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Tutti i colori del Brasile. O Mulato, Aluisio de Azevedo

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INTRODUZIONE

Caricaturista, scrittore, drammaturgo e diplomatico molti incarichi e un unico obiettivo. Aluísio de Azevedo, originario di São Luís do Maranhão, ritrae nei suoi lavori l‟identità «miscigenada» del Brasile, ovvero mescolata tra diverse culture: portoghese, indigena e africana. Oltre a raffigurare in modo fedele tutti i colori del paese, appunto popolato da bianchi, meticci, neri e mulatti, lo scrittore maranhense ci offre la visione di come tante razze nella sua epoca convivono insieme, in un territorio che basa la propria economia su un sistema schiavista e agrario; si sofferma sui temi più dibattuti del momento, che riguardano la campagna abolizionista, i preconcetti della classe padronale e del mondo provinciale, il clero che esercita un‟influenza negativa sulla popolazione e, negli ultimi romanzi, l‟emigrante europeo giunto a sostituire lo schiavo nero dopo l‟abolizione della schiavitù nel 1888. Crudo e terribilmente vero nelle descrizioni, Aluísio de Azevedo dimostra di aver appreso dai maestri europei la lezione naturalista. Scruta attentamente la realtà, indaga i tipi, i costumi e le usanza della sua provincia e della città di Rio de Janeiro; si reca personalmente nei luoghi che fanno da sfondo alle sue storie a raccogliere tutte le informazioni necessarie per offrire al lettore, sotto forma di racconto, cronaca, romanzo o disegno frammenti del suo mondo.

Quando, nel 1881, porta alle stampe O mulato, la letteratura brasiliana cambia il modo di osservare la realtà e di descrivere gli individui che la abitano. Nulla è più idealizzato, il modello letterario entra in crisi e nella

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narrazione, che diventa oggettiva, il narratore prende il controllo diventando onnisciente e i personaggi assumono un ruolo diverso. Fino a questo momento, nelle opere letterarie brasiliane tutti gli individui che possedevano sangue «impuro e negro» venivano presi in considerazione solo come personaggi secondari o mere comparse al limite del pittoresco. Invece, Aluísio de Azevedo decide di elevare a protagonista il figlio di un portoghese e di una schiava nera. Egli è il primo autore a rileggere le vicende del Brasile del XIX secolo attraverso un personaggio mulatto, il giovane Raimundo che, dopo aver terminato gli studi in Europa torna nel suo paese di origine, una provincia ancora radicata in un complesso di idee tradizionaliste e razziste.

O mulato si presenta come una unità da dividere artificialmente in due parti: il nucleo narrativo (il caso amoroso tra Raimundo e Ana Rosa) e un ostacolo (Raimundo è mulatto e la società non accetta la sua diversità). La storia di questo mulatto inoltre induce il lettore a riflettere sulla condizione di vita dei cittadini brasiliani del XIX secolo e sul pregiudizio razziale, un tema che tra l‟altro ancora oggi è molto discusso soprattutto in quelle società, come la nostra, che ormai si possono definire multietniche. O mulato è un romanzo sociale che può offrire degli spunti di lettura sul modo in cui l‟essere umano vede l‟«altro» in una società multirazziale ma non integrata, dove il «non bianco» è considerato inferiore ed è emarginato.

In ogni caso, prima di procedere all‟analisi di quest‟opera naturalista brasiliana, si cercherà con questo elaborato di fornire un quadro generale storico e letterario, con particolari riferimenti al Portogallo perché, per ovvie

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ragioni, storiche e linguistiche, ha più volte influenzato gli sviluppi sociali e letterari della colonia prima, ed ex-colonia poi. In più, si concentrerà l‟attenzione sullo schiavo africano, deportato dai colonizzatori portoghesi in Brasile a partire dal XVI secolo e, in poche battute, si commenterà la terminologia schiavista per riuscire infine a comprendere in quale contesto il personaggio del nero e i suoi discendenti si inseriscono, quando entrano a far parte della letteratura brasiliana.

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1. NASCITA E SVILUPPO DEL REALISMO E DEL

NATURALISMO IN EUROPA

La pittura è un‟arte essenzialmente concreta e può consistere nella rappresentazione di cose reali e esistenti. È un linguaggio fisico che ha per parole tutti gli oggetti visibili. Un oggetto astratto, invisibile, che non esiste non è di dominio della pittura.

GUSTAVE COURBET,

Lettre a un groupe de jeunes artistes de Paris.

Tra la fine del XVIII secolo e la prima metà del XIX secolo l‟Europa attraversa un periodo di cambiamento sociale e culturale.

Sul piano sociale, i primi sviluppi cominciano a notarsi con la prima Rivoluzione Industriale1, quando si registrano imponenti flussi migratori di famiglie europee, che decidono di trasferirsi dalle campagne alle città in via di industrializzazione. La massa contadina decide di abbandonare l‟agricoltura per le industrie e di conseguenza gli artigiani diventano operai. Per queste ragioni, una nuova classe sociale urbana comincia a formarsi: il proletariato. Il proletariato però, privato da ogni genere di assistenza e di diritto, è destinato da subito alla povertà. Gli operai, oltre a vivere in un ambiente malsano, sono costretti a lavorare nelle fabbriche in condizioni disumane e a ritmi massacranti. Mentre tutto questo accade, la classe borghese capitalista si

1 Il primo processo di industrializzazione avviene durante la cosiddetta Rivoluzione industriale del XVIII secolo, che inizia in Inghilterra e in seguito, si propaga in altre zone, come la Francia, alcune aree dell‟Impero asburgico e dell‟Italia settentrionale. Poi, a fine del XIX secolo, dopo un lungo periodo di crisi economica (la Grande depressione), si verifica una ripresa e vengono introdotte nuove invenzioni e tecnologie (fase definita dagli storici come Seconda Rivoluzione industriale).

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consolida, si arricchisce e riesce a conquistare anche il posto dell‟aristocrazia, che già aveva iniziato a perdere i suoi privilegi sociali.

Alla base della Rivoluzione industriale si fondano le grandi scoperte scientifiche e tecnologiche che, tra il XVIII e il XIX secolo, contribuiscono al progresso e al benessere dell‟uomo e che assicurano una migliore condizione di vita. Basta pensare al perfezionamento della macchina a vapore, lo sfruttamento delle miniere di carbone, l‟industria chimica che produce concimi, colori artificiali e zucchero; ma anche alle nuove efficaci reti di trasporto, come la ferrovia e la navigazione e sul finire del XIX secolo, la diffusione dell‟elettricità, il perfezionamento del motore a scoppio e il telegrafo affiancato poco dopo dal telefono.

In realtà, la produzione industriale aumenta solo i problemi sociali. Il decollo industriale contribuisce a sviluppare soprattutto il benessere del ceto borghese, detentore dei mezzi di produzione. Mentre, come è stato già detto, il ceto proletario non vive nell‟agiatezza: anzi, è ridotto in miseria e stremato dal lavoro. Lo sviluppo capitalistico accentra la ricchezza, che non viene mai distribuita equamente nella società, e genera disuguaglianze tra la popolazione. La borghesia si consacra come classe dominante e oppressiva, costruendo la propria forza attraverso lo sfruttamento del proletariato, la nuova classe che con il tempo crescerà di numero e si raggrupperà per difendere il livello del proprio salario.

La disparità tra i borghesi e i proletari suscita l‟interesse di alcuni teorici. Infatti, a cavallo tra i secoli XVIII e XIX, dall‟analisi dei problemi

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sociali e politici tra le due classi, nascono delle dottrine filosofiche, politiche ed economiche, quali ad esempio il Liberalismo2 e il Socialismo utopistico3.

Inoltre, nei primi decenni dell‟Ottocento si sviluppa un nuovo atteggiamento filosofico, il Positivismo. In tutta Europa, si afferma la filosofia positivista come risposta ai progressi scientifici che avevano prodotto un sentimento positivo di fiducia nell‟uomo. Secondo questa filosofia, la scienza è l‟unico metodo valido di conoscenza e, per questa ragione, ogni spiegazione astratta e metafisica deve essere rifiutata. Come sostiene Auguste Comte4, è necessario prendere le distanze dai principi metafisici, mettere da parte l‟idealismo romantico e privilegiare invece lo studio della realtà concreta.

Oltre a studiare la realtà in modo oggettivo, i positivisti vengono influenzati dalle teorie di Charles Darwin (1809-1882) sull‟evoluzione delle specie e la selezione naturale, pubblicate nell‟opera The origin of species (L’origine delle specie, 1858). Il filosofo positivista inglese Herbert Spencer (1820-1903), ad esempio, nei dieci volumi che compongono la sua opera, System of synthetic philosophy (1862-1896) estende i principi

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Il filosofo ed economista scozzese Adam Smith (1723-1790) attraverso la teoria del Liberalismo economico, propone il libero commercio senza controllo dello Stato, e il lavoro individuale e parcellizzato con lo scopo di ottenere un maggiore numero di operai e moltiplicare le attività. Per approfondimenti sul tema, cfr. J-J. CHEVALLIER, Le grandi opere

del pensiero politico, Bologna, Il Mulino, 1998, pp. 304-307.

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I socialisti «utopisti» difendono i principi di una società ideale. Infatti, si definiscono utopisti perché immaginano di costruire nuovi modelli d‟organizzazione della società, criticando il sistema capitalistico e tentando, attraverso le loro teorie, di migliorare la condizione del proletariato. Tra i socialisti che si occupano del rapporto tra economia e società si distinguono: l‟inglese Robert Owen (1771-1858) e i francesi Charles Fourier (1772-1837), Claude Henry Saint-Simon (1760-1825) e Pierre Joseph Proudhon (1809-1865). Si veda ancora lo studio dettagliato di J-J. CHEVALLIER, citato in nota 2.

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Auguste Comte (1798-1857), filosofo e sociologo francese. Considerato il padre del Positivismo, Comte tiene, dal 1830 al 1842, un Cours de philosophie positive al Louvre, dove insegna a rifiutare ogni metafisica in nome della scienza razionalista e determinista.

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dell‟evoluzionismo darwiniano allo sviluppo della società umana e delle sue istituzioni, interpretando la realtà come il risultato di un processo evolutivo e stabilendo che l‟umanità può essersi evoluta gradualmente, secondo principi deterministici. Dunque, si può affermare che, secondo i positivisti, in natura nulla avviene per caso o sotto la guida di una divinità, ma tutto accade secondo ragione e necessità e a ogni causa ne segue necessariamente un determinato effetto.

Anche in campo letterario si riscontrano gli stessi aspetti. Come afferma sempre intorno agli anni Sessanta del XIX secolo, il filosofo Hippolyte Adolphe Taine5, difensore del determinismo psicologico, anche in letteratura si può trattare di realtà concreta e società contemporanea, con lo stesso metodo oggettivo e imparziale adottato dagli scienziati per lo studio dei fenomeni naturali.

Basandosi su queste idee, Taine è anche il primo a sostenere che l‟opera d‟arte è frutto di tre fattori fondamentali, che più avanti diventeranno caratteristiche principali di molte opere: race, milieu e moment, appunto, la razza (disposizione innata ed ereditaria dell‟uomo), l‟ambiente (organizzazione sociale) e il momento (evoluzione storica).

Le certezze positiviste determinano perciò un cambiamento anche in letteratura. In seguito ai progressi scientifici e filosofici, gli intellettuali si

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Hippolyte Adolphe Taine (1828-1893), storico, filosofo e critico letterario francese. Propone un modello di interpretazione della storia e dell‟opera letteraria che parte dalle implicazioni socio-politiche del suo tempo e dal pensiero positivista. Tra le sue opere, Essais de critique et

d’histoire (1858) e Nouveaux essais de critique e d’histoire (1865) che dedica a Honoré de

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sentono spinti verso una nuova concezione dell‟opera d‟arte iniziando a prendere le distanze dal movimento romantico. Vengono attratti dalla nuova filosofia, dall‟attenzione per la realtà e dalla fiducia nel progresso e nel metodo scientifico. Sulla falsa riga dei precetti positivisti analizzati da Comte, i romanzieri preferiscono abbandonare la visione idealista e spiritualista, la ricerca sull‟analisi dell‟interiorità dell‟uomo e il suo stato d‟animo. La loro intenzione non è più quella di voler raccontare storie frutto dell‟immaginazione o di ricreare epoche passate, come accadeva ad esempio nei romanzi di Walter Scott. Bensì vogliono descrivere e denunciare la condizione reale dell‟uomo, perché attraverso le loro parole, sono convinti di poter essere di aiuto a migliorare la società6.

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Cfr. il paragrafo «Positivismo letterario», in P. PELLINI, Naturalismo e Verismo, Scandicci, La nuova Italia, 1998, pp. 21-24.

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9 1.1 Una questione terminologica

La tendenza realista è sempre esistita, in tutte le opere di tutte le epoche. Ma il Realismo, inteso come movimento estetico-letterario, si genera solo tra il 1830 e il 1880, grazie all‟influenza dell‟ideologia positivista e come conseguenza di tensioni politiche, sociali ed economiche.

I critici e i letterati sono soliti far coincidere la nascita di questo nuovo genere in Francia, durante la cosiddetta Restaurazione.

Tra i primi a scrivere della realtà «che gli si faceva incontro», come dice Auerbach in Mimesis7 troviamo Stendhal (1783-1842), che pubblica Le rouge et le noir (1830) e Honoré de Balzac (1799-1850) con la sua grande opera La comédie humaine, composta tra gli anni Trenta e Cinquanta del XIX secolo. Cronologicamente appartenenti ancora al movimento romantico, i due scrittori ne determinano il declino in favore della prima scrittura realista. Le storie che essi propongono non sono più pura tragedia romantica mescolata a lunghe descrizioni. Per la composizione delle loro opere i due francesi cominciano ad avvalersi di documentazioni reali, fatti di cronaca e studi su usi e costumi locali.

Tuttavia, questi primi approcci di scrittura realista rappresentano ancora una società idealizzata e poco corrispondente a quella reale. In questa fase, risulta importante ancora il lato psicologico individuale dei personaggi, soprattutto di quelli che rappresentano la borghesia.

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E. AUERBACH, Mimesis, Il realismo nella letteratura occidentale, Vol. 2, Torino, Einaudi, 1956, p. 230.

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Infatti, l‟abilità compositiva degli scrittori francesi di quest‟epoca, ma anche di quelli del resto d‟Europa, fa in modo che il lettore possa commuoversi o percepire l‟effetto della suspense. Ciò è stato reso possibile grazie alla grande diffusione del romanzo d‟appendice o feuilleton, un genere ma anche una forma editoriale che nell‟Ottocento era diffuso a puntate in coda ai giornali o ai periodici e, solo in un secondo momento, era pubblicato nella forma classica del libro.

Il romanzo d‟appendice riscuoteva grande successo soprattutto tra il pubblico popolare, che era aumentato grazie all‟incremento della scolarizzazione e la conseguente diminuzione dell‟analfabetismo. Dunque, lo scrittore doveva fare i conti anche con ciò che piaceva al nuovo lettore, doveva trovare degli espedienti per attrarlo e convincerlo a continuare nella lettura, che potevano incidere, ad esempio, sui temi quali la condizione di povertà dei personaggi o la pietà.

Più avanti, al contrario, la miseria verrà presa in considerazione solo come motivo di denuncia sociale; anche le intenzioni dello scrittore muteranno, portandolo a fare più attenzione ai dettagli e a dedicarsi esclusivamente allo studio dell‟uomo e della società.

Difatti, in pieno Realismo, lo scrittore diventa un osservatore diretto della realtà contemporanea e portavoce del suo tempo; porta alle stampe un romanzo che è «realista» perché, come afferma Pellini, «inserisce la trama in un contesto storico-geografico (contemporaneo) preciso, dà una

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rappresentazione seria di tutti gli ambienti sociali e mette in scena il contrasto tra punto di vista e situazioni inconciliabili»8.

Oltre all‟osservazione dell‟ambiente, che si configura dunque come indagine sociale, gli scrittori realisti dimostrano un interesse per la condizione dell‟essere umano. Essi iniziano ad avere come obiettivo la descrizione di esso nella sua totalità e nella sua realtà quotidiana, dove può essere condizionato da fattori biologici, come l‟ereditarietà o influenzato da fattori sociali, come l‟ambiente in cui vive. Quindi, cominciano a incamminarsi verso un percorso imparziale, impersonale e obiettivo che, successivamente, evolverà nel Naturalismo in prosa e parallelamente nel Parnassianesimo in poesia.

Precisamente, il Naturalismo può essere considerato rielaborazione intensificata o estrema conseguenza del Realismo. Gli elementi che distinguono il Realismo dal Naturalismo sono soprattutto di base scientifica. Nel lasso di tempo in cui si sviluppano le due correnti, il pubblico inizia ad abituarsi al fatto che nella società esistano classi sociali meno abbienti e, sia nei grandi centri urbani, sia nei quartieri periferici, può esistere sofferenza e degrado. Non si può parlare sempre di temi futili o morbosi; dunque è necessario ritrarre anche quegli aspetti meno poetici del reale, abbandonare quell‟arte che si limita alla concezione del bello e raffigurare analiticamente la realtà quotidiana, smettendo di pensarla irrazionalmente. Non interessa più il «come va a finire», non c‟è più nessuna suspense o colpo di scena finale. Il

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romanzo naturalista si limita a registrare degli avvenimenti che appartengono al mondo reale.

Diversamente dai realisti, i naturalisti si concentrano sulla decadenza sociale. Oltre a ciò, non si soffermano più sull‟individuo, guardano invece alla collettività, alla classe media e, in particolare, al proletariato, l‟unica classe sociale che finora non era stata presa in considerazione dalla letteratura. Di conseguenza, la narrazione lascia il posto alle descrizioni che rallentano il ritmo perché sono «più ampie e non funzionali alla trama»9, e addirittura, possono avere un impatto molto forte e scioccare il lettore. Il racconto non è più accompagnato da commenti personali del narratore, come avveniva per esempio negli scritti di Honoré de Balzac, in cui era proprio il narratore a guidare in prima persona il lettore nella descrizione degli ambienti e dei personaggi. Durante l‟esposizione, il narratore naturalista, invece, non si permetterà più di giudicare l‟azione di nessun personaggio e, in consonanza con la teoria positivista del milieu, amplierà le descrizioni per spiegare meglio in che modo l‟ambiente possa avere tanta influenza sull‟uomo, rappresentando nel dettaglio ogni oggetto e personaggio presente nella scena.

Il narratore naturalista continua a far sentire la sua presenza ma, a differenza di quello realista, si limita a filtrare i fatti attraverso il punto di vista dei personaggi: diventa dunque un narratore onnisciente, che inizia a fare uso

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della tecnica del discorso indiretto libero e dell‟impersonalità, che «rifiuta sovrimporre schemi ideologici prefabbricati alle vicende dei personaggi»10.

In Francia, a preparare il terreno naturalista è Gustave Flaubert (1821-1880). Dopo la pubblicazione Madame Bovary (1857), l‟autore segna una tappa fondamentale nella storia del romanzo, conducendo il Realismo verso il Naturalismo. Infatti, Flaubert si allontana dal sentimentalismo e dal soggettivismo tipico delle manifestazioni romantiche; non si rivolge mai direttamente al lettore e, mediante l‟uso del discorso indiretto libero, propone la storia di una donna di provincia, adultera, che viene corrotta dalle false romantiche illusioni libresche. Emma, così è il nome della protagonista, è insoddisfatta del suo ambiente familiare e per evadere dalla noia quotidiana, sogna avventure e una vita di grandi passioni. Ma infine, questo suo atteggiamento di vivere una vita parallela e inventata (che dopo Madame Bovary sarà appunto definito «bovarismo»), la condurrà verso una realtà molto diversa da quella sognata, al suicidio.

L‟opera di Flaubert è considerata una delle «tante opere d‟arte incriminate e processate in questo periodo per oltraggio al pudore»11. Insieme a Madame Bovary, ci sono quelle narrazioni che infastidiscono la morale borghese per il crudo realismo. Un esempio che si può citare è il romanzo scritto a quattro mani dai fratelli Goncourt, Edmond (1822-1896) e Jules (1830-1870), Gérminie Lacerteux (1865).

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P. PELLINI, Op. cit., p. 46. 11

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I Goncourt sono tra i primi a scoprire il «fascino del repellente e del patologico»12 ad applicare alla narrazione un taglio documentaristico e a immergere le vicende in ambienti reali, impegnandosi in «un‟analisi della natura umana e sociale»13. Nella prefazione dell‟opera appena citata, i due fratelli enunciano alcuni dei principi che anticipano il modello zoliano. Ispirandosi alla vita di una loro devota serva, Edmond e Jules raccontano la storia di una popolana che vive ai margini della società borghese e che conduce una vita di perdizione. Continuando, spiegano la loro volontà di proporre una nuova materia, fino a quel momento evitata, avvisando il pubblico lettore: il romanzo è vero e si presenta come uno «studio» (definizione che vuole imporre l‟impianto scientifico e allontanarsi da tutto ciò che può essere immaginato) di un «caso clinico» (altro suggerimento che rimanda a qualcosa di scientifico) che riguarda «le classi inferiori» affinché anche «le miserie degli umili e dei poveri possano parlare all‟interesse, all‟emozione, alla pietà, tanto quanto le miserie dei grandi e dei ricchi»14.

Nel corso del XIX secolo, questo nuovo modo di intendere l‟arte culmina con il romanziere, nonché teorizzatore del movimento naturalista, Émile Zola (1840-1902).

Zola è tra i primi a usare la parola «naturalismo»15. Il maestro francese si occupa di raccogliere una sorta di documentazione umana e di rappresentare

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E. AUERBACH, Op. cit., p.275. 13

P. PELLINI, Op. cit., p. 9. 14

Cfr. Préface a Gérminie Lacerteux (1865), in E. BACCHERETI, Op. cit., pp. 109-110. 15

Il termine «naturalismo» ricorre per la prima volta in un articolo del 1858, specificatamente, in occasione della pubblicazione di un saggio di Taine su Balzac, sul «Journal des débats». Nel saggio, oltre a indicare l‟esigenza di un nuovo rapporto tra scrittore e realtà quotidiana, Taine

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con un punto di vista impersonale la società francese, dal ceto più basso a quello più elevato. In più, rileva i segni di decadenza e miseria, esaminando i luoghi più degradati o le pessime condizioni di vita dei lavoratori, come il malessere e il problema dell‟alcolismo nel volume dell‟Assommoir (1877), o in Germinal (1885), in cui racconta una vicenda drammatica incentrata sul lavoro in miniera.

Inoltre, per la composizione delle sue opere, prende in considerazione degli studi di tipo scientifico, come quello sulle leggi dell‟ereditarietà biologica del dottor Prosper Lucas, autore del Traité philosophique et physiologique de l’heredité naturelle (1850).

Infatti, le teorie divulgate da Lucas aiutano l‟autore francese a elaborare quell‟ambizioso progetto che si proponeva di studiare le varie vicende della famiglia Rougon Macquart, il ciclo de Les Rougon-Macquart, Histoire naturelle et sociale d’une famille sous le Second Empire (venti romanzi pubblicati tra il 1871 e il 1893). Con le leggi dell‟ereditarietà, Zola può «spiegare come una famiglia, un piccolo gruppo di persone, si comporta nella società […] di scoprire e di seguire, tenendo conto della duplice azione dei temperamenti individuali e degli ambienti sociali, il filo che conduce con certezza matematica da un uomo ad un altro uomo»16. In altre parole, egli si

sostiene che l‟autore della grande commedia umana abbia con sé tutti gli ingredienti per comporre un romanzo naturalista, quali il rifiuto dell‟ideale e l‟impianto scientifico. Invece, Zola usa la parola «naturalismo» nella prefazione di Thérèse Raquin (1868), l‟opera in cui illustra la storia di una donna adultera che spinge l‟amante ad assassinare il marito. Cfr. E. BACCHERETI, Op.cit., pp. 13-15. Per un ulteriore riferimento a Zola, si veda anche Préface

de la deuxième édition de Thérèse Raquin (1868) in É. ZOLA, Thérèse Raquin, Paris, Presses

Pocket, 1991, pp. 261-266. 16

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interessa al tema sociale e riflette sul comportamento umano, che può variare a seconda delle condizioni socio ambientali, meglio ancora, dalle persone che si frequentano (il carattere) o dalle caratteristiche innate (il temperamento), che appartengono all‟ereditarietà biologica, genetiche se vogliamo usare una terminologia più moderna.

Proseguendo con gli interessi di Zola, si può affermare inoltre, che le sue opere risentono anche dell‟influenza del pensiero di un altro studioso, un fisiologo sostenitore del metodo sperimentale in campo medico, il cui nome era Claude Bernard (1831-1878). In particolare, Zola è condizionato dal volume Introduction à l’étude de la médicine expérimentale (1865), in cui il fisiologo proponeva tre momenti di studio diversi: l‟osservazione dei fenomeni, l‟ipotesi sulle cause e l‟esperimento.

Non a caso, tra i molti scritti teorici che Zola porta alle stampe, ce n‟è uno, per di più considerato dai critici Manifesto del genere naturalista, intitolato Le roman expérimental (1880). Qui sostiene che il metodo sperimentale applicabile in medicina e chimica è estendibile alla letteratura.

Difatti, egli descrive la costruzione narrativa come una sorta di esperimento in vitro. Secondo il francese, lo scrittore deve partire da un‟ipotesi, osservare la natura e analizzare i fenomeni come un chimico nel suo laboratorio; «fotografare» un fenomeno dopo un‟attenta osservazione e riprodurlo esattamente, senza esprimere alcun giudizio. L‟autore stesso spiega nella sua Introduzione:

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nel romanzo sperimentale, si potranno certamente avanzare ipotesi sui problemi dell‟ereditarietà e sull‟influenza dell‟ambiente dopo aver rispettato quanto oggi la scienza conosce sull‟argomento […]. Il romanziere sperimentale è quello che coglie i fatti provati, mostrando nell‟uomo e nella società il meccanismo dei fenomeni di cui la scienza è padrona […] sforzandosi di controllare il più possibile il sentimento personale, l‟idea a priori, con l‟osservazione e l‟esperimento17

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Dunque il romanzo può essere usato come strumento d‟indagine, per documentare la società e ogni suo male e, come la scienza, il mezzo per migliorare la qualità della vita. Con l‟aiuto dell‟osservazione, il romanziere compie un vero e proprio esperimento e, come un vero scienziato che deve dubitare delle proprie interpretazioni, cercare un principio e giungere a una verità.

Tuttavia, la realtà documentata da Zola resta il frutto di una scelta soggettiva dello scrittore. Come afferma Pellini, il maestro francese condivide l‟esigenza di conciliare vero e verosimile, di conquistare la fiducia del pubblico con un effetto di reale18. Come lo scienziato ricostruisce i fatti secondo la logica del determinismo, così il narratore sceglie dei dettagli per dare l‟illusione del vero, secondo la logica ordinaria dei fatti. Allora Zola, insieme agli altri naturalisti presenta una realtà verosimile, ovvero, inserisce scene tipiche, frequenti o comuni per andare incontro alle esigenze del racconto. E lo stesso procedimento lo mette in pratica per lo scorrere del tempo, più veloce rispetto agli eventi «naturali». Difatti, i naturalisti devono essere in grado di scegliere cosa mettere in luce, quali dettagli inserire nel romanzo, allo scopo di dare l‟illusione del vero. Il loro compito è raccontare solo gli eventi più

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E. SCOLARI, Introduzione a É. Zola. Il romanzo sperimentale, Parma, Pratiche,1980, p. 90. 18

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significativi, le piaghe più tristi della società, il cosiddetto fait divers che appartiene a una realtà più ristretta e irregolare. Per questa ragione, lo spazio dei romanzi naturalisti è quasi claustrofobico. La realtà descritta si limita all‟interno di un quartiere o in un spazio ancora più piccolo, come ad esempio le mura di un edificio, di un ospedale o di una casa. E proprio in questo spazio può avvenire di tutto, per di più fatti che si discostano dalla normalità, appunto diversi, episodi truculenti che necessitano infine di essere denunciati attraverso la penna dello scrittore19.

1.2 Naturalismo: diffusione della corrente letteraria

Le pubblicazioni di Zola cominciano a circolare nel resto d‟Europa e pertanto contribuiscono velocemente alla diffusione del movimento nato in Francia.

Nel nostro paese, in piena consonanza con il Naturalismo zoliano, in particolare, si distinguono due correnti: la Scapigliatura e il Verismo.

In realtà, la Scapigliatura non è da considerarsi un vero e proprio movimento artistico letterario; è soltanto un termine di definizione per l‟individuazione di un gruppo di giovani letterati che si riuniscono tra gli anni Sessanta e Settanta del XIX secolo, a Milano attorno a Cletto Arrighi (1830-1906), considerato il capiscuola.

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La Scapigliatura si radica in un‟area circoscritta geograficamente del paese, soprattutto in Lombardia e in Piemonte, dove c‟erano i giusti presupposti «industriali» e culturali per comprendere e assimilare la lezione del francese. In più, il termine «scapigliatura» significa disordinato; indica tutto ciò che va contro le regole e i valori tradizionali della società. Deriva da un romanzo del già citato Arrighi, La Scapigliatura e il 6 febbraio (1862), in cui è narrata la storia di sei giovani intellettuali che conducono uno stile di vita bohémien, appunto, fuori dagli schemi.

Difatti, i giovani scapigliati esaltano lo spirito della libertà, l‟anticonformismo e l‟anticlericalismo; si organizzano per andare contro il gusto romantico, rifiutare i valori borghesi e ricercare il «vero», ma non accettano l‟idea del progresso in senso positivistico. Mentre, sul piano linguistico, mescolano stili e registri, accostando i detti popolari e i dialetti alla lingua letteraria.

L‟altra manifestazione che in Italia allude a rappresentare gli aspetti più umili della realtà si riconosce in tre scrittori, di origine siciliana, che diffondono principi simili alla corrente letteraria francese, ma con il termine di Verismo e sono: Luigi Capuana (1839-1915), Giovanni Verga (1840-1922) e Federico De Roberto (1861-1927).

Capuana è considerato il teorico del movimento. Infatti, convenzionalmente si indica la nascita del Verismo proprio con la pubblicazione di una sua opera, Teatro italiano contemporaneo (1872),

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attraverso la quale, sulla scia dei francesi, egli teorizza l‟impersonalità del narratore, riducendone drasticamente la presenza.

Come era accaduto in Francia, gli scrittori veristi si concentrano su delle tematiche trascurate dai romantici, in particolare, il lavoro minorile e il disagio sociale, e sulla rappresentazione del povero mondo contadino.

Verga, in particolare, supera la visione idealista e spiritualista propria dell‟età romantica, utilizza il canone dell‟impersonalità e applica allo studio della società umana gli stessi strumenti con cui gli scienziati erano soliti indagare la natura. Di conseguenza, adatta anche l‟uso della lingua, cogliendo l‟autenticità di certi ambienti in cui a esprimersi erano soprattutto operai, contadini (si pensi alle novelle di Verga, Rosso Malpelo, del 1878, o alla triste storia di Nedda, del 1874), uomini politici o altri che parlavano dialetti e avevano l'abitudine di usare termini scientifici.

Gli scrittori veristi provengono da una realtà arretrata del meridione, molto diversa anche da quella vissuta dagli Scapigliati con i quali però condividono l‟idea che un‟opera letteraria di denuncia non possa apportare dei cambiamenti positivi e migliorare la società. Per di più, l‟obiettivo dei veristi differisce anche da quelli che la critica letteraria è solita definire «regionalisti» perché la loro analisi non è mera descrizione di paesaggi o costumi locali, bensì denuncia sociale e studio di alcune aree, soprattutto quelle del Mezzogiorno, sottosviluppate e abbandonate. Difatti, si concentrano su un‟area precisa della penisola italiana, rurale, per niente industrializzata e urbana e, come nei casi

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dei francesi, cercano di scoprire le peculiarità etnografiche e ricostruire, intellettualmente, la realtà.

Spostandoci nell‟area iberica, invece, si nota che il nome di Zola comincia a circolare in Spagna intorno al 1876. Ciò nonostante, in questo paese le prime traduzioni delle opere del maestro francese vengono pubblicate solo a partire dagli anni Ottanta, quando nel frattempo a Madrid si svolge un ciclo di conferenze sul Naturalismo. Poi, dai dibattiti sulla nuova corrente gli scrittori spagnoli metteranno a punto il metodo naturalista nella pratica romanzesca. Tra i più illustri, si ricordano Benito Pérez Galdós (1843-1920) che comincia a scrivere La desheredada, un‟opera esemplare data alle stampe nel 1881; e l‟asturiano Clarín (1852-1901), pseudonimo di Leopoldo Alas, che accetta l‟aspetto teorico del Naturalismo, ricreandolo in una sfera tipica spagnola20

. Galdós è considerato un attento osservatore come Zola. Pone l‟accento sulla degradazione morale, riflette sulla povertà, l‟ambizione e l‟invidia che prova il proletariato per le classi superiori. Ma l‟osservazione analitica e psicologica di Galdós, a differenza del maestro francese, non cade mai in un linguaggio indecoroso, nonostante lo spagnolo decida di inserire ugualmente descrizioni dei bassi fondi, applicare la legge della verosimiglianza o di far parlare i suoi umili personaggi in modo popolare.

Mentre Clarín mescola nei propri saggi la critica sociale a quella letteraria; osserva la società contemporanea spagnola anche se non crede che la

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In Spagna, altri autori si distinguono per l‟applicazione del metodo sperimentale di Zola. C‟è anche una donna, la scrittrice gallega Emilia Pardo Bazán (1851-1921) che usava il romanzo come trasposizione della vita. Per approfondimenti sulla letteratura spagnola del XIX secolo, cfr. J. CANAVAGGIO, Historia de la literatura española, Vol. 3, Barcelona, Ariel, 1995, pp. 168-186.

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novela naturalista possa funzionare come strumento di studio della società coeva. Infatti, secondo Clarín l‟arte non può mai essere pari alla scienza. In ogni modo, molti dei caratteri naturalisti esaminati precedentemente si ritrovano in una sua opera in particolare La Regenta (1884). Con questo esempio, Clarín mette alla prova l‟individuo nell‟ambiente in cui vive e, sulla falsa riga di Emma Bovary, denuncia la degradazione di Ana Ozores che cerca di compensare le proprie insoddisfazioni della vita con l‟adulterio.

Per concludere, le novità letterarie e filosofiche nate in Francia si diffondono anche in un‟altra regione della Penisola iberica: il Portogallo. Qui fa sentire la sua voce uno dei più importanti romanzieri dell‟Ottocento europeo, Eça de Queirós (1845-1900), di cui si parlerà nel prossimo paragrafo.

1.2.1 Il Portogallo e la «Geração de ‘70»

Nello stesso tempo, anche in Portogallo si diffonde un nuovo spirito. Superato il periodo delle invasioni francesi, della fuga della famiglia reale in Brasile, del protettorato inglese, e della guerra civile tra assolutisti e liberali, in linea con le altre realtà europee, anche i portoghesi dalla metà dell‟Ottocento possono dare inizio al loro momento di pace sociale e politico, generalmente ricordato come «Regeneração»21.

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La «Regeneração» corrisponde al periodo storico portoghese che va dal 1851 al 1870 e si fonda sul rotativismo, ovvero sull‟alternanza del potere tra conservatori e liberali. Si veda, almeno per un quadro storico-politico essenziale, J. H. SARAIVA, Storia del Portogallo, Milano, Mondadori, 2007, pp. 268-281.

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In molte città portoghesi, grazie all‟incremento economico e il miglioramento infrastrutturale, vengono realizzate opere pubbliche e industriali, come la costruzione della rete ferroviaria e l‟installazione di fabbriche22. Come ricorda più avanti lo scrittore Eça de Queirós23, proprio attraverso la rete ferroviaria cominciano a entrare in Portogallo «torrentes de coisas novas, ideias, sistemas estéticas, formas, sentimentos, interesses humanitários...»24.

Come in Francia, con l‟avvio dell‟industrializzazione, anche nella letteratura portoghese si assiste a un graduale cambiamento: la trasformazione consiste nella sostituzione dell‟artista romantico della prima generazione, che nei primi decenni dell‟Ottocento formava la collettività attraverso la rappresentazione di epoche passate, scene e personaggi che stimolavano lo spirito nazionale portoghese, con un nuovo tipo di scrittore che preferisce abbandonare l‟espressione sentimentale e scrivere romanzi d‟ambientazione

22

La politica di promozione delle opere pubbliche si deve al ministro Fontes Pereira de Melo: da qui la definizione di fontismo per il periodo in questione. Tra le realizzazioni portate a termine, è importante ricordare la costruzione di due ponti ferroviari in ferro che si trovano tutt‟oggi nella città di Oporto e che sono stati progettati dall‟ingegnere belga Théophile Seyrig secondo i canoni rivoluzionari del suo maestro, Gustave Eiffel: il ponte Maria Pia, costruito tra il 1875 e il 1877 e il ponte D. Luís I, costruito tra il 1881 e il 1886.

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José Maria Eça de Queirós (1845 - 1900), scrittore e diplomatico portoghese. È considerato il maestro del romanzo portoghese moderno e il principale scrittore realista che riuscì a conquistare fama internazionale tra tutti quelli della sua generazione. È stato console del suo paese all‟Avana, in Inghilterra e in Francia. Tra le opere che ha pubblicato (molte postume), si ricordano Prosas bárbaras (1903) e O mistério da estrada de Sintra (1870) di gusto romantico,

O primo Basílio (1878) e O crime do padre Amaro (1880), di indole realista-naturalista e O mandarim (1880) in cui l‟osservazione e la preoccupazione del reale vengono scavalcati

dall‟immaginazione di uno spazio esotico orientale. Per approfondimenti, cfr. C. REIS, O

essencial sobre Eça de Queirós, Lisboa, Imprensa Nacional - Casa da Moeda, 2005.

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«torrenti di cose nuove, idee, sistemi, estetiche, forme, sentimenti, interessi umanitari…» (trad. V. TOCCO, Op. cit., p. 165). Sul tema, cfr. il volume pubblicato in memoria di Antero de Quental nel 1896 da Eça de Queirós in E. DE QUEIRÓS, Antero de Quental, in Notas

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contemporanea, per mostrare i cambiamenti della società. Si è soliti denominare questi autori come «romantici di seconda generazione». Tra questi spiccano, Júlio Dinis, pseudonimo di Joaquim Guilherme Lopes Coelho (1839-1871), autore di A morgadinha dos canaviais (1868) e Os fidalgos da casa mourisca (1871) e, in particolare, caratterizzato da una scrittura più critica e ironica, Camilo Castelo Branco (1825-1890), l‟autore del famoso dramma di amore e morte Amor de perdição (1862).

Dopodiché, nella seconda metà dell‟Ottocento, con la crisi definitiva del Romanticismo, una nuova generazione ancora, romperà ogni tipo di rapporto con il movimento precedente, allontanandosi dalla retorica e dalla fantasia e si orienterà verso una rappresentazione più reale, concreta e analitica della società.

Si può dire quindi che il Realismo portoghese comincia quando una nuova generazione di scrittori, nati a ridosso della metà del secolo, prediligendo una riflessione sulla società coeva, abbandona certi elementi, come il sogno e l‟immaginazione, e nella costruzione dei romanzi mette da parte i mondi idealizzati e i personaggi sovrannaturali.

La nuova generazione portoghese è composta da un gruppo di studenti dell‟Università di Coimbra che comincia a riunirsi a partire dal 1865 e, influenzato dalle nuove teorie (come abbiamo già detto: il positivismo di Comte, l‟evoluzionismo di Darwin e il determinismo di Taine), favorisce la nascita del Realismo in Portogallo.

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Tra gli esponenti di questa nuova generazione, il più celebre è il poeta e pensatore Antero de Quental (1842-1891). Egli si oppone insieme agli altri studenti universitari alla cultura ufficiale, dando il via a una polemica letteraria, ricordata come «Questão Coimbrã» ma conosciuta anche come «Bom senso e bom gosto», dopo la risposta dello stesso Antero al poeta António Feliciano de Castilho (1800-1875), il quale in una postfazione al romanzo Poema da mocidade di Manuel Pinheiro Chagas (1842-1895), attaccava i nuovi modelli letterari che si stavano formando, oltre ad auspicare che Chagas ottenesse l‟assegnazione della cattedra di letteratura portoghese.

In occasione di questo episodio, insieme agli altri giovani intellettuali di Coimbra, Antero affronta Feliciano de Castilho. Immediatamente dichiara che sarebbe dovuto essere eliminato dal mondo della letteratura e dimostra di opporsi alla degenerazione romantica e all‟arretratezza culturale del paese.

La nuova generazione, nota come «Geração de „70», manifesta il desiderio di volersi battere per una letteratura diversa, per una letteratura attraverso la quale poter osservare i problemi i sociali, economici e culturali del paese. Dunque, i giovani di Coimbra si riuniscono per discutere dello sviluppo economico «fontista», del gusto ultraromantico e contrapporsi alla cultura tradizionale.

In seguito, parte di questi giovani si incontra nuovamente a Lisbona, precisamente nel 1871, a casa di Antero de Quental. Insieme organizzano il cosiddetto «Cenáculo» e danno inizio alle cosiddette «Conferências Democráticas do Casino». Oltre ad Antero de Quental, facevano parte del

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gruppo Eça de Queirós, Oliveira Martins (1845-1894), Ramalho Ortigão (1836-1915), Salomão Sáraga (1842-1900), Guerra Junqueiro (1850-1923) e Teófilo Braga (1843-1924). Quest‟ultimo, diventerà il primo presidente della Repubblica portoghese nel 1910.

Durante le conferenze, cominciano a divulgarsi ideali rivoluzionari e a diffondersi uno spirito antimonarchico. Addirittura, tra gli intellettuali comincia a spargersi il pensiero di una possibile unione tra Portogallo e Spagna.

Tuttavia, non tutti i giovani del «Cenáculo» dimostrano di essere favorevoli al federalismo iberico, ma come sosteneva il già citato scrittore Eça de Queirós, il pericolo di perdere l‟indipendenza nazionale poteva essere un buon motivo per riaccendere il patriottismo25.

Inoltre, il gruppo non riesce ad articolare tutte le conferenze come da programma. Purtroppo, le riunioni vengono interrotte a causa di un‟ordinanza del governo che decide di chiuderle, giustificandosi in questo modo:

Tendo chegado ao conhecimento de S. M. El-Rei, por informação do governador civil de Lisboa e publicações dos jornais, que no Casino Lisbonense, no Largo da Abegoaria, desta capital, se celebram reuniões públicas, com a denominação de «conferências», nas quais se tem feito uma série de prelecções, em que se expõem e procuram sustentar doutrinas e proposições que atacam a religião e as instituições políticas do Estado; e sendo certo que tais factos, além de constituírem um abuso do direito de reunião, ofendem clara e directamente as leis do reino e o código fundamental da Monarquia, que os poderes públicos têm a seu cargo manter e fazer respeitar: determina o mesmo augusto senhor, conformando-se com o parecer do conselheiro procurador-geral da Coroa e Fazenda, que o governador civil de Lisboa não consinta as referidas reuniões e conferências, tanto no local em que têm sido celebradas até agora, como em qualquer outro escolhido pelos prelectores, e que para

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V. TOCCO, Breve storia della «Questione iberica», in «Mondo Lusofono», Vol. 1, 1998, pp. 9-12.

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este fim faça intimar esta resolução às pessoas que pretendem celebrar as aludidas reuniões e aos donos das casas para onde essas reuniões forem convocadas, sob pena de se proceder contra os transgressores em conformidade das leis.

Avendo S. M. Il-Re avuto conoscenza dalle informazioni del governatore civile di Lisbona e dalle pubblicazioni dei giornali, che nel Casinò di Lisbona, in Largo da Abegoaria di questa capitale, si celebrano riunioni pubbliche, con la denominazione di «conferenze», nelle quali sono stati proferiti una serie di interventi, in cui sono state esposte e sostenute dottrine e affermazioni che attaccano la religione e le istituzioni politiche dello Stato, essendo certo che tali fatti, oltre a costituire un abuso del diritto di riunione, offendono chiaramente e direttamente le leggi del regno e il codice fondamentale della Monarchia, che le autorità pubbliche hanno l‟incarico di mantenere e far rispettare: determina lo stesso augusto monarca, sentito il parere del consigliere e procuratore generale della Corona e del Tesoro, che il governatore civile di Lisbona non consenta tali riunioni e conferenze, sia nel locale in cui si sono tenute finora, sia in qualsiasi altro luogo scelto dagli organizzatori e che a questo scopo intimi tale risoluzione alle persone che pretendono celebrare le citate riunioni e ai padroni di casa dove entualmente dette riunioni siano convocate, sotto pena di procedimento penale dei trasgressori in conformità alle leggi (trad. mia)26.

Allora si scioglie ma tornerà comunque a riunirsi un‟ultima volta negli ultimi anni dell‟Ottocento. Con il raggiungimento della crisi del Positivismo, il gruppo si sentirà disilluso e accomunato dal disinganno e dalla consapevolezza di non essere riuscito a cambiare la società così come volevano quando erano giovani. Alla fine del XIX secolo, la società portoghese nonostante lo sviluppo delle nuove tecnologie, non mostra segni di progresso e neppure sul piano politico ed economico risultano miglioramenti.

Per queste ragioni, il gruppo che era stato definito in un primo momento da Eça «jantante» perché era solito ritrovarsi a cena al Caffè Tavares sarà invece ricordato come quello dei «Vencidos da vida» (figura 1.1).

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Cfr. Centro de investigação para tecnologias interactivas,

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Figura 1.1: Foto di gruppo dei Vencidos da Vida. Da sinistra a destra, in primo piano: Ramalho Ortigão, Eça de Queirós, il conte Ficalho e António Cândido. Da sinistra a destra, in secondo piano: il conte di Sabugosa, Carlos Lima Mayer, Carlos Lobo de Ávila, J.P. Oliveira Martins, il marchese di Soveral, Guerra Junqueiro e il conte Arnoso.

1.2.2 Le «Conferências do Casino» e il Realismo di Eça de Queirós

Le «Conferências do Casino» hanno inizio il 22 maggio 1871 e vengono interrotte dopo un mese quando Salomão Sáraga, prendendo spunto da un libro di Ernest Renan su La vita di Gesù (1863), si preparava a intervenire sui biografi critici di Gesù.

Tuttavia, riescono a fare per intero il loro intervento: Antero de Quental, sulle cause che hanno generato la decadenza sociale, culturale, politica ed economica nella Penisola Iberica, come l‟espansionismo coloniale, il centralismo monarchico e lo strapotere dell‟Inquisizione; il professore Augusto Soromenho, sui valori che avrebbe dovuto avere la letteratura nazionale, ed Eça de Queirós, sulla letteratura realista, nella conferenza dal titolo A literatura nova ou o Realismo como nova expressão de arte27.

Quest‟ultimo si interroga su che cosa sia il Realismo esponendo una sorta di trattato estetico. Secondo lo scrittore portoghese, il Realismo deve

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essere del suo tempo e guardare alla vita contemporanea, alla giustizia e alla verità, criticare i temperamenti e i costumi perché l‟arte non è destinata a lasciare impressioni provvisorie ma attraverso il suo fine morale, deve saper correggere e insegnare.

Il testo originale della sua conferenza anche se purtroppo è andato perduto, è stato ricostruito a partire dai giornali di allora da António Salgado Júnior. Di seguito, l‟estratto in cui riafferma:

Que é, pois, o Realismo? Para Eça não é simplesmente um processo formal: é uma base filosófica para todas as concepções do espírito, uma lei, uma carta de guia, um roteiro do pensamento humano, na eterna região artística do belo, do bom e do justo. Assim considerado, o realismo deixa de ser, como alguns podiam falsamente supor, um simples modo de expor – minudente, trivial, fotográfico. Isso não é realismo [...]. O Realismo é bem outra coisa: é a negação da arte pela arte; é a proscrição do convencional, do enfático e do piegas.

Che cos‟è dunque il Realismo? Per Eça non è semplicemente un processo formale: è una base filosofica per tutte le concezioni dello spirito, una legge, una guida, una mappa del pensiero umano, nell‟eterna regione artistica del bello, del buono e del giusto. Considerato in questo modo, il realismo non è più, come alcuni potrebbero supporre erroneamente, un semplice modo di esporre: minuzioso, triviale, fotografico. Questo non è realismo […]. Il Realismo è ben altra cosa: è la negazione dell‟arte per l‟arte; è la proscrizione del convenzionale, dell‟enfatico e dello svenevole (trad. mia)28.

Questo è il momento in cui Eça de Queirós sviluppa un‟attitudine critica di tipo realista. Se prendiamo in considerazione la divisione proposta da Carlos Reis riguardo la produzione queirosiana, si può affermare che è in questi anni attorno alle «Conferências» che Eça determina il passaggio dalla fase di «aprendizagem da escrita» a quella di «escrita do real», vale a dire, da

28

Cfr. la 4ª Conferenza, E. DE QUEIRÓS, A literatura nova ou o Realismo como nova

expressão da arte Casino lisbonense, 12 de Junho de 1871, sotto la voce «casino» in A.

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una carriera letteraria, ancora intrisa di motivi romantici, verso una tendenza realista-naturalista29.

Tuttavia, dopo aver partecipato tra il 1866 e il 1871 come studente universitario ai cenacoli letterari, lo scrittore si trasferisce per lavorare come giornalista a Lisbona ed Évora, e si dedica alla pubblicazione dei due romanzi O primo Basílio e O crime do padre Amaro.

Eça de Queirós accoglie e divulga la lezione naturalista francese. Egli concepisce il romanzo come uno strumento critico, in cui può introdurre ogni aspetto della vita sociale e culturale portoghese. Come i francesi, descrive la realtà circostante dopo attente osservazioni e usa la sua arte per incidere sul miglioramento della società. Ma lo scrittore a differenza della scuola francese inserisce una verve satirica per sottolineare meglio i vizi e i difetti della società. Dunque per la composizione delle sue opere, considera due elementi: il realismo e la satira, secondo lui inscindibili. Costruisce una caricatura del vecchio mondo borghese, che considerava decadente e punta al miglioramento della società, come dichiara in una lettera:

Os meus romances importam pouco; está claro que são medíocres, o que importa é o triunfo do Realismo [...] destinado a ter na sociedade e nos costumes uma influência profunda. O que queremos nós com o Realismo? Fazer o quadro do mundo moderno, nas feições em que ele é mau, por persistir em se educar segundo o passado; queremos fazer a fotografia, ia quase a dizer a caricatura do velho mundo burguês, sentimental, devoto, católico, explorador, aristocrático, etc. e apontando-o ao escárnio, à gargalhada, ao desprezo do mundo moderno e democrático – preparar a sua ruína. Uma arte que tem este fim não é uma arte à Feuillet ou à Sandeau. É um auxiliar poderoso da ciência revolucionária.

29

Cfr. J. C. FERREIRA, Eça de Queirós: um gênio da literatura mundial, «Revista Multidisciplinar da UNIESP», Vol. 7, 2009, pp. 110-122, in

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I miei romanzi importano poco; è chiaro che sono mediocri, ciò che conta è il trionfo del Realismo […] destinato ad avere nella società e nei costumi una profonda influenza. Cosa vogliamo noi con il Realismo? Fare il quadro del mondo moderno, nei tratti in cui esso è deleterio, poiché persiste nell‟educarsi secondo i parametri del passato; vogliamo fare la fotografia, direi quasi la caricatura del vecchio mondo borghese, sentimentale, devoto, cattolico, esploratore, aristocratico, ecc… ed esporlo alla beffa, alla risata, al disprezzo del mondo moderno e democratico – prepararlo alla sua rovina. Un‟arte che ha questo fine non è un‟arte alla Feuillet o alla Sandeau. Si tratta di un potente aiuto alla scienza rivoluzionaria (trad. mia)30.

Usando le parole del professor Alberto Machado da Rosa, per Eça de Queirós il Realismo è «a crítica do homem, a análise que aspira à verdade absoluta. Deve ser do seu tempo, proceder pela experência, corrigir e ensinar»31.

Eça de Queirós costruisce una caricatura della società della sua epoca, criticando l‟uomo portoghese. E tra le varie figure che considera c‟è il «brasileiro», il portoghese emigrato a far fortuna nella colonia e tornato più ricco di prima.

Infatti, negli anni Settanta, comincia un progetto insieme al suo amico Ramalho Ortigão. I due scrittori collaborano alla pubblicazione di un testo intitolato As farpas. Crónica mensal da política, das letras e dos costumes, nato dopo la visita dell‟Imperatore brasiliano D. Pedro II in Portogallo. Insieme commentano gli usi e costumi dei brasiliani, descritti come un popolo senza cultura e senza gusto, fino a suscitare scandalo e indignazione.

30

E. DE QUEIRÓS, Cartas a Rodrigues de Freitas, in Novas cartas inéditas, Rio de Janeiro, Alba, 1940, p. 166.

31

A. MACHADO DA ROSA, Eça, discípulo de Machado?, Lisboa, Presença/Martins Fontes, 1979, pp. 39-40.

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Poi Eça recupera il tema dell‟emigrante portoghese che ritorna nella terra natale in occasione della prefazione al romanzo pubblicato da Luís de Magalhães (1859-1935), O brasileiro Soares (1886). Ma a questo punto il «nuovo ricco» non è più presentato dallo scrittore portoghese come un uomo spregevole e materialista. Al contrario, lo descrive come una figura con un‟attitudine positiva. Ormai Eça è diventato uno scrittore famoso e uno tra i più letti in Brasile. Per di più, ha avuto la possibilità di conoscere e diventare amico di scrittori, diplomatici e politici brasiliani e nel frattempo di capire e di riflettere che descrivere il monarca brasiliano e il suo popolo in un certo modo era stato iniquo. Per queste ragioni, riprendendo lo stesso argomento, decide nel 1891, di rieditare il testo scritto a quattro mani con l‟amico Ramalho Ortigão tra il 1871 e il 1872 e infine, di modificare l‟offensiva critica in una spiritosa descrizione degli emigranti portoghesi tornati in patria con molti soldi e un accento «adocicado»32.

1.2.3 Eça de Queirós vs Machado de Assis

Proprio durante questo ventennio, la narrativa realista e naturalista queirosiana sbarca in Brasile. Infatti Eça de Queirós, che si considerava discepolo di una scuola rivoluzionaria e usava la letteratura per dimostrare fatti molto scottanti della società, riesce a conquistare anche i lettori brasiliani,

32

Per approfondimenti su Eça de Queirós e la tematica brasiliana nelle sue opere, cfr. la voce «Eça e o Brasil» in A. CAMPOS MATOS, Suplemento ao dicionário de Eça de Queiroz, Lisboa, Caminho, 2000, p. 196.

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soprattutto dopo la pubblicazione di due opere: O crime do padre Amaro (composta in tre versioni: nel 1875, 1876 e 1880 molte diverse tra loro)33 e O primo Basílio (1878).

In seguito alla pubblicazione in fascicoli sulla rivista lisbonese «Revista ocidental», O crime do padre Amaro comincia a circolare in Brasile nel 1876, su una rivista accademica non autorizzata di São Paulo chiamata «A República das letras». Mentre O primo Basílio compare pubblicato a puntate per la prima volta nel 1878, sul giornale di Rio de Janeiro chiamato «O cruzeiro».

In queste due opere, lo scrittore portoghese sviluppa temi sociali che riguardano la situazione del clero e l‟educazione della donna.

Con la prima opera, Eça de Queirós critica i costumi ecclesiastici, mostrando il personaggio di Amaro, un sacerdote che entra in seminario senza vocazione e che per di più intraprende una relazione amorosa con una giovane donna di nome Amélia, dalla quale avrà persino un figlio. In questo modo, il portoghese può rendere nota l‟ipocrisia sociale, come all‟epoca molti giovani diventavano preti per sfuggire alla miseria e che l‟obbligo del celibato imposto dalla Chiesa cattolica il più delle volte non veniva rispettato.

Nella seconda opera, offre una critica dei costumi della piccola borghesia portoghese, analizzando il tema dell‟adulterio della donna e mostrando la borghese Luísia che si lascia influenzare dalle letture romantiche e si fa travolgere da una relazione con suo cugino Basílio.

33

Sull‟opera e le sue versioni, cfr. l‟introduzione all‟edizione critica del romanzo a cura di C. REIS e M. R. CUNHA, Lisboa, Imprensa Nacional - Casa da Moeda, 2000, pp. 15-91.

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Inoltre, queste due opere richiamano l‟attenzione di alcuni intellettuali brasiliani, primi tra tutti quella dello scrittore brasiliano Machado de Assis34, che critica nel 1878, nelle pagine di «O cruzeiro», il Realismo queirosiano.

Come viene ricordato in molti studi, Machado de Assis accusa Eça de Queirós di plagiare nel Crime do padre Amaro l‟opera dello scrittore francese Zola, La faute de l’abbé Mouret per la composizione di O crime do padre Amaro (ma anche l‟opera di Balzac, Eugénie Grandet, per la composizione di O primo Basílio):

Que o Sr. Eça de Queirós é díscípulo do autor do Assomoir, ninguém há que o não conheça. O próprio Crime do padre Amaro é imitação do romance de Zola, La faute de l’abbé Mouret. Situação análoga; iguais tendências; diferença do meio; diferença do desenlace; idêntico estilo; algumas reminiscências, como no capítulo da missa, e outras; enfim, o mesmo título.

Che il Sig. Eça de Queirós sia discepolo dell‟autore dell‟Assomoir, nessuno può negarlo. Lo stesso Crime do padre Amaro è imitazione del romanzo di Zola, La faute de l’abbé Mouret. Situazione analoga; uguali tendenze; differenza del mezzo; differenza dello scioglimento; stile identico; alcune reminiscenze, come nel capitolo della messa, e altre; infine, lo stesso titolo (trad. mia)35.

La critica ha per molti anni cercato di dimostrare l‟impossibilità del plagio. Anche se gli avvenimenti presentati nei due testi conducono a un finale

34

Joaquim Maria Machado de Assis (1839-1908), critico letterario e teatrale, cronista, poeta, commediografo. Scrittore autodidatta che fa il suo esordio nella poesia ma si afferma grazie ai racconti e ai romanzi ambientati nel Brasile di inizio Ottocento. La sua arte si inserisce in un periodo che oscilla tra il Romanticismo e il Naturalismo. Infatti molti critici sono soliti dividere la sua produzione letteraria in due parti, il periodo di preparazione e il periodo di realizzazione. Al primo periodo appartengono opere come Ressurreição (1872), A mão e a luva (1874),

Helena (1876), Iaiá Garcia (1878). Al secondo, Memórias póstumas de Brás de Cubas (1881), Quincas Borba (1891), Dom Casmurro (1899), Esaú e Jacó (1904) e Memorial de Aires

(1908). Cfr. A. BOSI, História concisa da literatura brasileira, Cultrix, São Paulo, 1994, 193-203.

35

Cfr. J. M. MACHADO DE ASSIS, O primo Basílio, in Obras completas, Vol. 29, Rio de Janeiro, W. M. Jackson, 1957, pp. 154-157.

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abbastanza simile (la morte di due ragazze che peccano con dei sacerdoti), secondo gli studi critici l‟unica affinità da considerare resterebbe nel titolo.

Per il resto si tratta di opere diverse. Dal punto di vista tematico, è dimostrato che nell‟opera francese si presenta un‟allegoria di un primo incontro d‟amore tra un uomo e una donna. Mentre nell‟opera del portoghese vengono narrati i vizi umani e sociali, come afferma lo stesso autore, si tratta di «uma intriga de clérigos e beatas tramada e murmurada à sombra duma velha Sé»36.

L‟autore francese descrive dettagliatamente il comportamento dell‟abbé Mouret che guarisce, grazie all‟aiuto della giovane Albine, da una febbre che gli fa dimenticare tutto della sua esistenza. Il prete si innamora di questa giovane ma alla fine, quando ricorda tutto della sua vocazione alla vita consacrata, l‟abbandona per la fede e la lascia morire. Mentre, come si è detto già precedentemente, l‟autore portoghese narra la storia di un giovane prete, Don Amaro, che dimostra di non avere nessuna devozione e, quando viene nominato parroco della Cattedrale di Leiria, sentendo il peso della castità religiosa, conquista la giovane Amélia, che rimane incinta. Temendo di essere scoperto, il prete fugge via verso un‟altra parrocchia e abbandona alla sua sorte Amélia che alla fine morirà di parto.

Inoltre, per quanto riguarda l‟aspetto cronologico, gli studiosi sostengono che quando viene pubblicato il romanzo naturalista dello scrittore francese, nel 1875, in Portogallo erano già diffusi i primi capitoli (della prima versione) di O crime do padre Amaro. E lo stesso Eça de Queirós lo ricorda.

36

«di un intrigo tra preti e bigotte, tramato e suggerito all‟ombra di una vecchia Cattedrale». (trad. mia). Cfr. A. MACHADO DA ROSA, Op. cit., pp. 23-24.

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Lo scrittore portoghese non rimane indifferente alle accuse di Machado de Assis e cerca di difendersi attraverso un articolo, intitolato Idealismo e Realismo37. Il portoghese afferma che il primo abbozzo di O crime do padre Amaro risale al 1871 e che viene letto nel 1872 da alcuni suoi amici, mentre la pubblicazione (della prima versione) è del 1874.

Infatti, riguardo alla prima edizione, si deve aggiungere prima di tutto che Eça de Queirós al momento della stampa si trovava fuori dal Portogallo e non poteva dirigere personalmente la pubblicazione della sua opera, dunque nemmeno modificarla; in secondo luogo, è l‟amico Batalha Reis a dare alle stampe la prima edizione, il quale, avendo una copia del manoscritto decide, all‟insaputa dell‟autore, di farlo stampare. Per ultimo, poiché Eça de Queirós considera un disastro la pubblicazione diretta da Reis, come dichiara in una lettera indirizzata all‟altro amico Ramalho Ortigão, decide infine di riprendere in mano il primo manoscritto, modificarlo e svilupparlo più attentamente.

Ritornando a parlare di Idealismo e Realismo, Eça afferma inoltre che «o verdadeiro autor do Naturalismo não é pois Zola – é Claude Bernard»38. Questo riferimento al fisiologo spiegherebbe non solo l‟influenza dello spirito scientifico applicato alla letteratura, ma lo allontanerebbe ulteriormente dalle accuse di plagio.

Allora, se si tratta di due opere distinte ed Eça de Queirós non si sente influenzato da Zola, perché Machado de Assis lo accusa di imitazione? Si deve

37

Cfr. l‟articolo Idealismo e Realismo, scritto a Bristol nel 1879 come prefazione alla terza edizione dell‟opera O crime do padre Amaro ma pubblicato postumo per la prima volta in

Cartas inéditas de Fradique Mendes e mais páginas esquecidas, Porto,Lello e Irmão, 1929. 38

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innanzitutto chiarire che la critica machadiana non fa alcun riferimento alla trama delle opere sopra citate. Come evidenzia anche il professor Alberto Machado da Rosa, probabilmente lo scrittore brasiliano neanche aveva letto l‟opera di Zola. Tuttavia, Machado de Assis decide di giudicare lo scrittore portoghese per la tecnica che è molto compatibile a quella dell‟altro collega europeo.

Come critico letterario, Machado de Assis riconosce le qualità artistiche di Eça de Queirós e il talento del maestro del Naturalismo francese. Invece, come scrittore ripudia, di entrambi, le scelte stilistiche e tecniche. La vera battaglia di Machado de Assis, riguarderebbe, infatti la scelta di mettere da parte l‟immaginazione e la fantasia, e privilegiare invece l‟osservazione e la ragione. Dunque egli manifesta la sua avversione nei confronti della scuola naturalista, anzi di qualsiasi scuola, perché aderire a una scuola significa, per lui, condannare ogni tipo di arte.

Oltre a ciò, il brasiliano afferma di ripudiare le scelte di Eça de Queirós perché, insieme a Zola, difende il realismo nella letteratura e usa il romanzo realista per studiare la società. Eça de Queirós ed Émile Zola rappresentano la realtà come tale, applicando la tecnica naturalista dell‟osservazione diretta di una realtà che il lettore già conosce (nel caso di Eça, per quanto riguarda il romanzo di O crime do padre Amaro, si tratta della realtà di Leiria dove lo scrittore ha vissuto per un anno. Tuttavia, l‟osservazione diretta dello scrittore

(38)

38

portoghese si interrompe quando è chiamato a svolgere l‟incarico di console in Inghilterra)39.

Si deve ribadire poi che Eça de Queirós non si sente così affine a Zola. Nemmeno lo considera precursore del movimento. Infatti, dichiara che prima di lui ci sono stati i fratelli Goncourt, Flaubert e Taine40. Tanto meno vuole essere influenzato dalla sua tecnica descrittiva. Certamente lo scrittore portoghese ama il dettaglio, ma non può essere condannato per questo motivo o per quello che Machado de Assis definisce «obscenidade sistemática do realismo»41.

Del resto, il realismo che propone Machado de Assis nelle sue opere è diverso. Egli decide di cogliere i caratteri brasiliani urbani più raffinati che miserevoli ed escludere dalle descrizioni la classe più povera. E sostiene di usare un linguaggio più discreto rispetto a quello di Eça de Queirós, del quale pensa al contrario che nelle descrizioni sia troppo crudo ed eccessivo, poco incline all‟emozione.

Di frequente, Machado de Assis inserisce nelle sue opere residui romantici e addirittura aspetti moderni (i racconti sono caratterizzati da strutture non sempre lineari e narrazioni con elementi fantastici; anche il tempo della storia non coincide con quello del discorso)42. Eppure è da considerarsi realista. Egli raffigura la realtà del Brasile in cui sopravviveva ancora l‟impero

39

M. L. NUNES, As técnicas e a função do desenho de personagem nas três versões de O

crime do padre Amaro, Porto, Lello e Irmão, 1976, pp. 19-28.

40

Cfr. l‟articolo Idealismo e Realismo citato nella nota precedente. 41

J. M. MACHADO DE ASSIS, Op. cit., pp. 154-157. 42

Per fare un esempio, Memórias póstumas de Brás Cuba (1881) è l‟autobiografia di Brás Cubas che dopo la sua morte decide di scrivere le sue memorie.

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