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Me pinxit, me fecit

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Me pinxit, me fecit

A cura di Eleonora Del Riccio

Sapienza Università di Roma E-mail: elo-dr@hotmail.it

Riv Psichiatr 2015; 50(5): 253

253

“La carriera di una prostituta” e “Marriage à la mode” sono due serie satiriche di rispettiva-mente sei e sette dipinti, tradotti successivamente in stampe, realizzati da William Hogarth (1697-1764) entro la metà del XVIII secolo. Storica-mente, il genere satirico, benché qui presentato con nuovo realismo e se-vera moralità, aveva ori-gine dalle divulgazioni popolari e proprio per questo non rientrava al-l’interno dei generi acca-demici con i quali era ne-cessario cimentarsi qua-lora si avesse l’aspirazio-ne di diventare un artista rispettabile.

L’Inghilterra in questo senso era una felice ecce-zione, poiché all’epoca non possedeva una forte tradizione artistica para-gonabile a quella della Francia o dell’Italia. Questa mancanza permise di dare vita a un genere nuovo, patriotticamente rivendicato e facilmente comprensibile dal pubblico.

Hogarth si rese conto che quest’aspirazione sarebbe stata colmata solo nel caso in cui lo spettatore si fosse trovato da-vanti alle umane passioni, e il teatro da questo punto di vista gli fu da esempio. Solo inscenando storie che scuotevano gli animi e che avevano una retta morale conclusiva avrebbe raggiunto il suo scopo.

Ecco allora da dove nasce la preferenza per temi solita-mente taciuti, anche se di dominio comune, come la vita di una prostituta.

Si guardi la prima acquaforte: mentre i due dottori si acca-pigliano, accusandosi reciprocamente d’incapacità date le sorti disperate della donna, Moll, questo è il nome della pro-tagonista, è seduta su una sedia con la domestica al suo fian-co che cerca di difenderla da una sedia che rischia di caderle addosso. Un’altra donna cerca in un baule chissà quale ric-chezza, ma non trova altro che abiti da mascherata. Il bam-bino che siede in terra è chiaramente il figlio di Moll e sem-bra essere estraneo a tutto quello che gli sta capitando attor-no. La povera Moll è malata di sifilide, le pillole mercuriali che ha preso le hanno fatto cadere tutti i denti che sono

con-servati su un foglio di carta in primo piano, sopra alla stufa che contiene il carbone.

Un altro tema molto caro all’opinione pubblica del tempo era il matrimonio, possibilmente un buon matrimonio e con un buon partito.

La scena si sta svolgendo nello studio improbabile di quel-lo che potrebbe essere un dottore o un alchimista. L’ambien-te ricorda poco lo studio di un medico, al contrario è molto più simile a una macabra Wunderkammer con una strana proliferazione di oggetti accomunati solo dal fatto di essere diversi e insoliti. Il marito malato di sifilide, come il neo po-sticcio sul collo lascia presagire, sta tendendo una scatola di pillole al ciarlatano. La donna al centro deve essere la mez-zana che ha portato la giovane vestita in abiti eleganti e con in mano un’altra scatola di pillole. Ne concludiamo che il conte sta accusando la mezzana di avergli procurato una ra-gazza già contagiata dalla malattia venerea e si lamenta con il suo interlocutore, che lo ascolta pazientemente mentre si pulisce gli occhiali, dei cattivi risultati delle cure mediche a cui è stato sottoposto. È bene che il moderno osservatore, che vede per la prima volta questa singola opera e che quin-di non ha conoscenza della serie completa, sappia che il con-te ha la sifilide già nel primo quadro. Inutile dire che anche questa storia finirà in tragedia: il marito morirà trafitto del-l’amante della moglie, che disperata si avvelenerà.

È qui interessante mostrare qual era l’implicazione che il pensiero comune nell’Inghilterra del XVIII attribuiva a una malattia tanto diffusa come la sifilide. Essa è la giusta punizio-ne per tutti coloro che hanno trascorso una vita dissoluta e mi-serevole, indipendentemente da quale sia la condizione socia-le a cui appartengono. Moll e il conte sono accomunati dal tri-ste fatto di aver usato male il proprio tempo. L’ingenua ragaz-za venuta dalla campagna si è presto trasformata in una della figure più disprezzate dalla società. Non importa se sia stata costretta a una scelta di questo tipo per necessità: dal punto di vista morale è giusto che contragga il morbo. Il conte, d’altra parte, è colpevole di essere stato un libertino e soprattutto di aver intrapreso consapevolmente un matrimonio mercenario. In conclusione, bisogna ammettere che lo scopo di com-muovere l’osservatore sia stato raggiunto perché tutte le sto-rie che parlano delle umane passioni e che hanno un inse-gnamento morale volto a indicare la “retta via” da seguire sono quelle che ancora oggi, portate sul grande schermo, hanno una funzione catartica e che hanno fatto di Hogarth il pioniere di un nuovo genere artistico, rinnovato nella repu-tazione e completamente inglese.

PER APPROFONDIRE

• Webster M. Hogarth “pittore dell’umanità”. In: William Hogarth. Dipinti, disegni, incisioni. Catalogo della mostra (Venezia, 1989). Vicenza: Neri Pozzi Editore, 1989.

W. Hogarth (1697-1764) (in alto) La morte della prostituta

(1732). Londra, Trustes of the British Museum. (in basso) Dal Ciarlatano (1745).

Cambridge, Syndics of the Fitzwilliam Museum.

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