America o in Israele. Nondimeno alcuni nomi riappaiono spesso nella storiografia filosofica per alcuni contributi originali che hanno, più o meno direttamente, influenzato il pensiero filosofico-religioso italiano. I quattro esponenti del drappello di cui si presenta un profilo – Dante Lattes, Felice Momigliano, Giorgio Levi Della Vida e Primo Levi, ai quali si possono aggiungere i nomi di Paolo De Benedetti e Giuseppe Laras – attestano quanto diversificati siano stati i percorsi intellettuali ed esistenziali dell’ebraismo italiano nel secolo breve, che per gli ebrei è stato intensissimo, pieno di eventi tragici e magici, certamente ‘impensabili’ prima ma catalizzatori di tanta elaborazione dopo (si pensi soprattutto al ritorno dei grandi temi della teodicea, del primato dell’etica e della teologia politica). Sono solo punte di un piccolo iceberg del quale fanno parte altre diverse correnti: da quella letterario-nichilista di Carlo Michelstaedter (1887-1910) a quella psicoanalitica di Enzo Bonaventura (1891-1948) e Edoardo Weiss (191-1970), da quella storico-filologica di Umberto Cassuto (1883-1951) a quella più teorico-politica di Isacco Sciaky (1896-1979), che studiò con Gentile e Buonaiuti, di Rodolfo Mondolfo (1877-1976) e Eugenio Colorni (1909-1944); soprattutto andrebbe qui menzionata la scuola religioso-halakhica che espresse personaggi influenti come Elia Samuele Artom (1887-1965) e Alfonso Pacifici (1889-1983). È una peculiarità italiana quella di avere avuto molti pensatori laici che si sono occupati del fenomeno religioso e molti religiosi che si sono immersi nel pensiero ermeneutico, risultando originali proprio nel declinare il complesso rapporto laicità-religione e l’ermeneutica dei testi sacri (Stefano Levi Della Torre, 1941, e Haim Baharier, 1947, sono forse oggi le voci più significative in tal senso in Italia). Intrecciando le biografie e i percorsi intellettuali di questa variegata costellazione ebraica è possibile ricostruire alcuni lineamenti specifici di un ‘pensiero ebraico-italiano contemporaneo’ che fa onore alla lunga storia di filosofi e rabbini italiani che ebbe inizio nel medioevo, ha attraversato alla grande l’età umanistico-rinascimentale ed è arrivata al XIX secolo con maestri illuminati quali sono Isacco Reggio, Shmuel David Luzzatto e Elia Benamozegh.

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