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Coppia di donne vince / A Winning Pair of Women

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Academic year: 2021

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Coppia di donne vince

La sagoma sinuosa deL maxxi, neL quartiere FLaminio (foto

di Roland Halbe). iL museo, Firmato

da Zaha hadid e Patrik schumacher, è iL risuLtato di un concorso deL 1998 a cui ParteciParono 273 studi di architettura di tutto iL mondo. iL museo è sede Permanente di due istituZioni distinte, maxxi arte e maxxi architettura.

gaLLeria e terraZZa deL macro, neL quartiere saLario (foto

di GeoRGes fessy). disegnato

daLLo studio odiLe decq Benoit cornette con Burkhard morass, iL Progetto amPLia di 7000 mq La struttura esPositiva già esistente, ricavata daLLa ristrutturaZione deLLa ex Birreria Peroni e aggiunge uno sPaZio aPerto, La terraZZa, di 5000 mq.

Con i musei di Zaha Hadid e odile decq,

Roma diventa due volte capitale,

aRRiCCHendosi di due spaZi

stRaoRdinaRi, due musei dediCati

all’arte e all’architettura

contemporanea CHe RappResentano

due manieRe assolutamente diveRse,

entRambe vinCenti, di intRatteneRe

Con il pubbliCo e Con la Città

un RappoRto stimolante ma dolCe,

gentile. saRà foRse peRCHé

sono pRogetti al femminile?

progetti di Zaha Hadid, Odile Decq testo di Alessandro Rocca

P

areti di cemento, rampe libere nello spazio, luci fluorescenti e pavimenti in resina luccicante: gli interni del Maxxi, il museo di arte e architettura contemporanea del XXI secolo disegnato da Zaha Hadid, si presentano aggressivi e futuribili, ma è un’impressione che non dura. Perché, superato il primo impatto, si capisce bene come la fluidità totale di questi spazi intrecciati e sovrapposti non è tanto uno spettacolo per suscitare sorpresa e meraviglia ma un ragionamento in tre dimensioni molto attento e preciso, calibrato con grande sapienza. La sacerdotessa Hadid prende il visitatore per mano e lo conduce attraverso i misteri dell’architettura postcontemporanea che, non più moderna e neppure hi-tech, è invece votata alla seduzione, cercata attraverso la chiarezza del pensiero e la bellezza delle forme. L’apparenza inganna, ma per poco: si

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capisce subito che sotto il vestito, che ha il rigore del cemento, scorre la linfa vitale di un microcosmo organico, un corpo pulsante che accoglie e dialoga, che cambia aspetto a seconda dell’ora e del punto di vista. Chi temeva l’algida messa in scena di un asettico monumento si può ricredere, il Maxxi è proprio il contrario, un invito alla percezione dell’arte attraverso, prima di tutto, il coinvolgimento del proprio corpo, sollecitato a una nuova consapevolezza dalla eccezionalità degli spazi. Anche all’esterno il Maxxi rifiuta la retorica facile del museo di stato e si pone come un anti-monumento, cioè come un edificio che trova la sua postura in rapporto a quello che ha intorno, letto e riconosciuto con un approccio più site-specific, basato sull’empatia e sulla manipolazione formale. Perciò risalta quello che potrebbe essere il tema segreto, ma chiaro, dell’edificio, e cioè la

Lo sPettacoLare Foyer deL maxxi (foto di iwan baan). iL museo si è inaugurato a Fine maggio con cinque mostre in contemPoranea: spazio; Gino de dominicis. l’immoRtale; KutluG ataman.

mesopotamian dRamatuRGies; luiGi moRetti, 1907-1973 e GeoGRafie italiane.

soPra, senza titolo, di Bernard khoury, neLLa mostra spazio curata da PiPPo ciorra, aLessandro d’onoFrio, BartoLomeo Pietromarchi e gaBi scardi, che rimane aPerta Fino a gennaio 2011. (foto di simone ceccHetti)

in Basso, L’instaLLaZione cultuRal tRaffic: fRom tHe Global boRdeR to tHe boRdeR

neiGHbouRHood, di estudio teddy cruZ, neLLa mostra spazio. (foto di simone ceccHetti)

il tempo, lo sbaGlio, lo spazio (1969), una deLLe oPere esPoste neLLa retrosPettiva, curata da achiLLe Bonito oLiva, dedicata aLL’artista romano

Gino de dominicis, un Protagonista deLLa scena

artistica romana degLi anni sessanta e settanta. disponibilità al dialogo sia con le strade e con gli

edifici di quella parte del quartiere Flaminio, sia con il mondo cangiante, flessibile, spregiudicato e tendenzialmente informale dell’arte

contemporanea.

Ancora più esplicitamente intrecciato alla trama della città è l’altro nuovo museo romano, il Macro (Museo d’arte contemporanea di Roma), inaugurato in contemporanea al Maxxi nel maggio di quest’anno. Collocato in un’area più densa e anche più centrale, a ridosso di piazza Fiume, il progetto si è sviluppato secondo un atteggiamento sperimentale che mette insieme la visionarietà tecnologica, che è un po’ il marchio di fabbrica dello studio condotto da Odile Decq, a un pragmatismo che forse, conoscendo le

fiammeggianti performance della geniale architetta francese, era decisamente meno prevedibile. La

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costruttrice immaginifica, punk e dark, di spazi estremi smaterializzati nelle profondità del nero, nelle trasparenze del vetro e nella durezza delle pareti specchianti, in questo caso si dedica a un vero e proprio lavoro di ricamo ed esplora il territorio con attenzione e delicatezza, palmo a palmo. Il risultato è una profonda integrazione con gli spazi della ex birreria Peroni e con gli interstizi del tessuto edilizio del quartiere Salario, e la generazione di nuovi spazi memorabili ma gentili, accoglienti ed efficienti. Nella piazza sopraelevata e nelle connessioni tra le diverse parti del museo rinasce, rigenerata dalla vivezza del progetto contemporaneo, la convivialità delle piazze e delle strade di Roma che qui si ricompone in colori, luci e materiali di pura modernità. Di proprietà comunale, costato “solo” 20 milioni di euro contro i 150 del ricchissimo Maxxi, il Macro bilancia le attenzioni contestuali degli esterni con la forte espressività del percorso espositivo, basato su una passerella sospesa che, trafiggendo le sequenze delle sale, invita a un rapporto rapido

ma intenso, con l’arte. Come in molti musei dell’ultima generazione, dal Guggenheim di Bilbao, di Frank Gehry, al Kiasma di Helsinki di Steven Holl, sia Hadid che Decq hanno rifiutato di pensare il museo come un contenitore neutrale (scelta seguita, per esempio, dall’ultima addizione del MoMA di New York) per conferire

all’architettura una centralità importante e per fare in modo che diventi essa stessa fattore di richiamo, di riconoscibilità e qualità. Il disegno degli spazi espositivi e dei percorsi diventa quindi, nei due nuovi musei romani, un fattore decisivo per cui, attraverso i suoi caratteri scultorei, visivi e tattili, l’architettura partecipa da protagonista alla percezione e all’esperienza diretta delle opere esposte.

due tra Le oPere esPoste nei nuovi sPaZi deL macro:

silence still GoveRns ouR consciousness,

deLL’americano JacoB hashimoto, è una grande instaLLaZione di eLementi sosPesi aLL’insegna deL movimento e deLLa FLuidità, che creano neLLo sPettatore La sensaZione di essere “circondato da una Foresta di FiLi e aquiLoni”.

micRo, auReo, adela, oPera deLLo sPagnoLo Jorge

Peris, tematiZZa iL saLe, mineraLe FondamentaLe Per La vita e Bene comune Per L’aLimentaZione deLL’uomo. (foto di altRospazio)

macro. i nuovi sPaZi, Presentati aL PuBBLico neL maggio 2010, con una seLeZione di oPere d’arte sceLte aPPositamente Per diaLogare

con La struttura architettonica. iL Programma deLL’estate 2010 comPrende mostre di aaron young, JacoB hashimoto, Jorge Peris, João Louro, giLBerto Zorio, Luca trevisani, aLFredo Pirri. neLLe immagini, iL Foyer, con iL voLume rosso BriLLante deLL’ auditorium, e Le saLe esPositive attraversate daLLa PassereLLa sosPesa. (foto di GeoRGes fessy e altRospazio).

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