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eBook per la Scuola | Ugo Avalle, Michele Maranzana | Problemi di pedagogia 1. Nuova edizione | Paravia

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CIANOMAGENTAGIALLONERO CIANOMAGENTAGIALLONERO

CIANOMAGENTAGIALLONERO CIANOMAGENTAGIALLONERO

paravia

Ugo Avalle - Michele Maranzana

U

.

A

valle - M.

Mar

anzana

pr

ob

lemi di peda

gogia

1

pensare

ed educare

storia, testi

e laboratorio

di pedagogia

Primo volume

Dal pensiero antico

al Rinascimento

Secondo volume

Dall’età della Riforma

al Risorgimento

Terzo volume

Dal positivismo

al dibattito contemporaneo

problemi

di pedagogia

con testi

e laboratorio

Volume 1

Educabilità, educazione

e pedagogia

Volume 2

Luoghi e scopi

dell’educazione

Volume 3

Il sapere pedagogico

e il lavoro formativo

problemi

di pedagogia

con testi e laboratorio

Volume 1

Educabilità

educazione

e pedagogia

NUO

VA

EDIZIONE

978 88 395 32947

€ 9,80

978 88 395 32947

Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (o op-portunamente punzonato o altrimenti contrassegnato), è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUI-TO, fuori commercio (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17, c. 2, L. 633/1941). Esente da I.V.A. (D.P.R. 26.10.1972, n. 633, art. 2, lett. d). Avalle-Maranzana problemi di pedagogia Volume 1 9 788839 532947

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paravia

problemi

di pedagogia

Ugo Avalle - Michele Maranzana

con testi e laboratorio

Volume 1

Educabilità, educazione e pedagogia

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Coordinamento redazionale: Elisa Bruno Redazione: Chiara Fenoglio

Coordinamento grafico: Massimo Alessio Ricerca iconografica: Chiara Simonetti Copertina: Cinzano Dri, Torino Impaginazione: Progedit, Torino Segreteria di redazione: Enza Menel

In copertina:

Norman Rockwell, The scholar, «The Saturday Evening Post», 26 giugno 1926, copertina

Printed by permission of the Norman Rockwell Family Trust Copyright © 2007 the Norman Rockwell Family Trust

Crediti fotografici: Archivio Iconografico Paravia Bruno Mondadori,

photodisc

La responsabilità intellettuale del volume, nata da una stretta collaborazio-ne, riguarda globalmente entrambi gli autori. Nella divisione puramente funzionale dei compiti si sottolinea, tuttavia, che Michele Maranzana è au-tore delle unità didattiche, mentre Ugo Avalle ha curato gli apparati a es-se afferenti.

Tutti i diritti riservati

© 2007, Paravia Bruno Mondadori Editori

Per i passi antologici, per le citazioni, per le riproduzioni grafiche, cartografiche e foto-grafiche appartenenti alla proprietà di terzi, inseriti in quest’opera, l’editore è a disposi-zione degli aventi diritto non potuti reperire nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti.

È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno didattico, con qualsiasi mez-zo, non autorizzata.

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633.

Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commer-ciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a segui-to di specifica ausegui-torizzazione rilasciata da CLEARedi, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org

Stampato per conto della casa editrice presso Litho 2000, Borgo San Dalmazzo (Cuneo), Italia Prima edizione Ristampa Anno 5 6 7 8 9 10 12 13 14 15 16 17

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È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena

(Michel de Montaigne)

Presentazione

Nella sua prima edizione Problemi di pedagogia si proponeva come ope-ra in gope-rado di offrire una tope-rattazione approfondita dei diversi problemi dell’agire educativo e dell’epistemologia pedagogica, capace di presenta-re, in modo analitico ma facilmente schematizzabile, un itinerario verso la ricerca pedagogica e l’attività educativa anche in contesti extrascolastici. Tutto questo concedendo ampio spazio ad autori e testi, al fine di appro-fondire, documentare, circostanziare, ampliare quanto esposto.

Mantenendo questi elementi qualificanti, la nuova edizione nasce da al-cune esigenze emerse nel corso degli anni dall’utilizzo del testo in classe. La prima di esse è di riconsiderarne sul piano linguistico e concettuale la

struttura espositivae sul piano grafico la modalità comunicativa. Questo ha portato a una laboriosa revisione dell’intero percorso, che è diventata di fatto una sua riscrittura. Alla fine ci pare che l’opera sia divenuta più ac-cessibile, più ricca di esempi, di operatività e di riflessioni sul piano del-l’esperienza. A livello strettamente didattico sono stati valorizzati strumen-ti quali l’indicazione dei prerequisistrumen-ti e degli obietstrumen-tivi in apertura di unità, le mappe concettuali, nonché il glossario pedagogico con cui si conclude ogni capitolo. I laboratori sono stati arricchiti di una nuova tipologia di esercizi di produzione scritta (trattazione sintetica), mentre le bibliografie sono state snellite e suddivise in sezioni per facilitarne l’uso ai fini di ricer-che anricer-che pluridisciplinari.

Un’altra fondamentale esigenza alla quale si è cercato di far fronte è di

avvicinare la disciplina pedagogica al “mondo”, fornendo qualche stimo-lo in più per cercare nell’esperienza e nella cultura assonanze con quanto offerto dal testo. Per questo sono state introdotte recensioni di film e di

libri, in cui alcune opere ritenute da noi suggestive e attinenti al tema trat-tato in ciascun capitolo vengono presentate brevemente e corredate di tracce per la riflessione.

In altre parole, con il nostro lavoro abbiamo voluto testimoniare come

il libro di testo sia uno strumentoche deve essere flessibile e costantemen-te ripensato alla luce dei cambiamenti che si producono nella scuola e nella società. Tutto ciò nella convinzione che una revisione debba essere un’operazione onesta, non di maquillage : un ripensamento globale di una sezione della cultura in un’epoca di trasformazioni incalzanti. Non sap-piamo se siamo riusciti nell’impresa. Però abbiamo cercato di affrontarla con impegno, innanzitutto come segno di rispetto nei confronti di chi su queste pagine passerà ore importanti della propria vita.

Gennaio 2007

Ugo Avalle Michele Maranzana

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Indice generale

Unità 1

Dall’educazione alla pedagogia

. . . 2

I prerequisiti . . . 3

Le domande e gli obiettivi . . . 3

Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

. . . 4

1. Il ruolo dell’educazione nell’esperienza umana . . . 5

Un filmper approfondire 2001: Odissea nello spazio . . . 5

TESTO1 Alce Nero: imparare giocando . . . 7

2. L’educazione come esperienza naturale e universale . . . 8

TESTO2 Jean-Jacques Rousseau: leggere insieme . . . 8

2.1 Educare, essere educati, autoeducarsi . . . 9

TESTO3 Gavino Ledda: l’educazione del «padre padrone» . . . 10

2.2 La varietà dell’educazione . . . 12

TESTO4 Mario Lodi: la scuola sbagliata . . . 12

3. Educazione, istruzione, formazione . . . 13

TESTO5 Franca Pinto Miner va: il duplice significato del concetto di formazione . . . 14

4. L’epistemologia pedagogica . . . 16

TESTO6 Wolfgang Brezinka: il linguaggio della pedagogia pratica . . . 17

4.1 Gli enunciati del linguaggio pedagogico e la difficoltà della sua scientificizzazione . . . 19

4.2 Descrivere e interpretare i fenomeni educativi: due tradizioni di ricerca . . . 20

Le parole della pedagogia . . . 21

In sintesi . . . 23

Laboratorio . . . 24

Indicazioni bibliografiche . . . 25

Capitolo 2 L’educazione come realtà sociale

. . . 26

1. I significati e l’impor tanza sociale dell’educazione . . . 27

TESTO7 Rudolph Schaffer: i principali modelli di socializzazione . . . 28

2. Modelli educativi e modelli pedagogici . . . 30

3. Dalla modernità alla postmodernità: le trasformazioni educative della società contemporanea . . . 34

TESTO8 Edgar Morin: le sfide per l’educazione contemporanea . . . 35

4. L’educazione tra continuità e cambiamento sociale . . . 37

Un filmper approfondire Paradise now . . . 38

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5. Il sistema formativo nella società complessa: tra policentrismo e integrazione . . . 39

6. Le scelte formative: la politica dell’educazione . . . 41

TESTO9 Louis Legrand: la politica dell’educazione . . . 41

Le parole della pedagogia . . . 44

In sintesi . . . 46

Laboratorio . . . 48

Indicazioni bibliografiche . . . 49

Capitolo 3 Educazione ed esperienza individuale

. . . 50

1. La problematicità dell’educazione: tra educabilità e potenziale formativo . . . 51

TESTO10 Tim Beardsley: The Bell Curve e il ruolo dell’educazione nello sviluppo dell’intelligenza . . 53

2. Apprendimento e insegnamento . . . 55

TESTO11 Carl Rogers: l’alternativa a un apprendimento “dal collo in su” . . . 55

3. Motivazioni, bisogni, interessi: educazione e progetto individuale . . . 57

3.1 Le motivazioni intrinseche . . . 59

TESTO12 Jerome Bruner: curiosità e volontà di apprendere . . . 60

3.2 Le motivazioni estrinseche . . . 62

3.3 Gli interessi . . . 63

3.4 La “pedagogia del contratto” . . . 63

4. L’educazione come relazione comunicativa . . . 63

TESTO13 Lucia Lumbelli: esempi di “doppio legame” comunicativo . . . 66

5. Le dinamiche educative tra autonomia ed eteronomia . . . 68

Un filmper approfondire L’attimo fuggente . . . 69

TESTO14 John Dewey: come l’insegnante può ostacolare l’autonomia intellettuale . . . 70

Le parole della pedagogia . . . 72

In sintesi . . . 74

Laboratorio . . . 76

Indicazioni bibliografiche . . . 77

Unità 2 Personalità e linguaggio

. . . 78

I prerequisiti . . . 79

Le domande e gli obiettivi . . . 79

Capitolo 1 Educazione e sviluppo della personalità

. . . 80

1. Persona e personalità . . . 81

2. Lo sviluppo della personalità . . . 82

TESTO15 Ferruccio Bianchi, Patrizia Farello: libri e diari per sapere chi siamo . . . 85

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TESTO16 Piero Ber tolini: personalità e intenzionalità . . . 86

3. Lo sviluppo della personalità in famiglia . . . 89

Un filmper approfondire La mia vita in rosa . . . 90

4. Lo sviluppo della personalità nella scuola . . . 91

TESTO17 Maria Luisa Falorni: la relazione tra insegnanti e studenti nella formazione della personalità . . . 91

5. Lo sviluppo della personalità nel gruppo . . . 93

Un libroper approfondire Il corpo . . . 94

6. Lo sviluppo della personalità e i mass-media . . . 95

7. La formazione multilaterale della personalità . . . 96

Le parole della pedagogia . . . 97

In sintesi . . . 99

Laboratorio . . . 101

Indicazioni bibliografiche . . . 103

Capitolo 2 Educazione e sviluppo del linguaggio

. . . .104

1. Le funzioni del linguaggio verbale . . . 106

2. Lo sviluppo del linguaggio infantile . . . 106

TESTO18 Jerome Bruner: che cosa vuol dire imparare una lingua . . . .107

3. L’educazione linguistica e le problematiche sociali . . . 110

TESTO19 Elio Pecora: al bambino che legge poesie . . . 110

4. L’educazione linguistica in famiglia . . . .112

5. L’educazione linguistica nel gruppo dei pari . . . 113

TESTO20 Un questionario sul linguaggio giovanile . . . 114

6. L’educazione linguistica nella scuola . . . .116

6.1 Competenza linguistica e lettura . . . .117

6.2 La centralità della dimensione narrativa per l’educazione . . . .119

Un libroper approfondire La storia infinita . . . 119

TESTO21 Gianni Rodari: nove modi per insegnare ai ragazzi a odiare la lettura . . . .120

TESTO22 Daniel Pennac: i diritti del lettore . . . .123

7. L’educazione linguistica e i mass-media . . . .125

8. Il valore educativo dei linguaggi non verbali . . . 127

8.1 Il linguaggio grafico-pittorico-plastico . . . 127

TESTO23 Lella Gandini: l’atelier nelle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia . . . .128

8.2 Il linguaggio iconico . . . .128

8.3 Il linguaggio corporeo . . . 129

8.4 Il linguaggio musicale . . . 132

Le parole della pedagogia . . . 133

In sintesi . . . .135

Laboratorio . . . 137

Indicazioni bibliografiche . . . 138

Indice delle parole della pedagogia . . . 139

Indice dei box lessicali . . . 141

Indice dei nomi . . . .142

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Unità 1

Dall’educazione alla pedagogia

Unità 2

Personalità e linguaggio

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In questa unità cerchiamo di capire in che senso

l’educa-zione può essere considerata, da una parte, pratica

quoti-diana

e, dall’altra, oggetto di riflessione teorica.

In quanto pratica quotidiana, l’educazione costituisce un

elemento fondamentale per lo sviluppo degli esseri umani

e si realizza attraverso un processo che può assumere forme

diverse. Ogni società, infatti, educa i propri nuovi membri

dotandoli di conoscenze e competenze che riflettono la

sua storia e la sua cultura. Ciò è possibile sia attraverso

l’opera di individui che svolgono tale compito in modo

per così dire “naturale”, come nel caso dell’educazione

dei bambini in seno alla famiglia, sia mediante uno sforzo

consapevole e programmato, realizzato da istituzioni

spe-cializzate come la scuola.

Le azioni, le scelte e i modelli del processo educativo sono

però anche l’oggetto di un sapere specifico: la pedagogia.

Questa è una scienza che analizza le condizioni

dell’edu-cazione, le sue variabili individuali e sociali, il modo in cui,

all’interno della nostra società, essa viene a costituire un

sistema formativo complesso.

La pedagogia ha dunque un proprio lessico specifico,

nonché metodi, problemi e obiettivi particolari, che la

caratterizzano come sapere scientifico e che ne definiscono

il compito.

D

all’ educazione

D

all’ educazione

Unità 1

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I prerequisiti

Per affrontare lo studio di questa unità occorre sapere che:

• nello sviluppo di ogni essere umano hanno grande importanza sia le sue caratteristiche

innate, sia ciò di cui egli fa esperienza;

• esiste uno stretto rapporto tra educazione e trasmissione del sapere; • le azioni degli uomini sono orientate dalle loro concezioni del mondo;

• il sapere scientifico si differenzia dalle altre forme di conoscenza per il rigore del metodo di ricerca e la precisione del linguaggio.

Le domande e gli obiettivi

In questa unità cercheremo di conoscere e comprendere le possibili risposte a queste domande:

capitolo 1

• perché l’educazione è necessaria?

• in quali modi si manifesta l’attività educativa?

• che cosa si intende esattamente quando si parla di educazione? • la pedagogia è una scienza?

• la pedagogia ha un linguaggio scientifico?

• in che modo la pedagogia può occuparsi dell’educazione?

capitolo 2

• perché l’educazione riguarda sia l’individuo, sia la società?

• come viene organizzata e che cosa si propone l’attività educativa nella società contempo-ranea?

• quali fattori influenzano le scelte educative?

• qual è lo sfondo delle scelte educative fondamentali del nostro tempo?

capitolo 3

• perché l’educazione di una persona può risultare più o meno “facile” o “difficile”? • che tipo di rapporto si instaura tra “chi educa” e “chi è educato”?

• che cosa ha a che fare l’educazione con i progetti di vita di ciascuno?

alla pedagogia

alla pedagogia

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La sopravvivenza degli esseri umani è profondamente legata all’esistenza di un complesso di conoscenze e di saperi sociali che devono essere trasmessi di generazione in generazione. Per questo l’attività educativa è così diffusa nelle nostre società, sia come azione informale degli adulti verso i giovani, sia come compito svolto da esperti in appositi ambienti (tra i quali, in primo luogo, la scuola).

Se è vero che l’educazione riguarda innanzitutto la società, la quale mantiene e rinnova se stessa proprio attraverso la formazione continua degli individui che la costituiscono, è altrettanto vero che anche i singoli individui, in quanto portatori di un “progetto di vita” personale, contribuiscono attivamente alla propria autoformazione.

L’azione educativa, specialmente nei suoi aspetti più formalizzati e istituzionali, necessita però anche di una riflessione teorica, di un sapere scientifico ben definito che sia in grado di orientarne le scelte. Tale sapere è rappresentato dalla pedagogia, che tuttavia si è organizzata come disci-plina autonoma solo a partire dal XIX secolo e che ancora oggi è impegnata a chiarire i criteri della propria scientificità e, di conseguenza, i propri limiti.

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Capitolo 1

L’

EDUCAZIONE COME ESPERIENZA

E COME SAPERE

condizioni dell’educazione

formazione

sapere pedagogico

capacità di apprendimento azione educativa e offerta di educazione

istruzione come attività di trasmissione e come produzione di nozioni

e comportamenti specifici

pedagogia pratica: concezioni utilizzate per dirigere l’attività educativa

concreta

epistemologia pedagogica: criteri generali che permettono

di descrivere e classificare il sapere pedagogico scienza dell’educazione:

teoria dell’attività educativa

educazione come processo indirizzato a facilitare lo sviluppo globale

della personalità processo educativo e domanda di educazione capacità di trasmissione (paragrafo 1) (paragrafo 2) (paragrafo 3) (paragrafo 4)

modalità educative

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Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

L’esperienza individuale e la cultura collettiva L’importanza della trasmis sio ne del sapere

1.

IL RUOLO DELL’EDUCAZIONE

NELL’ESPERIENZA UMANA

Come per tutti gli altri esseri viventi, anche per l’uomo vivere significa interagirecon un ambiente. Per gli esseri umani, tuttavia, questo vuol dire costruire un’esperienza persona-le in stretta connessione con lo sviluppo di un’identità cosciente. L’uomo memorizza in modo ricco e articolato le immagini della realtà che lo circonda: egli le interpre-ta, racchiudendole in una rete di riferimenti individuali e sociali che gli permette di progettare le proprie azioni. In tal modo sviluppa un sistema complesso di saperi che, per lo più, va al di là dell’esperienza individuale, per en-trare a far parte della cultura collettiva❇, cioè dell’insie-me di quanto viene elaborato e trasdell’insie-messo all’interno di un gruppo umano nel corso della sua storia.

La trasmissione del sapere❇di generazione in genera-zione permette di arricchire progressivamente quanto viene appreso in ogni singola esperienza. In un celebre film di Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello spazio, tutto questo viene espresso con una suggestiva sequenza in cui la parabola di un frammento d’os-so lanciato in alto da un colpo di clava si disd’os-solve nell’immagine di una stazione spaziale or-bitante. La scoperta dell’uso della clava da parte di qualche nostro antenato antropoide viene in tal modo accostata all’umana conquista delle maggiori mete tecnologiche, a sim-bolica testimonianza di un passaggio reso possibile proprio dalla trasmissione culturale.

2001: ODISSEA NELLO SPAZIO

REGIA

:

Stanley Kubrick

GENERE

:

fantascienza

INTERPRETI

:

Keir Dullea (David Bowman), Gary Lockwood (Frank Poole), William Sylvester (dottor Heywood Floyd)

SOGGETTO E SCENEGGIATURA

:

Stanley Kubrick e Arthur C. Clarke

PRODUZIONE

:

USA, 1968

DURATA

:

141’

La trama

In un territorio desertico vive un gruppo di primati (gli antenati della nostra specie, come si scoprirà in seguito) che è in conflitto con altri gruppi per l’uso di una pozza d’acqua, e che deve affrontare la scarsità di cibo e la minaccia costante dei predatori. Un giorno un misterioso monolito nero appare tra le rocce. Gli uomini-scimmia lo circondano curiosi e sembrano riceverne uno strano influsso. Poco dopo, giocando con delle ossa, uno di loro scopre di essere in grado di usarle per

❏Un film per approfondire

InterazioneCon questo termine si intende una reciproca influenza, azione o reazione tra sostanze, fenomeni, persone o sistemi. Un rappor to di interazione presup -pone che i cambiamenti che si producono in un dato elemento inducano trasformazioni corrispon-denti negli elementi con esso in contatto. Nel caso dell’interazio-ne tra esseri umani, o tra questi e l’ambiente, l’influenza è piena-mente reciproca: i cambiamenti dell’ambiente, infatti, si ripercuo-tono sugli esseri umani, i quali a loro volta reagiscono modificando l’ambiente.

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Unità 1 Dall’educazione alla pedagogia

colpire. Gli uomini-scimmia cominciano così a servirsi di clave per uccidere gli animali che li mi-nacciano, trasformandosi in predatori e finendo per abbattere anche il capo del gruppo avversa-rio: il monolito è ormai scomparso, e l’evoluzione che condurrà agli esseri umani è cominciata. Con l’immagine di un frammento d’osso che, proiettato verso il cielo, si dissolve nello spettacolo gran-dioso di una stazione spaziale orbitante, inizia la parte successiva del film. Siamo nel 2001 (anno simbolico, indicante il futuro) e il dottor Heywood Floyd, eminente astronomo statunitense, viene inviato in assoluta segretezza verso una base lunare. Qui viene condotto, insieme con altri scienziati, presso un cratere all’interno del quale è stato scoperto un grande monolito nero, che probabilmente è stato sepolto lì tre milioni di anni prima e che testimonia che gli esseri umani che vivono sulla Terra non so-no soli nell’universo. Colpito dalla luce solare, il moso-nolito emette un fortissimo suoso-no.

Diciotto mesi dopo, una lunga e bianca astronave, la Discovery, solca lo spazio lungo la stessa traiettoria del segnale sonoro inviato dal monolito lunare. L’equipaggio è costituito da Frank Poo-le, dal comandante Dave Bowman e da altri astronauti ibernati. A governare la nave è il compu-ter di ultima generazione HAL 9000, capace di parlare e incompu-teragire con gli esseri umani, nonché l’unico a conoscere il vero scopo del viaggio verso Giove. Il contrasto che scaturisce tra la cono-scenza di questo segreto e gli obblighi che ha nei confronti dell’equipaggio conduce HAL a com-portamenti sempre più irrazionali, che sfociano in una sorta di follia omicida. In breve Frank e gli astronauti ibernati vengono eliminati, mentre il comandante si salva a stento e riesce a disattiva-re (o a “uccidedisattiva-re” a sua volta?) HAL. A questo punto scopdisattiva-re il vero motivo della missione: raggiun-gere il luogo verso cui il monolito lunare ha inviato il proprio segnale.

Nell’orbita di Giove, Dave trova un enorme monolito che si sposta lentamente nel vuoto. Abban-donata la Discovery, il comandante si avvicina a esso e improvvisamente viene sospinto attraver-so il cosmo a una velocità incredibile. Si ritrova infine in uno strano appartamento bianco, all’interno del quale trascorre l’intera vita. Poco prima di morire, vede al proprio capezzale un monolito nero e il suo corpo viene avvolto dalla luce.

Il film si conclude con l’immagine di un bambino che si muove nello spazio, in direzione della Terra.

Tracce per la riflessione

• Una prima interpretazione del film di Kubrick ci viene suggerita dal suo titolo, che attraverso l’esplicito riferimento all’Odissea di Omero richiama alla mente un viaggio largamente utilizzato quale metafora della formazione e dell’educazione. Il poema omerico narra infatti l’allontanamen-to del protagonista (Odisseo) dal proprio luogo di origine e il suo ril’allontanamen-torno a esso, dopo un percorso punteggiato di avventure e di incontri ricchi di insegnamenti. In un certo senso, dunque, il film 2001: Odissea nello spazio può essere considerato come il racconto del “viaggio” attraverso il quale la nostra specie, condotta all’evoluzione da una misteriosa entità aliena, fa finalmente ritorno al proprio creatore, per avviarsi con una maggiore consapevolezza verso un nuovo inizio.

• Un secondo spunto di riflessione, rintracciabile tra i numerosi simboli e messaggi presenti nel film, è quello relativo all’evoluzione della specie umana e ai fattori che la determinano: la lotta per la sopravvivenza, la necessità di adattarsi all’ambiente, la scoperta e la costruzione di stru-menti via via più sofisticati, fino ad arrivare alle tecnologie più avanzate.

• E, infine, è proprio sull’evoluzione tecnologica della nostra specie che il film di Kubrick sembra voler richiamare l’attenzione introducendo il personaggio di HAL, macchina “educata” a essere così simile agli esseri umani da svilupparne i medesimi dilemmi etici e i medesimi folli comportamenti. HAL pare invitarci a riflettere sull’“intelligenza” delle nostre attuali tecnologie, sul ruolo da queste assunto nella no-stra vita di tutti i giorni e sulle forme di apprendimento interattivo oggi supportate dall’uso del computer.

Se la società è, come sappiamo, un’unità formata da un determinato gruppo umano, rela tivamente indipendente e autoriproducentesi, la socializzazione degli apprendimenti

individualiconsiste nel condividere con gli altri membri della società ciò di cui si fa espe-rienza singolarmente. Nella nostra specie questa operazione risulta agevolata non solo dalla

La condivisione sociale degli apprendimenti

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Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

sviluppata attitudine all’imitazione, ma anche dalla possibilità di descrivere la nostra espe-rienza mediante il linguaggio.

Grazie a queste due caratteristiche, gli esseri umani hanno enormemente potenziato la loro capacità di produrre apprendimenti particolari nei propri simili: è ciò che viene indi-cato con il termine educazione. Alla base dell’educazione sta un’“ipotesi pedagogica fon-damentale”, propria di tutte le società umane: la convinzione cioè che il processo educativo❇ permetta di rendere gli individui, in qualche modo, migliori, sviluppando la loro persona-lità e aiutandoli ad acquisire determinate caratteristiche.

L’importanza dell’imitazione nei processi di apprendimento emerge con particolare forza se si analizza il caso dei popoli privi di organizzazione scolastica, presso i quali l’edu-cazione viene impartita in primo luogo in seno alla famiglia ed è acquisita dai piccoli attra-verso il gioco e l’imitazione generalizzata degli adulti.

L’educazione e l’ipotesi pedagogica che la sorregge La centralità dell’imitazione nei processi di apprendimento

Testo 1

ALCE NERO: imparare giocando

Tratto dall’autobiografia di Alce Nero, stregone Oglala Sioux, raccolta dall’antropologo John Neihardt, il brano mette bene in evidenza l’impor tanza della componente imitativa dell’edu-cazione.

Q

uando venne l’estate ci accampammo sul Rosebud, e io non avevo tanta paura, per-ché i Wasichu1sembravano così lontani e nella valle c’era molta pace e abbondanza di

carne. Ma tutti i bambini dai cinque o sei anni in su giocavano alla guerra. Si riunivano i piccoli delle diverse bande della tribù e giocavano alla guerra con palle di fango, sca-gliate con verghette di salice. E i ragazzi più grandi giocavano al gioco chiamato Buttarli-Giù-Dai-Cavalli, che è esattamente come una battaglia, solo che non si uccidono; e a volte si facevano molto male. I cavalieri delle diverse bande si mettevano in fila e si lan-ciavano alla carica sugli altri, urlando; e quando alla fine della corsa i cavalli si incontra-vano, si impennavano e cadevano a terra e strepitaincontra-vano, avvolti in una nube di polvere, e i combattenti lottavano corpo a corpo, finché una delle bande non aveva perso tutti i suoi uomini, perché quelli che cadevano a terra venivano considerati morti.

Anch’io, anni dopo, giocavo spesso a questo gioco. Eravamo sempre nudi, quando gio-cavamo, come lo sono i guerrieri quando combattono, se non fa troppo freddo, perché senza indumenti si è molto più agili. Una volta caddi all’indietro, proprio nel mezzo di una pianta di fichidindia, e mia madre dovette stare per ore a togliermi tutte le spine dal corpo. Quell’estate ero ancora troppo piccolo per giocare alla guerra, ma ricordo che guardavo giocare gli altri ragazzi, e pensavo che quando saremmo stati grandi, tut-ti insieme, forse avremmo potuto uccidere tuttut-ti i Wasichu o mandarli via dal nostro paese.

(J.G. Neihardt, Alce Nero parla, trad. it. di J.R. Wilcock, Adelphi, Milano 1968, pp. 17-18)

Guida alla lettura

• Perché i bambini e i ragazzi della tribù di Alce Nero prediligono il gioco della guerra? • Quali sono i giochi più diffusi tra i bambini e i ragazzi della nostra società e, a tuo parere,

per quali motivi?

1“Wasichu” è il termine utilizzato dagli Oglala Sioux per designare i “bianchi”, cioè gli americani di origine europea che nel corso della loro espansione verso l’Ovest hanno pro -gressivamente annientato i popoli dei nativi americani.

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Unità 1 Dall’educazione alla pedagogia

L’educazione comincia con la vita L’importanza dell’educazione familiare

2.

L’EDUCAZIONE COME ESPERIENZA NATURALE

E UNIVERSALE

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, l’educazione è qualcosa di cui tutti gli

es-seri umani fanno esperienza. Ciò è particolarmente evidente se prestiamo attenzione a un processo educativo fondamentale e universale come quello dell’allevamento❇dei bambini, il quale ha inizio nel momento stesso in cui i piccoli vengono alla luce, o addirittura duran-te la loro vita intrauduran-terina (molti genitori, infatti, comunicano con il nuovo essere che si sta formando nel ventre materno mediante tutta una serie di segnali intenzionali), e prosegue con la loro nutrizione, la loro protezione e il loro sostegno, affinché possano a loro volta diventare adulti.

L’educazione familiare offre un contributo fondamentale per la formazione della perso-nalità. Essa passa in primo luogo attraverso la sensibilità degli adulti, i quali devono essere consapevoli del profondo coinvolgimento emotivo che questa esperienza implica per i bambini.

Testo 2

JEAN-JACQUES ROUSSEAU: leggere insieme

In questo brano, il filosofo Jean-Jacques Rousseau, autore del fondamentale trattato pedago-gico intitolato Emilio (1762), sottolinea con toni vivaci l’impor tanza del proprio rappor to con il padre, narrando come quest’ultimo abbia contribuito a far nascere in lui la passione per la lettura e la cultura, nonché a formare il suo spirito libero.

N

on so nulla di quanto feci fino a cinque o sei anni; ignoro come imparai a leggere; ricordo soltanto le mie prime letture e l’effetto che ebbero su di me: è il tempo cui faccio risalire senza interruzioni la coscienza di me stesso.

Mia madre aveva lasciato dei romanzi. Ci mettemmo a leggerli dopo cena, mio padre ed io. All’inizio, si trattava solo di esercitarmi alla lettura con qualche libro divertente; ma l’interesse divenne ben presto così vivo che leggevamo alternandoci senza sosta, e in questa occupazione trascorrevamo le notti. Non potevamo staccarcene che a libro fi-nito. Qualche volta mio padre, sentendo le rondini del mattino, diceva tutto vergogno-so: «Andiamo a letto, sono più bambino di te». Acquistai in breve tempo, con questo pericoloso metodo, non soltanto una facilità estrema alla lettura e a capire me stesso, ma un’intelligenza delle passioni unica per la mia età. […]

I romanzi finirono con l’estate del 1719. L’inverno seguente ci fu ben altro. Esaurita la biblioteca di mia madre, ricorremmo alla parte di quella di suo padre che era toccata a noi. Fortunatamente, vi si trovavano buoni libri; né poteva essere altrimenti, poiché si trattava di una biblioteca raccolta bensì da un ministro del culto, e anche dotto, come la moda voleva allora, ma uomo di gusto e d’ingegno. […]

Da queste letture appassionanti, dalle conversazioni che esse occasionavano fra mio padre e me, si formò quello spirito libero e repubblicano, quel carattere in domito e fiero, intollerante d’ogni giogo e d’ogni schiavitù, che mi ha tormen tato per tutta la vita nelle situazioni meno proprie a dargli slancio. Continuamente assorto in Roma e Atene, vivendo per così dire con i loro grandi uomini, nato io

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Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

2.1

Educare, essere educati, autoeducarsi

Sebbene nella vita di ogni essere umano un’importante funzione sia quella svolta dai processi di autoeducazione❇(cioè da quei processi in cui l’individuo sviluppa autonomente le modalità di apprendimento di ciò che avverte come necessario per la propria ma-turazione), l’esperienza dell’educazione può assumere due forme fondamentali: quella di un’azione che noi rivolgiamo ad altri (educare) e quella di un’attività indirizzata a noi da parte di altri (essere educati).

Perciò, secondo alcuni autori, è opportuno distinguere tra azione educativa❇, che pone l’accento sull’offerta di educazione da parte di operatori, strutture, apparati e così via, e processo educativo, imperniato sul soggetto e sulla sua autonoma domanda di educazione.

Il processo educativo si sviluppa in modo spontaneo e talvolta inconsapevole: molto, infatti, si impara in situazioni non appositamente organizzate a questo scopo (si pensi ad esempio a quanto i bambini apprendono attraverso il gioco). Ciò avviene anche perché ognuno di noi è guidato dal bisognonaturale, proprio di ogni essere umano, di immagazzinare e sistemare produttiva-mente i risultati dell’esperienza.

Nella nostra società, infine, le azioni e i processi educativi possono essere variamente documentati e registrati, e proprio grazie a questa documentazione❇è possibile riprodurli o correggerli. In parte si tratta di materiali (come rapporti, registri, programmi, videoregi-strazioni…) che per ragioni istituzionali o di ricerca recano tracce e descrizioni

“ogget-tive” delle attività di educazione. Importantissimi sono però anche quei documenti che fissano le modalità dell’educare, dell’essere educati o dell’autoeducarsi attraverso la

nar-razione autobiograficadei protagonisti, cioè attraverso la registrazione di tutto il com-plesso mondo di significati e di emozioni che le esperienze educative hanno suscitato nel soggetto che le ha vissute.

Le diverse esperienze di educazione I caratteri del processo educativo L’importanza della documen -tazione per programmare nuove azioni educative

stesso cittadino d’una repubblica, e figlio d’un padre la cui passione più forte era l’amore di patria, mi infiammavo al suo esempio, mi credevo greco o romano, diventavo il personaggio di cui leggevo la biografia: il racconto degli episodi di costanza e di coraggio che mi avevano colpito mi rendevano gli occhi scintillanti e più forte la voce. Un giorno che raccontavo a tavola l’avventura di Scevola, si spa-ventarono tutti vedendomi avanzare e mettere la mano sopra il braciere per rappre-sentare il suo gesto.

(J.-J. Rousseau, Confessioni, trad. it. di G. Cesarano, Garzanti, Milano 1976, pp. 8-9)

Guida alla lettura

• Che impor tanza riveste, nella formazione culturale ed emotiva del piccolo Jean-Jacques, la lettura?

• Per quali ragioni leggere insieme con un genitore può essere par ticolarmente significativo per un bambino?

Bisogno Il termine “bisogno” indica al tempo stesso la percezione della mancanza di qualcosa e lo stimolo alla sua ricerca.

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Unità 1 Dall’educazione alla pedagogia

Testo 3

GAVINO LEDDA: l’educazione del «padre padrone»

Tra i resoconti “soggettivi” delle esperienze educative possiamo annoverare anche il brano seguente, nel quale Gavino Ledda descrive una “lezione” impar titagli dal padre. Il racconto costituisce una valida testimonianza di come la convinzione che il compor tamento del giova-ne debba essere piegato alla volontà degli adulti con qualunque mezzo, anche con la violen-za, fosse qualche anno fa piuttosto frequente nel modello educativo della nostra cultura.

N

icolau, come d’abitudine, cantava e lavorava insieme. Sentirlo, ascoltare ed impara-re il suo canto e i versi, era un piaceimpara-re.

«E tu non hai nulla da fare? Mi sembra strano che Abramo non ti abbia detto di fare qualcosa!» «Sì. Debbo portar via un po’ di letame dae su corrale».

«Eh, allora... non trattenerti molto».

In su monte ’e Gennargéntu bógo sa robba a páschere

a sa asciada ’e s’istella. In su monte ’e Gennargéntu

tra nois duos, bella amore deve náschere dai cústu momentu...

Per me non esisteva più nulla, né muriccioli né siepi: quel canto era tutto! Il letame poteva anche aspettare. Nella peggiore delle ipotesi avrei preso i soliti colpi. Temporale più temporale meno, ormai mi c’ero abituato. Meglio un piacere che cento malanni (mezzus unu gustu che chentu malannos).

La mattina così passò senza accorgermene, tra un canto e l’altro di Nicolau.

Sul tardi purtroppo mi venne un forte mal di testa. Gli ordini del babbo non li potei eseguire. Tentai di sforzarmi, ma le fitte alla testa mi toglievano ogni brio e dovetti accasciarmi sul letame. Quel giorno finì che avevo asportato solo cinque-sei carriole di letame. Verso le cinque del pomeriggio, il raglio poderoso di Pacifico, in lontananza, mi raggiunse agghiacciandomi e scaraventandomi nella disperazione. Cercai di reagire. Di recuperare almeno in quell’ultimo quarto d’ora. Le tempie mi stavano scoppiando. E inesorabilmente il padrone fece irruzione sullo spiazzo.

Insistere era inutile. Mi trovò all’opera. Ma lavoro fatto non ce n’era.

Con il suo sguardo torvo, terrificante ed esperto, lesse la mia “colpa”. Subito si accorse che a lavorare avevo incominciato solo da poco.

«È inutile che ti faccia trovare al lavoro! Che incominci a lavorare quando senti il raglio del somaro (su orriu de s’ainu)».

«No! No! Io... ho cercato di lavorare, ma mi è venuto un forte mal di testa. Non ce l’ho fatta! Non ce la faccio più!»

Il mal di testa mi giustificò e calmò mio padre che mi si stava avventando. Tutto sem-brava finito. L’alibi del malessere si oppose, per il momento, al decalogo pastorale. Sul tardi però il babbo capitò da Nicolau e il giubbino che, in seguito al raglio del somaro, mi ero dimenticato lì, fu il segno inconfutabile che io vi ero stato. Nicolau cercò di giustificarmi, ma non convinse il patriarca. E in mio padre si scatenò l’uragano punitivo. Il mal di testa, ora, era una scusa, non esisteva più. In un baleno, lui si spiegò la mia disubbidienza tutta a modo suo.

«Mi hai mentito. Sei stato da Nicolau», mi disse sbattendomi il giubbino addosso. «La cosa è grave, ora la paghi». Ed afferrato il primo cespuglio che gli capitò sotto mano

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Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

(unu arrasolu de mattisuja), mi aggredì urlando come una furia e mi tempestò di colpi senza guardare dove andassero a finire, come si faceva con le bestie. Io mi misi a correre disperatamente, cercando di schivare i suoi attacchi in attesa che si sfogasse. Ma lui mi veniva dietro colpendomi continuamente. Uno dietro l’altro si correva forsennatamente intorno all’ovile.

E mentre io correvo per schivare i suoi colpi, non appena avevo un margine di sicurezza, mi voltavo disperatamente per vedere se finalmente la tempesta fosse finita. Dietro di me, purtroppo, vedevo sempre i nembi e i lampi della sua rabbia. Come un cane idrofobo e privo della serenità della ragione, mi raggiungeva continuamente e mi colpiva di nuovo. Preso dal fantasma della violenza educativa, non guardava. Colpiva e basta.

Mi sbatteva ritmicamente il cespuglio in faccia. Il suo braccio era divenuto il pendolo della sua rabbia. Ogni volta che mi voltavo lo prendevo in faccia netto. Questa “aia cruenta” si protrasse per oltre dieci minuti sgattaiolando tra i rovi, i cespugli e i massi dei dintorni della capanna. E durò più del solito per una ragione che allora non cono-scevo. Perché cercavo scampo nella corsa. Io non lo sapevo che avrei dovuto subire la punizione e i colpi stando fermo. L’istinto mi suggeriva la fuga. Non conoscevo quelle regole! Così si verificò il tragico paradosso, che tanto più cercavo scampo tanto più subivo la violenza e tanto più lui mi s’aizzava contro.

Finalmente dopo dieci minuti di “aia cruenta”, quando mi vide sanguinante in faccia, con gli occhi gonfi e arrossati (cun sos ojos rujos dae su sàmbene), il ciclone pedagogico cessò. Il “maestrale” fugò quei nembi come per incanto. Il ruggito educativo si ammu-tolì nella schiarita, ma era troppo tardi.

Lì per lì, non si rese conto della gravità della cosa. Mi lasciò al pianto desolato appog-giato a un macigno. Sbraitò. Mi spruzzò le sue bestemmie che riepilogavano la lezione e andò a portare la mucca per mungerla.

Dopo un quarto d’ora mi passò davanti trascinandosi dietro la bestia con la fune alle corna. Mi gettò uno sguardo frettoloso, e quando mi vide sfregiato nel volto, defor -mato dal gonfiore, si spaventò. Il leone si mutò in agnello. Il suo ruggito in belato. «Ci vedi?» fu la sua domanda preoccupata.

«Ci vedo! Ma gli occhi... gli occhi mi friggono. Mi fanno molto male. Il volto mi bru-cia», gli dissi con paura.

Di corsa abbandonò la mucca. Entrò nella capanna e prese la tintura di iodio. Mi me-dicò le ferite e i solchi scavati dal continuo sbattere del cespuglio e mi lasciò con il volto quasi arroventato e giallognolo.

«Oh, Nicolà, Oh, Nicolààà!» «Oh! Ehi... Abrà!»

«Avvicinati!!» «Che c’è?!!»

«Debbo portare il ragazzo in paese, subito. Ho esagerato. Gli occhi... gli occhi mi pre-occupano. Non mi capiterà più di usare i cespugli. Basterà una verga o la cintola».

(G. Ledda, Padre padrone, Feltrinelli, Milano 1977, pp. 81-83)

Guida alla lettura

• Quali sono, a tuo avviso, le motivazioni che guidano il «padre padrone» del racconto nella sua azione punitiva?

• La scelta della violenza come mezzo educativo ti sembra “normale” o “anomala” rispetto al contesto sociale descritto da Ledda?

• Considera le parole pronunciate dal padre al termine del racconto: ti pare che indichino la sua decisione di cambiare le proprie pratiche educative, oppure no? Per quali motivi?

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Unità 1 Dall’educazione alla pedagogia

2.2

La varietà dell’educazione

L’attività educativa ha diversi obiettivi e diverse modalità di svolgimento: di volta in vol-ta, essa può essere intesa come formazione globale della personalità o addestramento❇ specifico, come condizionamento o decondizionamento sociale❇, come integrazione❇o emancipazione❇, come disciplinamento❇o liberazione. Si educa per “estrarre” potenzia-lità ritenute presenti nel soggetto, per “produrre” in lui disposizioni e attitudini nuove, per estendere o specializzare capacità, per far sviluppare conoscenze❇e competenze❇. Ci si può avvalere di tecnologie o della semplice comunicazione❇interpersonale; si programma minutamente o si procede in modo intuitivo e creativo. E ancora: l’attività educativa può essere formale❇oppure informale❇, un rapporto tra pari oppure asimmetrico, inserita in contesti generalizzati (come la famiglia) oppure specializzati (come la scuola), può avvalersi di processi individualizzati o identici per tutti, e così via.

Tra le pratiche educative formali diffuse nella nostra società, la più importante è senz’al-tro quella svolta dalla scuola, in cui si è prevalentemente incanalata l’attività professionale di formazione. Gli obiettivi e i modi dell’educazione L’educazione scolastica

Testo 4

MARIO LODI: la scuola sbagliata

Il passo proposto di seguito è tratto dal libro di denuncia Il paese sbagliato, in cui lo scrittore e maestro elementare Mario Lodi espone in una lettera le condizioni della sua scolaresca, po-lemizzando in generale contro il sistema scolastico italiano degli anni Sessanta del secolo scorso. Il brano rappresenta un buon documento di quella costante tensione tra finalità edu-cative e obblighi burocratici e organizzativi che ancor oggi caratterizza l’istituzione scolastica.

Vho, 2 ottobre 1964, ore 23

C

ara Katia,

questa estate, il giorno che in pineta, alla fine di una gita che era stata tutta una discussione, decidesti di iscriverti all’Istituto magistrale per diventare maestra, io ti feci la promessa di mandarti la documentazione del lavoro nella mia classe in modo che tu po-tessi affiancare allo studio teorico sui libri lo studio dei bambini come sono a scuola. E sic-come ogni promessa è debito, eccomi puntualmente a dirti sic-come sono andate le cose in questi primi due giorni. Più avanti ti manderò una copia del gior nalino1, le diapositive a

colori delle pitture e i nastri registrati. Quando verrai li discuteremo.

Una piccola classe dunque, dopo tanti anni vissuti con scolaresche numerose ed etero-genee, una classe ideale. Ogni rosa però ha le sue spine. La temuta aula-cella, che ave-va sempre ospitato la classe meno numerosa, è quest’anno la nostra realtà. Ieri, che doveva essere il primo giorno di lezioni e da noi invece era vacanza perché cadeva in giovedì, sono andato a vederla. Misura m 4,70 per 5. Pensavo a quante aule simili a questa ci sono ancora nel mondo per farci vivere i bambini nell’età che più di ogni altra ha bisogno di spazio, di verde, di sole e di moto. Scatole di mattoni. C’è una ter-ribile somiglianza fra le celle di una vecchia prigione e le aule delle scuole; c’è la stessa ossessiva fissità delle strutture percettive (colori, forme, superfici), la stessa monotonia psicologica. Nella sosta di mezza mattina, quando le scolaresche scendono nel corti -letto privo di verde, sorvegliate dai maestri, hai l’impressione di essere fra detenuti che

1Si tratta del giornalino rea -lizzato dalla classe, secon-do la “tecnica Freinet” utiliz-zata da Mario Lodi e dal Movimento di Coope ra zione Educativa.

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Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

pigliano aria. Con una differenza: che mentre il prigioniero in cella è lasciato solo con i suoi pensieri e in un certo senso gode della “libertà” di pensare ai fatti suoi, nelle au-le c’è un maestro che né i bambini né au-le famiglie hanno scelto, il quaau-le si prende i ra-gazzi e li abitua a ripetere ciò che egli dice, premiando quelli che meglio si adeguano. […] Eccomi dunque in mezzo all’aula. Vi dovrebbero stare, oltre all’armadio, alla pre-della su cui troneggia la cattedra, alla lavagna girevole e alla stufa a gas, i tavolini indi-viduali con relativi seggiolini, un tavolo e un mobiletto guardaroba per i bam bini. Ho provato e riprovato a disporre i tavolini in diversi modi: ci stavano, ma ci sarebbe volu-to l’elicottero per spostare i bambini. A mali estremi, estremi rimedi: fuori la cattedra che non serve a nulla e fuori l’armadio, che può stare nel corridoio. Mentre trabattavo è apparsa la collega di quarta, anch’essa venuta a sistemare l’aula: si lamentava perché la sua lavagna a muro non ha le righe. Le ho proposto il cambio e se ne è andata sod-disfatta per l’affare. Sparita la lavagna girevole, un angolo è stato liberato. La situazio-ne era migliorata: ora ci stavano due file di tavolini con un sufficiente passaggio al cen-tro. E la pedana? Idea: spostata contro la parete, sotto la lavagna murale, diventerà il nostro... teatrino, o meglio la piazzetta dove si svol geranno le manifestazioni pubbliche della nostra piccola comunità. Ogni tanto, passando, v’inciampavo, nascosta com’era fra i tavolini. Ma non vi ho rinunciato, perché quel metro quadrato scarso di spazio so-ciale su cui i bambini potranno cantare, giocare, narrare le loro esperienze ai compa-gni, dipingere, è il pezzo più importante dell’arredamento.

Una sedia per me. La dovrò usare spesso per adeguarmi alla statura dei bambini. Ma forse sarà meglio una panchetta o un angolo della predella, vedrò. Ho disposto prov -visoriamente il mobiletto guardaroba e il tavolino e ho lasciato l’aula come stava, disa-dorna. Un po’ per giorno la adatteremo a noi con l’impronta del nostro gusto. Prima di uscire ho dato un colpo d’occhio sull’aula: il pavimento di mattoni sconnessi e con-sumati, le pareti grigie, il verde piano dei tavolini che riflettevano controluce il cielo grigio davano un senso di freddo e di tristezza. Dalle due finestre tanti tetti, camini neri e un groviglio di infissi, isolatori e fili senza nemmeno la punteggiatura di una rondine. Se uscirà il sole, mi son detto, domani andremo in campagna ad aprire contempora-neamente due libri di avventure: quello della vita dei bambini che è tutta da sentire, e quello della natura2.

(M. Lodi, Il paese sbagliato, Einaudi, Torino 1970, pp. 15-17)

Guida alla lettura

• Il testo pone bene in evidenza come l’ambiente fisico nel quale si realizza un’attività educati-va possa influire sui suoi risultati e significati. Quali sono, secondo Lodi, le carat te ri stiche po-sitive e negative dell’aula che gli è stata destinata? Quali le relative conseguenze educative? • Quali sono, a tuo avviso, gli obiettivi educativi che si possono raggiungere apportando

cam-biamenti all’ambiente dell’aula scolastica?

2Il metodo educativo di Lodi si incentra sul-l’esperienza: per questo, a suo giudizio, la vita degli allievi e la natura sono i “libri” più importanti.

3.

EDUCAZIONE, ISTRUZIONE, FORMAZIONE

La definizione del termine “educazione” e la spiegazione di che cosa significhi “educare” richiedono alcune precisazioni, a partire da una chiara distinzione dei termini educa zione❇e istruzione❇.

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Unità 1 Dall’educazione alla pedagogia

Il dibattito sull’uso dei termini “educazione” e “istruzione” Riccardo Massa: il concetto di “formazione”

Testo 5

FRANCA PINTO MINERVA: il duplice significato

del concetto di formazione

L’idea di formazione introdotta da Riccardo Massa è oggi al centro del dibattito pedagogico, anche grazie al diffondersi e all’approfondirsi delle attività educative extrascolastiche. Nel te-sto propote-sto di seguito, la pedagogista Franca Pinto Miner va cerca di analizzarne le implica-zioni più significative in relazione alle caratteristiche che la contraddistinguono e alle sedi in cui può essere attuata.

Formazione è sicuramente, tra le parole-chiave del sapere pedagogico, quella che in

forma più pertinente, anche se estremamente complessa e problematica, riesce meglio a tracciare e a esprimere le coordinate strutturali e regolative della pedagogia. La formazione può essere definita come un processo aperto e in divenire che si snoda lungo l’intero corso della vita e che inerisce e coinvolge la molteplicità delle

dimen-sioni di sviluppo. Essa rimanda a una concezione dell’uomo inteso nella sua globalità

e sistemicità.

Se, in riferimento all’unitarietà del soggetto, anche il processo formativo va pensato e progettato come unitario e integrato, possiamo tuttavia distinguere l’intero ambito della formazione in due grandi dimensioni di intervento pedagogico: la formazione cognitivo-intellettuale e la formazione socio-affettiva.

La formazione cognitivointellettuale fa riferimento ai processi di costruzione del pen -siero e delle abilità cognitive: percettivo-motorie, linguistiche, logiche, inventive e fantastiche. Utilizzando infatti le motivazioni primarie di sviluppo della dimensione cognitiva – la tensione esplorativa e investigativa e quella costruttiva e immaginativa – la formazione deve poter garantire a tutti, nel rispetto e nella valorizzazione delle spe-cifiche diversità, la possibilità di dotarsi e attrezzarsi di tutti gli strumenti di sapere (in termini di concetti e in termini di strategie di pensiero) necessari per muoversi e

Un uso piuttosto diffuso classifica come “educazione” quei processi indirizzati a facilitare lo sviluppo globale della personalità, e come “istruzione” le attività di trasmissione e pro

-duzione guidata di nozioni e comportamenti specifici. Le attività di educazione e istru -zione sono però strettamente collegate, e nelle ricerche pedagogiche i due termini che le designano vengono spesso utilizzati con un certo numero di sfumature di significato diffe-renti. Alcuni studiosi cercano di risolvere il problema affermando che uno dei due vocaboli è inutile: sostengono, ad esempio, che l’istruzione ha significato solo come parte del -l’e ducazione della persona, oppure che -l’educazione si risolve, nel concreto, in forme di istruzione.

Il pedagogista❇Riccardo Massa (studioso specializzato nella ricerca sulla teoria pedago-gica e sull’attività educativa) introduce invece un terzo concetto, quello di formazione❇, unendo in esso tutti gli aspetti solitamente compresi nelle nozioni di “educazione” e di “istruzione”, e cioè l’idea del “far crescere” qualcosa di preesistente nell’individuo, dell’“in-serire” in esso qualcosa di nuovo, di stimolare la conoscenza e il pensiero, e infine di pro-muovere le capacità sociali ed emotive. Il termine “formazione”, osserva inoltre lo studioso, è adatto a indicare sia le attività con cui veniamo educati e istruiti da qualcuno, sia le situa-zioni in cui siamo noi ad agire in questo senso, autoeducandoci e autoistruendoci.

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Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

Una volta chiarito l’aspetto teorico della questione riguardante i termini “educazione”, “istruzione” e “formazione”, è bene specificare che in questo testo ci atterremo nella mag-gior parte dei casi alle modalità di utilizzo che più frequentemente ricorrono nel linguag-gio comune odierno. Useremo perciò spesso “educazione” e “formazione” come sinoni-mi, comprendendo al loro interno anche il concetto di “istruzione”, salvo i casi in cui si renderà necessario soffermarsi specificamente su distinzioni particolari, come ad esempio quella tra educazione e istruzione nella realtà scolastica.

L’uso dei termini in questo manuale

operare in una società di conoscenze plurime, mobili e articolate e per disporre di autonome chiavi di lettura della realtà e di interazione con il mondo fisico e antro -pologico. […]

La formazione socio-affettiva fa riferimento alla costruzione di una personalità emotiva-mente equilibrata e socialemotiva-mente autonoma e responsabile. Si tratta, in questo caso, di predisporre adeguati contesti e percorsi formativi che consentano e favoriscano il pas-saggio dalla semplice capacità di stare con gli altri alla capacità di condividere con gli altri idee e valori, emozioni e sentimenti, problemi e prospettive. Più concretamente, ciò comporta la necessità di sviluppare la pratica del confronto e della cooperazione, del rispetto delle idee e dei sentimenti degli altri (per quanto differenti dalle proprie) senza che questo si traduca in rinuncia al proprio modo di pensare e di agire… Saper-si decentrare, sorretti però da un’autonomia matura e solida, Saper-significa essere disponi-bili e capaci di “andare verso gli altri”, significa formare e modificare le proprie mani-festazioni di amore, di amicizia e di affetto. Il tutto nel rispetto della molteplicità delle culture, dei valori, delle scelte etiche, dei progetti e delle aspirazioni esistenziali. La duplice articolazione del concetto di formazione – orientata verso una dimensione cognitiva e una dimensione socio-affettiva – consente di recuperare al suo interno l’an-tinomia classica della pedagogia: l’anl’an-tinomia1educazione-istruzione. […]

Con il termine istruzione solitamente si fa riferimento a un intervento declinato princi -palmente sul versante cognitivo della formazione, finalizzato a trasmettere, organizzare e rielaborare quei molteplici saperi, conoscenze e competenze intellettive necessari per operare in una realtà multialfabetica, multiculturale e multimediale come quella attuale. Con il termine educazione si tende, invece, a privilegiare la sfera affettiva, sociale ed etica della formazione, finalizzata all’assunzione, alla diffusione e alla rielaborazione consa-pevole e critica di quei valori, norme e princìpi che regolano la vita del singolo e dei gruppi sociali. […]

A una pluralità di dimensioni della formazione (cognitiva, socio-affettiva, etico-sociale) corrisponde così una pluralità di sedi di formazione (formale, informale e non formale) che concorrono ad articolarne e organizzarne l’intero percorso. Di qui l’esigenza di predisporre un patto di reciprocità tra le varie sedi formative, che sappia far emergere ed esaltare la specificità di ciascuna di esse (si pensi al ruolo prevalentemente educativo-valoriale della famiglia e a quello eminentemente istruttivo della scuola) in direzione di un progetto pedagogico organico, multidisciplinare e integrato.

(F. Pinto Minerva, Le sette parole della pedagogia, in AA.VV., Scuola ’93, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 36-39)

Guida alla lettura

• Qual è, secondo Franca Pinto Miner va, il duplice livello di azione dell’attività formativa? • Pensando alla tua personale esperienza, sapresti individuare i particolari obiettivi perseguiti

di volta in volta dall’attività di formazione che ti è stata indirizzata?

1Per “anti-nomia”, nel linguaggio filosofico, si intende una contrapposi-zione non eliminabile tra due tesi ugualmente sostenibili.

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Unità 1 Dall’educazione alla pedagogia

4. L’EPISTEMOLOGIA PEDAGOGICA

Abbiamo descritto sommariamente alcuni dei caratteri principali dell’educazione. A questo punto è necessario distinguere tra azione educativa e pedagogia❇, ossia tra la realiz-zazione concreta delle situazioni e delle attività entro cui gli individui vengono educati, e la teorizzazione consapevole e sistematica dell’azione educativa. Nella nostra società, infat-ti, le pratiche educative fanno ricorso non solo a conoscenze provenienti da ambiti diversi rispetto a quello strettamente educativo (filosofia, psicologia, sociologia, economia ecc.), ma anche a un vero e proprio sapere pedagogico direttamente maturato sulla base dell’at-tività degli educatori.

Il primo livello della riflessione sull’educazione è costituito dalla cosiddetta pedagogia pratica❇, ovvero da una serie molto varia di nozioni, norme morali e regole tecniche volte a dirigere l’attività educativa nel suo concreto svolgimento. Di con-seguenza, i concetti della pedagogia pratica si sviluppano all’incrocio tra linguaggi diversi (appar-tenenti di volta in volta alla filosofia, alla religione, alle scienze umane, biologiche o economi che),

mentre i suoi argomenti passano impercettibilmente dal piano descrittivo a quello prescrittivo.

Numerosi studiosi si sono invece dedicati alla sistematizzazione di una scienza dell’edu-cazione❇, ovvero di una teoria dell’attività educativa capace non solo di fare da “ponte” tra l’attività educativa medesima e le discipline di cui essa si serve, ma anche di provvedere a raccogliere in forma nuova i dati provenienti da altri settori, nonché di organizzare una rifles sione di fondo sull’evento educativo. Inoltre, la scienza dell’educazione mantiene la carat -teristica, propria anche della pedagogia pratica, di occuparsi sia di descrivere con esattezza

i fatti (esigenza tipica della scienza), sia di prescrivere i comportamenti più opportuni per

modificare positivamente tali fatti(esigenza più vicina agli intenti filosofici o religiosi). Ciò ha dato origine, nel corso del Novecento, a un vasto dibattito sull’epistemologia pedagogica❇, cioè sui criteri generali che permettono di descrivere e classificare il sapere pedagogico nel quadro complessivo dei saperi della nostra cultura.

In modo assai schematico, possiamo dire che una parte degli studiosi afferma che la pe da -gogia non può essere definita “scienza”, e ciò principalmente per due ragioni:

• perché non può basare le sue conclusioni su ricerche realizzate con il metodo matematico-sperimentale tipico delle scienze “esatte”;

• perché non possiede un linguaggio tecnicamente formalizzato, cioè capace, come gli altri lin-guaggi delle discipline scientifiche, di

descrivere con esattezza i suoi oggetti. I sostenitori della scientificitàdella pedagogia hanno risposto a queste osser vazioni facendo innanzitutto nota-re che per una parte consistente di epi-stemologi contemporanei ogni settore di ricerca può essere considerato “scienza”

La riflessione sull’educazione La pedagogia pratica La scienza dell’educazione Contro la scientificità della pedagogia A favore della scien -tificità della pedagogia

Scienze umaneCon questa espressione si intende un insieme di saperi (sociologia, psicologia, scienze dell’educazione, econo-mia, linguistica, antropologia…) che hanno per oggetto l’uomo nella molteplicità delle sue carat te ristiche specifiche e dei suoi comportamenti sociali. Le scienze umane, o “scienze sociali”, sono saperi com plessi, strettamente collegati tra loro e dotati di metodi di ricerca parzialmente comuni.

ScientificitàIl termine indica l’insieme dei criteri o del-le caratteristiche che permettono di classificare un sape-re o una singola ricerca come “scientifici”. Af ferma il peda go gista Domenico Izzo: «una scienza è autonoma quando […] ha un proprio oggetto, è provvista di norme autoregolative, stabilisce leggi scientifiche, costruisce teorie e modelli euristici, adotta una meto do logia, ha un suo lessico speciale».

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Capitolo 1 L’educazione come esperienza e come sapere

quando utilizza un metodo rigoroso e oppor-tunamente definito per rispondere alle pro-prie esigenze, anche se si tratta di un metodo diverso da quello matematico-sperimentale. Per quanto riguarda il linguaggio, si è invece tentata innanzitutto un’opera di chiarificazio-ne degli enunciati pedagogici, cioè del modo in cui la riflessione sull’educazione presenta i propri contenuti.

Testo 6

WOLFGANG BREZINKA: il linguaggio della pedagogia pratica

Nel brano qui presentato, Wolfgang Brezinka esamina in modo puntuale i principali aspetti che rendono il linguaggio della “pedagogia pratica” una mescolanza di elementi emotivi, re-torici e persuasivi.

I

l linguaggio della pedagogia è nato da quello degli educatori, cioè dei genitori, degli insegnanti, delle maestre e dei sacerdoti. Molti concetti che si adoperano in sede peda-gogica esprimono le idee che dei propri compiti e delle condizioni in cui vanno assol-ti si sono fatassol-ti coloro che praassol-ticano l’arte dell’educazione. Altri risalgono ai teorici di quest’ultima, che hanno cercato d’influenzare gli educatori e la loro prassi con deter-minate tecniche pedagogiche. […]

È caratteristico dei principi e sistemi scientifici che essi siano formulati in una lingua che serva ad un unico scopo: all’informazione, alla presentazione di oggetti, alla comunica-zione di dati di fatto. I principi della scienza hanno un contenuto informativo. Possono essere veri o errati. Nell’ambito scientifico il linguaggio resta delimitato alla sua funzione

informativa (dal latino informare = presentare, descrivere). Quale esempio, adduciamo la

frase seguente: «Grosso modo influenza lo sviluppo dei bambini la normale tonalità affet-tiva del comportamento educativo dei genitori, più di quanto non facciano una qualsia-si tecnica specifica di carattere educativo o la coequalsia-sione coniugale fra i genitori stesqualsia-si». È caratteristico invece della pedagogia pratica che in essa il linguaggio sia adoperato in modo non solo informativo, bensì anche imperativo ed emotivo. Cominciamo col con-siderare la funzione imperativa o prescrittiva (dal latino imperare = comandare, ordinare, dare incarico; ovvero da praescribere = prescrivere, ordinare, comandare). In questo ca-so il linguaggio serve ad ingiungere un comportamento, ad esternare un desiderio, ad impartire un ordine, ad esprimere una raccomandazione. […]

Quale terzo aspetto del linguaggio indichiamo la sua funzione emotiva o affettiva (da “emozione” o “affetto” = stato affettivo, emotivo, sentimento). Con tutto ciò si vuol in-tendere che il linguaggio può essere adoperato anche per comunicare sentimenti e per eccitare sentimenti in altri. L’uso del linguaggio per esprimere sentimenti propri può essere definito come funzione espressiva (dal latino exprimere = esprimere); quello in-teso ad eccitare sentimenti in altre persone può essere definito come funzione persuasiva (dal latino persuadere = persuadere, convincere). L’uso linguistico di natura emotiva è riscontrabile non solo nella poesia, ma dovunque si abbia l’intento di influenzare gli uomini. Soprattutto nell’ambito della politica, della pubblicità, della propaganda, della cura d’anime, della psicoterapia e dell’educazione. […]

Metodo matematico-sperimentaleSi tratta di un metodo di indagine che presuppone di quantificare l’oggetto studiato in modo da poter costruire una serie di ipotesi sulla base di dati e calcoli, e di verificare tali ipotesi attraverso opportuni esperimenti. A partire dal-l’opera di Galileo, il metodo matematico-sperimentale è stato ritenuto il criterio fondamentale per riconosce-re la scientificità di una disciplina e questo ha fatto sì che anche le scienze umane, nel tentativo di essere considerate autenticamente “scientifiche”, lo adot-tassero come criterio del proprio sviluppo.

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