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Implementazione di un sistema informatico per la gestione della performance energetica ai sensi della ISO 50001

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’ENERGIA DEI SISTEMI,

DEL

T

ERRITORIO E DELLE

C

OSTRUZIONI

RELAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA

LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE

Implementazione di un Sistema Informatico per la

Gestione della Performance Energetica ai sensi della

ISO 50001

RELATORI

IL CANDIDATO

Prof. Daniele Testi Nicolò Del Barga

Dipartimento di Ingegneria delbarga@mail.com

dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni Prof. Riccardo Dulmin

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni Ing. Lorenzo Barni

Corporate Energy Officer Sofidel S.p.a.

Sessione di Laurea del 03/10/2018 Anno Accademico 2017/2018 Consultazione consentita

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Ringraziamenti

Alla fine di questo intenso percorso universitario mi rendo conto che molto è cambiato, le esperienze che si sono susseguite mi hanno concesso di maturare ed arricchirmi come persona. Ricorderò sempre con piacere questi anni, non solo per le cose che ho imparato, ma anche per tutte le sfide affrontate con serenità ed i momenti felici che ho avuto la fortuna di condividere. Per questo sono molte le persone a cui va un grande grazie, senza di loro non sarebbe stato lo stesso.

Al prof. Daniele Testi ed al prof. Riccardo Dulmin, relatori di questa tesi di laurea, che mi hanno permesso di elaborare questo progetto e mi hanno consigliato al meglio durante tutta la stesura.

All’ Ing. Lorenzo Barni ed all’ Ing. Simone Ricci, che hanno reso questi sei mesi di tirocinio un periodo sereno, in un clima di lavoro disteso, produttivo e divertente, riuscendo a non perdere mai la serietà e la voglia di fare.

Ai compagni universitari, in particolare gli amici di Lucca, che hanno condiviso con me questo percorso rendendo tutto più leggero e motivante, riuscendo grazie alla forza di gruppo che si è creata, ad aiutarci l’un l’altro nello studio, ma soprattutto nelle difficoltà di tutti i giorni.

Ai miei amici, ci vorrebbero un sacco di pagine per ricordarli tutti ed è proprio per questo che mi sento molto fortunato. Grazie per essere sempre stati costanti compagni di avventure e non avermi mai lasciato solo durante tutto questo tragitto.

A Laura, quotidiano sostegno che ho avuto la fortuna di avere a fianco in questo periodo, facendomi sentire il suo supporto costante, con la dolcezza di chi, senza invadere mai, desidera condividere le sue sensazioni ed il suo tempo con te.

Ai miei genitori, che sono stati la prima e più importante fonte di insegnamenti, dimostrandomi, senza mai risparmiarsi, quanto è importante crescere con figure che semplicemente desiderano costantemente il tuo bene.

Infine, a mia sorella Caterina, che mi è stata accanto in tutti questi anni, riuscendo a farmi sentire la sua compagnia ed il suo prezioso aiuto, in tutti i momenti di necessità e di gioia che si incontrano in un lungo percorso.

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INDICE

1. Introduzione ... 5

2. Il Gruppo Sofidel ed il processo di produzione della carta tissue ... 7

2.1 Il Gruppo Sofidel: presentazione e storia dell’azienda... 7

2.1.1 La Storia ... 8

2.1.2 Marchi e prodotti ... 10

2.2 Il processo di produzione della carta ... 11

2.2.1 Processo di produzione in cartiera ... 13

2.2.1.1 Approvvigionamento della materia prima ... 13

2.2.1.2 Preparazione impasti ... 14

2.2.1.3 Macchina continua ... 15

2.2.1.4 Ribobinatrice ... 18

2.2.1.5 Trattamento acque ... 19

2.2.2 Processo di trasformazione nel converting ... 19

2.2.2.1 Processi di taglio ... 20

2.2.2.2 Processi di sagomatura ... 20

2.2.2.3 Processi di stampa ... 21

2.2.2.4 Confezionamento e pallettizzazione... 21

3. La norma ISO 50001 ed il flusso energetico del processo ... 22

3.1 La norma ISO 50001 ... 22

3.1.1 Requisiti del sistema di gestione dell’energia ... 22

3.1.1.1 Responsabilità della direzione e politica energetica ... 22

3.1.1.2 Pianificazione energetica ... 23

3.1.1.3 Attuazione e funzionamento ... 24

3.1.1.4 Verifica ... 25

3.1.1.5 Riesame della direzione ... 25

3.2 Applicazione della ISO 50001 nei siti Sofidel ... 26

3.3 Consumi e flussi energetici del processo di produzione ... 27

3.3.1 Analisi degli impianti di produzione dell’energia ... 30

3.3.1.1 Impianti di produzione dell’energia elettrica ... 30

3.3.1.2 Impianti di produzione dell’energia termica ... 33

3.3.2 Principi di funzionamento dei misuratori installati ... 34

3.3.2.1 Misuratori elettrici ... 34

3.3.2.2 Misuratori gas e vapore ... 35

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4.1 Contesto ed obiettivi del lavoro ... 38

4.2 EMS ed architettura software degli stabilimenti ... 41

4.2.1 EMS ... 41

4.2.2 Architettura software ... 44

4.2.2.1 I sistemi di controllo distribuito (DCS) ... 45

4.2.2.2 Manufacturing execution system ... 47

4.2.2.3 Enterprise control system nei siti Sofidel ... 50

4.3 I report energetici ... 51

4.3.1 Dati di input ... 51

4.3.2 Costanti ... 52

4.3.3 Calcolo dei consumi per area energetica ... 53

4.3.3.1 Uniformare le unità di misura dei dati... 53

4.3.3.2 Formule per il calcolo del consumo dei dipartimenti: metodo di definizione tramite EMS ... 55

4.3.4 Report finale ... 56

4.3.4.1 Forma finale dei report ... 56

4.3.4.2 Vantaggi derivanti dalla nuova forma dei report in ottica di miglioramento continuo della prestazione energetica ... 60

4.3.4.2 Nuovi sviluppi futuri ... 60

4.4 Caso di studio 1: stabilimento 1 ... 61

4.4.1 Analisi energetica ... 61

4.4.1.1 Descrizione generale dello stabilimento ... 61

4.4.1.2 Energia elettrica: schema e misuratori installati ... 62

4.4.1.3 Energia termica: schema e misuratori di gas naturale installati ... 65

4.4.2 Impostazione delle formule di calcolo del consumo dei dipartimenti ... 66

4.4.3 Analisi delle opportunità di miglioramento ... 68

4.4.3.1 Analisi dei punti critici identificati nel report ... 68

4.4.3.2 Analisi delle variabili di costo ... 69

4.4.3.3 Descrizione delle opportunità di miglioramento ... 71

4.5 Caso di studio 2: stabilimento 2 ... 72

4.5.1 Analisi energetica ... 72

4.5.1.1 Descrizione generale dello stabilimento ... 72

4.5.1.2 Energia elettrica: schema e misuratori installati ... 73

4.5.1.3 Energia termica: schema e misuratori di gas naturale installati ... 76

4.5.2 Impostazione delle formule di calcolo del consumo dei dipartimenti ... 77

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4

4.5.3.1 Analisi dei punti critici identificati nel report ... 78

4.5.3.2 Analisi delle variabili di costo ... 79

4.5.3.3 Descrizione delle opportunità di miglioramento ... 81

5. Conclusioni ... 82

6. Bibliografia ... 84

7. Appendici……….85

7.1 Appendice 1: Report Aree Energetiche stabilimento 1…..………85

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1. Introduzione

Lo sviluppo di un sistema che consenta di valutare le performance energetiche di uno stabilimento, adibito alla produzione di carta tissue, è alla base di questo lavoro. Considerando che aziende produttive come le cartiere richiedono un elevato apporto energetico, in termini di energia elettrica e termica, il seguente studio si propone di descrivere l’elaborazione di un sistema adatto non solo a rendere confrontabili i dati di consumo tra differenti impianti, ma che sia soprattutto un supporto decisionale in ottica di efficientamento energetico e miglioramento continuo delle prestazioni.

Questo lavoro, infatti, nasce da esigenze di certificazione in ambito ISO 50001, che richiedono, per siti produttivi certificati, l’evidenza del monitoraggio dei consumi di energia e dell’approccio al miglioramento continuo delle performance energetiche. L’obiettivo è proprio quello di fornire uno strumento utile alle aziende del settore cartario, in grado di fornire dati precisi e dettagliati sui consumi di uno stabilimento. È proprio il livello di dettaglio con cui si vanno a calcolare i consumi energetici una delle innovazioni che questo lavoro si propone di apportare. Lo scopo è quello di fornire uno schema standard in cui differenti stabilimenti possano riconoscere la propria conformazione produttiva, con la possibilità di ritrovare tutte le particolarità individuali, sulla base di cui sarà poi indicato il consumo preciso per ogni area energetica individuata. Il livello di dettaglio che il sistema punta a raggiungere va oltre la suddivisione di tre macro-aree energetiche (attività principali, servizi ausiliari e servizi generali) dello stabilimento, in direzione di dipartimenti ancora più specifici, in modo che si possa ottenere un dato di consumo assegnabile ad una sezione circoscritta del sito produttivo e che permetta di prendere decisioni di efficientamento più mirate.

Un’altra caratteristica fondamentale che si richiede a questo sistema di analisi delle performance energetiche per migliorare il supporto alle decisioni è la precisione dei dati. Infatti, un indicatore che segnala il consumo di un’area energetica è molto più significativo se deriva da un dato realmente misurato, rispetto ad un dato ottenuto tramite una stima sulla base del consumo totale dello stabilimento. Questo lavoro presuppone, infatti, l’ottenimento di consumi ripartiti per area energetica in base a valori registrati da misuratori appositamente installati. In questo modo, si può valutare ogni area da un punto di vista energetico con valori puntuali e rappresentativi del reale andamento nel tempo. Questo è un vantaggio significativo per ogni azienda, dal momento che può fare la differenza in decisioni importanti in ambito economico, come scelte di investimenti in efficientamento energetico globali o valutazioni di potenziamento specifiche verso un’area energetica dello stabilimento rispetto ad un’altra.

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6 Lo strumento che è stato progettato a fronte di questi obiettivi è un report energetico utilizzabile da ogni sito produttivo, che racchiude tutte le indicazioni generali sull’energia utilizzata dallo stabilimento in questione e fornisce il quadro dettagliato del consumo di tutte le aree energetiche presenti. Tale report, coadiuvato dal sistema informatico per la gestione aziendale, non garantisce solo l’adempimento degli obblighi di rilevamento e riepilogo delle performance per i siti certificati ISO 50001, ma rappresenta anche il mezzo con cui monitorare e gestire le prestazioni energetiche aziendali in ottica di miglioramento continuo. Questa trattazione inizierà con una breve presentazione della Sofidel (l’azienda dove è stato svolto il lavoro) e con l’illustrazione del processo produttivo standard di lavorazione della carta. Saranno descritte le fasi consequenziali del flusso produttivo ed i principali macchinari che intervengono nella formazione del prodotto finito. Successivamente proseguirà con la descrizione della norma ISO 50001 ed il metodo con cui essa viene applicata nei siti Sofidel certificati. Verranno, quindi, descritti i flussi ed i consumi energetici tipici di uno stabilimento produttivo, andando anche ad illustrare i principali impianti di produzione dell’energia ed i principi di funzionamento dei misuratori utilizzati. Una volta che sono stati descritti questi elementi, il lavoro procederà con l’illustrazione del sistema informatico per la gestione della performance energetica e l’architettura software per il controllo operativo degli stabilimenti Sofidel. Di seguito verranno descritti i report energetici sviluppati, andando a definire come è stata ottenuta la ripartizione dei consumi per dipartimenti e come verranno visualizzati i consumi e gli indicatori energetici. Per analizzare la costruzione dei report ed i risultati che ne derivano, verranno illustrati due casi di studio, elaborati su due stabilimenti del Gruppo. I casi saranno descritti con un’analisi energetica esemplificativa ed illustrando come si è arrivati al calcolo delle performance energetiche nei report. Infine, per ogni caso di studio verrà descritta un’analisi delle possibili opportunità di efficientamento da adottare, derivanti dall’analisi dei report reali riportati in appendice ed affiancate da un’analisi dei costi delle opportunità più significative.

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2. Il Gruppo Sofidel ed il processo di

produzione della carta tissue

2.1 Il Gruppo Sofidel: presentazione e storia dell’azienda

Sofidel S.p.a. è una società fondata da Giuseppe Lazzareschi ed Emi Stefani, operante nel settore cartario e divenuta nel tempo uno dei maggiori produttori mondiali di carta tissue. Al giorno d’oggi è presente in 13 Paesi: Italia, Regno Unito, Francia, Spagna, Belgio, Germania, Svezia, Polonia, Ungheria, Grecia, Romania, Turchia e Stati Uniti.

Il marchio più noto del Gruppo è “Regina” ed all’estero è presente con vari brand tra i quali: “Softis”, “Le Trèfle”, “Sopalin” e “Nouvelle”. In totale l’azienda conta oltre 6.000 dipendenti, principalmente presenti in Italia, Francia e Stati Uniti.

In accordo con la sua vision, Sofidel dichiara di voler:

“Aumentare il comfort e l’igiene per tutti, riducendo l’impatto nel mondo che ci circonda.” Inoltre, la mission aziendale è quella di:

“Rendere più ordinata, pulita, pratica, sicura e piacevole la vita quotidiana, attraverso la valorizzazione del personale, l’innovazione, i comportamenti ispirati alla sostenibilità, alla trasparenza commerciale e al rispetto delle regole, con lo scopo di creare valore per i clienti, i dipendenti, i partner, gli azionisti e la comunità.”

Dalla mission e dai valori di Sofidel, riassunti nel principio cardine: “Less is more”, discendono gli obiettivi di sostenibilità che l’azienda si impegna a perseguire entro la fine del 2020:

 -23% di emissioni dirette rispetto al 2009 per ogni tonnellata di carta

 -13% di emissioni indirette (causate da terzi lungo la propria value chain) rispetto al 2010 per ogni tonnellata di carta

 8% quota di fonti rinnovabili sulla quantità di combustibili consumati annualmente. [1] Le principali performance economico-finanziarie che caratterizzano il Gruppo al 31/12/2017 sono:

Report integrato – Performance economico-finanziarie

Capacità produttiva 1.098.000 tonn SP-Totale Attività 2.509 mln €

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8 SP-Totale Patrimonio Netto 719 mln €

Totale Ricavi 1.869 mln €

Margine Operativo Lordo 182,132 mln €

Utile d’esercizio 29,7 mln €

Tabella 1: Indici macro-economici Gruppo Sofidel 2017

Inoltre, alcuni importanti dati in ottica di risparmio energetico e sostenibilità ambientale sono riassunti nella seguente tabella:

Report integrato – Indicatori ambientali

Consumo energetico totale 11.720 Tj

Consumo idrico 7,1 l/kg

Riduzione della Carbon Intensity (rispetto al 2009) 21,1% Produzione totale da fonti di energia rinnovabile 512 Tj

CO2 media annua evitata -34.244 tonn

Investimenti in efficienza energetica 5 mln €

Tabella 2: Indicatori ambientali Gruppo Sofidel 2017

Dal punto di vista energetico, un’idea dei consumi del Gruppo Sofidel è fornita dal dato di consumo globale per l’anno 2017: 11.720 Tj. Tale dato fa riferimento all’energia necessaria a conseguire i processi di produzione dell’azienda, ottenuta tramite le seguenti fonti: 68% da combustibili fossili (energia calcolata tramite il Potere Calorifico Inferiore), 27% da acquisto di energia elettrica dalla rete nazionale, 4% da biomassa e 1% da altre fonti come la produzione di energia da impianti fotovoltaici o idroelettrici. [2]

Inoltre, come sarà discusso in seguito, Sofidel ha intrapreso un percorso di certificazione dei propri siti secondo lo standard ISO 50001, in ottica di monitoraggio e miglioramento delle proprie performance energetiche.

2.1.1 La Storia

La prima cartiera del Gruppo viene aperta nel 1966 da Giuseppe Lazzareschi ed Emi Stefani: la Stefani & Lazzareschi a Pracando (Villa Basilica, Lucca). La seconda cartiera, invece, la Fine Paper, è stata aperta nel 1969 a Porcari ed è qui che il Gruppo inizia a produrre carta a doppio velo.

Gli anni Settanta dell’azienda sono caratterizzati da una costante crescita, favorita dal corrispondente aumento del consumo di carta per uso igienico e domestico in tutto il Paese. Nascono, infatti, le prime aziende cartotecniche italiane: Soffas (1972) e Delicarta (1979) a

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9 Porcari. È proprio alla fine degli anni Settanta che iniziano le prime attività di export verso gli altri Paesi europei. In particolar modo verso i mercati tedesco e francese, affini a quello italiano per abitudini e modello di consumo, oltre che favorevoli per vicinanza geografica. Negli anni Ottanta l’azienda continua a crescere grazie agli ingenti investimenti in nuovi impianti produttivi. Nel 1988 nasce Sofidel, creata dall’unione delle aziende del Gruppo: Sofidel è, infatti, l’acronimo di Soffass (So), Fine Paper (Fi) e Delicarta (Del). La nuova azienda con sede centrale a Porcari svolge un ruolo di coordinamento delle strategie delle società appartenenti al Gruppo. Nel 1987 Soffass lancia sul mercato il brand “Regina”, il quale viene favorito immediatamente dal crescente interesse dimostrato dai consumatori verso le marche commerciali, grazie soprattutto alle sponsorizzazioni degli spot televisivi. Nella seconda metà degli anni Novanta si rileva un’importante svolta strategica: inizia la costruzione di Delipapier, il primo stabilimento francese ed il primo sito integrato (grazie alla compresenza di cartiera e converting) del Gruppo Sofidel. Ciò indica l’avvio della produzione direttamente nei mercati di sbocco europei, in modo da supportare l’internazionalizzazione delle principali realtà della grande distribuzione, aumentare la qualità del servizio e contenere i costi logistici. Il 1997 è anche l’anno della costituzione della società Papernet, in questo modo si registra l’ingresso dell’azienda nel mercato “Away-from-Home”, cosicché il Gruppo, da questo momento, sia presente in tutte le linee di business.

Nel 2001 Sofidel da azienda di servizi per gli stabilimenti diventa la holding delle società del Gruppo, favorendo l’ottenimento di economie di scala e sinergie societarie dovute al coordinamento sempre più accentrato. Il nuovo millennio segna, anche, l’inizio di una strategia di grandi investimenti greenfield. Si avvia, infatti, la costruzione di una serie di stabilimenti integrati: Delitissue (Polonia), Intertissue (Gran Bretagna), Ibertissue (Spagna) e Delipapier (Germania). Inoltre, tra il 2004 e il 2009 vengono acquisite: Sofidel Kagit (Turchia), Werra (Germania), Buxeuil (Francia) e Papyros (Grecia). L’espansione continua anche in Italia con le acquisizioni della cartiera di Monfalcone e dello stabilimento integrato Imbalpaper. Il Gruppo avvia, così, una strategia di crescita multi-brand attraverso l’acquisizione di nuovi marchi: Softis, leader dei fazzoletti di carta in Germania, l’asciugatutto Sopalin e la carta igienica Le Trèfle, conosciuti sul mercato francese da oltre 100 anni. In questi anni la crescita produttiva di Sofidel si affianca a un sempre più marcato impegno verso temi riguardanti la sostenibilità ambientale: nel 2008 l’azienda pubblica il suo primo Bilancio di Sostenibilità e diventa la prima azienda al mondo nel settore tissue che aderisce al programma internazionale WWF Climate Savers.

Tra il 2010 e il 2013 vengono acquisite Comceh in Romania e LPC Group con stabilimenti in Gran Bretagna, Svezia, Belgio e Francia. È in questi anni che Sofidel diventa il secondo

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10 player europeo. Il 2012 segna un anno di svolta: viene acquisita la società Cellynne (che diventa Sofidel America) con stabilimenti in Florida, Winsconsin e Nevada. L’impegno nel mercato statunitense è dimostrato anche dall’apertura di un nuovo impianto di trasformazione in Oklahoma, dal potenziamento dello stabilimento in Nevada e dall’acquisizione nel 2015 dalla società Green Bay Converting Inc. di due impianti di trasformazione. In soli tre anni, Sofidel sul mercato americano si avvale di una capacità produttiva di 200 mila tonnellate e della presenza in 7 diversi Stati.

Per quanto riguarda l’attenzione dimostrata sull’impegno alla sostenibilità ambientale, nell’aprile del 2014 viene introdotto tra i valori aziendali il principio “Lessi is more”; il quale denota un orientamento di fondo nel proprio operare: dare “di più” in termini di valori, prodotti e servizi, “con meno” in termini di consumi e sprechi. Inoltre, raggiunto nel 2013 l’obiettivo di ridurre dell’11% le proprie emissioni di CO2, prefissato con l’adesione al programma

internazionale del WWF Climate Savers, vengono fissati per il 2020 obiettivi ancora più ambiziosi. Oltre che continuare sulla strada della riduzione delle emissioni, Sofidel si impegna anche ad incrementare l’utilizzo di fonti rinnovabili e promuovere la Low Carbon Economy all’interno del proprio settore industriale. [3]

2.1.2 Marchi e prodotti

I prodotti tissue delle aziende cartarie appartenenti al Gruppo Sofidel sono suddivisi in quattro principali linee di business:

 Consumers Brand: appartengono a questa linea il marchio leader europeo “Regina” e tutti gli altri brand acquisiti nel tempo. Tali prodotti sono caratterizzati per l’alta qualità, l’innovazione produttiva e l’attenzione al servizio. Vengono commercializzati dal Gruppo, principalmente nei Paesi indicati, i prodotti riportanti i seguenti marchi: Regina (Italia), Softis (Germania ed Austria), Le Trèfle e Sopalin (Francia), Nouvelle e Thirst Pockets (Regno Unito ed Irlanda), Kitten Soft (Irlanda), Nalys (Belgio, Olanda e Lussemburgo), Cosynel (Belgio), Yumy (Turchia), Soft & Easy (Polonia), Volare e Onda (Romania), Lycke (mercato scandinavo) e Forest (Ungheria).

 Private Label: fanno parte di questa categoria i prodotti realizzati a marchio privato per le catene della GDO (Grande Distribuzione Organizzata). Il Gruppo presidia la fascia alta del mercato (Premium e Luxury) con prodotti che utilizzano spesso brevetti registrati da Sofidel. Oltre alla commercializzazione di prodotti con la marca del distributore, il Gruppo dispone anche di marchi come Nicky: una linea di prodotti utilizzati dalla Grande Distribuzione come “supporto temporaneo”, in attesa che mettano a punto il proprio brand.

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11  AFH – Away From Home: sono prodotti messi a punto per le esigenze specifiche di: bar, ristoranti, alberghi, centri fitness e altre tipologie di consumo affini. Con questo canale Sofidel è presente sia nel mercato europeo che in quello statunitense con il marchio Papernet.

 Parent Reels: quest’area di business è caratterizzata dalla vendita alle aziende trasformatrici di bobine di carta tissue, prodotte nelle cartiere del Gruppo. È un settore in costante crescita grazie alle numerose acquisizioni che Sofidel ha compiuto negli anni. [4]

2.2 Il processo di produzione della carta

Il processo di produzione della carta tissue può essere suddiviso in due macro aree: la formazione della bobina nella cartiera e la trasformazione nel prodotto finito eseguita nel converting. Non tutti gli stabilimenti di Sofidel sono integrati; nonché dotati sia della divisione cartiera che di quella del converting. In questa sezione verranno indicati, in termini generali, sia un processo produttivo standard tipico delle cartiere dell’azienda, che le principali fasi di un processo produttivo caratteristico della trasformazione.

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Figura 1: Diagramma di flusso del processo di produzione Spappolamento/ Depastigliazione Raffinazione/ Miscelazione Miscelazione/ Diluizione Circuito testa macchina Zona tela Pressatura Seccheria Pope Ribobinatrice Processi di taglio Processi di sagomatura Processi di stampa Confezionamento Cellulosa Preparazione impasti Macchina continua

CARTIERA

Bobina Prodotto finito

CONVERTING

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2.2.1 Processo di produzione in cartiera

L’obiettivo delle attività tipiche della produzione in cartiera è quello di trasformare la cellulosa grezza, approvvigionata dai fornitori, nella bobina di carta al termine del processo produttivo. 2.2.1.1 Approvvigionamento della materia prima

La materia prima (principalmente cellulosa, ma anche anime per bobine e additivi) giunge agli stabilimenti tramite camion. Una volta all’interno, il carico di ogni mezzo è scaricato in apposite aree adibite allo stoccaggio, suddivise in sezioni opportunamente identificate secondo criteri di approvvigionamento, come la data di arrivo e la tipologia di fornitore. Le bobine di carta vengono prodotte partendo da un mix di cellulosa a fibra lunga e fibra corta e da scarti del converting (i cosiddetti rifili). Cellulosa e rifili vengono caricati su due nastri caricatori indipendenti e trasportati nella zona adibita alla preparazione dell’impasto.

Un ulteriore fonte di materia prima che può raggiungere l’area dello spappolamento è rappresentata dal prodotto del processo di disinchiostrazione della carta. Tutt’oggi nessuno degli stabilimenti del Gruppo Sofidel è dotato, però, di macchinari adatti a realizzare tale funzione. Come sarà spiegato in seguito, nella configurazione standard delle aree energetiche verrà comunque considerata un’area adibita a questa fase, garantendo così la possibilità che sia già previsto un dipartimento nel modello standard, utile nel caso in cui, in futuro, il Gruppo volesse acquistare cartiere con tale area o nel caso fossero prese decisioni di acquisto di macchinari con tali funzioni. In linea generale, il processo di disinchiostrazione ha lo scopo di ottenere la pasta per l’esecuzione del processo da carta da recupero, in modo da limitare l’impiego di fibre primarie (legno, cellulosa). La carta riciclata non è, quindi, una materia prima omogenea come la cellulosa, ma è nella maggior parte dei casi un miscuglio di fibre diverse, cariche di impurezza. Per la produzione si rende, quindi, necessaria la rimozione dell’inchiostro nelle cosiddette celle di disinchiostrazione. I metodi principali utilizzati in questo processo sono la disinchiostrazione per lavaggio e per flottazione. In entrambi i casi, l’inchiostro viene asportato dalle fibre durante lo spappolamento all’interno di appositi spappolatori, mediante l’aggiunta di reagenti chimici e l’impiego di forze meccaniche. Nella metodologia per lavaggio la sospensione viene ripetutamente diluita con acqua e drenata, con lo svantaggio di un consumo idrico molto elevato ed un’alta perdita di fibre. Nella metodologia per flottazione, invece, le particelle di inchiostro vengono rese idrofobe con l’utilizzo di adeguati reagenti chimici, in modo che aderiscano alle bolle d’aria introdotte nella sospensione e vengano trasportate nella schiuma flottante. Successivamente, per completare la preparazione della materia prima derivante da carta da recupero, il prodotto viene sottoposto ad alcune fasi, come la raffinazione e lo sbiancamento, che servono essenzialmente alla nobilitazione del materiale sotto l’aspetto delle sue proprietà ottiche. [5]

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14 2.2.1.2 Preparazione impasti

La preparazione dell’impasto per la fabbricazione della carta comprende una fase che inizia con la dispersione delle materie prime (fibre e prodotti ausiliari) e termina prima della cassa d’afflusso, ovvero il punto d’inizio della macchina per la carta o macchina continua. I processi principali di questa fase, eseguiti con grado differente a seconda della tipologia di carta da realizzare, sono:  Spappolamento  Depastigliazione  Raffinazione  Miscelazione  Diluizione  Epurazione

Lo spappolamento è l’attività principale di questa fase. Lo scopo è quello di disperdere in acqua il materiale fibroso secco, disponibile sotto forma di balle o fogli, in modo da ottenere una sospensione fibrosa pompabile. Per eseguire questa operazione è necessario che il materiale fibroso sia completamente impregnato, al fine di rompere i legami tra le fibre senza danneggiarle. Gli impianti che si adoperano sono degli spappolatori, detti anche pulper, muniti di agitatori per far girare il materiale vorticosamente. Tale macchinario è costituito da un recipiente cilindrico nel quale è installato l’agitatore, che grazie al moto rotazionale delle sue pale permette che le balle in ingresso si riescano ad amalgamarsi perfettamente con l’acqua. In questo modo i legami tra le fibre vengono rotti a causa delle collisioni con le pale dei rotori.

Dopo lo spappolamento è necessario disintegrare le pasticche ancora presenti nella dispersione senza danneggiare le fibre. Ciò viene effettuato nei depastigliatori: la sospensione delle fibre viene forzata fra dischi scanalati statici e rotanti, ottenendo la collisione tra pasticche e la conseguente frantumazione in singole fibre.

Il processo di raffinazione, invece, non ha lo scopo di sminuzzare le fibre, ma di conferire all’impasto delle caratteristiche che incideranno fortemente sulle proprietà della carta. In questa fase le fibre vengono modificate in modo da aumentare la capacità di legame senza che la resistenza intrinseca venga diminuita. Nei raffinatori, infatti, la sospensione fibrosa viene pressata attraverso un interstizio, ottenendo in questo modo lo schiacciamento delle fibre. In generale, questa fase del processo ha degli effetti che si identificano in: resistenza alla lacerazione, opacità e maggior compattezza.

A questo punto il prodotto già trattato viene introdotto insieme a prodotti ausiliari, secondo un determinato rapporto, nella tina di miscela, ovvero il serbatoio per l’impasto mantenuto sotto

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15 agitazione. Prima dell’epurazione finale, si procede ad un ulteriore diluizione con acqua, fino alla concentrazione che si desidera avere alla cassa d’afflusso.

L’ultima attività da svolgere è l’epurazione, ovvero la rimozione dall’impasto di particelle estranee o di particolari componenti (come grumi di fibre), che possono disturbare la produzione o compromettere la qualità del prodotto. Tale fase, generalmente, è realizzata con epuratori centrifughi. L’impasto, infatti, viene pompato all’interno di elementi di forma tronco conica in direzione tangenziale: il moto vorticoso generato, così, fa migrare gli elementi più pesanti verso il basso in maniera che vengano espulsi, mentre la restante sospensione fibrosa è indotta a salire verso l’alto per poi uscire. Tali dispositivi sono detti cleaners e spesso vengono utilizzati sia in serie che in parallelo. [5] [6]

2.2.1.3 Macchina continua

Si possono distinguere le seguenti zone della macchina continua:  Circuito di testa macchina

 Zona tela  Zona presse  Seccheria  Avvolgitore

Lo scopo principale della prima divisione è quello di trasportare l’impasto dalla tina di macchina alla cassa d’afflusso. La soluzione viene, appunto, pompata in un contenitore mantenuto a livello costante e miscelato con acque provenienti dalla macchina continua all’interno della fan pump. Questa è una pompa centrifuga con configurazione a doppia girante che ha lo scopo di determinare la diluizione dell’impasto. Nel circuito di testa macchina è, inoltre, presente il degasatore; un serbatoio tenuto in depressione e adibito all’espulsione dell’aria. La diluizione, infine, è regolata grazie ad una valvola collegata ad un sistema di controllo.

Successivamente l’impasto viene inviato alla cassa d’afflusso, la quale ha il compito di distribuirlo senza interruzioni ed in modo uniforme. A questo scopo si impiegano, infatti, diffusori, ramificazioni delle condutture e ripartitori di flusso, che permettono alla soluzione di raggiungere la turbolenza desiderata. Attraverso una feritoia di apertura variabile, il flusso raggiunge ed aderisce alla tela. La velocità di uscita dell’impasto deve essere soltanto di poco inferiore a quella della tela, per evitare un eccessivo orientamento delle fibre nel senso di scorrimento della tela. L’ampiezza fissata per la feritoia e la pressione dell’impasto determinano la densità del foglio che si sta formando.

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16 La tela di formazione su cui va ad aderire il getto è costituita da un lungo foglio realizzato con materiali sintetici e che è schematizzabile con una linea chiusa. È sostenuta da cilindri, listelli e sbarre, in modo che sia favorita l’eliminazione dell’acqua dal foglio di carta che si sta formando all’interno della macchina continua. I fili in poliestere della tela servono, infatti, a garantire il più efficace drenaggio di acqua e particelle solide. La progressiva eliminazione dell’acqua è ottenuta, oltre che grazie alla forza di gravità, anche da una serie di casse aspiranti posizionate lungo il percorso della tela. Le acque recuperate in questa prima parte della macchina continua vengono riutilizzate nel pulper. Al termine di questa zona il manto fibroso possiede un contenuto di secco pari al 18-20%.

Attraverso un punto di contatto contrapposto tra due cilindri, le fibre passano dalla tela ad aderire ad un telo di feltro assorbente. Anche nella zona presse l’obiettivo è quello di procedere alla deidratazione del foglio in formazione. L’acqua viene estratta dal foglio di carta mediante la pressione dei cilindri e forzata nei pori del feltro. Una pressa, infatti, in corrispondenza della linea di contatto provoca una riduzione di sezione di carta e feltro, facendo in modo che l’acqua abbia meno spazio a disposizione e venga così espulsa. In questa sezione è necessario eliminare la più elevata quantità possibile di acqua, dal momento che nel successivo essiccamento termico occorrerà una maggior quantità di energia per rimuoverne la stessa quantità. Dopo la zona presse, il contenuto di secco del foglio in formazione può arrivare fino ad oltre il 40%. Questo processo fornisce al prodotto un aumento della resistenza e una migliore qualità superficiale della carta.

L’ultima fase adibita all’eliminazione dell’umidità nel foglio è quella della seccheria. In questa sezione si ottiene tale riduzione in conseguenza dell’apporto di energia termica sotto forma di vapore saturo, dal momento che è stato raggiunto il limite di deidratazione mediante mezzi meccanici. Viene, inoltre, conferita resistenza meccanica al foglio di carta a causa della formazione di legami costituiti da ponti idrogeno, formatisi a seguito dell’avvicinamento delle fibre. L’obiettivo di questa zona è quello di far evaporare l’acqua in eccesso per espellerla dal foglio, senza, però, che esso risulti danneggiato. Ciò viene raggiunto mediante il funzionamento del macchinario principe di questa zona, ovvero il monolucido (o yankee).

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Figura 2: Spaccato di un monolucido

Tale dispositivo è il cuore di ogni macchina tissue, un cilindro essiccatore coadiuvato da due cappe denominate cappa secca e cappa umida. Ha la funzione di accompagnare il velo di carta attraverso il processo di essiccazione, garantendo che non si strappi. L’essiccazione è ottenuta grazie allo scambio di calore tra il vapore saturo prodotto da servizi ausiliari e la parete interna del cilindro, favorendo la propagazione dell’energia termica in modo conduttivo fino al foglio in formazione. Il passaggio sul monolucido è effettuato dopo il contatto del foglio con una pressa aspirata, a seguito del quale si verifica un’adesione più o meno uniforme tra la parete esterna del cilindro e la superficie della carta. Da tale adesione dipende il lucido della carta, se è uniforme allora il lucido sarà buono, viceversa se il feltro non è completamente pulito non si avrà una perfetta adesione ed il lucido sarà di cattiva qualità. L’essiccamento della carta dipende dalla differenza di temperatura che intercorre tra la superficie interna e quella esterna del cilindro, le quali sono funzione della pressione del vapore (che entra nel sistema come descritto dalla figura 2) e la velocità d’evaporazione. Tale temperatura dovrebbe essere intorno ad un valore sufficientemente alto ad essiccare il foglio, ma non troppo elevato da sovra essiccarlo. Se troppo basso, infatti, la carta rimarrebbe incollata al cilindro, se, invece, la temperatura è troppo alta si potrebbe rischiare una rottura del foglio. Come detto, nel processo di essiccazione gioca un ruolo fondamentale anche il funzionamento delle cappe. Lo scopo di questi dispositivi affiancati al monolucido è quello di aspirare ed espellere la fumana generata in seccheria. Le funzioni che, quindi, sono garantite dalle cappe in una macchina continua possono essere: raccogliere l’umidità

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18 evaporata, diminuire il fabbisogno d’aria, raccogliere il calore ed inviarlo a sistemi di recupero.

Un’altra funzione molto importante del cilindro essiccatore rotante è rappresentata dalla formazione della crespatura, una caratteristica fondamentale della carta, che ne determina sofficità, allungamenti e assorbimento. La crespatura è, appunto, il compattamento del foglio nella direzione di macchina allo scopo di creare una struttura a micro pieghe, o secondo una definizione più tecnica: la crespatura è il trattamento che conferisce maggiore qualità alla carta tissue mediante il controllo del distacco del foglio dal cilindro Yankee. Il rapporto di crespatura è, infatti, dato dalla differenza di velocità tra il monolucido e l’arrotolatore (Pope), diviso la velocità del monolucido. In linea di prima approssimazione, più è elevato tale rapporto e più la carta risulta morbida al tatto, invece se è ridotto la carta potrebbe risultare più ruvida, ma con un maggior potere assorbente.

L’ultima sezione della macchina continua è il cosiddetto avvolgitore, o Pope. Il foglio continuo di carta appena fabbricato viene arrotolato su un cilindro, detto anche tamburo. L’avvolgimento del foglio sul rotolo deve essere effettuato a velocità costante in modo che non si producano pieghe e la bobina abbia una durezza uniforme. Il numero di giri del tamburo deve, perciò, ridursi costantemente man mano che il diametro della bobina aumenta. Un volta raggiunto il diametro limite, il nastro di carta viene tagliato e l’avvolgimento prosegue su un nuovo tamburo, portato nella sezione del Pope con mezzi automatici già alla velocità richiesta. [5] [7] [8]

2.2.1.4 Ribobinatrice

Lo scopo della ribobinatura è quello di svolgere e riavvolgere il rotolo, in modo da eliminare i difetti superficiali e, all’occorrenza, riavvolgere la carta con due veli di due rotoli differenti provenienti dalla macchina. I difetti eliminati possono essere: rotture, strappi, buchi, macchie e pieghe che si possono essere formati nel processo precedente. Tagliate e rimosse queste imperfezioni, vengono equilibrate le tensioni del foglio e gli spostamenti laterali dei bordi. Le ribobinatrici sono costituite da uno svolgitore ed un avvolgitore. Il primo è munito di un dispositivo frenante, allo scopo di poter ottenere la durezza di avvolgimento necessaria alle successive trasformazioni del foglio. In modo che venga garantito che vi sia abbastanza tempo per la rimozione dei difetti, le ribobinatrici devono girare più velocemente delle macchina continue. Grazie all’avvolgitore la bobina si forma sopra un’anima di cartone e viene, infine, passata ad un processo di imballaggio. In quest’ultima fase le anime vengono tappate ai lati per evitare lo schiacciamento durante il trasporto ed il rotolo è avvolto in alcuni strati di carta da impacco. Lo scopo di questo processo è quello di proteggere la carta dallo sporco e dalle variazioni di umidità. La bobina è così pronta per essere venduta o passare ai processi di trasformazione nel converting.

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19 2.2.1.5 Trattamento acque

L’acqua ha un ruolo fondamentale nel processo di produzione della carta: è il mezzo di trasporto delle fibre, interessa l’uniforme distribuzione del foglio in formazione, è uno degli elementi principali per l’ottenimento di una miscela omogenea nella preparazione impasti ed è anche un componente del prodotto finale, dato che la carta, oltre ai componenti solidi, contiene anche un 5-8% di acqua. Considerando il processo produttivo precedentemente descritto, notiamo che si ha un consumo massimo di acqua per la diluizione dell’impasto nella sezione della preparazione impasti, mentre un consumo minimo nelle perdite per evaporazione in seccheria. Il consumo è, quindi, particolarmente notevole ed economicamente dispendioso per le industrie del settore cartario, non solo a causa dell’approvvigionamento di elevate quantità di acqua fresca, ma anche perché la separazione delle fibre dall’acqua che avviene sulla tela è un processo con efficienza molto al di sotto del 100%. Infatti, l’acqua drenante contiene ancora una considerevole frazione delle fibre. Ciò porta ad una ricerca di sempre maggiore efficienza nel processo di trattamento delle acque, allo scopo di: ridurre per quanto possibile il consumo d’acqua, ridurre per quanto possibile le perdite delle acque di scarico ed il reimpiego delle fibre recuperate e garantire un idoneo trattamento degli scarichi da smaltire, in accordo con le autorità competenti. Per ottenere questa ottimizzazione, la metodologia usata è quella della chiusura del ciclo delle acque utilizzate in macchina e negli altri impianti. Generalmente, si distinguono tre circuiti: il ciclo delle acque prime, quello delle acque seconde ed il ciclo esterno. Il primo è costituito dal reimpiego diretto delle acque di drenaggio, ricche di fibre, provenienti dalla prima zona della tela e riutilizzate per la diluizione dell’impasto prima di giungere in macchina. Il ciclo delle acque seconde, invece, si forma con le acque provenienti dal drenaggio successivo dell’impasto e riciclate per le presse e gli elementi aspiranti. Il terzo circuito, che rappresenta la maggior parte delle acque di scarico, è costituito dal confluire dell’esubero delle acque seconde con altri scarichi di cartiera, una parte del quale, dopo chiarificazione, viene riciclato come acqua di fabbricazione. A causa dell’aumento delle impurezze durante il processo vi sono dei limiti alla chiusura del secondo e terzo circuito, mentre per quanto riguarda il primo, si può arrivare ad una chiusura quasi completa. Le sostanze presenti nelle acque di scarico possono essere sostanze insolubili, come fibre, o sostanze solubili, quali: zuccheri, emicellulose, additivi come amido o altri prodotti. Nella maggior parte dei casi, le acque di scarico è necessario che siano depurate prima dell’immissione in fogna o in acque di superficie, per motivi sia economici che ambientali. [5]

2.2.2 Processo di trasformazione nel converting

Lo scopo del processo di trasformazione della carta è quello di realizzare dalla bobina di partenza arrivata dalla cartiera il prodotto finito, pronto per essere venduto sul mercato. Ogni converting ha le sue caratteristiche peculiari, progettate in modo da ottimizzare al massimo il

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20 flusso produttivo, quindi non si può rappresentare un flusso standard valido per tutti i siti adibiti alla trasformazione. Il processo è, infatti, caratterizzato da linee produttive su cui scorre la carta e subisce le varie operazioni necessarie a renderla commercializzabile in un formato adatto al mercato. Per ogni tipologia di carta tissue prodotta, però, si hanno, in linea generale, le stesse operazioni di preparazione del prodotto. La differenza di ogni sito di trasformazione sta nella configurazione e nella disposizione delle linee produttive che sono scelte da ogni converting con lo scopo di rendere il più efficiente possibile il processo. Verranno, così, di seguito descritte le operazioni caratteristiche comuni a tutti i siti di trasformazione della carta: processi di taglio, processi di sagomatura e processi di stampa. 2.2.2.1 Processi di taglio

Il materiale in arrivo al sito di trasformazione è necessario che sia prima di tutto tagliato nella forma e nelle dimensioni richieste. Nel processo di separazione le fibre vengono forzate a separarsi vincendo la resistenza delle loro forze di legame. Nella maggior parte dei casi, il taglio della carta tissue avviene per mezzo di coltelli che tagliano il prodotto in tutta la sua lunghezza o larghezza. Se ne distinguono fondamentalmente due tipi: il taglio a forbice o il taglio a coltello. Il primo utilizza due lame (coltello superiore e inferiore) che lavorano l’una contro l’altra, mentre nel secondo una sola lama lavora contro un supporto. Le tipologie di coltelli utilizzati sono: lineari, oscillanti o rotanti. Un’applicazione tipica è il taglio in rotoli: le carte delle bobine vengono tagliate nella larghezza richiesta (quella del rotolo), separando i bordi e suddividendo la bobina in più nastri. Vengono, quindi, utilizzati un avvolgitore, uno svolgitore ed un dispositivo di taglio. I primi due si comportano, sostanzialmente, come i dispositivi della ribobinatrice descritti nel paragrafo 2.1.1.4. Il dispositivo di taglio, spesso, è costituito da una coppia di coltelli rotanti di forma circolare. La velocità con la quale lavorano deve essere superiore a quella della carta, in modo da impedire che il foglio si strappi durante l’operazione.

2.2.2.2 Processi di sagomatura

Lo scopo dei processi di sagomatura è quello di ottenere un oggetto tridimensionale da un foglio piano. Di questa tipologia l’operazione più praticata negli impianti di trasformazione della carta tissue è quella della goffratura. Tale processo si avvale di calandre, ovvero macchine utensili costituite da due o più cilindri rotanti fra i quali viene fatto passare la carta, allo scopo di inciderla. Grazie alla goffratura, infatti, la superficie del prodotto viene deformata in rilievo oppure si viene a formare un corpo cavo da una superficie piana. A differenza dello stampaggio con questa operazione nel caso della creazione di corpi cavi non vengono prodotte delle pieghe che andranno poi pressate, ma il materiale in eccesso viene uniformemente distribuito nella zona circostante sotto forma di rigonfiamenti. Lo slittamento della goffratrice è evitato da un sistema di ingranaggi, che garantisce il movimento

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21 coordinato dei due cilindri, in modo che sia impresso nitidamente anche il disegno da incidere sulla carta.

2.2.2.3 Processi di stampa

I processi di stampa utilizzati nella produzione di carta tissue si possono suddividere, a grandi linee, in due gruppi: la stampa in rilievo e la stampa a incavo. Nel primo metodo le parti da stampare sono in rilievo sulla matrice di stampa, mentre quelle che non devono essere stampate sono incavate. In questo caso il colore viene direttamente trasferito dalla matrice al foglio, ciò presuppone che la matrice sia stata precedentemente preparata in negativo. Nella stampa a incavo, invece, le parti da stampare sono incavate nella matrice, che, generalmente, è costituita da un cilindro in cui le zone da stampare sono incise meccanicamente. Durante il processo il cilindro pesca l’inchiostro, il quale viene espulso dalle zone non interessate dalla riproduzione delle immagini o del testo e rimanga solamente nelle zone incavate. La matrice è, quindi, anch’essa progettata in negativo.

2.2.2.4 Confezionamento e pallettizzazione

Dopo aver riavvolto la carta intorno ad un’anima di cartone di lunghezza variabile a seconda della tipologia di prodotto, il rotolo è pronto per essere imballato. Il confezionamento dei prodotti è disposto in confezioni singole in un’area appositamente adibita. Successivamente, tali confezioni vengono raggruppate in imballaggi multipli per la vendita all’ingrosso. Il processo si chiude quindi con la fasciatura, l’etichettatura e la disposizione delle confezioni su un pallet per le spedizioni. L’impiego di robot o altri dispositivi automatici, come AGV, garantisce la migliore ottimizzazione di questa fase del processo, ma è specifico del grado di automazione raggiunto dal singolo stabilimento. Infine, i pallet etichettati vengono prelevati e stoccati nel magazzino prodotti finiti, in attesa di essere spediti al cliente. [5]

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22

3. La norma ISO 50001 ed il flusso

energetico del processo

3.1 La norma ISO 50001

La norma UNI CEI EN ISO 50001 è stata emanata nel 2011 dall’International Organization for Standardization, con l’obiettivo di supportare le organizzazioni che intendano adottare un sistema di gestione dell’energia. Lo scopo principale che si prefigge tale norma è quello di: “permettere alle organizzazioni di stabilire i sistemi e i processi necessari per migliorare le prestazioni energetiche, in esse ricompresa l’efficienza, l’utilizzo ed il consumo di energia” ed è indirizzata alla “riduzione delle emissioni dei gas serra e degli altri impatti ambientali correlati e dei costi energetici attraverso una sistematica gestione dell’energia”. La norma ISO 50001 si basa sullo schema del PDCA (Plan, Do, Check, Act) finalizzato al miglioramento continuo. In ambito gestione dell’energia, esso può essere inteso come:

 Plan: realizzare l’analisi energetica e stabilire valori di riferimento, obiettivi, indicatori di prestazione, traguardi e piani d’azione.

 Do: attuare i piani d’azione di gestione dell’energia

 Check: misurare e sorvegliare processi e caratteristiche chiave delle operazioni che determinano le prestazioni energetiche.

 Act: correggere le proprie azioni per migliorare in continuo la prestazione energetica e il sistema di gestione dell’energia.

3.1.1 Requisiti del sistema di gestione dell’energia

Tra gli adempimenti che un’organizzazione è tenuta a mantenere per l’applicazione della ISO 50001, vi sono quelli di: stabilire, documentare, implementare, mantenere e migliorare un SGE (sistema di gestione dell’energia); definire e documentare scopo e confini del suo SGE; determinare come il suo sistema adempirà ai requisiti della norma al fine di raggiungere il miglioramento continuo.

3.1.1.1 Responsabilità della direzione e politica energetica

Per quanto riguarda le responsabilità della direzione, la ISO 50001 insiste sul punto di dimostrare il suo impegno a sostenere il SGE: stabilendo la politica energetica, nominando un rappresentante della direzione con adeguate competenze, rendendo disponibili le risorse necessarie per migliorare il SGE, assicurandosi che siano stabiliti traguardi ed obiettivi energetici appropriati e che ne siano misurati i risultati e realizzando riesami della direzione.

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23 Il rappresentante della direzione è colui che ha la responsabilità di: assicurare che il SGE sia stabilito e continuamente migliorato, riferire alla direzione in merito alle prestazioni energetiche e promuovere la consapevolezza della politica energetica e degli obiettivi a tutti i livelli dell’organizzazione. La politica energetica, infatti, rappresenta gli obiettivi e gli indirizzi generali, in ambito energetico, cui un’organizzazione si prefigge di rispettare, al fine di creare valore. Essa, ai sensi della ISO 50001, deve: essere appropriata alla natura e alle dimensioni dell’organizzazione, includere un impegno al miglioramento continuo delle prestazioni energetiche, essere documentata e comunicata a tutti i livelli ed includere un impegno ad uniformarsi ai requisiti legislativi applicabili ed a quelli sottoscritti dall’organizzazione.

3.1.1.2 Pianificazione energetica

Al fine di condurre attività che migliorino continuamente le prestazioni, la norma prescrive in capo all’azienda lo sviluppo e la documentazione, in accordo con la propria politica, di una pianificazione energetica. Per prima cosa deve identificare i requisiti legislativi applicabili e quelli sottoscritti da essa, in riferimento al suo uso e consumo di energia. Nell’implementare e mantenere il SGE deve assicurarsi che tali requisiti siano considerati e periodicamente riesaminati. La fase più sostanziale della pianificazione si compone di un’analisi delle attività che possano influire sulle prestazioni energetiche. Per impostare lo sviluppo dell’analisi, è necessario che l’organizzazione: analizzi l’uso ed il consumo dell’energia, identifichi sulla base del consumo le aree di uso significativo e registri e classifichi sulla base delle priorità le opportunità di miglioramento della prestazione energetica. Ad intervalli definiti o in corrispondenza delle principali modifiche, tale analisi deve essere aggiornata. In riferimento alle informazioni derivanti da un’analisi energetica iniziale, nell’ambito di un periodo adatto all’uso e consumo di energia all’interno dell’organizzazione, è necessario stabilire un consumo di riferimento, il quale deve essere utile a misurare le variazioni nelle prestazioni energetiche. Esso dovrebbe essere modificato, tramite aggiustamenti, nei casi in cui: gli indici di prestazione non riflettano più l’uso e consumo dell’energia dell’organizzazione o siano state realizzate importanti variazioni ai processi o sistemi operativi. Per la sorveglianza e la misurazione delle performance devono essere identificati degli appropriati indicatori, determinati con metodologia registrata e regolarmente riesaminata. Inoltre, è necessario che l’organizzazione stabilisca obiettivi e traguardi energetici relativi alle proprie funzioni, livelli o processi interni, affiancati da adeguati riferimenti temporali. Allo scopo di raggiungere tali obiettivi, si devono stabilire piani d’azione che includano: una designazione delle responsabilità, dei riferimenti temporali e i mezzi attraverso i quali raggiungere i traguardi ed una definizione dei metodi per verificare il miglioramento delle prestazioni.

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24 3.1.1.3 Attuazione e funzionamento

I risultati derivanti dal processo precedentemente descritto ed i piani d’azione stessi dovranno essere utilizzati dall’organizzazione che si vuole dotare dello standard, ai fini dell’attuazione e funzionamento del suo SGE. Gli strumenti necessari, descritti nella norma, per l’idoneo conseguimento di questa fase sono: competenza, formazione, consapevolezza, comunicazione, documentazione, controllo operativo, progettazione ed acquisto di servizi energetici, prodotti, apparecchiature ed energia. Per quanto riguarda competenza, formazione e consapevolezza, l’organizzazione si deve assicurare che il suo personale e le persone che lavorano per suo conto siano a conoscenza del proprio ruolo, la propria responsabilità ed autorità nel conseguimento dei requisiti del SGE e dell’impatto e delle conseguenze delle proprie attività relativamente al consumo e all’uso dell’energia. In quest’ottica deve, anche, individuare le esigenze di formazione corrispondenti ed intraprendere azioni al fine di rispondervi. In quanto alla comunicazione, la norma prescrive di stabilire ed implementare un processo in cui le persone dell’organizzazione o che lavorano per conto di essa possano suggerire miglioramenti del SGE. Inoltre, in merito alla sua prestazione energetica, deve assicurare la comunicazione interna. Lo strumento con cui si devono produrre e mantenere aggiornate le informazioni per descrivere gli elementi fondamentali del SGE è la documentazione, la quale può essere sia in formato cartaceo che elettronico. Essa deve includere principalmente: scopo e confini del SGE, la politica energetica, obiettivi, traguardi energetici e piani d’azione. In aggiunta, devono essere stabilite ed implementate procedure per: l’approvazione per verificare l’adeguatezza dei documenti, la revisione ed aggiornamento periodico, l’identificazione delle modifiche, l’assicurazione della disponibilità dell’ultima versione dei documenti nei luoghi di utilizzo. Sul controllo operativo, la norma insiste sul punto di identificare e pianificare le operazioni e le attività di manutenzione associate agli usi energetici, in modo che siano in linea con la politica energetica e gli obiettivi. Il metodo con cui raggiungere un adeguato controllo si compone di: messa a punto di criteri per l’efficace esercizio degli usi energetici, manutenzione di impianti, processi, sistemi ed apparecchiature in conformità ai criteri e una comunicazione appropriata verso il personale in merito ai controlli operativi. Sulla base delle opportunità di miglioramento e del controllo operativo delle prestazioni energetiche, l’organizzazione deve, inoltre, sviluppare la progettazione di impianti, apparecchiature, sistemi e processi nuovi o rinnovati. Per quanto riguarda, invece, l’acquisto di servizi energetici, prodotti, apparecchiature ed energia, la norma prescrive di informare i fornitori che l’acquisto è valutato anche sulla base delle prestazioni energetiche della fornitura. Devono essere, inoltre, definite e documentate le specifiche d’acquisto dell’energia per un efficace utilizzo di essa.

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25 3.1.1.4 Verifica

È prevista dalla norma una successiva fase di verifica che si compone dei seguenti sotto processi: monitoraggio, misurazione ed analisi; valutazione della conformità ai requisiti legislativi ed altri requisiti; audit interno del SGE; non conformità, correzioni, azioni correttive ed azioni preventive e controllo delle registrazioni. Per quanto riguarda l’analisi e la misurazione, è necessario che l’organizzazione sorvegli, ad intervalli predefiniti, le caratteristiche chiave che determinano le proprie prestazioni energetiche e che le registri. Tali caratteristiche devono almeno essere: risultati dell’analisi iniziale e gli usi energetici significativi, le variabili correlate ad essi, gli indici di prestazione energetica, il raggiungimento degli obiettivi e la valutazione dei consumi attuali rispetto a quelli previsti. Le registrazioni devono, inoltre, essere periodicamente revisionate ed è necessario che venga assicurato che i dati siano accurati e ripetibili. Sulla valutazione della conformità ai requisiti, la norma prescrive l’obbligo di valutarli ad intervalli pianificati e di conservare registrazioni dei risultati di tali valutazioni di conformità. Gli audit interni, invece, sono uno strumento che deve essere condotto dall’organizzazione ad intervalli pianificati, in modo da assicurare che il SGE sia: conforme a quanto pianificato, conforme agli obiettivi e ai traguardi energetici e che migliori la prestazione energetica. L’approccio da tenere per affrontare le non conformità attuali e potenziali, è quello di affrontarle applicando correzioni ed intraprendendo idonee azioni correttive e preventive. Tra le quali vi possono essere: riesame delle non conformità, determinazione delle cause che hanno portato alla non conformità, valutazione della necessità di azione allo scopo che non si ripetano, implementazione delle appropriate azioni, mantenimento della registrazione di azioni correttive e preventive e verifica dell’efficacia di esse. Al fine di dimostrare la conformità ai requisiti del proprio SGE e dei risultati raggiunti in termini di prestazione energetica, l’organizzazione deve stabilire e mantenere appropriate registrazioni ed implementare controlli per il relativo mantenimento.

3.1.1.5 Riesame della direzione

Il riesame del SGE deve essere eseguito dall’alta direzione ad intervalli pianificati, al fine di assicurare che esso sia ancora idoneo, adeguato ed efficace. Gli elementi in ingresso ad esso devono includere: conseguenze delle azioni previste da precedenti riesami, risultati della valutazione della conformità ai requisiti legislativi e sottoscritti dall’organizzazione, riesame della politica energetica, della prestazione energetica e degli indici di prestazione correlati, grado di raggiungimento degli obiettivi, risultati degli audit, stato delle azioni correttive e preventive, previsioni del consumo di energia per il periodo seguente e raccomandazioni per il miglioramento. In uscita, invece, devono essere presenti tutti gli elementi che riguardano le decisioni prese in relazione a modifiche: della prestazione energetica, degli obiettivi o traguardi, della politica energetica, dell’allocazione delle risorse e degli indici di prestazione energetica. [9]

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26

3.2 Applicazione della ISO 50001 nei siti Sofidel

A dimostrazione dell’impegno ambientale enunciato nella vision e nei valori di Sofidel, l’azienda ha avviato negli anni un percorso di certificazione ambientale ed energetica dei propri stabilimenti. Al giorno d’oggi, come si può notare dalle informazioni sul sito web dell’azienda, gli stabilimenti appartenenti al Gruppo che hanno ottenuto lo standard ISO 50001 sono 15 su un totale di 32 siti. Le attività intraprese dalla corporate negli ultimi anni, sono orientate verso l’obiettivo della certificazione completa dei propri stabilimenti.

Il modello attuale che è stato utilizzato per uniformare l’adozione dello standard, in modo che ogni sito avesse una linea guida per dotarsi delle prescrizioni contenute nella ISO 50001, fa perno su una diagnosi energetica. Essa consiste in un documento adibito a fornire un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di uno stabilimento, in modo da individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi/benefici. Le fasi principali della diagnosi, come indicato nella norma, sono costituite da: analisi degli usi e consumi di energia (situazione as-is), identificazione delle aree più significative ed identificazione e classificazione delle opportunità di miglioramento.

Per quanto riguarda l’analisi, la suddivisione principale dei consumi in aree energetiche si compone fondamentalmente in 3 macro aree: attività principali, servizi ausiliari e servizi generali. Ognuna di queste aree verrà a sua volta suddivisa, come sarà dettagliato più avanti, in dipartimenti, in modo da avere un dato più puntuale sui consumi più critici. Successivamente, viene effettuata una mappatura dei vettori energetici e dei quantitativi di energia in uscita ed in ingresso dal sito. Tale fase deve tener conto soprattutto dei processi di trasformazione dell’energia, come la produzione di vapore in caldaia o l’eventuale presenza di un cogeneratore. Sempre seguendo questa linea guida in accordo con la ISO 50001, si procede con il censimento dei macchinari e degli strumenti di misura dell’energia presenti. A fronte del limite dettato dal D. Lgs 102 (sull’attuazione delle direttive europee in materia di efficienza energetica), il livello di dettaglio richiesto per il censimento si può fermare una volta che la dimensione energetica dell’area funzionale in esame è inferiore al 5% del consumo totale dell’azienda, ma si può arrivare anche ad un dettaglio più spinto a seconda dello stabilimento preso in considerazione. Un criterio utilizzato per censire le utenze degli stabilimenti Sofidel, è stato quello di considerare solo le apparecchiature con una potenza nominale superiore ai 15 kW, le restanti sono state reputate irrilevanti ai fini della stima del consumo energetico totale. In accordo con la norma, il censimento di macchinari e misuratori deve essere periodicamente revisionato.

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27 Per proseguire con l’identificazione delle aree energetiche più significative, è necessario suddividere i vettori energetici per ogni area specifica di utilizzo. Come verrà approfondito in seguito, le aree energetiche derivano da una standardizzazione dei siti Sofidel fatta a livello centrale, in modo che ogni stabilimento possa avere uno schema generale in cui identificare le zone comuni al proprio processo produttivo, le quali avranno un consumo energetico caratteristico del sito in questione. L’obiettivo di questa fase è arrivare ad un confronto con le performance migliori del settore, in modo da individuare gli interventi di miglioramento più urgenti. Vengono, quindi, misurati i quantitativi dei singoli flussi, in modo da arrivare alla quantificazione del consumo della corrispettiva area di utilizzo. L’energia assorbita da ogni singolo impianto di ogni dipartimento è stata calcolata come prodotto fra la potenza di targa (o, dove possibile, la potenza misurata), le ore di funzionamento annue e un fattore di contemporaneità, che tiene conto del fatto che le apparecchiature non vengono utilizzate alla potenza nominale per tutte le ore di funzionamento. Attraverso tali dati raccolti viene calcolato un indicatore di performance energetica, adatto ad una comparazione con altri indici di prestazione. Tale confronto viene effettuato tramite il consumo specifico, ovvero il consumo energetico dell’area appena calcolato col metodo precedentemente descritto, diviso le tonnellate di carta prodotta dallo stabilimento. A questo punto si possono identificare le aree più critiche che saranno oggetto di un’analisi approfondita per quanto riguarda la fase di identificazione delle opportunità di miglioramento.

Successivamente viene effettuato il confronto dei consumi per area energetica tramite analisi di benchmark del settore, o sui dati storici dell’azienda ricorrendo alle baseline. I benchmark vengono calcolati utilizzando le prestazioni energetiche del dipartimento in riferimento ai best in class del settore produttivo. La baseline, invece, è costruita con i consumi dello stabilimento cui viene effettuata l’analisi, relativi ad un anno utilizzato come riferimento. Tramite il confronto con i consumi stimati, vengono a questo punto individuati i dipartimenti energetici più significativi e stilata una classifica di priorità di intervento per quanto riguarda le opportunità di miglioramento. I criteri di classificazione scelti da Sofidel per definire gli interventi più urgenti sono: rilevanza del consumo energetico dell’area in rapporto al totale dello stabilimento, rilevanza delle emissioni di CO2, realizzabilità degli interventi di

miglioramento. Sulla base di queste considerazioni, per ognuno dei tre criteri viene assegnato un punteggio da 1 a 3 ad ogni opportunità di miglioramento. In questo modo, quelle che otterranno un punteggio più elevato rappresenteranno le priorità di intervento. [5]

3.3 Consumi e flussi energetici del processo di produzione

In questa sezione verranno commentati i flussi energetici tipici del processo di produzione della carta e le aree più critiche dal punto di vista dei consumi. Inoltre, verranno illustrati i

(29)

28 macchinari utilizzati per la conversione e la produzione di energia ed enunciati i principi di funzionamento dei misuratori energetici.

Figura 3: Flussi energetici di cartiera e converting

La figura 3 fornisce un’idea dei flussi energetici tipici di una cartiera e di un converting. In essa sono anche mostrate le differenti conversioni effettuate dalle tipiche macchine adibite alla trasformazione e cogenerazione di energia. Va ricordato che essa è una standardizzazione di tutte le possibili fonti energetiche di uno stabilimento: non tutti i siti Sofidel possiedono ogni flusso rappresentato ed, inoltre, molti non hanno gli impianti di

CHP, PV,

Hydro

Gas

Boiler

Gas naturale

Biomass

Boiler

Biomassa

EE venduta alla rete

CARTIERA

CONVERTING

Vapore

Acqua calda

prodotta

EE prodotta

EE dalla rete

Gas naturale

Diesel

GPL

Riferimenti

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